• Non ci sono risultati.

3.1.Commisione contro Francia, Segers

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "3.1.Commisione contro Francia, Segers"

Copied!
37
0
0

Testo completo

(1)

70

CAPITOLO III- La libertà di stabilimento delle persone giuridiche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

3.1.Commisione contro Francia, Segers (1986)

Il presente capitolo si occuperà di ricostruire il concetto di libertà di stabilimento delle persone giuridiche attraverso i casi che riguardano più direttamente episodi di mobilità internazionale di società, la cui decisione ha contribuito a definire con più precisione i contenuti del principio in questione valutando aspetti specifici delle discipline nazionali degli Stati membri, come il trattamento fiscale oppure, come vedremo, la legittimazione attiva in giudizio. L’approccio della Corte di Giustizia adottato nella decisione dei casi in questione è, in linea generale, caratterizzato dalla valutazione della disciplina nazionale per quel che riguarda gli effetti che essa produce nel caso di specie, siano essi inerenti ad aspetti di diritto sostanziale, ovvero a problematiche internazional-privatistiche1.

I primi due casi che verranno esaminati ai fini della nostra trattazione risalgono al 1986 e li tratteremo congiuntamente per le affinità che essi presentano, dato che entrambi attengono alla libertà di stabilimento secondario e la decisione del secondo dei casi in questione, ossia del cd. caso Segers2 , inerente

1

Secondo F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 92, «non solo le norme di conflitto, ma anche le norme sostanziali (...) possono rappresentare ostacoli irragionevoli alla libertà di stabilimento. L’art. 54 TFUE infatti non contiene una norma di diritto internazionale privato che autonomamente richiami l’applicazione della legge di uno Stato membro determinato, bensì semplicemente rimette agli Stati membri il compito di “creare” gli enti giuridici e poi attribuisce loro la libertà di stabilimento».

2 Sentenza del 10 luglio 1986, Causa C 79/85, D.H. M. Segers vs. Bestuur van de Bedrijfsvereniging voor Banken Verzekeringswezen, Groothandel en Vrije Beroepen.

(2)

71

ad un diverso aspetto connesso alla libertà di stabilimento secondario di cui diremo meglio nel prosieguo, si rifà all’orientamento espresso nella decisione del caso Commissione contro Francia3.

Per quanto riguarda in particolare quest’ultima decisione, essa prende le mosse da un ricorso per infrazione proposto dalla Commissione nei confronti dello Stato francese, accolto dalla Corte di Giustizia. Il ricorso in questione segnalava in particolare una violazione del principio della libertà di stabilimento secondario perpetrata dallo Stato francese ai danni delle imprese straniere, in quanto alle succursali presenti sul territorio francese, che però facevano capo a società costituite in altri stati europei non era concesso il credito fiscale di cui invece potevano usufruire le società costituite in Francia. Come si legge nelle considerazioni della Commissione riportate all’interno della sentenza stessa4, la discriminazione ai danni delle società straniere si sostanzia nel fatto che «per la stessa attività, una società di diritto francese e una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro sono soggette a regimi fiscali diversi».

Il trattamento discriminatorio, come sostenuto dalla stessa Corte, produceva di fatto il risultato di disincentivare la costituzione di sedi secondarie sul territorio francese, costituendo una restrizione indiretta della libertà di stabilimento contraria ai principi fissati dal Trattato in quanto ostativa della realizzazione in concreto del diritto stabilito. Infatti, come precisato dalla sentenza ai punti 19 e 20, in questo caso il trattamento si configura discriminatorio poiché le imprese succursali di società aventi sede legale fuori dal territorio francese e le imprese aventi sede in Francia sono trattate in maniera analoga per la tassazione dei profitti ma non per il conseguimento del vantaggio costituito dal credito di imposta. Perciò, anche se non veniva espressamente limitata la possibilità di stabilire succursali in territorio francese attraverso la normativa in questione, che si riferiva esclusivamente ai vantaggi di imposta, di fatto le previsioni in

3

Sentenza del 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.

4

(3)

72

questione, applicando un trattamento diverso in base alla nazionalità della società, producevano indirettamente tale restrizione della libertà di stabilimento secondario.

Un punto di importanza fondamentale è costituito dal fatto che la Corte realizzi espressamente un parallelismo tra la libertà di stabilimento sancita per le persone fisiche e la libertà di stabilimento delle persone giuridiche, in particolare considerando l’aspetto della personalità giuridica come equivalente alla cittadinanza:

«Per le società, è importante rilevare in questo contesto che la loro sede (…) serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato. Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto questa disposizione»5.

Occorre inoltre sottolineare, in merito, che il punto citato della sentenza non rappresenta una presa di posizione della Corte a favore di uno dei criteri di collegamento internazional-privatistici, ai quali abbiamo accennato nel primo capitolo: non viene infatti accordata alcuna né al criterio della sede reale né al criterio dell’incorporazione. Ci si limita a considerare le persone giuridiche equivalenti alle persone fisiche ai fini della previsione in materia di libertà di stabilimento, considerando cittadinanza e personalità giuridica come criteri per definire l’appartenenza o la non appartenenza ad uno degli Stati membri, rispettivamente per quanto riguarda persone fisiche e persone giuridiche.

L’altro caso riguardante la libertà di stabilimento secondario affrontato a pochi mesi di distanza dal caso Commissione contro Francia vede un cittadino olandese, Segers, proporre ricorso alla Corte contestando il rifiuto oppostogli dalle autorità olandesi di applicare il generale regime vigente per i cittadini in materia

5

(4)

73

di assicurazione di malattia, sostenendo che il signor Segers non poteva beneficiare dell’erogazione di tali prestazioni in quanto amministratore di una società inglese da lui acquistata insieme alla moglie, la quale aveva aperto una propria succursale nei Paesi Bassi che di fatto svolgeva la totalità delle attività della società in questione, che rimaneva non operativa nello stato inglese. Le competenti autorità olandesi, infatti, sostenevano che le previsioni europee in materia di libertà di stabilimento non si applicassero al caso in questione, poiché esse non prescrivono di equiparare società nazionali a società straniere. Inoltre, ai fini dell’applicazione delle norme nazionali in materia di assicurazione sanitaria, secondo le autorità olandesi, i due tipi di società non sarebbero paragonabili: «infatti, tutti coloro che costituiscono una società di diritto olandese sarebbero soggetti alle stesse condizioni per quel che riguarda l’assicurazione, indipendentemente dalla cittadinanza o dal luogo di stabilimento»6.

Le autorità olandesi adducono, inoltre, a giustificazione del diverso trattamento applicato agli amministratori di società straniere, ragioni legate alla prevenzione di abusi e alla «adeguata attuazione della normativa previdenziale olandese»7.

La Commissione, al contrario, sostiene che una società straniera, considerati gli articoli del Trattato in materia di libertà di stabilimento8, dovrebbe poter essere generalmente in grado di svolgere la propria attività nei Paesi bassi così come le società olandesi vi svolgono la propria, e ciò comprenderebbe anche l’aspetto specifico della possibilità per gli amministratori di tali società straniere di usufruire del regime nazionale di malattia9.

La Corte di Giustizia decide la questione partendo dal presupposto che si tratti di un caso inerente alla libertà di stabilimento secondario, nonostante il fatto che l’attività svolta in Olanda fosse in realtà primaria e non secondaria, poiché la

6 Segers, punto 9. 7 Segers, punto 10. 8

Articoli 52 e ss. del Trattato Cee, oggi artt. 49 e ss. del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

9

(5)

74

società inglese alla quale la succursale olandese faceva formalmente capo in realtà non svolgeva alcun tipo di attività e rimaneva semplicemente una società- contenitore.

