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CAPITOLO 3 L’Aiuto alle Decisioni Multicriteri Territoriale

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CAPITOLO 3

L’AIUTO ALLE DECISIONI MULTICRITERI TERRITORIALE

3.1 GIS , ANALISI MULTICRITERI E MAPPE DECISIONALI

I problemi decisionali che interessano la pianificazione dei sistemi territoriali ed ambientali tipicamente comportano la valutazione di un insieme di alternative decisionali sulla base di un numero elevato di criteri, spesso conflittuali e non facilmente misurabili. Per poter integrare tutte le variabili (geografiche, ambientali, sociali ed economiche) che concorrono all’analisi dei sistemi territoriali è necessario considerare e comprendere il ruolo “attivo” della componente spaziale nelle procedure valutative ed in questo contesto è di rilevante supporto lo sviluppo dei Geographical Information Systems (GIS).

L’ambito di ricerca che riguarda la pianificazione dei processi di trasformazione ed evoluzione del territorio necessita, pertanto, di metodologie di supporto alle decisioni che siano a criteri multipli e basate su tecniche avanzate di analisi spaziale, implementate attraverso i sistemi di informazione geografici.

Queste due distinte aree di ricerca, analisi spaziale basata su GIS ed aiuto alle decisioni multicriteri, possono beneficiare una dell’altra: da un lato, infatti, le tecniche di analisi spaziale integrate nei GIS rivestono un ruolo importante per georefernziare, interpolare, gestire e rappresentare la grande mole di dati necessari allo studio, dall’altro le metodologie di analisi a criteri multipli offrono procedure capaci di strutturare e modellare il processo decisionale incorporando l’intero metodo valutativo in un sistema informativo geografico (figura 3.1).

Acquisizione, interpolazione, analisi e gestione dei dati territoriali Aggregazione degli attributi geografici e delle preferenze dei decisori in valori unidimensionali delle alternative decisionali GIS based Spatial Analysis Multicriteria Decision Aiding (MDA)

Spatial

Multicriteria

Decision Aiding

(SMDA)

Figura 3.1 Elementi costitutivi di un sistema di aiuto alle decisioni multicriteri spaziale Nonostante il fatto che la maggior parte dei problemi di aiuto alle decisioni in ambito territoriale ed ambientale coinvolga la componente spaziale e sia multicriteri in natura, dal momento che coinvolge varie dimensioni, quali quella economica, sociale, ambientale e politica con interessi spesso in conflitto fra loro, le tecniche di decision making a criteri

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multipli sono state solo recentemente inserite ed integrate nel campo dell’analisi spaziale, pervenendo al concetto di sistemi di supporto alle decisioni multicriteri spaziali basati su GIS, Spatial Multicriteria Decision Aiding (Jankowsky, 1995;Malczewski, 1999).

Un problema decisionale a criteri multipli e di tipo spaziale comporta innanzitutto l’esistenza di un insieme di alternative decisionali geograficamente definite fra le quali un ordinamento ed una scelta vengono effettuate nel rispetto di un dato insieme di criteri di valutazione e delle preferenze dei decision makers.

Le alternative sono geograficamente definite, nel senso che il risultato dell’analisi dipende anche dalla loro distribuzione spaziale: in termini GIS le alternative possono essere rappresentate attraverso una primitiva geometrica (punto, linea, arco, poligono, celle di un raster o qualsiasi combinazione di tali elementi) a cui sono associati i valori dei criteri di valutazione che vengono memorizzati come attributi alfanumerici (figura 3.2).

Punti Linee/Archi

Poligoni Celle (Raster)

Figura 3.2 Rappresentazione geografica delle alternative decisionali

In secondo luogo un processo di supporto alle decisioni di tipo spaziale necessita che i

criteri di valutazione, e quindi gli attributi che servono a misurarli, variando nello spazio,

vengano rappresentati attraverso strati informativi geografici, meglio definiti come “map

layers georeferenziati”.

In un problema di analisi multicriteri spaziale la relazione fra criteri/obiettivi ed attributi è di tipo gerarchico ed ogni attributo può essere modellato all’interno di un database geografico nella forma di una mappa digitale che ne consente una rappresentazione fisica della distribuzione spaziale dei valori, in modo da misurare il grado di raggiungimento dei criteri associati.

Si riporta, a titolo esplicativo, un esempio di costruzione di mappe geografiche di criteri ed attributi riferiti alla gestione e protezione di aree boscate (figura 3.3).

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GESTIONE DELLE AREEE BOSCATE Produttività forestale Uso Suolo Modello digitale del terreno Pericolo di alluvioni Pericolo di

alluvioni Conservazionedel suolo

Pericolosità Geo-morfologica Flussi Turistici Pericolosità Idraulica Mappe criteri Mappe attributi Attività ricreazionali

Figura 3.3 Costruzione dei map layers geografici dei criteri e degli attributi: esempio A differenza di quanto sopra riportato, le convenzionali tecniche di supporto alle decisioni multicriteri di tipo non spaziale tipicamente usano la media o il totale degli impatti di un’alternativa su un sistema territoriale, ritenendo tali misure appropriate per l’intera area oggetto di analisi: in altre parole gli approcci convenzionali assumono un’omogeneità spaziale all’interno dell’area di studio. Questa assunzione è chiaramente poco realistica, dal momento che i criteri di valutazione variano nello spazio, pertanto il risultato dell’analisi è fortemente influenzato dalla distribuzione spaziale dei valori dei rispettivi attributi che ne quantificano il grado di raggiungimento. L’analisi multicriteri spaziale rappresenta, pertanto, un significativo passo in avanti rispetto alle procedure valutative a criteri multipli convenzionali, rendendo esplicita l’importanza della componente spaziale che richiede sia la conoscenza e la rappresentazione dei dati relativi ai criteri (criterion maps), sia la localizzazione geografica delle alternative. I dati territoriali vengono processati, integrando le potenzialità informatiche del GIS con la struttura formale delle procedure di aiuto alle decisioni multicriteri, in modo da supportare in maniera più robusta e strutturata il processo di pianificazione territoriale. L’analisi a criteri multipli territoriale può essere pensata, quindi, come uno strumento capace di integrare e processare i dati geografici di input in un output di supporto al processo decisionale (Malczewski, 1999), così come riportato in figura 3.4.

OUTPUT

(supporto alla decisione) INPUT

(dati geografici)

AMC & GIS

(analisi multicriteri spaziale)

OUTPUT

(supporto alla decisione) INPUT

(dati geografici)

AMC & GIS

(analisi multicriteri spaziale) INPUT

(dati geografici)

AMC & GIS

(analisi multicriteri spaziale)

Figura 3.4 Input ed output di un modello di analisi multicriteri spaziale (Malczewski, 1999)

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Due sono gli aspetti di cruciale importanza che le tecniche di analisi a criteri multipli spaziale riescono ad implementare:

le potenzialità del GIS di acquisire, immagazzinare, georiferire, interpolare ed analizzare una grande mole di dati territoriali, spesso fra loro eterogenei;

le capacità delle procedure multicriteri di aggregare i dati geografici e le preferenze dei decisori in valori unidimensionali delle alternative decisionali.

Il ruolo chiave delle tecniche di aiuto alle decisioni multicriteri basate su GIS è, pertanto, quello di supportare i decisori nel raggiungimento di una maggiore efficacia ed efficienza verso le scelte che riguardano le trasformazioni ed il governo del territorio.

Pertanto, in un contesto spaziale, le alternative ed i criteri di valutazione sono associati ad entità geografiche ed anche le relazioni fra queste entità possono essere rappresentate sotto forma di mappe territoriali che vengono generate, nella maggior parte dei casi, facendo ricorso alle operazioni di map algebra (Tomlin, 1990) implementate direttamente in ambiente GIS.

Solo di recente (Chakhar e Mousseau, 2006) sono state perfezionate procedure più complete e raffinate di map algebra, costruite “ad hoc” per supportare gli aspetti multicriteri dei processi decisionali territoriali.

A tal riguardo, viene introdotto il concetto di mappe decisionali (Chakhar et al., 2005) che possono essere definite come una tipologia particolare di map layers in cui lo spazio decisionale è trattato come una superficie discreta, composta da un numero finito di unità spaziali omogenee poligonali, ottenute applicando una procedura di ordinamento multicriteri.

