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MODULO 3/3 - GEOMETRIA SOLIDA -

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Academic year: 2022

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1 Modulo3/3 - Geometria solida

MODULO 3/3 - GEOMETRIA SOLIDA -

(Supporto didattico)

1. Secondo il nostro punto di vista il modo più efficace sul piano didattico di trattare la geometria solida è di far riferimento a modelli materiali già costruiti od eventualmente da costruire in classe coinvolgendo i bambini. La finalità principale, e forse l’unica, di questo studio è quella di sviuluppare la loro intuizione spaziale.

Ora, uno dei modelli già predisposti facilmente reperibili è il parallelepipedo rettangolo. È infatti la forma della maggior parte delle scatole ed i bambini hanno modo di procurarsene almeno un esemplare. Quindi conviene partire dal parallelepipedo rettangolo o meglio da un suo modello materiale.

Al maestro può far comodo però, ai fini del diagolo con i bambini, poter disporre di un disegno di tale solido. Lo può fare, stando però ben attento che il ragionamento sul disegno (comodo per lui) può essere complicato per i bambini. Quindi deve servirsene con estrema cautela.

Nel nostro caso, proprio per far capire il nostro pensiero, non possiamo prescindere dal disegno.

Sia allora il parallelepipedo ABCDEFGH disegnato in figura 1. Per prima cosa bisogna distinguere su di esso i vertici, gli spigoli e le facce. Dopo:

Si può chiedere agli alunni di contare quanti sono i vertici, quanti gli spigoli, quante le facce.

fig. 1

Gli spigoli di questo solido, considerati come segmenti di rette, sono un buon punto di riferimento per far capire agli alunni le mutue posizioni di due rette nello spazio. Precisamente:

- Due rette come AB e BC hanno un punto in comune: si dicono incidenti (o secanti). In particolare, queste due rette, oltre che incidenti, sono perpendicolari.

- Dure rette come AB ed EF giacciono su uno stesso piano, quello della faccia ABFE, ma non hanno punti in comune: si dicono parallele.

- Due rette come AB e DH non hanno punti in comune ma non esiste alcun piano che le contenga entrambe: si dicono sghembe.

Bisogna richiamare l’attenzione dei bambini sul fatto che, diversamente da quanto avveniva nel piano, in cui bastava dire che le due rette non hanno punti in comune per concludere che erano parallele, nello spazio questo non basta e bisogna aggiungere la condizione imprescindibile che

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siano complanari (cioè esiste un piano che le contiene), appunto perché ci sono le rette sghembe che pure non hanno punti in comune ma per le quali non esiste alcun piano che le contenga.

Lo stesso modello del parallelepipedo contribuisce alla spiegazione delle reciproche posizioni di due piani:

- Due piani come quelle delle facce ABCD e ABFE hanno in comune la retta AB: si dicono incidenti (o secanti). In particolare, questi due piani, oltre che incidenti, sono perpendicolari.

- Due piani come quelli delle facce ABCD ed EFGH non hanno punti in comune: si dicono paralleli.

Ancora il solito modello consente di fare considerazioni sulle posizioni reciproche di retta e piano:

- Una retta come AE ed un piano come quello della faccia ABCD hanno un punto in comune: si dicono incidenti (o secanti). In particolare, quella retta e quel piano, oltre che incidenti, sono perpendicolari.

- Una retta come AB ed un piano come quello della faccia EFGH non hanno punti in comune: si dicono paralleli.

Agli alunni possono essere proposte attività come le seguenti.

Con riferimento al solido preso in esame (il parallelepipedo rettangolo):

a) indicare almeno 4 coppie di spigoli contenuti in rette incidenti;

b) suddividere gli spigoli in classi, mettendo nella stessa classe tutti gli spigoli contenuti in rette parallele;

c) indicare almeno tre coppie di spigoli contenuti in rette sghembe;

d) indicare almeno tre coppie di facce contenute in piani incidenti;

e) suddividere le facce in classi, mettendo nella stessa classe tutte le facce contenute in piani paralleli.