Il caso è deciso riprendendo l’orientamento espresso nella precedente sentenza sul caso Commissione contro Francia, ribadendo il principio secondo il quale la libertà di stabilimento delle persone giuridiche comprenderebbe, per gli enti che soddisfano i requisiti previsti dal Trattato (sede sociale, amministrazione centrale ovvero centro della propria attività principale in uno degli Stati membri), «il diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro tramite un’agenzia, una succursale o una filiale»10. Viene inoltre ripresa al medesimo punto l’equiparazione tra sede delle persone giuridiche e cittadinanza per le persone fisiche come criterio per determinare l’appartenenza o la non appartenenza a uno Stato membro.

La Corte di Giustizia ha poi precisato che i requisiti indicati per l’esercizio della libertà di stabilimento secondario non comprendono alcuna ulteriore indagine sulle modalità di svolgimento dell’attività della succursale e in particolare non rileva il fatto che la sede primaria della società di fatto non svolga alcun tipo di attività, come lamentato dalle competenti autorità dello Stato olandese che avevano negato l’applicazione del regime nazionale di assicurazione di malattia11.

Costituisce un ulteriore corollario del diritto di costituzione di sedi secondarie all’estero il fatto che, una volta costituita la filiale in uno Stato membro diverso, i vantaggi che derivano da tale previsione non possono essere negati alla succursale straniera12, altrimenti la previsione del trattato sarebbe svuotata di contenuto e, alla luce di tale principio, la Corte di Giustizia si esprime stabilendo che «la discriminazione del personale sotto il profilo della tutela

10

Segers, punto 13. 11

Segers, punto 16: «se queste condizioni sono soddisfatte, il fatto che la società svolga la propria attività mediante un’agenzia, una succursale o una filiale, solo in un altro Stato membro è irrilevante».

12

(6)

75

previdenziale restringe (…) indirettamente la libertà di uno Stato membro di stabilirsi tramite un’agenzia, una succursale o una filiale, nello Stato membro di cui trattasi»13.

In merito alla prevenzione di abusi e alla tutela della corretta applicazione della disciplina nazionale di assicurazione di malattia invocate dalle autorità olandesi a giustificazione della differenza di trattamento riservata ad amministratori di società straniere in materia di assicurazione di malattia, la Corte di Giustizia risponde osservando che le limitazioni alla libertà di stabilimento di una persona giuridica idonee a giustificare l’applicazione di un regime diverso alle società costituite secondo il diritto un diverso Stato membro debbano essere giustificate «da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di pubblica sanità», conformemente stabilito dall’allora articolo 56 del Trattato Cee, oggi articolo 52 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Ciò non significa che in assoluto debba essere esclusa la legittimità di misure incidenti sulla libertà di stabilimento in senso restrittivo qualora giustificate da una delle ragioni previste dal Trattato, ciononostante negare le prestazioni di malattia ad un amministratore di società straniera non è considerata dalla Corte di Giustizia una misura adeguata come una restrizione inadeguata rispetto allo scopo di combattere operazioni fraudolente14.

L’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nelle due pronunce considerate, dunque, è quello di considerare restrizioni indirette della libertà di stabilimento le normative nazionali che, pur disciplinando aspetti apparentemente svincolati dalla questione dell’insediamento di una società presso uno Stato membro diverso da quello di costituzione, possono rappresentare un disincentivo per le società che intendono svolgere la loro attività all’estero avvalendosi di succursali, filiali e agenzie. In generale possiamo dunque sostenere che all’interno delle pronunce analizzate la Corte di Giustizia mostra perciò un particolare favor nei confronti dei soggetti che intendono avvalersi della libertà di stabilimento,

13 Segers, punto 15. 14

(7)

76

soprattutto in ragione dell’interpretazione restrittiva delle previsioni del Trattato che legittimano l’applicazione di restrizioni alla libertà di stabilimento delle persone giuridiche, in particolare considerando come illegittime restrizioni indirette quelle costituite rispettivamente dalla mancata concessione di contributi di imposta a succursali di società straniere (Commissione contro Francia) e dalla mancata applicazione del regime di malattia previsto per i cittadini olandesi ad amministratori di società straniere (Segers)15.

3.2. Daily Mail (1988)

La libertà di stabilimento ha costituito nuovamente oggetto di decisione da parte della Corte di Giustizia nel 1988, anno in cui è presentato alla sua attenzione il cd. caso Daily Mail16. Il caso di specie non rappresenta una questione relativa al diritto di stabilimento secondario, bensì costituisce elemento di discussione l’esistenza ovvero la non esistenza di un effettivo diritto di stabilimento primario da realizzare non mediante apertura di agenzie, filiali o succursali, bensì mediante il trasferimento della sede legale di una società verso uno Stato membro da quello di costituzione, senza che ciò dia luogo allo scioglimento e alla nuova costituzione della società. Il caso della società Daily Mail presenta tuttavia una particolarità che fa sì che non possa essere considerato un vero e proprio caso relativo al trasferimento transfrontaliero di sede sociale in senso stretto. Secondo il criterio di incorporazione adottato dal Regno Unito, infatti, il fatto che una società trasferisca la propria sede centrale all’estero e che svolga all’estero la propria attività è irrilevante ai fini dell’applicazione del regime giuridico dello Stato di partenza, che continuerà ad essere applicato anche in caso di trasferimento17. La

15 Cfr inoltre: R. TORINO, Diritto di stabilimento, cit., p. 161, F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 93.

16

Sentenza del 27 Settembre 1988, Causa 81/87, The Queen contro H. M. Treasury e commissioners of Inland Revenue ex parte Daily Mail e General Trust PLC.

17

Cfr. T. BALLARINO, Sulla mobilità delle società nella comunità europea, in Rivista delle Società, n.4, 2003, pp. 671: la Corte di Giustizia non dà particolare rilievo a tale aspetto, in quanto «essa non avrebbe potuto statuire che la legislazione fiscale inglese è contraria al principio della

(8)

77

società Daily Mail, dunque, nell’attuare il trasferimento, non voleva escludere del tutto il regime previsto dal Regno Unito per quel tipo di società, bensì mirava solamente ad eludere il regime fiscale inglese sostituendolo con quello applicato nei Paesi Bassi18.

In particolare, la società inglese Daily Mail, avente sede legale (registered

office) e domicilio fiscale nel Regno Unito, decide di trasferire la propria sede amministrativa, e di conseguenza il proprio domicilio fiscale nei Paesi Bassi, per non essere soggetta al regime fiscale britannico, dato che la soggezione delle società al regime fiscale inglese, ai sensi della normativa del Regno Unito allora vigente, veniva determinata in base al luogo in cui la società aveva la propria sede amministrativa19.

La disciplina tributaria del Regno Unito, però, vietava il trasferimento di sede alle società domiciliate fiscalmente nel Regno Unito in mancanza di apposita autorizzazione rilasciata dal Ministero del Tesoro20.

Una volta richiesta l’autorizzazione, la società in questione decide di non attendere il responso del Ministero del Tesoro britannico e di aprire «un ufficio di gestione d’investimenti nei Paesi Bassi per la prestazione di servizi in conto terzi»21, con la precipua finalità di vendere gran parte delle proprie azioni evitando la tassazione di tale operazione ai sensi della legge britannica, in modo tale da usufruire dei vantaggi rappresentati dal diverso regime fiscale applicato nello Stato di destinazione22.

Ciò ha comportato l’avvio di lunghe trattative col Ministero del Tesoro, nonché l’avvio di un contenzioso dinanzi alla Queen’s bench division da parte

competenza della law of incorporation, dal momento che tale principio non fa parte del diritto comunitario e, d’altronde, non rientra tra i suoi poteri di pronunziarsi sui contrasti nella legislazione interna di uno Stato membro».