Formalmente una mappa decisionale M può essere definita dall’insieme {u, f(u): u∈U} dove U è l’insieme di unità spaziali omogenee ed f è una funzione di aggregazione multicriteri definita come segue:

f: U → E; u → f(u)=Φ[g1(u), g2(u)...gm(u)] [3.1]

dove E è una scala ordinale o cardinale, Φ è il modello di ordinamento multicriteri impiegato nell’analisi, gj(u) è la performance dell’unità spaziale u rispetto al generico

criterio j.

Pertanto, una mappa decisionale è capace di riassumere in un’unica informazione geografica di tipo cardinale o ordinale, tutte le informazioni parziali relative alle preferenze dei decision makers rispetto ai criteri di valutazione, spesso conflittuali.

Il primo passo per la costruzione di una mappa decisionale è la generazione delle mappe dei criteri ciascuna delle quali rappresenta un tema specifico ed è costituita da un’insieme di unità spaziali omogenee cui sono associati i valori gj(u).

La fase successiva, per la determinazione di una mappa finale ed unitaria di supporto alla decisione, è quella di costruire una mappa intermedia, composta da un nuovo set di unità spaziali i cui confini territoriali derivano dall’intersezione dei contorni delle unità spaziali

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appartenenti ai differenti map layers dei criteri: queste nuove unità sono poi caratterizzate da un vettore ad m dimensioni relativo ai valori degli m criteri sovrapposti. Formalmente, ad ogni unità territoriale elementare u della mappa di intersezione intermedia, viene associato il vettore [g1(u), g2(u)...gm(u].

Per generare la mappa decisionale finale è quindi necessario individuare una procedura multicriteri capace di modellare le informazioni contenute nel vettore [g1(u), g2(u)...gm(u]

in modo da ottenere, per ogni unità spaziale u, un valore globale di performance.

In questa maniera è possibile ordinare le diverse alternative territoriali (u) in base ai punteggi complessivi rispetto ai differenti criteri adottati, ma anche in funzione dei parametri di preferenza espressi dai diversi stakeholders: solo in questo modo può essere realizzata una mappa territoriale multicriteri di effettivo supporto al processo decisionale. È necessario, a questo punto, introdurre il modello di aggregazione sulla famiglia F di criteri, denominato Φ e definito come segue:

Φ: Em → E; g(u) → [g

1(u), g2(u)...gm(u)]; g(u) = Φ[gj(u)]j∈F [3.2]

Il meccanismo di aggregazione Φ dipende dalla particolare regola decisionale multicriteri adottata nell’analisi, come verrà meglio approfondito nei paragrafi successivi.

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3.2 FORMALIZZAZIONE DEL MODELLI MULTIOBIETTIVO E

MULTIATTRIBUTO TERRITORIALI

I sistemi di analisi multicriteri in ambito territoriale possono essere suddivisi, in base alla più generale classificazione che riguarda il numero di alternative, in metodi di analisi

multiattributo e metodi di analisi multiobiettivo i quali sono strutturati, anche da un

punto di vista formale, in maniera differente.

MODELLI DI ANALISI TERRITORIALE MULTIATTRIBUTO (AMA)

Nei modelli multiattributo si assume che l’insieme di alternative sia finito.

Sia Χ l’insieme delle m alternative definite in termini di variabili decisionali: Χ = {

x

i*| i=

1,2, m}.

Dato che alternative sono rappresentate geograficamente da un insieme di celle o pixel in un geodatabase che supporta dati di tipo raster, oppure da un insieme di punti, linee o poligoni in un formato dati di tipo vettoriale, l’indice i indica la localizzazione dell’i-esima alternativa.

Poiché, inoltre, ciascun criterio, e quindi ciascun attributo, può essere considerato come una variabile decisionale, è possibile rappresentare con xij il livello dell’attributo j-esimo

rispetto all’alternativa i-esima.

Ognuna delle m alternative può essere, quindi, caratterizzata dal vettore :

xi* = { xi1, xi2, ………xin} per i = 1, 2….m [3.3]

mentre i livelli degli n attributi rispetto ad un’alternativa i-esima possono essere rappresentati dal vettore :

xj* = { x1j, x2j, ………xmj} per j = 1, 2….n [3.4]

I dati di ingresso di un problema di analisi multiattributo spaziale (equazioni 3.3 e 3.4) possono essere organizzati in forma matriciale come riportato in tabella 3.1 la quale mostra la relazione fra alternative ed attributi: le righe della matrice rappresentano le alternative (entità geografiche) individuate dalla posizione geografica (coordinate georeferenziate) e dai valori alfanumerici degli attributi.

Questi ultimi costituiscono invece le colonne della matrice ed è auspicabile che siano indipendenti fra loro. Gli elementi xij della matrice rappresentano i valori, detti anche

“score” (misurati o stimati), degli attributi rispetto alle alternative.

Attributo1 Attributo 2 Attributo n

Alternativa 1 x11 x12 ... x1n

Alternativa 2 x21 x22 ... x2n

... ... ... ...

Alternativa m xm1 xm2 ... xmn

Tabella 3.1 Matrice di relazione fra alternative ed attributi in un problema di analisi spaziale multiattributo (AMA)

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Acquisiti i dati di input, il passo successivo è quello di aggregare i map layers georeferenziati secondo la specifica regola decisionale relativa al modello di aiuto alle decisioni multicriteri adottato, in modo tale da individuare l’alternativa preferibile in un contesto multiattore.

La performance complessiva di un’alternativa dipende, infatti, non soltanto dai valori/punteggi che essa assume nei confronti di tutti gli attributi relativi ai criteri di valutazione considerati nell’analisi, ma anche dalle preferenze dei decisori nei riguardi di tali criteri.

Le preferenze sono generalmente espresse in termini di pesi (ma a seconda dello specifico modello adottato è possibile individuare anche altri parametri rappresentativi dei punti di vista dei vari decision makers) ed il modo con cui tali preferenze vengono implementate nel modello dipende dalla specifica regola decisionale adottata per pervenire all’ordinamento finale delle alternative.

In definitiva, un problema di analisi multiattributo spaziale può essere formalizzato nel modo seguente:

[xi1, xi2, ………xin | xi* ∈ Χ, i = 1,2,….m] [3.5]

L’ espressione [3.5] può essere quindi interpretata come segue: è necessario applicare la regola decisionale prescelta in modo da ordinare le alternative

x

i*

,

scegliendo quella

preferibile nell’insieme Χ di alternative possibili, in accordo con i valori degli n attributi xi.

MODELLI DI ANALISI TERRITORIALE MULTIOBIETTIVO (AMO)

La categoria dei modelli multiobiettivo è rivolta verso la ricerca e l’individuazione della alternativa decisionale preferibile all’interno di un insieme infinito o comunque molto esteso di azioni.

Le alternative infatti sono definite implicitamente e non esplicitamente come nei modelli multiattributo, mentre gli obiettivi sono stabiliti esplicitamente e funzionalmente correlati agli attributi, anche essi implicitamente formulati.

Gli attributi possono essere considerati come mezzi o fonti di informazioni utilizzabili dai decisori per formulare o raggiungere i propri obiettivi (Starr e Zeleny, 1977).

Conseguentemente i dati di input di un problema multiobiettivo spaziale possono essere acquisiti ed immagazzinati in un GIS sotto la forma di map layers ciascuno dei quali contiene un insieme di oggetti considerati come elementi di un’alternativa.

Le alternative sono derivate da tali map layers definendo le relazioni fra gli obiettivi ed gli attributi degli oggetti contenuti nello spazio geografico e, dal momento che tali relazioni sono definite implicitamente, le alternative devono essere “generate”.

I map layers di input vanno quindi processati per ottenere un’ alternativa o un’insieme di alternative preferibili.

È importante sottolineare che questo processo richiede spesso un algoritmo appositamente progettato per gestire l’intero modello di analisi multiattributo e di solito

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non è possibile impiegare le operazioni fondamentali standard implementate in un GIS (tecniche di overlay ed operazioni di map algebra) per generare le alternative (Malczewski, 1996).