Il riferimento al solito modello permette ancora di fare altre considerazioni, ma questa volta non di carattere generale, bensì peculiari del parallelepipedo. Precisamente, dopo aver contato quanti sono i vertici del parallelepipedo, possono essere definiti due vertici opposti come due vertici che non appartengono alla stessa faccia, per esempio A e G.

Quante sono le coppie di vertici opposti?

Il segmento che congiunge due vertici opposti si dice diagonale del parallelepipedo (fig.2).

Quante sono le diagonali di un parallelepipedo?

fig. 2

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2. Abbiamo detto sopra che il disegno di una figura tridimensionale può mettere in difficoltà il bambino che su quella figura fosse chiamato a ragionare.

Ciò non di meno, ricordiamo che uno degli obiettivi di apprendimento da conseguire entro la classe III della scuola primaria è

“disegnare figure geometriche e costruire modelli materiali anche nello spazio” ed

alla fine della scuola primaria un altro obiettivo è

“riconoscere rappresentazioni piane di figure tridimensionali”. Quale modo migliore, allora, che quello di insegnare ai bambini a produrre qualche disegno di tali figure?

Si capisce che deve trattarsi di figure solide (ma anche piane) non troppo complicate. Il suggerimento che ci permettiamo di dare è di orientarsi sulle seguenti figure:

- parallelepipedo rettangolo (in particolare: cubo),

- piramide triangolare regolare (in particolare: tetraedro regolare), - piramide quadrangolare regolare,

- prisma triangolare regolare, - cilindro circolare retto, - cono circolare retto.

Ogni studente dovrebbe conoscere tali disegni, che comunque possono essere recuperati in qualunque testo di matematica per le scuole secondarie.

Ma torniamo agli obiettivi che devono conseguire gli alunni della primaria.

Essi sono essenzialmente tre (limitatamente, è ovvio, al tema in questione):

a) disegnare figure geometriche (anche nello spazio), b) costruire modelli materiali (anche nello spazio),

c) riconoscere rappresentazioni piane di figure tridimensionali.

Li abbiamo proposti nell’ordine in cui li presentano le “Indicazioni Nazionali”. Ma a noi pare che il secondo obiettivo (costruzione) sia preliminare agli altri.

Per un adulto, soprattutto se esperto in cose del genere (geometra, architetto, ingegnere), è facile disegnare il progetto e poi realizzarlo: la sua “immaginazione spaziale”, unita all’esperienza, consente questo. Ma in un bambino, in cui si vuole per l’appunto sviluppare l’intuizione spaziale, prima viene la visione dell’oggetto materiale e poi il disegno.

Ora le strade sono due:

1) il maestro si rifornisce di una adeguata scorta di modelli materiali di solidi geometrici e ragiona con i bambini sul modo di rappresentarli con un disegno;

2) il maestro aiuta i bambini a costruire idonei modelli materiali e poi ragiona con loro sul modo di rappresentarli graficamente nel piano.

Ci sarebbe per la verità una terza strada, quella che deriva dalla commistione delle due precedenti. E forse è questa la strada migliore da seguire.

Allora, come fare concretamente?

Suggeriamo qui appresso una strategia per la costruzione di un cubo, ma sia ben chiaro che non si tratta di vangelo. Possono essere seguite strategie diverse e probabilmente più efficaci di quella che andiamo a proporre.

Passo 1. Il maestro si procura una scatola di cartone avente la forma di un cubo (possibilmente di dimensioni abbastanza piccole – fig. 3) e la ritaglia in modo da distenderla su un piano (sviluppo del cubo – fig. 4).

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fig. 3 fig. 4

Passo 2. Il maestro fa vedere in classe il cubo (la scatola – fig. 3) e il suo sviluppo (fig. 4).

Passo 3. Il maestro invita ogni bambino a procurarsi 6 cartoncini quadrati uguali (eventualmente ritagliandoli da un scatola cubica) ed a portarli in classe la lezione successiva, assieme ad un rotolino di scotch adesivo.

Passo 4. Il maestro invita i bambini ad incollare i 6 quadratini in modo da riprodurre una figura simile a quella che lui mostra di nuovo e che consiste nello sviluppo di un cubo.

