TEORIE DELL'ORGANIZZAZIONE:
RELAZIONI UMANE
Giancarlo Tanucci
Indice
1. MODELLI DI RELAZIONI UMANE ... 4
2. TEORIA INTERAZIONISTA ... 6
3. TEORIA DELLE RISORSE UMANE ... 11
BIBLIOGRAFIA ... 21
La lezione affronta il tema delle teorizzazioni che possono essere ricondotte al modello delle Relazioni Umane e gli sviluppi significativi evidenziati in questo ambito.
Si tratta, come è noto, di un cambiamento fondamentale della prospettiva teorica e metodologica rispetto ai modelli classici che pone al centro dell’attenzione il ruolo attivo dell’individuo e delle sua appartenenze a sistemi socio-culturali differenziati.
1.M
ODELLI DI RELAZIONI UMANEIl tema delle relazioni umane e dei rapporti tra gli individui che compongono un'organizzazione rappresenta il passaggio significativo da un approccio, tradizionalmente considerato, di tipo meccanicistico ad un approccio centrato sulle componenti psicologiche e sociali che coinvolgono gli individui.
Si tratta, in effetti, di una elaborazione teorica che individua nelle specificità individuali – soggettive e sociali – che impattano sull'assetto organizzativo in misura significativamente più consistente rispetto alle componenti di natura strutturale.
Questa diversa prospettiva, che introduce un insieme di fattori determinanti ai fini dell'efficienza organizzativa, costruisce una sorta di assetto organizzativo parallelo rispetto a quello tradizionalmente considerato quando ci si riferisce ad una organizzazione; insieme con l'assetto formale, riferito alle dimensioni processuali, strutturali, normativo-legali, ecc., viene presa in considerazione l'esistenza di un’organizzazione di tipo "informale" che considera l'insieme delle componenti non tangibili-psicologiche, sociali, culturali, ecc. che concorrono allo sviluppo dell'efficienza organizzativa e della soddisfazione individuale.
La prospettiva che viene valorizzata da questo approccio, in tema di teorie dell'organizzazione, supera il modello che considera l'organizzazione come “sistema razionale”, per valorizzare l'organizzazione come “sistema naturale” in cui vengono valorizzati l'impegno, la motivazione e l'azione declinati all'interno di un contesto sociale. In altri termini, questo approccio dà maggiore importanza al comportamento dei membri dell'organizzazione e non alla formalizzazione dell'organizzazione stessa. Scott, condividendo
l’approccio, valorizza questa prospettiva affermando che "i singoli partecipanti non sono mai esclusivamente delle braccia a noleggio ma portano la loro mentalità, i loro sentimenti: essi entrano nell'organizzazione con idee, aspettative, programmi individuali e portano consente valori, interessi, abilità differenziate".
Le linee di sviluppo teorico che caratterizzano il modello delle relazioni umane possono essere declinate con riferimento a:
- la teoria interazionista di Mayo,
- la teoria delle risorse umane che fa riferimento a diversi autori (Maslow, McGregor, Herzberg).
L'insieme dei contributi offerti da questi autori consente di mettere al centro dell'attenzione la volontà di cambiare il modo di concepire l'organizzazione valorizzando, per un verso, gli aspetti tipicamente sociali che caratterizzano un'organizzazione nel suo complesso e, per l'altro, le componenti motivazionali e di atteggiamento che i soggetti sviluppano all'interno dell'organizzazione.
2. T
EORIA INTERAZIONISTAE’ negli stabilimenti della Western Elettric Company che Elton Mayo sviluppa il suo approccio teorico fondato sulle relazioni umane.
L'obiettivo del lavoro empirico, realizzato in quel contesto, è quello di comprendere la relazione tra "il rendimento e la motivazione" dei lavoratori impegnati in una catena di montaggio.
Il contesto in cui viene realizzata la serie di esperimenti che hanno consentito di intuire il ruolo delle relazioni umane è quello così caratterizzato:
- un contesto macroeconomico di grande difficoltà, in ragione delle crisi economico finanziarie degli anni 1921 e il 1929,
- una esigenza diffusa di porre al centro dell'interesse degli studiosi il ruolo e la collocazione dell'individuo rispetto ai principi fondativi dello scientific management.