Per formalizzare un problema multiobiettivo sono definiti i seguenti vettori, rispettivamente per alternative ed obiettivi:

fi* = { fi1, fi2, ………fiq} per i = 1, 2….m [3.6]

f

*j = { f1j, f2j, ………fmj} per j = 1, 2….q [3.7]

L’equazione [3.6] indica che ogni i-esima alternativa fi* è valutata sulla base di un

insieme di obiettivi (q) che sono funzionalmente correlati ai corrispondenti attributi. Dall’altro lato la j-esima funzione obiettivo f*j è rappresentata dal vettore di equazione

[3.7].

Analogamente ai problemi multiattributo, anche i metodi multiobiettivo possono essere rappresentati in termini matriciali (tabella 3.2).

Obiettivo1 Obiettivo 2 Obiettivo q

Alternativa 1 f11 f12

...

f1q

Alternativa 2 f21 f22

...

f2q

... ...

...

...

Alternativa m fm1 fm2

...

fmq

Tabella 3.2 Matrice di relazione fra alternative ed obiettivi in un problema di analisi spaziale multiobiettivo (AMO)

Le righe della matrice rappresentano le alternative, le colonne gli obiettivi e le singole celle contengono le funzioni obiettivo fij che descrivono le alternative in termini di valori misurati o stimati degli attributi.

Il sistema di preferenze degli attori sociali coinvolti viene assorbito nella specifica regola decisionale multiobiettivo che combina i dati di input (informazioni geografiche e pesi riferiti alle istanze dei decisori) in un punteggio complessivo di ciascuna alternativa da cui deriva la scelta finale.

Individuato uno specifico modello decisionale, un problema di analisi multiobiettivo spaziale può essere così strutturato :

[fi1, fi2, ………fiq | xi* ∈ Χ, i = 1,2,….m] [3.8]

L’ espressione [3.8] indica di applicare una specifica regola decisionale per individuare e scegliere l’alternativa

x

i*preferibile, appartenente all’ insieme Χ di alternative possibili, in

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3.2 STRUTTURA E FASI COSTITUTIVE DI UN MODELLO DI

ANALISI MULTICRITERI TERRITORIALE

Fra i diversi metodi che la letteratura propone per strutturare gli elementi che compongono un processo decisionale (Keeney,1992) è possibile individuare due categorie principali:

la prima si focalizza sulla generazione delle alternative (alternative-focused

approach);

la seconda è invece orientata alla individuazione dei valori che regolano il processo (value-focused approach) e considera i criteri di valutazione quali elementi base per l’ analisi.

Le differenze fra questi due modalità di strutturare il processo decisionale vengono sintetizzate nella seguente tabella:

Step Approccio orientato ai valori Approccio orientato alle alternative

1 Ricognizione del problema decisionale Ricognizione del problema decisionale

2 Specificazione dei valori Identificazione delle alternative

3 Generazione delle alternative Specificazione dei valori

4 Valutazione delle alternative Valutazione delle alternative

5 Scelta della migliore alternativa Scelta della migliore alternativa

6 Raccomandazioni Raccomandazioni

Tabella 3.3 Confronto fra i momenti organizzativi di un modello multicriteri “focus-oriented” e di uno “alternative-oriented” (Keeney, 1992)

Sempre secondo Keeney, tuttavia, il principio generale per strutturare un processo di scelta prevede che le alternative decisionali siano generate in modo che gli obiettivi del sistema considerato vengano raggiunti nel miglior modo possibile.

Concettualmente questo comporta che venga prima definito che cosa si desidera e poi si definiscano le alternative per ottenerlo, in quanto esse rappresentano il mezzo per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Malczewski (1999) individua nel diagramma di flusso di figura 3.5 un framework utile per inquadrare i problemi di analisi multicriteri spaziali, evidenziando come ogni singola fase del processo decisionale comporti il contributo metodologico sia dei sistemi GIS che delle tecniche di valutazione a criteri multipli. Le componenti del diagramma di flusso sotto riportato rappresentano, quindi, gli step del processo di aiuto alle decisioni multicriteri spaziale basato su GIS.

Risulta evidente che, mentre negli stadi iniziali i GIS giocano un ruolo di maggiore importanza dovuto alle capacità di questi sistemi di acquisire grandi quantità di dati territoriali in forma numerica, la situazione si inverte, poi, nelle fasi successive del processo decisionale quando devono essere stimate le performances delle alternative rispetto ai criteri di valutazione. Nelle fasi finali del processo devono essere quantificate le preferenze di tutti gli attori coinvolti ed i così ottenuti devono essere opportunamente

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aggregati per produrre uno o più ordinamenti delle alternative in modo da identificare lo spettro di soluzioni preferibili riguardo al problema in esame.

Definizione del Problema Decisionale INTELLIGENCE PHASE (GIS) DESIGN PHASE (AMC) CHOICE PHASE (AMC & GIS) Individuazione

Criteri Vincoli

Matrice di

valutazione Alternative decisionali Parametri di

Preferenza dei Decisori (pesi, soglie etc) Regola Decisionale Analisi di sensitività Raccomandazioni finali

Figura 3.5 Framework per un modello di analisi multicriteri spaziale (Malczewski, 1999) DEFINIZIONE DEL PROBLEMA

In generale la definizione di un problema decisionale può essere pensata in termini di

divario tra lo stato desiderato del sistema in esame e quello presente secondo l’ottica dei

diversi attori interessati alla valutazione ed alla scelta.

La definizione del problema comprende quindi tutte quelle fasi di produzione di informazione (intelligence) relative al sistema considerato: in particolare i dati grezzi vengono raccolti, processati ed esaminati per costruire una conoscenza strutturata sul territorio e sulle dinamiche che lo influenzano.

La capacità del GIS di immagazzinare, gestire, ed analizzare tutti i dati a disposizione costituisce un fondamentale supporto per la risoluzione di questa fase.

INDIVIDUAZIONE, SCELTA E STANDARDIZZAZIONE DEI CRITERI E DEGLI ATTRIBUTI DI VALUTAZIONE Una volta che il problema decisionale è stato definito l’analisi a criteri multipli spaziale si concentra sulla scelta di un insieme di criteri di valutazione (obiettivi ed attributi) ed in particolare devono essere specificati:

1. un insieme esaustivo di obiettivi che evidenzino gli aspetti più rilevanti del problema di valutazione;

2. le misure per raggiungere questi obiettivi, cioè gli attributi dei criteri per ciascuno dei quali occorre definire una scala di misura.

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Il grado di raggiungimento degli obiettivi, così come misurato dagli attributi, costituisce la base per confrontare le alternative.

Nel momento in cui si va ad individuare e selezionare un set di criteri adatti ad analizzare il problema, si dovrebbero seguire due tendenze apparentemente opposte: da un lato infatti il numero dei criteri (e degli attributi) deve essere abbastanza ampio da poter descrivere in maniera esaustiva il problema decisionale, dall’altra deve essere

sufficientemente ristretto in modo da evitare ridondanza di informazione.

Per questo motivo vengono identificate (Keeney e Raiffa, 1976; Malczewski, 1996) delle proprietà che, sia il singolo attributo, sia l’insieme di essi, devono possedere per rappresentare in modo adeguato il problema decisionale.

Ciascun attributo deve essere:

Comprensivo: quando indica chiaramente il grado di raggiungimento del

criterio a cui è associato;

Misurabile: quando consente di assegnare una misura a ciascuna alternativa

ed a ciascun decisore di quantificare le sue preferenze; Il set di attributi deve essere:

Completo: se ricopre tutti gli aspetti rilevanti del problema;

Operativo: se è facilmente comprensibile da parte dei decisori, in modo da

rendere evidenti le conseguenze associate alla scelta di ogni alternativa.In un contesto multi-attore questo aspetto è particolarmente importante per garantire la trasparenza del processo decisionale;

Decomponibile: se il processo di valutazione delle alternative può essere

semplificato disaggregando il problema decisionale in parti di minori dimensioni;Non ridondante: se evita doppi conteggi nel valutare le conseguenze della decisione;

Minimo: se è impossibile definire un numero minore di criteri in grado di

rappresentare lo stesso problema.

