L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
S C I E N Z A E C O N O M I C A , F I N A N Z A , C O M M E R C I O , B A N C H I , F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I
Anno XXXIII - Voi. XXXVII Firenze, 15 Aprile 1906 N. 1667
S O M M A R I O :
UN po'più di grano dall'Eritrea! — Lu i g i Ni n a , Corrispondenza da R o m a (Il rincaro dei vi-veri; — L'assicurazione contro le malattie in Germania — A. J. d e Johahnis, Sulle disposizioni del Codice di commercio intorno alle Società anonime — R i v i s t a b i b l i o g r a f i c a : Alberto Strafico, La psioologia col-lettiva - Rag. Giuseppe Carbonaro, La Calabria e la questione meridionale - Auguste Mounier, Les accidente du travail dans l'agriculture et la legislation anglaise - Ilenriette Roland-Holst, Generalstreik upd Socialde-inokratie — R i v i s t a e c o n o m i c a e f i n a n z i a r i a : Il 1 ongresso nazionale dei contadini - I valori di Borsadelle azioni di Banche e di Società italiane - La situazione delle casse postali di risparmio italiane - Il prestito russo - Il prestito brasiliano - Un nuovo prestito chileno - V emigrazione germanica nel 1905 — R a s s e g n a d e l c o m m e r c i o i n t e r n a z i o n a l e : Il commercio dell'Inghilterra nel marzo 1906 - Il commercio deffa Spagna nel gennaio 1906 - Il commercio del Portogallo nei primi dieci mesi del 1905 - Il commercio della Bulgaria durante il terzo trimestre del 1905 - Il commercio della Rumania durante i primi nove mesi del 1905 - Il commercio della
Svizzera nel 1905 - Il commercio del Messico nell'anno fiscale 1905-1906 — Lavori del Catasto 1904-1905 — Il raccolto mondiale del cacao — Banche Popolari e Cooperative — Camere di commercio — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
Un po' più di grano dall'Eritrea!
Il viaggiatore e geografo Giorgio
Schwein-furth è uomo illustre, ma quandoque et bonus
dormitat Homerus.
Poche settimane fa egli ebbe con un
gior-nalista di Palermo un colloquio, nel quale
ma-nifestò un grande pessimismo riguardo all'Eritrea,
più di tutto come colonia di popolamento, ma in
buona parte anche sotto il rispetto della sua
fer-tilità naturale e dell'attitudine che possa avere
a venir bene coltivata.
La cosa non sarebbe notevole, perchè ognuno
può avere le proprie opinioni, specie quando è
tutt'altro che il primo venuto, se non fosse che
lo Schweinfurth dodici anni addietro pubblicò un
opuscolo sullo stesso argomento, ed ebbe a
mani-festare previsioni e pareri quasi del tutto opposti
a quelli d'oggi. Qualche giornale italiano ha messo
a raffronto parecchi brani dell'opuscolo con
al-trettanti del riferimento del colloquio, rilevando
la strana contradizione.
Questa è minore, per verità, in ciò che
con-cerne il popolamento, nel quale non si può dire
che lo Schweinfurth si mostrasse, neanche nel 1896,
molto fiducioso. Egli per altro si limitava allora
a dire che non occorre provocare una inondazione
del territorio con emigranti europei, sia perchè
1' emigrazione non è cosa che si possa comandare,
sia perchè la popolazione indigena, grazie alla
tranquillità e alla sicurezza, cresce molto di
numero.
Queste osservazioni ci sembra non avessero
gran valore, nè fossero molto esatte. Che
l'emi-grazione non si possa dirigere del tutto a volontà,
è cosa vera, senza essere una grande scoperta.
Ma non è meno vero che, entro discreti limiti,
si possa darle impulso e anche determinare qualche
volta l'indirizzo. Entro discreti limiti,, diciamo,
perchè nessuno in Italia, per quanto ci consta,
ha mai sostenuto seriamente che si possano
ro-vesciare sull'Eritrea masse d'italiani simili a
quelle che spontaneamente vanno a ingrossare la
popolazione delle due Americhe. Sono invece
pa-recchi, e anche autorevoli, coloro che prevedono
possano gl'italiani, in maggior numero che non
abbiano fatto sin qui, trasferirsi nell'Eritrea in
un avvenire forse non lontano, quando si sia
affievolita la ripulsione prodotta dai ricordi di
guerre sfortunate, quando la metropoli abbia
adottato riguardo alla sua colonia un programma
di progetti e di lavori meno incerto e oscillante,
quando inoltre i diversi esperimenti agricoli, che
corrispondono ad altrettanti quesiti, abbiano data
una risposta più sicura e più chiara. E' poi
ine-satto asserire che la popolazione indigena di quei
territori sia in grande aumento.
Ma dove la contradizione è stridente, si è
nei giudizi relativi alla fertilità dei terreni. Nel
suo opuscolo il dotto tedesco faceva una
enume-razione abbondante dei prodotti vegetali che laggiù
si ricavano dall'agricoltura, nonché degli animali
domestici di cui ha già luogo o può essere
con-veniente e facile l'allevamento. Oggi tutto è
cambiato. Di animali domestici non si parla più.
Vi sarebbe la caccia, vi sarebbe la pastorizia ;
ma son cose da lasciarsi agli indigeni.
Rimbo-schire ? No, non conviene : piuttosto assicurare la
conservazione dei boschi esistenti. In quanto a
opere idrauliche per utilizzare le acque latenti o
di corso irregolare, che pur abbondano, ei
vor-rebbero altro che milioni ! Nè i vantaggi savor-rebbero
proporzionati. (E nel citato scritto aveva detto
precisamente il contrario). I terreni sono in gran
parte ciottolosi, e quindi possono appena
permet-tere la cultura dei cereali, ma di qualità
abba-stanza mediocre. Tale produzione non ha molta
importanza dal punto di vista coloniale, perchè
non può assicurare l'esistenza a coloni europei (?).
Forse potrà essere sufficiente alla nutrizione degli
indigeni
forse le cose scritte dallo Schweinfurth dodici
anni fa non erano tutte abbastanza ponderate,
nè frutto d'una piena cognizione di causa, ma
che quelle oggi da lui affermate lo sono anche
meno. Per fortuna, in questo frattempo, altri
uomini, magari meno celebri, ma competenti
spe-cialisti in materie agrarie, dopo lunghe e studiose
permanenze nell'Eritrea, ci hanno dato, anche
senza nessun poetico ottimismo, assai migliori
speranze circa l'agricoltura, l'orticultura, la
sil-vicoltura, l'irrigazione.
Per gli italiani in Eritrea il nostro autore
vede più roseo dal lato del commercio. Anche
questa ci riesce poco spiegabile. Pazienza un
de-cennio addietro ; ma dopo la cessione di Cassala,
e più ancora dopoché, di recente, gli inglesi hanno
congiunto mediante strade ferrate le migliori
re-gioni dell'interno col nuovo scalo di Port Sudan,
si capirebbe invece una certa sfiducia riguardo
all'avvenire commerciale dell'Italia e di quelle
sue colonie.
Del resto, a che cosa lo Schweinfurth
ap-poggia su questo punto i suoi giudizi ? A fatti
veri ma di poco conto. Ha trovato per esempio
in uso fra gli indigeni dell'Eritrea oggetti di
vetro delle vetrerie di Venezia. (Figuriamoci !....
roba di mediocre valore, che è penetrata anche
tra le popolazioni equatoriali). Ha osservato che
parecchi indigeni, avendo servito come soldati,
conservano l'abitudine di adoperare indumenti e
altri generi di provenienza italiana, di cui hanno
riconosciuto la comodità e la perfezione, come
selle da cavalli, coltri, mantelli, cappotti,
cap-pelli. Aggiunge che si vanno generalizzando le
calzature all' europea fabbricate in Italia.
