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1 LA VULNERABILITÀ SISMICA DI EDIFICI ESISTENTI IN C

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1

LA VULNERABILITÀ SISMICA DI EDIFICI ESISTENTI IN C

.

A

.

Il territorio italiano è caratterizzato da una elevata pericolosità sismica, che ha spinto la comunità tecnico-scientifica e le pubbliche amministrazioni verso uno studio sempre più approfondito ed esteso della vulnerabilità degli edifici esistenti [Salvatore e al., 2007].

È interessante notare che sebbene la larga parte del territorio italiano sia classificato a rischio sismico, solo una minoranza di edifici ricadenti in tale aree è stata realizzato con criteri antisismici. Inoltre la maggior parte di tali edifici è stata realizzata tra gli anni ’60 ed i primi anni ’80 con strutture in cemento armato.

La mitigazione del rischio sismico, nonché la definizione di tecniche e strategie per l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente, rappresenta quindi una tematica di notevole interesse per la collettività, anche alla luce delle recenti disposizioni normative.

Il rischio sismico può essere definito come il risultato di tre fattori combinati tra loro [Salvatore e al., 2007]. Il primo è riferito alla pericolosità sismica definita come la probabilità che in un certo luogo ed in un preciso intervallo di tempo possa avvenire un terremoto di caratteristiche ben definite. La pericolosità sismica del territorio è un fattore non modificabile; essa è stata oggetto di determinazione attraverso processi di zonazione sismica, che hanno prodotto le più recenti classificazioni del territorio nazionale disponibili su mappe planimetriche di pericolosità. L’esposizione dipende invece dalla dislocazione sul territorio di beni di valore, aree densamente popolate e attività produttive che possono essere influenzate da un evento sismico. Anche l’esposizione è una componente del rischio sismico difficilmente controllabile; la sua modifica infatti comporterebbe un trasferimento di attività, persone e beni di difficilissima od impossibile attuazione se non in rarissimi casi.

La vulnerabilità infine è la predisposizione delle strutture a subire un danneggiamento più o meno elevato a seguito di un evento sismico, delle attività a subire danni o interruzioni e delle persone a correre rischi di essere ferite più o meno gravemente. Risulta evidente quindi che la mitigazione del rischio sismico è direttamente attuabile con la riduzione della vulnerabilità. L’approccio alla riduzione della vulnerabilità sismica si fonda necessariamente su una prima analisi delle tipologie costruttive e degli schemi strutturali presenti su una precisa area nonché sullo studio accurato del costruito tale da evidenziare, soprattutto, criticità, elementi vulnerabili e carenze strutturali sia a livello generale sia a livello locale.

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1.1.

Comportamento sismico di edifici in c.a.

La moderna progettazione antisismica e le più recenti evoluzioni normative hanno come obiettivi principali la salvaguardia della vita umana, la limitazione dei danni alle costruzioni e il mantenimento della funzionalità degli edifici. Tale livello di protezione antisimica può essere raggiunto attraverso un approccio alla progettazione basato sull’analisi dei seguenti aspetti:

 Gerarchia delle resistenze;

 Regolarità strutturale;

 Materiali e dettagli costruttivi.

La scarsa considerazione di tali aspetti ha portato alla realizzazione di edifici con risposte all’azione sismica non governabili e inadatte alla conservazione delle capacità resistenti del sistema strutturale durante l’evento sismico.

In effetti lo studio dei meccanismi di danno provocati dal terremoto ha condotto al concetto, fondamentale per l’ingegneria sismica, per cui qualsiasi struttura deve essere in grado di dissipare l’energia che il sisma trasmette alle masse strutturali. Questo rimane ad oggi il principio cardine per evitare il ripetersi di eventi catastrofici in termini di perdita di vite umane. Lo studio del comportamento degli edifici esistenti può essere quindi condotto in relazione ai criteri di nuova progettazione.

Gerarchia delle resistenze

In generale un edificio in c.a. può presentare diverse modalità di collasso e di danno in funzione delle caratteristiche proprie del sistema strutturale e delle azioni a cui è soggetto. Le modalità di collasso duttili sono legate alla formazione di un meccanismo di collasso globale (Figura 1.1.1), che coinvolge l’intera struttura producendo deformazioni anelastiche alle estremità delle travi di tutti i piani e alla base dei soli pilastri del piano terra (meccanismo a travi deboli – colonne forti) [Dolce, 2005]. Un tipo di collasso duttile è però attivabile solo se vengono evitate rotture per taglio e/o torsione, se i nodi trave-pilastro risultano sovra-resistenti, e se non si verificano danni in fondazione.

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FIGURA

Al contrario, le modalità di collasso fragili sono riconducibili ad un piano (Figura 1.1.2) che, coinvolge

formazione di cerniere plastiche alle loro estremità [Park, Paulay, 1975]).

FIGURA 1.1.1 SCHEMA DI MECCANISMO DI COLLASSO GLOBALE

Al contrario, le modalità di collasso fragili sono riconducibili ad un meccanism coinvolgendo prevalentemente i pilastri di un solo piano, cerniere plastiche alle loro estremità (meccanismo a travi forti

FIGURA 1.1.2 MECCANISMO DI COLLASSO DI PIANO

meccanismo di collasso di prevalentemente i pilastri di un solo piano, causano la a travi forti – colonne deboli

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Nell’ambito della protezione sismica degli edifici, l modo che la modalità di collasso

In effetti il comportamento

grandi deformazioni anelastiche mantenendo un sufficiente margine di contro, comportamenti fragili non

(Figura 1.1.3).

FIGURA 1.1.3 DANNI DOVUTI ALLA FO

Nell’ambito della protezione sismica degli edifici, le strutture devono la modalità di collasso sia globale evitando possibili meccanism

comportamento duttile in fase di collasso permette alla grandi deformazioni anelastiche mantenendo un sufficiente margine di

comportamenti fragili non essendo dissipativi possono determina

DANNI DOVUTI ALLA FORMAZIONE DI UN MECCANISMO DI COLLASSO LOCALE [RELUI

ono essere concepite in meccanismi locali.

struttura di sostenere grandi deformazioni anelastiche mantenendo un sufficiente margine di capacità portante; per determinare crolli improvvisi

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L’attivazione di meccanismi globali richiede un’accurata progettazione antisismica, basata sul principio di gerarchia delle resistenze, o Capacity Design [CEN, 2003], introdotto a livello normativo in Italia con l’Ordinanza 3274/2003, per le costruzioni in zona sismica ad alta duttilità. Progettare secondo la gerarchia delle resistenze consiste nel prevedere una localizzazione delle zone dissipative in grado di attivare un meccanismo di collasso globale, in modo da poter dissipare energia prima di arrivare a collasso. Le zone del sistema strutturale non coinvolte nel processo dissipativo devono essere progettate per mantenersi in campo sostanzialmente elastico. In pratica la struttura diventa meno sensibile alle caratteristiche del sisma poiché essa può rispondere solamente secondo un predefinito modo duttile.

Operativamente la Capacity Design si esplica nell’assegnare, in fase di progetto, una resistenza differenziata ai diversi elementi strutturali, in modo che la crisi di alcuni preceda e quindi prevenga quella di altri. In particolare, nell’ottica di un collasso di tipo globale, gli elementi da proteggere sono certamente i pilastri; questi devono essere progettati con una resistenza superiore a quella delle travi in modo da favorire la formazione di cerniere plastiche alle estremità delle travi, evitando la rottura dei nodi trave-pilastro.

Il metodo mira, inoltre, al conseguimento della massima capacità duttile del singolo elemento attraverso la calibrazione delle resistenze rispetto ai possibili meccanismi di rottura (flessione, taglio) che possono avvenire nell’elemento stesso. Le rotture a taglio di elementi monodimensionali (travi e pilastri) sono di tipo fragile, mentre le rotture a flessione risultano duttili; occorre quindi che la crisi in tali elementi avvenga per flessione piuttosto che per taglio.