18

Daily Mail, punto 3: «risulta dagli atti che, secondo la legislazione britannica in materia di diritto delle società, una società come l’attrice, costituita secondo detta legislazione e con sede legale (registered office) nel Regno Unito, può stabilire la dirazione e l’amministrazione anche fuori dal Regno Unito, conservando personalità giuridica e qualità di società di diritto britannico». 19

Daily Mail, punto 4. 20

Daily Mail, punto 5. 21 Daily Mail, punto 6. 22

(9)

78

della società Daily Mail, la quale sosteneva la tesi secondo la quale le previsioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento dovessero essere interpretate nel senso di un riconoscimento, in capo alle società costituite conformemente al Trattato stesso, del diritto di trasferire la propria sede in uno Stato membro diverso senza che lo Stato di origine possa imporre il rilascio di specifiche autorizzazioni ovvero il soddisfacimento di ulteriori condizioni previste dalla legislazione del medesimo23.

La corte britannica adita si rivolge perciò alla Corte di Giustizia, sottoponendo alla sua attenzione alcune questioni pregiudiziali relative alla possibilità o meno da parte di uno Stato membro di subordinare il trasferimento della sede alla concessione di autorizzazioni legate alla situazione fiscale della società, e in particolare se tale autorizzazione possa essere negata nel caso in cui il trasferimento comporti l’elusione di imposte che sarebbero dovute nel caso in cui la sede fosse mantenuta nel medesimo Stato24.

La Corte, nel decidere sulla questione, interpreta gli articoli del Trattato in materia di libertà di stabilimento nel senso che essi non attribuiscono alle società un diritto assoluto di trasferimento della sede sociale mantenendo lo status riconosciuto alle società nello stato di partenza, poiché allo stato in cui si trovava all’epoca della sentenza il diritto europeo il problema del trasferimento di sede non poteva considerarsi risolto dalla normativa inerente la libertà di stabilimento, anche alla luce delle notevoli differenze tra le previsioni nazionali dei singoli Stati membri, titolari del potere di regolamentare costituzione e funzionamento delle persone giuridiche, in quanto enti esistenti esclusivamente in forza delle relative legislazioni nazionali25. Proprio per questo motivo la Corte di Giustizia sottolinea

23

Daily Mail, punto 8. 24 Daily Mail, punti 9-10. 25

(10)

79

il fatto che spetta ai singoli Stati, attraverso norme interne o pattizie, risolvere le questioni inerenti ai trasferimenti di sede26.

La sentenza esclude inoltre che le previsioni della direttiva 73/148/CEE27 richiamata dalla società Daily Mail al fine di sostenere l’esistenza di un diritto assoluto di trasferimento della sede alla luce della normativa in materia di libertà di stabilimento, relativa appunto alla soppressione delle restrizioni di trasferimento e di soggiorno delle persone fisiche, sia suscettibile di estensione analogica alle persone giuridiche28.

In conclusione, dunque, la Corte argomenta che proprio perché le persone giuridiche non sono titolari di un diritto di trasferimento della propria sede in un diverso stato membro, per quanto riguarda la libertà di stabilimento primario, la normativa del Regno Unito non osta agli scopi prefissati dagli articoli del trattato relativi alla libertà di stabilimento, e dunque viene sancita la prevalenza della normativa fiscale inglese, di carattere imperativo, sulle libertà previste dal diritto europeo29.

Occorre comunque tener presente che la sentenza Daily Mail fornisce una interpretazione del contenuto della libertà di stabilimento fornita «allo stato attuale del diritto comunitario», quindi la Corte di Giustizia non esclude che, in presenza di una evoluzione in tale diritto, l’interpretazione del contenuto della libertà di stabilimento possa essere diversa e in futuro eventualmente ricomprendere anche la possibilità di trasferire la sede di società senza mutare lo statuto d’origine.

26

Come si legge in F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 94: «Sulla base di questi passaggi Daily Mail è stata considerata come il viatico a qualsiasi restrizione all‘“uscita“ di società dall’ordinamento di uno Stato membro, persino alla loro liquidazione».

27 Direttiva 73/148/CEE del Consiglio, del 21 Maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, oggi abrogata dalla Direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 Aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei membri delle loro famiglie di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, che modifica il regolamemto CEE n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

28 Daily Mail, punto 28. 29

(11)

80

Occorre altresì considerare che la Corte di Giustizia ha mantenuto nella propria decisione delle aperture verso una futura evoluzione del concetto di libertà di stabilimento, considerando in particolare che se le norme del Trattato inerenti alla libertà di stabilimento

«mirino in special modo ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione e corrispondente alla definizione dell’articolo 58. (…) i diritti garantiti dall’art. 52 e seguenti sarebbero vanificati se lo Stato d’origine potesse vietare alle imprese di migrare per stabilirsi in un altro Stato membro»30.

Le aperture in questione sono dovute in particolar modo al fatto che nel caso

Daily Mail la Corte di Giustizia è stata chiamata a decidere sulla legittimità della decisione di imporre alla società uscente la richiesta di una autorizzazione al Ministero del Tesoro per il trasferimento del proprio domicilio fiscale e non su una eventuale previsione di legge del Regno Unito che imponga alle società uscenti di essere messe in liquidazione e ricostituite nello stato di partenza. Ciò comporta che l’adempimento richiesto alla società inglese non è stato considerato un ostacolo alla libertà di stabilimento31.

3.3. Centros (1999)

Nel cd. caso Centros32 le competenti autorità danesi (in particolare la Direzione Generale del Commercio) rifiutano la registrazione di una succursale della società Centros, avente la propria sede principale nel Regno Unito, per il

30

Daily Mail, punto 16. 31

Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., pp. 94-95, F. MUCCIARELLI, Companies’ emigration, cit., p. 25 e R. TORINO, Diritto di stabilimento, cit., p. 168.

32 Sentenza del 9 Marzo 1999, causa C- 212/97, Centros Ltd contro Erhvervs- og- Selskabsstyrelen.

(12)

81

fatto che tale società non svolgeva alcuna attività nel territorio in cui aveva collocato la propria sede principale, dunque l’operazione che la società intendeva porre in essere era di fatto non quella di costituire una succursale, bensì di costituire una sede principale, considerando che nello Stato di costituzione la società non svolgeva alcuna attività33.

Infatti, secondo la Direzione generale del Commercio, la richiesta di registrazione di una succursale si configurava in realtà come un’operazione volta a costituire in territorio danese una sede principale eludendo la relativa normativa nazionale, la quale prevedeva il versamento di un capitale minimo iniziale per la costituzione di una società a responsabilità limitata, contrariamente alla normativa inglese, che non fissava alcuna soglia minima per il conferimento del capitale iniziale delle società a responsabilità limitata34.

Nel caso in cui la Direzione Generale del Commercio danese avesse concesso la costituzione della succursale alla società Centros, secondo quanto argomentato dal medesimo ente, sarebbe venuta meno per i creditori, così come per i contraenti, la garanzia di poter far affidamento su un capitale iniziale minimo della società. L’autorità in questione adduceva inoltre la motivazione di prevenire la bancarotta fraudolenta35.

L’autorità giudiziaria danese (Hojesteret) sottopone dunque alla Corte di Giustizia una questione pregiudiziale chiedendo di chiarire se gli articoli del Trattato inerenti alla libertà di stabilimento impediscano ad uno Stato membro di negare ad una succursale di società straniera la registrazione presso il medesimo, qualora la succursale sia in realtà destinata a svolgere l’intera attività della società straniera36.