Tutto ciò è naturale, ma non è molto.
L'in-filtrazione di prodotti dell' industria italiana
cre-scerà in avvenire certamente. Ma perchè non sia
debole e lentissima, bisogna che nella colonia
crescano il numero degli italiani ivi residenti,
che è ancora scarso, e la potenza economica
d' acquisto negli indigeni, che finora è scarsissima.
In proporzione dei mezzi, in ogni consociazione
umana, aumentano le voglie, che diventano poi
abitudini e bisogni. Oggi quegli indigeni hanno
pochi bisogni, fra l'altro perchè hanno pochi mezzi.
Per metterli maggiormente in grado di
acqui-stare prodotti industriali italiani, come anche
per far sì che vi siano molti nostri connazionali
a consumarne, bisogna in prima linea che nella
colonia si estenda e si perfezioni l'agricoltura.
Perciò riesce strano sentire lo Schweinfurth
pre-dirle poco sviluppo e limitato ad alcuni cereali
di mediocre qualità, mentre altri più competenti
di lui, almeno su questo punto, hanno diffuso
ripetute e minute notizie sul notevole incremento
che può prendere la granicoltura, sulla speciale
attitudine di certe zone alla coltura di alberi
rari e pregiati, sulle frutta di cui può convenire
l'innesto, sulla eccellenza dei legumi dell'Eritrea.
Poiché però in una colonia poco popolata, e a
colture estensive, quella dei cereali è la più
fon-damentale e la meno difficile, è proprio il caso
di spingerla innanzi, in attesa d'altro, col
faci-litare anzitutto ai suoi prodotti l'accesso in Italia.
Qui volevamo venire. E' questo un tasto su
cui è opportuno battere ogni tanto.
Quando venne votata, nel luglio del 1904, la
legge che ammette in franchigia in Italia
l'im-portazione del grano eritreo limitatamente alla
quantità di 20 mila quintali l'anno, dicemmo
ch'essa, per quanto timida, segnava un passo
importante, perchè cominciava a modificare quel
sistema assurdo, secondo il quale la Colonia viene
in tutto considerata un prolungamento del
terri-torio nazionale, fuorché nei rispetti della dogana,
che tassa i suoi prodotti come provenienti da un
paese straniero. Ci dolemmo però che dal
Parla-mento fosse stata respinta la proposta di dar
facoltà al Governo d'estendere all'occorrenza la
franchigia anche oltre i 20 mila quintali. Ora
sono passati quasi due anni, e a noi pare che
l'argomento dovrebbe venire ripreso in esame.
Poiché il grano di produzione nazionale non
basta al consumo interno, in Italia si importa
grano estero per una media annua di almeno sei
milioni e mezzo d'ettolitri. In confronto, che cosa
sarebbe mai raddoppiare la quantità di grano
eritreo da potersi importare senza dazio? Il dazio
in vigore essendo di L. 7.50 il quintale, la
per-dita per l'erario sarebbe di L. 150 mila l'anno
nel peggior de' casi, cioè prescindendo dall'aumento
del consumo, che ha pur luogo: somma quasi
tra-scurabile di fronte all'entità complessiva degli
introiti doganali. Come l'erario sopporterebbe la
lievissima perdita senz'avvedersene, così i
con-sumatori italiani non ne avrebbero, è vero, nessun
vantaggio ; ma almeno si sarebbe data con poca
spesa una spinta non indifferente alla produzione
di quella Colonia, per la quale grandi spese in
via diretta non siamo in grado di fare.
Bisogna d'altra parte ricordarsi che finora
essa costituisce una azienda passiva, benché un
po' meno passiva d'alcuni anni addietro. Per
giun-gere a renderla sempre meno onerosa alla madre
patria e poi tale. da bastare a sè stessa, non
sembra vi sia altro modo che quello di
svilup-pare la sua ricchezza, che in fondo è ricchezza
tassabile. Se a tale intento non si ha coraggio
di muovere neppure passi così misurati come
quello che abbiamo indicato, allora poi !...
Basterebbe una leggina d' un solo articolo.
Corrispondenza da Roma
Il rincaro dei viveri.
Nel numero precedente dell' Economista,
ab-biane visto come il caro dei viveri nella Capitale
del Regno si debba al bagherinaggio
spadro-neggiante ed al sistema usato dagli incettatori nei
rapporti coi rivenditori, consistente nel dar loro
a credito i generi alimentari, percependone
l'in-teresse di cinque centesimi al giorno per ogni
cinque lire, ossia del 365 per cento all'anno.
15 aprile 1906 L' ECONOMISTA 225
su una somma di circa 160.000 lire di credito permanente latto dai bagherini, rappresenta un sopra prezzo di circa 600.000 lire l'anno, sopra prezzo che ha la sua ripercussione anche sulle der-rate acquistate a contanti, e che si eleva perciò a somma molto maggiore.
D'altra parte va pure considerato che la mag-gior parte dei rivenditori per le disagiate condizioni economiche, non potrebbe esercitare il commercio, se le venisse a mancare la possibilità di acqui-stare a credito ; e perciò un primo provvedimento da adottare consisterebbe nel sostituire al baghe-rinaggio, nella parte che rappresenta il credito ai rivenditori al minuto, un nuovo congegno.
Una Cassa popolare, che avesse questa fun-zione, potrebbe a Roma facilmente fondarsi. E per assicurarne la esistenza, non dovrebbe ba-sarsi sul credito cambiario, giapchè alla scadenza i rivenditori si troverebbero nella impossibità di pagare ; ma dovrebbe consistere nella anticipa-zione della somma, il cui limite massimo sarebbe da stabilirsi, caso per caso, a seconda della im-portanza del commercio, con l'obbligo della re-stituzione nel giorno successivo, od a rate : solo quando la restituzione della somma fòsse avvenuta per intero, si farebbe luogo a nuove anticipa^ zioni per modo che da una parte la Cassa non andrebbe incontro a perdite e dall'altra i riven-ditori possiederebbero constantemente il capitale necessario al loro commercio.
Crediamo che, volendosi limitare, alle occor-renze dei prodotti agricoli, come quelli su cui si esercita prevalentemente il bagherinaggio, sarebbe sufficiente al funzionamento della Banca un capi-tale circolante di 200.000 lire. Giova poi osservare che perchè la banca potesse efficacemente corri-spondere a tutte le esigenze, dovrebbe diramarsi nei vari centri cittadini, per modo da rendere accessibile, mediante succursali, il credito a tutti i rivenditori.
L'interesse dovrebbe naturalmente essere mi-tissimo.
Si deve pure provvedere alla istituzione di pubblici mercati. Quelli che oggi esistono non corrispondono affatto alle esigenze cittadine e non funzionano regolarmente. A parte la q uestione delle pluralità dei mercati o del mercato unico, è certo indispensabile che comunque vengano istituiti.
I mercati dovrebbero essere organizzati in modo che ogni specie di derrate vi si potesse acquistare : oggi invece la gran maggioranza dei cittadini devono fare i loro acquisti dai rivendi-tori ambulanti, che impongono i prezzi a loro piacimento.
Ogni mercato dovrebbe avere l'assistenza di ispettori municipali incaricati di accertare la esattezza del peso e la qualità delle merci, di vigilare al buon andamento ed alla polizia del mercato medesimo, e di impedire le frodi.
Inoltre dovrebbe intervenire l'amministra-zione comunale con tutti quei provvedimenti ener-gici, che valgano a vincere il bagherinaggio.
Ricordiamo a questo proposito che fin dal J 876 il Consiglio, approvando le proposte fatte dalla Giunta in ordine ai pubblici mercati, avvisò ai
mezzi più idonei per rendere possibile la più larga concorrenza di tutti i produttori sui mercati di Roma.
