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CAPITOLO 1 LE NUOVE SFIDE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IL MODELLO EUROPEO CAF

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CAPITOLO 1

LE NUOVE SFIDE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IL

MODELLO EUROPEO CAF

1.1 LO SVILUPPO DELLA QUALITA’ NEL SETTORE PUBBLICO E I NUOVI SCENARI COMPETITIVI

A partire dagli anni ’50 e ’60 i metodi della qualità sono stati oggetto di una costante evoluzione: ad essersi modificato nel corso del tempo è stato il concetto stesso di qualità.

Ad esempio, nel settore privato si è passati dal concepire la qualità come “conformità a norme tecniche”, poi come “analisi dei sistemi”, fino ad intendere oggi per qualità la capacità di una azienda di “ rispondere alle domande dei clienti”. Fornire servizi di qualità e creare valore per il cliente non è una prerogativa delle sole organizzazioni private ma anche finalità prioritaria di quelle pubbliche.. Alla necessità delle aziende private di perseguire profitto, fa riscontro quella della Pubblica Amministrazione di realizzare cambiamenti generativi di valore per il “Sistema Paese”. Al positivo e corretto impatto sull’ambiente e sul contesto socio economico che l’impresa privata deve realizzare oltre al profitto, si deve affiancare l’impatto esteso e proattivo della Pubblica Amministrazione sull’intero contesto di riferimento comprese tutte le organizzazioni economiche che operano sul mercato.

Nel settore pubblico l’idea di qualità è cambiata, non è più sufficiente “fare bene le cose”, cioè fare bene le attività pianificate, svolte nell’ambito dei processi che portano alla prestazione del servizio, ma è necessario “fare bene le cose giuste”, cioè quelle che veramente servono al cliente e alle quali il cliente attribuisce valore. Non basta più seguire le attività così come progettate e nella sequenza predefinita ma è necessario ripensare continuamente il modo in cui le attività sono svolte e il valore, apprezzato dal cliente, che le stesse aggiungono al servizio. Il vero valore di una organizzazione sta nella qualità del sistema, dei processi, delle relazioni; per un’organizzazione pubblica, questo rappresenta lo scoglio più difficile da superare.

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Le aziende che offrono servizi di pubblica utilità non hanno mai dovuto affrontare, fino ad oggi, nessuna forma di concorrenza e spesso, neppure alcuna forma di serio controllo sulla reale efficienza e adeguatezza dei servizi resi. Negli ultimi anni, come reazione a situazioni di cattiva gestione ed a seguito della sempre minore disponibilità di risorse da parte della pubblica amministrazione, si è accentuato l’interesse nei confronti delle prestazioni anche economiche, di tali servizi. In particolare, ci si è chiesti se i modelli organizzativi e gestionali, sperimentati presso le aziende private, potessero essere utilmente applicate nelle aziende pubbliche senza snaturarne la funzione sociale.

Le amministrazioni pubbliche, per realizzare concretamente un modello orientato alla qualità, devono sviluppare un sistema di strumenti e una cultura manageriale, che siano in grado di modificare profondamente le condizioni attuali di funzionamento dell’organizzazione, mediante la creazione di un forte orientamento al soddisfacimento dei bisogni espressi dai clienti/cittadini e sviluppando, al tempo stesso tra gli operatori, un forte senso di appartenenza all’azienda e ad una motivazione comune.

È da sottolineare, nel caso di una azienda che eroga servizi, come il cliente attribuisca grande importanza non solo al risultato finale, ma anche al processo con cui questo è ottenuto, essendovi coinvolto in prima persona. Fino a poco tempo fa la gestione degli uffici pubblici era impostata alla logica dell’emergenza fino al punto che anche il modello organizzativo di ogni singolo settore era orientato in maniera conforme alla necessità di fronteggiare le scadenze. Occorre pertanto che vi sia particolare cura nella gestione e nel controllo di tale processo e che gli indicatori utilizzati per il suo monitoraggio non siano orientati solo a misurare il prodotto finale, ma anche le varie fasi del processo e la percezione che si ha di esse.

In questi ultimi anni lo scenario competitivo delle imprese italiane si è sensibilmente modificato a causa della profonda trasformazione dovuta alla globalizzazione dei mercati e all’avvento delle nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione.

In questo contesto il successo delle imprese è sempre più legato alla capacità di sviluppare strategie innovative che, facendo leva sui punti di forza,

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consentano di rilanciare la sfida su terreni nuovi ricercando ad esempio la diversificazione e l’eccellenza del prodotto, l’offerta di servizi ad alto valore aggiunto, l’utilizzo intensivo delle nuove tecnologie e soprattutto l’innovazione dei modelli di management.