L’obiettivo operativo dell’esperimento condotto da Mayo è quello di verificare l'esistenza di una relazione tra l'intensità dell'illuminazione nei vari reparti e il rendimento dei lavoratori, laddove il fattore illuminazione rappresentava la componente strutturale del processo organizzativo che può essere considerata un fattore di sollecitazione della prestazione.
Inaspettatamente, così come ormai ampiamente considerato dagli studiosi sotto il nome il termine "effetto Hawthorne", Mayo individua una possibilità alternativa di mettere in relazione le sollecitazioni motivazionali rispetto alla prestazione; in quel contesto socio-economico, caratterizzato dalle criticità sociali e dall'impulso ai processi di industrializzazione, emerge con chiarezza il ruolo dei fattori socio-psicologici nell'organizzazione.
Gli elementi di specificità di questo diverso approccio vengono così sintetizzati:
- le relazioni tra i membri di un gruppo sono più importanti e maggiormente significativi rispetto alle condizioni fisiche e strutturali del lavoro,
- le azioni agite dagli individui, nel contesto lavorativo, assumono un significato sociale rilevante per l'individuo stesso, per il gruppo di appartenenza e per l’efficienza dell'organizzazione,
- l'organizzazione formale, che caratterizza l'assetto strutturale dell'organizzazione stessa, è affiancata da una dimensione informale che esercita una significativa influenza sull'assetto formale e strutturale della medesima,
- la posizione sociale dei lavoratori assume una rilevanza determinante ai fini del successo organizzativo.
In definitiva, la posizione espressa da Mayo sposta l'attenzione dalla dimensione formale dell'organizzazione a quella informale che coinvolge il senso ed il rapporto tra i membri dell'organizzazione.
Questo modello teorico può essere, in qualche modo, caratterizzato come una sorta di "taylorismo dal volto umano", cioè, un modello organizzativo in cui la componente sociale e del coinvolgimento individuale supporta l'assetto organizzativo tipico di un sistema razionale, meccanicistico, come quello proposto da Taylor e dai teorici classici.
Gli elementi salienti della prospettiva interazionista, che mirano a migliorare la funzionalità dell'organizzazione, possono essere così sinteticamente riassunti:
- la produttività dipende dall'ambiente sociale e dal clima organizzativo che, insieme, favoriscono la cooperazione. Il punto
essenziale fa riferimento al fatto che la dimensione interazionistica, sociale è funzionale al sistema produttivo che resta sostanzialmente strutturato secondo una logica strettamente efficientistica e meccanicistica,
- gli incentivi economici non sono un fattore di massima rilevanza per la produttività. Vengono presi in considerazione, secondo questa prospettiva, un insieme di altri fattori motivanti che sostengono la condotta e consentono di conseguire l'obiettivo della produttività. In altri termini, viene evidenziata la centralità di elementi di natura psicologica e sociale che concorrono alla determinazione della condotta e della prestazione dei singoli individui. Da questo punto di vista, si giunge, anche, alla considerazione che la remunerazione economica possa rappresentare, di per sé, un fattore de-motivante in quanto perderebbe, nel breve lasso di tempo, perdere il suo valore motivante la condotta individuale,
- l'elevato livello di specializzazione crea problemi di efficienza in quanto determina una sorta di isolamento dei singoli individui, all'interno del processo produttivo. Laddove la specializzazione rappresentava uno dei fattori centrali dell'approccio tayloristico, per il modello interazionista, la specializzazione si configura come una dimensione che impedisce e limita il coinvolgimento degli individui rispetto al contesto socio-organizzativo in cui è inserito. Emerge qui quel concetto, che verrà successivamente sviluppato, che fa riferimento alla intercambiabilità dei soggetti all'interno dell'organizzazione; a tutti è richiesto di essere disponibili a sostituire colleghi nello svolgimento di determinate mansioni,
- il personale dipendente, i collaboratori esprimono e manifestano atteggiamenti di orientamento al gruppo. Ciò che interessa, in questa prospettiva, è la valorizzazione di una disposizione individuale verso la condivisione, verso l'aggregazione, verso la relazione che sostiene, da un punto di vista psicologico, l'individuo stesso e al tempo stesso, crea un fattore di mobilitazione di natura organizzativa, funzionale al conseguimento di risultati di efficienza.
