• Non ci sono risultati.

1.1. Generalità 1. Introduzione Introduzione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.1. Generalità 1. Introduzione Introduzione"

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)

1

Introduzione

1. Introduzione

1.1. Generalità

Nel settore della propulsione aerospaziale i motori a propellente liquido rivestono un ruolo molto importante; infatti analizzando molti dei lanciatori impiegati si può chiaramente notare come tra tutti gli stadi che costituiscono un razzo ce ne sia almeno uno nel quale si impieghi un motore a propellente liquido. Infatti questo tipo di motori ha tra i vantaggi non trascurabili, rispetto ad altri motori come quelli solidi, un elevato valore dell’impulso specifico. Le turbopompe trovano un largo utilizzo proprio nei motori a propellente liquido, data la loro capacità di trasferire enormi quantità di propellente verso la camera di combustione e di permettere di ottenere enormi salti di pressione.

Motore Portata propellente (kg/s) Salto di pressione (MPa) Peso/Potenza (kW/kg)

F1 (1° stadio Saturn II, LO2-RP1)

2600 O2 14 36

RP1 10 36

SSME ( Motore principale Space Shuttle, LO2-LH2)

468 O2 60 90

H2 48 160

J2 ( 2°-3° stadio Saturn II, LO2

-LH2)

250 O2 6 15

H2 8 41

Tabella 1-1: Alcune caratteristiche di pompaggio di turbomacchine impiegate in alcuni tipi di razzi. (adattamento Hill-Peterson)

I motori chimici a propellente liquido possono o meno impiegare le turbomacchine; tipicamente il loro utilizzo è circoscritto ai casi dei motori impiegati per il lancio. La differenza tra l’impiego o meno delle turbomacchine viene evidenziato nella seguente Figura in cui viene riportato un confronto tra i livelli raggiungibili per il rapporto tra carico pagante e massa iniziale del veicolo (⁄) in funzione della variazione di velocità (∆) per due tipi di motori

(2)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

a propellente liquido con differenti sistemi di rifornimento del propellente e dell’ossidante alla camera di combustione: con turbopompe e con serbatoi di gas ad alta pressione.

Figura 1-1: Confronto tra gli andamenti del rapporto del carico pagante al variare del ∆ per due differenti sistemi di pompaggio. (Hill-Peterson [1])

Come si nota chiaramente dalla Figura soprastante la curva relativa ai razzi che impiegano le turbopompe per l’alimentazione dei propellenti in camera di combustione rimane sempre al di sopra di quella dei razzi che, invece, impiegano gas in pressione; all’aumentare del ∆ aumenta il vantaggio nell’impiego delle turbomacchine. Dalla Figura 1-1 si evidenzia, dunque, che l’impiego delle turbopompe nei sistemi di pompaggio del propellente permette di trasportare carichi paganti superiori rispetto al caso di sistemi di pompaggio che usano gas in pressione. L’impiego delle turbomacchine presenta comunque non pochi problemi; questo può essere chiarito dalle considerazioni che seguono. Da quando sono state impiegate nel settore spaziale le turbomacchine sono state oggetto di continui cambiamenti nel tentativo di incrementare il rapporto tra la densità di potenza che riescono a generare ed il loro peso. Gli effetti di queste scelte possono essere visti più chiaramente facendo riferimento alla successiva formula:

∝  (1.1)

dove:

• : potenza erogata/assorbita dalla turbomacchina; • : dimensione caratteristica della turbomacchina; • : velocità di rotazione della turbomacchina.

La continua ricerca aerospaziale di diminuire i pesi dei vari componenti ha coinvolto anche le turbomacchine. I tentativi di riduzione delle masse delle turbopompe sono evidenziabili nella formula precedente con una diminuzione della dimensione caratteristica ; volendo mantenere costante la potenza erogata dalla turbomacchina bisogna incrementare notevolmente la velocità di rotazione; visti i differenti valori degli esponenti una riduzione di di un fattore , comporterebbe una moltiplicazione di un fattore  ⁄ della velocità di rotazione per mantenere costante la potenza.