D’altra parte i tempi sono maturi considerando che anche la Pubblica Amministrazione è alle prese con tentativi di trasformazione e modernizzazione che non è esagerato definire epocali.

Il ruolo di una struttura pubblica, in particolare se operante in settori vitali per l’economia, la cultura e la vita del paese, oggi assume i contorni di una vera e propria missione, dalla riuscita della quale potrebbe dipendere in gran parte il successo dell’”impresa Italia”, purché chi ci opera sappia accettare la sfida di una nuova strategia organizzativa e di una nuova cultura del modo di lavorare e di vivere.

Nell’ultimo decennio è venuto a mutare, e sta tuttora mutando, il contesto entro il quale le organizzazioni pubbliche si sono, sino ad oggi, trovate ad operare. I temi della qualità e del management della qualità stanno svolgendo un ruolo preminente anche nel dibattito internazionale sulla modernizzazione della Pubblica Amministrazione.

L’esigenza di adeguarsi alla mutata realtà ha imposto l’adozione di nuovi e più efficienti modelli organizzativi e l’attenzione alla qualità delle organizzazioni è diventata uno degli assi portanti del processo di modernizzazione del sistema pubblico, per tradurre le riforme legislative in comportamenti concreti.

Nonostante l’evoluzione dello scenario socio-economico e normativo abbia chiamato le Pubbliche Amministrazioni ad orientare la propria mission al cliente/cittadino, aldilà di pochi interventi anche significativi realizzati in diversi enti, poco è stato fatto in termini sistematici, e solo alcuni settori, più direttamente a contatto con l'utenza esterna, hanno acquisito una nuova sensibilità verso i temi della qualità.

L'introduzione di strumenti di valutazione della qualità, o anche solo la diffusione di una cultura della qualità, comporta il coinvolgimento e la partecipazione di tutti i soggetti direttamente ed indirettamente impegnati nell'erogazione dei servizi, comporta un cambiamento del sistema e non un suo adattamento, una riorganizzazione dei processi e l’introduzione di un ciclo di

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apprendimento finalizzati al miglioramento continuo e al soddisfacimento degli utenti.

Le pubbliche amministrazioni godono di un vantaggio potendo sfruttare l'esperienza e i risultati di metodologie ampiamente sperimentate dalle aziende private, in particolare quelle legate alle norme ISO 9000 e ai sistemi di valutazione EFQM. Ma è doveroso precisare che l’applicazione dei principi della qualità nella pubblica amministrazione presenta delle caratteristiche specifiche che non consentono un utilizzo automatico delle logiche e delle metodologie valide per il settore privato. Ciò richiede una delicata opera di adattamento al sistema pubblico.

In questo panorama diversificato il Dipartimento della Funzione Pubblica si sta muovendo da tempo proprio per garantire la diffusione di strumenti pensati o riadattati per le pubbliche amministrazioni anche attraverso il sostegno all’introduzione di processi di cambiamento organizzativo. In particolare il Dipartimento della Funzione Pubblica ha puntato l’attenzione su strumenti e processi di autovalutazione che consentano alle organizzazioni pubbliche di avere un ruolo proattivo e compartecipativo. A questo proposito il Dipartimento della Funzione Pubblica ha incaricato il Formez, istituto che, operando a livello nazionale fornisce assistenza tecnica e servizi formativi e informativi soprattutto alle Amministrazioni Locali, realizza alcune attività rivolte al decentramento e alla qualificazione del personale, con alcune Amministrazioni dello Stato (Ministero dell'Innovazione e delle Tecnologie, dell'Economia e Finanza, dell'Interno, dell'Istruzione, della Salute, degli Affari Sociali, delle Politiche Comunitarie, dell'Ambiente). Accanto a queste attività istituzionali il Formez partecipa ad iniziative di assistenza tecnica e di formazione a livello nazionale ed internazionale in collaborazione con organismi pubblici e privati. E' un'associazione con personalità giuridica partecipata dallo Stato attraverso la Funzione Pubblica, dall'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dall'UPI (Unione Province Italiane), dall'UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).

Le attività dell'Istituto come i servizi mirati di consulenza, l’assistenza tecnica, la formazione e l’informazione sono rivolte soprattutto alle Amministrazioni Locali, Regioni, Comuni, Province, Comunità Montane, Associazioni di piccoli Comuni.

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1.2 LE CARATTERISTICHE DI UN SERVIZIO

In riferimento ai concetti sopra esposti si propongono le seguenti definizioni:

SERVIZIO (UNI ISO 9004.2:1994)

“Risultati di attività svolte, sia all’interfaccia tra fornitore e cliente che all’interno dell’organizzazione del fornitore, per soddisfare le esigenze del cliente”

QUALITÀ DI UN SERVIZIO (Lewis e Booms)

“La qualità di un servizio è la misura di quanto il servizio reso corrisponde alle aspettative del cliente. Fornire un servizio di qualità significa adeguarsi alle

aspettative del cliente con un valido fondamento.”