Le strutture esistenti in c.a., in particolare quelle costruite dal dopoguerra agli anni ’90, sono progettate quasi sempre in assenza di ogni criterio antisismico, quale il principio di gerarchia delle resistenze. Questa condizione unita alla sola progettazione a carichi verticali ha contribuito alla realizzazione di strutture il cui meccanismo di collasso più probabile è di tipo locale. Ciò è può essere spiegato con il fatto che generalmente le travi risultano più resistenti dei pilastri caratterizzati spesso da bassi quantitativi di armatura longitudinale. Inoltre non è secondario il ruolo giocato dalla configurazione dei dettagli costruttivi. Comportamenti di collasso fragili possono infatti derivare da elevate percentuali di armatura longitudinale, associate ad insufficiente armatura trasversale (staffe); in questi casi la rottura fragile a taglio può anticipare la plasticizzazione a flessione [SAVE, 2005].

Infine è da rilevare che l’applicazione del metodo della gerarchia delle resistenze richiede un approccio totalmente diverso da quello classico finalizzato alla progettazione con distribuzione uniforme della resistenza; in pratica tutte le parti strutturali erano dimensionate

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unicamente sulla base delle sollecitazioni ottenute dall’analisi elastica. È evidente che ciò non garantisce un adeguato comportamento duttile, in quanto alcuni meccanismi di rottura fragili possono essere sviluppati contemporaneamente se non addirittura anticipare i meccanismi di rottura duttili [Dolce, 2005].

L’analisi delle strutture esistenti in c.a. necessità quindi di procedure specifiche che tengano in conto l’incertezza nella previsione dei meccanismi di plasticizzazione e nella stima della duttilità globale della struttura. Anche le recenti normative indicano, a questo scopo, metodi basati sull’analisi dei rapporti di resistenza tra i diversi elementi strutturali e sulle capacità deformative degli elementi struttura, in modo da potere stabilire le cause responsabili di possibili modalità di collasso fragili.

Regolarità strutturale

L’ingegneria sismica moderna e l’esperienza maturata nei rilievi di danno post-sisma hanno mostrato da tempo il netto peggioramento delle prestazioni strutturali in presenza di irregolarità di vario tipo, ribadendo l’importanza della simmetria, della compattezza di forma, dell’uniforme distribuzione di elementi non strutturali, come tamponamenti [Dolce, 2005]. Con il termine “regolarità strutturale” è da intendersi l’unione di due concetti distinti: semplicità strutturale e uniformità. La semplicità indica percorsi chiari e diretti per la trasmissione delle sollecitazioni, mentre l’uniformità concerne non solo la distribuzione del carico ma manche l’uniforme distribuzione degli elementi strutturali. In entrambi i casi, la presenza di tali caratteristiche offre la possibilità di una chiara lettura al progettista, e la possibilità di una risposta ottimale della struttura nei confronti delle azioni [Salvatore e al., 2007]

In generale una struttura può essere definita regolare in pianta se compatta ed approssimativamente simmetrica nella distribuzione delle masse e delle rigidezze. Il vantaggio di una concezione regolare della struttura è essenzialmente l’attenuazione degli effetti torsionali indotti dal sisma durante la risposta dell’edificio. È necessario ricordare che il centro di massa rappresenta il punto di ogni singolo piano in cui si può ritenere applicata la forza di inerzia derivante dall’accelerazione indotta dall’azione sismica. Il centro delle rigidezze può essere definito come il punto del piano in cui è applicata la reazione della struttura al sisma.

Se la distribuzione planimetrica degli elementi strutturali e dei tamponamenti risulta regolare, il centro di massa e il centro delle rigidezze tendono a coincidere limitando gli effetti del momento torcente che si sviluppa a causa della eccentricità residua. In questo caso i modi di

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vibrare della struttura saranno prevalentemente flessionali, con la sostanziale traslazione dei solai e la scarsa influenza dell’effetto rotazionale. Per contro, se l’eccentricità tra i due punti risulta elevata il momento torcente genera una rotazione del piano più rilevante; in questo caso si avranno modi di vibrare flesso-torsionali con elevata massa partecipante, quindi non trascurabili (Figura 1.1.4).

FIGURA 1.1.4 EFFETTI TORSIONALI DOVUTI DALL’ECCENTRICITÀ TRA IL CENTRO DI MASSA E IL CENTRO DELLE RIGIDEZZE

Gli effetti torsionali sono da valutare attentamente anche in relazione al tipo di analisi condotta per verificare il comportamento della struttura. Infatti la regolarità in pianta permette lo studio dei soli modi flessionali e quindi una analisi a telai piani, mentre la presenza di modi flesso-torsionali necessita di una modellazione tridimensionale dell’edificio.

Una ricorrente causa di irregolarità strutturale può essere rappresentata dalla presenza e dalla posizione del vano scala. Gli elementi costituenti (pilastri tozzi, travi ad asse inclinato, solette) conferiscono alla scala una notevole rigidezza laterale che influenza quindi le caratteristiche dinamiche della struttura. Inoltre la presenza di elementi più rigidi aumenta il rischio di modalità di crisi fragili, per esempio quelle a taglio nei pilastri tozzi.

Essendo un nucleo molto rigido il vano scala gioca un ruolo fondamentale nella determinazione del baricentro delle rigidezze che tende a collocarsi in prossimità della zona più rigida. In questa situazione il centro delle rigidezze tende ad allontanarsi dal centro di massa, accentuando gli effetti torsionali nei modi di vibrare della struttura. Nella Figura 1.1.5 è mostrato un meccanismo di danno dovuto alla situazione descritta; la presenza di un nucleo in c.a. contenente il vano scala, ha esaltato il momento torcente attorno al centro delle rigidezze imponendo spostamenti elevati ai pilastri di estremità, che risultano lesionati.

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FIGURA 1.1.5 MECCANISMO DI DANNO

Recenti studi [Cosenza e al. sulle caratteristiche modali

elementi inclinati (travi a ginocchio) caratterizzati da un notevole

presenza di pilastri tozzi conduce in generale ad una maggiore rigidezza entrambe le direzioni dell’edificio.

mostrano che la presenza del di studio (Figura 1.1.6),

diminuzione della capacità di spostamento

Per contro, in direzione longitudinale la capacità presenza dei pilastri tozzi con differenze modeste ris

FIGURA 1.1.6 SOLAIO TIPO OGGETTO

MECCANISMO DI DANNO DEI PILASTRI DI ESTREMITÀ DEI UN EDIFICIO DOVUTO AGLI ELEVAT

Recenti studi [Cosenza e al., 2007] hanno evidenziato la notevole influenza sulle caratteristiche modali dell’edificio. Tale risultato è stato attribuito

(travi a ginocchio) caratterizzati da un notevole regime assiale; tozzi conduce in generale ad una maggiore rigidezza

dell’edificio. Più in dettaglio le analisi condotte in ambito non lineare, mostrano che la presenza del vano scala porta, nella direzione trasversale

, ad incrementi di resistenza dell’ordine del

diminuzione della capacità di spostamento del 50% rispetto all’ipotesi di assenza della scala. Per contro, in direzione longitudinale la capacità sismica risulta influenzata solo dalla

pilastri tozzi con differenze modeste rispetto al caso di assenza della scala.

