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PARTO CON PARTO CON CRISTOFORO CRISTOFORO COLOMBO ALLA COLOMBO ALLA SCOPERTA SCOPERTA DELLE INDIE … DELLE INDIE …

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PARTO CON PARTO CON CRISTOFORO CRISTOFORO

COLOMBO ALLA COLOMBO ALLA

SCOPERTA SCOPERTA

DELLE INDIE …

DELLE INDIE …

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OPERA SCRITTA E ILLUSTRATA DA :

EMANUELE A. , FRANCESCO A. ,

MARTINA B. , GIULIA C. , RICCARDO F. ,

MARTA P. .

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CAPITOLO 1

Mio fratello Colombo, verso le 9.30 del mattino del giorno 1 del mese di agosto , andò a casa di Luis De Torres e gli chiese di imbarcarsi con lui sulla caravella come interprete . Decisero di coinvolgere anche Diego De Arano , un ufficiale di polizia , che accettò di imbarcarsi . Il giorno seguente

andammo a controllare le nostre imbarcazioni per accertarci che fosse tutto pronto per partire. La sera stessa andammo a fare provviste che fossero

sufficienti per un anno . Acquistammo : acqua, pane, vino e altro . Il giorno dopo alle ore 2:30 della mattina incontrammo al porto la nostra ciurma e salutammo le nostre famiglie , quindi ci imbarcammo per la partenza . Dopo pochi giorni di navigazione, il 6 agosto , si ruppe il timone .

CON IL TIMONE ROTTO OCCORRE FARE UNA SOSTA : SE VUOI ATTRACCARE SU UN'ISOLA ABITATA DA INDIOS , VAI AL CAPITOLO 2 ; SE VUOI

ATTRACCARE SU UN'ISOLA ABITATA DA UNA BELLISSIMA DONNA , VAI AL CAPITOLO 3 .

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CAPITOLO 2

Approdammo su un’isola e io decisi di addentrarmi nella vegetazione per esplorarla . C’erano piante coloratissime e alberi dai tronchi possenti . Dopo aver camminato un po' , mi accorsi di una persona strana : aveva la pelle scurita dal sole e la faccia colorata di rosso e bianco , aveva i polsi coperti da bracciali di legno decorati . Quando mi vide cominciò a correre veloce , io lo seguii finché non mi ritrovai davanti a una decina di capanne fatte con legno e paglia . Mi presentai alla persona che sembrava il capo e , quando questi capì che non avevo cattive intenzioni , mi presentò il suo popolo e la sua famiglia. Nel frattempo gli altri mi vennero a cercare ma, non trovandomi, tornarono delusi sulla spiaggia . La mattina successiva li raggiunsi per

raccontare l’accaduto .

CONTINUA AL CAPITOLO 4

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CAPITOLO 3

Con il timone rotto non potevamo fare molto, quindi, ci accampammo nella prima isola che vedemmo, era piccola e aveva una sabbia molto fine e chiara. Al centro c’erano cinque capanne con attorno poca vegetazione. Ci avvicinammo verso quella più grande, bussammo e la porta si aprì con un cigolio. Una donna bellissima ci aprì la porta, aveva i capelli neri raccolti in tante piccole trecce, aveva un occhio verde e l’altro nocciola, aveva un vestito di pelliccia di tigre. Ci diede una coppa di nettare ciascuno. Sentimmo un ronzio nelle orecchie e ci parve di vedere sfocato e svenimmo. Quando ci svegliammo avevamo le mani e i piedi legati. La donna ci guardò con perfidia e cominciò a cantare una canzone in una lingua che nessuno capiva. Alcuni sentirono un dolore forte al petto, poi la donna ci spiegò che era una strega e che ci stava rubando l’anima. Quella notte ci legò ad un palo sulla spiaggia. Dopo pochi minuti trovai un frammento di conchiglia con cui spezzai le corde e liberai gli altri e subito salimmo sulla nave trascinando con delle corde l’altra.

CONTINUA AL CAPITOLO 5

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CAPITOLO 4

I marinai rimasero stupiti dal mio racconto e Colombo mi chiese se potevo accompagnarlo al villaggio. Gli dissi che gli indios si chiamavano Tolomachi.

