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3. Analisi strutturale dello stato attuale

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Academic year: 2021

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3. Analisi strutturale dello stato attuale

3.1 Descrizione del complesso edilizio dal punto di vista strutturale

Per mettere a punto un modello strutturale che corrisponda, bene o male, alla situazione reale è necessario comprendere l’ organismo strutturale in tutte le sue parti, a partire dal tipo di terreno su cui si erge la costruzione.

In base alla documentazione fornita, è certo che inizialmente furono eseguiti cinque sondaggi spinti fino alla profondità di tredici metri, ritenuti insufficienti sia per la mancanza di valori numerici caratterizzanti il terreno di fondazione e sia perché le qualità della zona esplorata non avrebbero potuto offrire sufficienti garanzie di sicurezza nei confronti dei vincoli imposti dalle strutture in progetto. Quindi, successivamente, fu ritenuto necessario un ampliamento dell’ indagine concretizzatasi nell’ esecuzione di altri due sondaggi geognostici (fino alla profondità di 30 metri) e di due prove dilatometriche per l’ individuazione delle caratteristiche geotecniche del terreno. Infine, tenuto conto dei risultati di tutti i sondaggi e delle loro finalità, si ritenne di sintetizzare il terreno in esame come costituito da una successione di orizzonti di sedimenti fini alternatisi ad altri più grossolani ghiaiosi e sabbiosi. Inoltre le indagini presentarono una certa eterogeneità anche in senso orizzontale, presentando assenza di strati essenzialmente argillosi al di sotto dei 16-17 metri a partire dalla quota d’ inizio delle prove dilatometriche. In considerazione della presenza di strati compressibili situati nell’ ambito dei primi metri, dell’ entità dei carichi trasmessi dalle strutture in elevazione nonché dell’ entità e dell’ estensione di quelli connessi con la destinazione del manufatto, al fine di conferire un conveniente comportamento al complesso edilizio si rese necessario escludere l’ adozione di fondazioni superficiali e fare ricorso a fondazioni su pali. Tenuta conto della natura del terreno e dei risultati delle varie prove si rese opportuno attestare i pali ad una profondità di 16-17 metri dal piano di sbancamento, dove si poteva fare affidamento su elevate caratteristiche meccaniche e sull’ assenza di strati argillosi compressibili. Si individuò, quindi, nel palo di tipo Franki la soluzione più idonea e ciò non solo sotto il profilo del conseguimento di una maggiore portata a parità del diametro del fusto, ma anche perché la tecnologia esecutiva del palo comportava un addensamento del terreno nell’ ambito della

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palificata per cui uguali portate potevano esplicarsi con minori valori degli assestamenti. Ai fini del calcolo si assunse un angolo di attrito interno pari a 32° e si pose in 1,9 t/m3 il peso del volume di terreno. Effettuando ulteriori considerazioni sia di tipo geometrico sia di tipo economico, si scelse di adottare un tipo di fondazione su pali formata da plinti isolati su pali di tipo Franki del diametro di 460 mm.

Il corpo servizi, come già detto, è posto ad un’ altezza, rispetto al piano di calpestio, pari a -5,60 m e si estende per metà del mercato coprendo una superficie di mq. Tale spazio è formato da una maglia di pilastri 10x10 m in cemento armato. Tali pilastri, preparati fuori opera, risultano di forma ottagonale, circoscritti ad un cerchio di diametro pari a 60 cm su cui poggiano le piastre di solaio fabbricate a piè d’ opera. Tali piastre vanno a formare la parte resistente della chiusura orizzontale intermedia del mercato e sono formate da una soletta dello spessore di 15 cm sovrastante le nervature di bordo e le due diagonali di spessore pari a 75 cm.

Figura 10 - Vista della struttura in cemento armato

Come detto, la realizzazione del corpo servizi è stata resa possibile grazie anche alla realizzazione in opera dei muri di contenimento, uno in senso trasversale, che chiude lo spazio riservato al corpo servizi, e due in senso longitudinale che seguono le due rampe che dal piano inferiore portano all’ enorme spazio coperto. Copertura che è l’ elemento di maggior peso a livello strutturale - costruttivo. Infatti la necessità dell’ utenza di avere disponibili percorsi in tutte le direzioni liberi il più possibile da ostacoli ha portato a concepire una struttura di copertura con luci rilevanti:l’ enorme

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piastra poggia su solo nove colonne d’acciaio disposti in una maglia ortogonale di 50 x 50 m.

Figura 11 - Vista interna dello spazio coperto

Fin dall’ inizio era stata adottata la soluzione della struttura reticolare spaziale; si poneva però il problema dell’ elevato costo dei sistemi in uso e perciò in fase di progetto strutturale esecutivo è stato opportuno ideare un nuovo sistema che, escludendo sofisticazioni meccaniche, permettesse con normale carpenteria di ottenere un prodotto con costo contenuto e dall’ aspetto gradevole.

Le aste della struttura reticolare sono elementi tubolari di 160 mm di diametro esterno e con spessore variabile in relazione agli sforzi che le aste stesse dovevano sopportare nelle varie zone della piastra.

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Il passo della struttura reticolare è di 5 x 5 m e lo spessore è di circa di 3,6 m tale cioè da avere aste diagonali della medesima lunghezza della aste componenti i grigliati inferiore e superiore.