Anche Roy e Bouyssou (1993) individuano un certo numero di proprietà formali che la famiglia di criteri deve rispettare:

Esaustività: una famiglia di criteri è esaustiva quando, avendo due alternative

la stessa performance su ciascun criterio considerato, si fa intervenire fra loro una relazione di indifferenza;

Coesione: in una famiglia di criteri coesi devono valere la proprietà di seguito

spiegate. Se si accresce la performance di un’azione b rispetto ad un criterio k, lasciando inalterate le performances di b sugli altri criteri, la suddetta azione, denominata bk, è almeno tanto buona di b. Se l’azione b è altrettanto buona di

un’altra azione a, allora anche bk sarà altrettanto buona di a. Se infine si

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mantenendo inalterate le performance sugli altri criteri, la suddetta azione ak

sarà peggiore di bk

Non Ridondanza: una famiglia di criteri non è ridondante quando, eliminando

qualsiasi criterio, vengono meno gli assiomi di esaustività e coesione.

Una famiglia di criteri che rispetti le suddette proprietà viene detta “coerente”. In realtà non esistono tecniche universali per determinare l’insieme di criteri più adatto per descrivere un problema decisionale, in quanto la scelta è legata alla specificità del caso in esame: molte volte la procedura di identificazione dei criteri è un processo iterativo multistep. Le tecniche comunemente ritenute adatte per identificare il set di criteri da utilizzare per lo specifico caso riguardano da un lato la ricerca bibliografica di

casi di studio analoghi e di documentazioni pubbliche, dall’altro il ricorso a studi analitici

atti a modellare il sistema, identificando variabili di input ed output ed effettuando

simulazioni ex ante.

In un contesto decisionale multiattore la famiglia dei criteri deve essere anche “rappresentativa” di tutti i soggetti coinvolti nella decisione, per questo alcuni autori (Keeney e Raiffa, 1976; Malczewski, 1996) suggeriscono di fare ricorso ad un sondaggio di opinioni. Infine Damart (2003) identifica due procedure principali che consentono di pervenire alla costruzione dei criteri (figura 3.6):

Procedura top-down: è un approccio di tipo gerarchico in cui si suddivide un obiettivo generale in più sottrocriteri (scuola anglosassone);

Procedura bottom-up: è un modo di procedere che, partendo dalle conseguenze elementari connesse a ciascuna azione, risale all’identificazione di classi di conseguenze fra loro omogenee (scuola francese).

+ + + + + + + + + + + + + + + + Cammino Ascendente Cammino Discendente Obiettivi/Valori Famiglia di criteri Indicatori Nube di conseguenze

Figura 3.6 Procedure di costruzione dei criteri ascendente e discendente (Damart, 2003)

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Trattandosi di analisi spaziale, i criteri di valutazione ed i rispettivi attributi sono associati ad entità spaziali e vengono rappresentati attraverso mappe geografiche.

Tali map layers consentono una rappresentazione della distribuzione spaziale dell’attributo che misura il grado di raggiungimento del o dei criteri associatiLe mappe dei criteri (e degli attributi) possono essere di due tipi (Malczewski, 1996): mappe di valutazione dei criteri e mappe dei vincoli. Il primo tipo di mappe rappresenta la distribuzione spaziale del valore degli attributi, mentre il secondo tipo introduce dei limiti sul valore e sulla localizzazione che attributi e variabili decisionali possono avere.

Infatti la costruzione di queste carte tematiche georeferenziate, o data layers secondo la terminologia GIS, permette di valutare la performance di ciascuna alternativa rispetto ai criteri in esame.

Dato che ciascun criterio è reso operativo attraverso un insieme di attributi, anche le mappe degli attributi possono essere costruite quantificando la distribuzione spaziale dei valori misurati attraverso una scala di livello che può essere qualitativa o quantitativa. I map layers relativi ai criteri ed agli attributi possono essere, quindi, di tipo qualitativo (es:uso del suolo, litologia, vegetazione, distribuzione socio-ecopnomica etc) oppure quantitativo (quota, pendenza, distanza dai corsi d’acqua, accessibilità etc).Le scale di misura naturali (figura 3.7) sono quelle basate su dati oggettivi e sono prive di giudizi di valore (es. distanza in Km da un strada per misurare l’accessibilità di un sito), mentre quelle costruite sono derivate dal giudizio di persone generalmente esperte (es. classi di qualità paesaggistica). Gli attributi diretti sono poi quelli che misurano il grado di raggiungimento degli obiettivi in modo diretto, mentre gli attributi proxy lo misurano in modo indiretto: ad esempio per valutare la permeabilità di un terreno, in un caso si fa riferimento ai valori misurati tramite prove in situ, mentre nel secondo caso tale attributo viene derivato indirettamente dalla litologia e composizione granulometrica dei suoli.

Mappe dei Criteri

Attributi Diretti

Attributi

Deterministici ProbabilisticiAttributi Scale Naturali Attributi Proxy Scale Costruite

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Infine, sia nel caso di mappe degli attributi di tipo diretto che di tipo proxy, lo strato informativo prodotto può essere di tipo deterministico, quando i valori degli attributi distribuiti sul territorio sono considerati certi, oppure di tipo probabilistico ed in tal caso a ciascun punto dello spazio è associata una distribuzione di probabilità del valore dell’attributo considerato.

Una sintesi delle differenti scale di misura per la costruzione delle mappe dei criteri e dei corrispettivi attributi viene riportata in figura 3.7.

A prescindere dalla scala di misura impiegata nell’analisi, le mappe dei criteri di valutazione, una volta costruite e georeferenziate risultano, però, fra loro

incommensurabili nel senso che le scale e le unità di misura degli attributi sono diverse e

pertanto devono essere rese comparabili attraverso un processo di standardizzazione che consente la conversione delle diverse scale dimensionali ad una scala comune adimensionale (generalmente compresa nell’intervallo 0-1).

In un processo di analisi a criteri multipli di tipo spaziale i valori standardizzati delle performances delle alternative rispetto ai criteri, che nei modelli tradizionali costituiscono gli elementi della matrice di valutazione, sono riportati nello spazio fisico del territorio come attributi alfanumerici standardizzati riferiti agli elementi geografici (alternative decisionali) cui sono associati, cioè a punti, linee, poligoni o, come nel caso di figura 3.8, a celle regolari di un grid.

Alternativa 1 Alternativa 2

Alternativa m

Attributo 1 Attributo 2 Attributo 3

Attributo n Valore 11

Valore 21 Valore m1 Valore 12 Valore 22 Valore m2 Valore 13 Valoreij Valore 23 Valore m3 Valore 1n

Valore 2n Valore mn

[0,1] 1. Matrice di valutazione

Strati informativi grezzi relativi agli attributi

2. Analisi Spaziale

STANDARDIZZAZIONE

[0,1]

Map Layer standardizzati Valore ij

Figura 3.8 Processo di standardizzazione dei criteri/attributi in un modello di analisi multicriteri spaziale

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Le metodologie di standardizzazione delle mappe dei criteri/attributi sono numerose e variano a seconda delle caratteristiche dello strato informativo di base e del contesto decisionale in cui tale informazione viene impiegata; le tecniche più comunemente usate sono, comunque, le trasformazioni lineari di scala, la costruzione di specifiche funzioni di

valore/utilità, la formulazione di funzioni di probabilità e l’approccio che impiega funzioni

di tipo fuzzy.

Qualsiasi sia la tecnica di standardizzazione adottata, in un processo di aiuto alle decisioni multicriteri di tipo spaziale, la costruzione delle mappe standardizzate di criteri e degli attributi può essere facilmente implementata in ambiente GIS grazie alla corrispondenza diretta fra i valori degli attributi, memorizzati come dati alfanumerici nella componente tabellare del dato, e gli elementi geografici corrispondenti.

In ambiente GIS, l’immediatezza del processo di standardizzazione e la possibilità di poter direttamente visualizzare e confrontare la distribuzione territoriale del dato standardizzato rispetto all’attributo grezzo, permette una maggiore comprensione del fenomeno e consente di vedere come, cambiando la struttura della funzione di standardizzazione, viene modificato il map layer di input al modello di analisi multicriteri. Nella figura di seguito rappresentata (figura 3.9) si porta l’esempio in cui l’attributo quota, misurato in metri sul livello del mare, viene standardizzato nell’intervallo [0, 1] in riferimento alla valutazione del fenomeno del rischio incendi in uno specifico territorio. In questo caso gli estremi dell’intervallo di standardizzazione rappresentano, per convenzione, rispettivamente il massimo (valore pari ad 1) ed il minimo (valore pari a 0) rischio di incendio. Lo strato informativo di partenza è costituito dal modello digitale del terreno in forma raster in cui ciascuna cella della griglia quadrata regolare che ricopre l’area di studio ha lato pari a 500 mt.