L’esigenza di incrementare le velocità di rotazione della turbomacchina costringe a progettare queste come supercritiche, con la necessità di tenere in forte considerazione

(3)

l’insorgenza di fenomeni oscillatori che possono generare instabilità nella spinta del razzo e forze rotodinamiche significative, che possono portare anche a possibili rotture. Se si aggiunge anche la possibilità della turbomacchina di operare in regime cavitante, ci si rende conto delle enormi difficoltà che i progettisti incontrano nella progettazione di queste.

Uno dei fenomeni che tipicamente interessa le turbomacchine di tutti i motori a propellente liquido è, appunto, la cavitazione. L’impiego delle turbomacchine per pressurizzare il fluido di lavoro consente di eliminare la presenza di ingombranti e pesanti serbatoi di gas per pressurizzare il fluido e muoverlo verso la camera di combustione. La presenza delle turbomacchine consente, quindi, di diminuire le pressioni nei serbatoi dei propellenti e, di conseguenza, di diminuire gli spessori dei serbatoi stessi; tuttavia questa riduzione nella pressione nei serbatoi, che permette risparmi in termini di peso, comporta spesso lo sviluppo di cavitazione all’interno della regione di fluido in cui opera la turbomacchina.

La cavitazione è un fenomeno che interessa sostanze liquide ed è caratterizzato dallo sviluppo di sacche di vapore all’interno del liquido in quelle zone dove la pressione scende al di sotto della pressione di vapore del liquido per quella temperatura alla quale si trova. Queste sacche in genere sono costituite in prevalenza da vapore del liquido, ma generalmente contengono anche del gas disciolto nell’acqua che esce dalla soluzione. La cavitazione è per certi aspetti simile all’ebollizione, anche se esistono delle differenze abbastanza nette. Si faccia, a proposito, riferimento alla successiva Figura che riporta il diagramma di fase di una sostanza.

Figura 1-2: Diagramma di fase di una sostanza: vengono messi in evidenza i processi di ebollizione e di cavitazione. (Franc [2])

Dalla Figura si nota la principale differenza tra un processo di ebollizione e quello di cavitazione. Il primo è un fenomeno caratterizzato da una trasformazione isobara durante la quale varia soltanto la temperatura della sostanza, mentre nel secondo caso il processo è legato ad una trasformazione di tipo isoterma.

In realtà questa è solo una schematizzazione abbastanza semplicistica della cavitazione; infatti la cavitazione, in realtà, avrà sempre degli effetti sulla temperatura del fluido; per

(4)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

questo non si può ritenere un processo puramente isotermo. Tuttavia in condizioni di basse temperature dell’acqua (il liquido che viene tipicamente impiegato nelle prove sperimentali di cavitazione per gli enormi vantaggi per la sicurezza degli impianti e per i conseguenti costi ridotti) solo piccole quantità di calore sono necessarie per la formazione delle bolle di cavitazione, rendendo così il processo praticamente isotermo; questo discorso non può farsi invece per i casi di prove con acqua a temperatura elevata. Tuttavia esistono altre differenze tra ebollizione e cavitazione. Infatti le variazioni di temperatura in un liquido sono in genere dovute al passaggio di calore per conduzione attraverso una superficie solida. L’ebollizione è un fenomeno che interessa, inizialmente, solo la regione di fluido a diretto contatto con la parete calda. Un repentino ed uniforme cambiamento della pressione di un liquido può, invece, coinvolgere una gran parte di volume dello stesso ed è tutt’altro che infrequente, soprattutto all’interno di flussi relativamente veloci: la cavitazione è, quindi, un processo globale che interessa l’intero volume di liquido che ne è soggetto. Le bolle di cavitazione tendono a collassare non appena incontrano una regione dove la pressione statica del fluido è superiore a quella di vapore; il collasso delle bolle è molto violento ed è tipicamente caratterizzato dalla formazione di un getto rientrante all’interno della bolla di cavitazione, la quale, collassando, produce un’enorme numero di bolle più piccole che possono riaggregarsi e ricollassare. Tutto questo produce degli effetti deleteri per le turbomacchine; in particolare i fenomeni che si possono avere in seguito alla cavitazione su una turbomacchina sono:

• decadimento delle prestazioni della turbomacchina. Il salto di pressione che genera la turbomacchina è fortemente influenzato dal livello di cavitazione sviluppata. Inoltre se la cavitazione raggiunge livelli molto spinti anche le capacità di portata di massa che la pompa riesce ad elaborare sono compromesse, visto che quanto più si sviluppa cavitazione nella turbomacchina, tanto maggiore sarà il volume occupato dal vapore del liquido di lavoro. Questo porta anche, ovviamente, ad un decadimento dell’efficienza della turbomacchina. • Danneggiamento delle palettature della turbomacchina interessata dalla cavitazione. Questo è ovviamente influenzato dall’intensità e dalla durata di esposizione alla cavitazione. Il danneggiamento delle superfici solide è provocato dal collasso delle bolle, che provocano lo sviluppo di intense tensioni fortemente localizzate sulle superfici solide. La ripetuta applicazione di queste forze porta all’insorgenza di fenomeni di fatica superficiale, che piano piano provocano un distacco del materiale (erosione meccanica). Nelle seguenti figure sono evidenziati il processo di collasso delle bolle di cavitazione su una superficie solida e, successivamente, alcuni effetti del danneggiamento dovuto alla cavitazione.

Figura 1-3: Processo di collasso di una bolla di cavitazione su una parete solida.

Inizio collasso della bolla

Formazione e sviluppo del micro getto di liquido all’interno della bolla

Impatto ed estrusione del materiale della parete Pit di corrosione

(5)

Figura 1-4: Danneggiamento provocato dalla cavitazione sulla palettatura di una pompa a flusso misto. (Brennen [4])

Figura 1-5: Danneggiamento per cavitazione sulla palettatura di una pompa Francis. (Brennen [4])

(6)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

• Variazione della risposta dinamica della macchina; la cavitazione può produrre fenomeni di instabilità fluidodinamiche con oscillazioni di pressione e portata. Esempi di queste instabilità sono la “cavitazione rotante”, che avviene quando le pale della pompa lavorano ad incidenze prossime allo stallo e che si manifesta come cavitazione che si propaga circonferenzialmente alle pale adiacenti, e le “auto-oscillazioni”, che si manifestano in condizioni di carico molto severe della macchina e alla quale contribuiscono tutti gli elementi ad essa collegati (serbatoi, linee di alimentazione e di scarico). Questi fenomeni danno luogo ad oscillazioni nella portata e nelle pressioni che possono arrivare a minacciare l’integrità strutturale della pompa o dei condotti di aspirazione e mandata. In campo spaziale, un caso di questo genere è rappresentato dalle POGO: oscillazioni, anche molto rilevanti, nella spinta fornita dal sistema propulsivo, originate a monte da fenomeni di cavitazione nelle pompe di alimentazione del motore.

La cavitazione, dunque, produce effetti che si vorrebbero evitare. Tuttavia una soppressione della cavitazione non è una via praticabile; infatti cercare di sopprimere totalmente la cavitazione si tradurrebbe nella necessità di aumentare la pressione del fluido in ingresso, ovvero una pressurizzazione dei propellenti stoccati nei serbatoi a scapito del peso dei serbatoi e ciò, di fatto, ridurrebbe il vantaggio di usare le turbomacchine per pressurizzare il fluido. Le pompe per impiego spaziale sono, quindi, spesso progettate per funzionare in regime parzialmente cavitante, cercando di arrivare al giusto compromesso tra gli effetti dannosi della cavitazione e la riduzione dei pesi. Un accorgimento pratico impiegato per ridurre gli effetti deleteri della cavitazione nelle turbomacchine di impiego spaziale è quello di far precedere la girante della pompa vera e propria da un induttore assiale, il quale pressurizza leggermente il fluido in modo da evitare che sulla pompa principale, che genera il maggior salto di pressione, si abbia l’innesco della cavitazione ed il collasso delle bolle generatesi attraversando l’induttore.