In conclusione, la teoria interazionista considera fondamentali, ai fini del raggiungimento dell'efficienza organizzativa, i seguenti assunti:
- i rapporti interpersonali e di gruppo sono fattori di estrema importanza e sono capaci di influenzare significativamente la produttività,
- emerge e si configura una nuova e diversa visione dell'azienda, molto più complessa e articolata, rispetto al modello proposto dallo scientific management,
- si registra infine, un radicale cambiamento di prospettiva;
della dimensioni tecnica dell’organizzazione; da un approccio basato su principi razionali, tipico del modello classico, si passa all'organizzazione basata sulle relazioni umane che costituiscono l'ossatura del sistema e che consente di promuovere la produttività e l'efficienza.
In definitiva, come già ampiamente sottolineato, l'effetto Hawthorne mette al centro dell'attenzione il ruolo ed il vissuto dei lavoratori in considerazione del fatto che tale attenzione genera meccanismi virtuosi per l'organizzazione. Tale effetto, in definitiva, indica ed evidenzia il fenomeno per cui i lavoratori, invitati a
cimentarsi in una nuova esperienza stimolante qual è quella di operare in contesti nuovi, lavorano con maggiore entusiasmo e rendono di più. Sono, quindi, i cambiamenti – positivi o negativi – che favoriscono una maggiore efficienza in quanto spezzano la vita di routine e promuovono lo scambio ed il coinvolgimento tra le persone.
3. T
EORIA DELLE RISORSE UMANEIl passaggio da un approccio interazionista verso una teoria delle risorse umane parte dal presupposto che è necessario integrare l'individuo nell'organizzazione mediante il tentativo di far corrispondere le strutture formali e il funzionamento, che esse inducono, ai bisogni dei lavoratori. Questa prospettiva valorizza il sistema dei bisogni e delle motivazioni individuali proprio perché considera la centralità dei bisogni di stima (essere considerato in modo positivo da se stesso e dagli altri), i bisogni di realizzazione (raggiungere i propri scopi e sviluppare l'insieme delle proprie potenzialità).
L'indicazione, che emerge dalla proposta teorica di Maslow, fa riferimento agli aspetti motivazionali che sono alla base della condotta umana, evidenziando la centralità del sistema dei bisogni e individuando un assetto organizzativo di tipo gerarchico. Il contributo significativo riguarda, appunto, la presa in carico di quelli che vengono identificati come "bisogni superiori", bisogni che hanno rilevanza e contesto di riferimento dal punto di vista psicologico e sociale.
In questo senso, la condotta dell'individuo è diversamente determinate e modulata dal sistema di bisogni attivato; in presenza di bisogni impellenti e riconducibili alla sopravvivenza psico-fisica del soggetto, la sua condotta sarà fortemente orientata a conseguire il risultato protettivo della propria esistenza, mentre in presenza di esigenze di sviluppo, di affermazione, di realizzazione personale, ecc., la sua condotta sarà guidata da motivazioni e modalità radicalmente
Maslow propone un sistema articolato di bisogni denominato
"scala dei bisogni" che è così strutturato:
- bisogni fisiologici. Il livello riguarda le istanze riconducibili alla sicurezza, alla salvaguardia delle condizioni di base per l'individuo. In ambito organizzativo, i fattori motivanti, riconducibili a questo livello, possono essere il salario, le condizioni fisico-ambientali del contesto di lavoro,
- bisogni di sicurezza. Si tratta, in questo caso, di quei fattori che sostengono la condotta e che rimandano alla stabilizzazione sociale e psicologica dell'individuo. Con riferimento al contesto organizzativo, gli elementi di stabilizzazione perseguiti dall'individuo nella sua condotta professionale fanno riferimento alla sicurezza contrattuale del posto di lavoro, alla presenza di strumenti di protezione di assistenza sociale, sanitaria, ecc. e, ancora, alla possibilità di conseguire un posizionamento gerarchico soddisfacente all'interno dell'organizzazione,
- bisogni sociali. Il livello considera la dimensione relazionale e di appartenenza, fondamentali nella vita dell'individuo. I bisogni, cui si può fare riferimento, riguardano la possibilità di interagire con i colleghi nel luogo di lavoro, la disponibilità di strutture di associazione e di partecipazione, la disponibilità di spazi di cooperazione e di interscambio tra lavoratori,