In questo caso la funzione di utilità viene costruita attraverso un approccio probabilistico basato sull’analisi statistica dei dati relativi all’influenza della quota sulla distribuzione storica degli incendi avvenuti in un periodo temporale di 10 anni sul territorio in esame. Dal confronto fra lo strato di partenza e quello finale deriva che, per porzioni di territorio ad altitudine compresa fra 100 e 200 m.s.m., al crescere della quota cresce l’incidenza del fenomeno degli incendi boschivi; quando la quota cresce ulteriormente fra 200 e 400 mt, per lo specifico territorio oggetto di analisi, il rischio incendi è considerato massimo (valore pari ad 1), ma indipendente dal fattore quota: probabilmente il fenomeno è influenzato da altri fattori, quali la distanza dalle strade, le condizioni meteo-climatiche etc. Infine, per altitudini superiori a 400 mt, l’incidenza della quota è inversa rispetto al fenomeno degli incendi boschivi, probabilmente perché, per altezze elevate, la struttura della vegetazione, i livelli di accessibilità infrastrutturale, l’acclività del terreno, il livello di antropizzazione etc riducono la possibilità di innesco e propagazione del fenomeno incendiario.

(16)

Dato grezzo Funzione di valore Dato standardizzato RISCHIO INCENDI

Figura 3.9 Standardizzazione dell’attributo “quota” sulla base della funzione di valore derivata dall’analisi dei dati statistici relativi alle aree incendiate su un periodo di 10 anni

Da quanto emerso in questa sezione, deriva che in tutte le fasi di scelta, costruzione e standardizzazione dei criteri e degli attributi di valutazione, la potenzialità del GIS di implementare funzioni proprie dell’analisi spaziale, diviene di vitale importanza per generare gli input all’intero modello.

INDIVIDUAZIONE DELLE ALTERNATIVE

Il processo di generazione delle alternative è basato sulla struttura dei valori ed è quindi dipendente dall’insieme dei criteri di valutazione precedentemente definiti.

Ciascuna alternativa decisionale può essere identificata da una variabile decisionale che, a seconda del problema in esame, può essere una variabile deterministica, probabilistica o linguistica.

Rispetto alle alternative (o azioni), il processo di valutazione e di decisione può muoversi in due direzioni spesso fra loro concatenate:

se le alternative decisionali sono esplicitate fin dall’inizio, il modello di aiuto alle decisioni multicriteri ha come obiettivo quello di fornire un numero sufficientemente elevato di ordinamenti possibili cui segue la scelta della soluzione preferibile;

(17)

se invece le alternative non sono preesistenti o ne sono presenti solamente alcune, come spesso accade nei processi decisionali reali, il modello di aiuto alle decisioni deve innanzitutto individuare e costruire l’insieme di azioni e solo successivamente ordinarle.

In un problema di analisi spaziale le alternative decisionali sono rappresentate

geograficamente, cioè individuate attraverso una primitiva geometrica a cui sono

associati i valori dei criteri e degli attributi di valutazione che sono memorizzati come dati alfanumerici.

Un elemento chiave per rappresentare le alternative in ambiente GIS (figura 3.10) è la dicotomia fra struttura:

Raster in cui le alternative decisionali sono definite come un singolo elemento

(cella) o come una combinazione di pixel del raster stesso;

Vettoriale in cui le alternative decisionali sono assegnate ad entità spaziali

rappresentate come punti, linee, archi o poligoni in un geodatabase.

Punto

Linea

Poligono

Vettoriale

Raster

Punto

Linea

Poligono

Vettoriale

Raster

Figura 3.10 Rappresentazione delle alternative in formato vector e raster

La presenza di vincoli limita poi il numero, l’estensione geografica e la possibile localizzazione delle alternative da ordinare.

I vincoli, pertanto, rappresentano delle restrizioni imposte allo spazio decisionale e determinano l’insieme delle alternative possibili, eliminando dall’analisi quelle porzioni di territorio che sono inaccettabili a seguito di prescrizioni di tipo normativo e/o tecnico. In una particolare situazione decisionale l’insieme di alternative può essere limitato imponendo o dei vincoli sui valori degli attributi (vincoli aspaziali o booleani) oppure restrizioni sulla loro posizione (vincoli spaziali).

Considerando, ad esempio, il problema della localizzazione di un nuovo ospedale ed adottando una rappresentazione delle alternative decisionali di tipo raster, fa parte della prima tipologia di vincoli (aspaziali) la prescrizione di eliminare tutte le celle che contengono valori di pendenza superiori ad una soglia stabilita da normative di tipo tecnico-costruttivo (es. 20%), mentre appartiene alla seconda tipologia di vincoli (spaziali) la disposizione di non includere nelle alternative possibili di localizzazione tutti quei pixel, rappresentativi di aree meno accessibili rispetto alle grandi infrastrutture, che si trovano ad una distanza da una autostrada superiore, ad esempio, a 25 Km.

(18)

Secondo un procedura definita di “screening” (figura 3.11) vengono innanzitutto distinte le alternative possibili, cioè che soddisfano tutti i vincoli imposti dal problema decisionale in esame, rispetto a quelle impossibili o inaccettabili in quanto non rispettano alcun vincolo, oppure ne soddisfano solamente alcuni.

Successivamente, all’interno dell’insieme delle sole alternative possibili, può essere applicato il principio di pareto-efficienza che consente di eliminare le alternative considerate “inefficienti” perché dominate da altre: una alternativa A1 è dominata da un’altra alternativa A2 se realizza, per tutti i criteri considerati, una prestazione non migliore di quella di A2 e, per almeno uno dei criteri, una prestazione peggiore.È molto difficile individuare e/o selezionare un’ alternativa decisionale le cui performances siano le migliori rispetto a tutti gli attributi dei criteri di valutazione relativi al processo decisionale in esame: nei rari casi in cui questo accade si parla di dominanza paretiana assoluta (Voogd 1983, Bazzani, 1993).

In alcuni casi, ad esempio nella procedura indicata dalla tecnica ELECTRE I descritta in maggiore dettaglio nel capitolo 7, è possibile identificare “nucleo”, cioè un’insieme di alternative, fra loro incomparabili, che non si possono scartare perché “non surclassate” da nessun’altra alternativa del nucleo stesso.

Impossibili

Dominate Non Dominate

Sulla base del rispetto dei Vincoli

Sulla base del principio di Pareto Efficienza

Possibili

Alternative Decisionali

Figura 3.11 Processo di screening delle alternative decisionali

Esistono poi altri metodi che possono aiutare la scelta fra alternative definite efficienti in senso paretiano in modo da massimizzare l'utilità del decisore, ma, sebbene condividano la base informativa codificata nella matrice di valutazione, essi differiscono sostanzialmente in termini di quantità e qualità delle informazioni richieste.

(19)

PREFERENZE DEI DECISORI ED ALTRI PARAMETRI DEL MODELLO

In questa fase le preferenze di decisori rispetto ai criteri di valutazione vengono incorporate nel modello di aiuto alle decisioni multicriteri spaziale.

Tali preferenze sono generalmente espresse dai pesi che indicano l’importanza relativa dei criteri di valutazione esprimendo quanto ciascun criterio sia più importante rispetto agli altri nell’ottica di ciascun decisore.

La determinazione di pesi costituisce un momento fondamentale del processo decisionale per la determinazione dell’ordinamento delle alternative e quindi per l’esito della scelta finale perché mette a confronto i punti di vista dei diversi attori sociali coinvolti.

In questa fase del processo i decision makers possono influenzare gli output del sistema anche attraverso la determinazione di ulteriori parametri del modello, diversi dai pesi, che, a seconda della competenza tecnico scientifica del decisore, possono essere esplicitati direttamente, oppure attraverso il contributo di propri esperti che interagiscono con l’analista. Tali parametri dipendono dalla specifica regola decisionale implementata nel modello stesso; un esempio significativo è rappresentato dalla determinazione delle

soglie di indifferenza, preferenza e veto che nelle procedure ELECTRE, descritte in

maggiore dettaglio nel capitolo 7, costituiscono un parametro capace di influenzare significativamente l’ordinamento finale delle alternative decisionali.