Fra le proposte utili allora fatte dalla Com-missione comunale incaricata dello studio della questione; v'era ancor quella della costituzione di una compagnia di fattori patentati, i quali sotto il controllo degli agenti municipali, rice-vessero le merci dirette al mercato, ne rispondes-sero, le vendessero e ne spedissero il prezzo agli speditori. Per quanto la proposta fosse di pra-tica attuazione, pure non se ne fece mai nulla.
E' dunque indispensabile che il Comnne prov-veda in un modo od in un altro, al fine di met-tere in più diretto contatto i produttori coi consumatori.
*
Per quanto accompagnata da notevoli dif-ficoltà, crediamo che intanto sarebbe opportuna la applicazione di un calmiere, poiché essa avrebbe per effetto di avvicinare i produttori ai consu-matori. Infatti una volta determinato il prezzo massimo di vendita, verrebbero a diminuire gli attuali guadagni dei bagherini, i quali non po-trebbero più contare su una percentuale di utili alta come la odierna. Per conseguenza o tutti i numerosi intermediari dovrebbero contentarsi di veder ridotto il loro guadagno ; o — ciò che è più probabile — non bastando più un guadagno onesto a saziare le ingorde fauci di tanta gente, dovrebbe qualcuno di essi abbandonare il campo delle proprie speculazioni.
In tal maniera sarebbero messi in più di-retto contatto i consumatori ed i produttori, con evidente vantaggio dei primi.
LUIGI N I N A .
L'ASSICURAZIONE CONTRO LE MALATTIE
IN G E R M A N I A
Sempre tenendo a guida il libro dell'Istel (1), il quale si dimostra obiettivo e interessantissimo, continuiamo a parlare dell'oggetto della assicu-razione contro le malattie in Germania.
Ogni legge di assicurazione operaia ha per oggetto di garantire l'operaio contro l'incapacità di guadagnarsi la vita, che può risultare o da una malattia, o da un accidente, o da invalidità, o dalla vecchiezza o da circostanze economiche. Questa situazione che priva l'operaio del suo sa-lario, e che chiamasi in Germania Erwebsunfae-higkeit, proviene dunque dalla impossibilità in cui il lavoratore si trova di lavorare e di mo-strare la sua capacità professionale.
L'assicurazione contro le malattie ha per ogeetto di soccorrere gli operai in caso di ma-lattie, e di aiutarli in caso di incapacità al lavoro proveniente da malattia. In tal caso il criterio del diritto al soccorso non è propriamente l'in-. (1) PAUL ISTEL, L'assurance contre le maladie en
capacità al lavoro, poiché l'assicurazione
inter-viene in effetto, tanto nel caso in cui la malattia
non porti incapacità al lavoro, quanto anche,
dopo la guarigione, allorché sussista tuttavia
un'incapacità al lavoro. L'oggetto della
assicu-razione è dunque di garantire l'operaio contro i
rischi della malattia e dell'incapacità resultante
dalla malattia: e l'assicurato ha diritto ai
soc-corsi, sia che queste circostanze per eventualità si
presentino insieme o separatamente.
Le condizioni per ottenere il soccorso
con-sistono: a) nella sussistenza della malattia, di
una alterazione cioè della salute, qualunque ne
sia la causa, purché non sia una leggerissima
in-disposizione che non offra carattere di gravità, o
purché non sia un normale inbebolimento
pro-dotto da vecchiaia, o una infermità con carattere
permanente ; b) nella incapacità al lavoro, che
consiste nella impossibilità in cui si trova un
la-voratore di utilizzare la sua capacità regolare di
lavoro. Giova dunque distinguere nettamente
questa impossibilità dalla mancanza di lavoro, in
cui può trovarsi una persona che ha perso il suo
impiego in causa di malattia, o anche dalla
in-capacità teorica, derivante dal fatto che una
per-sona non può ottenere un impiego in causa di
difformità fìsiche, derivanti da malattia.
Le Casse di assicurazione forniscono alle
per-sone assicurate, secondo i casi, soccorsi pecuniari,
cure mediche, cure farmaceutiche, trattamento
negli ospedali, soccorsi ai convalescenti, soccorsi
alle donne, indennità funerarie ; e la legge
ger-manica proibisce alla Cassa di soccorso per
ma-lattia di fornire soccorsi di natura diversa da
quelli citati. Anzi ciascuno di questi metodi di
soccorso ha speciale definizione, ed è
ristretta-mente applicato. Cosi, ad esempio, il soccorso
pecu-niario (Krankengeld) è una indennità destinata
q compensare in una certa misura la perdita del
salario che viene subita dall'assicurato; le cure
mediche sono i trattamenti per parte di un
me-dico « autorizzato », e si noti a tal proposito che si
considera regime dì vera libertà quello che
con-cede la scelta al malato tra i medici autorizzati:
regime adottato anche dalla legge germanica. E'
da osservare anche che i medici sono remunerati
con un sistema misto, che partecipa del
tratta-mento a forfait, e di quello degli onorari
pro-porzionali.
Così ancora, per trattamento allo ospedale
intendesi la gratuità dello alloggio, del nutrimento,
dei vestimenti, e delle cure mediche, potendosi al
trattamento allo ospedale sostituire, per decisione
della Cassa di malattia, il trattamento a domicilio:
ma la scelta tra i due sistemi appartiene
unica-mente agli organi di assicurazione.
Tutti gli assicurati hanno io stesso diritto
al soccorso, allorché abbiano i requisiti richiesti :
ma, come comprendesi facilmente, il soccorso può
variare di natura e di ammontare, a seconda dei
casi. Certo il soccorso è incedibile e
inseque-strabile, tranne alcuni casi stabiliti
tassativa-mente dal legislatore germanico, come quello che
l'assicurato debba rimborsare il padrone o un
organo o un membro della Cassa che gli abbia
fatto un anticipo del soccorso.
Non staremo qui a riportare le minori
dispo-sizioni della legge germanica, che stabiliscono
e determinano tutte le misurazioni dell'ammontare
del soccorso e della sua durata, a seconda dei
casi e a seconda dei diversi organi di
assicura-zione, dei quali già parlammo in altro fascicolo.
E' interessante invece dire qualcosa delle risorse
degli organi di assicurazione.
Queste risorse sono fornite: dalle
quotizza-zioni degli assicurati, dalle contribuquotizza-zioni dei
pa-droni, e in certi casi dai diritti di entrata che
gli assicurati devono pagare al momento della
loro ammissione.
La quotizzazione varia secondo le differenti
categorie di organi iu correlazione all'ammontare
dei soccorsi. Istituendo la assicurazione
obbliga-toria e imponendo agli operai il pagamento delle
quotizzazioni, il legislatore ha dovuto
necessaria-mente occuparsi delle cifre della contribuzione e
occuparsi di determinare il valore minimo di esse
che, ad esempio, per l'assicurazione comunale è
fissato normalmente al 5 per cento del salario
quotidiano medio dei lavoratori del luogo. Circa
il massimo, esso dipende dalle Casse medesime,
e in genere la quotizzazione sopportata degli
as-sicurati non si eleva a più del 3 per cento del
salario.
Gli stabilimenti di assicurazione devono
an-cora costituire un fondo di riserva, che è per tutti
obbligatorio, tranne per le Casse di intrapresa di
costruzioni, stante il loro carattere temporaneo
che renderebbe inutile la creazione di una riserva.