I tre aspetti fondamentali per i quali i servizi differiscono dai beni tangibili sono il metodo di produzione, il consumo e la valutazione. A tale scopo può essere interessante prendere in considerazione quali sono le peculiarità dei servizi rispetto ai prodotti. Le principali differenze individuabili sono le seguenti:

- INTANGIBILITA’ DEL SERVIZIO: il servizio è, per sua natura, qualcosa di intangibile: mentre il prodotto è un “oggetto” con precise caratteristiche fisiche, il servizio è una realtà immateriale, una prestazione. Proprio per questa ragione è difficile applicare ai servizi le specifiche manifatturiere riguardanti la qualità come “uniformità” alle specifiche. Nella maggior parte dei servizi non è possibile stabilire con facilità quali sono gli elementi qualitativi da osservare, quali misure effettuare, le scorte da prevedere, le prove e le verifiche da eseguire prima della vendita per garantirne la qualità. A causa dell’intangibilità può essere dunque difficile per l’azienda comprendere come il cliente percepirà e valuterà la qualità del servizio. (Zeithaml)

- DIFFICOLTÀ DI STANDARDIZZAZIONE : il servizio è limitatamente standardizzabile e quantificabile in quanto non è statico, ma varia fortemente a seconda delle situazioni (produzione custom); normalmente non è definito solo

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nello spazio, ma è il risultato di un insieme di attività definite anche nel tempo. Ci sono comunque elementi misurabili e standardizzabili, altri standardizzabili in termini di comportamenti attesi anche se non quantificabili in termini di indici e numeri.

- CONTESTUALITÀ (o inseparabilità): il servizio viene usufruito dal cliente nello stesso luogo e nello stesso momento in cui viene prodotto; non c’è, dunque, la possibilità di “sostituire“ il servizio difettoso. Questo, inoltre, rende scarsamente utili le attività di controllo, se non in fase consuntiva, quando il danno è già stato percepito dal cliente; la qualità deve essere prodotta direttamente dall’operatore e i suoi superiori non possono impedire che il servizio “difettoso” giunga all’utente in quanto il personale, l’ambiente, l’organizzazione sono completamente visibili al cliente, entrano nel servizio e nella sua valutazione.

- ETEROGENEITÀ : l’eterogeneità del servizio è legata alla forte incidenza del fattore umano, che lo rende fortemente influenzabile dalle condizioni e dal contesto nel quale ogni volta viene erogato: le prestazioni possono variare da produttore a produttore, da cliente a cliente e di giorno in giorno. La coerenza del comportamento del personale nel campo dei servizi è difficile da garantire, perché ciò che l’azienda intende offrire può rivelarsi completamente diverso da quanto il consumatore riceve.

- IMPORTANZA DELLE RISORSE UMANE: la qualità di un servizio è strettamente dipendente dalla professionalità di chi lo eroga. È da osservare che l’erogatore di un servizio, ovvero colui che è a contatto con il cliente, per ottenere una buona e costante qualità del servizio, deve ricevere adeguata formazione e motivazione, come è richiesto dalle moderne filosofie gestionali ispirate al Total Quality Management : “la qualità è fatta dall’operatore”.

I principali parametri che si devono prendere in considerazione per definire e misurare la qualità e quindi la soddisfazione dei clienti sono i seguenti:

1. Qualità Attesa. E’ la qualità che il cliente si aspetta di ricevere dall’organizzazione per soddisfare le proprie esigenze, espresse tramite

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precisi requisiti o implicitamente connesse al prodotto/servizio; la determinazione dei clienti ai quali ci si vuole o ci si deve rivolgere è lo scopo principale del processo di progettazione;

2. Qualità Progettata. E’ la qualità che l’organizzazione ha progettato e pensato di fornire, con l’ausilio delle proprie strutture, risorse e processi, interpretando le richieste espresse dal cliente;

3. Qualità Erogata. Corrisponde all’insieme delle caratteristiche possedute da un servizio al termine del processo di erogazione; può essere diversa da quella progettata a causa di comportamenti errati del personale addetto al servizio o del cliente stesso;

4. Qualità Percepita. E’ ciò che viene percepito dal cliente in termini di soddisfazione dei propri bisogni ed aspettative, direttamente correlata al valore delle caratteristiche possedute dal servizio e fruibili effettivamente dal cliente.