SOLAIO TIPO OGGETTO DI STUDI SULL’INFLUENZA DELLE SCALE NELLA CAPACITÀ SISMICA

O DOVUTO AGLI ELEVATI EFFETTI TORSIONALI

influenza del vano scala stato attribuito alla presenza di regime assiale; anche la tozzi conduce in generale ad una maggiore rigidezza del vano scala in Più in dettaglio le analisi condotte in ambito non lineare, nella direzione trasversale degli edifici oggetto incrementi di resistenza dell’ordine del 100% contro una del 50% rispetto all’ipotesi di assenza della scala. sismica risulta influenzata solo dalla

di assenza della scala.

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Un aspetto che influenza la regolarità strutturale è quello relativo alla presenza tamponature negli edifici intelaiati in c.a

nessuna considerazione delle caratt

muratura di tamponamento, ma vengono considerati solo come carichi verticali presenza di tamponatura viene ritenuta vantaggiosa dal momento

aumento nella resistenza laterale energia [Mollaioli e. al., 2007]

c.a. ed elementi non strutturali mostrano il ruolo, a volte non trascurabile, rivestito dai tamponamenti soprattutto in termini di rigidezza.

Il contributo dei tamponamenti

strutturale onde valutare l’effettivo grado di interazione con l’intelaiatura. Uno dei metodi di schematizzazione più diffuso

mediante due bielle diagonali, incernierate agli estremi, come mostrato in

FIGURA 1.1.7 MODELLO A BIELLE EQU

Questo approccio di modellazione è connesso

seguito all’applicazione ciclica di una forza orizzontale: le fessure, che si sviluppano perpendicolarmente alle direzioni principali di trazione e quindi lungo q

hanno andamento diagonale e congiungono i due vertici opposti del pannello

Poichè esse delimitano puntoni diagonali compressi, i modelli prevedono molto spesso bielle reagenti solo a compressione

nza la regolarità strutturale è quello relativo alla presenza edifici intelaiati in c.a. Molto spesso i telai vengano progettati senza

delle caratteristiche di rigidezza e della disposizione tamponamento, ma vengono considerati solo come carichi verticali

tamponatura viene ritenuta vantaggiosa dal momento che essa fornisce sia un aumento nella resistenza laterale dell’edificio, sia un supplemento di capacità

Mollaioli e. al., 2007]. Tuttavia le ricerche nel campo dell’interazione tra struttura in c.a. ed elementi non strutturali mostrano il ruolo, a volte non trascurabile, rivestito dai tamponamenti soprattutto in termini di rigidezza.

dei tamponamenti quindi deve essere messo in conto

onde valutare l’effettivo grado di interazione con l’intelaiatura. Uno dei metodi di schematizzazione più diffuso è quello a bielle: il pannello di muratura vie

mediante due bielle diagonali, incernierate agli estremi, come mostrato in

MODELLO A BIELLE EQUIVALENTI PER UN PANNELLO DI MURATURA NELL’AMBITO DI UN TELAI

Questo approccio di modellazione è connesso allo stato fessurativo di un pannello murario in seguito all’applicazione ciclica di una forza orizzontale: le fessure, che si sviluppano perpendicolarmente alle direzioni principali di trazione e quindi lungo q

hanno andamento diagonale e congiungono i due vertici opposti del pannello

oichè esse delimitano puntoni diagonali compressi, i modelli prevedono molto spesso bielle reagenti solo a compressione [Guerrini, 2008].

nza la regolarità strutturale è quello relativo alla presenza delle vengano progettati senza e della disposizione dei pannelli di tamponamento, ma vengono considerati solo come carichi verticali. Infatti, la che essa fornisce sia un dell’edificio, sia un supplemento di capacità di dissipare Tuttavia le ricerche nel campo dell’interazione tra struttura in c.a. ed elementi non strutturali mostrano il ruolo, a volte non trascurabile, rivestito dai

quindi deve essere messo in conto nella modellazione onde valutare l’effettivo grado di interazione con l’intelaiatura. Uno dei metodi di il pannello di muratura viene modellato mediante due bielle diagonali, incernierate agli estremi, come mostrato in Figura 1.1.7.

L’AMBITO DI UN TELAIO IN C.A

lo stato fessurativo di un pannello murario in seguito all’applicazione ciclica di una forza orizzontale: le fessure, che si sviluppano perpendicolarmente alle direzioni principali di trazione e quindi lungo quelle di compressione, hanno andamento diagonale e congiungono i due vertici opposti del pannello (Figura 1.1.8). oichè esse delimitano puntoni diagonali compressi, i modelli prevedono molto spesso bielle

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FIGURA 1.1.8 COMPORTAMENTO DI UN PANNELLO DI MURATURA SOGGETTO A TAGLIO CICLICO

Recenti studi hanno fornito dati interessanti sull’influenza dei tamponamenti nella risposta sismica di edifici in c.a.

Una analisi condotta su basi interamente probabilistiche [De Sortis e al., 2007], ha interessato differenti configurazioni di telai in cemento armato, di quattro, sei, otto e dodici piani, con o senza elementi murari di tamponatura, localizzati in quattro città appartenenti a zone del territorio italiano caratterizzate da diversa sismicità. I risultati ottenuti mostrano che l’omessa considerazione del contributo della tamponatura costituisce una misura prudenziale nel caso di telai regolari, e in particolar modo quando i pannelli in muratura siano ben costruiti, resistenti e realizzati in mattoni pieni e malta di buona qualità. Tale pratica può risultare invece a sfavore di sicurezza nei casi in cui i pannelli in muratura siano molto deboli, quali quelli costituiti da mattoni forati e malta di cattiva qualità.

La distribuzione irregolare degli elementi non strutturali può influire sulla risposta dinamica degli edifici esistenti in c.a. A questo proposito è stato condotto uno studio [Salvatore e al., 2008] basato sull’analisi dinamica sperimentale di un edificio esistente destinato alla demolizione. La procedura ha previsto successive demolizioni parziali, realizzando diverse distribuzioni degli elementi non strutturali nell’ambito della costruzione (Figura 1.1.9).

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FIGURA 1.1.9 CASO DI STUDIO SUL COMPORTAMENTO DINAMICO IN PRESENZA DEI TAMPONAMENTI [SALVATORE, 2008]

I risultati preliminari mostrano come la presenza delle strutture secondarie, di rigidezza e resistenza non trascurabili, possa influenzare fortemente la risposta dinamica di una struttura variandone sia il valore delle frequenze proprie che la natura delle forme modali.

In particolare le tutte forme modali dell’edificio completo di tamponamenti presentano sia contributi flessionali che torsionali mentre, man mano che i tamponamenti vengono rimossi, la struttura presenta una sempre più netta separazione dei contributi flessionali e torsionali nelle diverse forme modali.

In termini di danni è necessario sottolineare che il meccanismo di rottura dei tamponamenti è sostanzialmente di tipo fragile; raggiunto il valore limite della fase elastica, si ha una perdita rapida di rigidezza e resistenza in conseguenza allo svilupparsi del quadro fessurativo.

In Figura 1.1.10 sono riportati alcuni esempi di danneggiamento dei pannelli di tamponamento.

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FIGURA 1.1.10 DANNI DEI TAMPONAMENTI SU ALCUNI EDIFICI COLPITI DAL SISMA DEL 6.4.2009 NELLA REGIONE ABRUZZO

Per quanto riguarda la regolarità in elevato è opportuno prevedere una distribuzione di massa e rigidezza uniforme lungo lo sviluppo verticale della struttura e soprattutto evitare brusche variazioni della sezione orizzontale dell’edificio. In effetti l’azione dinamica del sisma, una volta che la struttura entra in campo anelastico, tende a concentrare la richiesta di spostamento nelle zone che presentano una minore rigidezza laterale, esponendo la struttura alla possibilità di meccanismi di collasso locali. È questo il caso del cosiddetto piano soffice, situazione che si crea quando gli elementi strutturali verticali hanno brusche variazioni di rigidezza, particolarmente ai piani bassi o, situazione ancor più frequente, quando tamponature e tramezzature sono presenti a tutti i piani tranne che in uno [Dolce, 2005].