L'obbligo stabilito nell'operaio di fornire una
quotizzazione prelevata sul suo salario, trova il
suo corrisposto nell'obbligo correlativo imposto al
padrone di contribuire a questa quota col proprio
denaro. Questa contribuzione, giusta e necessaria
dal punto di vista morale e sociale, è fissata dal
legislatore germanico a un terzo dell'ammontare
totale delle quotizzazioni, e cioè alla metà di
quello che devono pagare gli operai. Gli
assi-curati contribuiscono dunque per due terzi e i
padroni per un terzo alla quotizzazione della
as-sicurazione.
Infine le Casse locali e industriali (non le
Assicurazioni comunali) possono stabilire un
di-ritto di entrata, una specie di imposizione
su-gli assicurati nuovi, di cui la legge germanica
statuisce che non può oltrepassare il valore di
sei settimane di quotizzazioni. Con tutte queste
entrate le Casse debbono provvedere al pagamento
delle spese di amministrazione, contabilità ecc.,
dal legislatore germanico abbastanza
particolar-mente stabilite.
Alla autorità amministrativa superiore spetta
di ordinare la chiusura delle Casse di malattia,
quando la situazione finanziaria lo imponga,
op-pure lo scioglimento quando le parti interessate
lo chiedono. La chiusura può pronunziarsi d'ufficio,
lo scioglimento è provocato dagli interessati, e
lasciato poi al libero apprezzamento della autorità
amministrativa.
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L' ECONOMISTA
227
nè dai rappresentanti dei padroni nè da quelli
degli operai. Lo scioglimento delle Casse locali
può in ogni caso esser pronunziato coi consenso
della Assemblea e per proposta dell'autorità
am-ministrativa ; per le Casse importanti più rami
di industria può essere pronunziato su semplice
domanda dell'Assemblea, dietro parere, ma senza
necessità di approvazione, dell'autorità comunale.
Le Casse di fabbricasi chiudono per lachiusura
della fabbrica, per la persistente diminuzione del
numero degli assicurati, per la irregolare tenuta
della contabilità ; — le Casse di intrapresa di
costruzione per la cessazione della intrapresa o
per la mala tenuta della contabilità; — le Casse
di soccorso per il ritardo di oltre un quarto dei
membri al pagamento delle quotizzazioni, e por
avere l'Assemblea generale adottato una decisione
contraria alla legge o allo Statuto, o quando la
Cassa sia in stato di fallimento, ecc. Lo
sciogli-mento di una Cassa di soccorso può anche essere
ordinato, se è ehiesto dalla Assemblea generale
sull'avviso conforme di quattro quinti almeno dei
voti rappresentati.
Ci riserviamo nel prossimo fascicolo di
ter-minare lo studio di questo interessante libro
dell'Iste!, esaminando la parte importantissima
dei rapporti e conflitti tra le Casse di soccorso,
nonché gli effetti generali e speciali
dell'assicu-razione operaia germanica oontro le malattie.
Sulle disposizioni del Codice di commercio
intorno alle Società anonime (*)
Continuando ora l'esame degli articoli del
Codice troviamo l'art. 171 che dice:
ART. 171. — Le società non possono emettere titoli di obbligazioni al portatore o nominativi per somma eccedente il capitale versato e tuttora esistente, secondo 1' ultimo bilancio approvato.
Possono perù emettere obbligazioni anche per una somma maggiore, quando 1' eccedenza sia garantita da titoli nominativi a debito dello Stato, delle Provincie o dei comuni, aventi corrispondente scadenza e depositati nella cassa dei depositi e prestiti, per rimanervi sino all' estinzione delle obbligazioni emesse.
L ' emissione dei biglietti di banca od altri titoli equivalenti è regolata da leggi speciali.
La disposizione della prima parte di questo articolo non si applica alle cambiali, ai libretti di deposito, ai buoni nominativi, od altri titoli di debito dipendenti da singoli affari.
E' proprio necessario che una Società
anonima abbia dalla legge limitata la facoltà
di emettere obbligazioni alla somma del
ca-pitale versato ? — Io non lo credo, e sono di
opinione che sarebbe molto più conveniente
lasciare alla società una maggior libertà in
proposito. E invero se l'ultima parte di questo
articolo lascia alle società la facoltà di
con-trarre debiti in qualunque altra forma senza
nessun limite, non si comprende il motivo per
il quale il legislatore ha voluto limitare al solo
capitale versato, la forma di più facile
circola-zione che è quella delle obbligazioni. Si
com-prende che possano avvenire, e sono già
avve-(*) Continuazione, vedi nn. 1656, 1658, 1659, 1660, 1661 e 1666.
unti, degli inconvenienti ; ma questi si
manife-stano in qualunque altra forma di debiti che
la società contragga; anzi la forma di
obbliga-zioni, avendo un carattere pubblico, può essere '
più facilmente dalla opinione pubblica
con-trollata ed analizzata, che non sieno le altre
forme, che corrono tra poche persone.
Eviden-temente, anche in questo caso, il legislatore ha
voluto in certo modo tutelare la ignoranza del
pubblico, il che significa coltivare detta
igno-ranza ed impedirne la relativa
educazione-Pero propugnando una maggiore larghezza
di tale materia, so benissimo che si tratta di
una di quelle questioni nelle quali è difficile
vincere il pregiudizio e quindi non è il caso
di insistere ; mi pare però che qualche passo si
potrebbe fare in proposito, sia per accordare
che alla somma del capitale versato si possa
aggiungere la riserva, sia permettendo che le
obbligazioni possano essere emesse anche fino
al limite di una volta e mezza o due il
capi-tale versato.
Bisogna considerare che l'obbligazione è
un mezzo col quale una società aumenta il
pro-prio capitale operante, e che in molti casi non
vi è ragione per far partecipare definitivamente
e per seirmre un nuovo capitale agli utili della
impresa. Emettendo obbligazioni, in sostanza,
si ottiene del nuovo capitale a cui si dà una
partecipazione fissa agli utili ed a suo tempo
10 si rimborsa ; cosi la società può ampliare
la propria azienda senza subire l'onere di un
eccessivo capitale. Perchè in tal caso si vorrà
limitare la misura di questo ampliamento,
quando la società può conseguirlo egualmente
con altre forme più pericolose o meno
pru-denti ?
Ma prescindendo da ciò, mi pare che il
legislatore, mantenga o no il principio ammesso
dal Codice attuale, non può a meno di
coor-dinare le disposizioni dell' articolo 171 con
quelle degli articoli 146 e 158. Se la società
ha pieno diritto, colle forme volute dalla legge,
di ridurre il proprio capitale, e la legge non
stabilisce alcun limite in tale riduzione, come
può essere mantenuta la proporzione voluta
dall'articolo 171, se là società, prima di ridurre
11 capitale, abbia emesso il massimo numero
di obbligazioni consentito dalla legge?
In altri termini, se una società ha in
cir-colazione delle obbligazioni, può ridurre invece
che reintegrare il suo capitale, come la
auto-rizzerebbe l'articolo 146, o può,
indipendente-mente dalla perdita subita, ridurlo per
resti-tuirlo agli azionisti, valendosi dell'articolo 158?
Si comprende facilmente che coi
suindi-cati articoli 171 e 158 la società può eludere
il concetto della legge; questa gli impedisce
di emettere obbligazioni al di la del capitale
versato, e la società dopo aver obbedito a tale
prescrizione, si vale della facoltà dell'
arti-colo 158 e riduce il capitale evitando cosi la
disposizione dell'articolo 171.
reintegra-zione del capitale, almeno fino alla somma
dello obbligazioni in circolazione: — la seconda
che non permetta la riduzione del capitale di
cui l'art. 158, se non nel limite della somma
delle obbligazioni in circolazione.
* * *
L'articolo 172 ha intendimento di
discipli-nare rigorosamente la emissione delle
obbliga-zioni, ma evidentemente non ha efficacia.
