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La Chiesa di San Michele Arcangelo a Volterra: storia, sicurezza, conservazione e proposte di consolidamento

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA SCUOLA DI INGEGNERIA

C

orso di Laurea Magistrale in Ingegneria e delle Costruzioni Civili

Tesi di laurea

La Chiesa di San Michele Arcangelo A Volterra

Storia, sicurezza, conservazione e proposte di consolidamento

Relatori: Candidato:

Prof.sa Ing. Anna De Falco Gloria Querci della Rovere

Dott.sa Arch. Federica Fernandez

Dott. Ing. Gino Cenci

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(3)

“…sì come ai medici bisogna intendere cosa è uomo, che cosa è vita, che

cosa è sanità, e in che modo una parità e concordanza d’elementi la

mantiene e così una discordanza di quelli li rovina… Questo medesimo

bisogna al malato (edificio), cioè un medico architetto che intende bene

che cosa è edificio e da che regola il retto edificare deriva…”

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Indice

Introduzione ... 1

1. Analisi storica ... 2

1.1. Profilo storico della città di Volterra ... 2

1.2 La piazza San Michele nell’inquadramento urbanistico della città di Volterra ... 6

1.3 La Chiesa di San Michele Arcangelo a Volterra ... 11

1.3.1 Origini della Chiesa ... 11

1.3.2 Elevazione della Chiesa a “Prioria” (XIII sec.) ... 14

1.3.3 Rifacimento della Piazza San Michele e restauro della Chiesa (XIV-XVI sec.) ... 17

1.3.4 La Chiesa nel periodo Barocco ... 19

1.3.5 Primi interventi degli Scolopi ... 21

1.3.6 Il restauro neoclassico ... 23

1.3.7 Il Terremoto di Orciano del 12 Agosto 1846 ... 27

1.3.8 Il restauro del 1963 ... 28

1.4 Edifici annessi: il collegio dei Padri Scolopi ... 29

2 Il Rilievo... 32

2.1 Metodologia operativa ... 32

2.1.1 Il rilievo architettonico della Chiesa ... 32

2.1.2 Il rilievo tradizionale ... 33

2.1.3 La campagna fotografica ... 34

2.1.4 La restituzione grafica ... 34

2.1.5 Caratterizzazione meccanica dei materiali e definizione degli elementi strutturali. ... 35

2.2 Descrizione del rilievo geometrico ... 46

2.2.1 Planimetria e struttura architettonica ... 46

2.2.2 Esterno ... 53

2.2.2.1 Facciata ... 53

2.2.2.1 Prospetto Sud ... 61

2.2.3 Interno ... 68

2.2.4 Il Campanile ... 73

2.3 Rilievo del quadro fessurativo ... 77

2.3.1 Facciata ... 77

2.3.2 Pareti laterali ... 79

2.3.3 Arco absidale ... 80

(5)

2.4.1 Prospetto Ovest ... 82

2.4.2 Prospetto Sud ... 85

2.5 Rilievo del degrado ... 88

2.5.1 Introduzione ... 88

2.5.2 Analisi delle cause di degrado principali sulla Chiesa di San Michele ... 89

2.5.2.1 Cause interne... 89

2.5.2.2 Cause esterne ... 95

2.5.3 Degrado degli esterni ... 99

2.5.3.1 Alterazioni ... 100

2.5.3.2 Degradazioni con asporto di materiale ... 102

2.5.3.3 Degradazioni con apporto di materiale... 111

3. Valutazione della sicurezza statica della Chiesa ... 117

3.1 Confronto ragionato dello schema strutturale della Chiesa di San Michele con le tecniche costruttive del passato ... 117

3.1.1 Premessa ... 117

3.1.2 Evoluzione storica delle teorie statiche sulle volte... 117

3.1.2.1 Periodo Medievale: il proporzionamento geometrico ... 117

3.1.2.2 Progresso della teoria statica (XVII-XVIII secolo) ... 118

3.1.2.3 Metodi costruttivi delle volte in muratura (XV – inizi XIX sec.) ... 122

3.1.3 Applicazione delle costruttive del passato alla Chiesa ... 126

3.1.4 Conclusioni ... 129

3.2 Valutazione della sicurezza statica della Chiesa ... 131

3.2.1Premessa ... 131

3.2.2 La valutazione della sicurezza statica ... 131

3.2.2.1 Analisi statica degli archi trasversali ... 131

3.2.2.2 Analisi statica della volta a botte ... 138

4.Valutazione della vulnerabilità sismica della Chiesa ... 142

4.1 Premessa ... 142

4.2 Le indicazioni delle Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale... 143

4.3 Il rilievo della vulnerabilità sismica a livello LV1 ... 144

4.3.1 La scheda chiese di II livello ... 144

4.3.2 Applicazione della metodologia LV1 alla chiesa di San Michele Arcangelo ... 148

4.4 Valutazione della vulnerabilità sismica a livello LV2 ... 159

4.4.1 La valutazione della vulnerabilità sismica tramite l’analisi limite ... 159

(6)

4.4.2.1 Parametri normativi di riferimento per le verifiche ... 165

4.4.2.2 Individuazione dei possibili meccanismi di collasso ... 168

4.4.2.3 Analisi dei meccanismi di facciata ... 170

4.4.2.4 Analisi dei meccanismi della Parete laterale Sud ... 181

5. Interventi di restauro materico ... 190

5.1 Premessa ... 190

5.2 Gli interventi su superfici lapidee ... 193

5.3 Gli interventi su elementi particolari ... 201

5.4 Conclusioni ... 206

6. Interventi di consolidamento ... 210

6.1 Premessa ... 210

6.2 Consolidamento della copertura ... 212

6.3 Consolidamento delle murature ... 216

6.4 Consolidamento del sistema voltato ... 220

6.4.1 Consolidamento della volta ... 221

6.4.2 Consolidamento degli archi trasversali ... 223

6.4.3 Consolidamento degli archi longitudinali ... 223

Conclusioni... 225

Bibliografia ragionata ... 227

Risorse elettroniche ... 230

Appendice documentaria ... 231

Appendice iconografica ... 245

Allegato Cap.4: Scheda di vulnerabilità di II livello ... 258

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Introduzione

In questa tesi viene affrontato lo studio della Chiesa di San Michele Arcangelo a Volterra finalizzato al restauro, con l’obiettivo di conoscerne le patologie, la vulnerabilità sismica e le esigenze di conservazione.

Come nella maggior parte dei contesti storico-artistici, l’interpretazione dei sintomi del dissesto risulta ardua sia per la complessità del funzionamento statico del fabbricato, frutto delle diverse fasi costruttive e delle stratificazioni nel tempo, sia per la difficoltà di effettuare saggi nel rispetto del valore artistico - culturale del manufatto nel suo complesso e dei suoi elementi architettonici.

Per questi motivi lo studio ha adottato un approccio multidisciplinare per la comprensione delle patologie e la progettazione degli interventi, che prevede in primo luogo l’analisi storico-critica dei documenti d’archivio reperibili, in secondo luogo il rilievo architettonico, nonché del degrado e dei dissesti, ed infine la modellazione strutturale necessaria per effettuare le analisi strutturali.

Dopo aver costituito un quadro conoscitivo generale sullo stato di fatto e sul comportamento strutturale della Chiesa, è stato possibile stilare una linea guida delle soluzioni d’intervento più idonee per il restauro.

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1. Analisi storica

1.1. Profilo storico della città di Volterra

Le prime tracce di insediamenti umani sull’altura occupata oggi dalla città di Volterra risalgono al Neolitico1, mentre le testimonianze più antiche della presenza di

collettività umane a Volterra risalgono ai tempi della migliore cultura villanoviana, ovvero intorno al IX sec. a.C., epoca in cui la civilizzazione etrusca lascia le sue prime tracce nell’area volterrana.2

Per parlare di una prima configurazione urbana di Volterra si deve arrivare al VII sec. a.C., quando gli stessi Etruschi si occuparono di aggregare i vari insediamenti presenti sul colle volterrano, dando origine alla città di Velathri.

Nel IV secolo a.C. gli Etruschi edificarono la grande cinta muraria, il cui sviluppo era stato pensato per racchiudere al suo interno terreni da pascolo e coltivazione, in modo da assicurare il sostentamento nel caso di assedi prolungati. Ben presto, grazie alla sua posizione geografica, nonché alle caratteristiche ambientali e alle risorse minerarie presenti nel territorio, Volterra diventò una delle dodici lucomonie facenti parte della “nazione” etrusca, con un territorio che si estendeva dal fiume Pesa al mar Tirreno e dall'Arno al bacino del fiume Cornia. Inoltre, nel VI sec., divenne la più importante base strategica della valle inferiore dell'Arno sia per la spinta romana da sud, sia per l'invasione gallica da nord.