La presenza, per esempio, di ambienti a piano terra con ampie aperture (garage) o addirittura di pilotis, può costituire un piano estremamente vulnerabile della struttura; la scarsa rigidezza

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del piano comporta una maggiore richiesta di deformazione dei pilastri che possono giungere rapidamente al collasso (Figura 1.1.11)

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FIGURA 1.1.11 – MECCANISMO DI PIANO SOFFICE PER DELL’EDIFICIO SITO IN PETTINO [RELUIS, 2009]

In Figura 1.1.11 è riportato l’esempio di un meccanismo di piano soffice relativo ad un edificio sito a Pettino coinvolto nell’evento simico del 6 aprile 2009. E’ da notare tuttavia che in questo caso le forti richieste deformative sono legate anche a forme modali di tipo flesso-torsionali strettamente connesse con la forma irregolare della pianta dell’edificio (Figura 1.1.12)

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FIGURA

Costituiscono causa di irregolarità strutturale anche gli elementi tozzi. configurazione geometrica, sono soggetti ad elevate richieste incontro spesso a crisi fragili

FIGURA 1.1.13 COMPORTAMENTO A PILA

Le strutture in c.a., possono presentare elementi tozzi per esempio quando gli elementi verticali

problema degli elementi in c.a.

numerose variabili che condizionano la risposta

FIGURA 1.1.12 VISTA DALL’ALTO DELL’EDIFICIO SITO IN PETTINO

Costituiscono causa di irregolarità strutturale anche gli elementi tozzi. Questi geometrica, sono soggetti ad elevate richieste taglianti ncontro spesso a crisi fragili (Figura.1.1.13).

COMPORTAMENTO A PILASTRO TOZZO DOVUTO ALLA PRESENZA DI TAMPONAMENTI PARZIALI

e strutture in c.a., possono presentare elementi tozzi non solo all’interno del vano scala, ma gli elementi verticali sono intercettati da più travi a livelli sfalsati. problema degli elementi in c.a. a snellezza risulta particolarmente complesso in relazione alle numerose variabili che condizionano la risposta di tali elementi, fra cui

Questi, proprio per loro taglianti e dunque vanno

NAMENTI PARZIALI

non solo all’interno del vano scala, ma intercettati da più travi a livelli sfalsati. Il te complesso in relazione alle di tali elementi, fra cui la complessa

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interazione tra meccanismi flessionali e di taglio. Di seguito è proposto un caso di danneggiamento di pilastri tozzi, rintracciato in un condominio colpito dal recente terremoto in Abruzzo; l’edificio presenta sul lato lungo due pilastrate costituite da elementi di diverso diametro e altezza (Figura 1.1.14).

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FIGURA 1.1.14 ESEMPIO DEL DANNEGGIAMENTO DI PILASTRI TOZZI [FERRETTI, 2009]

I pilastri tozzi si impostano sul parapetto in cemento armato configurando di fatto uno schema a portale zoppo. Su tutte le colonne è imposto lo spostamento dal solaio sovrastante indotto dal sisma; tuttavia la deformazione richiesta ai pilastri tozzi, essendo questi più rigidi, risulta eccessiva e porta a crisi per taglio (Figura 1.1.15) [Ferretti, 2009].

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Dettagli costruttivi e materiali

Per conseguire un comportamento sismico basato su quanto esposto in precedenza,

strutturali, che condizionano Inoltre essi risultano fondamentali

i diversi elementi (continuità e limiti geometrici) Il ruolo giocato dall’arma

all’elemento un contributo alla resistenza nei confronti di azioni taglianti La non corretta progettazione della staffatura, sia

aspetto assai problematico,

vanificando l’eventuale gerarchia dei meccanismi di rottura prevista. La staffatura è altresì fondamentale

nell’impedire l’instabilità delle barre d’armatura longitudinali (Figura

FIGURA 1.1.

In effetti per incrementare la un regime tensionale tri-assiale,

scopo è raggiunto con l’inserimento delle staffe che ravvicinata. Inoltre, soprattutto negli elementi

e materiali

Per conseguire un comportamento sismico basato su meccanismi di rottura

esposto in precedenza, occorre affiancare una progettazione attenta dei dettagli condizionano, a livello locale, l’effettivo sviluppo della duttilità richiesta. Inoltre essi risultano fondamentali per garantire la corretta trasmissione delle

i diversi elementi (continuità e limiti geometrici).

armatura traversale è certamente indispensabile per conferire all’elemento un contributo alla resistenza nei confronti di azioni taglianti

La non corretta progettazione della staffatura, sia nei pilastri che nelle travi

matico, in quanto rende i singoli elementi esposti a rotture fragili vanificando l’eventuale gerarchia dei meccanismi di rottura prevista.

è altresì fondamentale nell’ambito del confinamento del calcestruzzo e nell’impedire l’instabilità delle barre d’armatura longitudinali (Figura 1.1.1

.16 SCHEMI DI STAFFATURA PER IL CONFINAMENTO DEL CALCESTR

In effetti per incrementare la resistenza e la duttilità del calcestruzzo è necessario assiale, nel quali la deformazione ultima risulta più elevata scopo è raggiunto con l’inserimento delle staffe che devono essere disposte in maniera

prattutto negli elementi soggetti a elevata compressione,

meccanismi di rottura duttili, accanto a occorre affiancare una progettazione attenta dei dettagli

luppo della duttilità richiesta. per garantire la corretta trasmissione delle sollecitazioni tra

tura traversale è certamente indispensabile per conferire all’elemento un contributo alla resistenza nei confronti di azioni taglianti

che nelle travi, rappresenta un in quanto rende i singoli elementi esposti a rotture fragili

confinamento del calcestruzzo e 1.1.16).

UZZO

duttilità del calcestruzzo è necessario perseguire risulta più elevata. Tale devono essere disposte in maniera soggetti a elevata compressione, le staffe

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opportunamente disposte limitano l’insorgenza di fenomeni di instabilità locale per le barre longitudinali, attesa la loro caratteristica snellezza.

In zona sismica, le più recenti normative, prescrivono un infittimento delle staffe in travi e pilastri in vicinanza del nodo. Inoltre, le staffe del pilastro devono proseguire dentro il nodo. Anche le barre d’armatura della trave devono essere piegate, nei nodi di estremità, al fine di garantire un adeguato ancoraggio. In Figura 1.1.17 è proposta la corretta esecuzione di un nodo trave pilastro per un edificio di nuova costruzione.

FIGURA 1.1.17 ESEMPIO DI ARMATURA DEI NODI IN ZONA SISMICA

Questi accorgimenti sono stati introdotti anche a livello normativo, in quanto indispensabili per dotare le strutture di meccanismi di rottura duttili, soprattutto a livello dei singoli elementi. Gli edifici esistenti in c.a., soprattutto quelli realizzati in zone classificate sismiche solo recentemente, presentano gravi carenze progettuali ed esecutive riguardo ai nodi trave-pilastro; in particolare, oltre a non prevedere una specifica sovra-resistenza del nodo, risulta spesso assente la normale staffatura nella zona di pilastro interna al nodo o comunque, quando presente, è disposta ad un passo inadeguato (Figura 1.1.18).

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FIGURA 1.1.18 ROTTURE A TAGLIO DEL NODO TRAVE-PILASTRO

In relazione alla funzione delle staffe è opportuno rilevare che durante il sisma queste, essendo soggette a sforzi di trazione elevati, tendono ad aprirsi; ciò è abbastanza comune soprattutto quando non viene eseguita la corretta piegatura delle estremità attorno alla barra longitudinale (Figura 1.1.19). È evidente che la mancata chiusura delle staffe rende vulnerabile l’elemento che, non potendo contare su un’efficace armatura trasversale a taglio, rimane esposto al pericolo di crisi fragile anche durante il processo di plasticizzazione per flessione.