1.2. Forme di cavitazione

Esistono varie tipologie di cavitazione che possono svilupparsi all’interno di una turbomacchina. La Figura seguente schematizza i vari tipi di cavitazione per un induttore di tipo “unshrouded”, ovvero senza il condotto solidale al rotore che intuba la girante.

(7)

Figura 1-7: Varie tipologie di cavitazione per un induttore di tipo “unshrouded”. (Brennen [3])

Abbassando la pressione statica in ingresso alla pompa si ha lo sviluppo dei seguenti tipi di cavitazione:

1. Cavitazione di estremità di paletta (Tip vortex cavitation): è la cavitazione che si sviluppa in corrispondenza dell’estremità del bordo d’attacco della pala del rotore. Infatti a causa della presenza della “clearance” (l’interstizio presente tra l’estremità della paletta ed il tubo al cui interno è disposto il rotore) il fluido elaborato, che ha quindi subìto un incremento della pressione, tende a ritornare indietro attraverso tale interstizio; il vortice che si genera in corrispondenza dell’apice della paletta provoca una forte diminuzione di pressione al suo centro tale da portare alla formazione di bolle di cavitazione.

Nella foto di Figura 1-8 è visibile lo sviluppo della cavitazione di estremità della paletta.

2. Cavitazione bollosa (Bubble cavitation): i nuclei di cavitazione presenti nel flusso a monte tendono a crescere nelle proprie dimensioni passando attraverso la zona di bassa pressione sul dorso del profilo, per poi collassare quando ritornano in regioni a pressione maggiore.

(8)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

Figura 1-9: Esempio di cavitazione bollosa su un profilo idrodinamico. (Brennen

3. Cavitazione di pala (Blade cavitation pala tendono ad aggregarsi e fondendo

paletta. La bolla può ricoprire solo in parte la paletta ed allora si parla si cavitazione parziale; con una ulteriore diminuzione della pressione la bolla tende ad ingrossarsi ulteriormente arrivando a richiudersi a valle della paletta stessa; in questo caso si parla di supercavitazione.

Figura 1-10: Schema della cavitazione parziale (sinistra) e della supercavitazione per una schiera di profili.

Figura 1-11: Cavitazione parziale su un profilo idrodinamico NACA 16012

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

: Esempio di cavitazione bollosa su un profilo idrodinamico. (Brennen [4])

Blade cavitation): al diminuire della pressione le bolle formatesi sulla

pala tendono ad aggregarsi e fondendosi danno origine ad una sola cavità che ricopre la paletta. La bolla può ricoprire solo in parte la paletta ed allora si parla si cavitazione parziale; con una ulteriore diminuzione della pressione la bolla tende ad ingrossarsi ulteriormente

chiudersi a valle della paletta stessa; in questo caso si parla di supercavitazione.

: Schema della cavitazione parziale (sinistra) e della supercavitazione per una schiera di profili. (Brennen [3])

: Cavitazione parziale su un profilo idrodinamico NACA 16012. (Franc [2])

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

: al diminuire della pressione le bolle formatesi sulla si danno origine ad una sola cavità che ricopre la paletta. La bolla può ricoprire solo in parte la paletta ed allora si parla si cavitazione parziale; con una ulteriore diminuzione della pressione la bolla tende ad ingrossarsi ulteriormente

chiudersi a valle della paletta stessa; in questo caso si parla di supercavitazione.

: Schema della cavitazione parziale (sinistra) e della supercavitazione per una schiera di profili.

(9)

Figura 1-12: Supercavitazione per un profilo idrodinamico NACA 16012. (Franc [2])

La supercavitazione risulta essere meno pericolosa della cavitazione parziale; infatti in quest’ultima, richiudendosi la bolla di cavitazione sul profilo, il materiale della paletta si trova a sopportare continue tensioni superficiali, variabili nel tempo, in corrispondenza del punto di richiusura della bolla con conseguente danneggiamento localizzato per fatica, piuttosto evidente. Invece nella supercavitazione la chiusura della bolla di cavitazione avviene a valle del profilo con la conseguente riduzione del danneggiamento superficiale. Per i corpi tozzi la cavitazione di paletta viene rinominata come cavitazione “attaccata” (“attached” o”fully

developed cavitation”).