Le aste sono dotate ad entrambe le estremità di piastre forate saldate al tubolare, appositamente intagliato, mediante cordoni d’angolo. I progettisti della copertura hanno cercato di ridurre al minimo la tipologia delle piastre di estremità per limitare la varietà dei nodi.

Nel grigliato superiore dove insiste il pacchetto di copertura sono stati adottati per gli elementi trasversali alle greche della lamiera dei tubolari di diametro superiore a quello tipo passando a tubi di 220 mm di diametro.

I nodi, dove generalmente confluiscono 8 aste, sono costituiti da doppi coprigiunti che si accoppiano con le piastre di estremità dei tubolari e da un perno centrale in acciaio di diametro adeguato ad assorbire gli effetti secondari di flessione.

L’ adozione del collegamento a doppio coprigiunto mediante bulloni ad alta resistenza elimina gli effetti di disassamento e, dimezzandone il numero, permette la formazione di un nodo più compatto ed economico.

La struttura reticolare spaziale poggia mediante elementi a cono rovesciato sugli elementi verticali. Tali elementi formati da quattro tubi inclinati, flangiati alle estremità, vanno a confluire proprio in asse alle colonne di acciaio cave di 610 mm di diametro e 35 mm di spessore.

Figura 13 - Vista delle colonne e del collegamento con la copertura principale

Le quattro aste vengono raccolte inferiormente da capitelli di conformazione essenziale solidali alla parte superiore degli apparecchi di appoggio.

Come detto l’ interasse fra le colonne è di 50 m e, quelli che sono localizzati nella parte di edificio a due livelli hanno il proprio asse geometrico in corrispondenza dei

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pilastri in cemento armato del livello inferiore cui sono resi solidali mediante unioni bullonate.

L’ impostazione progettuale del mercato prevedeva, come già detto, lungo i lati nord-ovest e sud-est volumi dedicati ai box operatori, lunghi 115 m, larghi 17.5 m e che sporgono di circa 10 m dalla copertura sovrastante.

La copertura dei box operatori è posta a circa 3,6 m inferiormente alla copertura principale ed anch’ essa è costituita da una struttura reticolare spaziale con maglia dimezzata rispetto alla principale, vale a dire adottando un modulo di 2,50 x 2,50 m. Nel lato interno le coperture box operatori si appendono alla copertura principale mediante piramidi rovesce formate da quattro tubolari, mentre esternamente appoggiano su pilastri metallici in tubolare di ridotto diametro, all’ interno dei quali si effettua altresì lo scarico delle acque piovane.

La tipologia delle aste e dei nodi si richiama a quella della struttura principale ma stante la ridotta entità degli sforzi viene ulteriormente semplificata.

I nodi sono semplicemente costituiti da incroci di piastre forate e sagomate mentre alle estremità delle aste si sono saldati dei piatti a forcella in modo da realizzare sempre collegamenti a doppio coprigiunto.

All’ ingresso del mercato vi è il corpo destinato, come detto, ai servizi più generali. I pilastri che sorreggono il corpo al livello più alto sono tronco conici a forte svasatura in cemento armato, disposti a passo di 20 m.

La struttura del corpo servizi è costituita da due travi parete reticolari piane composte con tubolari. Tralicci reticolari spaziali con tubi di ridotto diametro vengono disposti trasversalmente a passo di 10 m a sostegno del piano di calpestio.

3.2 Cronologia della normativa sismica europea e quadro normativo

attuale

L’ interesse dei progettisti verso i problemi specifici delle strutture di acciaio nelle aree sismiche è cominciato nei primi anni ’60, quando ricerche teorico sperimentali furono intraprese numerose in USA, in Giappone e in Europa. In particolare in Italia si sperimentarono per la prima volta in scala reale telai multipiano di acciaio soggetti a forze orizzontali (Pagano e Mazzolani, 1966a, b, c).

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Nel 1988 la commissione TC13 (chairman: F.M. Mazzolani) Seismic Design dell’

European Convention for Constructional Steelworks (ECCS) ha pubblicato le European Reccomendations for Steel Structures in Seismic Zones, che hanno

rappresentato in Europa il primo punto di incontro internazionale tra la consolidata “cultura dell’ acciaio” e la più recente “cultura sismica”. Tale evento, che ha portato la progettazione antisismica Europea a pari livello rispetto a quella già da più tempo in uso in California e in Giappone, ha avuto adeguata diffusione internazionale nel periodo immediatamente successivo (Mazzolani, 1989, 1991a, b, c, 1992a, b). In seguito le raccomandazioni ECCS sono state incorporate nell’ Eurocodice sismico, nella sezione Acciaio18 con poche modifiche di natura editoriale. Nel 1994 la commissione TC13 dell’ ECCS ha pubblicato il manuale ECCS Design of Steel Structures in Seismic Zones (Mazzolani e Piluso, 1994a, b), con l’ intento di fornire ai progettisti i principi di base delle prescrizioni contenute nelle Raccomandazioni ECCS, e quindi anche nell’ EC8, nonché per illustrare alcuni nuovi risultati, da prendere in considerazione per l’ affinamento delle norme sismiche negli sviluppi successivi.