La situazione ottimale sarebbe quella di avere una perfetta armonia tra questi quattro aspetti e avere quindi una qualità percepita uguale o superiore a quella attesa, perché l’organizzazione ha perfettamente compreso le esigenze espresse e implicite, è in possesso di strutture, risorse e processi adeguati, ha progettato coerentemente ed è riuscita a produrre il prodotto/servizio in maniera conforme al progetto. La situazione reale è però spesso diversa.

Gli scostamenti che possiamo rilevare, riferiti agli aspetti della qualità presi in esame, sono i seguenti:

Gap di soddisfazione. E’ lo scostamento tra la qualità percepita e la

qualità attesa. Il cliente ritiene di avere ricevuto qualcosa di diverso dalle sue aspettative;

Gap di rilevazione dei bisogni e delle aspettative e/o di identificazione dei

requisiti del cliente. E’ lo scostamento tra qualità progettata e qualità attesa. L’organizzazione non è riuscita a cogliere precisamente le esigenze espresse e implicite del cliente;

Gap di non conformità. E’ lo scostamento fra qualità erogata e qualità

progettata. Il risultato del processo (prodotto/servizio finale) non è precisamente coerente con quanto progettato;

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Gap di comunicazione. E’ lo scostamento tra qualità erogata e qualità

percepita. L’organizzazione non è riuscita a dimostrare/valorizzare precisamente od oggettivamente la qualità del prodotto/servizio.

Comunicazione tramite passa parola

Esigenze personali Esperienza passata

Servizio atteso Percezioni sul servizio Prestazioni effettive Comunicazione esterna verso i clienti Specifiche di qualità del servizio Percezione da parte dei dirigenti delle

aspettative dei clienti

MODELLO CONCETTUALE DE

D

LLA

QUALITA’

EI SERVIZI

cliente

fornitore

Scostamento 5 Scostamento 4 Scostamento 3 Scostamento 2 Scostamento 1

fonte: Servire Qualità: Zaithami, Parasuraman, Berry MODELLO CONCETTUALE DELLA

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1.3 DEFINIZIONE E OBIETTIVI DEL PROCESSO DI AUTOVALUTAZIONE

Fino agli anni ‘80, quando si parlava di valutazioni di qualità delle organizzazioni si faceva riferimento ad attività effettuate da enti e organismi esterni all’organizzazione stessa e si usavano termini come valutazione, assessment, audit, verifiche ispettive esterne.

Con l’introduzione dei modelli TQM, in particolare del premio Malcolm Baldrige e dell’EFQM, si è andato progressivamente delineando un nuovo tipo di valutazioni, eseguite o comunque guidate direttamente dall’organizzazione al suo interno, orientate ai propri fini, di conoscenza della propria situazione e/o di miglioramento. A tali valutazioni si è dato di volta in volta il nome di autovalutazione o autodiagnosi (utilizzando anche il corrispettivo termine inglese di self-assessment), audit interni, verifiche ispettive interne.

Una definizione generale, ma ben articolata, di autovalutazione si trova nel Glossario della Qualità, a cura del Consorzio Qualital:

“Attività di valutazione che un’azienda, o una sua unità, fa di sé stessa, a fronte di un predeterminato modello di valutazione, allo scopo di valutare i suoi punti di

forza e di debolezza, in modo da poter poi pianificare le successive attività di miglioramento”.

I modelli di valutazione possono essere:

¾ Le Norme o gli Standard, nazionali e internazionali, come ad esempio ISO9000, GMP, GLP, NATO…;

¾ I requisiti richiesti espressamente dai clienti e relativi al prodotto, servizio, Sistema Qualità dell’impresa…;

¾ I modelli di Total Quality Management come ad esempio Modello EFQM, CAF, Modello Malcolm Baldrige… .

I primi due tipi si prestano in particolare alle valutazioni tipo “audit” e “verifiche ispettive”, mentre il terzo tipo è specificamente concepito per l’autovalutazione. Restringendo l’ambito al TQM come definizione di “autovalutazione” si può assumere quella proposta da EFQM:

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“Un’analisi esauriente, sistematica e periodica delle attività e dei risultati di un’organizzazione con riferimento a un modello di Total Qualità Management”.

Il processo di autovalutazione, che consente all’organizzazione di definire chiaramente i propri punti di forza e le aree potenziali di miglioramento, deve tradursi in azioni di miglioramento pianificate e monitorate nel tempo per verificarne l’andamento.

L’autovalutazione, quindi, è lo strumento fondamentale per accrescere la conoscenza della struttura in cui si opera e quindi la conoscenza delle aree suscettibili di miglioramento. Essa permette all’organizzazione in prima persona di poter acquisire informazioni sia in termini organizzativi che strutturali; in questo modo ogni organizzazione, sia essa pubblica o privata, può utilizzare questo strumento per migliorare le proprie performance.