Dopo averli raggiunti, rimasero colpiti dai loro vestiti, dalle armi e dalla loro organizzazione. I Tolomachi si mostrarono molto gentili e disponibili nei nostri confronti e ci aggiustarono il timone. Poco prima di metterci in viaggio ci accorgemmo di non avere più provviste nella cambusa . Iniziammo ad avere dei dubbi, all’improvviso sentimmo le urla di un nostro compagno che era ferito alla gamba da una freccia di un guerriero dei Tolomachi . Levammo subito l’ancora e cercammo un po’ di alcool, per disinfettare la ferita, e una benda per fermare il sangue.

CONTINUA AL CAPITOLO 6

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CAPITOLO 5

A metà viaggio, dato che non avevo niente da fare, andai a camminare in giro per la nave. Era tutto in ordine ma notai che nella stanza delle armi ne mancavano almeno metà. Andai sul ponte e chiamai tutti i marinai e lo stesso feci fare sulle altre navi.

Notai che sul ponte mancavano almeno cinque uomini e corsi dall’altra parte del ponte dove trovai tre di loro che buttavano le armi in mare : i più robusti facevano da guardia e , appena uno mi vide , lo disse all’altro. Subito si buttarono dal ponte, ma riuscii a bloccarne uno e chiesi spiegazioni. Lui cercò di divincolarsi dalla mia stretta , ma dopo qualche minuto cadde al suolo, esausto. Mi disse che volevano tornare a casa perché stufi e troppo vecchi per quel viaggio. Lo lasciai andare , ma prima che si buttasse gli dissi all’orecchio la mia idea e feci cenno agli altri di salire.

Radunai tutti sul ponte dissi a gran voce che chi voleva andarsene a casa era libero di farlo e che sarebbe stato accompagnato dalla Nina quindi collegammo le navi e almeno una ventina di uomini partirono.

CONTINUA AL CAPITOLO 7

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CAPITOLO 6

Quando salpammo trovammo il mare molto calmo e tornai nella mia cabina per studiare le mappe. Circa due ore dopo un uomo gridò che si stava avvicinando una tempesta, così corsi subito a vedere il cielo : era grigio e carico di nuvole . Nelle vicinanze vedemmo una grande grotta su un piccolo isolotto . Appena entrammo sentimmo una dolce , delicata melodia , che proveniva dal fondo della grotta e vedemmo delle donne sedute sulle rocce contare con una voce soave . Un attimo dopo si tuffarono nell’acqua e vedremmo delle code di pesce e riemersero accanto alla nostra imbarcazione . Ci sporgemmo tutti da una parte . Le sirene cominciarono a cantare una strana poesia in una lingua sconosciuta . Alcuni uomini dopo essersi premuti la mano sul cuore fecero una smorfia dolorosa. Si buttarono in mare e le sirene li affogarono . Allora strappai due pezzi della mia giacca , me li infilai nelle orecchie e mi precipitai al timone : il timoniere era morto. Uscimmo veloci dalle grotta e ci addentrammo nella tempesta , dato che non c’era alternativa , ma per non sprecare energie rientrammo nelle nostre camere.

CONTINUA AL CAPITOLO 8

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CAPITOLO 7

Il viaggio proseguì tranquillo , finché non cominciò a grandinare . Il ghiaccio era duro , si scioglieva dopo aver raggiunto e graffiato il ponte della nave. In breve la grandine si fece sempre più persistente. Eravamo in mezzo ad una tempesta con il mare agitato, il cielo grigio e la grandine, quindi cercammo una grotta o una terra dove ripararci , ma si formò un buco nella stiva della Santa Maria . Affiancammo le navi e le legammo con delle catene , così che la Pinta potesse trasportarci. Dopo un tempo che parve interminabile , intravedemmo una costa di cui non vedevo i limiti . Trascinammo il più possibile la nave sulla sabbia e ci riparammo sotto le palme. Era una notte buia, tempestosa e senza luna. All’alba ci addentrammo verso il centro di quella terra. Dopo una mezz’ora di cammino sentimmo una leggera musica, cercammo di avvicinarci ma ad un certo punto la perdemmo, quindi tornammo alla spiaggia decisi a tornare il giorno dopo. L’indomani seguimmo un percorso diverso , ma andammo in pochi.

Camminammo per un po’, ma finimmo in una trappola fatta di corde.

SE VUOI VISITARE UNA TERRA RICCA D'ORO , CONTINUA AL CAPITOLO 9 ; SE PREFERISCI CERCARE DI SCAPPARE , VAI AL CAPITOLO 13 .