- bisogni dell'ego. Il riferimento è all'istanza naturale per l'individuo di autonomia e di affermazione del proprio spazio di indipendenza. Nel contesto organizzativo, questo livello del sistema, fa riferimento ai fattori motivanti relativi alla possibilità di controllo e di assunzione di responsabilità, all’autonomia nell'esercizio della propria attività, al riconoscimento dei risultati ottenuti dei risultati
ottenuti e ai successi nell'esercizio della propria attività, che si traduce in benefit, promozioni, riscontri concreti, ecc.,
- bisogni di autorealizzazione. Entra in gioco la componente della gratificazione, dell'affermazione personale; non solo e non più l'affermazione nel proprio spazio di lavoro ma la realizzazione dei propri desideri, delle proprie potenzialità per cui il sistema organizzativo può rappresentare uno strumento per il successo e la realizzazione individuale. In questo senso il lavoro rappresenta uno strumento di crescita e di potenziamento delle risorse individuali che, in ragione di ciò, consente di conseguire gli obiettivi organizzativi, a partire da una valorizzazione delle potenzialità individuali.
La soddisfazione dei bisogni declinati ai livelli inferiori della scala, libera i motivi superiori: così, anche, l'individuo con meno talento persegue lo sviluppo e la realizzazione di sé, cioè, cerca di dare un senso al proprio lavoro, una volta che i bisogni delle categorie inferiori sono stati adeguatamente soddisfatti. Non si ravvisa, quindi, una contraddizione tra lo sviluppo di sé ed una efficiente prestazione aziendale, in presenza delle condizioni e delle opportunità disponibili.
In realtà, tale parallelismo tra i efficienza aziendale e sviluppo di sé, risulta sinergico nella misura in cui la gratificazione individuale, soggettiva mobilita e crea le condizioni motivanti per conseguire risultati funzionali per l'organizzazione. L'individuo, in altri termini, è in grado di armonizzare e funzionalizzare i propri obiettivi personali con quelli dell'organizzazione ed è, quindi, nell’interesse dell'organizzazione promuovere la soddisfazione dei bisogni ai più alti livelli della scala.
Un ulteriore contributo nell'ambito delle teorie delle risorse umane è quello offerto da un Douglas McGregor perché, nel suo
contributo "L'aspetto umano dell'impresa" dell'impresa", evidenzia le differenze significative tra stili di comportamento che i singoli collaboratori mettono in campo nei contesti organizzativi. Si tratta di considerare alcuni atteggiamenti, alcuni orientamenti che motivano e orientano il comportamento degli individui.
Il contributo innovativo di McGregor fa riferimento e prende carico le due prospettive teoriche dominanti nel suo tempo: la prospettiva classica basata sul sistema razionale e l'approccio sulle relazioni umane, basata sul sistema naturale. Su questa base, McGregor sviluppa il suo modello teorico: "teoria X e della teoria Y”
dei processi di management delle persone e delle organizzazione.
La teoria X interpreta l'orientamento classico secondo il quale la maggior parte delle persone preferisce essere guidata ed essere sollecitata da incentivi esterni in quanto, tendenzialmente, caratterizzata da pigrizia, senso di de-responsabilizzazione, ecc. Dal punto di vista motivazionale, l'orientamento è quello della sicurezza e della conferma della propria posizione, all'interno dell'organizzazione e, in questa logica, preferisce stili di direzione di tipo formale e altamente strutturati.
In sintesi, quindi, i punti salienti della teoria X, possono essere così sinteticamente riassunto:
- l'uomo è caratterizzato da una sostanziale pigrizia ed ha bisogno di incentivi esterni per essere motivato,
- gli obiettivi individuali sono, sostanzialmente, in contraddizione con quelli dell'organizzazione per cui è necessario attivare sistemi di controllo esterni per consentire il perseguimento degli obiettivi organizzativi,
- l'individuo è, tendenzialmente, incapace di autodisciplina ed autocontrollo, proprio perché guidato da sentimenti ed orientamenti irrazionali.