Negli ultimi venti anni notevoli sono stati gli avanzamenti della ricerca nel settore delle strutture sismoresistenti di acciaio a livello sia nazionale sia internazionale, sfortunatamente anche grazie alle lezioni apprese da recenti terremoti distruttivi, in occasione dei quali le strutture in acciaio hanno mostrato modalità di crisi inattese (1994, Northridge, USA; 1995, Kobe, Giappone).

Sia in campo nazionale sia in campo internazionale, il fiorire di numerosi spunti di ricerca, il notevole sviluppo delle tematiche principali relative all’ analisi del comportamento strutturale e il conseguente affinamento dei criteri di progetto delle strutture di acciaio con particolare riferimento alle costruzioni in zona sismica hanno testimoniato la necessità nonché l’ opportunità di un confronto sugli avanzamenti della ricerca e della divulgazione delle attività svolte dalla comunità scientifica del settore. È così che per la prima volta a Timisoara (Romania) nel 1994 si è tenuta la conferenza internazionale Behaviour of steel structures in seismic zone, il cui acronimo è STESSA, promossa da F. M. Mazzolani e V. Gioncu. Tale conferenza si ripete in edizioni con cadenza triennale ed alternanza di sedi nei tre continenti

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significativamente interessati da attività sismica, quali l’ Europa, l’ America, l’ Asia (1997, Kyoto, Giappone; 2000, Montreal, Canada; 2003, Napoli, Italia; 2006, Yokohama, Giappone), dove un forum di esperti del settore si incontra e si confronta periodicamente.

Le conoscenze acquisite hanno contribuito al perfezionamento delle attuali normative sismiche, portando all’ evoluzione a livello europeo dell’ Eurocodice 8, mentre a livello nazionale, attraverso l’ OPCM 3274/2003 e successive integrazioni e modifiche, si è finalmente colmata una grave lacuna della normativa italiana, ossia la mancanza di regole di progettazione specifiche per le strutture, non solo d’ acciaio, in zona sismica.

Di seguito si riportano le parti più importanti, relativamente agli edifici esistenti, del quadro normativo italiano, rappresentato, come detto, dall’ Ordinanza Ministeriale 3274/2003 e successive modifiche ed integrazioni.

Gli edifici esistenti si distinguono da quelli di nuova progettazione per i seguenti aspetti:

• il progetto riflette lo stato delle conoscenze al tempo della loro costruzione • il progetto può contenere difetti di impostazione concettuale e di

realizzazione non evidenziabili.

Tali edifici possono essere stati soggetti a terremoti passati o ad altre azioni accidentali i cui effetti non sono manifesti.

Di conseguenza la valutazione della sicurezza ed il progetto degli interventi sono normalmente affetti da un grado di incertezza diverso da quello degli edifici di nuova progettazione. Ciò comporta l’ impiego di adeguati fattori di confidenza nelle verifiche di sicurezza come pure metodi di analisi e di verifica dipendenti dalla completezza e dall’ affidabilità dell’ informazione disponibile. Negli edifici esistenti le situazioni concrete riscontrabili sono le più diverse ed è quindi impossibile prevedere regole specifiche e dettagliate per tutti i casi.

È fatto obbligo eseguire valutazioni di sicurezza sismica e, qualora ne sia verificata la necessità, di effettuare interventi di adeguamento a chiunque intenda:

a) sopraelevare o ampliare19 l’ edificio;

19 s’ intende per ampliamento la sopraelevazione di parti dell’ edificio di altezza inferiore a quella massima dell’ edificio stesso

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b) apportare variazioni di destinazione che comportino, nelle strutture interessate dall’ intervento, incremento dei carichi originari (permanenti e accidentali) al singolo piano superiori al 20%;

c) effettuare interventi strutturali volti a trasformare l’ edificio mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente;

d) effettuare interventi strutturali rivolti ad eseguire opere e modifiche, rinnovare e sostituire parti strutturali dell’ edificio, allorché detti interventi implichino sostanziali alterazioni del comportamento globale dell’ edificio stesso.

Una variazione dell’ altezza dell’ edificio, resa necessaria per l’ abitabilità degli ambienti, a norma dei regolamenti edilizi, sempre che resti immutato il numero di piani, non deve essere considerata sopraelevazione o ampliamento; in tal caso non è obbligatorio l’ intervento di adeguamento sismico, sempre che non ricorra nessuna delle altre tre condizioni elencate ai punti b), c) e d) precedenti. In particolare occorrerà documentare che gli interventi conseguenti alla variazione di altezza non abbiano portato ad un incremento dei carichi superiore al 20% e siano comunque in grado di far conseguire all’ edificio un maggior grado di sicurezza rispetto alle azioni sismiche.

Le sopraelevazioni nonché gli interventi che comportano un aumento del numero di piani sono ammissibili solamente ove siano compatibili con gli strumenti urbanistici. Qualora si intenda effettuare interventi di tipo strutturale su singoli elementi di fabbrica, se non sussistono le condizioni che impongono l’ adeguamento sismico, è consentito procedere senza dar luogo alle analisi e verifiche specifiche, a condizione che si dimostri che l’ insieme delle opere previste è comunque tale da far conseguire all’ edificio un maggior grado di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche. Tali interventi sono definiti di miglioramento sismico.