Il III secolo a.C. segnò un’epoca di svolta per la storia della città: con il decisivo scontro del lago Vadimone (283 a.C.) i popoli etruschi si arresero definitivamente alla lotta contro Roma e, intorno al 260, Volterra entrò a far parte, insieme ad altre città, della confederazione italica.

Il primo periodo di dominio della civiltà romana fu calmo e prospero: antichi scrittori parlano di un municipio volterrano con centomila abitanti, cifra enorme per l’epoca.3

1 Le presenza di insediamenti nell’ultimo periodo dell’Era Preistorica è confermato dai copiosi reperti litici rinvenuti sul contrafforte volterrano e in particolare nella zona di Montebradoni.

2 L. LAGORIO, 1997, p. 7 3 L. LAGORIO, 1997, p. 11

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Fig.1.1: Lo stato etrusco e il municipio romano di Volterra (da: L. Consortini, Volterra nell’antichità, Volterra 1940).

Nel 90 a.C., Volterra ottenne la cittadinanza romana attraverso la Lex Julia de Civitate, fu iscritta alla tribù Sabatina e costituì un florido municipio i cui supremi magistrati elettivi ordinari e straordinari si trovano menzionati in diverse iscrizioni.

Scoppiata la guerra civile, Volterra seguì le sorti del partito di Mario; la città sostenne per due anni (82 - 80) un lungo assedio contro Silla, finché, stremata, dovette arrendersi: alla città furono revocati i diritti di cittadinanza, il libero municipio fu declassato a colonia militare e le terre volterrane vennero confiscate col decreto di

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Silla sulla riforma agraria. Conseguenze più gravi furono evitate, sia grazie all’aiuto di Cicerone, sia grazie al potere economico e ai rapporti con personalità di spicco della vita politica romana di alcune delle più influenti famiglie volterrane, tra queste i Caecinae, come A. Caecinae Severus, consul suffectus nell'anno I a.C., al quale si deve la dedica del teatro romano di Vallebona. Dopo circa trent’anni Volterra riuscì infatti a riacquistare i diritti costituzionali e le sue proprietà fondiarie.

Durante l’età imperiale, Volterra mantenne il suo status di municipio e fu “città romana completa e rispettabile”.4 Con l'ordinamento territoriale augusteo, Volterra fu

uno dei municipi della VII Regione, l'Etruria e, già nel V sec., aveva assunto definitivamente una forma castrense ed era sede vescovile, a capo di una diocesi che ricalcava i confini del municipium romano e della lucumonia etrusca.

Durante l’Alto Medioevo si susseguirono il dominio bizantino e il regno dei longobardi. Di questo periodo viene ricordato il Vescovo Giusto, patrono di Volterra, che si rese benemerito della città per le imprese civili e religiose realizzate. Nonostante questo sia descritto come un periodo buio nella storia di Volterra, alla fine del periodo longobardo, si ebbe una ripresa economica che portò la città ad essere il fulcro non solo degli interessi religiosi, ma anche della vita sociale, economica e giurisdizionale del contado.

Dopo l’anno mille, col termine delle invasioni ungare e la fine dei conflitti fra Berengario I e Alberto marchese di Toscana che portarono alla quasi totale devastazione di Volterra, si assistette alla nascita dei primi borghi, addensati ai margini della zona del Castello: il borgo di Santa Maria (attuale via Ricciarelli) e il borgo dell'Abate (attuale via Buonparenti e via Sarti), l'uno perpendicolare e l'altro parallelo alle mura castellane.

In questo periodo si scatenò la lotta tra il Comune e il vescovo per il possesso della città e delle ricchezze del suo territorio: lo scontro si concluse con la prevalsa del Comune che, nel periodo successivo, riuscì a consolidare il suo potere.

Dal punto di vista urbanistico, si assisté in questo periodo a una riorganizzazione dell'insediamento, che configurò la città in maniera pressoché definitiva. La prima importante iniziativa fu l’edificazione della nuova cinta muraria, che sostituì quella etrusca, lavoro che occupò il Comune fin dai primi anni del Duecento e impegnò

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ingenti risorse economiche. Contemporaneamente alla costruzione delle nuove mura, fu anche eretto il palazzo del Popolo, poi dei Priori, e sistemata la piazza dei Priori, la "platea communis" già chiamato Prato.Intorno al Prato sorsero, fin dai primi anni del XIII secolo, le prime costruzioni a torre, fra cui quella detta “del Porcellino” che diventò in seguito la sede del Podestà.

Agli inizi del XIV sec. si instaurarono le condizioni adatte per l'affermazione di una Signoria, di cui Ottaviano Belforti assunse il ruolo di signore della città.

La fine del governo dei Belforti, che avvenne nel 1361 fu il disastro della città: i fiorentini, venuti da amici per aiutare i volterrani a liberarsi della tirannide, pretesero, come compenso, la custodia della Rocca e l'esclusione dai pubblici uffici di uomini legati in qualche modo a Volterra, ad eccezione dei loro concittadini.

La repubblica volterrana, nonostante la formale proclamata indipendenza, divenne suddita di Firenze, che, sempre di più, mostrava interesse non solo alle ricchezze naturali controllate dalla città, ma anche alla sua ubicazione che poteva costituire un fortissimo baluardo avanzato contro la repubblica nemica di Siena. Se ne ebbe conferma, quando la repubblica fiorentina, nel 1427, estese anche al territorio volterrano la legge sul catasto, contrariamente ai patti convenuti tra due le parti. Ogni proprietario, sotto comminatoria di gravi pene fra cui quella di pagare il doppio dell’imposta e di perdere i diritti di cittadinanza, era obbligato a denunciare al fisco l’esatta natura dei propri beni e il preciso ammontare del reddito degli stessi.5

Seguirono gravi agitazioni di popolo contro la legge e Giusto Landini, patrizio popolare, pagò con la vita la sua opposizione alla politica egemonica di Firenze.

In questa condizione di precarietà, governata da divisioni politiche e interessi privati, Lorenzo dei Medici approfittò della guerra scaturita per il possesso delle allumiere per assoggettare definitivamente Volterra, di cui si ricorda il Sacco di Volterra nel 18 giugno 1472, ad opera delle milizie del duca di Montefeltro. Assorbita nello stato fiorentino, la città fu sottoposta a un duro trattamento che provocò l'emigrazione di molte famiglie facoltose e la conseguente alienazione dei beni a prezzo di fallimento. Il segno visibile del dominio fiorentino in Volterra è la costruzione tra il 1472 e il 1475 della Rocca Nuova, la Fortezza voluta da Lorenzo il Magnifico per controllare la città e, allo stesso tempo, costituire una roccaforte verso il territorio senese.

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Nel periodo rinascimentale le grandi famiglie volterrane diedero il via a numerose trasformazioni dei loro palazzi, secondo i modelli elaborati dalla cultura architettonica fiorentina: case e palazzi come quelli delle famiglie Pilastri, Ricciarelli, Minucci e Gherardi furono oggetto di un rimodernamento delle facciate e un adeguamento delle antiche torri al nuovo gusto diffuso dalla città dominante.

Nel 1530, in un'ultima disperata speranza di riacquistare le libertà perdute, Volterra si ribellò ai fiorentini in guerra con i Medici, alleandosi con questi ultimi, ma fu ripresa e nuovamente saccheggiata da Francesco Ferrucci.

Restaurata l’egemonia della famiglia dei Medici a Firenze, Volterra perse definitivamente la propria indipendenza e tornò a far parte dello stato fiorentino. Da questo momento in poi, la città segue le sorti di Firenze e delle altre città di Toscana.

1.2 La piazza San Michele nell’inquadramento urbanistico della città di Volterra

La configurazione urbana della città di Volterra, che si estende a 531 m s.l.m. sulla sommità delle alture che dividono la valle dell’Era da quella del Cècina, è il risultato delle intense attività edificatorie susseguitesi nel corso dei secoli che hanno interessato la città. Di conseguenza, nella città non è possibile una netta distinzione delle aree appartenenti a una precisa fase costruttiva, perché ognuna di esse è stata sviluppata in modo da fondersi con i processi di urbanizzazione precedenti.