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CAPITOLO 8

Il giorno dopo la tempesta si era calmata , quindi ci riunimmo sul ponte e ci accorgemmo che mancava una nave : la Pinta ; di conseguenza gli uomini erano diminuiti . In quei giorni avevamo consumato molte provviste e pertanto cercammo un isolotto . Dopo quattro ore di navigazione, all’alba, intravedemmo una terra e in mattinata sbarcammo su quelle coste . Era un’isola piccola ma rigogliosa : la sabbia era finissima e bianca con frammenti di conchiglie e sassolini portati dal mare. La vegetazione era composta da fiori, funghi e bacche mai visti prima. Ci addentrammo subito nella vegetazione e sentimmo l’erbetta umida e fresca solleticarci i piedi. Colpiti dai morsi della fame ci lanciammo sui frutti e sulle bacche più invitanti e colorate , ma appena un uomo si sfiorò le labbra con una bacca di un colore blu elettrico cadde a terra . Aveva la pelle rossa, sudava e aveva gli occhi sbarrati e iniettati di sangue. Dopo pochi ma interminabili secondi chiuse gli occhi e il suo cuore si fermò. D’istinto aprimmo la bacca e trovammo tanti piccoli insetti rossi. Guardammo quel pover’uomo disteso per terra stremato dalla lunga vita trascorsa nei mari. Il suo migliore amico prese una scialuppa dalla nave e una coperta , quindi sistemò il corpo del defunto dentro la barca , lo copri e , senza dire una parola , lo abbandonò al mare . Tornammo in silenzio sulla nave senza provviste e pensammo che comunque saremmo morti , in un modo o nell’altro . Riprendemmo il mare , ma mi accorsi che qualche bacca si trovava sul ponte , ne seguii la scia che portava alla cambusa . Dentro c’era il corpo del pirata che aveva messo il cadavere dell’amico nella scialuppa, abbandonato senza vita : capii subito che voleva raggiungere il suo compagno e così feci a mia volta come aveva fatto lui , lo abbandonai al mare .

CONTINUA AL CAPITOLO 10

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CAPITOLO 9

Da dietro delle palme spuntarono dei guerrieri armati di lance. Tra i cespugli vidi un bambino che scappò subito, ma non dissi niente. Quelle strane persone dalla pelle scura e dalla faccia pitturata tagliarono le corde , ma in quell’istante arrivò il bambino che teneva per mano un uomo vestito di ricchi gioielli e con un copricapo maestoso: da quello che potemmo capire doveva trattarsi del capo. L’uomo ordinò qualcosa ai guerrieri che ci portarono in un villaggio costituito da capanne e da un tempio di pietra e oro. Ci fecero entrare in una capanna e ci diedero dei vestiti puliti. Il capo ci chiese cosa facessimo là , il nostro interprete gli disse che eravamo in quel luogo per commerciare . Gli chiese dove ci trovassimo esattamente e il capo ci disse che eravamo nella terra dell’oro. Camminammo con lui per il villaggio e vedemmo gente che lavorava oro e tessuti. Più tardi andammo a chiamare gli altri sulla spiaggia .

CONTINUA AL CAPITOLO 11

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CAPITOLO 10

Colombo sentì delle voci e si affacciò : vide degli uomini su una nave malconcia. Calammo la scaletta e li facemmo salire a bordo. Li riconoscemmo subito: erano i marinai della Pinta. Ci raccontarono che avevano visto una nave nera come l’inchiostro, che aveva cominciato ad avanzare verso di loro. La nave era dotata di attrezzature stupefacenti . Dissero di essere stati colpiti da una palla di cannone alla prua e quindi avevano cercato di girarsi e di scappare.

A notte fonda si nascosero dietro una scogliera. All’alba il mare era piatto e dei pirati non c’era più traccia. Allora avevano buttato le reti in mare e quella giornata era trascorsa in modo tranquillo .

SE VUOI INCONTRARE DEI VALOROSI GUERRIERI , CONTINUA AL CAPITOLO 12 ; SE VUOI PROVARE L'EBBREZZA DI UNA TEMPESTA , CONTINUA AL CAPITOLO 17 .