(10)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

Figura 1-14: Esempio di cavitazione completa per un corpo tozzo. (Brennen [4])

4. Cavitazione di controflusso (Backflow cavitation): questo tipo di cavitazione si sviluppa quando la pompa è costretta a lavorare con portate inferiori a quella di progetto ed è fortemente favorito dalla presenza di una clearance sufficientemente elevata. In queste condizioni si genera un flusso di ritorno il quale può arrivare ad estendersi anche per parecchi diametri a monte dell’imbocco della pompa.

Il verificarsi di un tipo od un altro di cavitazione non dipende soltanto dalla pressione di lavoro ma da tutta una serie di fattori tra cui ad esempio, oltre alla geometria della macchina, la finitura superficiale delle pale; nel caso di pale con spiccata rugosità superficiale, infatti, l’elevato grado di turbolenza del flusso che ne consegue porta a favorire la cavitazione bollosa mentre ostacola quella di pala in quanto lo strato limite si separa meno facilmente.

1.3. Fenomeni rotodinamici

La tendenza a raggiungere valori di velocità di rotazione sempre più elevate comporta sempre maggiori problemi legati al possibile degrado delle parti meccaniche che costituiscono la turbomacchina, come i cuscinetti, le guarnizioni, l’albero stesso su cui è montata la girante e quest’ultima. L’aumento della velocità di rotazione assieme alla diminuzione dei pesi delle turbomacchine richiede di riflettere attentamente sui possibili fenomeni dinamici che possono coinvolgere gli alberi. Infatti se una volta si cercava di stare quanto più lontani possibile dalle velocità di rotazione critiche per l’albero motore, la tendenza che ormai si è sviluppata è quella di avere macchine supercritiche. Tutto questo ha portato, già in fase progettuale, ad interessarsi attentamente alla rotodinamica dell’albero e dei componenti connessi. E’ importante sottolineare che non tutte le vibrazioni dell’albero sono causate da instabilità rotodinamiche; un ruolo considerevole possono giocarlo, infatti, le oscillazioni del flusso come riportato da Rosenmann [5] che, in esperimenti su induttori in regime cavitante, ha misurato forze radiali oscillanti di entità pari a circa il 20% della spinta prodotta in direzione assiale. Tra le instabilità rotodinamiche più pericolose vi è senz’altro lo sviluppo di un moto in direzione perpendicolare all’asse di rotazione, che può diventare autosostentato. Questo moto, detto di “whirl”, altro non è che un moto di precessione dell’asse dell’albero, il quale, a seguito delle forze agenti, tende a seguire una traiettoria più o meno complessa. In particolare, se le forze generate dal moto di “whirl“ provocano un aumento del raggio dell’orbita, la girante si trova a lavorare in condizioni di equilibrio instabile, con conseguente possibilità di rottura dell’albero.

Le cause che generano il “whirl” possono essere classificate in due gruppi, in base all’origine:

(11)

• Origine meccanica: tra le cause di origine meccanica che possono generare il moto di “whirl” c’è sicuramente lo sbilanciamento delle masse; questo può essere dovuto ad un non allineamento del baricentro con l’asse di rotazione della macchina (sbilanciamento statico) o può avere un’origine dinamica, ovvero l’asse di rotazione pur essendo baricentrico non è principale d’inerzia. Vanno considerate pure tra le cause di origine meccanica l’anisotropia delle rigidezze, dovuta, per esempio, alla presenza sull’albero di una cava per l’alloggiamento di una linguetta, e le possibili interferenze tra elementi rotanti ed elementi statorici.

• Origine fluidodinamica: possono essere generate da asimmetrie di flusso, perdite, o ricircolazione.