Le Regioni possono, tenuto conto della specificità delle tipologie costruttive del proprio territorio, consentire, per gli interventi di adeguamento, un miglioramento controllato della vulnerabilità, riducendo i livelli di protezione sismica fino al 65% del livello previsto per le nuove costruzioni e quindi l’ entità delle azioni sismiche da

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considerare per i diversi stati limite, nonché il numero degli stati limite da considerare.

Per i beni culturali tutelati è in ogni caso possibile limitarsi ad interventi di miglioramento, secondo quanto disposto al comma 4), art. 29 del decreto legislativo n. 42/2004, “Codice dei beni Culturali e del Paesaggio”, è peraltro comunque richiesto di calcolare i livelli di accelerazione del suolo corrispondenti al raggiungimento di ciascuno stato limite previsto per la tipologia strutturale dell’ edificio, nella situazione precedente e nella situazione successiva all’ eventuale intervento.

Per valutazione della sicurezza si intende un procedimento quantitativo volto a stabilire se un edificio esistente è in grado di resistere alla combinazione sismica di progetto.

Le norme forniscono gli strumenti per la valutazione di singoli edifici ed i risultati non sono estendibili a edifici diversi pur appartenenti alla stessa tipologia.

Nell’ effettuare la valutazione si terrà conto dell’ esperienza, se disponibile, derivante dall’ esame del comportamento di edifici simili che abbiano subito in passato l’ effetto di eventi sismici.

La valutazione della sicurezza degli edifici esistenti richiede in generale la considerazione di uno stato limite aggiuntivo rispetto a quelli definiti dall’ OPCM 3431/2005 per gli edifici di nuova costruzione, in quanto essi di regola non soddisfano né i principi di gerarchia delle resistenze né posseggono adeguata duttilità. I requisiti di sicurezza definiti in seguito fanno pertanto riferimento allo stato di danneggiamento della struttura definito nella norma mediante i seguenti tre Stati Limite (SL):

SL di Collasso (CO): la struttura è fortemente danneggiata, con ridotte caratteristiche

di resistenza e rigidezza laterali residue, appena in grado di sostenere i carichi verticali. La maggior parte degli elementi non strutturali sono distrutti. L’ edificio presenta un fuori piombo significativo e non sarebbe in grado di subire, senza collasso, ulteriori, anche modeste, accelerazioni al suolo;

SL di Danno Severo (DS): la struttura presenta danni importanti, con significative

riduzioni di resistenza e rigidezza laterali. Gli elementi non strutturali sono danneggiati ma senza espulsione di tramezzi e tamponature. Data la presenza di

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deformazioni residue la riparazione dell’ edificio risulta in genere economicamente non conveniente;

SL di Danno Limitato (DL): i danni alla struttura sono di modesta entità senza

significative escursioni in campo plastico. Resistenza e rigidezza degli elementi portanti non sono compromesse e non sono necessarie riparazioni. Gli elementi non strutturali presentano fessurazioni diffuse suscettibili di riparazioni di modesto impegno economico. Le deformazioni residue sono trascurabili.

Gli SL di DS e DL corrispondono agli stati limite SLU e SLD definiti per le nuove costruzioni.20 Lo SL di CO corrisponde ad un’ azione di progetto più elevata,

caratterizzata da una più bassa probabilità di superamento, non superiore al 2% in 50 anni, salvo diverse determinazioni delle Regioni. Tale verifica può essere eseguita in alternativa a quella di DS.

In generale la verifica di sicurezza degli edifici esistenti viene eseguita con riferimento all’ azione sismica data dallo spettro di risposta elastico (non ridotto) per il valore di agS appropriato alla zona sismica.

Ai fini delle verifiche di sicurezza gli elementi strutturali vengono distinti in duttili e fragili.

La verifica degli elementi duttili viene eseguita confrontando gli effetti dalle azioni sismiche in termini di deformazioni con i rispettivi limiti di deformabilità.

La verifica degli elementi fragili viene eseguita confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche in termini di forze con le rispettive resistenze.

In alternativa, è possibile utilizzare lo spettro di progetto che si ottiene dallo spettro elastico riducendone le ordinate per il fattore di struttura q, il cui valore è scelto tra

1,5 e 3,0 sulla base della regolarità nonché dei tassi di lavoro dei materiali sotto le

azioni statiche. Valori superiori a quelli indicati devono essere adeguatamente giustificati con riferimento alla duttilità disponibile a livello locale e globale.

Nel caso di uso del fattore di struttura tutti gli elementi strutturali duttili devono soddisfare la condizione che la sollecitazione indotta dall’ azione sismica ridotta sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza. Tutti gli elementi strutturali fragili devono, invece, soddisfare la condizione che la sollecitazione indotta dall’ azione sismica ridotta per q = 1,5 sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza.

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Per il calcolo delle capacità degli elementi duttili si utilizzano i valori medi delle proprietà dei materiali esistenti, come ottenuti dalle prove in situ e da eventuali informazioni aggiuntive, divisi per il Fattore di Confidenza, in relazione al livello di

conoscenza raggiunto.