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FIGURA 1.1

Infine il comportamento sismico d

meccaniche dei materiali costituenti. In particolare strutturali sono connesse a

snervamento dell’acciaio. Quest

sollecitante e alla disposizioni normative vigenti all’epoca di costruzione. E’ noto che il calcestruzzo presenta caratteristich

tempo a causa dei processi di degrado di diversa natura (chimica, sottoposto. Molte strutture

mostrano infatti segni evidenti di degrado, soprattutto se ubicate aggressivi (atmosfera marina, industriale, etc.) o se realizzate con messe in opera con modalità

strutture in c.a. si possono citare l’effetto dei cloruri questi fenomeni possono portare alla corrosione delle importante causa di degrado delle strutture in c.a.

potrebbe assistere ad una progressiva

riduzione della sua capacità di dissipare energia; in particolare si possono sostanzialmente la modalità di

fragile [Berto e al., 2007]

sempre oggetto la determinazione

oggi disponibili forniscono metodi di prova evoluti

derivanti dalle prove in situ è un problema che non trova soluzione in alcuna normativa, in quanto non esiste attualmente uno st

1.1.19 IMPORTANZA DELLA CHIUSURA DELLE STAFFE [FERRETTI, 2009]

comportamento sismico delle strutture in c.a. risente delle effettive proprietà dei materiali costituenti. In particolare le capacità resistenti degli elementi strutturali sono connesse alla resistenza a compressione del calcestruzzo e alla tensione di snervamento dell’acciaio. Questi valori devono essere adeguati in relazione al quadro sollecitante e alla disposizioni normative vigenti all’epoca di costruzione.

E’ noto che il calcestruzzo presenta caratteristiche meccaniche e di resistenza variabili nel dei processi di degrado di diversa natura (chimica, fisica, ambientale, etc.) cui è presenti nel territorio italiano, anche non particolarmente datate, segni evidenti di degrado, soprattutto se ubicate in ambienti particolarmente marina, industriale, etc.) o se realizzate con calcestruzzi scadenti ovvero messe in opera con modalità non controllate. Tra gli attacchi ambientali più fre

strutture in c.a. si possono citare l’effetto dei cloruri e la carbonatazione d

possono portare alla corrosione delle armature, probabilmente la più degrado delle strutture in c.a. Per effetto dei processi

potrebbe assistere ad una progressiva perdita di duttilità della struttura con conseguente a capacità di dissipare energia; in particolare si possono

la modalità di rottura, passando da una rottura di tipo duttile ad una via più [Berto e al., 2007]. Inoltre non è da sottovalutare l’incertezza sistematica di cui è la determinazione delle proprietà dei materiali. Se da una parte le tecnologie

iscono metodi di prova evoluti, dall’altra la fase interpretativa

derivanti dalle prove in situ è un problema che non trova soluzione in alcuna normativa, in ualmente uno standard internazionale di riferimento.

[FERRETTI, 2009]

risente delle effettive proprietà le capacità resistenti degli elementi sione del calcestruzzo e alla tensione di i valori devono essere adeguati in relazione al quadro sollecitante e alla disposizioni normative vigenti all’epoca di costruzione.

meccaniche e di resistenza variabili nel a, ambientale, etc.) cui è che non particolarmente datate, in ambienti particolarmente calcestruzzi scadenti ovvero Tra gli attacchi ambientali più frequenti per le e la carbonatazione del conglomerato; armature, probabilmente la più to dei processi corrosivi, infatti, si perdita di duttilità della struttura con conseguente a capacità di dissipare energia; in particolare si possono modificare di tipo duttile ad una via più Inoltre non è da sottovalutare l’incertezza sistematica di cui è materiali. Se da una parte le tecnologie la fase interpretativa dei risultati derivanti dalle prove in situ è un problema che non trova soluzione in alcuna normativa, in

(20)

1.2.

Il quadro normativo nazionale

Carattere prestazionale e azione sismica

Negli ultimi venti anni le ricerche nel campo dell’ingegneria sismica hanno fatto grandi progressi andando verso l’attuazione di una strategia di prevenzione e mitigazione del rischio sismico moderna, efficace e scientificamente corretta. I risultati sono confluiti nelle diverse parti dell’Eurocodice 8 (EC8), alcune già definitivamente approvate, altre in corso di avanzato sviluppo. L’EC8 è stata la base della nuova normativa antisismica italiana, riportata nelle Norme Tecniche per le Costruzioni [NTC 2008] di cui al D.M. 14/01/2008. Uno degli aspetti centrali delle nuove norme è il cambiamento di approccio, che da prescrittivo diviene prestazionale. In sostanza, si parte dagli obiettivi e dalla precisa elencazione delle prestazioni attese dalla struttura e dei requisiti necessari al conseguimento di tali prestazioni, per giungere alla formulazione di criteri e regole finalizzati a tali obiettivi. In particolare vengono definiti due livelli prestazionali a cui ci si deve riferire per le azioni sismiche: gli Stati Limite d’Esercizio (SLE) e gli Stati Limite Ultimi (SLU).

In dettaglio gli SLE sono:

 Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo

complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;

 Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo

complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

Gli SLU invece sono:

 Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la

costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una

(21)

parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

 Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la

costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

Le NTC 2008 introducono inoltre il concetto di pericolosità sismica di base del sito, come elemento di base per la determinazione dell’azione sismica. Si fissa innanzitutto un periodo di riferimento VR in relazione al quale verrà valutata l’azione sismica, nonché uno stato limite SL con la relativa probabilità di eccedenza. VR può essere valutato attraverso l’espressione fornita al § 2.4.3 delle NTC:

R N U

V =V C

in cui si sono indicati con VN la vita nominale dell’edificio, intesa come il numero di anni nel quale la struttura deve potere essere usata per lo scopo al quale è destinata, e con CU il coefficiente d’uso, definito in base alla classe d’uso. Le quattro classi d’uso definite dalla norma (Tabella 1.2.1) sono classificate con riferimento alle conseguenze dell’interruzione di operatività o di un eventuale collasso; si passa da edifici con presenza occasionale di persone (classe I) a quelli con funzioni pubbliche e strategiche (classe IV).

TABELLA 1.2.1 VALORI DEL COEFFICIENTE D’USO CU

Sulla base ai prescelti SL e VR la pericolosità sismica è definita in modo articolato: in riferimento a un sito su suolo rigido con superficie topografica orizzontale (sottosuolo di categoria A), le forme spettrali sono assegnate, per ciascun punto del territorio nazionale, mediante l’accelerazione massima orizzontale al sito, ag, il valore massimo del fattore di amplificazione Fo per lo spettro in accelerazione orizzontale e il periodo TC* corrispondente al punto iniziale del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale. È da sottolineare come gli spettri di progetto così definiti differiscono significativamente da quelli della precedente normativa di cui al D.M. 16/01/96, non solo per l’accelerazione, ma anche

Classe d’uso I II III IV

(22)

per la forma e la più precisa caratterizzazione dei suoli. Infatti le azioni di progetto si ricavano, dalle accelerazioni ag e dalle relative forme spettrali, ma vengono successivamente

adattate alle condizioni locali stratigrafiche del sottosuolo effettivamente presente nel sito di costruzione e alla morfologia della superficie; in tal modo si perviene alla risposta sismica locale.