Una volta innescato il moto di “whirl”, esso risulta fortemente accoppiato con il moto del flusso: infatti il campo fluidodinamico, perturbato dal cambiamento di traiettoria seguito dalla girante, genera, a sua volta, sulla girante ulteriori forze rotodinamiche destabilizzanti, che sostengono il moto eccentrico e diventano ancora più pericolose in presenza di cavitazione. In genere, infatti, la cavitazione ha un effetto destabilizzante sul moto di precessione dell’asse; essa riduce inoltre le forze rotodinamiche laterali agenti sul rotore, provocando così una diminuzione della massa aggiunta ed un aumento delle velocità critiche. Può perciò succedere che una macchina, progettata come supercritica in condizioni non cavitanti, non lo sia più quando si ha cavitazione, con possibili conseguenze disastrose nel caso in cui la macchina finisca col lavorare in prossimità di una delle velocità critiche.

Indicando con  la velocità angolare del moto di precessione del rotore (“whirl”) e con Ω la velocità di rotazione della pompa, il moto di whirl può essere classificato in tre modi:

• “subsincrono”: || < | |; • “sincrono”: || = | |; • “supersincrono”: || > | |

Inoltre, a seconda che i segni di  e siano concordi o meno, si parla rispettivamente di moto di “whirl” “positivo” o “negativo”. Bisogna ricordare che, entro certi limiti, il moto di “whirl“ è consentito. Se però l’eccentricità assumesse un valore eccessivo, si potrebbero comunque avere effetti negativi (ad esempio si può arrivare ad avere un danneggiamento per interferenza tra parti rotanti e statoriche oppure una possibile rottura delle guarnizioni); nelle pompe per ossigeno liquido, in particolare, c’è un concreto pericolo di esplosione. Infatti se, sfortunatamente, il rotore dovesse “toccare” la superficie statorica, la generazione di calore legata all’attrito sviluppatosi nel contatto tra le parti metalliche del rotore e dello statore, permetterebbe un’immediata reazione tra l’ossigeno ed il metallo, con conseguente esplosione dell’intero motore.

Sebbene lo studio di questi fenomeni sia cominciato già a partire dai primi anni ’60, con le prime pubblicazioni a riguardo apparse dopo il 1980, la loro comprensione teorica rimane ancora lacunosa, rendendo anche i modelli di calcolo risultanti necessariamente inadeguati.

E’ quindi evidente come la sperimentazione su prototipi (spesso scalati) continui ad essere un’attività fondamentale di questo settore, onde ottenere un livello sufficiente di ottimizzazione delle macchine progettate.

(12)

Caratterizzazione sperimentale di induttori cavitanti e del sistema di misura delle forze rotodinamiche

1.4. Obiettivi della tesi

La presente tesi si sviluppa nel contesto di un contratto tra ALTA ed ESA per una campagna sperimentale sugli induttori DAPAMITO con tre e quattro pale. Questi induttori hanno per adesso uno scopo di pura ricerca per la validazione dei modelli teorici su cui si basa il loro disegno, ma non sono da escludersi successive applicazioni nel contesto dei motori a propellente liquido. L’induttore impiegato in questa tesi è il DAPAMITO a tre pale, indicato più brevemente come DAPAMITO3. La campagna sperimentale effettuata presso ALTA è stata contraddistinta dalle seguenti prove:

• Caratterizzazione delle prestazioni in regime non cavitante a temperatura ambiente (ottenimento curva ()).

• Caratterizzazione delle prestazioni in regime cavitante (costruzione curva (, ) sia con modalità “continua” che “discreta”) per quattro differenti valori del coefficiente di flusso ():

o 105% della condizione nominale; o 100% della condizione nominale; o 95% della condizione nominale; o 90% della condizione nominale;

e per i seguenti casi di temperatura del fluido:  temperatura ambiente;

 temperatura di 50°C;  temperatura di 65°C;  temperatura di 75°C;

• visualizzazione tramite fotografie e filmati digitali delle varie fasi di sviluppo della cavitazione;

• analisi delle instabilità fluidodinamiche nelle stesse condizioni delle prove per la caratterizzazione delle curve di prestazione in regime cavitante con analisi spettrale dei segnali raccolti dai trasduttori di pressione piezoelettrici. Per una maggior comprensione dei fenomeni oscillatori presenti, si è inoltre deciso di:

 evidenziare le frequenze naturali dell’impianto nella configurazione propria del DAPAMITO3;

 applicare un filtraggio digitale del segnale per eliminare le frequenze di passaggio delle pale e le loro armoniche superiori, per una miglior evidenziazione dei fenomeni oscillatori anche di piccola entità;

 effettuare un’indagine sulla tipologia dei fenomeni sviluppatisi, evidenziandone le caratteristiche principali.

