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Introduzione ed obiettivi della tesi

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Academic year: 2021

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Introduzione ed obiettivi della tesi

1.1 Generalità sui motori a propulsione chimica

Gran parte della propulsione spaziale è attualmente ottenuta sfruttando lo sviluppo di energia dalla reazione chimica di uno o più propellenti per generare gas a temperature molto elevate. Successivamente questi gas sono espansi in un ugello ed espulsi ad alta velocità. A seconda dello stato fisico dei propellenti è possibile dividere in varie classi i motori a propulsione chimica; a ciascuna di esse competerà un certo livello di impulso specifico, definito come il rapporto tra la spinta fornita e la portata ponderale del propellente utilizzato.

Motori a propellente liquido: possono essere a loro volta suddivisi in motori monopropellente e bipropellente. I primi sfruttano la decomposizione di un unico

propellente, attivata dalla superficie di un catalizzatore, per generare gas ad alta

temperatura (figura 1.1). I propellenti più utilizzati sono idrazina (N2H4) e perossido di

idrogeno (H2O2), ottenendo impulsi specifici intorno ai 230-240 s per la prima sostanza,

130-190 s per la seconda (valori influenzati dalla concentrazione iniziale).

gas di scarico

protettivo

schermo schermo intermedio letti catalitici iniettore alimentazione iniettore idrazina filtro valvola corpo

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I motori bipropellente sfruttano la reazione di combustione ad alta temperatura tra due sostanze liquide (combustibile ed ossidante) per generare gas che possono raggiungere temperature fino a 4000 °C. La pressurizzazione dei propellenti può avvenire mediante gas pressurizzante o tramite una turbopompa (figura 1.2).

gas riempimento Valvola pressione gas alta Valvola propellenti Valvole Camera di combustione Filtro scarico Valvola serbatoio sfiato Valvola pressione gas ad alta Serbatoio combustibile Serbatoio ossidante Serbatoio pressione Regolatore Valvole di controllo

Figura 1. 2 – Schema di endoreattore bipropellente pressurizzato a gas.

Di seguito si riportano le combinazioni combustibile-ossidante più utilizzate e i valori massimi dell’impulso specifico ottenuto (caso ideale), in realtà dipendente dal rapporto di miscelazione dei due propellenti:

Combustibile

Ossidante

Impulso specifico, s

Idrazina (N2H4) Tetrossido di azoto (NTO) 310

Monometilidrazina (MMH) Tetrossido di azoto (NTO) 342

RP1 Ossigeno (LO2) 358

Idrogeno (LH2) Ossigeno (LO2) 455

Idrogeno (LH2) Fluoro (LF2) 546

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Motori a propellente solido: il propellente solido, o grano, è contenuto nella camera di

combustione e contiene tutti gli elementi chimici per una combustione completa (Fig. 1.3). Tali motori consentono di regolare l’andamento della spinta (progressivo, neutro, regressivo), ma non è possibile ottenere un comportamento pulsato. L’impulso specifico ideale di questo tipo di motori è in genere più basso rispetto a quello dei razzi a liquido, non superando i 270 s. struttura metallica accenditore connettore elettrico flangia di attacco ugello propellente

Figura 1. 3 - Schema di endoreattore a propellente solido.

Motori a propellente ibrido: un agente ossidante liquido è iniettato nella camera di

combustione dove reagisce chimicamente con un grano solido di combustibile (figura 1.4). Consentono il controllo della spinta e forniscono un impulso specifico maggiore rispetto ai razzi al solido, a spese di una maggiore complessità.

ugello grano solido iniettore ossidante valvola ossidante liquido regolatore pressurizzantegas

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1.2 Utilizzo del perossido di idrogeno nella propulsione spaziale

Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un rinnovato interesse riguardo all’utilizzo del perossido di idrogeno come propellente per motori a razzo. Questo è da attribuirsi essenzialmente all’intenzione di limitare il più possibile i costi operativi nella fase di preparazione a terra. Nel campo dei monopropellenti, infatti, esistono soluzioni alternative al perossido di idrogeno che offrono prestazioni migliori in termini di impulso specifico. La principale di queste è costituita dall’idrazina, largamente utilizzata a partire dagli anni ‘50, ma che presenta il grave inconveniente di essere una sostanza cancerogena ed estremamente tossica. Ciò si traduce in costi operativi molto elevati, volti a garantire assoluta sicurezza nelle fasi di stoccaggio e manipolazione del propellente. Tali costi vengono sensibilmente ridotti nel caso del perossido di idrogeno, che pur essendo una sostanza molto corrosiva (soprattutto alle elevate concentrazioni), è classificata come non cancerogena e poco tossica. Prendendo come missione di riferimento l’inserzione in un’orbita LEO di una costellazione di 10 satelliti, uno studio [3] mostra che, sostituendo l’idrazina con uno dei cosiddetti propellenti verdi (oltre al perossido di idrogeno citiamo l’HFN, l’ADN e l’HAN), si può risparmiare in termini di costi ricorrenti fino a 2.3-2.6 milioni di Euro. La semplificazione della procedura che precede il lancio permetterebbe un ulteriore risparmio in termini di tempo che va dai 7 ai 14 giorni.

L’attuale tendenza a ridurre le dimensioni dei satelliti (figura 1.5) costituisce un ulteriore motivo di interesse verso il perossido di idrogeno: esso può essere utilizzato sia come monopropellente sia come ossidante in motori bipropellente liquidi o in motori ibridi. Le prestazioni ottenibili nelle diverse configurazioni rendono attraente l’utilizzo del perossido di idrogeno per missioni come controllo di assetto, mantenimento orbitale, controllo di reazione e manovre orbitali.

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Una simulazione di flusso di cassa realizzata da Alta S.p.A., effettuata considerando gli aspetti di mercato generale e le specifiche opportunità di applicazione, ha mostrato che:

• considerando la sola linea di prodotto monopropellente (MP) si stima di raggiungere il break-even point nei primi 7 anni

• considerando le due linee di prodotto, monopropellente e bipropellente ibrida (MP+BP), con avvio dello sviluppo della linea bipropellente ritardato di 4 anni, si stima di raggiungere il break-even point nei primi 8 anni.

I risultati di tale analisi sono mostrati nella figura seguente.

Figura 1. 6 Risultati della simulazione finanziaria di Alta sullo sviluppo e la produzione di endoreattori a perossido di idrogeno.

Infine il fatto che circa il 90% dei microsatelliti (massa inferiore ai 100 Kg) sia progettato a limite volumetrico costituisce un ulteriore spinta verso l’utilizzo per la piccola propulsione del perossido di idrogeno che, come vedremo meglio in seguito, è

caratterizzato da densità elevata (1.4 Kg/dm3).

1.2.1 Cenni storici

Il primo ad utilizzare il perossido di idrogeno come propellente fu il tedesco Hellmuth Walter, che lo propose nel 1933 e che realizzò nel 1938 il motore per il decollo assistito dell’Heinkel He 176. Il suo dispositivo prevedeva la decomposizione di perossido di idrogeno in concentrazioni dell’ 80% tramite iniezione liquida di sali di permanganato. Il suo lavoro portò alla produzione del generatore di gas per la turbopompa del missile balistico V-2, che rappresenta una delle applicazioni storiche più importanti del perossido di idrogeno (figura 1.7).

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Figura 1. 7 Vista esplosa del motore del V-2.

I motori tedeschi furono utilizzati nel Regno Unito come base di partenza per il progetto dello Sprite (un altro motore per il decollo assistito), fino a che l’esperienza britannica sfociò nella realizzazione del Gamma 201. Questi motori costituirono il sistema propulsivo del lanciatore monostadio Black Knight, che compì 22 voli tra il 1958 e il 1965. Essi utilizzavano perossido di idrogeno all’85% decomposto attraverso un letto catalitico a schermi di argento; i gas prodotti seguivano un processo di combustione con kerosene con rapporto di miscelazione 8:1.