Per il calcolo delle capacità degli elementi fragili si utilizzano i valori medi delle proprietà dei materiali esistenti, come ottenuti dalle prove in situ e da eventuali informazioni aggiuntive, divisi per il Fattore di Confidenza, in relazione al livello di

conoscenza raggiunto, e divisi per il coefficiente parziale relativo.

Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza, si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti:

• LC1: Conoscenza Limitata • LC2: Conoscenza Adeguata • LC3: Conoscenza Accurata

Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono:

• geometria, ossia le caratteristiche geometriche degli elementi strutturali, • dettagli strutturali, ossia la quantità e disposizione delle armature, compreso

il passo delle staffe e la loro chiusura, per il c.a., i collegamenti per l’acciaio, i collegamenti tra elementi strutturali diversi, la consistenza degli elementi non strutturali collaboranti,

• materiali, ossia le proprietà meccaniche dei materiali.

Il livello di conoscenza acquisito determina il metodo di analisi e i fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali.

La relazione tra livelli di conoscenza, metodi di analisi e fattori di confidenza è illustrata nella tabella 4.

LC1: Conoscenza limitata

Geometria: la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni

originali. In quest’ultimo caso un rilievo visivo a campione dovrà essere effettuato per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali saranno tali da consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo ad un’analisi lineare.

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Dettagli costruttivi: i dettagli non sono disponibili da disegni costruttivi e devono

venire ricavati sulla base di un progetto simulato eseguito secondo la pratica dell’epoca della costruzione. E’ richiesta una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. I dati raccolti saranno tali da consentire verifiche locali di resistenza.

Proprietà dei materiali: non sono disponibili informazioni sulle caratteristiche

meccaniche dei materiali, né da disegni costruttivi né da certificati di prova. Si adotteranno valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca convalidati da limitate prove in situ sugli elementi più importanti.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza limitata verrà eseguita mediante metodi di analisi lineare statici o dinamici.

LC2: Conoscenza adeguata

Geometria: la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni

originali. In quest’ultimo caso un rilievo visivo a campione dovrà essere effettuato per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelli riguardanti i dettagli strutturali, saranno tali da consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo ad un’analisi lineare o non lineare.

Dettagli costruttivi: i dettagli sono noti da un’estesa verifica in situ oppure

parzialmente noti dai disegni costruttivi originali incompleti. In quest’ultimo caso è richiesta una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

Proprietà dei materiali: informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali

sono disponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali di prova, o da estese verifiche in situ. Nel primo caso dovranno anche essere eseguite limitate prove in situ; se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, dovranno essere eseguite estese prove in situ. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

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La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza adeguata verrà eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare,statici o dinamici.

LC3: Conoscenza accurata

Geometria: la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o dai disegni

originali. In quest’ultimo caso un rilievo visivo a campione dovrà essere effettuato per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dati raccolti sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelli riguardanti i dettagli strutturali, saranno tali da consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo ad un’analisi lineare o non lineare.

Dettagli costruttivi: i dettagli sono noti o da un’esaustiva verifica in situ oppure dai

disegni costruttivi originali. In quest’ultimo caso è comunque richiesta una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

Proprietà dei materiali: informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali

sono disponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali, o da esaustive verifiche in situ. Nel primo caso dovranno anche essere eseguite estese prove in situ; se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, dovranno essere eseguite esaustive prove in situ. I dati raccolti saranno tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza accurata verrà eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici.

I fattori di confidenza, indicati in Tabella, hanno un duplice scopo:

a) per definire le resistenze dei materiali da utilizzare nelle formule di capacità degli elementi duttili e fragili. Le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono divise per i fattori di confidenza; b) per definire le sollecitazioni trasmesse dagli elementi duttili a quelli fragili. A

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situ e dalle informazioni aggiuntive, sono moltiplicate per i fattori di confidenza. LC Geometria (carpenterie) Dettagli strutturali Proprietà materiali Metodi di analisi FC LC1 Progetto simulato in accordo con le norme dell’ epoca e limitate verifiche

in situ

Valori usuali per la pratica costruttiva dell’ epoca e limitate prove in situ Analisi lineare statica o dinamica 1,35 LC2 Disegni costruttivi incompleti con limitate verifiche in situ oppure estese verifiche in situ Dalle specifiche originali di progetto o dai certificati di prova originali con limitate prove in

situ oppure estese prove in situ Tutti 1,2 LC3 Da disegni di carpenteria originali con rilievo visivo a campione oppure rilievo ex-novo completo Disegni costruttivi completi con limitate verifiche in situ oppure esaustive verifiche in situ Dai certificati di prova originali o dalle specifiche originali di progetto con estese

prove in situ oppure esaustive

prove in situ

Tutti 1,00

Tabella 4 – Livelli di conoscenza in funzione dell’ informazione disponibile e conseguenti metodi di analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza per edifici in cemento – armato, acciaio ed acciaio -

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3.3 La modellazione della struttura

Prima di effettuare l’ analisi strutturale è stato creato un modello dell’ organismo edilizio che rispondesse alla situazione reale, ovvero un modello che, secondo l’ OPCM 3274/2003, rappresentasse al meglio la distribuzione di masse e rigidezze degli elementi componenti la struttura. La modellazione della struttura è stata effettuata tramite il programma di calcolo SAP2000 v. 10.0.1.

