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1.1. PREMESSA 1. INTRODUZIONE

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

1.1. PREMESSA

Nell’area compresa all’interno del bacino del Fiume Serchio (provincia di Lucca), fin dagli anni ’80, è stato avviato un progetto di studio sulla stabilità dei versanti. Tutta l’area, infatti, è caratterizzata da fenomeni di instabilità che hanno un forte impatto sull’ambiente naturale e antropico e che possono essere ricondotti al concatenarsi di vari eventi, ma, fondamentalmente, a due cause principali: a frequenti eventi sismici e alle particolari condizioni morfo-climatiche.

Il territorio del bacino del Serchio è strutturalmente riconducibile ad un’ampia depressione tettonica compresa tra le Apuane, ad Ovest, e l’Appennino Tosco-Emiliano, ad Est. Tale area è, ancora oggi, soggetta ad un parziale regime tettonico distensivo (Nardi, 1981, Nardi et al., 1987a), che può dar luogo a sismi di intensità variabile. Questo aspetto è, da tempo, oggetto di studio del Progetto VEL (Valutazione degli Effetti Locali) che ha come obiettivi la riduzione del rischio sismico in circa 60 centri della Garfagnana e della Lunigiana e l’individuazione di aree a comportamento omogeneo sotto il profilo della risposta sismica locale, attraverso indagini geotecniche e geofisiche in situ e geotecniche di laboratorio (Lo Presti et al., 2000; Cancelli et al., 2002).

Dal punto di vista morfo-climatico si può affermare, inoltre, che l’area del bacino del Serchio, per ubicazione geografica e configurazione morfologica, è frequentemente soggetta a eventi metereologici intensi e/o prolungati: possono, infatti, essere raggiunti e superati i 3.000-4.000 mm annui, che sono tra i valori più elevati in Italia (D’Amato Avanzi et al., 2000, Giannecchini, 2006). A seguito di

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tali eventi meteorici i versanti risultano spesso interessati da dissesti che coinvolgono la coltre di terreno più superficiale (De Luca et al., 1996). Per quanto riguarda gli eventi meteorici calamitosi che si sono verificati più di recente nel bacino, si possono ricordare quelli dell’11-22 Luglio del 1992, 4-9 Novembre del 1994, 19 Giugno 1996, Settembre-Ottobre 1998 e gli episodi dell’autunno del 2000, che hanno interessato diverse aree della provincia di Lucca provocando numerosi eventi franosi e alluvionali (D’amato Avanzi et al., 2000).

La valutazione del rischio di frana, nell’area in esame, assume, quindi, una particolare rilevanza, sia dal punto di vista della pianificazione territoriale, che in funzione della densità di popolazione e della forte antropizzazione (Nardi et al., 1986; 1987a; Dallan et al., 1991; D’Amato Avanzi et al., 1999a).

Dagli studi di D’Amato Avanzi et al. (1995) risulta, inoltre, che il maggior numero di movimenti franosi si verifica in rocce di tipo argillitico, rocce arenacee (Macigno), spesso alterate e fratturate, e nei depositi detritici (Cancelli et al., 2002; Nardi et al., 1987a; 1987b; D’Amato Avanzi et al., 1999a).

Le coperture eluvio-colluviali del Macigno, in particolare, sono rappresentate da materiali eterogenei, prevalentemente sabbiosi, ma che contengono percentuali variabili di altri materiali quali limo, argilla, ghiaia e clasti di dimensioni variabili. Tali coperture caratterizzano buona parte dei versanti delle aree collinari-montuose del bacino e si originano dai processi chimico-fisici che portano all’alterazione del Macigno. In particolare, l’evento alluvionale del Novembre 2000 interessò un’area caratterizzata da una prevalenza di affioramenti di Macigno e versanti arenacei con coperture detritiche eluvio-colluviali, di potenza variabile da qualche metro a una decina di metri (D’Amato Avanzi et al , 2000; Banducci et al., 2005).

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Lo studio delle caratteristiche fisico-meccaniche delle coperture del Macigno riveste un ruolo di notevole importanza per la comprensione dei fattori che contribuiscono maggiormente ai fenomeni di instabilità, sia in caso di eventi alluvionali che sismici, tipici del bacino del fiume Serchio.

Lo studio delle caratteristiche geotecniche delle coperture eluvio-colluviali può essere eseguito con metodologie di indagine diverse, tra cui, prove dirette e/o indirette in situ e prove di laboratorio. La tipologia di indagini geognostiche, ad oggi più in uso, per la ricostruzione del modello geotecnico e la determinazione di parametri caratteristici del suolo, da parte di enti pubblici e privati e liberi professionisti, sono le prove penetrometriche dinamiche, nonostante siano prove i cui risultati possono essere correlati solo indirettamente, attraverso relazioni empiriche, alle caratteristiche fisico-meccaniche dei materiali indagati. La scelta di questo tipo di indagini rispetto ad altre, quali prove dirette di laboratorio, la cui affidabilità è ormai ampiamente accertata, dipende principalmente da una questione di costi e di tempi di analisi, ma anche dalla possibilità di ottenere un dato continuo e non solo puntuale o da difficoltà logistiche. Sul mercato sono, poi, disponibili una serie di modelli di penetrometro, classificati secondo le dimensioni e il peso del maglio. La scelta del modello da utilizzare dipende spesso dai problemi di accessibilità dell’area e quindi, solitamente, viene preferito un penetrometro di tipo medio rispetto ad un pesante o un super-pesante (capitolo 4), secondo alcuni, a scapito dell’affidabilità dei risultati. Talvolta, poi, ancora oggi alcuni geologi, sempre per una questione di costi e pressioni di clienti e/o progettisti, utilizzano il penetrometro dinamico leggero che, ormai da tempo, è stato definito fonte di risultati fuorvianti e inadatto ad effettuare misure corrette specie per alcune

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litologie, come di recente sottolineato fortemente dal Presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana (D’Oriano, 2007).

Nasce quindi l’esigenza di stimare l’effettiva validità delle prove penetrometriche dinamiche medie, pesanti e super-pesanti, necessarie, nell’ambito di questo studio, per la caratterizzazione delle coperture del Macigno nel bacino del Fiume Serchio.

1.2. SCOPO DELLA TESI

L’obiettivo principale di questa tesi di laurea è, in primo luogo, la caratterizzazione, dal punto di vista geologico-tecnico, delle coperture del Macigno, tipiche del bacino del Serchio. In particolare sono stati ricercati parametri quali angolo di attrito di picco dei materiali e la loro densità relativa. Questa analisi, in base alla tipologia dei dati disponibili, si è basata principalmente sui risultati ottenuti da prove penetrometriche dinamiche.

Si è quindi, dapprima, cercato di dimostrare, attraverso il confronto con i risultati di prove SPT e prove di laboratorio, eseguite sulle medesime coperture, la validità di questa tipologia di indagini geognostiche. Si è, inoltre, ricercato un metodo di correlazione efficace per lo studio delle coperture del Macigno. In particolare abbiamo valutato la bontà di una metodologia specifica per materiali granulari tipo sabbie. I risultati ottenuti in questa prima fase sono stati poi ulteriormente confrontati e validati attraverso indagini di stabilità di versante.

Infine, attraverso questa analisi di stabilità e un’analisi di sensibilità, si è cercato di valutare le principali condizioni per cui si possono sviluppare fenomeni di instabilità nelle coperture del Macigno che caratterizzano i versanti delle aree collinari-montuose del bacino del Serchio, e come ciascuna variabile analizzata influisca, sinergicamente con le altre, sulla stabilità di tali coperture.

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