Prendendo in esame il caso specifico, l’attuale Piazza di San Michele rappresenta un nodo di passaggio che, nel passato, ha assunto conformazioni e ruoli diversi. Essa giace nell’area dove, nell’antichità, era situato il foro dell’antica Volterra Romana. La sua localizzazione in questa zona si basa su una bolla Vescovile del 987 che, citando la Chiesa di San Michele, come verrà spiegato successivamente, la definisce ubicata nel foro romano. La definitiva conferma della sua collocazione viene dalla presenza di resti murari databili all’età romana, rinvenuti nei fabbricati che fiancheggiano Via Guarnacci. A tal proposito, si vuole ricordare soprattutto l’intervento d’urgenza eseguito dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici della Toscana del 20096 nei locali a lato nord della Chiesa di San Michele7, necessario in

6 G. CIAMPOLTRINI, 2010, p.p. 145-156

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conseguenza degli interventi di ristrutturazione e ripavimentazione delle sale parrocchiali.

Fig.1.2: Inquadramento aereo della città di Volterra

La sua localizzazione in questa zona si basa su una bolla Vescovile del 987 che, citando la Chiesa di San Michele, come verrà spiegato successivamente, la definisce ubicata nel foro romano. La definitiva conferma della sua collocazione viene dalla presenza di resti murari databili all’età romana, rinvenuti nei fabbricati che fiancheggiano Via Guarnacci. A tal proposito, si vuole ricordare soprattutto l’intervento d’urgenza eseguito dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici della Toscana del 20098 nei locali a lato nord della Chiesa di San Michele9, necessario in

conseguenza degli interventi di ristrutturazione e ripavimentazione delle sale parrocchiali.

Nell’attività di sondaggio, organizzata in due saggi, sono stati rinvenuti i resti di una capanna Villanoviana e i frustuli dell’urbanizzazione di età romana della città, che

8 G. CIAMPOLTRINI, 2010, p.p. 145-156

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quindi attestano la frequentazione del sito nel IX secolo. In entrambe i casi uno spesso strato di riempimento e livellamento sigillava queste strutture più antiche, separandole da un consistente strato caratterizzato dalla presenza di sepolture, fittissime ma completamente sconvolte, appartenenti ad individui diversi per età e sesso. Sempre a conferma di quanto sopra detto, anche gli operai comunali, successivamente ai lavori effettuati alle fognature, attestano la presenza della pavimentazione romana ed essa dovrebbe essere ancora visibile circa due metri al di sotto del selciato moderno. Secondo alcuni studiosi del settecento, nella piazza era ancora conservata una colonna con una statua di mercurio.

Fig.1.3: Volterra nella Cinta Etrusca e nella Cinta Medioevale. (da: G. Strafforello, La Patria – Geografia

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Fig. 1.4: Saggio A, fondo di capanna Villanoviana Fig. 1.5: Saggio C, resti di Selciato di età romana

Nel Medioevo, quest’area assunse diversa connotazione: la piazza venne denominata

Canto delle Torri e la sua nuova conformazione era diretta conseguenza della

dislocazione dei nuovi borghi costruiti. Dopo l’anno Mille venne infatti realizzato il Borgo di Santa Maria, attuale via Ricciarelli, e il Borgo dell’Abate, attuale via dei Sarti, le quali si vanno ad aggiungere alle già preesistenti via della Porta all’Arco e via di S. Agnolo, attuale Via Guarnacci. Queste ultime rappresentano due dei percorsi stradali più antichi dell’intera città, in quanto parte del Cardo Maximus, la strada romana che attraversava la città in direzione Nord-Sud.10

Anche in questo caso, l’antichità della strada è stata confermata dal ritrovamento, avvenuto negli anni ’70, di ampi tratti di antico lastricato e della fognatura corrispondente, al di sotto del lastricato moderno.

La già citata via Guarnacci, che prende il nome dalla Famiglia Guarnacci il cui palazzo si trova all’inizio della via, nel Medioevo, era chiamata via di S. Agnolo, perché attraversava la contrada di S. Agnolo; per un certo periodo veniva nominata via Fiorentina, perché al di fuori della porta iniziava la strada che conduceva a Firenze. Un altro nome che ricorre piuttosto frequentemente è quello di Via della Porta S. Agnolo o Via della Porta Fiorentina.

10 L’antica strada romana corrisponde alle attuali Via Porta all’Arco, Via Matteotti, Via Guarnacci, e Via di Porta Diana.

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L’ultima via che giunge alla Piazza è via di Sotto, dalla quale si diramano due strade conducenti entrambe alla fonte di Docciola: via di Docciola e via della Fonte, oltre a un piccolo vicolo dal nome di Vicolo degli Anditi. Questa via, inizialmente chiamata via degli Asinari, venne modificata nel 1300 a seguito della realizzazione della strada che portava alla fonte di Docciola e, successivamente a ciò, dello sbocco alla piazza XX Settembre.

Nella Fig. 1.6 è presentato il Foglio sez. U del Catasto redatto nel 1875dall’Ing. Oreste Malfatti. Si può notare che la mappa catastale costituisce la copia di una mappa d’impianto del Catasto Leopoldino (circa 1825) e che quindi non poteva riportare le successive modifiche introdotte nel tessuto urbano e negli edifici stessi. Infatti, non sono riportate le modifiche in pianta della Chiesa di San Michele avvenute tra il 1826 e il 1828, e sono presenti i vecchi nomi delle vie, mentre tale nome viene attribuito all’attuale via Matteotti.

Dopo la sistemazione definitiva del sistema viario, l’unica sostanziale modifica alla conformazione della Piazza avvenne nel XVIII secolo, con l’arrivo dei Padri Scolopi che, nel 1711, iniziarono la costruzione del Collegio a fianco alla Chiesa di San Michele. Questo intervento portò a una riduzione dello spazio e anche della funzione della Piazza di San Michele che divenne semplice punto di snodo e di accesso all’omonima Chiesa.

(18)

1.3 La Chiesa di San Michele Arcangelo a Volterra 1.3.1 Origini della Chiesa

Non ci sono documenti, tra quelli attualmente pervenuti, che indichino la data di fondazione della Chiesa di San Michele Arcangelo.

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La prima testimonianza che attesta l’esistenza della Chiesa è una Bolla vescovile del 16 agosto 987, in cui la Chiesa viene chiamata “San Michele loco a foro”, perché collocata sul luogo dove, anticamente, sorgeva il foro della Volterra romana.

Con questo documento “il vescovo Pietro consegna a prete Teuzo”, figlio di Venerio, la chiesa e l’altare del Santo Arcangelo Michele che si trova nel luogo detto Presso il Foro, con l’obbligo di cantare Messe e Salmi, provvedere incenso, lume e cera…”. Come segno di obbedienza e di riconoscenza per l’ufficio e il beneficio ricevuti, il suddetto parroco dovrà dare al Vescovo “nel giorno di S. Maria d’Agosto, 12 denari d’argento”.

Tale dichiarazione rappresenta una vera investitura canonica, che non si limita alla sola città, ma si estende anche alla campagna circostante, parte della quale, precisamente la zona di Valle, era stata già affidata l’anno prima a Flurizio di Venerio, fratello di Teuzo.

Fig. 1.7: Vista frontale della Chiesa di San Michele e dell’omonima Piazza allo stato attuale.

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Fig. 1.10: Regolamento urbanistico attuale, Particella C

Esiste anche una pergamena, conservata presso l’Archivio Storico Comunale di Volterra e datata 18 Giugno 980, in cui si cita l’esistenza di una “terra Sancti Agneli”11. Questa citazione, pur non nominando esplicitamente la Chiesa, ci fa capire che essa esisteva già in quell’anno.

Alcune ipotesi legherebbero l’inizio della devozione a San Michele e l’origine di un tempio a lui dedicato alla figura di Papa Leone Magno, nel V secolo. Tuttavia i documenti e i testi architettonici e scultorei non forniscono informazioni anteriori ai secoli IX-X.12 Le uniche testimonianze che l’attuale chiesa conserva di quei lontani tempi sono alcuni elementi tutti riscontrabili sul lato Sud della medesima e cioè:

− Parti del bozzato sicuramente arcaiche;

− Due teste, presenti nella fascia del sottotetto del prospetto Sud, di stile longobardo (sec. VIII);

− Una grata in marmo di stile bizantino (sec VI) collocata alla finestrella del Campanile, forse proveniente dall’antica Chiesa di S. Vitale, costruita in questi paraggi, anche se non è ben chiara la sua esatta ubicazione.13

11 F. SCHNEIDER, n°63

12 P. G. BOCCI, F. A. LESSI (a cura di), vol. II, 2003, p. 122 13 I. MEINI, 1987, p.33.

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1.3.2 Elevazione della Chiesa a “Prioria” (XIII sec.)