In effetti lo spettro di risposta elastico in accelerazione viene assegnato tramite una forma spettrale riferita ad uno smorzamento convenzionale del 5%, moltiplicata per il valore della accelerazione orizzontale massima ag su sito di riferimento rigido orizzontale. Gli spettri così definiti possono essere utilizzati per strutture con periodo fondamentale minore o uguale a 4,0 s, altrimenti è necessario ricorrere all’uso di accelerogrammi. In particolare le espressioni per il calcolo delle componenti in accelerazione orizzontale dello spettro di progetto sono:

e g o B o B

T

1

T

S (T) = a S η F

+

+

1-T

η F

T

⋅ ⋅ ⋅ ⋅

per 0 ≤ T < TB e g o

S (T) = a S η F

⋅ ⋅ ⋅

per TB ≤ T < TC C e g o

T

S (T) = a

S η F

T

⋅ ⋅ ⋅ ⋅

per TC ≤ T < TD C D e g o 2

T T

S (T) = a S η F

T

⋅ ⋅ ⋅ ⋅

per TD ≤ T

nelle quali T ed Se sono, rispettivamente, il periodo di vibrazione ed l’accelerazione spettrale orizzontale. Inoltre i parametri che modificano lo spettro, adattandolo a situazioni locali sono:

 S coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni topografiche mediante la relazione seguente:

S T

S = S S

essendo SS il coefficiente di amplificazione stratigrafica e ST il coefficiente di amplificazione topografica. Entrambi i coefficienti sono desumibili dalle tabelle riportate al § 3.2.3 delle NTC che forniscono tali valori in relazione alla categoria del sottosuolo (rigidezza) e alla condizione topografica, così come definite al § 3.2.2;

 ηηηη fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento viscosi convenzionali ξ diversi dal 5%, mediante la relazione

(23)

10

η = 0.55 5+ξ ≥

dove ξ (espresso in percentuale) è valutato sulla base di materiali, tipologia strutturale e terreno di fondazione;

 Fo il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima, su sito di riferimento

rigido orizzontale, ed ha valore minimo pari a 2,2;

 TC periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da

*

C C C

T = C T

dove CC è un coefficiente funzione della categoria di sottosuolo;

 TB il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione costante, C B T T = 3

 TD il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante dello

spettro, espresso in secondi mediante l’espressione:

g D a T = 4.0 1.6 g ⋅ +

Risulta evidente che, per come è impostata la definizione dell’azione sismica, sia la forma spettrale che il valore di ag variano al variare della probabilità di superamento nel periodo di riferimento. La normativa inoltre indica il metodo con cui l’azione sismica deve essere combinata con le altre, sia in termini di carichi sia in termini di massa. Per quanto riguarda la combinazione dei carichi la relazione da seguire è la seguente:

1 2 2j kj

j

G + G + P + E +

ψ ⋅Q

nella quale si sono indicati con la notazione G i carichi gravitazionali permanenti, con P l’eventuale pre-sollecitazione, con E l’azione sismica e con Q i carichi gravitazionali accidentali.

Gli effetti dell'azione sismica devono essere valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali:

1 2 2j kj j

(24)

Edifici esistenti

Le NTC prevedono per gli edifici nuovi l’applicazione di regole che presuppongono lo sviluppo di precisi meccanismi di plasticizzazione e, comunque, la disponibilità di una buona duttilità a livello locale e globale; in sostanza viene introdotto il principio di gerarchia delle resistenze, definito nel paragrafo precedente. La capacità di una struttura di sostenere grandi deformazioni anelastiche deve condurre ai previsti meccanismi di collasso globali ed evitare modalità fragili e non dissipative.

D’altra parte però la valutazione delle strutture esistenti, spesso progettate senza alcun criterio antisismico, deve essere condotta con procedure ad hoc in grado di cogliere il reale comportamento delle strutture, anche tramite analisi sofisticate, necessarie in particolare quando si debba ricorrere a tutte le riserve di resistenza e duttilità della struttura. Per questo la norma pone l’attenzione sull’analisi dei rapporti di resistenza tra i diversi elementi strutturali, distinguendo tra elementi e/o meccanismi duttili e fragili. In generale un elemento è caratterizzato da meccanismo duttile se esplica un comportamento prevalentemente flessionale, definito da una elevata capacità deformativa in campo plastico e da una crisi raggiunta per attingimento di una deformazione limite. Al contrario, un elemento è caratterizzato da meccanismo fragile se esplica generalmente un comportamento flessionale, tagliante, definito da una scarsa capacità deformativa e da una crisi raggiunta per attingimento di una resistenza limite [Masi e al., 2007].

La nuova normativa sia nei criteri generali contenuti nelle NTC 2008, sia mediante la Circolare LL. PP. n. 617 del 02/02/2009 non si occupa solo dei metodi analitici di calcolo, ma stabilisce ed individua le casistiche in cui è obbligatorio effettuare la valutazione della sicurezza, nonché le modalità di intervento per ridurre il rischio sismico. In dettaglio la valutazione della sicurezza per gli edifici esistenti deve essere eseguita qualora ricorra anche una delle seguenti situazioni, come riportato al § 8.3 delle NTC 2008:

 riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti dovuta ad azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni), situazioni di funzionamento ed uso anomalo, deformazioni significative imposte da cedimenti del terreno di fondazione;

 provati gravi errori di progetto o di costruzione;

 cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione;

(25)

 interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità o ne modifichino la rigidezza.

È interessante notare come il carattere prestazionale del’impianto normativo sia mantenuto anche per gli edifici esistenti; infatti la valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi devono essere eseguiti in modo prescrittivo agli SLU. Le verifiche possono essere eseguite rispetto alla condizione di salvaguardia della vita umana SLV o, in alternativa, alla condizione di collasso SLC. È possibile riferirsi anche agli SLE, ma i relativi livelli di prestazione dovranno essere stabiliti dal Progettista di concerto con il Committente.

Le categorie di intervento sono individuate sostanzialmente in base al livello di sicurezza che intendono conseguire. Si dividono in:

 interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle presenti norme;

 interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle presenti norme;

 riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati, e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.

Un aspetto molto importante riguarda la conoscenza delle strutture esistenti, sulla base della quale viene svolta la valutazione della sicurezza nonché gli eventuali progetti di intervento. Questi ultimi sono processi normalmente affetti da un grado di incertezza diverso, non necessariamente maggiore, dalla progettazione di edifici nuovi. L’esistenza di fatto della struttura comporta la possibilità di determinare le effettive caratteristiche meccaniche dei materiali e delle diverse parti strutturali, che dunque non possono essere imposte come dati progettuali da conseguire in fase costruttiva, come avviene invece per una costruzione nuova. D’altro canto, una corretta e accurata conoscenza della struttura (geometria e dettagli costruttivi) e dei materiali che la costituiscono riduce le incertezze che, in una costruzione nuova, sono insite nel passaggio dal dato di progetto alla realizzazione. Per tali motivi la normativa contiene disposizioni precise per condurre la fase conoscitiva in maniera efficace ed esaustiva; in particolare viene stabilito un procedimento suddiviso in tre passi: analisi storico-critica, rilievo, caratterizzazione meccanica dei materiali.

L’analisi storico-critica è costituita dal reperimento degli elaborati originali atti alla corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato di sollecitazione, nonché dalla

(26)

ricostruzione del processo edificatorio e delle eventuali modifiche subite nel tempo dal manufatto. È necessario in ogni caso, prima di procedere alle operazioni di rilevo geometrico, svolgere considerazioni sullo sviluppo storico della zona in cui l’edificio è situato onde ricostruirne la storia edilizia e verificare quanti e quali terremoti esso abbia subìto in passato. Sulla base dei dati ottenuti dalla ricerca storica, si possono trarre conclusioni di tipo operativo per la modellazione globale dell’edificio.