Questi assunti rappresentano, infatti, le basi di articolazione delle teorie che sono state incluse nel modello di riferimento denominato classico che considerano l'individuo un elemento imprevedibile del sistema organizzativo e, quindi, scarsamente governabile e gestibile.
La teoria Y, invece, considera le persone capaci di autodisciplina e orientati alla creatività nel contesto lavorativo tale da armonizzarsi con gli obiettivi posti dall'organizzazione. In questa logica, lo stile gestionale può essere quello di tipo democratico, in quanto basato sul riconoscimento del potere espresso dal gruppo di appartenenza e dalle persone significative.
I punti salienti della teoria Y, quindi, sono:
- i lavoratori sono motivati dalla ricerca di responsabilità, - i lavoratori sono dotati di auto-motivazione e di autocontrollo, - i lavoratori sono in grado di interpretare e corrispondere alle aspettative dell'organizzazione,
- le forme di resistenza/criticità dipendono dagli apprendimenti collegati ad esperienze negative e/o frustranti, vissute in precedenza.
Di seguito, viene riportata una mappa delle caratteristiche che identificano gli stili di condotta, gli assunti motivazionali riconducibili alle due teorie. Si tratta, come è evidente, di una polarizzazione che consente di integrare e considerare, in maniera comparativa, il modello classico ed il modello delle relazioni umane, come determinanti e caratterizzanti gli stili di gestione manageriale.
Occorre rilevare l'importanza di questo contributo proprio perché mette in evidenza la centralità dell'individuo che interagisce con gli obiettivi propri dell'organizzazione.
Gli elementi rilevanti, in questa direzione, possono essere così sintetizzati:
- il funzionamento organizzativo dipende dall'integrazione tra gli scopi dell'organizzazione e i bisogni individuali,
- esiste una calibratura ed una interdipendenza contestuale tra gli scopi dell'organizzazione e quelli individuali che vengono, ambedue, percepiti come salienti,
- la struttura organizzativa è una variabile che influenza il processo di integrazione tra gli scopi,
- l'impegno sugli scopi organizzativi porta l'individuo a conseguire i propri obiettivi,
- l’attribuzione di un ruolo fondamentale al sistema di credenze individuali, nella genesi del comportamento sociale, indipendentemente dal contesto più ampio in cui tale comportamento si esplica.
Secondo McGregor, quindi, il ruolo fondamentale del management è quello di sollecitare e promuovere lo sviluppo delle competenze di autodisciplina, di creatività e di coinvolgimento nel
lavoro; competenze che rappresentano il fattore potenziale degli individui nello svolgimento delle loro attività professionali. In altri termini, si tratta di creare le condizioni organizzative e l'assetto dei processi operativi in modo tale che alle persone venga richiesto di esprimere le loro potenzialità per conseguire gli obiettivi organizzativi e, al tempo stesso, realizzare i propri obiettivi di affermazione personale.
Sempre ancorata al tema della motivazione è la proposta teorica di Frederick Herzberg, secondo il quale la motivazione dei lavoratori è ancorata alla natura ed alle caratteristiche che contribuiscono a definire la risposta positiva nella prestazione.
Il nucleo centrale della teoria è, essenzialmente, basato sui fattori cognitivi che caratterizzano le componenti motivazionali alla base della condotta; la motivazione non si fonda su una gerarchia di bisogni ma è modulata e modellata dalla situazione lavorativa. La configurazione teorica del modello fa riferimento ad una tipologia che considera la risposta, diversamente gratificante, ottenuta è riconosciuta al lavoratore a seguito di una prestazione. Le due componenti che caratterizzano questa configurazione sono:
- la soddisfazione, intesa come una risposta positiva e gratificante, a seguito dello svolgimento di una prestazione,
- l'insoddisfazione, intesa come un diverso livello di risposta negativa e frustrante, a seguito dello svolgimento di una prestazione.
Le due componenti non sono polarizzate e non rappresentano gli estremi di un unico continuum ma si configurano come espressione di due continua sostanzialmente diversi perché basati su fattori motivanti diversamente connotati.