L’autovalutazione si svolge basandosi su un modello di riferimento che permetta di determinare ed individuare tutta una serie di elementi che compongono le organizzazioni, come la gestione del personale, la leadership o la misurazione dei risultati. Ovviamente avrà diversi risvolti che dipendono principalmente dal tipo di struttura che si sta analizzando.

L’elemento fondamentale di distinzione da una qualsiasi valutazione effettuata da soggetti esterni è proprio quello di essere una valutazione “auto”, cioè fatta dai membri dell’organizzazione stessa; questo implica un maggiore grado di coinvolgimento di tutto il personale e soprattutto di quello impegnato in prima persona nella valutazione e quindi, come risultato, una conoscenza più approfondita dei meccanismi e dei processi che regolano le naturali attività e la sopravvivenza dell’organizzazione. Mediante l’autovalutazione, infatti, si stimola la conoscenza di tutti quegli elementi e di tutte le interrelazioni tra i diversi elementi, portando alla luce anche, anzi soprattutto, le situazioni in cui si è carenti, ovvero le aree in cui è possibile migliorare.

L’autovalutazione, quindi, è l’analisi, la fotografia dello stato delle cose, il fattore chiave per attuare un processo di miglioramento continuo pianificato e monitorato nel tempo e può essere effettuata da:

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• dirigenti, quadri e organizzazioni sindacali che vogliono intraprendere insieme iniziative di autovalutazione nell’ambito della struttura di propria competenza;

• tutto il personale che opera nei processi primari e in quelli abilitanti, per meglio comprendere l’importanza e il fondamentale ruolo per la soddisfazione dei clienti e per una forte e apprezzata immagine della Pubblica Amministrazione a livello nazionale e internazionale;

• tutti coloro che vogliono partecipare attivamente a iniziative di miglioramento della qualità nella loro organizzazione di appartenenza.

Lo scopo primario dell’autovalutazione è mantenere l’organizzazione capace, nel tempo, di individuare e attuare i miglioramenti delle performance. Per poter generare tutti i suoi vantaggi, essa deve essere sempre correlata a tutti i processi di gestione dell’organizzazione, da quelli di elaborazione delle strategie, di pianificazione a quelli di esecuzione e di controllo.

Gli obiettivi primari dell’autovalutazione sono:

¾ INDIVIDUARE I PUNTI DI FORZA;

¾ INDIVIDUARE I PUNTI DI DEBOLEZZA, E QUINDI LE AREE DI

MIGLIORAMENTO;PIANIFICARE LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO E DEFINIRE I CRITERI IN BASE AI QUALI VERIFICARE I PROGRESSI.

Il primo obiettivo prevede l’individuazione dei punti di forza, ovvero di quelle aree o di quelle attività che dopo un’accurata analisi risultano essere delle carte vincenti nelle mani dell’organizzazione. I punti di forza possono essere individuati all’interno di tutte le aree o solo di alcune, possono essere trasversali all’organizzazione o riguardare un’attività o un settore in particolare.

Il secondo obiettivo prevede l’individuazione dei punti di debolezza, ovvero di quelle aree o attività che non raggiungono gli standard prestabiliti, cioè che si discostano dagli obiettivi che l’organizzazione si è prefissata; obiettivi che possono essere documentati e avere un valore ben preciso (è il caso di obiettivi legati alla gestione finanziaria o ad indicatori standard), o anche obiettivi legati a livelli di soddisfazione del personale piuttosto che dei clienti dell’organizzazione.

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Lo scopo finale dell’autovalutazione è quello di pianificare le azioni di miglioramento sulla base dei risultati ottenuti con l’analisi, ovvero sulla base del riconoscimento di punti di forza, che dovranno essere consolidati e mantenuti nel tempo, e soprattutto sulla base dei punti di debolezza che dovranno essere migliorati mediante azioni pianificate e sistemiche, che possano cambiare i valori negativi, rendendoli positivi e stabili nel tempo, seguendo i principi di efficienza, efficacia ed economicità della gestione.

Scopo dell’autovalutazione/autodiagnosi è quindi comprendere lo stato e le potenzialità dell’organizzazione riguardo a quelle competenze e capacità (capability) che risultano critiche rispetto alla mission che l’organizzazione stessa si prefigge. La finalità ultima è quella di cogliere gli elementi di debolezza e di forza a fronte delle missioni e degli obiettivi, per poi pianificare le iniziative mirate all’adeguamento delle capability relative.