La Corte di Giustizia, nell’affrontare la questione di cui era stata investita, si rifà all’orientamento espresso nella sentenza Segers ed afferma che il diritto di costituire una succursale in uno Stato membro fa parte del diritto di stabilimento,

33 Centros, punti 2-5. 34 Centros, punto 7. 35 Centros, punto 12. 36 Centros, punti 13-14.

(13)

82

e non rileva l’intento della società di costituire la succursale al solo fine di svolgere le proprie attività nello stato della succursale anziché in quello della sede principale37.

La Corte di Giustizia afferma inoltre che non costituisce abuso del diritto di stabilimento il fatto che i cittadini degli Stati membri decidano di costituire una società in uno Stato con una legislazione più favorevole per poi collocare succursali in Stati diversi, anche nel caso in cui la società non svolga concretamente alcuna attività nello Stato in cui ha sede.

Se è infatti vero che la stessa Corte di Giustizia ha più volte affermato che i cittadini degli Stati membri non possano avvalersi del diritto europeo in maniera fraudolenta38, «il fatto che una società non svolga alcuna attività nello Stato membro in cui essa ha la sede e svolga invece le sue attività unicamente nello Stato membro della sua succursale non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di un comportamento abusivo e fraudolento»39.

Si assiste, dunque, ad una interpretazione estensiva della libertà di stabilimento a cui si contrappone un’interpretazione restrittiva del concetto di abuso di tale libertà che possa giustificare una restrizione del suo esercizio40: come nella precedente sentenza Segers, si ribadisce il fatto che i requisiti per beneficiare della libertà di stabilimento secondario sono tassativamente indicati dal trattato e non comprendono alcuna analisi sulla natura e sul contenuto dell’attività concretamente svolta dalla società sul territorio in cui intende stabilire la propria sede secondaria.

Proprio in questo aspetto la sentenza presenta delle ambiguità, in quanto si considera la condotta delle competenti autorità olandesi come lesiva del diritto di stabilimento secondario della società Centros, quando in realtà la società «nei fatti

37

Centros, punto 17. 38

Per una elencazione dettagliata della giurispudenza in materia v. Centros, punto 24. 39

Centros, punto 29.

40 Si veda ad esempio F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 95, il quale definisce la sentenza in esame come «la prima sentenza espressamente “liberale”».

(14)

83

stava esercitando la libertà “primaria” di dissociare amministrazione e legge applicabile»41.

Un’ulteriore ambiguità può inoltre essere riscontrata nel fatto che l’abuso di cui si parla nel testo della sentenza è valutato considerando la condotta dei soci che costituiscono la loro società scegliendo l’ordinamento a loro più favorevole. L’aspetto in questione, dunque, costituirebbe un aspetto inerente alla libertà di stabilimento delle persone fisiche42.

Per quanto riguarda il rapporto della sentenza con la precedente giurisprudenza, la sentenza Daily Mail non viene richiamata dalla Corte nel decidere il caso in esame, ma non può ritenersi che la sentenza in questione sia stata superata dalla pronuncia successiva. I casi oggetto di decisione, infatti, presentano significative differenze: mentre la sentenza Daily Mail affrontava un questione fiscale che poteva presentarsi in caso di trasferimento di sede operativa, rilevante ai fini della determinazione del domicilio fiscale, la sentenza Centros ha a che fare con il riconoscimento di una filiale di una società straniera aperta presso uno Stato membro diverso da quello di costituzione, conformemente alle previsioni del Trattato43.

Il mancato riferimento alla sentenza Daily Mail ha comunque fatto sì che si accendesse un vivace dibattito, tra i sostenitori di una preferenza accordata dalla Corte stessa al criterio della Grundunstheorie a scapito della teoria della sede reale e i sostenitori dell’orientamento secondo il quale i criteri di collegamento internazional-privatistici non venivano presi in considerazione dalla sentenza44.

Secondo un primo orientamento, dall’illegittimità del rifiuto opposto dalle autorità danesi alla società Centros, si poteva ricavare che la teoria della sede reale era incompatibile con un pieno riconoscimento del diritto di stabilimento delle società, e dunque obsoleta, almeno per quanto riguarda uno degli aspetti essenziali

41 Ivi, p. 96. 42

Ibidem. 43

Cfr. E. WYMEERSCH, Centros: a landmark decision in European Company Law, in Festschrift fuer R. M. Buxbaum, Th. Baum, Gand 1999, pp. 16-18.

44 Ivi, p. 2 e P. ROSE, EU Company Law Convergence possibilities after Centros, in Transnational Law and contemporary problems, 2001, vol. 11, p. 126.

(15)

84

della che caratterizzano la dottrina della sede reale: la possibilità di opporre limitazioni in ingresso alle società straniere che non soddisfano il criterio di collegamento della sede45.

In realtà, la sentenza non prende in considerazione un caso relativo al trasferimento di sede sociale di una società già esistente, bensì considera le regole sottostanti alla formazione delle società, in particolare alla formazione di una sede secondaria che abbia caratteristiche che la avvicinano, sul piano sostanziale, ad una sede primaria. Per questo motivo ha prevalso l’orientamento che vedeva nella sentenza Centros soltanto un caso in cui si precisava il contenuto della libertà di stabilimento considerando esclusivamente le norme del Trattato e non le previsioni della disciplina nazionale danese, se non per gli aspetti strettamente legati alla compatibilità con le previsioni europee in materia di libertà di stabilimento.

3.4. Überseering (2002)

Il caso Überseering46 sottopone alla Corte di Giustizia uno dei problemi più strettamente connessi alla libertà di stabilimento e alla mobilità internazionale delle società, ossia quello del trasferimento della sede amministrativa di una società in uno Stato membro diverso da quello di costituzione e degli effetti che esso comporta. Sono in particolare considerate le limitazioni alla libertà di stabilimento adottate dal paese di destinazione47. La sentenza, infatti, affronta la questione della compatibilità dei criteri di collegamento internazional-privatistici adottati dagli Stati membri con le previsioni in materia di libertà di stabilimento48. Nel caso di specie, la società Überseering BV, società olandese a responsabilità limitata, aveva acquistato nel 1990 un terreno a Düsseldorf e due

45 Cfr. E. WYMEERSCH, Centros, cit., p. 12 e ss.

46 Sentenza del 5 Novembre 2002, Causa C-208/00, Überseering BV contro Nordic Construction Company Baumanagement GmbH (NCC).

47

Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 97. 48

Cfr. S. LOMBARDO, La libertà comunitaria di stabilimento delle società dopo Überseering fra armonizzazione e concorrenza tra ordinamenti, Working paper series del Centro di diritto e finanza, n. 1, 2003, pp. 1-2.

(16)

85

anni dopo aveva incaricato la società NCC Nordic Construction Company

Baumanagement GmbH di ristrutturare il garage e il motel situati sul terreno di proprietà della società danese. I lavori di cui la NCC era stata incaricata non vengono eseguiti correttamente e gli immobili presentano dei difetti di pittura49.

Nonostante i ripetuti solleciti della Überseering la NCC non adempie. Nel 1994 due cittadini tedeschi rilevano la società danese acquisendone la totalità delle quote50. L’anno successivo la NCC è perciò convenuta in giudizio dalla Überseering BV, in base al contratto d’opera stipulato tra le due società, al fine di ottenere il risarcimento del danno causato dall’inadempimento della società.

Il ricorso non è accolto né in primo grado dal Landgericht, né in appello dall’Oberlandesgericht), poiché la società Überseering Bv, secondo le corti suddette, non sarebbe legittimata ad agire in giudizio in quanto priva di personalità giuridica secondo le previsioni di diritto tedesco. La società infatti non era stata costituita in Germania ma nei Paesi Bassi, dunque non c’era coincidenza tra sede operativa e sede legale, condizione richiesta dall’ordinamento tedesco per applicare le proprie norme di diritto societario all’ente in questione51.