Nel 1259 La Chiesa di S. Michele Arcangelo venne promossa al titolo di “Prioria”: da semplice chiesa parrocchiale era stata elevata a chiesa collegiata, la quale non era più affidata a un solo parroco, ma a una comunità di sacerdoti (almeno tre, detti Canonici), dei quali uno sarà il “Priore”, il responsabile.14

Il prete Martino, primo Priore, qualche anno dopo (1284), fece fondere una campana con la data dell’avvenimento; di tale campana non si ha documentazione, poiché è stata rifusa nel secolo passato.15

In quegli anni Volterra doveva assomigliare a un cantiere con grandi opere in costruzione: nel 1239 venne costruito il Palazzo dei Priori, nel 1244 parti delle mura, la Porta e Fonti di Docciola, nel 1250 le Torri Toscano; negli anni dal 1287 al 1283 il nuovo Battistero.

Il Priore Martino, in tale contesto, deve aver maturato spontaneamente il desiderio, non solo di ricostruire la facciata della Chiesa, ma di ristrutturare, anche ampliando e rialzando, tutto l’edificio per renderlo degno del nuovo titolo. Il finanziamento dell’opera non poteva spaventarlo se, come fanno pensare i due stemmi posti sulla facciata della Chiesa, apparteneva alla potentissima famiglia Farnese, che a quel tempo occupava in Volterra gli uffici della Magistratura.16

Figg. 1.11 e 1.12: Stemmi della famiglia Farnese presenti nella facciata della Chiesa di San Michele

In ogni caso non mancavano generosi sostenitori: si ricorda il testamento di Rustichino17, fatto a Volterra il 10 Maggio 1297 in cui viene dichiarato il rilascio di

14 L. LAGORIO, vol. II, 1997, p. 419 15 I. MEINI, 1987, p.20.

16

I. MEINI, 1987, p.35 17 A.S.F. Not. Ant. G. 403 c. 29

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cospicue somme a “tutte” le Chiese di Volterra. Ma le cifre più consistenti sono per il Battistero, per S. Pietro, per S. Agostino e per S. Michele (quaranta soldi di denari Pisani).

In questi documenti si parla anche di una certa Marsubilia Ludringo, vedova Nardi, la quale donò nel 17 dicembre 1283 una casa, con terra retrostante, alla Chiesa canonica di Sant’Angelo di Volterra, col patto che venissero eseguiti alcuni legati. Tale casa fu poi venduta a un certo Barzino della Contrada di Sant’Angelo per il prezzo di 90 lire di pisani piccoli.18

In questo periodo la Chiesa venne sicuramente ampliata, assumendo l’attuale schema planimetrico: una navata unica con ingresso principale a ponente e a levante il presbiterio, come in uso nelle antiche basiliche, seguito da una piccola abside rotonda. Non avendo a disposizione disegni risalenti a prima del XIII sec., non è possibile conoscere l’aspetto planimetrico precedente all’ampliamento.

La copertura era a capanna, sorretta da travi in legno19. La fascia sotto lo spiovente

del tetto mostra una serie di archetti in pietra di Pignano sostenuti da mensole, alcuni dei quali racchiudono le due teste di pietra già citate precedentemente e fregi che, recuperati forse da antichi monumenti, vi furono collocati a scopo decorativo.20

La facciata venne completamente rifatta ed oggi ne resta soltanto la parte inferiore. Quest’ultima, in stile romanico-pisano, presenta cinque archi a fasce bicrome di marmi bianchi e verdi, secondo un’alternanza che richiama quella di molte chiese romanico-gotiche dell’area pisano-pistoiese e senese, sorretti da capitelli con decorazione fitomorfa. Al centro si apre invece il portale strombato con capitelli a foglie e figure umane. Nella parte superiore della facciata, un muro si alzava dalla cornice fino alla copertura, lasciando però un’area, lungo la cornice stessa, che fa pensare alla presenza di una loggetta o galleria cieca, come si riscontra in molte chiese toscane di questo periodo.21

Il portale nel suo insieme e soprattutto i capitelli così eleganti mostrano una tale somiglianza con quelli del Battistero da far pensare siano stati scolpiti dalle medesime maestranze, molto vicini allo stile di Nicola Pisano. 22

18

A.S.F. Not. Ant. G. 403 c. 198-199 – 10 Febbraio 1298 19

A. CINCI, 1885, p. 6

20 P. G. BOCCI, F. A. LESSI (a cura di), vol. II, 2003, p. 106 21

Crf. nota 14

22

(23)

Figg. 1.13 e 1.14: Confronto fra i capitelli del Portale del Battistero di Volterra (a sinistra) con quelli del portale della Chiesa di San Michele (a destra)

Il presbiterio allora era rialzato, separato dalla sala dei fedeli da una balaustra in pietra, cui si accedeva salendo tre gradini, e terminava con un emiciclo a funzione di coro. Dal centro di questo si ergeva una torre campanaria in laterizio di forma pentagonale e molto slanciata, dove alloggiavano tre campane che potevano essere suonate dal coro stesso. Nei sotterranei della chiesa si possono vedere ancora oggi i resti dell’emiciclo del coro, il cui arco presentava una tessitura muraria molto precisa a pietre squadrate e levigate, successivamente distrutto per dal luogo a uno più ampio ed elevato e più proporzionale al resto della fabbrica.

Nel corso dei restauri ottocenteschi fu rinvenuto sul lato nord, presso il presbiterio, un affresco di proporzioni gigantesche raffigurante San Cristoforo, ancora oggi conservato dietro il confessionale.

Furono anche ritrovate le piccole finestre laterali dell’antica chiesa, a spiraglio, molto allungate, delle quali rimane l’impronta nella parete a mezzogiorno. Altre dovevano trovarsi nell’abside, ad est, ad illuminare con i primi raggi del sole l’altare e la navata.23

(24)

1.3.3 Rifacimento della Piazza San Michele e restauro della Chiesa (XIV-XVI sec.)

Questo periodo è caratterizzato non tanto da modifiche strutturali, quanto dall’arricchimento in termini di altari e cappelle, per lo sviluppo devozionale precedentemente evidenziato.

Dalle visite pastorali si apprende che erano presenti sei altari24; (sei oltre l’Altar

maggiore) e Cappelle, alcune interne alla Chiesa, altre fuori di essa (Cappelle della Compagnia dei Disciplinati).

Inoltre sembra che, dopo la prima fase di assoluta semplicità, la Chiesa fosse stata in parte o totalmente dipinta, come testimonierebbero alcuni documenti contabili oltre a i resti di altre pitture trovati sotto l’intonaco e nei locali di sottotetto. La stessa tinta è stata trovata anche all’intradosso delle mezzane della copertura, come mostrato in fig. 1.16.

Fig. 1.15: Resti dell’originale tinteggiatura nel XIII-XIV secolo nella zona di sommità delle pareti.

Fig. 1.16:Mezzana dell’originario scempiato attestante tipo e colore dell’originaria pittura.

24 A. CINCI, 1885, p.7: “Il maggiore era di pietra con gran ciborio, due gradi e due grandi angeli sui lati, il tutto di legno dorato”

(25)

Il 16 giugno 1336, i priori ordinavano che fossero pagati a Neri di Cenni, operaio della Chiesa stessa, lire 10 “pro aedificatione et constructione eclesiae S. Angeli”.

In un codice “creditori e debitori diversi del comune di Volterra” sotto l’anno 1407, trovasi registrato: “Ser Antonio di Bartolomeo, altrimenti Barzochio, prete e priore, per

lo comune di Volterra a Renaldo Rondinegli, cittadino di Firenze, per spesa aveva fatto per impetrare la decta chiesa di S. Michelei quali fiorini 114 il predetto Ser Antonio promise rendere e restituire al Comune di Volterra e questa promissione fece quando fu messo in possessione della decta chiesa e fu a dì ultimo di gennaro passato nel 1406”.

Altri pagamenti sono testimoniati nel 1412, nella somma di 100 fiorini “pro

aconcimine, reparatione et ornatu eclesiae S. Michaelis”25.

Ad arricchire la decorazione dell’interno della Chiesa contribuirono anche molti privati, come Giovanni fu Aldobrandino di Querceto, il quale dispose, nel 22 dicembre 1320, di essere sepolto in S. Michele dove voleva fosse costruita una cappella “cum

una tabula picta, super altare in dicta Cappella, apud dictam sepulturam, ad honorem S. Michaelis e S. Caterinae V.”26

Nel 1490 il Comune, essendo la “Piazzetta di S. Michele” “sterrata”, ordinò che venisse lastricata per favorire le condizioni d’igiene pubblica e di decoro per la Chiesa27. Tutti

questi lavori, come chiaramente si può intuire dalla porta mezza sepolta alla fine di via Sarti e dalla porta murata sul Lato Sud della Chiesa, comportarono un notevole “rialzamento” della “Piazzetta”, fino a sotterrare il gradino o ancora più probabilmente i gradini basali della Chiesa e quindi della facciata togliendole il primitivo slancio. Il pavimento interno si trovò così sotto il livello della strada, con tutti gli inconvenienti immaginabili nei giorni di pioggia, quando le acque confluivano da via Guidi e via Sarti verso la Chiesa e l’allagavano.