Passo 5. I bambini costruiscono il cubo saldando le sue facce con lo scotch.

Questa medesima procedura può essere seguita per la costruzione di altri modelli materiali di solidi geometrici. In particolare:

- prisma quadrangolare regolare (I 4 rettangoli che formano lo sviluppo della superficie laterale del prisma sono uguali fra loro ed hanno le basi uguali al lato del quadrato di base del prisma - figure 5-6)

fig. 5 fig. 6

- prisma triangolare regolare (I 3 rettangoli che formano lo sviluppo della superficie laterale del prima sono uguali fra loro ed hanno le basi uguali al lato del triangolo equilatero di base del prisma - figure 7-8)

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fig. 7 fig. 8

- piramide quadrangolare regolare (I 4 triangoli isosceli che formano lo sviluppo della superficie laterale della piramide sono uguali fra loro ed hanno la base uguale al lato del quadrato di base della piramide - figure 9-10)

fig. 9 fig. 10

- tetraedro regolare (si tratta di una piramide regolare, le cui facce laterali sono triangoli equilateri uguali al triangolo di base (figure 11-12)

fig. 11 fig. 12

- cilindro circolare retto (la lunghezza della base del rettangolo che costituisce lo lo sviluppo dell’area laterale del cilindro deve essere uguale alla lunghezza della circonferenza di base - figure 13-14)

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fig. 13 fig. 14

- cono circolare retto (la lunghezza dell’arco del settore circolare che costituisce lo sviluppo della superficie laterale del cono deve essere uguale alla circonferenza della base, il raggio del cerchio cui il settore appartiene è uguale all’apotema del cono - figure 15-16)

fig. 15 fig.16

3. Dalla disamina dei disegni precedenti si può notare un fatto importante: la rappresentazione delle figure solide nel piano e gli eventuali loro sviluppi piani presuppongono di saper disegnare alcune figure piane, come, tanto per fare qualche esempio, quadrati, rettangoli, triangoli isosceli, triangoli equilateri. Ora, non bisogna pensare che il disegno (piuttosto preciso e non raffazzonato) di queste figure piane sia cosa da niente. Anche adesso ci sono delle difficoltà ed è perciò che intendiamo fornire qui appresso qualche chiarimento al riguardo.

Anzitutto bisogna distinguere due situazioni, a seconda che il foglio da disegno sia a quadretti o liscio. Nel primo caso il disegno di alcune figure (quadrati, rettangoli, triangoli isosceli) diventa assai banale, nel secondo il disegno di tutte le figure presenta qualche insidia.

Come si fa a disegnare due rette perpendicolari? Come due rette parallele? Come si tracciano due segmenti uguali? E due triangoli uguali? E così via. Sono domande alle quali il maestro sa rispondere facilmente, ma non è così per il bambino e di questo bisogna tener conto.

Un’altra cosa che bisogna tener presente sono gli strumenti di cui si dispone. Ora, se è chiaro che per tracciare rette e circonferenze servono rispettivamente riga e compasso, bisogna stabilire se questi sono i soli strumenti di cui ci si deve servire oppure se sono ammissibili altri strumenti, come per esempio riga graduata (che è cosa diversa della riga. La riga permette infatti solamente di tracciare rette, la riga graduata permette anche di effettuare misure ancorché approssimate) o squadra.

4. Fra il numero delle facce, quello dei vertici e quello degli spigoli di un poliedro sussiste una importante relazione, chiamata relazione di Eulero:

numero della facce + numero dei vertici – numero degli spigoli = 2 .

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La spiegazione di questa relazione nel caso generale non è alla portata dei bambini. Ma la sua verifica in casi particolari è un buon esercizio da proporre loro.

Esercizio 1. Bambini, adesso vi dividete in quattro gruppi. Il primo gruppo pensi ad un prisma triangolare, il secondo ad un prisma quadrangolare, il terzo ad una piramide triangolare ed il quarto ad una piramide quadrangolare.