In questi termini il processo di autovalutazione permette all’organizzazione di ottenere ulteriori valori aggiunti:

• l’identificazione del “modello di business” ovvero l’identificazione delle missioni e degli obiettivi strategici. Infatti, dovendo il processo di autovalutazione partire dall’analisi critica della mission dell’organizzazione, esso costringe il management a definirla ove non lo sia o lo sia in maniera incompleta;

• la presa di coscienza del concetto di miglioramento continuo, inteso non solo come miglioramento incrementale, ovvero quel tipo di miglioramento che si compie quando si è in presenza di una performance cronicamente al di sotto degli obiettivi per portarla al livello voluto, ma come cambiamento sostanziale, innovativo, che comporta la messa in campo di nuove capability o l’acquisizione di nuove competenze all’interno dell’amministrazione;

• il miglioramento come processo guidato dai risultati, dal momento che l’autovalutazione si basa sui risultati di performance dell’organizzazione sui risultati di performance propri confrontati con quelli di organizzazioni assunte a riferimento e sulle evidenze, in relazione allo stato dei “fattori abilitanti”.

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Tale autovalutazione ha per fine primario il miglioramento e quindi l’individuazione delle aree di debolezza. Naturalmente ha anche come fine l’evidenziazione delle aree di forza, per preservarle e trarne il massimo profitto. Le autovalutazioni, che si concludono con l’evidenziazione delle aree di debolezza e di forza, costituiscono la base su cui si costruisce il piano di miglioramento. Nulla di più è necessario se il fine è solo interno, del miglioramento appunto. Se invece l’organizzazione ha fini che si estendono all’esterno (ad esempio la partecipazione a un premio, o la partecipazione attiva a una rete di benchmarking) allora una successiva valutazione esterna, affidata a valutatori “certificati”, diviene necessaria. Nel caso del premio tale valutazione serve per una misura oggettiva, secondo standard di valutazione assolutamente definiti, del livello di qualità raggiunto, per poter comparare l’organizzazione in questione con le altre candidate. Nel caso della rete di benchmarking, tale valutazione è necessaria per validare i dati prima della loro introduzione in un data base, cosicché le organizzazione sono in certa misura garantite riguardo all’affidabilità dei dati, prima di intraprendere iniziative di benchmarking onerose.

I vantaggi nell’adottare strumenti di autodiagnosi adeguati, all’interno di un ciclo PDCA guidato dal modello di riferimento, sono numerosi e funzionali agli obiettivi che l’organizzazione vuole perseguire. Essi si traducono nel miglioramento delle capacità di:

• interpretare meglio i problemi collettivi, da cui identificare fini adeguati (mission, vision, obiettivi strategici) da tradurre poi in obiettivi operativi (qualità come “fare le cose giuste”);

• raggiungere gli obiettivi posti (qualità come “fare le cose bene”);

• ricavare informazioni sullo stato dell’organizzazione più attendibili, questo perché l’autodiagnosi è condotta direttamente dal personale che opera nel processo e che conosce “da vicino” le aree di debolezza e quelle di forza della sua amministrazione;

• ottenere un personale motivato. Il personale direttamente coinvolto è motivato ad analizzare i propri risultati e a pianificare il miglioramento, si sente più partecipe della vita dell’organizzazione e produce un lavoro qualitativamente più elevato;

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• ottenere un adeguamento delle competenze. Le richieste di risorse di cui dotarsi e gli interventi individuati sono motivati ed obiettivi, in quanto discendono da una analisi attenta della situazione operativa;

• fornire un approccio altamente strutturato e basato sui fatti, consentendo inoltre una misura periodica dei progressi compiuti;

• creare un linguaggio e un quadro di riferimento concettuale comuni e condivisi nella gestione e nel miglioramento dell’organizzazione o di sue strutture;

• consentire di valutare le strutture dell’organizzazione in modo omogeneo e coerente sia a livello generale, sia negli aspetti più particolari e specifici; • individuare e permettere la condivisione degli esempi di “prassi migliori”

(best practice”) all’interno dell’organizzazione e nell’ambito pubblico / privato.

1.4 CAF: COMMON ASSESSMENT FRAMEWORK

Il Common Assessment Framework (CAF) è lo strumento di autovalutazione promosso e approvato nell’ambito delle attività di cooperazione dei Ministri della Funzione Pubblica1 dell’Unione Europea, con la collaborazione dell’EFQM

(European Foundation for Quality Management), della Speyer School (Scuola di Scienze dell’Amministrazione tedesca) e dell’EIPA (Istituto Europeo per le Pubbliche Amministrazioni) al fine di assistere le organizzazioni del settore pubblico europeo nell'utilizzo di tecniche di Quality Management.