Gli Stati Uniti cominciarono a servirsi del perossido di idrogeno attorno al 1950 come propellente per il siluro MK 16 per poi utilizzarlo a bordo degli aerei sperimentali della

serie X. L’X-1, ad esempio, utilizzava H2O2 al 90% per il controllo di reazione e per il

trascinamento delle pompe del motore principale, mentre l’X-15 se ne serviva anche per il controllo di assetto.

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Fino agli anni ’60 il perossido di idrogeno fu utilizzato in molte applicazioni, soprattutto per il controllo di reazione e nei generatori di gas per turbopompe come quello

del Redstone, il cui letto catalitico decomponeva H2O2 al 76% attraverso sfere di carburo

di silicio impregnate con permanganato di calcio.

Dal 1960 al 1980, e soprattutto durante la guerra fredda, aspetti come costi operativi e tossicità furono trascurati alla ricerca delle prestazioni migliori. Si scelse di puntare soprattutto sull’ ossigeno liquido e, nel campo dei propellenti non criogenici, sulla miscela ipergolica tetrossido di azoto-idrazina. Tra il 1985 e il 1987 il perossido di idrogeno non venne praticamente utilizzato per la propulsione negli Stati Uniti.

A partire dal 1990 il bisogno di propellenti a basso costo, non tossici ed ecologici porta nuovamente alla ribalta il perossido di idrogeno. [4]

A conclusione dell’argomento riportiamo alcune specifiche di progetto per i già citati motori Gamma e Sprite e per l’ AR2, un motore sviluppato negli Stati Uniti negli anni ’50.

GAMMA AR2 SPRITE

H2O2 85% 90% 85%

Combustibile Kerosene JP-4 Kerosene

Spinta (N) 72950 26690 18683

O/F 7.5 7 20

Carico sul catalizzatore (g/cm2/s) 26 24.6 -

Pressione in camera (atm) 29.6 38.1 17

Rapporto di contrazione 7 10 4

Portata H2O2 (Kg/s) 32 9.75 -

Portata combustibile (Kg/s) 4.27 1.4

Impulso specifico (s) 265 245

Tabella 1.2 Specifiche di alcuni dei motori a perossido di idrogeno sviluppati in passato [5].

1.2.2 Applicazioni correnti del perossido di idrogeno

Attualmente i progetti più interessanti sono seguiti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: • Spacecraft Reaction Control : il Lawrence Livermore National Laboratory sta

lavorando a micro-propulsori da 27 N che operano con H2O2 all’85%.

• Upper Stage Main Propulsion : l’ Orbital Science Corporation sta sviluppando un motore bi-propellente da 45000 N per la propulsione dello stadio finale.

• Lanciatore Commerciale BA-2 : la Beal Aerospace ha l’ambizioso programma di una piattaforma di lancio che utilizza in ogni stadio perossido di idrogeno e kerosene JP. Una volta completato, il primo stadio fornirà una spinta superiore alle 1500 tonnellate.

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• Ricerca e Sviluppo della Formulazione di un Combustibile Ipergolico: La Naval Air Warfare Weapons (NAWC) sta conducendo ricerche con varie formulazioni di combustibile per sviluppare l’autoaccensione con perossido di idrogeno.

Ricerca su Razzi Ibridi : dal 1991 la Purdue University e la University at Surrey

stanno conducendo ricerche su letti catalitici, formulazioni ipergoliche e motori

ibridi.