Ogni gruppo conterà quante facce, quanti vertici e quanti spigoli ha il solido che gli è stato associato e farà questo calcolo:

numero della facce + numero dei vertici – numero degli spigoli.

Quando avrete finito raccoglieremo i risultati su questa tabella.

Solido Prisma

triangolare

Prisma quadrangolare

Piramide triangolare

Piramide quadrangolare Numero

facce = F Numero vertici = V Numero spigoli = S F+V–S

A conclusione dell’attività, una volta fatto notare l’invariante F+V–S, il maestro comunica ai bambini che quella è una proprietà generale dei poliedri.

Esercizio 2. Bambini, vi propongo un indovinello. Vediamo se siete capaci di indovinare. Mio nipote ha costruito un poliedro usando quadrati e triangoli equilateri. Vediamo se sapete dirmi di che solido si tratta, quanti quadrati sono stati usati per costruirlo e quanti triangoli.

Aggiungo che il solido ha 5 facce, 5 vertici e 8 spigoli.

Esercizio 3. Bambini, vi propongo di aiutarmi a risolvere una piccola discussione che è nata fra i miei due nipotini. Giulio dice di aver costruito un poliedro avente 6 facce, 8 vertici e 10 spigoli. Il fratellino più grande Mario dice che è un bugiardo perché questo non è possibile.

Secondo voi chi ha ragione?

5. Un’attività interessante – molto efficace per sviluppare l’intuizione spaziale, ma difficile da realizzare operando su modelli materiali, anche se non impossibile – è quella di capire quale figura si ottiene sezionando il solido su cui si ragiona con un piano particolare. Per esempio:

- un cubo con un piano parallelo ad una faccia;

- un cubo con un piano perpendicolare ad una diagonale (diversi casi a seconda della posizione del piano);

- un cubo con un piano diagonale (un piano diagonale è un piano che contiene due spigoli paralleli ma non appartenenti alla stessa faccia);

- una piramide triangolare regolare con un piano parallelo alla base;

- una piramide quadrangolare regolare con un piano di due spigoli laterali non appartenenti alla stessa faccia.

6. Le Indicazioni Nazionali non elencano tra gli obiettivi da far conseguire agli alunni il calcolo dei volumi dei solidi e, secondo noi, sarebbe una scelta giusta. Usiamo il condizionale perché

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tali Indicazioni accennano inopinatamente alla capacità di “utilizzare le principali unità di misura per … volumi/capacità, …” .

Si capisce perciò che qualcosa sull’argomento bisogna pur dire. Si tratta di stabilire “che cosa”.

Ed è ovvio che, non essendo le Indicazioni molto esplicite, ciascuno può fare le proprie scelte.

Ecco, a noi pare che bisognerebbe soffermarsi su un concetto e alcune formule. Poi sulla proposizione di semplici esercizi, richiamando l’attenzione degli alunni sulla necessità di mantenere “il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati”.

Il concetto è quello di “volume”, inteso come misura dello spazio occupato da un solido, da spiegare nel più efficace dei modi possibili, ancorché a livello assolutamente intuitivo.

Le formule sono quelle dei volumi dei principali solidi geometrici (parallelepipedo rettangolo, cubo, piramide, cilindro, cono, sfera), ma senza soffermarsi sulla loro spiegazione.

Il controllo del procedimento e dei risultati richiede da parte dell’alunno capacità di stimare i risultati parziali via via ottenuti, oltre al risultato conclusivo.

Ciò detto, qui ci limitiamo a descrivere qual è, a nostro modo di vedere, una maniera abbastanza efficace di spiegare il concetto di “volume” di un solido geometrico. A conclusione presenteremo alcuni semplici esercizi aventi una precisa finalità.

Consideriamo un parallelepipedo rettangolo, i cui spigoli che concorrono in uno stesso vertice (le cui misure si dicono dimensioni del parallelepipedo) misurano uno 3 unità di lunghezza, uno 4 unità di lunghezza e uno 5 unità di lunghezza. Dividiamo in 3 parti congruenti lo spigolo di misura 3 e mandiamo per i punti di divisione i piani perpendicolari allo spigolo stesso.