Si sentì perciò la necessità di rialzare il pavimento. Questo impegnativo lavoro deve essere stato eseguito prima della consacrazione della chiesa, fatta il 28 agosto 1592 dal Vescovo Guido Serguidi, durante un restauro generale ordinato dal visitatore Apostolico Mons. Giovanni Castelli, Vescovo di Rimini, il 6 luglio 1576.28 Egli fra l’altro

ordinò che la Chiesa, entro 8 mesi, venisse tutta intonacata e imbiancata e che intanto, entro 2 mesi, venisse soppresso l’altare S.S. Crocifisso. Forse è in quell’occasione che,

25 ASCV, f.A nera 11 e 33, c.9; f. E nera I., c.10 26 ASF, Diplomatico, Olivetani Volterra

27 L. LAGORIO, vol. II, 1997, p.347: “lateritia pro politia civitatis et ornamento dictae Eclesiae” 28 I.MEINI, 1987, p.38

(26)

se non c’era prima, fu aperto anche l’”occhio” nella parte superiore della facciata. Quest’occhio è attestato solo da un disegno del 1600.

1.3.4 La Chiesa nel periodo Barocco

Durante il 1600 continuarono gli interventi all’interno della Chiesa, volti soprattutto ad arricchire gli altari, rivestendoli di stucchi e marmi pregiati, come quello della Vergine del Rosario (oggi della Sacra famiglia), fatto costruire da Gaspero Zacchi nel 1644.29

Nel 1629 venne fatto costruire, a spese della Compagnia di San Michele e dell’Opera, un grande organo, collocato con la sua cantoria, sulla porta in cornu epistulae. Sulla parete opposta venne costruita una “falsa Cantoria”.30 Nel 1632 l’organo fu restaurato

e ricostruito dall’organaro Fabrizio Quartieri di Cesena.31

Una descrizione completa di com’era la Chiesa a quei tempi ci è data dal Priore di San Michele Giovanni Galluzzi nei suoi inventari che vanno dal 1679 al 1690.

Nelle figure 1.17 e 1.18 sono riportati due disegni anonimi del XVII secolo, redatti a mano e con strumenti del tempo, che riportano la pianta e il prospetto principale della Chiesa Prioria S. Michele. Si può notare dalla legenda che questi sono realizzati in scala secondo l’unità di misura del braccio fiorentino , che equivale all’incirca a 0,5836 m.

Dalla pianta si evince che all’epoca la Chiesa aveva mantenuto l’impianto planimetrico del 1259, ma ad esso erano stati accorpati due oratori.

Sulla parete volta a sud si aprivano tre finestre, una vicina all’ingresso, una verso la metà della navata e la terza in prossimità dei gradini conducenti al presbiterio. Subito dopo, una porticina conduceva alla piccola sagrestia, accessibile anche dall’esterno. Le aperture a nord erano state tamponate, probabilmente per permettere l’adiacenza degli oratori di San Michele di Giorno e di Notte, ai quali si poteva accedere anche dalla chiesa. Rimanevano la finestrella in corrispondenza dei gradini e la porta che dal presbiterio conduceva al cimitero retrostante gli oratori. Nell’emiciclo del coro, dietro l’altare maggiore, si apriva una sola finestra centrale che, assieme all’occhio della facciata principale, posta al di sopra del portale, illuminava la chiesa in tutto il suo sviluppo longitudinale.

29 Crf. Nota 22 30

P. G. BOCCI, F. A. LESSI (a cura di), vol. II, 2003, p. 109 31 I.MEINI, 1987, p.40

(27)

Fig. 1.17: Pianta della Chiesa di San Michele e degli Oratori di S. Michele di Giorno e di Notte, secondo il disegno del XVII sec.

Fig. 1.18: Disegno delle facciate della Chiesa di San Michele e dell’Oratorio di S. Michele di Giorno secondo il disegno del XVII sec.

(28)

Sul lato nord della Chiesa, appoggiato alla stessa, si trovava l’oratorio di San Michele di Giorno, un ambiente piuttosto largo e molto sviluppato in altezza, comunicante con la Chiesa mediante una porta aperta nella parete comune. L’interno presentava un altare subito sulla sinistra e un altro sulla parete di fondo, al centro tra due porte comunicanti con l’oratorio di San Michele di Notte. Questo era posto ad angolo retto rispetto al primo, aveva un altare sul lato corto, a nord, e tre finestre che si aprivano sulla parete confinante con il cimitero, ad est.

Nel secondo disegno, che mostra l’esterno del complesso religioso, si legge chiaramente lo sfalsamento tra i piani delle due zone in cui è ripartita la facciata della chiesa: nella porzione superiore, oggi non più visibile, si osservano chiaramente l’aggiunta dell’occhio centrale, che illuminava l’aula, e l’originaria copertura lignea a cavalletti le travi secondarie aggettanti oltre la facciata al di sotto degli spioventi del tetto. È evidente la rastremazione dei montati laterali che, partendo con una sezione ampia nella parte basamentale, si riducono leggermente dopo lo stacco del capitello in corrispondenza dell’imposta delle arcatelle, e ancor di più dopo la cornice orizzontale, quando la funzione portante era ormai ridotta.

Il prospetto dell’adiacente oratorio di San Michele di Giorno si mostra molto semplice: la parte inferiore è occupata dal solo portone d’ingresso, caratterizzato da montanti e frontone triangolare in pietra; in alto due finestrelle rettangolari si aprono ai lati di un occhio, richiamante quello della Chiesa e, al di sopra di tutto, si innalza un piccolo campanile con due campane.

1.3.5 Primi interventi degli Scolopi

Nel XVIII secolo la Chiesa fu sottoposta a un altro intervento di rinnovamento, con l’arrivo dei padri Scolopi a Volterra, i quali decisero di costruire anche un grande collegio ad essa annesso. È attestato infatti nella preliminare convenzione tra la comunità di Volterra e i Padri Scolopi, avvenuta il 26 gennaio 1710, che ai religiosi fossero ceduti tutti i “… beni capitali e canoni livellari costituenti il Patrimonio

primitivo della Chiesa Prioria di S. Michele…”.32

I Padri Scolopi dunque, nonostante l’impegno nella costruzione del grande Collegio, non mancarono di fare interventi anche nella Chiesa.33

32 ASCV, Deliberazioni della Magistratura, A nero, filza 298, cc. 130-131. 33 Crf. Nota 25

(29)

La loro attenzione ricadde principalmente sulla disarmonia ormai centenaria degli interni, conseguente al rialzamento del pavimento. Gli Altari, infatti, rimasti praticamente privi dei gradini, mancavano soprattutto di uno sviluppo in altezza. Perciò gli Scolopi si occuparono della ricostruzione degli altari e dell’affissione di nuovi dipinti.

L’organo costruito dal Quartieri venne sostituito da un altro costruito da Lucca Romani da Cortona. Questo durò fino al 1776, anno nel quale fu distrutto da un fulmine. Di conseguenza venne acquistato presso i Padri Olivetani di S. Andrea un nuovo organo costruito nel 1725 da Vincenzo Zanetti: collocato a metà chiesa, fra i due Altari della Vergine del Riscatto e dell’Angelo, dove prima si trovava un Pulpito.34

Nel 1785 venne sostituito l’Altar Maggiore, in legno, con un altro di marmo, appartenuto precedentemente alla chiesa di San Pierino in Selci, che fu ampliato e nel quale venne inserito il Tabernacolo.

Per quanto riguarda il recupero degli spazi vuoti nella parte superiore delle pareti, questi furono riempiti di “ovali” con immagini di santi, al di sopra dei quadri degli Altari.

Per quanto riguarda l’assetto planimetrico - strutturale, nella pianta della città di Volterra di Warren35 (1794) e nell’altra, risalente allo stesso periodo, conservata nel

Fondo Cappugi36, la Chiesa è ancora rappresentata nella forma di navata unica con

abside a emiciclo.