Il fatto che due cittadini tedeschi avessero acquisito la totalità delle quote della società Überseering è infatti interpretato dai Tribunali di primo grado e di appello come un trasferimento della sede operativa della società costituita nei Paesi Bassi e iscritta presso questo paese, nonostante il fatto che formalmente il trasferimento non fosse avvenuto52.

49 Überseering, punto 6. 50

Überseering, punti 7-8. 51

Überseering, punto 9. Si legge infatti al punto 5 della sentenza: « in quanto la capacità giuridica di una tale società viene valutata in relazione al diritto tedesco, essa non può essere né titolare di diritti ed obblighi né parte in un procedimento giudiziario, a meno che non venga ricostituita in Germania in modo da acquisire la capacità giuridica in relazione al diritto tedesco». Come si legge inoltre in T. BALLARINO, Sulla mobilità delle società, cit., pp. 679-680: «il d.i.pr. tedesco non contiene una norma espressa relativa alle società commerciali (o alle persone giuridiche in generale) (…) la competenza della legge della sede effettiva può comunque dirsi generalmente condivisa, anche se lascia sussistere qualche incertezza nell’applicazione pratica ai casi di trasferimento di sede».

52 Cfr. E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede della società nel diritto societario europeo, in Rivista delle società, n. 4, 2003, pp. 723 e ss.

(17)

86

In seguito al rigetto del ricorso in appello, la società adisce allora la Corte di Cassazione tedesca (Bundesgerichtshof), la quale investita della questione e ritenendo che la precedente giurisprudenza della Corte di Giustizia non sia univoca, sospende la decisione e pone alla stessa Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che si pone in contrasto con la libertà di stabilimento delle società il fatto che la capacità giuridica e la capacità processuale di una società, validamente costituita secondo il diritto di uno Stato membro, vengano valutate sulla base del diritto dello Stato dove la detta società ha trasferito la propria sede amministrativa effettiva, e che il diritto di quest'ultimo Stato comporta che la società di cui trattasi non può più far valere in giudizio in tale Stato i propri diritti ex contractu. 2) In caso di soluzione affermativa della prima questione: Se la libertà di stabilimento delle società (artt. 43 CE e 48 CE) implichi che la capacità giuridica e la capacità processuale debbano essere valutate sulla base del diritto dello Stato dove la detta società è stata costituita»53.

La Corte di Giustizia rileva innanzitutto che le norme applicabili da uno Stato membro alle società che trasferiscono la propria sede operativa nel territorio del medesimo (o meglio, gli effetti delle norme in questione) non debbano essere escluse dall’ambito di applicazione delle previsioni sovranazionali in materia di libertà di stabilimento54. Occorre tener presente che la Corte di Giustizia fa un riferimento generico alle norme dello Stato membro in cui si trasferisce la sede operativa della società, senza peraltro operare alcuna distinzione tra norme sostanziali e norme internazional-privatistiche: si riferisce dunque in generale al diritto applicabile al caso di specie55.

Ciò non significa, tuttavia, che la decisione della Corte di Giustizia sia fondata su una argomentazione inerente al diritto societario ovvero alle norme di

53

Überseering, punto 21. 54 Überseering, punto 52. 55

(18)

87

conflitto: tali settori del diritto hanno soltanto ripercussioni indirette sulla decisione, basata interamente su una argomentazione basata sulle previsioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento56.

In particolare, la Corte di Giustizia afferma che la società Überseering fosse legittimata ad avvalersi delle previsioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento in quanto società regolarmente costituita nei Paesi Bassi. Il fatto che in un secondo momento le quote della società siano state acquistate da cittadini tedeschi non costituirebbe un fattore idoneo a determinare la perdita della capacità giuridica della società57.

Per questa ragione la Corte di Giustizia, rifacendosi all’orientamento espresso nella sentenza Daily Mail, statuisce che è incompatibile con la libertà di stabilimento il fatto che uno stato neghi il riconoscimento della capacità giuridica ad una società che trasferisca la propria sede in uno Stato membro diverso da quello di costituzione, affermando che «una società esiste solo in forza della normativa nazionale che ne disciplina la costituzione e il funzionamento», e prevedere come requisito la ricostituzione della società in Germania «equivale pertanto alla negazione stessa della libertà di stabilimento»58.

La società Überseering, inoltre, nel trasferire la propria sede in un diverso Stato, usufruisce del diritto di stabilimento attribuitole dal Trattato in quanto società validamente costituita ai sensi del diritto societario di uno Stato membro, perciò lo Stato di destinazione dovrà riconoscerle sia la capacità giuridica che la capacità processuale in base alle norme dello Stato presso il quale la società si è costituita, in questo caso in base alle norme dei Paesi Bassi59.

56

Cfr. E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede, cit., p. 728. 57 Überseering, punto 80.

58Überseering, punto 81. 59

Überseering, punto 72: «la Corte non ha inteso riconoscere agli Stati membri la facoltà di subordinare al rispetto del loro diritto nazionale delle società l’esercizio effettivo, nel loro territorio, della libertà di stabilimento da parte di società, validamente costituite in altri Stati membri, relativamente alle quali ritengono che esse abbiano trasferito la lore sede nel detto territorio».

(19)

88

Dopo aver statuito l’applicabilità delle disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento al caso di specie, la Corte di Giustizia passa a valutare se la negazione della capacità giuridica alla società Überseering costituisca o meno una restrizione illegittima della libertà di stabilimento.

A tal proposito i Tribunali aditi dalla Überseering, nonché il Governo tedesco intervenuto nel procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia, sostengono che la disciplina applicabile alla società in questione, la quale ha condotto al mancato riconoscimento della personalità giuridica in capo alla medesima, deve essere considerata non discriminatoria, giustificata da ragioni di tutela di interessi generali e proporzionata allo scopo perseguito60.

In particolare si sostiene che il trattamento non sarebbe discriminatorio in quanto non riservato esclusivamente a società costituite in Stati diversi dalla Germania che trasferiscono la propria sede effettiva in tale Stato, ma anche a società tedesche che trasferiscono la propria sede effettiva fuori dalla Germania61. Gli interessi generali che invece sarebbero protetti imponendo la coincidenza di consisterebbero nella tutela dei creditori, attuata mediante la previsione di un capitale minimo, dei soci di minoranza, dei lavoratori per quanto riguarda la cogestione prevista dal diritto tedesco, nonché interessi di tipo fiscale62.

Viene inoltre sostenuto che «in altri settori, il diritto comunitario derivato presuppone che la sede amministrativa e la sede sociale siano identiche. Il diritto comunitario avrebbe quindi ammesso la fondatezza, in via di principio, di una sede sociale ed amministrativa unica»63.

La Corte di Giustizia tuttavia sostiene che, sebbene le ragioni addotte dai giudici e dal Governo tedesco possono in alcuni casi giustificare restrizioni alle situazioni giuridiche soggettive poste dal Trattato in capo alle società, la negazione della capacità giuridica non può essere considerata una misura idonea

60 Überseering, punto 84. 61 Überseering, punto 85. 62 Überseering, punti 86-90. 63 Überseering, punto 86.

(20)

89

al conseguimento degli obiettivi di tutela dell’interesse generale, in quanto «una tale misura equivale alla negazione stessa della libertà di stabilimento»64.

Pur non sindacando nel merito il diritto nazionale tedesco, dunque, in maniera indiretta la Corte di Giustizia stabilisce che il fatto di richiedere la ricostituzione dell’ente in territorio tedesco per ripristinare la coincidenza tra sede amministrativa e sede legale sia illegittimo, in quanto può essere considerato un requisito ulteriore rispetto a quelli previsti dal Trattato per usufruire della libertà di stabilimento65.