Molte delle suddette prove saranno effettuate su due differenti plexiglas con differenti valori di clearance, permettendo così di evidenziare le differenze riscontrate al variare della

clearance. A questo proposito si è ridisegnato il plexiglas con clearance minore, del quale in

appendice sono riportati i disegni di particolare nei due casi di plexiglas senza fori per i PCB (trasduttori piezoelettrici) e quello con fori.

Si, inoltre, effettueranno delle prove su un induttore commerciale della Barber-Nichols. Le prove si concentreranno su:

(13)

• caratterizzazione delle prestazioni in regime non cavitante per i tre coefficienti di flusso impiegati nelle prove non cavitanti;

• caratterizzazione delle instabilità per i tre coefficienti di flusso provati.

Le prove sull’induttore della Barber-Nichols saranno effettuate a temperatura ambiente e a 50°C..

Un ulteriore obiettivo del lavoro è quello di:

• rieffettuare la calibrazione del dinamometro per la verifica della linearità tra le forze applicate e le tensioni di sbilanciamento dei ponti estensi metrici, in vista del successivo utilizzo dell’impianto nella configurazione CPRTF che prevede l’impiego del dinamometro rotante per la misurazione delle forze agenti sul rotore.

1.5. Bibliografia

[1]-C.R. Peterson, P.G. Hill, Mechanics and Thermodynamics of Propulsion, Addison – Wesley, 1992.

[2]-J.P. Franc, J.M. Michel, Fundamentals of cavitation, Kluwer Academic Publishers, 2004 [3]-C.E. Brennen, Hydrodynamics of Pumps, Oxford University Press, 1994

[4]-C.E. Brennen, Cavitation and Bubble Dynamics, Oxford University Press, 1995.

[5]-W. Rosenmann, Experimental investigations of hydrodynamically induced shaft forces

(14)

Figura

Tabella 1-1: Alcune caratteristiche di pompaggio di turbomacchine impiegate in alcuni tipi di razzi
Figura 1-1: Confronto tra gli andamenti del rapporto del carico pagante al variare del ∆ per due  differenti sistemi di pompaggio
Figura 1-2: Diagramma di fase di una sostanza: vengono messi in evidenza i processi di ebollizione e di  cavitazione
Figura 1-3: Processo di collasso di una bolla di cavitazione su una parete solida.
+6

Riferimenti

Documenti correlati

Secondly, disclosure of the legal service’s opinions could create uncertainty regarding the legality of legislative acts adopted further to those opinions and, therefore

Dalle interviste si è inoltre notato come le immagini collegate dagli intervistati ai settori del Made in Italy, siano abbastanza uniformi tra loro, se non una costante, come nel

Nella Sezione 1.1 è stata espressa l’intenzione di quantificare il rischio come misura dell’ammontare di capitale necessario ad assicurare al massimo una certa probabilità

© The Author(s). European University Institute. Available Open Access on Cadmus, European University Institute Research Repository... rightful place, after the decades

In the ACCEPT PLURALISM project, we investigated how ethnic, religious and cultural diversity is accommodated in two very important areas: education and political life.. o In

Concerning the first channel of privatization, a number of social sector firms throughout Yugoslavia have from mid- 1990 onwards offered internal shares to their

La maggior parte degli istituti bancari utilizza sistemi di scoring su base statistica raccogliendo informazioni pertinenti a quattro macro aree: il bilancio, i rapporti

(2010) the economic growth assumed in PRIMES 2009 for Italy during the economic recovery is among the lowest of the whole EU-27. This is a further clue of the deep effect of