Il rilievo deve contemplare sia la geometria complessiva dell’organismo che quella degli elementi costruttivi, comprendendo i rapporti con le eventuali strutture in aderenza. Lo scopo è essenzialmente quello di individuare l’organismo resistente della costruzione, tenendo presente la qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi. Le operazioni di rilevo geometrico - strutturale sono altresì indispensabili per a mettere a punto un modello di calcolo accurato dell’edificio. Il rilievo si compone di un insieme di procedure relazionate e mirate alla conoscenza della geometria esterna delle strutture e dei dettagli costruttivi. La rappresentazione dei risultati del rilievo dovrà essere effettuata attraverso piante, prospetti e sezioni, oltre che con particolari costruttivi di dettaglio.

La caratterizzazione meccanica dei materiali si basa sulla documentazione disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali. È evidente che i valori delle resistenze dei materiali saranno determinati sulla base delle prove effettuate sulla struttura.

La sintesi dei risultati ottenuti nella fase conoscitiva è raggiunta con l’individuazione di livello di conoscenza; esso è legato al livello di approfondimento perseguito, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, dell’analisi storica e delle indagini sperimentali. Ad ogni livello di conoscenza LC la norma associa un fattore di confidenza FC, che va preliminarmente a ridurre i valori medi di resistenza dei materiali, al fine di ricavare i valori da adottare, nel progetto o nella verifica, e da ridurre ulteriormente, quando previsto, mediante i coefficienti parziali di sicurezza. L’intento è quello di premiare il maggiore investimento in fase di indagine dell’esistente; in effetti i fattori di confidenza risultano più bassi, e quindi le resistenze di calcolo più elevate, in caso disponibilità di una documentazione completa e/o di attente valutazioni sperimentali e rilievi dettagliati. Al contrario un FC elevato si associa ad uno scarso livello di approfondimento delle indagini, e dunque penalizza le resistenze di calcolo.

Il fattore di confidenza, come detto, deve essere determinato in base al LC raggiunto. Per questo sono definite precisamente le modalità con cui valutare i livelli di conoscenza, che sono distinti in:

(27)

 LC1 – Conoscenza Limitata

 LC2 – Conoscenza Adeguata

 LC3 – Conoscenza Accurata

Gli aspetti che determinano i suddetti LC sono la geometria, i dettagli strutturali e le proprietà dei materiali. In particolare i dettagli costruttivi per gli edifici in c.a. riguardano la quantità e disposizione delle armature, compreso il passo delle staffe e la loro chiusura, la consistenza degli elementi non strutturali collaboranti.

In Tabella 1.2.2 è riportata sinteticamente la relazione tra i livelli di conoscenza e le informazioni disponibili.

TABELLA 1.2.2 DEFINIZIONE DEI LIVELLI DI CONOSCENZA IN RELAZIONE ALLE INFORMAZIONI DISPONIBILI

Dalla tabella si nota che i livelli di conoscenza influenzano anche la scelta dei modelli di analisi. Le prescrizioni contenute nella Circolare LL. PP. risultano puntuali ed esaurienti in merito alle modalità di raccolta dei dati; sono precisate, anche se con carattere indicativo, le quantità di rilievi e prove da rispettare al fine di rientrare in un determinato livello di

Livello di

Conoscenza Geometria

Dettagli

strutturali Proprietà materiali

Metodi di analisi FC LC1 Da disegni di carpenteria originali con rilievo visivo a campione oppure rilievo ex-novo completo Progetto simulato in accordo alle norme dell’epoca e limitate verifiche in situ

Valori usuali per la pratica costruttiva dell’epoca e limitate

prove in situ Analisi lineare statica o dinamica 1.35 LC2 Disegni costruttivi incompleti con limitate verifiche in situ oppure estese verifiche in situ Dalle specifiche originali di progetto o dai certificati di prova originali con limitate prove in situ oppure

estese prove in situ

Tutti 1.20 LC3 Disegni costruttivi completi con limitate verifiche in situ oppure esaustive verifiche in situ

Dai certificati di prova originali o dalle specifiche originali di progetto con estese prove in situ

oppure esaustive prove in situ

Tutti

(28)

conoscenza. Le indicazioni riguardo al rilevo dei dettagli sono identificate con l’introduzione dei termini limitate, estese ed esaustive, che assumono i seguenti significati:

 Verifiche in situ limitate: servono per verificare la corrispondenza tra le armature o le caratteristiche dei collegamenti effettivamente presenti e quelle riportate nei disegni costruttivi, oppure ottenute mediante il progetto simulato;

 Verifiche in situ estese: servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originali come alternativa al progetto simulato seguito da verifiche limitate, oppure quando i disegni costruttivi originali sono incompleti;

 Verifiche in situ esaustive: servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originali e si desidera un livello di conoscenza accurata.

Viene anche introdotto il Progetto simulato che, in mancanza dei disegni costruttivi originali, serve a definire la quantità e la disposizione dell’armatura in tutti gli elementi con funzione strutturale o le caratteristiche dei collegamenti; deve essere condotto sulla base delle norme tecniche in vigore e della pratica costruttiva caratteristica all’epoca della costruzione.

I limiti quantitativi caratterizzanti le varie tipologie di verifica, sono espressi in percentuale di elementi strutturali da indagare, come indicato nella Tabella 1.2.3.

TABELLA 1.2.3 QUANTIFICAZIONE DEI LIMITI MINIMI PER LE VARIE TIPOLOGIE DI PROVA

L’impostazione e l’estensione della campagna di indagine dipende innanzitutto dalla disponibilità, completezza e affidabilità degli elaborati di progetto originali, quindi dal grado di approfondimento che si intende perseguire in riferimento all’entità dello studio da compiere e alle risorse impiegabili.

Livello di

Conoscenza Rilievo dettagli Prove sui materiali

Verifiche limitate La quantità e disposizione dell’armatura è verificata per almeno il 15% degli elementi

1 provino di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 1 campione di armatura per

piano dell’edificio

Verifiche estese La quantità e disposizione dell’armatura è verificata per almeno il 35% degli elementi

2 provini di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per

piano dell’edificio

Verifiche esaustive La quantità e disposizione dell’armatura è verificata per almeno il 50% degli elementi

3 provini di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 3 campioni di armatura per

(29)

Metodi di analisi strutturale

La normativa prevede di due diversi approcci per l’analisi sismica delle strutture: analisi lineari e analisi non lineari.

La differenza fondamentale tra i due approcci sta nel fatto che le analisi lineari non sono in grado di prevedere la capacità di deformazione inelastica offerta dalla struttura; è evidente quindi che queste risultano poco adatte allo studio dei comportamenti non lineari e le condizioni prossime al collasso.

Le analisi non lineari consentono invece di individuare dove e con quale progressione si manifestano gli effetti plastici, localizzare le debolezze strutturali, stabilire il tipo di crisi e in generale quantificare il livello di duttilità strutturale.

In particolare le NTC propongono quattro tipi di analisi, dovuti all’ulteriore distinzione tra metodi statici o dinamici:

 analisi statica lineare;

 analisi dinamica lineare (modale);

 analisi statica non lineare (pushover);

 analisi dinamica non lineare.

È da notare che in passato, a causa dell’oneroso impegno computazionale, l’impiego dei metodi di calcolo di tipo dinamico e di quelli non lineari era molto limitato. Il metodo più diffuso era quindi l’analisi statica lineare per via della sua semplicità. Attualmente grazie alla capillare diffusione dei calcolatori e allo sviluppo di software appositi, l’analisi non lineare e quella dinamica rappresentano metodi di calcolo accessibili a tutti i progettisti.