La struttura del CAF è stata elaborata sotto la Presidenza Finlandese dell'UE (seconda metà del 1999) partendo da un lavoro analitico congiunto, avviato sotto la Presidenza Austriaca (seconda metà del 1998), dall'EFQM, dalla Speyer Academy e dall’EIPA, e dalla predisposizione delle linee guida messe a punto dalla Speyer sotto la Presidenza tedesca (prima metà del 1999).

Sotto la Presidenza Finlandese e Portoghese (rispettivamente seconda metà del 1999 e prima metà del 2000), è stata infine prodotta la versione finale del

1 Nel 1998 i Direttori Generali della Pubblica Amministrazione hanno creato uno steering group con il compito di gestire la cooperazione tra i 16 partner (15 stati membri più la Commissione) nel campo degli scambi e della cooperazione internazionale per lo sviluppo della Pubblica Amministrazione (Innovative

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CAF sottoposta anche a verifica mediante un progetto pilota presentato nel maggio 2000 durante la Prima Conferenza Europea sulla Qualità tenutasi a Lisbona2.

In tale occasione, i Direttori Generali della Funzione Pubblica hanno adottato una dichiarazione volta a incoraggiare l’utilizzo del CAF nelle Amministrazioni Pubbliche Europee come strumento di supporto alla cooperazione internazionale.

Nato come modello di TQM e basato sulla struttura dell’EFQM, il CAF trae origine dall’esigenza di uniformare il diverso grado di maturità delle amministrazioni pubbliche, non solo italiane ma anche europee, dotandole di uno strumento di primo approccio alla qualità agile e flessibile.

Leadership Risorse umane Politiche e strategie Collaborazioni esterne e risorse Processi Risultati delle gestione delle risorse umane Risultati relativi ai clienti Impatto sulla società Risultati chiave di performance Innovazione ed apprendimento

Fattori abilitanti Risultati

Leadership Risorse umane Politiche e strategie Collaborazioni esterne e risorse Processi Risultati delle gestione delle risorse umane Risultati relativi ai clienti Impatto sulla società Risultati chiave di performance Innovazione ed apprendimento

Fattori abilitanti Risultati

Il CAF è formato da nove diversi criteri, ovvero da cinque fattori abilitanti e

quattro risultati. Per ciascuno di essi viene fornita una definizione e vengono

descritte le sue implicazioni chiave per le istituzioni del settore pubblico. All’interno di ciascun criterio vengono proposti dei sottocriteri che rappresentano le diverse forme operative in cui esso viene, in pratica, applicato in un’organizzazione. Ciascun sottocriterio viene presentato sotto forma di quesito che necessita di una risposta. Il quesito, in pratica, è: “Come valuta la

2

L'ultima versione del CAF (versione 4) è stata testata, attraverso alcuni progetti pilota, da 14 organizzazioni pubbliche di 5 Stati membri che comprendevano i livelli centrali, regionali e locali della pubblica amministrazione e presentavano gradi diversi di utilizzo del quality management (grande esperienza o totale inesperienza).

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performance della sua organizzazione rispetto a questo sottocriterio?”. Nel testo del CAF, ogni sottocriterio elenca una serie di possibili indicatori/indicazioni che consentono di rispondere più facilmente alla domanda espressa dal sottocriterio. Va sottolineato che tali indicatori sono presentati solo per aiutare a comprendere che tipo di indicatori reali potrebbero essere impiegati per valutare se il sottocriterio viene soddisfatto o meno. In pratica, però, ciascuna organizzazione dovrebbe essere sollecitata ad individuare i propri indicatori. La cosa più importante è chiedersi se il sottocriterio è soddisfatto nella pratica e quali siano gli indicatori da individuare per valutare la correttezza della risposta. I quesiti hanno natura diversa a seconda del tipo di criterio.

I criteri sono di due tipi, quelli relativi ai fattori abilitanti (alla “capacità di agire” dell’organizzazione) e quelli che si riferiscono ai “risultati” prodotti dall’organizzazione. Nell’ambito della struttura del CAF i primi cinque criteri sono connessi alla valutazione della capacità di agire ossia alla valutazione della performance delle funzioni interne dell’organizzazione. I restanti quattro criteri sono connessi alla valutazione dei risultati, ossia ai prodotti/servizi realizzati e all’impatto esterno dell’organizzazione.

I criteri relativi alla capacità di agire sono i seguenti:

Leadership: in che modo la dirigenza (leader e manager) sviluppa e facilita il

raggiungimento di mission e vision dell'organizzazione pubblica; elabora i valori necessari al successo duraturo e ne sostiene l’attuazione attraverso azioni e comportamenti adeguati; assicura infine il proprio personale coinvolgimento nell’opera di sviluppo e attuazione del sistema di gestione dell’organizzazione.