Esso dice :
ART. 172. — L'emissione (ii obbligazioni, ancorché preveduta nell' atto costitutivo o nello statuto, non può aver luogo senza una deliberazione dell'assemblea ge nerale presa colla maggioranza richiesta nella prima parte dell' art. 158.
Se 1' emissione si fa col mezzo di pubblica • sotto-scrizione, la deliberazione stessa, insieme col progetto del manifesto indicato nell'articolo seguente, dev'essere depositata presso il tribunale civile per i provvedimenti indicati nell'art. 91.
Nel caso preveduto nel primo capoverso dell'art. 171, dev'essere depositato, insieme alla deliberazione ed al progetto di manifesto, anche il documento comprovante 1' eseguito deposito dei titoli ivi indicati.
La deliberazione dell'assemblea non pnò avere cf fetto, se non dopo trascritta nel registro delle società.
Ora, o si tratta di un accordo perfetto
tra Assemblea generale e Consiglio di
Ammi-nistrazione ed allora la convocazione della
Assemblea generale perchè ribadisca
l'autoriz-zazione, già ammessa nello Statuto, non è clie
una formalità che reca disturbo ed a nulla
serve ; — ovvero si pensa al caso in cui tra
il Consiglio di Amministrazione e la Assemblea
generale possa sussistere una specie di
con-flitto, o di divergenza, di opinione sull'
argo-mento, ed in tal caso l'Assemblea non avrebbe
ammessa nello Statuto tale autorizzazione. Che
se si suppone che la divergenza od il conflitto
sia sorto dopo la approvazione dello Statuto,
allora ciò è possibile che avvenga anche dopo
una deliberazione presa da una Assemblea
ge-nerale colla maggioranza voluta dall' art. 158.
A me pare che una disposizione di tanta
importanza introdotta nello Statuto, il quale
deve essere approvato e modificato colla
mag-gioranza voluta dall'articolo 158, non possa
es-sere a capriccio abrogata, e debba sussistere
in vigore fino a che non sia cancellata con
una regolare modificazione dello Statuto. Gli
azionisti hanno modo di far convocare una
Assemblea generale, se credono di modificare
in questo senso lo Statuto, ma è assolutamente
strano che si ammetta possibile la inclusione
di detta autorizzazione nello Statuto, perchè
poi la disposizione non abbia validità.
Che si dica che il Consiglio di
Ammini-strazione deve deliberare la emissione assieme
ai Sindaci e con la maggioranza di due terzi
favorevoli, è ammissibile e sarà anzi prudente ;
ma se si mantiene la disposizione quale è nel
Codice, perchè abbia senso bisogna
aggiun-gere che :
« la disposizione dello statuto o la
deli-« berazione della Assemblea generale eolla
« maggioranza voluta dall'articolo 158 per la
« emissione delle obbligazioni non devono
pre-« cedere di più di un anno la data della
ef-« fettiva emissione ».
Una tale disposizione impedisce che tanto
le disposizioni dello Statuto, come la
delibera-zione della Assemblea generale siano, a
para-gone della data della emissione, troppo remote.
*
* *
Una lieve menda di dizione domanda
l'ar-ticolo 175 che dice :
ART. 175. — X titoli dello obbligazioni devono con-tenere le enunciazioni prescritte per il manifesto e la tabella dei pagamenti in capitale ed interessi.
Invece della tabella del pagamento del
capitale ed interessi,
sarebbe più chiaro e più
tecnico dire : la tabella dei rimborsi e degli
interessi.
* * *
Credo che non vi sia alcuno, il quale,
per quanto esperto di contabilità, non
la-menti il modo col quale, in genere, le
So-cietà anonime compilano il loro bilancio.
Molto per il timore del fisco, il quale
ap-plica senza intelligenza una legge tributaria
che non si può chiamare altro che barbara, ed
un poco anche perchè in molti casi fa comodo
agli Amministratori di non far vedere
chiara-mente le condizioni della azienda, il fatto si
è che i bilanci delle Società anonime sono a
poco a poco diventati di una oscurità
scanda-losa. Ho sotto gli occhi il conto profitti e
per-dite di una cospicua società che vanta
ade-renze finanziarie di primo ordine e che ha un
capitale versato di molti milioni, la quale è
arrivata a dare nel suo conto profitti e
per-dite due sole voci, senza nessuno schiarimento
ulteriore.
E siccome credo che tutti coloro che hanno
discusso l'argomento sieno d'accordo sulla
necessità di far cessare questo stato di cose
?così non mi trattengo a dimostrare tutti i guai
che derivano da tali metodi. La legge vuole
la pubblicità dei bilanci ed obbliga a
pub-blicarli in uno speciale Bollettino : non può
dunque ammettere che questa pubblicità sia
resa vana dalla forma che gli
Amministra-tori, molte volte incalzati dal fisco, ma
tal-volta anche spinti dalle intrinsiche condizioni
della azienda, usano, tale clie rende
assoluta-mente nulla la garanzia della pubblicità.
Sperare in una modificazione intelligente
della legge fiscale che colpisce le Società
ano-nime, credo per ora almeno vana cosa. Il
de-sideratimi
logico sarebbe che il fisco si
pren-desse una parte degli utili che si distribuiscono
agli azionisti ed una parte del maggior
va-lore, oltre il versato, che, nella liquiefazione, si
rimborsasse agli azionisti stessi. Ma, ripeto, il
fisco a poco a poco ha spinto le cose al di là
di ogni ragionevolezza, ed ha compreso tra gli
utili anche le somme destinate a colmare le
perdite ;
e si trovarono commentatori e
15 aprile 1906
L' ECONOMISTA
229
larte a riserva per le perdite che potrà
su-bire negli anni appresso ; quella riserva viene
considerata come utile ed e colpita dalla
im-posta, mentre l'erario, si capisce, non concede
nessuno abbuono se poi detta riserva sia
im-piegata a colmare le future perdite. Si è visto
perfino dei casi nei quali il fisco pretese di
api dicare la imposta di ricchezza mobile sopra
la spesa fatta per rinnovare una macchina
guastatasi dopo pochi anni dacché era messa
in opera, asserendo che quella reintegrazione
straordinaria veniva fatta cogli utili conseguiti;
e vi sono casi nei quali il fisco pretende di
applicare la imposta sugli ammortamenti ;
in-fine il fisco vuole la imposta sulle somme colle
quali la società paga i propri debiti.
Sono vere e proprie assurdità scusabili
soltanto colle condizioni passate della finanza
dello Stato, le quali hanno permesso clie il
sistema tributario assumesse forme e sistemi
che non solo sono in contraddizione colle
buone regole della scienza delle finanze, ma
sono stridenti col senso comune e con
l'inte-resse fiscale che avrebbe lo Stato ad
agevo-lare anziché ostacoagevo-lare il nascere ed il fiorire
delle Società anonime, dalle quali direttamente
ed indirettamente ricava tanti vantaggi.
Ma tutto questo è noto generalmente e
generalmente deplorato. Se non che non veggo
ancora il possibile Ministro delle finanze
ca-pace e voglioso di riordinare, a base di buon
senso, i diversi rami del suo dicastero. 11 paese
si è già adagiato bene o male su questo letto
di Procuste e ciò incoraggia i Governi a
dor-mire placidamente.
Ciò non toglie però che, appunto in causa
di questo vigente sistema fiscale, la forma
dei bilanci delle Società anonime non abbia
sempre peggiorato diventando essi sempre più
oscuri ed inintelligibili.
In questo stato di cose non può più essere
concessa sull'argomento alle Società anonime
la libertà di cui hanno fin qui goduto e della
quale hanno invero abusato.