Verifiche di sicurezza

Le verifiche di sicurezza, nel caso specifico di strutture esistenti in c.a., vengono condotte previa distinzione tra elementi/meccanismi resistenti “duttili” o “fragili”. Ciò si rende necessario oltre che per il diverso comportamento strutturale caratterizzante l’una e l’altra tipologia di elemento, anche per la diversa formalizzazione della verifica di sicurezza.

La norma propone la seguente classificazione tra gli elementi ed i meccanismi resistenti:

 duttili: travi, pilastri e pareti inflesse con e senza sforzo normale;

(30)

In generale i meccanismi duttili si verificano controllando che la domanda non superi la corrispondente capacità in termini di deformazione. I meccanismi fragili si verificano invece controllando che la domanda non superi la corrispondente capacità in termini di resistenza. L’analisi sismica globale deve basarsi su metodi di analisi che consentano di valutare in maniera appropriata sia la resistenza che la duttilità disponibile, ovvero metodi non lineari. L’impiego di metodi di calcolo lineari, è comunque ammesso anche se richiede un’opportuna definizione del fattore di struttura q in relazione alle caratteristiche meccaniche globali e locali della struttura in esame.

La valutazione della domanda è subordinata al metodo di analisi impiegato e allo SL prescelto. L’esecuzione dell’analisi (lineare e/o non lineare) è effettuata utilizzando i valori medi delle proprietà dei materiali direttamente ottenute da prove in situ e da eventuali informazioni aggiuntive.

La valutazione della capacità è direttamente influenzata dalla tipologia di elemento (duttile o fragile), dalle proprietà dei materiali, dal livello di conoscenza raggiunto.

Vengono proposti nel seguito i metodi di verifica indicati in normativa, in relazione al tipo di analisi simica.

Analisi lineare (statica o dinamica)

Nell’ipotesi di voler effettuare una analisi simica in campo lineare, sia statica che dinamica, la normativa prevede due differenti modalità.

I° modalità: spettro elastico

Questa modalità si basa sull’impiego di uno spettro di risposta elastico definito ai § 3.2.3 delle NTC, che permette di valutare le azioni di progetto dell’azione sismica corrispondente, combinate con le altre azioni. Questa modalità di analisi è subordinata a due condizioni di applicabilità, oltre a quelle relative alla regolarità strutturale in riferimento alla sola analisi statica. La prima prevede il calcolo per ogni elemento primario del coefficiente:

i

D / C

i i

ρ =

in cui:

 Di è il momento flettente fornito dall’analisi della struttura soggetta alla combinazione di carico sismica;

(31)

 Ci è il momento resistente valutato con lo sforzo normale relativo alle condizioni di carico gravitazionali.

Si cercano quindi, tra tutti i ρi > 2, il ρmax e ρmin e si verifica che il rapporto ρmax ρmin non superi il valore 2.5.

La seconda condizione invece è soddisfatta se la capacita Ci degli elementi fragili, risulta maggiore della corrispondente domanda Di. Tale domanda è calcolata in modo differente a seconda che ρi sia maggiore o minore di 1. Infatti se:

 ρi >1, la domanda è calcolata sulla base della resistenza degli elementi duttili adiacenti;

 ρi <1, la domanda è calcolata sulla base dei risultati dell’analisi.

Solo dopo avere verificato l’applicabilità del metodo è possibile proseguire con la procedura di verifica. Per gli elementi duttili la verifica viene eseguita confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche di progetto, espresse in termini di deformazioni, con i rispettivi limiti di deformazione. Le azioni di progetto sono assunte direttamente dai risultati derivanti dall’analisi. Per gli elementi fragili la verifica viene eseguita confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche di progetto, espresse in termini di forze, con le rispettive resistenze. Le azioni di progetto sono ottenute da condizioni di equilibrio, in base alle sollecitazioni trasmesse dagli elementi/meccanismi duttili. Queste ultime possono essere prese uguali a:

 al valore D ottenuto dall’analisi, se la capacità C dell’elemento duttile, valutata usando i valori medi delle proprietà dei materiali, soddisfa ρ = D/C ≤ 1;

 al valore della capacità dell’elemento duttile, valutata usando i valori medi delle proprietà dei materiali moltiplicati per il fattore di confidenza, se ρ = D/C > 1, con D e C definiti al punto precedente.

Infine per il calcolo della capacità di elementi/meccanismi duttili o fragili si impiegano le proprietà dei materiali esistenti direttamente ottenute da prove in sito e da eventuali informazioni aggiuntive, divise per i fattori di confidenza. Per il calcolo della capacità di resistenza degli elementi fragili primari, le resistenze dei materiali si dividono per i corrispondenti coefficienti parziali e per i fattori di confidenza.

II° modalità: spettro di progetto (fattore q)

Con questa modalità è possibile utilizzare lo spettro di progetto ottenuto a partire dallo spettro elastico espresso in termini di accelerazioni (§ 3.2.3 delle NTC) e ridotto con l’uso del fattore

(32)

di struttura q. Quest’ultimo deve essere determinato normalmente con riferimento alla duttilità effettivamente disponibile a livello locale e globale. Tuttavia la norma da la possibilità di scegliere un valore nel campo fra 1.5 e 3.0, sulla base della regolarità nonché dei tassi di lavoro dei materiali sotto le azioni statiche.

A differenza della prima modalità, nel caso di analisi con spettro ridotto, la verifica è condotta assumendo, per tutti gli elementi strutturali, le azioni di progetto in termini di forze. In particolare, per gli elementi strutturali duttili, si controlla che la sollecitazione indotta dall’azione sismica ridotta sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza. Per gli elementi strutturali fragili la condizione che deve essere verificata è che la sollecitazione indotta dall'azione sismica ridotta, assumendo un fattore q = 1.5, sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza.

Inoltre per il calcolo della resistenza di elementi/meccanismi duttili o fragili, si impiegano le proprietà dei materiali esistenti direttamente ottenute da prove in sito e da eventuali informazioni aggiuntive, divise per i fattori di confidenza.

Analisi non lineare (statica o dinamica)

Nel caso di voler eseguire una analisi in campo non lineare la norma prescrive che le sollecitazioni indotte dall’azione sismica sugli elementi/meccanismi sia duttili che fragili, da utilizzare ai fini delle verifiche, sono quelle derivanti dall’analisi strutturale in cui devono essere usati i valori medi delle proprietà dei materiali.

Nell’ipotesi di analisi statica non lineare le azioni di progetto sono derivabili a partire dallo spettro elastico espresso in termini di spostamento opportunamente combinate con gli effetti delle altre azioni. Anche in questo caso le azioni di progetto sono distinte in base al tipo di elemento su cui è condotta la verifica. Negli elementi duttili vengono confrontati gli effetti indotti dalle azioni sismiche in termini di deformazioni con i rispettivi limiti di deformazione. La verifica degli elementi fragili viene invece eseguita confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche in termini di forze con le rispettive resistenze.

Per il calcolo della capacità di elementi/meccanismi duttili o fragili si impiegano le proprietà dei materiali esistenti direttamente ottenute da prove in sito e da eventuali informazioni aggiuntive, divise per i fattori di confidenza. Per il calcolo della capacità di resistenza degli elementi fragili primari, le resistenze dei materiali si dividono per i corrispondenti coefficienti parziali e per i fattori di confidenza.

Figura

FIGURA 1.1.1  SCHEMA DI MECCANISMO DI COLLASSO GLOBALE
FIGURA 1.1.3  DANNI DOVUTI ALLA FO
FIGURA 1.1.4  EFFETTI TORSIONALI DOVUTI DALL’ECCENTRICITÀ TRA IL CENTRO DI MASSA E IL CENTRO DELLE RIGIDEZZE
FIGURA 1.1.6  SOLAIO TIPO OGGETTO
+7

Riferimenti

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