Figura 14 - Interfaccia SAP 2000 v.10.0.1

Tutti i componenti strutturali quali aste di copertura, colonne, pilastri e travi sono costituiti da elementi lineari di tipo prismatico, i frames, collegati tra loro tramite nodi (joints); mentre gli elementi di tipo bidimensionale come le piastre di solaio e i muri di contenimento sono state modellati tramite gli shells.

Ovviamente la copertura, trattandosi di una reticolare spaziale, è stata modellata in modo tale che in ogni asta componente agissero solo sforzi normali. Ciò è stato possibile assegnando alle sezioni dei modificatori delle rigidezze flessionali, secondo i due assi principali, prossimi allo zero.

Oltre alle aste di copertura sono state modellate allo stesso modo i frames corrispondenti ai tubolari di collegamento tra copertura e colonne, alle aste di

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copertura dei box operatori e ai tubolari di collegamento tra box e copertura principale. Sia per le nove colonne che sorreggono la copertura che per le colonne dei box operatori non sono stati usati i modificatori delle rigidezze, bensì dei vincoli, all’ estremità superiore, che si avvicinano a delle cerniere interne (release / partial

fixity).

Per quanto riguarda il solaio, si è ipotizzato un comportamento di infinita rigidezza nel piano e flessibile fuori; tali caratteristiche si sono realizzate attraverso l’opzione

diaphragm che è un vincolo interno (constraints) assegnato a tutti i nodi di

intersezione tra i vari shells. Tale vincolo impedisce i movimenti orizzontali relativi fra i nodi dello stesso piano consentendo però, allo stesso tempo, quelli fuori dal piano; quindi fa si che i solai si muovano come unici elementi rigidi nel piano.

Figura 15 - Interfaccia SAP2000 v. 10.0.1

È stato necessario, inoltre, modellare geometricamente ogni singolo shell in modo che la piastra reale, formata da una soletta e sei nervature, venisse trasformata in un elemento bidimensionale che, a seconda del comportamento, assumesse uno tra due spessori costanti: il cosiddetto spessore a membrana e lo spessore a flessione. Lo spessore a membrana è stato semplicemente ricavato tramite un’ uguaglianza tra aree, mentre per lo spessore a flessione è stato opportuno costruire un ulteriore modello relativo alla singola piastra reale. Dopo aver ricavato l’ abbassamento in mezzeria dovuto ad un carico unitario è stato costruito un ulteriore shell, chiamato piastra equivalente. Cambiando mano a mano lo spessore a flessione di tale modello siamo giunti a convergenza, ossia gli abbassamenti nel punto centrale dello shell corrispondente alla piastra reale e dello shell equivalente coincidevano. Per cui le

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piastre di solaio nel modello globale assumono, a seconda dei casi, i seguenti spessori:

• per comportamento a membrana: 0,2009 m • per comportamento a flessione: 0,277 m

Passando, infine al piano interrato, sono stati modellati geometricamente sia i pilastri ottagonali che le travi a sbalzo del solaio, arrivando ad avere delle sezioni rettangolari.

Come vincoli esterni, siccome inizialmente non avevamo una grossa disponibilità di informazioni relativamente alle fondazioni, sono stati inseriti degli incastri tridimensionali, per cui non sono stati considerati gli effetti derivanti dall’ interazione tra terreno e struttura.

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3.4 Analisi del complesso edilizio sotto azioni statiche

L’ analisi strutturale del complesso edilizio è stato condotto su due livelli: un’ analisi che chiameremo analisi statica, per quanto riguarda il comportamento dello stato attuale sotto i carichi statici, e un’ analisi sismica, per quanto riguarda la risposta dell’ edificio sotto le azioni sismiche.

Le verifiche di sicurezza, riguardo l’ analisi statica, sono state condotte nello spirito delle recenti norme prestazionali (D.M. 14 settembre 2005 – Norme tecniche per le costruzioni), seguendo i criteri forniti dalla CNR 10011/97 e le norme europee (EC2 ed EC3).

È stata condotta preliminarmente un’ analisi dei carichi che possono essere sintetizzati come segue:

• carichi permanenti e permanenti portati, in cui ricadono il peso proprio degli elementi strutturali, i pesi delle coperture e delle varie pavimentazioni, ecc… (G);

• carico neve, calcolato secondo le norme suddette (S);

• azione del vento, calcolata secondo le norme suddette per una costruzione non stagna. Inoltre sono state prese in considerazione quattro direzioni del vento, corrispondenti ai quattro punti cardinali. (W);

• sovraccarico accidentale, calcolato tenendo conto delle tabelle contenute nelle suddette norme (Q).

Dal punto 2.5 delle Norme Tecniche per le Costruzioni, si denota come il complesso appartenga a quelle strutture di Classe 2 in quanto il suo prevede funzioni pubbliche e affollamenti significativi. Le caratteristiche di tale classe sono:

• vita utile ipotizzata pari a 100 anni

• periodo di ritorno da considerare per i fenomeni naturali coinvolti pari a 1000 anni

Andiamo ora a considerare nel dettaglio le azioni agenti sulla costruzione.