La pronuncia in questione, dunque, fa sì che la teoria della sede reale sia effettivamente ridimensionata nella sua portata, con la sentenza Überseering si assiste infatti ad una sostanziale limitazione dell’ambito applicativo di tale criterio, dato che il principio che si può ricavare dalla sentenza in questione (nonché dalla precedente sentenza Centros) è che una società «costituita in uno Stato membro che segue la teoria dell’incorporazione e che trasferisce la sede effettiva (…) in uno Stato membro che applica la teoria della sede reale, deve essere riconosciuta come tale, in forza del diritto dello Stato di costituzione», a prescindere dallo svolgimento di una qualche attività economica nello Stato di provenienza66.

Risulta dunque confermato l’orientamento liberale della sentenza Centros, mentre la sentenza Daily Mail è interpretata in modo tale da darle una collocazione sistematicamente coerente con la nuova interpretazione fornita alle disposizioni del Trattato67.

In merito al punto suddetto, la Corte di Giustizia sottolinea le differenze presenti nel caso Daily Mail rispetto a quello oggetto di decisione in Überseering, sottolineando che mentre il primo aveva ad oggetto i poteri che uno Stato membro può esercitare al proprio interno nei confronti di società uscenti, il caso

64

Überseering, punto 92. 65

Cfr. E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede, cit., p. 735. 66 S. LOMBARDO, La libertà comunitaria di stabilimento, cit., p. 9. 67

(21)

90

Überseering era invece inerente alla problematica del sindacato operato da Stati membri diversi da quello d’origine sulle modalità di costituzione di una società68.

Occorre inoltre ricordare che la società Überseering non aveva manifestato la propria volontà di trasferire la propria sede e la cessione di quote a cittadini tedeschi non aveva sollevato alcuna obiezione in merito alla esistenza della società nel paese di costituzione, dato che conferma ulteriormente le differenze tra il caso Daily Mail e il caso Überseering, nonché l’orientamento espresso dalla prima sentenza69.

Nonostante sia di fatto ridimensionata la portata della teoria della sede reale dopo la sentenza Überseering, ciò non significa, tuttavia, che la Corte abbia in sé dichiarato illegittimo tale criterio e che esso non possa più essere adottato dagli Stati membri al fine di determinare la legge applicabile alle società che esercitano la libertà di stabilimento.

Si prenda ad esempio il caso di una società costituita in uno Stato che adotta il criterio della sede reale che decida di trasferire la propria sede effettiva in uno Stato membro diverso da quello in cui sono state completate le procedure di iscrizione della sede legale: in tal caso lo Stato di costituzione potrebbe richiedere la coincidenza tra sede effettiva e sede legale e dunque impedire il trasferimento, senza che la sentenza in questione abbia ripercussioni sul caso in questione. Si continuerebbe infatti ad applicare la sentenza Daily Mail, inerente alle restrizioni poste dallo Stato di costituzione70.

Se a livello teorico è vero quanto sopra affermato, l’affermazione in questione deve tuttavia essere ridimensionata e valutata alla luce dei principi sanciti dal Trattato, altrimenti si giungerebbe al paradosso di legittimare qualsiasi tipo di restrizione imposta dagli Stati di costituzione alle società uscenti, mentre per le limitazioni imposte dagli Stati di arrivo si applicherebbe un orientamento più liberale e meno restrittivo. Ciò comporterebbe delle significative disparità tra i

68

Cfr. Überseering, punto 62 e E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede, cit., pp. 737-738. 69

Cfr. T. BALLARINO, Sulla mobilità delle società, cit., p. 680.

70 Cfr. S. LOMBARDO, La libertà comunitaria di stabilimento, cit., p. 11 e F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 97-98.

(22)

91

singoli Stati membri e andrebbe a scapito dell’obiettivo ultimo di creare un mercato comune il più omogeneo possibile. Per questa ragione occorre valutare qualsiasi tipo di restrizione, sia in entrata che in uscita, alla luce dei criteri di proporzionalità ed adeguatezza ai quali si fa riferimento diretto o indiretto nelle pronunce della Corte di Giustizia71.

3.5. Inspire Art (2003)

Il caso Inspire Art72 affrontato dalla Corte di Giustizia è incentrato sulla libertà di stabilimento secondario, in particolare sui requisiti di pubblicità e le garanzie richieste alle succursali aperte da una società in uno Stato membro diverso da quello di costituzione.

Nel caso di specie, la società inglese Inspire Art Ltd., la quale disponeva di una filiale in territorio olandese, si vede richiedere dal competente registro delle imprese di registrare la succursale in questione indicando accanto alla ragione sociale la dicitura “società formalmente straniera”, da utilizzare inoltre anche nei rapporti commerciali73.

Ai sensi del diritto societario olandese, infatti, è considerata società formalmente straniera

«una società di capitali avente personalità giuridica, costituita conformemente a un diritto diverso da quello olandese, la quale svolga la sua attività del tutto o quasi del tutto nei Paesi Bassi senza avere alcun legame effettivo con lo Stato in cui vige il diritto conformemente al quale essa è stata costituita»74.

71

Cfr. E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede, cit., pp. 735-736. 72

Sentenza del 30 Settembre 2003, causa C- 167/01, Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam contro Inspire Art Ltd.

73 Inspire Art, punto 2. 74

(23)

92

L’indicazione di tale dicitura avrebbe comportato l’applicazione di un particolare regime previsto dalla legislazione olandese per tale tipologia di società: in particolare tale regime imponeva che fossero rispettate delle previsioni relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori diverse da quelle a cui erano invece assoggettate le società straniere. Si prevedeva infatti che, in caso di inosservanza delle norme relative alla pubblicità ed ai requisiti del capitale minimo, gli amministratori di società formalmente straniere avrebbero risposto personalmente delle obbligazioni sociali75. Gli amministratori erano inoltre solidalmente responsabili con la società per le operazioni compiute nel lasso di tempo necessario per soddisfare i requisiti previsti dalla legge in merito al capitale minimo e ai fondi propri76.

Per quanto riguarda in particolare questi ultimi requisiti previsti dalla legge olandese in materia di società formalmente straniere, il capitale minimo dovrà essere almeno pari a quello richiesto dal codice civile olandese per le società nazionali a responsabilità limitata; è inoltre previsto che i fondi in proprietà della società siano almeno pari al capitale minimo. L’adempimento a tali previsioni deve essere inoltre attestato, al momento dell’iscrizione presso il competente registro delle imprese, presentando una dichiarazione sottoscritta da un revisore contabile77.

La società Inspire Art risultava iscritta presso il competente registro delle imprese senza la dicitura di società formalmente straniera. Per questa ragione la Camera di Commercio di Amsterdam emana un provvedimento con il quale chiede alla società di integrare la propria iscrizione inserendo la dicitura richiesta, poiché obbligatoria dato che la Inspire Art svolgeva la propria attività esclusivamente nei Paesi Bassi, dunque tramite la propria succursale, e non nello Stato di costituzione.

75

Inspire Art, punti 23-25. 76 Inspire Art, punto 28. 77

(24)

93

La società Inspire Art impugna dunque il provvedimento della Camera di Commercio di Amsterdam, sostenendo di aver effettuato una iscrizione completa in quanto non rientrante nella definizione di società formalmente straniera. Il giudice nazionale investito della questione stabilisce che la società sia una società formalmente straniera secondo la definizione della relativa legge, ma sottopone alla Corte di Giustizia la questione della compatibilità della legge olandese con le previsioni in materia di libertà di stabilimento78.

Il governo olandese e la Camera di Commercio sostenevano che la legge in materia di società formalmente straniere non fosse contraria alle previsioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento, poiché le previsioni in questione non erano riferite né alla costituzione di una società secondo il diritto di un diverso Stato membro né al riconoscimento di una società straniera79. Per quanto riguarda infatti la questione del riconoscimento, il governo olandese sostiene che una società validamente costituita secondo le previsioni di uno Stato membro è riconosciuta nei Paesi Bassi senza che siano necessarie ulteriori formalità80.