La ponderazione dei criteri permette poi a ciascun attore di integrare e materializzare le proprie preferenze nel modello, per questo si hanno tanti set di pesi quanti sono i decisori coinvolti.

I pesi sono usualmente normalizzati in modo tale che la loro somma sia pari all’unità: in caso di n criteri, il vettore dei pesi può essere formalizzato come segue:

W=(w1, w2,...wp,...wn) con

w =1 [3.9] 1 = n i i

È utile sottolineare che l’incorretta specificazione dei pesi è un errore molto comune nelle applicazioni di analisi multicriteri spaziali.

Uno sbaglio molto comune è quello di voler attribuire un peso ad un criterio o ad un attributo senza conoscere il range di variazione dei valori che ne misurano l’intensità. Considerando, ad esempio, il criterio qualità dell’aria di cui viene misurato l’attributo concentrazione di monossido di carbonio (CO) espresso in parti per milione (ppm), se la distribuzione spaziale dei valori, nello specifico territorio in esame, varia fra 100 e 105 ppm, il peso dell’attributo risulterà essere minore rispetto al caso in cui il campo di variabilità è compreso fra 1 e 100 ppm.

Non è poi corretto interpretare il peso come una misura generale che riflette l’importanza assoluta del criterio di valutazione considerato, ma va inteso come misura della sua

importanza relativa rispetto al set di criteri considerati per descrivere il problema: il

(20)

variando la misura di C1 dal valore minimo al massimo, rispetto al vantaggio che si otterrebbe applicando lo stesso procedimento a C2.

È molto importante, poi, considerare le unità di misura degli attributi, il livello di dettaglio con la scala geografica di riferimento delle mappe corrispondenti, il grado di accuratezza che può derivare dall’impiego di tecniche di pre-processing del dato e di interpolazione spaziale ed infine la validità temporale della misura che influisce sull’importanza dell’attributo in quanto legata all’attendibilità del risultato.

Anche i metodi di ponderazione dipendono dalla specifico modello di analisi multicriteri usato nello studio, tuttavia le tecniche più comunemente impiegate in letteratura vengono di seguito sintetizzate.

Ranking

Il modo più semplice per assegnare un peso a ciascun criterio è quello di individuare un ordinamento (rank) fra i criteri considerati. Stabilito l’ordinamento fra i criteri esistono diverse procedure per generare il valore numerico dei pesi. Una delle più comuni è denominata “rank sum” in cui il peso normalizzato del generico criterio wj

viene determinato come segue:

[3.10]

dove:

n = numero di criteri considerati (k = 1,2,…n); rk = posizione del criterio nell’ordinamento (rank);

wj = peso normalizzato del j-esimo criterio.

Un’altra tecnica di ponderazione appartenente alla famiglia del ranking è denominata

“rank reciprocal” ed i pesi sono derivati dai reciproci degli ordinamenti dei criteri

normalizzati come segue:

= + − + − = n w 1 k k j j 1) r (n 1 r n [3.11]

= = n 1 k k j j ) (1/r 1/r w

Infine esiste anche la procedura chiamata “rank exponent” in cui, a partire dall’ordinamento dei criteri, i pesi rispettivi vengono calcolati nel modo seguente:

[3.12]

= + − + − = j w n 1 k p k p j 1) r (n 1) r (n

dove p è un parametro adimensionale intero che, quando assume valore pari a 0, vengono assegnati pesi uguali a tutti i criteri di valutazione, quando assume valore pari ad 1, la formula del rank exponent diventa uguale a quella del rank sum, mentre al crescere di p la distanza fra i valori dei pesi dei criteri, a parità di ordinamento, diventa sempre più grande.

(21)

Facendo riferimento al caso della localizzazione di un’attività cosiddetta “a rischio”, quindi indesiderata, come un inceneritore, una discarica o un sito per lo smaltimento di scorie nucleari, consideriamo il caso che vengano inclusi nel processo valutativo solamente cinque attributi: A) Costo di acquisizione del terreno; B) Vicinanza rispetto alla popolazione; C) Probabilità di terremoti; D) Accessibilità del sito; E) Vicinanza a corpi idrici superficiali. Il primo passo per la determinazione dei pesi con il metodo del rank exponent è comunque quello di far stabilire a ciascun decisore un ordinamento dei criteri sulla base dei propri interessi, punti di vista, preoccupazioni etc. Ipotizzando che l’ennesimo decision maker indichi un ordinamento discendente (dal più al meno importante) come quello indicato nella figura 3.12, è possibile osservare come, al variare del parametro p dell’equazione [3.12], vari il valore numerico dei pesi dei criteri, pur rimanendo invariato il rispettivo ordinamento.

Confronto Rank Esponent

0,000 0,100 0,200 0,300 0,400 0,500 0,600 0,700 0,800 2 4 1 5 3 Peso (n-rj+1) P e s o (n -r j+ 1 )^ p Peso norm p=2 Peso norm p=5 Peso norm p=7

Criteri Ordinamento Peso (n-rj+1) Peso (n-rj+1)^p p=2 Peso norm p=2 Peso (n-rj+1)^p p=5 Peso norm p=5 Peso (n-rj+1)^p p=6 Peso norm p=6 A 4 2 4 0,073 32 0,007 64 0,003 B 2 4 16 0,291 1024 0,231 4096 0,200 C 5 1 1 0,018 1 0,0002 1 0,00005 D 1 5 25 0,455 3125 0,706 15625 0,762 E 3 3 9 0,164 243 0,055 729 0,036

Figura 3.12 Variazione del valore dei pesi, computati con il metodo rank exponent, al variare del parametro adimensionale p

Rating

Un altro modo per assegnare una diversa importanza a ciascun criterio di valutazione è quello di stimare i pesi sulla base di una scala predeterminata, ad esempio quella compresa fra 0 e 100, che permette di stabilire una graduatoria (rating) fra i criteri stessi. Questo può essere fatto attraverso due procedure diverse: la prima è denominata “point allocation” (ripartizione di punteggio) e ripartisce l’importanza dei criteri secondo un paniere di 100 punti dove 100 rappresenta la situazione in cui un solo criterio viene considerato e 0 indica che il criterio può essere ignorato; la seconda, più largamente usata, è denominata “ratio estimation procedure”

(22)

(procedura di stima del quoziente) in cui, dapprima il decisore stabilisce un ordinamento fra i criteri in funzione della propria preferenza, quindi il punteggio massimo pari a 100 viene attribuito al criterio più importante mentre un punteggio w* (0 <w*<100) al meno importante. Il valore di w* è preso come punto di ancoraggio nel calcolo dei quozienti w/w* necessari alla determinazione dei pesi normalizzati wj, norm secondo la formula seguente:

[3.13]

Facendo ancora una volta riferimento all’esempio della localizzazione di un’attività a rischio dove i pesi dei criteri, computati con il metodo del ranking, sono riportati in figura 3.12, è possibile osservare quanto diversi siano i valori delle preferenze calcolate con la procedura del rating, pur mantenendo inalterato l’ordinamento dei criteri stessi (figura 3.13).

Figura 3.13 Computazione dei pesi dei criteri tramite la procedura di stima del quoziente afferente alle tecniche di rating

= = n 1 j * j * j norm j, ) /w (w /w w w

Criteri Ordinamento Ratio Scale

Peso

w/w*

Peso

norm

A

4

50

5,000

0,168

B

2

75

7,500

0,252

C

5

10

1,000

0,034

D

1

100

10,000

0,336

E

3

63

6,300

0,211

29,800

1,000

w* Confronto a coppie

È la tecnica di attribuzione dei pesi proposta da Saaty (1980) all’interno del metodo dell’analisi gerarchica AHP (Analytic Hierarchy Process).

Secondo tale metodo è possibile quantificare i pesi effettuando dei confronti fra ciascuna coppia di criteri di valutazione sulla base di una scala semantica che associa i primi nove numeri interi con altrettanti giudizi di qualità.

Con riferimento a studi di psicologia sulle "classi di indistinguibilità", Saaty ha proposto una scala di valori che permette di tradurre i giudizi qualitativi di confronto in termini quantitativi.