Nella visita del 1793 Monsignor Ranieri Alliata, vescovo di Volterra, denotava come la Chiesa risultasse “… fabbricata tutta in pietra quadrata si di dentro che di fuori fino al

tetto […] fatto di nuovo nel 1786 a spese del Patrimonio Ecclesiastico”.37

34 I. MEINI, 1987, p.41

35 illustrazione tratta da R. GALLI, 1983, pp. 82-83 36 Illustrazione tratta da R. GALLI, 1983, pp. 77-78

37 ACVV, Visista della Chiesa Prioria di San Michele dei Padri Scolopi di Volterra, Addì 24 febbraio 1793

del Monsignor Ranieri Alliata Vescovo di Volterra accompagnato dai canonici Carlo Naldini e Primicierio Carlo Lenoni. Riportata integralmente in: P. Parrini, La visitta pastorale del Vescovo Luigi Ranieri Alliata nella Diocesi di Volterra (1793- 1796), Tesi di Laurea, Università di Firenze, a.a. 1974/75, relatore: prof.

(30)

Fig. 1.19: Estratto del foglio unico sez. U del Catasto (1875, Ing. Oreste Malfatti) con l’indicazione delle proprietà attinenti al Collegio degli Scolopi di Volterra.

1.3.6 Il restauro neoclassico

La sistemazione generale della Chiesa, congiuntamente all’assetto strutturale, con l’abside semicircolare così affogato, doveva creare un senso di enorme pesantezza. Tutto questo, unito anche a un probabile degrado dell’ambiente, deve aver convinto gli Scolopi della necessità di una completa ristrutturazione dell’interno38 che si

confacesse al nuovo clima classicheggiante. È attestato infatti che dal 1826 al 1828 siano avvenuti i lavori di restauro della Chiesa per iniziativa dell’allora Curato Luigi Gheri, su “…disegno del sig. Angiolo Bellucci architetto Volterrano”.39 I lavori di

ristrutturazione sono confermati anche da documenti in cui la Magistratura Comunitativa di Volterra autorizzava il prelievo di “…una quantità di sassi nel Prato di

Valle Buona...”40 da impiegare nei restauri in atto sulla Chiesa di San Michele.

38 I. MEINI, 1987, p.43 39 A. CINCI, 1885, p. 11

(31)

I lavori iniziarono il 19 giugno 1826 e, contestualmente, “…fu eretta dai fondamenti la

torre del nuovo campanile sul disegno e coll’opera del maestro Niccolò Lazzeri di Firenze…”41.

Per il nuovo campanile le campane furono tutte rifuse, furono ingrandite e su di esse comparvero i nomi di S. Michele, S. Maria, S. Giuseppe Calasanzio. Una quarta fu aggiunta a spese della Compagnia del S.S. Sacramento.42

L’intervento di restauro della Chiesa di San Michele portò principalmente a una nuova concezione dello spazio interno, in stile prettamente neoclassico, che rese la fabbrica l’unico monumento a Volterra testimone di questo particolare momento storico-artistico. Il sistema di copertura a travi lignee fu sostituito e fu inserito un sistema di volte a botte di laterizio in folio, a direttrice semicircolare, dotate di lunette a monta rialzata. Per sostenere la volta fu ideato un sistema modulare di colonne binate, raccordate da una trabeazione con modanatura a forte aggetto. In corrispondenza delle colonne, si sviluppano gli archi trasversali e, in direzione longitudinale, una serie di archi a tutto sesto, su cui si innestano le volte in folio. Il motivo si ripete anche sulla parete di fondo, dove le colonne sostengono il grande arco absidale che introduce nello spazio del coro.

Fig. 1.20: interno della chiesa e particolari dell’organo e del peduccio della soprastante volta lunettata.

41

A. CINCI, 1885, p. 11 42 I. MEINI, 1987, p.43

(32)

Le colonne in marmo sono a fusto liscio, rastremate con entasi a un terzo circa dalla base e terminano con semplici capitelli ionici, eseguiti dal volterrano Paolo Bocci. Le basi, in pietra serena delle cave di Fiesole, hanno un alto plinto e risalgono al 1850, quando vennero sostituite alle precedenti, ormai rovinate. In pietra serena è anche il gradone basamentale degli altari e la fascia che corre lungo tutto il perimetro della navata, alla stessa altezza della base delle colonne.

(33)

Dal confronto grafico delle principali fasi costruttive, si può notare che l’inserimento del sistema “a scheletro” costituito da volta lunettata e colonne ha comportato la ridistribuzione delle porte e delle finestre, poiché quelle esistenti andavano a sovrapporsi con le colonne. Sempre per questo motivo, è stata eliminata la vecchia sagrestia, per fa spazio al corridoio del nuovo Collegio degli Scolopi. Di queste modifiche si ha diretto riscontro semplicemente “leggendo” la tessitura muraria del prospetto sud, di cui si parlerà più nel dettaglio nel seguito.

Come diretta conseguenza all’inserimento della volta a botte, si determinò un notevole innalzamento del colmo del nuovo tetto, costituito a da travi lignee poggianti sulla volta, rispetto alle quote originarie del 1600. Perciò, dovendo necessariamente rialzare la facciata, fu disposto di operare un completo rifacimento della parte superiore della medesima, riutilizzando le pietre ricavate dalla parziale demolizione dell’abside circolare43 e ricreando gli stessi cinque archi della parte sottostante.

Fig.1.22: Confronto della facciata della Chiesa di San Michele Arcangelo e dell’Oratorio San Michele di Giorno secondo le due principali fasi costruttive.

Altre modifiche vennero introdotte all’impianto planimetrico, tra cui la sostituzione dell’abside ad emiciclo con quello attualmente presente a forma quadrilatera (con pavimentazione a quota +5,5 m rispetto all’originaria) e la realizzazione di due vani, a destra e a sinistra del nuovo abside.

(34)

Il presbiterio rimase rialzato rispetto alla navata, dalla quale è separato da tre gradini e da una balaustra in marmo bianco.

Il vano alla destra dell’abside è occupato dal nuovo campanile, mentre quello a sinistra è stato adibito ad ospitare la nuova sagrestia, molto più ampia dell’originaria, a cui si ha accesso da una porta realizzata sul lato sinistro del coro. La realizzazione di questo vano ha comportato l’utilizzo di una buona parte dello spazio degli oratori di San Michele di Notte e di Giorno, i quali persero la loro antica funzione di oratori, diventando semplicemente stanze ad uso parrocchiale.

Nella muratura dell’antico coro ad emiciclo fu trovata una grata traforata marmorea in stile bizantino risalente, presumibilmente al V secolo, collocata oggi nella finestra del piano di mezzo del campanile.

Un’altra porzione del San Michele di Giorno venne invece utilizzata per realizzare la nuova cappella della Santissima Vergine del Rosario (Madonna di Pompei), dove, nel 1921, venne eretto il fonte battesimale, alla quale si accede da una porta ricavata al lato sinistro della navata della Chiesa.

Venne costruita una nuova Cantoria al di sopra del portale principale, su cui venne inserito un nuovo grande organo costruito da Antonio Ducci da Cortona.

Sempre alla ristrutturazione degli anni 1826-1828 risalgono gli altari lungo le pareti della navata, che furono ricostruiti con marmi scelti e in uguale disegno, in un’opera di totale simmetria ed armonia.

Il 24 agosto 1828 la chiesa fu solennemente riconsacrata dal Vescovo Gaetano Incontri.44

1.3.7 Il Terremoto di Orciano del 12 Agosto 1846

La Chiesa nel 1846 subì qualche danno a causa del terremoto; fu subito fatta restaurare dall’allora reggente il P. Ferdinando Dati, il quale, nell’occasione ne fece ornare la volta con disegni del Pittore Petrini.45 Venne realizzata una decorazione di

chiaro stile neoclassico, riquadrando con gli ornati e disegni chiaro-scuro, ancora oggi presenti, le volte e gli intradossi delle arcate e riducendo a stucco lucido le colonne. Le tinte sono sempre molto chiare, che si tratti delle pareti e delle volte, come dei fusti

44 I. MEINI, 1987, p. 43 45 I. MEINI, 1987, p. 43

(35)

delle colonne e delle lesene, di color avorio, o delle pareti dell’abside, di un tenue color acqua.

Per quanto riguarda gli interventi successivi, varie fonti bibliografiche indicano che la Chiesa è stata oggetto solo di ritocchi, ripulitura e manutenzione tetto, di cui non viene data alcuna descrizione specifica né alcun riferimento fotografico.