L’applicazione delle disposizioni di legge in materia di società formalmente straniere, dunque, sarebbe giustificata dalla necessità di prevedere ulteriori requisiti da soddisfare per le società di questo tipo, in modo tale da far sì che ai terzi che entrano in contatto con la società sia assicurato un adeguato livello di informazione e di garanzie, oltre che dalla necessità di prevenire abusi. Ciò non costituirebbe, inoltre, una discriminazione in quanto i requisiti che le società formalmente straniere sarebbero tenute a rispettare equivalgono a quelli previsti per le società nazionali81.

Nel trattare la questione, la Corte di Giustizia ripercorre le tappe giurisprudenziali e normative precedenti al caso, in particolare soffermandosi sulle previsioni delle direttive europee emanate nell’ambito del diritto societario, miranti a un livello minimo di armonizzazione tra le normative nazionali, al fine

78

Inspire Art, punti 36-39. 79

Inspire Art, punto 76. 80 Inspire Art, punto 78. 81

(25)

94

di verificare la compatibilità delle previsioni nazionali olandesi con tale quadro normativo europeo, in particolare con i requisiti fissati dall’Undicesima direttiva in materia di adempimenti pubblicitari richiesti alle succursali82.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la Corte di Giustizia ritiene che in materia di requisiti pubblicitari richiesti per la costituzione di succursali negli Stati membri si sia raggiunto un grado sufficiente di armonizzazione, perciò deve considerarsi tassativo l’elenco di requisiti obbligatori previsti per la registrazione di tali società. I requisiti aggiuntivi richiesti dalla legislazione olandese, come l’indicazione della dicitura “società formalmente straniera” non sarebbero perciò accettabili, proprio perché al di fuori delle previsioni dell’Undicesima direttiva83.

La Corte di Giustizia, per quanto riguarda invece le norme primarie in materia di libertà di stabilimento, conferma in particolare l’orientamento espresso nella sentenza Centros, secondo il quale non costituirebbe abuso il fatto di aprire una succursale in uno Stato membro al solo fine di usufruire di una normativa più favorevole84.

Per quanto riguarda invece l’argomentazione seguita dal Governo olandese, secondo la quale prevedere ulteriori requisiti da soddisfare per le società formalmente straniere non pregiudicherebbe la libertà di stabilimento, la Corte di Giustizia la rigetta sostenendo che in realtà tali ulteriori requisiti sortirebbero l’effetto di ostacolare l’esercizio di tale diritto previsto a livello sovranazionale e non sarebbero giustificati dall’esigenza di reprimere abusi, «poiché né la camera di commercio né il governo olandese hanno fornito elementi che consentano di dimostrare che il provvedimento in questione soddisfa i criteri di efficacia, proporzionalità e non discriminazione» 85.

La Corte di Giustizia sottolinea inoltre come il caso di specie si differenzi nettamente da quello affrontato nella sentenza Daily Mail, invocata a sostegno

82

La Corte di Giustizia, infatti, ai punti 1-33 della sentenza in questione ricostruisce il contesto normativo comunitario e nazionale sul quale si basa la decisione.

83

Inspire Art, punti 66-71 e 143 lettera a). 84 Inspire Art, punto 96.

85

(26)

95

dell’applicazione della legge in materia di società formalmente straniere dalle autorità olandesi in causa, dato che la sentenza in questione riguarderebbe i rapporti intercorrenti tra Stato di costituzione e società uscente, mentre nel caso di specie la questione sarebbe inerente all’applicazione della normativa dello Stato membro in cui la società costituita secondo un diverso Stato membro eserciti la propria attività principale. Anche in questo punto, dunque, la Corte di Giustizia si rifà alla propria giurisprudenza precedente chiarendone ulteriormente gli orientamenti espressi in chiave liberale86.

La sentenza Inspire Art, dunque, rappresenta una conferma ulteriore per l’orientamento non restrittivo espresso dalla Corte di Giustizia per quanto riguarda la mobilità internazionale delle imprese e aiuta a stabilire entro quali limiti il diritto dello stato di costituzione influisca sullo Stato in cui è aperta una succursale rendendolo non applicabile.

Le previsioni dell’ordinamento olandese oggetto di sindacato da parte della Corte di Giustizia, infatti, sebbene si inseriscano in una logica di tutela dei creditori, non sono idonee ad essere mantenute in presenza di un rapporto transfrontaliero come quello originato dall’apertura di una succursale, ente che rimane in gran parte subordinato a livello interno ed esterno alla legge della società madre87.

3.6. SEVIC (2005)

86 Inspire Art, punto 103. La Corte di Giustizia menziona espressamente la sentenza Überseering. 87 Si legge infatti in E. WYMEERSCH, Il trasferimento della sede, cit., p. 752: «sulla base di Centros, le regole sull’interesse generale dello Stato ospitante tracciano i confini all’interno dei quali esso ha facoltà di disciplinare la società». L’autore prosegue sostenendo che una regola di diritto interno volte alla tutela dei creditori potrebbe essere applicata «alle società straniere con amministrazione centrale nello stato ospitante. (...) essa non sarebbe applicabile alle semplici succursali bensì alle controllate in quanto società locali. Un ragionamento simile è adattabile ad altri aspetti della vita della società, quali la cogestione (...): lo Stato di arrivo potrebbe sostenere con successo che questi requisiti siano elementi essenziali per il funzionamento della società all’interno della sua giurisdizione; nonostante ciò tali requisiti non passerebbero l’esame dei quattro criteri dell’interesse generale».

(27)

96

La sentenza SEVIC88 porta all’attenzione della Corte di Giustizia il caso di una fusione tra due società di diversa nazionalità, l’una avente sede amministrativa e sede legale in Germania (SEVIC Systems AG), l’altra avente sede amministrativa e sede legale in Lussemburgo (SVC Concept SA).

La fusione transfrontaliera è un’operazione che indirettamente coinvolge l’aspetto della mobilità internazionale, ma è tuttavia da valutarsi alla luce delle previsioni in materia di libertà di stabilimento in ragione del fatto che gli effetti di una fusione transfrontaliera potrebbero essere assimilati a quelli di un mutamento di sede effettiva con conseguente modifica della legge applicabile. Si tratterebbe dunque di uno strumento idoneo a consentire mutamenti arbitrari della legge societaria89.

Occorre tuttavia tener presente che la portata della sentenza SEVIC è tuttavia ridimensionata poiché a breve distanza di tempo è stata emanata la direttiva comunitaria in materia di fusioni transfrontaliere (direttiva n. 2005/56/CE), la quale ha fissato i principi di fondo e la disciplina da applicare alla fusioni tra società di capitali «costituite in conformità della legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nella Comunità»90.

Nel caso di specie l’operazione posta in essere era quella di sciogliere la società lussemburghese SVC senza avviare le operazioni di liquidazione della società e di trasferirne l’intero patrimonio alla società tedesca SEVIC. L’ufficio tedesco competente per la registrazione rifiuta però iscrivere l’avvenuta fusione tra le due società, in quanto, in base alla legge tedesca, le fusioni erano ammesse soltanto tra società tedesche e non tra società di diversa nazionalità. La SEVIC impugna allora il provvedimento di diniego dell’autorizzazione presso la corte competente (Landgericht Koblenz), la quale a sua volta rimette il giudizio alla

88 Sentenza del 13 Dicembre 2005, Causa C- 411/03, SEVIC Systems AG. 89

Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 102. 90

Articolo 1 della Direttiva menzionata. Per una più approondita analisi della direttiva in questione e della disciplina fornita alle fusioni transfrontaliere si veda, ad esempio: G. RESCIO, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione: riflessioni sulla direttiva 2005/56/Ce in materia di fusione transfrontaliera, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio 1-2007/A.