Tale scala di importanza relativa copre un intervallo di valori che va da 1 (uguale importanza tra gli aspetti confrontati) a 9 (estrema importanza di un aspetto rispetto all’altro) anche se vengono automaticamente definiti anche i valori reciproci dei precedenti in quanto, ad esempio, se ad un elemento della gerarchia viene assegnata

(23)

un'intensità di preferenza pari a 3 rispetto ad un altro elemento, allora quest'ultimo possiederà un'intensità di preferenza pari al reciproco della prima, cioè uguale ad 1/3. La scala semantica di Saaty riveste un'importanza significativa nelle tecniche di analisi multiattributo, al punto tale che viene utilizzata anche indipendentemente dalla metodologia completa dell'AHP.

Gli aspetti computazionali che consentono di calcolare, tramite il metodo dell’autovalore, i pesi dei criteri e degli attributi di valutazione vengono descritti in dettaglio nel capitolo 6 del presente lavoro di tesi e la tecnica del confronto a coppie viene impiagate in entrambi i casi di studio presentati in questa sede (capitoli 8 e 9).

Tecnica del “gioco delle carte”

Questo metodo, proposto per la prima volta da Simos (Simos, 1990) e successivamente rivisitato da Roy e Figueira (Roy, 1998; Roy e Figueira, 1998, 2002), è ad oggi la metodologia più ampiamente utilizzata dalla maggior parte degli esponenti della scuola francese. Questa procedura è capace di garantire al decisore sia una elevata flessibilità nella esplicitazione delle preferenze, sia la capacità di determinare i valori numerici dei pesi dei criteri sulla base della posizione di questi nell’ordinamento ed in funzione della loro distanza reciproca nel ranking.

Vengono infatti distribuite ai diversi decision makers tante carte da gioco quanti sono i criteri considerati nell’analisi ed alcune carte bianche che verranno interposte fra un criterio ed un altro. Le carte dei criteri vengono ordinate secondo le preferenze degli attori, mentre le carte bianche servono per quantificare gli scarti di preferenza fra i criteri. La tecnica del gioco delle carte, secondo lo schema operativo rivisitato da Roy e Figueira è trattata approfonditamente nel capitolo 7 del presente lavoro di tesi ed è stata applicata al caso di studio presentato nel capitolo 9.

Per la computazione dei pesi, a fianco di dei metodi sopra descritti, esistono anche il

trade off fra i criteri, l’analisi di giudizi di esperti ed altre tecniche di ponderazione sulla

base di misure di tipo ordinale.

A prescindere dalla tecnica usata per la determinazione dei pesi dei criteri di valutazione, così come anche di altri parametri che possono influenzare l’output del modello decisionale (ad esempio la soglie nelle procedure ELECTRE), la criticità del processo risiede nel conciliare la correttezza formale della tecnica impiegata con le effettive priorità espresse dai decisori.

In alcuni casi l’indicazione delle preferenze degli attori o la costruzione di un ordinamento preferenziale può concretizzarsi in valori numerici dei pesi (o dei parametri del modello) piuttosto distanti da quello che il decisore stesso si aspetta sulla base delle indicazioni fornite. Spetta quindi all’analista il compito di incanalare le istanze dei decisori nella struttura formale del modello di calcolo delle priorità, in modo tale da coniugare il rigore

(24)

metodologico-computazionale con la volontà d rispettare la struttura delle preferenze effettivamente indicata.

REGOLE DECISIONALI

In questa fase si riuniscono e si sintetizzano i risultati dei tre step precedenti in quanto le misure unidimensionali degli attributi dei criteri, riportate su mappe geografiche, ed i giudizi dei decisori (preferenze) vengono aggregati in modo da valutare le alternative ed indicarne un ordinamento.

Questo viene raggiunto attraverso una adeguata funzione di aggregazione detta anche

regola decisionale che stabilisce le modalità con cui si determinano le performances

complessive delle alternative da cui si deduce quali siano preferibili ed in quale misura. Le procedure di aggregazione multicriteri si differenziano sia per il livello di complessità matematica e conseguentemente informatica, sia per la capacità di trattare dati quantitativi e/o qualitativi. Le scuole di pensiero che costituiscono un punto di riferimento nella costruzione ed implementazione delle procedure di aggregazione multicriteri sono:

La scuola costruttivista francese (o scuola europea);

La scuola normativa americana;

L’approccio basato sui metodi aggregazione-disaggregazione;

Il filone dell’ottimizzazione multiobiettivo.

La scuola di pensiero costruttivista francese (Roy, 1976; Vincke, 1992; Vanderprooten, 1989, a) si pone come obiettivo la costruzione di un modello di aiuto alle decisioni in cui venga riconosciuto il concetto di incomparabilità tra azioni alternative, ammettendo i limiti umani di una capacità di discriminazione finita che può portare, talvolta, all’impossibilità di stabilire una relazione di preferenza o di indifferenza in un confronto. Ciò viene giustificato dall’assunto che nella realtà il principio di compensazione non è sempre verificato, pertanto una forte insoddisfazione da parte del decisore in merito alla performance di un’alternativa rispetto ad un’altra sulla base di un determinato criterio, non può essere compensata dalla prevalenza della stessa alternativa sulla base dei rimanenti criteri. Lo schema logico del processo di aiuto alle decisioni multicriteri individuato dalla scuola francese viene sintetizzato in figura 3.14.

La scuola normativa americana (Fishburn, 1970; Kenney e Raiffa, 1976; Von Winterfeldt e Edwards, 1986) propone un modello di aiuto alle decisioni basato sulla costruzione di un sistema di valori che aggreghi le preferenze del decisore sulla base di assunzioni precise riguardo ai criteri di valutazione, quali la proprietà di separabilità ed addittività e la costruzione di un sistema di preferenze di tipo transitivo. Il fine del metodo è pertanto quello di costruire un sistema di utilità basato su una scala di tipo quantitativo in base alla quale avviene la scelta finale.

Il processo ha inizio con l’individuazione dei criteri di scelta e degli indicatori relativi sulla base dei quali si valutano le performances delle alternative decisionali che, in funzione di

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tali punteggi ed delle preferenze di tutti gli attori coinvolti, vengono ordinate. Lo schema logico del processo di aiuto alle decisioni proposto dalla scuola americana viene riportato in figura 3.15.

Preferenze dei decisori

Problema decisionale

Esplicitazione delle relazioni costruite

Individuazione ed ordinamento del set di alternative decisionali preferibile Aggregazione delle preferenze e costruzione di una relazione di “surclassamento” fra alternative decisionali

Figura 3.14 Schema logico del processo di aiuto alle decisioni secondo la scuola francese

Preferenze dei decisori

Problema decisionale

Aggregazione delle preferenze e misura del valore delle alternative decisionali sulla base dei criteri adottati

“Utility o Value System”

Individuazione ed ordinamento del set di alternative decisionali preferibile

Figura 3.15 Schema logico del processo di aiuto alle decisioni secondo la scuola americana

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L’approccio basato sui metodi di aggregazione-disaggragazione (Jacquet-Lagreze e Siskos, 1983) è finalizzato a studiare il comportamento del decisore ed il suo sistema di conoscenza impiegando specifiche procedure interattive ed iterative che analizzano le componenti del problema ed il giudizio globale del decisore per poi aggregarli in un sistema di valori. All’interno di questa scuola, uno dei metodi più conosciuti, orientato principalmente alla classificazione dei problemi, è quello denominato UTA (“Utilities Additiver”) in cui la disaggregazione delle preferenze si basa su un’analisi di regressione ordinale. Una variante del metodo UTA è quello denominato UTADIS (Utilities Additives DIScriminantes, Jacquet-Lagreze, 1995) con il quale è possibile stimare un’insieme di funzioni di utilità additive che minimizzano gli errori tra le classi.

Lo schema logico del processo di aiuto alle decisioni proposto dai metodi di aggregazione-disaggregazione viene riportato in figura 3.16.