1.3.8 Il restauro del 1963

L’anno 1963 il parroco Monsignor Angelo Santoni, con l’aiuto di benefattori, fece realizzare il nuovo pavimento in ambrogette di marmo bianco e nero, sostituendolo all’antico cotto toscano.46

Degli interventi realizzati succesisvamente si ricorda la manutenzione straordianria del tetto avvenuta nel 1990, su progetto dell’Architetto Bellarmino Bellucci, che ha interessato sostanzialmente il rifacimento del manto di copertura e la sostituzione dei travicelli ammalorati.47

Fig. 1.23: pavimentazione in ambrogette di marmo bianco e nero ancora attualmente presente

46 BOCCI P. e LESSI F. A. (a cura di), 2003, p. 104 47 ASABAP, Pisa, cartella G271, prot. n° 3984

(36)

1.4 Edifici annessi: il collegio dei Padri Scolopi

La completa ricostruzione delle fasi storiche che hanno interessato la Chiesa di San Michele dal XVIII secolo in poi non può prescindere dalla trattazione della realizzazione del Collegio degli Scolopi, la quale ha comportato modifiche non solo della concezione spaziale e visiva della dell’area, ma anche dell’assetto strutturale del fabbricato nel suo complesso, andandosi ad integrare direttamente alle strutture preesistenti della Chiesa.

L’avvio alle attività di costruzione avvenne il 2 maggio 1711, quando il Pontefice Clemente XI concesse ai Padri Scolopi di aprire in Volterra “ la casa scolopica e il collegio educativo nella chiesa parrocchia della prioria di S. Michele”.

Tale concessione imponeva quindi un importante intervento edilizio nella contrada S. Agnolo che, con la realizzazione del Collegio avrebbe pure consentito il trasferimento delle scuole pubbliche di Volterra, a quel tempo ubicate nella piazza dei Priori.

Un primo progetto, proposto dall’ing. Giovanni Franchi e risalente al 1711, proponeva interventi di adeguamento funzionale alla “prioria vecchia e alle case ad essa

contigue”48. Le proposte progettuali dell’ingegnere, secondo quanto da lui dichiarato,

tenevano conto del “minor strazio di muraglie”49.

Dai documenti risulta che inizialmente la Magistratura comunitativa intendeva occuparsi dell’esecuzione e finanziamento dell’intervento, ma successivamente questo fu contrastato dai Padri Scolopi, che intendevano provvedere al nuovo collegio con un diverso e autonomo progetto.50

Infatti, nel contratto del 27 gennaio 1713, la Magistratura comunitativa di Volterra si impegnava a versare ai Padri Scolopi la somma di scudi 2000 di Lire sette, ritenuta sufficiente per acquistare “le case da incorporarsi nella fabbrica della Prioria e per

compiere e del tutto perfezionare la fabbrica stessa”51.

Di conseguenza i Padri Scolopi si obbligavano a ad utilizzare le cifre versate per la sola realizzazione del fabbricato, nelle modalità e nel sito a loro più confacente, entro dieci anni dalla data di versamento della prima rata.

48 ACSV, D nera, sfilza 98, 17 febbraio 1712 49 ACSV, D nera, sfilza 98, 17 febbraio 1712 50 ACSV, D nera, sfilza 98, 7 aprile 1713 51

ASCVP, Archivio segreteria, cat. 5, tit. 6 fasc.3, 1894, Convenzione tra il Comune di Volterra e i PP Delle scuole pie del 27 gennaio 1713.

(37)

Per la realizzazione del Collegio, saranno tuttavia necessari più dei dieci anni preventivati. Risale infatti al 1768 una deliberazione della Magistratura comunitativa che documenta l’avvenuto trasferimento delle Scuola pubbliche di Volterra presso la Chiesa Prioria di San Michele.

Secondo quanto scrive Galli, la “benedizione della prima pietra per le nuove scuole di

Volterra”52 risale al 24 dicembre 1764. Nel suo articolo si trova un disegno che

rappresenta il prospetto del Collegio che si apre verso l’attuale via delle scalette di Docciola, disegnato su un piano di proiezione che prescinde dalla presenza del Palazzo Guarnacci e delle contigue torri S. Agnolo e Toscano.53

Si precisa che il disegno non sembra potersi riferire al tempo della costruzione del nuovo Collegio ma, piuttosto, a un’epoca successiva agli interventi dell’Arch. Angelo Bellucci (1826-1828). A tal proposito, basta notare che il campanile della chiesa, tralasciando l’evidente sproporzione dell’apertura dell’arco dell’ordine superiore, presenta le stesse caratteristiche costruttive e di posizione di quello attuale; inoltre nel prospetto laterale della chiesa sono rappresentate le due grandi finestre termali al di sotto della fascia di gronda in archetti pensili. Un elemento di contraddizione può essere ravvisato nell’assenza, nel disegno in questione, dell’attuale porta laterale. Tuttavia, non è da escludere che l’autore del disegno, seguendo una rigorosa convenzione di rappresentazione in relazione alla scelta del piano di proiezione, abbia considerato il portale laterale come nascosto dalla presenza del fabbricato che ricorre lungo la via di Sotto.

Il prospetto dell’ala destra del Collegio rispecchia sostanzialmente l’attuale impianto compositivo compreso tra le due “torri”: il primo ordine, prevede la sequenza di quattro archi impostati su pilastri a sezione rettangolare in mattoni, la cui altezza si adatta al profilo inclinato della via di Docciola. L’imposta degli archi risulta evidenziata da capitelli di semplice disegno, che si trovano alla stessa quota della cornice presente sulle torri laterali. tale cornice, corrisponde all’altezza del basamento delle due torri, a sezione variabile.

52 R. GALLI, 1977, p.15

53 Il citato autore non precisa la collocazione archivistica del disegno, ma indica il nome del progettista nell’arch. Gio. Maria Veraci

(38)

Foto 1.24: Ex collegio degli Scolopi di Volterra. Disegno anonimo e senza data, del prospetto su via di Docciola (Tratto da: R. Galli, La prima pietra delle “Scuole Nuove”, in Volterra, a.6 n.11, nov. 1977, p.15)

Per quanto riguarda agli interventi costruttivi successivi, si ricorda la richiesta da parte dei Rettori del Collegio, a partire dal 1827, di effettuare interventi di adattamento funzionale del Collegio54 in conseguenza all’accrescimento d’importanza

della scuola e di provvedere agli interventi di consolidamento per rimediare ai danni del terremoto che colpì la città di Volterra il 14 agosto 1846. Si ritenne necessario dunque affidare i lavori all’ingegnere di circondario di Volterra.55 Al 12 agosto 1875

risale l’atto di consegna definitiva del Convento e annessi, appartenenti fino ad allora agli Scolopi, al Municipio di Volterra in base al disposto negli articoli 19 e 20 della legge sulla soppressione delle corporazioni religiose del 7 luglio 1866.56

54 ASCV, A nera, filza 300, Deliberazioni magistrali, c. 128, 27 maggio 1829: in tale atto si parla del 55 ASCV, N nera, filza 101, Spese di strade, Fabbriche ed altri lavori pubblici.

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2 Il Rilievo

2.1 Metodologia operativa

2.1.1 Il rilievo architettonico della Chiesa

La fase operativa di rilievo sul campo si è svolta prevalentemente nell’estate del 2018, sotto la supervisione dell’Ing. Gino Cenci e dell’Ing. Anna De Falco: la campagna d’indagine ha occupato principalmente i mesi di giugno e luglio.

L’attività si è concentrata sull’analisi e la restituzione degli aspetti formali e materici del fabbricato. Il lavoro ha fornito una descrizione generale dell’edificio, attraverso la realizzazione di elaborati convenzionali quali piante, prospetti e sezioni, nonché il rilievo dell’apparato ornamentale, in modo da avere il materiale necessario su cui poter sviluppare differenti tipi di analisi.

Si tiene a precisare che il rilievo ha interessato principalmente il fabbricato della Chiesa di San Michele e il Campanile ad esso annesso. Degli edifici in aggregato, come l’Oratorio di San Michele di Giorno e l’Istituto Niccolini, è stato fatto un rilievo di massima, integrato da rilievi eseguiti in precedenza, con lo scopo di fornire una restituzione grafica della pianta e un inquadramento generale della chiesa all’interno del tessuto urbano.

Il rilievo è stato organizzato in due fasi: una prima fase operativa di prelievo delle misure, tramite metodologia diretta e saggi sull’opera, e una seconda fase di elaborazione e restituzione grafica degli elaborati finali.

L’attività di rilievo ha portato allo sviluppo dei seguenti elaborati grafici: − 1 pianta generale in scala 1:100

− 2 prospetti in scala 1:100

− 4 sezioni verticali in scala 1:100 (2 sezioni trasversali e 2 sezioni longitudinali) − Piante, sezioni e prospetti del campanile (una pianta per piano, 1 sezione

(40)

2.1.2 Il rilievo tradizionale

L’attività di prelievo delle misure, sia degli spazi interni che esterni, è stata completamente eseguita con metodologia diretta. I dati raccolti dalle varie campagne di rilievo sono stati confrontati con i valori estrapolati dalle tavole architettoniche fornite dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali di Pisa, relative ad un lavoro di rilievo e restituzione grafica per il restauro della Chiesa, commissionato nel 2006 allo studio Alessandro Baldassari Architetti.