Se si richiede ad un collaboratore di esaminare i momenti della carriera lavorativa in cui ha provato e sperimentato sentimenti molto positivi o molto negativi, l‘individuazione delle cause di tali risposte in termini di esperienza personale, mette in evidenza una diversa focalizzazione della natura delle ragioni dei successi rispetto a quelle degli insuccessi.
Si giunge così ad una possibile conclusione secondo la quale i sentimenti di autorealizzazione e di crescita sono chiamati in causa per giustificare e motivare esiti positivi e soddisfacenti nella performance, mentre fattori di natura contestuale ed esterna sono chiamati in causa per giustificare esiti negativi.
Lo schema proposto quindi mette in evidenza la natura dei due continua che, in qualche modo, interpretano elementi e determinanti diverse nella motivazione individuale, correlata agli esiti della prestazione lavorativa.
Una ricognizione delle determinanti motivazionali che giustificano la differenziazione tra i due continua "soddisfazione versus non soddisfazione" e "non insoddisfazione verso l'insoddisfazione" consente di mettere in evidenza ciò che l'autore definisce come:
- fattori motivanti, cioè, le determinanti che sollecitano l'individuo e lo orientano a conseguire gli obiettivi gratificanti per sé medesimo e per l'organizzazione. Tali fattori sono quelli che gravano
sul livello di soddisfazione VS non soddisfazione, secondo il continuum considerato,
- fattori igienici, cioè, le determinanti che non necessariamente attivano la risposta positiva del soggetto nelle prestazioni lavorative ma che mantengono e danno ragione dell'esistenza delle condizioni minime necessarie per svolgere un determinato compito. Tali fattori sono di origine esterna e si caratterizzano intanto in quanto la loro assenza o carenza genera condotte lavorative negative, malcontento, rifiuto, ecc. In altri termini, tali fattori insistono e modulano il livello di non insoddisfazione VS insoddisfazione, secondo lo specifico continuum considerato.
In termini operativi, il massimo di efficienza organizzativa e di prestazione di qualità si raggiunge non solo in presenza di un'elevata soddisfazione personale, ma tale condizione deve essere accompagnata da un azzeramento dei fattori negativi di insoddisfazione; solo in questo caso, è ragionevole attendersi una risposta positiva da parte degli individui.
In questo approccio al tema delle risorse umane l'attenzione è rivolta ai fattori che motivano la condotta oltre che alla riduzione e/o annullamento dei fattori che generano insoddisfazione; la motivazione, quindi, può essere considerata come l'effetto sul comportamento delle persone degli incentivi intrinseci, cioè, quelli focalizzati sulla crescita psicologica, umana e professionale che rappresentano la leva motivazionale dell'individuo e che hanno effetti rilevanti, sul lungo periodo. È compito del management gestire, al tempo stesso, i cosiddetti fattori igienici, eliminando tutto quanto impedisce al soggetto di realizzare una performance di qualità, riconducibili ai fattori motivanti.
La letteratura e lo sviluppo delle riflessioni hanno messo in evidenza una pluralità di fattori motivanti che evolvono e si articolano rispetto alla natura del contesto organizzativo, alle aspettative di realizzazione dell'individuo, ai valori e dagli assunti di base dell’organizzazione sociale.
Uno dei contributi significativi della proposta teorica di Herzberg riguarda l'impatto che ha sui modelli di riorganizzazione del lavoro all'interno delle organizzazioni; si parla, infatti sempre più spesso, di problematiche relative alla "job enrichment" – arricchimento dei compiti, "job rotation" – rotazione delle posizioni, che, applicati in situazioni di lavoro dove dominano la ripetitività, l'assenza di responsabilità e di autonomia, consentono agli individui di sviluppare e consolidare fattori motivanti nuovi e diversi, in grado di fronteggiare l'impatto dei fattori igienici, presenti nella situazione.
B
IBLIOGRAFIA Pedon, A., Sprega, F. (2008). Modelli di psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Roma: Armando Editore.
Pedon, A., Maeran, R. (2002). Psicologia e mondo del lavoro.
Milano LED.
Haslam, S.A. (215). Psicologia delle organizzazioni.
Santarcangelo di Romagna: Maggioli Editore.
Pedon, A., Sprega, F. (2008). Modelli di psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Roma: Armando Editore.