(28)

97

Corte di Giustizia ritenendo fosse necessaria una interpretazione degli articoli del Trattato in materia di libertà di stabilimento per decidere il caso91.

La Corte di Giustizia osserva innanzitutto che nell’ordinamento tedesco è presente una disparità di trattamento tra fusioni interne e fusioni transfrontaliere, non essendo presente una disciplina applicabile a quest’ultimo tipo di fusione: perciò è necessario stabilire se tale assenza di disciplina, causa della mancata iscrizione della fusione presso il competente registro tedesco, possa costituire un pregiudizio per il principio della libertà di stabilimento92.

Dopo queste osservazioni preliminari, la Corte di Giustizia afferma che al caso di specie si debbano applicare gli articoli del Trattato relativi alla libertà di stabilimento, dato che gli articoli in questione sono applicabili alle misure «che permettono o anche solo facilitano l’accesso ad un altro Stato membro e/o lo svolgimento di attività economiche in tale Stato, consentendo ai soggetti interessati di poter partecipare effettivamente e alle stesse condizioni degli operatori nazionali alla vita economica del paese»93.

La sentenza della Corte è conforme all’interpretazione estensiva del principio di libertà di stabilimento affermatasi con le sentenze precedenti e, come si evince dal passo citato sopra, considera le fusioni transfrontaliere come suscettibili di applicazione delle norme in materia di libertà di stabilimento, data la loro idoneità a fungere da strumenti che agevolano la creazione del mercato unico europeo.

Alla luce di tale considerazione l’assoluta negazione dell’iscrizione della fusione transfrontaliera presso il registro tedesco competente è interpretata come una misura ingiustificatamente restrittiva della libertà di stabilimento.

La Corte di Giustizia, infatti, rinviando alle proprie decisioni precedenti, ribadisce il principio secondo il quale le restrizioni alle libertà previste dal trattato sono sì possibili, ma solo in quanto giustificate da ragioni di tutela di interessi

91 SEVIC, punti 6-10. 92 SEVIC, punti 11-15. 93SEVIC , punto 18.

(29)

98

generali e in quanto fissate nella misura strettamente necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo di tutela. Il fatto di prevedere un generale divieto di fusioni transfrontaliere, cui fa da contrappeso una generale approvazione delle sole fusioni interne, rappresenta dunque una misura discriminatoria non giustificata da ragioni di interesse generale proprio per il fatto che le fusioni transfrontaliere sono vietate in assoluto, anche nei casi in cui non comporterebbero alcun rischio per l’interesse generale94.

La sentenza in questione si limita tuttavia a ricondurre l’attuazione di operazioni di fusioni transfrontaliere all’interno del principio della libertà di stabilimento, considerando in particolare il caso della mancata registrazione dell’avvenuta fusione dal punto di vista del paese di arrivo e non dal punto di vista del paese della società che veniva incorporata con la fusione e che dunque avrebbe cessato di esistere95.

Come accennato sopra, l’approvazione della Direttiva in materia di fusioni transfrontaliere fornisce una risposta in merito agli interrogativi di carattere pratico in merito alla procedura da seguire in caso di fusione transfrontaliera96, ma non chiarisce il rapporto tra fusione transfrontaliera e libertà di stabilimento.

Da un lato la sentenza Sevic, facendo rientrare le fusioni transfrontaliere nell’ambito della libertà di stabilimento, potrebbe infatti avere un ambito di applicazione più ampio di quello della direttiva, dato che la libertà di stabilimento non costituisce una prerogativa delle società di capitali97. Dall’altro tuttavia, la sentenza affronta il solo caso delle limitazioni poste dal paese della società incorporante e non è segnalato se il decisum possa analogicamente riferirsi anche

94 SEVIC, punti 28-31.

95 Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 100 e R. TORINO, Diritto di stabilimento, cit., p. 167.

96

La direttiva in materia di fusioni transfrontaliere si ispira infatti, nelle sue previsioni, ai principi di una «tendenziale parificazione alla fusione interna», di «identificazione di un contenuto minimo comune del progetto di fusione», «tutela dei diritti di partecipazione e di coinvolgimento dei lavoratori, ove già riconosciuti in almeno una delle società partecipanti alla fusione (...) con tendenziale applicazione delle norme a tal fine dettate per la Società Europea» (G. RESCIO, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione, cit., pp. 3-4).

97

La direttiva in materia di fusioni transfrontaliere prevede infatti all’art. 2 par. 1 che l’ambito soggettivo di applicazione sia limitato alle società di capitali.

(30)

99

ad un eventuale caso in cui le limitazioni siano imposte dal paese di origine della società incorporata98.

3.7.Cartesio (2008)

Il caso Cartesio99 porta all’attenzione della Corte di Giustizia la problematica legata al trasferimento transnazionale di sede sociale e alla legge applicabile alla società che attua il trasferimento e costituisce la prima sentenza in cui la Corte di Giustizia opera un confronto tra le legislazioni nazionali e il diritto comunitario in una situazione di emigrazione della società e di rottura del collegamento originario con lo Stato di costituzione che ha portato all’attribuzione dello status di società titolare della libertà di stabilimento.

Nel caso di specie, infatti, la società ungherese Cartesio, società in accomandita semplice costituita ai sensi del diritto ungherese, intendeva trasferire la propria sede operativa in Italia, mantenendo però la propria sede legale in Ungheria in modo da far sì che la legge applicabile alla società continuasse ad essere quella ungherese100.

Il competente ufficio ungherese rigetta l’istanza di iscrizione del trasferimento della sede operativa della società Cartesio in Italia, sostenendo che la legge in vigore all’epoca non consentiva di mantenere la soggezione all’ordinamento giuridico ungherese nel caso in cui la sede fosse trasferita all’estero101.

In particolare, la legge ungherese all’epoca vigente prevedeva che alle persone giuridiche si applicasse la legge dello Stato presso il quale era stata compiuta la procedura di registrazione, nel caso in cui la persona giuridica risultasse essere registrata in più Stati, la legge applicabile sarebbe stata quella del paese presso il quale si trovava la sede sociale. Un ulteriore criterio suppletivo

98

Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., pp. 101-102. 99

Sentenza del 16 Dicembre 2008, Causa C- 210/06, Cartesio Oktató és Szolgáltató bt 100 Cartesio, punti 21-23.

101

Riferimenti

Documenti correlati

La garanzia si estende ai casi assicurativi che siano insorti durante il periodo di validità del contratto e che siano stati denunciati alla Società, entro 24 (ventiquattro) mesi

Nella conferenza stampa del 1972, il presidente Giuseppe Chiarelli punta il dito, però, contro le «fantainterpretazioni» e ricorda che la Corte o viene criticata per

Occorre notare che, in assenza di decisione giudiziaria che stabilisca il principio di assegno alimentare, l'autorità centrale di uno Stato membro richiedente può

La trattazione dei contenuti disciplinari è stata svolta secondo un’ottica di riferimenti trasversali ai nuclei tematici della disciplina stessa e a

12(3) dello Statuto, in base al quale uno Stato non parte può accettare la giurisdizione della Corte in relazione ad una situazione 41 , in tal modo allargando

A manifestare la necessità di focalizzare l’attenzione sulla tutela della libertà religiosa delle donne, più che su un divieto generale all’utilizzo del velo

Il 7 luglio 2010 sono state avanzate le trattative (cfr. L’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione pone d’altra parte il problema ulteriore del coordinamento delle

È in ogni caso evidente, dato il loro situarsi specifico nell’ambito della teologia morale e del diritto canonico 18 , come le riflessioni che seguono abbiano