Il rilievo dello spazio interno, nonché degli elementi architettonici e scultorei, è stato sostanzialmente effettuato attraverso l’utilizzo di strumenti tradizionali quali rotelle metriche, triplometro, distanziometro laser.

In particolare, il rilievo degli elevati, rivolto alla lettura delle altezze della navata, nonché alla ricostruzione della geometria della volta di copertura, alla definizione della volta dell’abside e della quota della cantoria e alla posizione dei principali apparati scultorei, è avvenuta per mezzo di distanziometro tipo laser Leica disto A2 D/5. Le misure rilevato sono state poi riferite al piano di riferimento dell’edificio assunto.

Si è infine provveduto alla misura diretta di tutti gli spessori murari in corrispondenza delle aperture.

Il rilievo dell’esterno, invece, è stato integrato da una serie di fotoraddrizzamenti, derivanti da fitte campagne fotografiche, che hanno permesso di individuare le misure di elementi o porzioni della Chiesa non accessibili o non direttamente misurabili con le strumentazioni tradizionali. Questo approfondito rilievo fotografico, che ha interessato tutto il complesso ecclesiastico, ha costituito inoltre un valido apporto nella fase di restituzione grafica.

Ulteriori informazioni riguardo alla composizione strutturale del sistema di copertura e della tessitura muraria, necessarie per le successive operazioni di restituzione grafica e modellazione tridimensionale, sono state in parte fornite da alcuni saggi svolti con l’ausilio di piattaforma sollevatrice e di trabattello.

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2.1.3 La campagna fotografica

Una diffusa campagna fotografica è stata programmata ed eseguita per descrivere la consistenza delle tessiture murarie e lo stato di degrado della struttura. Le foto sono state pensate ed eseguite in funzione del loro utilizzo, sia in fase di ricostruzione geometrica, sia per la successiva fase di rielaborazione grafica. Tramite il vasto repertorio fotografico si è infatti potuto assimilare tutta una serie di informazioni che sul campo è quasi impossibile immagazzinare. L’utilizzo del raddrizzamento fotografico, avvenuto tramite l’utilizzo del programma Photoscan, ha supportato la fase di restituzione grafica garantendo una fortissima mimesi con le condizioni reali della chiesa.

2.1.4 La restituzione grafica

La restituzione grafica è stata eseguita in ambiente CAD, per quanto riguarda l’elaborazione dei dati rilevati tramite il rilievo diretto-strumentale. Infatti i dati ricavati dai vari rilievi hanno permesso la redazione degli elaborati richiesti, sia in pianta che in elevato.

Successivamente si è proceduto al raddrizzamento delle le superfici murarie da inserire all’interno degli elaborati richiesti.

Infine questi elaborati ottenuti di foto-raddrizzamento sono stati impiegati per la resa materica dei prospetti tramite il programma di grafica Photoshop, col quale sono stati realizzati gli elaborati grafici finali, sovrapponendo al geometrico elaborato nello spazio CAD, le immagini fotoraddrizzate aggiungendovi al tratto tutte le informazioni grafiche relative all’apparato murario, decorativo e di dettaglio.

Sempre dallo spazio CAD sono state quindi importate le principali quote planimetriche e altimetriche su ogni elaborato.

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2.1.5 Caratterizzazione meccanica dei materiali e definizione degli elementi strutturali.

Per il caso in esame non è stato possibile effettuare alcuna prova diretta sui materiali che costituiscono l’apparecchio murario, né di carattere superficiale né tanto meno di tipo distruttivo.

Tuttavia, attraverso l’esecuzione di alcuni piccoli saggi è stato possibile esaminare in maniera diretta la composizione della muratura e delle superfici murarie di alcune porzioni della Chiesa, nonché ampliare la conoscenza riguardo la morfologia del sistema di copertura.

Fig. 2.1: Pianta con indicato la posizione in cui sono stati eseguiti i saggi sulle volte

I saggi 1, 2, 3 sono stati effettuati a con lo scopo di verificare la composizione muraria delle pareti perimetrali, stonacando porzioni del paramento interno.

Tutti e tre i saggi hanno confermato che l’elemento strutturale delle pareti laterali e di facciata è la pietra panchina. La tessitura risulta piuttosto regolare, ovvero costituita da conci squadrati, talvolta intervallati dall’inserzione di laterizi su letti di malta di calce la cui composizione non è stata verificata. Da questi saggi non è stato possibile invece verificare la qualità dell’ammorsamento fra i paramenti.

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Fig. 2.2: SAGGIO 1 – particolare Fig. 2.3: SAGGIO 3 – particolare

Fig. 2.4: SAGGIO 2 – particolare

Il saggio 4 è stato effettuato in corrispondenza del vano scala presente all’interno della porzione di parete in comune col corridoio dell’Istituto Niccolini.

In questo caso si è proceduto al rilievo delle dimensioni del vano, all’analisi della tessitura muraria e alla determinazione dello spessore murario in corrispondenza della discontinuità strutturale. Per quest’ultima operazione è stato effettuato un foro passante, attraverso l’utilizzo di un trapano, con il quale è stato misurato uno spessore murario di circa 15 cm tra il vano scala e il filo interno della parete. Invece, dalla misurazione trasversale dei vari elementi del vano è risultato che lo spessore complessivo della parete sia di all’incirca 107 cm.

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Il vano scala, che conduce al sottotetto del complesso adiacente, è costituito da sei gradini in mattoni, con un rapporto tra alzata e pedata molto elevato, e da un pianerottolo di dimensioni all’incirca pari a 2,3 x 0,81 m.

In questo caso la regolarità della tessitura muraria è interrotta da un tamponamento piuttosto regolare in mattoni, sicuramente conseguente alla realizzazione di tale spazio all’interno della muratura originaria.

Fig. 2.5: A sinistra: realizzazione del foro per il rilievo dello spessore murario. A destra: particolare della scala in mattoni.

Per conseguire una conoscenza più approfondita della struttura di copertura, costituita dall’orditura lignea e dalla volta di controsoffitto, è stata realizzata un’apertura sul manto della medesima, in prossimità della parete perimetrale destra, a cui è stato possibile accedere tramite piattaforma elevatrice (Fig. 2.6 e 2.7).

Da questo saggio sono state ricavate importanti informazioni, non solo sulla conformazione delle strutture, ma anche sulla storia della Chiesa.

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Fig. 2.6: SAGGIO 5 - apertura sul tetto

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E’ stata innanzitutto osservata una tenue tinteggiatura grigio-azzurra sulla superficie interna della parte sommitale del paramento murario (Fig. 2.8), sicuramente precedente agli interventi del 1826.

Fig. 2.8: Resti dell’originale tinteggiatura delle parti nel XIII-XIV secolo

Inoltre le mezzane recuperate dalla parte sommitale della parete, che quindi costituivano la decorazione dello spazio interno della Chiesa, sono una fonte storica rilevante, dato che in commercio non vengono più realizzate di tali dimensioni: infatti dal rilievo effettuato su alcuni campioni sono state desunte le dimensioni standard di queste mezzane, pari a 35 x 14 x 2,5 cm (Fig. 2.9).

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Fig. 2.9: Misurazione diretta delle mezzane decorate con scialbo colorato

L’osservazione della zona sommitale ha fornito l’ulteriore conferma del fatto che le pareti sono a paramento unico. Inoltre la porzione di muratura al di sopra della pittura ha una tessitura irregolare e una composizione mista di pietra panchina e mattoni in cotto, con giunti di malta di spessore variabile.

La volta a botte lunettata è costituita da mattoni in folio e si collega all’arco trasversale che fa parte di un timpano in muratura di mattoni a sostegno delle travi lignee della copertura (Fig. 2.11). Le travi lignee principali sono tre: quella di colmo, con una sezione di 30 x 30 cm, e le due laterali con sezione pari a 20 x 20 cm. Su di esse poggia l’orditura di travicelli, di sezione 7 x 7 cm, posti a interasse di circa di 30

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cm, che, a loro volta, sostengono le mezzane e il manto di copertura. Nella figura 3.9, tratta dalla documentazione dell’arch. Baldassari, si osserva la vista dall’interno. Nella luce compresa tra i due timpani, le travi lignee sono talvolta rompitrattate da baggioli di mattoni poggianti sulla superficie della volta in folio.

Fig. 2.10: Particolare dell’orditura del tetto e del muro in mattoni del timpano

Fig.2.11: Estradosso della lunetta della prima campata, compresa tra la facciata e il primo arcone

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