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CAPITOLO 11

Da qui io, Cristoforo Colombo, continuerò il diario di mio fratello Diego e il motivo lo capirete leggendo la seguente vicenda. Io e Diego camminavamo sulla spiaggia , quando una freccia trafisse il mio povero fratello , quasi centrando il cuore . Morì quasi subito. Corsi al villaggio e vidi un popolo sconosciuto che combatteva con i nostri nuovi amici . La mia ciurma si stava battendo con tutte le sue forze. Per fortuna riuscimmo a farli scappare. L’alba del giorno dopo il nostro popolo amico ci caricò le stive di prodotti tropicali, ci riparò la falla e così partimmo, ma solo dopo aver seppellito Diego sulla spiaggia.

Finì così la nostra grande avventura.

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CAPITOLO 12

Navigammo fino all’alba del giorno successivo. Approdammo su una spiaggia e da lì camminammo per un' oretta , cercando tracce di vita. Vedemmo un uomo in lontananza che , quando ci vide , corse dentro alla folta vegetazione . Lo seguimmo e dopo un po’ vedemmo un rituale tradizionale di un popolo sconosciuto che si interruppe , a causa delle grida dello stesso uomo che era sulla spiaggia . Ci allontanammo nella speranza di non essere visti , ma qualcuno dei nostri calpestò un ramo caduto a terra . Quando sentimmo un uomo che pareva dare ordini , scappammo sulla spiaggia e vedemmo in lontananza la nave. Dietro di noi correvano dei guerrieri vestiti di pelle d’animale, avevano la faccia pitturata di rosso, bianco e blu e portavano delle lance con all’estremità una pietra. Erano molto più veloci di noi e in poco tempo ci raggiunsero e ci portarono di forza al villaggio.

CONTINUA AL CAPITOLO 14

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CAPITOLO 13

Ci lasciarono lì per tutta la notte e quando fui sicuro che non ci fossero i guerrieri, presi dalla tasca un coltello e taglia la rete. Corremmo alle navi , ma alcuni guerrieri che passavano di lì ci catturarono e , questa volta , ci portarono direttamente al villaggio.

Questo insediamento aveva un’organizzazione molto complessa: le capanne, fatte di legno e terra, erano disposte a forma circolare nel cui centro si levava un falò . Solo successivamente notammo delle capanne anche in mezzo alla boscaglia. Sugli alberi stavano degli uccelli di media grandezza, alcuni avevano il piumaggio verde e altri rosso fuoco e osservammo altri animali strani. Vedemmo della gente che lavorava del metallo luccicante, oro. I guerrieri ci scortarono nel tempio del capo. Il palazzo era immenso, fatto di pietra dipinta di blu e rosso. Entrammo dall’ ingresso, costituito da una tenda verde. L’interno era decorato con disegni che rappresentavano divinità sconosciute e c’erano piccole statue d’oro.

CONTINUA AL CAPITOLO 15

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CAPITOLO 14

Mentre camminavamo vedemmo meglio il villaggio: era formato da una ventina di capanne di legno, paglia e terra. C’erano persone che lavoravano nei campi o costruivano lance. I guerrieri ci portarono dal capo che, da quel che capimmo, stava dando degli ordini all’uomo che mi legava le mani. Uscimmo dal suo tempio e fummo scortati in delle capanne interamente fatte di legno. Chiedemmo a Louis De Torres se capiva la loro lingua e lui rispose di sì, ma solo in parte. Quando i guerrieri ci portarono del cibo , Louis parlò con loro e ci fece slegare e poi ci spiegò di aver proposto un’offerta di pace. Per andare dal capo prendemmo un’altra strada , dove delle persone lavoravano un materiale splendente : oro ! Capimmo di aver raggiunto le Indie. Il nostro interprete disse al capo le stesse parole che disse ai guerrieri. Il capo, fiducioso, ci ospitò per un tempo indeterminato , mentre gli Indios ci aggiustarono le navi. La sera prima della nostra partenza cenammo con loro e danzammo tutta la notte. All’alba, dopo aver ringraziato il popolo e dopo aver caricato le navi di frutti, metalli e altri prodotti, ci imbarcammo sicuri che la nostra avventura sarebbe rimasta nella storia e che i nostri nomi non sarebbero mai stati dimenticati.

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CAPITOLO 15

Il capo disse alle guardie di lasciarci da soli con lui e gli chiedemmo il permesso di commerciare con il suo popolo. Il capo non capiva perché nessuno era mai andato lì per questo sconosciuto motivo.

Chiedemmo dove ci trovassimo e ci rispose che ci trovavamo nella terra del Popolo della Luna.