Come è stabilito per l'articolo 177 del
Codice di commercio per le Società di
cre-dito, le quali hanno l'obbligo di presentare
entro i primi otto giorni di ogni mese la loro
situazione alla fine del mese precedente, in
base ad un modello stabilito con regio decreto,
così alle altre Società anonime deve essere
prescritto di presentare entro tre mesi dalla
chiusura dell' esercizio, il loro bilancio annuale
in base ad un modello che sarà pure stabilito
con regio decreto.
Il timore che la varietà delle Società
anonime per importanza e per oggetto, renda
difficile la compilazione di un modello, è, io
credo, timore vano, poiché i bilanci si
riepi-logano facilmente in alcune voci generali, che
possono servire a qualunque azienda.
E' da studiarsi se non sia il caso di fare
tre moduli diversi; uno per le Società più
piccole, che non oltrepassano, ad esempio, le
800,000 lire di capitale ; uno per le Società
fino al milione di capitale, ed un per le altre
maggiori. Ma questa è questione che, al caso,
potrà essere studiata in seguito; ora importa
che sia ammessa la massima, sulla
opportu-nità della quale non vi può essere dubbio.
*
* *
Ciò premesso, l'articolo 176, che dice :
ART. 176. — Gli amministratori devono presentare ai Sindaci, almeno un mese avanti il giorno fissato per 1' assemblea generale che deve discuterlo, il bilancio dell'esercizio precedente, eoi documenti giustificativi, indicando in esso distesamente :
1° il capitale sociale realmente esistente; 2° la somma dei versamenti effettuati e di quelli in ritardo.
Il bilancio deve dimostrare con evidenza e verità gii utili realmente conseguiti e le perdite sofferte.
Il bilancio delle società nazionali od estere assi-curatrici sulla vita ed amministratrici di tonfine deve inoltre contenere le prove dell' adempimento delle di-sposizioni dell' art. 145.
dovrebbe essere riformato in modo che dica
invece dei tre primi capoversi :
« Gli amministratori devono presentare ai
« sindaci, almeno un mese avanti il giorno
« fissato per l'Assemblea generale che deve
« discuterlo, il bilancio dell' esercizio
prece-« dente ed il conto profitti e perdite.
« Il bilancio ed il conto profitti e perdite
« dovranno essere compilati secondo il
mo-« dulo che sarà stabilito con reale decreto.
( Continua).
A . J . DE JOHANNIS.
R l Y I S T d B l B L I O Q M F I C f l
A l b e r t o S t r a t i c o . -
La psicologia collettiva. —
Milano, Remo Sdndron, 1905, pag. 158, (2.50).
E' notevole questa larga fioritura di lavori
che trattano della psicologia delle collettività, e
tanto più notevole in quanto ancora non appare
ben chiaro quali siano le linee direttive di questi
studi, i limiti di essi colle altre discipline e la
separazione abbastanza precisa tra la azione
col-lettiva e quella individuale. Su tale punto
na-turalmente si svolgono gli studi della maggior
parte degli scrittori, i quali comprendono
benis-simo che dalla risoluzione di questa questione
preliminare dipende gran parte della efficacia
delle loro ulteriori considerazioni.
dello stato attuale delle discussioni scientifiche
sull'argomento, non esitiamo a riconoscere che,
sotto questo aspetto, merita di essere preso in
considerazione.
Rag. Carbonaro Giuseppe. - La Calabria e
la questione meridionale.
— Reggio, C. P.
Lom-bardi, 1905, op., pag. 3B.
In questo opuscolo l'Autore, che è Agente
delle imposte, cerca di dimostrare che sarebbe
ingiusto esonerare dalle imposte per un certo
numero di anni tutta la proprietà calabrese,
men-tre sarebbe equo esonerare con una certa larghezza
le quote minime, osservando che nella Calabria
il 75 per cento dei 193.000 contribuenti alle
im-poste fondiarie, paga meno di cinque lire all' anno
di imposta complessiva. L'Autore fa poi una serie
di altre proposte generali che non ci parvero
suf-ficientemente elaborate.
A u g u s t e Monnier. - Les accidentes du travati
dans V agricMltvtre et la legislation anglaise. —
Paris, L. Larose et L. Tenin, 1905, pag. 205.
Come è noto, i legislatori dei diversi paesi,
pur provvedendo a disciplinare le questioni degli
infortuni sul lavoro mediante una serie di
dispo-sizioni più o meno complete, hanno sempre esitato
a considerare esplicitamente l'operaio propriamente
detto in eguaglianza col lavoratore delle campagne.
E' inutile rilevare qui le cause per le quali questa
esclusione è stata, espressamente o no, ammessa :
ciò che importa rilevare è, che la esperienza ha
dimostrata la ingiustizia di questa esclusione, ed
ogni giorno più si manifesta dovunque la
neces-sità di provvedimenti che la annullino o, ad ogni
modo, si rivolgano anche alle moltitudini agricole
che non sono meno esposte ai pericoli
professio-sionaii, e non meritano meno degli operai la
pro-tezione delia legge.
E siccome già alcuni paesi si sono messi su
questa via ed hanno cominciato, sebbene
timida-mente, a provvedere, bene ha fatto l'Autore a
dare in questo libro qualche notizia su ciò che
si è fatto in proposito in Inghilterra.
L'Autore comincia, dopo una breve
prefa-zione, a parlar del diritto comune inglese per ciò
che riguarda gli infortuni sul lavoro, espone le
modificazioni portate sulla materia dal Campbell,
« Fatai accidents Act del 1846 » e di tutti i
tentativi che furono fatti in diverse occasioni
per estendere detta legge ai lavoratori agricoli,
sia in via generale, sia parzialmente in alcuni casi
speciali: per venire poi a discorrere più
ampia-mente del « Workman's Compensation Act del
1897 » e dall'altra legge con lo stesso titolo
del 1900.
Il lavoro, molto sobrio, è condotto con molta
diligenza e con ordine, cosicché in poche pagine
il lettore si rende conto abbastanza ampio della
non semplice questione. Un' appendice ohe contiene
il testo delle leggi citate completa il volume
in-teressante.
Henriette Roland-Holst. - Generalstreik und
Socialdemokratie.
- Soc. Ed. Dresden, Kaden
et Com., 1906, pag. 208.
In una breve ma concettosa prefazione alla
prima edizione di questo lavoro, il Kautski, che
già aveva trattato l'argomento nel « Neuen Zeit »
ed aveva fatto incoraggiare la » compagna »
Ro-land-Holst a discutere a fondo il tema, ha tracciati
i punti principali della questione polemizzando col
« Vorwarts » e non senza dissimularsi che lo
scio-pero generale politico presenta ancora troppi punti
indecisi per cui sarebbe ben difficile precisarne ora
le forme, la funzione ed i limiti.
Nella seconda edizione la scrittrice socialista
ha infatti trovato conveniente di portare alcune
modificazioni alla sua precedente esposizione, non
fòsse altro per tener conto dei fatti che si sono
svolti nella recente rivoluzione russa, dove lo
scio-pero generale politico ha avnto larga e diversa
applicazione.
Il lavoro viene diviso in sei capitoli, che
trat-tano successivamente dei seguenti argomenti : la
definizione dello sciopero generale, di cui la
Au-trice trova quattro forme prrncipali : lo sciopero
generale per solidarietà quale sentimento di classe;
quello che nasce dal concetto che il propagarsi dello
sciopero generale affretti la soluzione della lotta
fra capitale e lavoro, e quindi la rivoluzione
so-ciale : terzo classifica quello sciopero generale che
mira coli'esempio, anche attraverso distanze, ad
influire sulle più generali questioni economiche
della produzione e del consumo; finalmente lo
sciopero che mira ad influire consapevolmente
sui rapporti politico-economico-sociali e
rappre-senta un arma di assalto e di difesa del
proleta-riato per emanciparsi dallo Stato borghese.