Azione del vento

Il vento esercita sulla costruzione azioni dirette che variano nel tempo e nello spazio provocando in generale effetti dinamici.

(19)

La procedura per il calcolo di tale azione considera una serie di parametri che caratterizzano il sito dell’ opera (macro e microzonazione), parametri che caratterizzano la tipologia strutturale e parametri che caratterizzano l’ opera specifica. Il primo parametro che viene definito è la velocità di riferimento del vento, ovvero il valore massimo della velocità media su un intervallo di tempo di 20 minuti misurata a 10 m dal suolo. Tale velocità corrisponde ad un periodo di ritorno di 50 anni, ovvero una probabilità di essere superata in un anno pari al 2 %. Il territorio della Regione Toscana è classificato, in base alla normativa, in zona 3, dove la velocità di riferimento è data da:

vref = vref,0 ⎯⎯→ ase s < a0

vref = vref,0 + ka · (as – a0) ⎯⎯→ ase s > a0

Dove con vref,0 si intende la velocità di riferimento fino alla quota di a0, pari a 500

metri sul livello del mare per la zona 3, as l’ altitudine del sito in oggetto e ka un altro

parametro caratterizzante il sito e pari a 0,020 1/s.

Nel caso in esame vale la prima relazione e la velocità del vento di riferimento sarà pari a 27 m/s.

A seconda del periodo di ritorno, associato alla struttura in esame, si determina un ulteriore velocità di riferimento, che si andrà ad inserire nel calcolo della pressione cinetica di picco, funzione di un coefficiente αR pari a 1,156 che va a moltiplicare la

velocità di riferimento del sito in esame. Si ottiene quindi: vR (Tr) = αR · vref

Il valore della velocità di riferimento, legata a condizioni di macrozonazione e a periodo di ritorno opportuno, va calibrato per tenere conto degli effetti locali del sito dove è posta la costruzione e dell’ altezza dal suolo dei componenti della stessa. Per altezze del suolo non superiori a 200 m, oltre le quali è necessario sviluppare e documentare studi specifici, si definiscono due tipi di velocità significative:

• velocità media del vento vM (z), che fornisce, in funzione della quota

altimetrica z, l’ andamento della velocità media del vento21;

21 p.to 3.3.4 DM 14/09/2005

(20)

• velocità di picco del vento vp (z), che tiene conto degli incrementi di velocità

relativi a fenomeni di raffica, da usarsi per la determinazione della pressione cinetica di picco, da cui si calcolano le sollecitazioni statiche equivalenti21. Alla velocità di picco è associata la pressione cinetica di picco q:

q (z) = 1

2 · ρ · vp(z)

2

con ρ densità dell’ aria pari a 1,25 kg/m3.

L’ azione d’ insieme esercitata dal vento su una costruzione è data dalla risultante delle azioni sui singoli elementi, considerando di regola, come direzione del vento, quella corrispondente ad uno degli assi principali della pianta della costruzione alla volta.

In funzione della tipologia strutturale, il calcolo delle azioni statiche equivalenti si basa sulla determinazione dei coefficienti di pressione.

Nel caso in esame verranno presi in considerazione coefficienti di pressione interna ed esterna (per edifici a base rettangolare).

Le azioni statiche del vento si traducono in pressioni (positive) e depressioni (negative), agenti normalmente alle superfici sia interne che esterne, degli elementi componenti la costruzione. L’ azione del vento sul singolo elemento è quindi determinata tenendo conto della combinazione più gravosa della pressione agente sulla superficie esterna e della pressione agente sulla superficie interna dell’ elemento stesso.

Le pressioni interne ed esterne sono definite rispettivamente: we = cpe · cd · q

wi = cpi · cd · q

dove cd è il coefficiente dinamico22 , cpe il coefficiente di pressione esterna e cpi il coefficiente di pressione interna.

Su un edificio prismatico con base rettangolare, il vento genera azioni di pressione sulla parete verticale sopravvento, di depressione sulle restanti facce libere (facce sottovento e facce parallele alla direzione considerata), ed azioni tangenziali23. Per edifici a pianta rettangolare e con coperture piane, a falde inclinate o curve e il cui

22 p.to 3.3.11 DM 14/09/2005 23 p.to 3.3.8 DM 14/09/2005

(21)

rapporto tra le dimensioni lineari planimetriche è compreso tra 0,33 e 3, per la valutazione della pressione esterna si può indicativamente assumere:

• per elementi sopravvento con inclinazione sull’ orizzontale > 60°: cpe = + 0,8;

• per elementi sopravvento con inclinazione sull’ orizzontale compresa tra 20 ° e 60 °:

cpe = + 0,03 · α – 1 (con α in gradi);

• per elementi sopravvento con inclinazione sull’ orizzontale < 20° e per elementi sottovento o paralleli alla direzione del vento considerata:

cpe = - 0,4.