Uscimmo con il capo ed andammo a camminare sulla costa dove ci disse che, prima di allora, nessun uomo bianco era arrivato . Allora capimmo di aver raggiunto una nuova terra, una terra sconosciuta. Quella sera cenammo con loro, mangiammo tacchino appena cacciato e festeggiamo tutta la sera. Dormimmo su delle amache all’aperto e ci addormentammo con il dolce sciabordio delle onde. La mattina dopo andammo con loro a cacciare e catturammo tre tacchini. Quella sera feci un annuncio importante: dissi che volevo restare là con loro in quella meravigliosa terra. Dopo di me si unirono altri uomini, ma qualcuno doveva pur tornare in Spagna. Si offrì mio fratello.

Qualche giorno dopo, all’alba, alcuni uomini partirono, portarono con sé alcuni semi di piante e alcuni metalli. Ci salutammo e ripartirono felici di quel viaggio. Quattordici anni dopo ero sulla

costa a godermi la vista sul mare e vidi una piccola barca che si avvicinava sempre di più. Riconobbi alcuni uomini che erano sulla Santa Maria, portavano con sé una lettera in cui scrivevano che mio fratello era stato ammazzato. Non seppi resistere alla cattiva notizia così mi buttai in mare e decisi di restarci per sempre, dopo aver seppellito questo diario , che dedico a mio fratello.

CONTINUA AL CAPITOLO 16

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CAPITOLO 16

Molti secoli dopo le spiagge dell’America centrale erano affollate di gente in vacanza. Tra questa enorme folla c’erano anche sei ragazzi italiani, anch’essi in vacanza, si chiamavano: Marta, Martina, Francesco, Giulia, Riccardo ed Emanuele.

Avevano trovato un angolino libero di spiaggia tra le rocce, sistemato la loro roba, stese sulla sabbia le asciugamani e si sdraiarono al sole. Francesco

cominciò a lamentarsi di qualcosa che gli pungeva la schiena. Scavarono nella sabbia e trovarono un libro dalle pagine gialle e dalla copertina di cuoio.

Passarono tutta la notte a leggere quelle vecchi pagine. La mattina dopo

decisero di seguire la mappa scritta sul diario e dopo aver camminato per un po’ trovarono un popolo con cui fecero amicizia. Gli diedero il diario e loro dissero di conoscere quell’uomo: era un amico dei loro antenati. Così decisero di donare il diario al Popolo della Luna.

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CAPITOLO 17

Durante la notte ci fu una tempesta che danneggiò la nave e la

marea la portò in un posto sconosciuto. La mattina ci ritrovammo su una terra non segnata sulle cartine. Perlustrammo la zona per

trovare del cibo e anche delle persone. Trovammo un uomo e gli

chiedemmo da dove venisse , ma ci rispose in una lingua sconosciuta . Dato che non capivamo , riprendemmo il cammino di perlustrazione.

Dopo un po’ incontrammo delle persone che ci aiutarono a trovare dei pezzi di legno adatti per sistemare la nave. Dopo che ci ebbero aiutato , decidemmo di dare loro del denaro per ringraziarli , ma ci guardarono come se non lo conoscessero .

CONTINUA AL CAPITOLO 18

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CAPITOLO 18

Il mattino seguente, mentre dormivamo, sentimmo un forte rumore, quindi uscimmo dalle cabine spaventati e incuriositi. Una volta fuori vedemmo due popoli che si

combattevano, un guerriero ci vide e ci tirò una lancia , ma noi rientrammo subito nella nave. Dopo circa due ore non sentimmo più alcun rumore , quindi uscimmo e vedemmo i due popoli allontanarsi, comunque prendemmo le armi , per sicurezza . Attaccammo un uomo che ci sembrava il più importante, dato lo sfarzo con cui si

vestiva, e lo atterrammo . Lui, per non farsi uccidere, ci propose di metterci a capo del suo villaggio.

Lo aiutammo a rialzarsi e gli ordinammo di portarci al suo palazzo . Una volta arrivati il capo ci mostrò la sua casa, che sarebbe stata la nostra, e ci lasciò là . Governammo per pochi giorni e parlammo molto con il popolo . Dalla diversità dei racconti di viaggi in India, capimmo di aver raggiunto una nuova terra . Pochi giorni dopo decidemmo di andarcene , perché volevamo spargere la voce in Spagna e quindi rimettemmo a capo il vecchio re.

Così quel giorno stesso verso l’alba ripartimmo , carichi dei prodotti di quella terra .

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