Facciamo altrettanto con lo spigolo di misura 4 (dopo averlo diviso in 4 parti congruenti) e con lo spigolo di misura 5 (dopo averlo diviso in 5 parti congruenti). Con questo procedimento il parallelepipedo assegnato viene suddiviso in 345 cubi di spigolo 1 (fig. 17). Sicché, se il cubo di spigolo 1 è assunto come solido unitario (ossia come unità di misura dei solidi), possiamo concludere che la misura del parallelepipedo in esame é: 345=60.

fig. 17

Da queste considerazioni si può desumere che:

volume parallelepipedo rettangolo = prodotto delle tre dimensioni.

In particolare:

volume cubo = spigolo × spigolo × spigolo.

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Una unità di misura dei solidi è il cubo il cui lato misura 1 m: è denominato metrocubo. Si indica con la scrittura:

3

e si legge “un metro cubo”. Assieme a tale misura ci sono poi i suoi multipli e sottomultipli.

Un sottomultiplo particolarmente interessante è il decimetro cubo (dm3). Il fatto interessante è che esso equivale ad 1 litro, che è una unità di misura di capacità. Anzi è considerata l’unità ufficiale di misura dei volumi. Evidentemente 1 m3 equivale a 1000 litri. In simboli:

1 m3 = 1000 l . A titolo di curiosità segnaliamo alcuni particolari volumi:

- una mela di medie dimensioni occupa un volume di circa 35 cm3;

- un’automobile di media cilindrata ha un serbatoio della capacità di circa 70 litri;

- la piramide di Cheope, a Giza in Egitto, occupa attualmente uno spazio di circa 2,4 milioni di metri cubi;

- la Terra occupa un volume pari a circa 1080 miliardi di miliardi di metri cubi.

Proponiamo adesso un esercizio, concettualmente semplice, avente come unico scopo di far capire cosa intendiamo quando affermiamo che l’alunno deve essere in grado di tenere sotto controllo sia il procedimento sia il risultato.

L’aula in cui ti trovi ha la forma di un parallelepipedo rettangolo, nel quale gli spigoli della base sono lunghi 8,4 m e 7,6 m mentre l’altezza misura 3,2 m. Quanto misura la superficie del pavimento? Quant’è il volume dell’aula?

Supponiamo che un bambino faccia i suoi conti, ma che nel calcolo della misura del pavimento sbagli a mettere la virgola, trovando un risultato di 638,4 m2. È un errore grave, non perché ha sbagliato a mettere la virgola, ma perché egli sta accettando acriticamente il risultato senza tenerlo sotto controllo. Dovrebbe infatti essere in grado di stimare fin dall’inizio che l’area di un rettangolo di dimensioni 8,4 m e 7,6 m è un po’ più di 56 m2 (nel caso specifico è 63,84 m2), mentre il valore da lui trovato è lontanissimo da quella stima Da qualche parte pertanto c’è almeno un errore nei suoi calcoli. Sapendolo, forse riuscirà a individuarlo ed a correggerlo.

Un altro bambino, avendo letto erroneamente 6,7 invece di 7,6, trova che il volume dell’aula è 180,096 m3. Non ha modo di rendersi conto dell’errore, poiché l’ordine di grandezza del volume non differisce da quello del valore esatto. Valore che è 204,288 m3. L’alunno si è distratto e questa è certamente una pecca nel suo procedimento, ma non ha commesso un grave errore.

Entrambi i bambini hanno ottenuto risultati errati. Ma il primo ha commesso un errore grave, poiché non ha saputo valutare l’entità del suo sbaglio. Il secondo non ha commesso un grave errore, ma solo una distrazione, della quale aveva difficilmente modo di rendersi conto.

Sempre sulla stessa lunghezza d’onda si può proporre agli alunni il seguente esercizio:

Il corpo di un bambino della tua età occupa una certa porzione di spazio. Quale delle seguenti misure è la più attendibile per la misura di tale spazio?

[A] 600 dm3. [B] 5000 cm3. [C] 2 m3. [D] 0,01 m3.

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