1.3 Endoreattori a perossido di idrogeno

Il principio di funzionamento di un motore monopropellente è relativamente semplice: perossido di idrogeno ad elevate concentrazioni (85%-95%), inizialmente tenuto in un serbatoio pressurizzato, viene inviato alla camera di decomposizione tramite un sistema di alimentazione ed un iniettore, che ha il compito di creare una distribuzione uniforme sul letto catalitico. Venendo a contatto con la superficie attiva del catalizzatore, il perossido di idrogeno si decompone esotermicamente secondo la seguente reazione:

2 2 2 2

1

H O (l) H O(g) O (g) 98 kJ / mol (2880 kJ / kg)

2

↔ + +

Nella configurazione monopropellente la miscela di vapor d’acqua e di ossigeno gassoso ad alta temperatura così creata viene fatta espandere in un ugello convergente-divergente e quindi espulsa ad alta velocità, producendo la spinta desiderata. Per migliorare l’impulso specifico si può utilizzare la miscela gassosa in un processo di combustione con un combustibile liquido come il kerosene (configurazione bipropellente) oppure in una reazione chimica con del grano solido (configurazione ibrida). Ad esempio l’introduzione di un idrocarburo come il JP in un ambiente ricco di vapori di ossigeno ad alta temperatura comporta una combustione ipergolica e rilascio di calore, senza il requisito di un sistema di innesco.

1.4 Obiettivi del lavoro di tesi

L’obiettivo principale dello studio è stato la ricerca delle tecnologie necessarie alla realizzazione di endoreattori monopropellente a perossido di idrogeno a bassa spinta e del banco di prova con cui effettuare la sperimentazione. Le specifiche quantitative dalle quali si è partiti per la progettazione sono di seguito elencate (configurazione monopropellente):

• Spinta: 10÷30 N

• Impulso totale: 5000÷10000 N s

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• Numero di cicli termici: ≥ 10

• Numero di impulsi di spinta: ≥1000

• Ripetibilità degli impulsi di spinta: ± 3%

• Durata dell’impulso di spinta: ≥1 s

Trattandosi di dimostratori tecnologici con scopi di ricerca e sviluppo, e non di prototipi orientati all’applicazione per il volo, non sono state imposte specifiche sulla massa e sul consumo di potenza elettrica.

Nei capitoli che seguono saranno trattati gli aspetti derivanti dall’analisi del problema: • caratteristiche del perossido di idrogeno: proprietà chimiche, termodinamiche e

termochimiche

• manipolazione e stoccaggio in sicurezza del perossido di idrogeno • analisi preliminare delle prestazioni dell’endoreattore

• dimensionamento e configurazione dell’impianto di approvvigionamento del propellente

• dimensionamento e configurazione del banco di prova • caratteristiche di un catalizzatore a schermi

1.5 Riferimenti

[1] J.R. Wertz, W.J. Larson, Space Mission Analysis and Design, Space Technology

Library, 1999.

[2] G.P. Sutton, Rocket Propulsion Elements, John Wiley & Sons, 1992.

[3] V. Bombelli, T. Marée, J.L. Moerel, D. Simon, Economic Benefits of the Use of

Non-Toxic Monopropellants for Spacecraft Applications, AIAA Paper 2003-47,

39th AIAA/ASME/SAE/ASEE Joint Propulsion Conference, Huntsville, USA,

July 2003.

[4] M. Ventura, G. Garboden, A Brief History of Concentrated Hydrogen Peroxide

Uses, AIAA Paper 99-2739, 35th AIAA/ASME/SAE/ASEE Joint Propulsion

Conference, Los Angeles, USA, June 1999.

[5] R.P. Fuller, P.W. Morlan, Development of a Pressure-Fed Rocket Engine Using

Hydrogen Peroxide and JP-8, AIAA Paper 99-2877, 35th AIAA/ASME/SAE/

ASEE Joint Propulsion Conference, Los Angeles, USA, June 1999.

[6] M.Ventura, P.Mullens, The Use of Hydrogen Peroxide for Propulsion and Power,

AIAA Paper 99-2880, , 35th AIAA/ASME/SAE/ASEE Joint Propulsion

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Figura

Figura 1. 1 - Schema di endoreattore monopropellente ad idrazina.
Figura 1. 2 – Schema di endoreattore bipropellente pressurizzato a gas.
Figura 1. 4 - Schema di endoreattore ibrido.
Figura 1. 5 Andamento delle dimensioni dei satelliti lanciati.
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