Cerca poi l'Autrice di dimostrare il
gene-ralizzarsi della simpatia verso lo sciopero generale.
Ciò premesso l'Autrice entra propriamente
nel-l'argomento, consacrando due lunghi capitoli allo
sciopero generale economico con siguificato
poli-tico; ed allo sciopero delle moltitudini veramente
politico. Un'appendice tratta dello sciopero
ge-nerale, dello sciopero politico delle masse, e del
contegno della democrazia sociale.
Molte cose sarebbero da rilevare in questo
scritto, tanto come acute
e
giuste osservazioni,
quanto come eccessive affermazioni senza
dimo-strazione
e
senza prova , ma dal punto di vista
delle idee socialiste, è certo che il libro merita
di essere studiato, come chiara e ordinata
espo-sizione del pensiero socialista sopra una delle più
gravi e serie manifestazioni del nuovo possibile
indirizzo del movimento sociale.
J.
•
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
A Bologna fu tenuto negli scorsi giorni
il Congresso nazionale dei contai
dini.
Erano rappresentate circa 400
Associa-zioni, di cui 81 di Ravenna, 85 di Reggio
Emi-lia, 70di Bologna: vi aderirono anche molti
depu-tati. Il Comitato ordinatore aveva- prescritto a
ciascuna lega di scegliersi i rappresentanti nel
proprio seno, onde imprimere al Congresso la
vera fisonomia di coloro dei quali si intendeva
tutelare gli interessi.
15 aprile 1906 L ' E C O N O M I S T A 9
giorno approvato dalla gran maggioranza dei con-gressisti: l'esistenza cioè di una mezzadria clas-sica e di una mezzadria, o, meglio, contratto a compartecipazione; e con senso di praticità il Con-gresso volle distinta una mezzadria dall'altra.
E c c o le conclusioni proposte dal relatore on. Cabrini sul tema « Legislazione agraria » :
Il Congresso Nazionale dei lavoratori della terra, ispirandosi ai concetti direttivi della politic i proletaria che deve fendere ad assicurare alle classi lavoratrici posizioni sempre più favorevoli alla lotta sostenuta contro i privilegi economici, politici e sociali, tesoreg-giando l'esperimento quadriennale di azione di resi-stenza e di cooperazione dichiara :
L'organizzazione dei lavoratori della terra, tanto a mezzo dei suoi poteri direttivi, come dei singoli nuclei locali, e d'accordo colla rappresentanza parlamentare del proletariato, deve svolgere una azione metodica ed inflessibile per costringere lo Stato italiano ad accogliere nella propria legislazione, sinora pressoché insensibile e spesso avversa ai bisogni dei lavoratori dei campi, le seguenti disposizioni :
1. Tribunale di lavoro (probiviri) per derimere i conflitti fra padroni e lavoratori nell'agricoltura : istituzione da fondarsi sopra capisaldi accettati dal Con-siglio superiore del lavoro nelle sue sedute del 20-21 marzo 1905 ;
2. Norme fondamentali del contratto del lavoro, secondo le proposte formulate nel 1902 dal Comitato centrale della Federazione nazionale dei contadini e dalle Federazioni di Cremona, di Mantova, di Modena, di Ferrara, e di Reggio Emilia :
3. Assicurazione ;
a) obbligatorietà contro gli infortuni sul lavoro interamente a carico della classe padronale :
b) obbligatoria, col concorso dei contadini per la invalidità e vecchiaia ;
c) sussidi di Stato, integratori delle quote ver-sate dal lavoratore della terra, per sussidi nei casi di malattia, a quelle associazioni cui egli meglio intenda di inscriversi ;
4. Riforma delle disposizioni sui lavori nelle risaie, accogliendosi le conclusioni del Consiglio superiore del lavoro e stabilendo un maximum di 8 ore di lavoro al giorno.
5. Estensione dell'ispettorato del lavoro all'agri-coltura ;
6. Congrua rappresentanza diretta dalla organizza-zione dei lavoratori della terra nel Consiglio superiore del lavoro o nel Consiglio superiore dell'agricoltura ; 7. Istituzione in tutti i comuni agricoli della refe-zione scolastica come integrarefe-zione della legge sull'istru-zione pubblica; creasull'istru-zioneJdella classe 4, 5 e 6
elemen-tare maschile e femminile e conseguente divieto di ap-plicare i fanciulli ai lavori agricoli prima del 12° anno di età ;
8. Rappresentanza diretta delle organizzazioni con-tadine negli organi locali e centrali incaricati di ap-plicare le leggi contro la pellagra: e applicazione ef-fettiva della legge contro la malaria, impedendo che i Comuni e le opere pie sostengano, a luogo dei padroni, le spese del chinino e creazioni di commissioni pro-vinciali, con rappresentanza dell'organizzazione conta-dina, per l'applicazione della legge stessa.
E c c o ora le conclusioni sul tema « Orga-nizzazione di classe e mezzadri e patto colonico » proposte dai relatori on. Comandini e D e A n d r e i s e rag. Z a m b i a n c h i :
« che alle leghe di resistenza fra coloni mezzadri si consigli di assumere anche aspetto e funzione di mutualità e di cooperazione; e di riconoscere come inattuabile e dannoso l'abbandono del lavoro da parte dei mezzadri e sola possibile la disdetta collettiva dei patti colonici ;
che si chieda al Parlamento di adottare opportune norme legislative, determinanti le condizioni essen-ziali del contratto di mezzadria ed intese ad impedire che i proprietari abusino del loro diritto di proprietà per lasciare incolte le terre;.
che si addivenga ad uno stabile accordo fra leghe di braccianti e giornalieri e leghe di mezzadri, base del quale siano:
la proporzionalità fra le quantità di terra coltivata e la forza di lavoro della famiglia colonica ;
la rinuncia da parte dei coloni allo scambio d'opera gratuita nei lavori agricoli, ed all'esecuzione di quei lavori che non hanno stretta attinenza alla coltiva-zione delle terre tenute a colonia ;
l'abbandono da parte dei braccianti di ogni azione di resistenza che possa colpire il colono senza possibi-lità in questi di rivalsa sul proprietario ».
L'adesione solidale delle associazioni di braccianti alla agitazione che le organizzazioni di mezzadri, le Federazioni e le Camere del lavoro dovrebbero iniziare nel paese per ottenere una legge che stabilisca netta-mente le principali disposizioni che dovranno regolare il contratto di mezzadria, e impedisca che i proprietari, per rappresaglia cóntro i lavoratori, lascino incolte le terre ».
.Circa le azioni riformatrici, il Congresso fece buon viso alla riforma Pantano sulla colonizza-zione interna, e accolse la proposta Baldini — di organizzare un Consorzio per estendere a tutta l ' I t a l i a l'azione che si propone di svolgere nel nord l ' U f f i c i o di emigrazione interna della So-cietà Umanitaria di Milano che si propone i se-guenti scopi :
a) studiare regioni deficienti o abbondanti di mano d'opera, compilando elenchi, indicatori, ec.
b) rilevare le condizioni economiche e so-ciali dei luoghi ove è richiesta o da dove è of-ferta la mano d'opera;
c) formulare contratti tipici, in base alle condizioni locali ed alle particolari contingenze in cui d o v r e b b e effettuarsi l'emigrazione ;
d) dirigere, e eventualmente, accompagnare Commissioni o Delegazioni di emigranti o di in-tere squadre o colonne ;
e) con un servizio permanente di stati-tistica (avvalendosi di quanto può servire allo scopo) ragguagliare gli interessati —- uniti in Associazioni — di quanto può loro giovare in materia di salari, orari, patti e contratti, ter-reni, ecc. ;
f ) in base alla constatazione positiva di inconvenienti, lacune, ecc., provocare provvedi-menti dalle A u t o r i t à e Corpi competenti ;
g) infine esercitare una efficace tutela a prò degli emigranti temporanei all' interno, in-tervenendo per l'interpretazione di patti per di-rimere conflitti, per difendere il diritto offeso, per facilitare organizzazioni cooperative, segretariati, Uffici di collocamento, Casse di disoccupazione, Commissioni arbitrali, ecc.