Problema decisionale Modellazione dei criteri Consistenza del modello di preferenza Costruzione del modello di preferenza Supporto alla decisione Politica di giudizio del decision maker

Figura 3.16 Schema logico del processo di aiuto alle decisioni secondo l’approccio di “aggregazione-disaggregazione”

L’ultimo filone teorico riguarda i metodi di ottimizzazione multiobiettivo (Zeleny, 1982; Siskos e Spyridakos, 1999) che costituiscono un’estensione delle tecniche di programmazione matematica in presenza di più obiettivi di riferimento e che fanno ricorso a procedure di tipo iterativo. Appartengono a questa scuola i metodi di programmazione matematica quali il goal programming e la programmazione multiobiettivo descritti nel capitolo 2. Sulla base dello schema suggerito dall’ingegneria dei sistemi, il processo decisionale viene scomposto in tre fasi:

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Formulazione del problema decisionale con la definizione degli obiettivi, dei vincoli e l’identificazione delle possibili alternative;

Modellazione del sistema in termini di ottimizzazione matematica ed analisi di sensibilità connessa al cambiamento delle condizioni al contorno;

Interpretazione dell’output del modello implementato cui segue la valutazione delle alternative e la scelta delle priorità.

In base a quanto sopra riportato da ciascuna delle scuole di pensiero relativa ai modelli di aggregazione multicriteri, è possibile osservare la differente natura delle regole adottate nel processo le quali differiscono, sostanzialmente, a seconda se si tratti di metodi di

analisi multiobiettivo (goal programming, compromise programming, teoria dell’utilità

multiobiettivo etc..) o di metodi multiattributo (AHP, metodi di concordanza, distanza dal punto ideale, funzioni di utilità multiattributo, metodi Fuzzy etc..) i cui aspetti formali e computazionali sono stati analizzati in maggiore dettaglio nel capitolo 2.

Roy e Bouyssou (1993), infine, individuano due tipologie principali di regole decisionali :

L’aggregazione multicriteri basata sulla costruzione di un unico criterio di sintesi, sviluppata a partire dagli anni ’60 e denominata aggregazione

completa e transitiva.

Essa presuppone che il decisore sia sempre in grado di esprimere, per ogni coppia di alternative fra loro confrontate, una preferenza o un’indifferenza (non è tollerata l’incertezza) e che il sistema delle preferenze sia di tipo transitivo. Queste procedure portano, quindi, ad un ordinamento completo delle alternative, ma sottostanno ad una logica di tipo compensatorio.

A questa famiglia di tecniche fanno capo la teoria dell’utilità multiattributo (Keeney e Raiffa, 1976), la teoria del valore multiattributo (Fishburn, 1970) ed il metodo AHP (Analytic Hierarchy Process) (Saaty, 1980; Vargas, 1990).

L’aggregazione multicriteri basata sui sistemi di preferenza relazionali fondata da Roy negli anni ’70 e sviluppata dalla scuola costruttivista francese. Essa presuppone che non esista uno schema predefinito di preferenze nella mente del decisore, accettando anche la possibilità che due azioni siano fra loro incomparabili e che il sistema delle preferenze sia di tipo intransitivo. Il confronto fra due azioni procede, infatti, attraverso la costruzione di una relazione di surclassamento verificata attraverso indici (di concordanza e di discordanza). Queste procedure possono portare ad un’aggregazione parziale delle alternative, ma non sono di tipo compensatorio.

A questa famiglia appartengono i metodi di concordanza e discordanza, i metodi Electre1 (I, II, III, IV, TRI), proposti da Roy a partire dal 1968, e

Promèthee2 (Roy, 1993, 1998; Roy e Bouyssou, 1993).

1 Electre è l’acronimo di ELiminatìon Et Choix Traduisant la REalité

(28)

ANALISI DI SENSITIVITÀ

Una volta ottenuto l’ordinamento delle alternative, l’analisi di sensitività deve essere implementata in modo da stabilirne la robustezza.

Nei problemi di modellistica dei sistemi, l’analisi di sensitività viene definita come una metodologia capace di identificare in quale modo e di quanto i cambiamenti degli input di un processo influenzino i risultati finali.

Nello specifico caso dei modelli di aiuto alle decisioni multicriteri spaziale, lo scopo di questa analisi è quello di verificare gli effetti che le perturbazioni degli input (dati geografici, tecniche di standardizzazione dei criteri, preferenze dei decisori ed altri parametri del modello adottato) hanno sugli output, cioè sull’ordinamento delle alternative.

Se infatti i cambiamenti indotti dalle perturbazioni degli input non influenzano in modo significativo gli output, l’ordinamento è considerato robusto mentre, se ciò non accade, sarà necessario modificare alcune fasi del processo in modo adeguato, ridefinendo criteri ed attributi del problema decisionale ed anche riformulando le preferenze.

È importante determinare un “range di confidenza” dei valori dei parametri per i quali la soluzione del problema decisionale, cui consegue la determinazione della o delle alternative preferibili, rimane, almeno qualitativamente, la stessa. Un ordinamento che risulta sensibile a perturbazioni anche molto piccole dei parametri del modello implica una forte dipendenza della soluzione dalla specifica struttura formale della regola decisionale adottata ed una minore dipendenza dalle informazioni relative al sistema di preferenze dei decision makers.

L’analisi di sensitività è quindi uno strumento attraverso il quale l’analista raggiunge una più approfondita conoscenza della struttura del problema e comprende le interazioni fra le sue parti, individuando i nodi critici del modello impiegato e gli elementi di disaccordo o conflitto fra i decisori.

Anche in questo caso la possibilità di rappresentare attraverso i GIS la distribuzione spaziale dei diversi “scenari” di valutazione, ottenuti modificando sia i dati geografici di input che le preferenze dei decisori (pesi e parametri del modello), costituisce un significativo passo in avanti per la costruzione di sistemi di aiuto alle decisioni efficaci ed efficienti.

RACCOMANDAZIONI FINALI

Il risultato finale di un processo di supporto alle decisioni è rappresentato dall’indicazione di raccomandazioni conclusive riguardo alle azioni da compiere per pervenire alla scelta finale. Tali raccomandazioni sono basate, pertanto, sull’ordinamento delle alternative, ottenuto applicando la specifica regola decisionale prescelta, e sui risultati dell’analisi di sensitività.

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Gli strumenti di visualizzazione, comunicazione e rappresentazione disponibili in un GIS garantiscono una migliore chiarezza nella presentazione dei risultati finali del modello decisionale.

Tali strumenti garantiscono una maggiore trasparenza nell’esposizione di tutte le fasi (anche quelle metodologicamente più complesse) dello studio condotto dall’analista, contribuendo a spiegare, tramite l’ausilio di mappe e viste tridimensionali, le implicazioni territoriali dello spettro di azioni ritenute preferibili.

Le potenzialità dei GIS rappresentano, anche in questa fase, un valido supporto per lo sviluppo del di un dibattito fra tutte le parti coinvolte, anche quando gli interessi dei decision makers risultano conflittuali.

La raccomandazione finale deve quindi consentire che il modello decisionale risulti:

Formalmente corretto: in questo caso spetta all’analista verificare e giustificare,

sia al cliente che a tutti gli stakeholders, l’esattezza del metodo in modo tale che gli errori siano ridotti al minimo e comunque affrontati nell’analisi di sensitività. Anche che i fattori di incertezza, mai completamente eliminabili in un contesto decisionale reale, devono essere resi espliciti e quanto più possibile condivisi (incertezza condivisa);

Operativamente completo: il cliente deve poter comprendere e fare propri i

risultati del modello, oltre che essere in grado di trarre vantaggio, per la scelta finale, dalle conclusioni emerse;

Effettivamente “legittimato” sia dal cliente, che ne verifica la completezza ed affidabidilità, rispetto allo specifico problema decisionale affrontato, sia da tutti gli stakeholders che dovranno sentire rispettati, compresi e materializzati nei diversi scenari di valutazione i propri interessi, preoccupazioni, preferenze e punti di vista.

Figura

Figura 3.1  Elementi costitutivi di un sistema di aiuto alle decisioni multicriteri spaziale  Nonostante il fatto che la maggior parte dei problemi di aiuto alle decisioni in ambito  territoriale ed ambientale coinvolga la componente spaziale e sia multicr
Figura 3.2  Rappresentazione geografica delle alternative decisionali
Figura 3.3  Costruzione dei map layers geografici dei criteri e degli attributi: esempio   A differenza di quanto sopra riportato, le convenzionali tecniche di supporto alle decisioni  multicriteri di tipo non spaziale tipicamente usano la media o il total
Tabella 3.1  Matrice di relazione fra alternative ed attributi in un problema di analisi  spaziale multiattributo (AMA)
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