Strategia e pianificazione: in che modo l’organizzazione dà corso alla propria strategia focalizzandola sui portatori d'interesse, con il supporto di adeguate

politiche, piani, obiettivi, traguardi e processi.

Gestione delle risorse umane: in che modo l’organizzazione gestisce e sviluppa

le competenze del proprio personale e ne consente la manifestazione del pieno potenziale a livello individuale, di gruppo e di organizzazione nel suo complesso; come pianifica tali attività per supportare le proprie politiche e strategie e l’efficace operatività del proprio personale.

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Partnership e risorse: in che modo l’organizzazione pianifica e gestisce le

proprie partnership e le proprie risorse interne, al fine di sostenere le proprie politiche e strategie, ed assicurare un’efficace operatività dei propri processi.

Processi e gestione del cambiamento: in che modo l’organizzazione gestisce e

migliora i propri processi con l’obiettivo di innovare e sostenere le proprie politiche e strategie, anche al fine di soddisfare pienamente i propri clienti e gli altri portatori d'interessi, generando per essi valore crescente.

I criteri relativi alla valutazione dei risultati sono i seguenti:

Risultati relativi al cliente-cittadino: quali sono i risultati che l'organizzazione

ottiene in relazione alla soddisfazione dei suoi clienti esterni.

Risultati relativi al personale: i risultati che l'organizzazione ottiene in relazione

alla soddisfazione del suo personale.

Risultati relativi all’impatto sulla società: ciò che l'organizzazione ottiene in

relazione alla soddisfazione dei bisogni e delle aspettative della comunità locale, nazionale ed internazionale nell’accezione più ampia. Ciò include la percezione dell’approccio dell’organizzazione, nei riguardi della qualità della vita, dell’ambiente e della conservazione delle risorse globali, e la percezione dei livelli di efficacia interna, comprendendo i rapporti con le autorità e le corporazioni che riguardano e regolano le attività dell’organizzazione.

Risultati delle performance chiave: ciò che l'organizzazione ottiene in relazione

al suo mandato nonché ai suoi obiettivi specifici e nei confronti della soddisfazione dei bisogni e delle aspettative di tutti coloro che possiedono un interesse finanziario o di altra natura nell’organizzazione.

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Il CAF si propone di:

1) sostenere quegli amministratori pubblici che desiderino migliorare le proprie capacità manageriali e che siano interessati ad applicare il Quality Management nella propria organizzazione;

2) rappresentare un "ponte" di collegamento tra i vari modelli e metodologie utilizzate nel Quality Management nell'ambito della pubblica amministrazione dei diversi paesi dell'UE, introducendo indicatori confrontabili tra i risultati prodotti dai diversi sistemi;

3) consentire l'avvio di studi di benchmarking tra le organizzazioni del settore pubblico per trovare il miglior modo di fare le cose, partendo dal confronto delle performance e conducendo un confronto strutturato degli approcci adottati dalle amministrazioni che si confrontano con i diversi fattori organizzativi rappresentati nella parte sinistra del modello.

Nella sua struttura di base il CAF incorpora le principali caratteristiche sia del modello EFQM che del modello Speyer ed è arricchito anche degli adattamenti del modello EFQM messi a punto in alcuni Stati membri dell'UE (in particolare nel Regno Unito e in Danimarca).

Le sue caratteristiche distintive, che ne fanno i suoi punti di forza, risiedono nella pertinenza e adeguatezza del modello rispetto alle caratteristiche specifiche delle organizzazioni nel settore pubblico, e nella compatibilità con i principali modelli di TQM utilizzati sia nella pubblica amministrazione che nelle organizzazioni private in Europa. Inoltre, in una logica di miglioramento continuo, ed in funzione degli obiettivi per cui è stato pensato, il CAF costituisce uno strumento assai significativo se il suo utilizzo è accompagnato da azioni di miglioramento pianificate e sottoposte a costante monitoraggio secondo il ciclo PDCA. Se integrato in questo ciclo il CAF può rappresentare:

ƒ un mezzo per focalizzare le azioni di miglioramento dove c'è maggiore necessità;

ƒ un mezzo per stimolare l'entusiasmo tra i dipendenti coinvolgendoli nel processo di miglioramento;

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Non è infine da sottovalutare la capacità del CAF di favorire il benchmarking. Essendo basato su un set di criteri ampiamente condivisi a livello europeo esso rappresenta un'opportunità per promuovere e condividere le buone prassi, sviluppate all'interno di differenti aree di un'organizzazione. Idealmente un numero più elevato di applicazioni (attualmente a livello europeo sono circa 250) dovrebbe favorire la ricerca dei confronti più utili attraverso l’individuazione di quelle organizzazioni che hanno conseguito risultati eccellenti relativamente a particolari aspetti organizzativi.

Riferimenti

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