Così si sciolse l ' i m p o r t a n t e Congresso. — L ' E c o n o m i s t a d'Italia pubblica i consueti
valori di Borsa delle Azioni di
B a n c h e e di Società italiane.
E c c o la situazione alla fine di di marzo 1906 e il suo confronto con quella del mese precedente:
Istituti di Credito Società di trasporti Metallurg. e Meccaniche Gas ed Elettricità Industria zuccheri Prodotti chimici Tessitura e Filatura Condotte d'acqua Mulini Automobili Imprese immobiliari Industrie diverse Differenza sulla fine febbraio
— 24,509,01X1
+
19,878,000 8,975,140 1,987,500 5,701,000 — 210,000 — 6,551,500 4- 5,598,800 — 8,240,000 + 21,730,000 — 9,457,156 — 961,000 Totale + 1,510,504— Ecco la situazione delle c a s s e
postali di risparmio italiane
al 28
febbraio 1906:
Libretti in corso alla fine dei mese
pre-cedente N. 5,547,980 Libretti in corso alla fine di febbraio » 5,541,581 Depositi alla fine di gennaio
Depositi del mese di febbraio Rimborsi del mese di febbraio
L, 1,095,295,867.92 » 44,070,898.61 L. 1,139,360,761.53 » 39,002,476.09 L. 1,100,304,285.44 16,754,943.49 Depositi giudiziali
Credito complessivo dei depositanti L. 1,117,059,228.92
— Si ha notizia da Pietroburgo che il
di-vieto del Governo tedesco ai banchieri della
Ger-mania di partecipare al p r e s t i t o r u s s o è
argomento di apprensione.
Si smentisce pure che il prossimo prestito
debba servire a scopo di nuovi acquisti militari.
Esso è destinato solo a coprire le spese della
recente guerra. E pare anche che, quantunque il
nuovo prestito russo non debba essere
autoriz-zato ufficialmente in Germania, si crede che il
Sindacato detto « Sindacato russo » delle
Ban-che di Berlino vi parteciperà, e Ban-che l'attitudine
del Governo tedesco non nuocerà affatto al
suc-cesso del prestito.
Sempre relativamente a questo prestito si
ha notizia da Parigi che l'amministratore della
Banca di Parigi dei Paesi Bassi, che ritorna da
Londra per i negoziati relativi al prestito russo,
deve abboccarsi con Poiucarrè onde intrattenerlo
sulla nuova condizione nella quale si presenta il
prestito russo in seguito alla rinunzia dei gruppo
dei banchieri tedeschi, e onde ricevere dal
Go-verno l'autorizzazione necessaria per procedere
definitivamente alla sua emissione in Francia.
— Si ha notizia di un prestito brasi"
l i a n o
al 5 per cento. La Casa Rottschild di
Londra emette al tasso del 96 per cento
obbli-gazioni 5 0/o della Compagnia Lloyd Brasileiro,
per un valore nominale di L. 1,109,000. Esso è
garantito dal Governo del Brasile, e il decreto
che dà il potere al Governo brasiliano di
stipu-lare questo prestito accenna che la somma deve
essere applicata al pagamento dei navigli che la
Compagnia Lloyd Brasileiro è sul punto di
acqui-stare in Inghilterra.
— Le case Steyer, la Deutsche Bank e
al-tre Case emettono in questo momento i titoli di
un n u o v o prestito chileno 4 1/2 per
cento, di cui 1' ammontare è di 3,700,000 lire st.
ossia 75,850,000 marchi o 93,055,000 franchi. Il
prezzo di emissione è fissato a 94 1/2 per cento.
Gli interessi sono pagabili semestralmente
il primo aprile e il primo ottobre.
L'ammortiz-zamento si farà forse per riscatto.
Dei prodotti di questa emissione 2,200,080
sterline saranno consacrate alla costruzione della
ferrovia da Arica a Altode la Paz, e il resto
al-l'esecuzione di lavori sanitari e altri nelle
di-verse città del Chili.
— Ecco alcuni risultati d e l l ' e m i g r a "
zione g e r m a n i c a nel 1905.
Il numero degli emigranti per i paesi di
ol-tre mare che'si sono imbarcati nel 1905 nei porti
germanici è stato di 306,753, dei quali 284,787
stranieri e 21,966 germanici. La cifra degli
emi-granti tedeschi è stata, con poca differenza, la
stessa del 1904. All'incontro quella degli
emi-granti stranieri fu di gran lunga superiore. Essa
sorpassa di 16,560 la cifra del 1903 che era stata
fino ad ora la più alta, mentre supera di 65,891
persone la cifra del 1904. Su questi 306,753
emi-granti, 186,854 passarono per Brema e 119,899
per Amburgo.
Oltre 21,966 tedeschi emigranti per i porti
di Europa, ne emigrarono pure 8,109 per i porti
stranieri, principalmente per Anversa.
Rassegna del commercio internazionale
Il c o m m e r c i o dell' Inghilterra
n e l m a r z o 1905.
— Riservandoci di dare
ulteriori notizie tostochè ci giungeranno,
pub-blichiamo intanto la statistica generale del
mo-vimento commerciale estero dell'Inghilterra
du-rante il mese di marzo : Importazioni : sterline
53,260,587, con un aumento di 4,287,275 sul
cor-rispondente marzo del 1905 ; esportazioni :
ster-line 31,651,162, con un aumento di 3,580,339 sul
corrispondente marzo 1905.
Il c o m m e r c i o della S p a g n a nel
g e n n a i o 1 9 0 6 .
— Ecco i resultati del
com-mercio speciale della Spagna nel primo mese del
1906 confrontati col 1905:
Materie prime Articoli fabbricati Prodotti alimentari Importazioni 1905 1906 (in pesetas) 38,817,280 36,647,142 14,777,319 15,561,786 13,983,096 24,488,007 Oro Argento Totale 67,557,695 50,700 1,458,430 76,696,935 67,175 762,560 Totale 69,066,825 77,526,670Il c o m m e r c i o del Portogallo
nei primi dieci m e s i del 1905. —
Secondo le cifre pubblicate dallo Economista
con-15 aprile 1906
L' ECONOMISTA
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tro 108,546 contos avutesi nello stesso periodo
dell' ultimo anno. Della somma sopra menzionata
65,984 contos appartengono all' importazione e
38,182 contos all' esportazione.
L'importazione per il consumo e la
esporta-zione nazionale e nazionalizzata riunite sono
rap-presentate per 75,898 contos de reis, di cui 51,850
per l'importazione e 24,048 per l'esportazione.
Il commercio della Bulgaria
durante il terzo trimestre del 1905.
— La Direzione della Statistica del principato
bulgaro ha pubblicato oggi i resultati del suo
com-mercio, ottenuto nel terzo trimestre dell'anno 1905.
Dalle cifre presentate da questa
pubblica-zione, in confronto ai resultati ottenuti l'anno
scorso nel medesimo intervallo di tempo, risulta
la situazione seguente :
3° trimestre 1905 diff. col 1901 (in franchi) 34,109,198 — 6.960,745 43,180,313 — 9,336,348 Importazioni Eaportazii mi Totale 77,289,511 Eccedenza delie esport. 9,071,115