Per la valutazione della pressione interna si può assumere indicativamente: • per costruzioni completamente stagne: cpi = 0;

• per costruzioni non stagne con aperture distribuite di superficie uniforme: cpi

= ± 0,2 (scegliendo il segno che da luogo alla combinazione più sfavorevole); • per costruzioni che hanno (o che possono avere in casi eccezionali) una

parete con aperture di superficie non minore di 1/3 di quella totale: cpi = +0,8 quando la parete aperta è sopravvento;

cpi = - 0,5 quando la parete aperta è sottovento o parallela al vento

• per costruzioni che presentano su due pareti opposte, normali alla direzione del vento, aperture di superficie non minore di 1/3 di quella totale:

cpe + cpi = ± 1,2 per gli elementi normali alla direzione del vento;

cpi = ± 0,2 per i restanti elementi.

Di seguito si riportano le scelte effettuate per le verifiche di sicurezza relative all’ azione del vento:

• vref = 27 m/s

• αR = 1,156

• cev (z) = kr · √ct · α (z) · [7 + ct · α (z)] per z ≥ zmin

• cev (z) = cev (zmin) per z < zmin

• α (z) = ln (z/z0)

• kr = 0,20

• z0 = 0,10 m

(22)

• ct = 1

• cd = 1

• cpe + cpi = ± 1,2 per gli elementi normali alla direzione del vento

• cpi = ± 0,2 per i restanti elementi.

Azione della neve

Il processo di stima del carico neve è il seguente: si considera prima di tutto la localizzazione e la caratterizzazione del sito, funzione dell’ altitudine e della topografia dello stesso su cui si erge l’ opera; successivamente si ha la caratterizzazione globale e locale della struttura, che consentono la valutazione del carico da neve rispettivamente per le analisi globali sulla copertura e per le analisi degli effetti locali.

Il carico provocato dalla neve sulle coperture è dato da: qs = μi · qsk · cE · ct

dove μi è detto coefficiente di forma della copertura, qsk è il valore caratteristico del

carico neve al suolo, cE e ct sono rispettivamente il coefficiente di esposizione ed il

coefficiente termico.

Il valore caratteristico del carico neve al suolo dipende dalle condizioni locali di clima e di esposizione, considerata la variabilità delle precipitazioni nevose da zona a zona.

La Toscana si trova, per normativa, in zona II e per un’ altezza sul suolo della costruzione inferiore ai 200 m, il valore di qsk è pari a 1,15 kN/m2. Questo valore

deve essere corretto con un coefficiente che dipende dal tempo di ritorno assunto per la costruzione. Tale coefficiente è pari, per strutture di classe 2, a 1,22.

La copertura è stata assunta come un'unica falda e si assume che la neve non sia impedita di scivolare. Il coefficiente di forma viene assunto pari a 0,824. Inoltre le

coperture dei box operatori e il solaio di calpestio andranno considerati, per le parti in esposizione agli agenti atmosferici, come coperture in prossimità di costruzioni più alte, per cui andranno considerati ulteriori coefficienti di forma che riportiamo di seguito:

μ1 = 0,8 (se la copertura è piana);

24 tab. 3.5.VI DM 14/09/2005

(23)

μ2 = μs + μw

dove μs è il coefficiente di forma che tiene conto dello scivolamento della neve dal

piano superiore (se la copertura è piana tale coefficiente è pari a 0) e μw è il

coefficiente che tiene conto dell’ accumulo di neve prodotto dal vento calcolato come segue: μw = 1 2 2 b b h + sk h q γ e con la limitazione 0,8 ≤ μw ≤ 2,525

Il coefficiente di esposizione deve essere utilizzato per modificare il valore del carico neve in copertura in funzione delle caratteristiche specifiche dell’ area in cui sorge la costruzione e per il caso in esame vale 0,8.

Il coefficiente termico può essere utilizzato per tenere conto della riduzione del carico neve a causa dello scioglimento della stessa, causata dalla perdita di calore della costruzione. In assenza di studi specifici si pone uguale a 1.

Carichi permanenti e permanenti portati

In questo raggruppamento di carichi, indicato per comodità con la lettera G, fanno parte: i pesi propri degli elementi che compongono interamente la struttura; i carichi dovuti al peso di elementi non strutturali come il pacchetto della copertura principale, il pacchetto delle coperture dei box operatori, le scale in cemento armato, e tutti quegli elementi non strutturali che gravano comunque sugli elementi strutturali.

Carichi accidentali

I valori nominali dei sovraccarichi accidentali sono riportati in tab. 6.1.II del DM 14/09/2005. Nel caso in esame è stato assunto un sovraccarico al m2 agente sul solaio di calpestio pari a 6 kN. Non sono stati presi in considerazione altri tipi di sovraccarichi variabili.

Combinazioni di carico

La struttura esistente, come precedentemente illustrato, è per la maggior parte in acciaio, ma con una parte interrata in calcestruzzo armato. Per le combinazioni di

25 p.to 3.5.8.6 DM 14/09/2005

(24)

carico si fa riferimento alle combinazioni di carico indicate al punto 5.2.3 del DM 14/09/2005.

Per costruzioni civili o industriali, le azioni di calcolo Fd si ottengono combinando le

azioni caratteristiche secondo la seguente formula di correlazione:

1 1 1 0

1 2 1

( ) ( ) ( )

m n l

d Gj EGj kj Q EQ k i Qi EQi ki Ph EPh kh

j i h

F γ γ G γ γ Q ψ γ γ Q γ γ P

= = =

=

⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ +

⋅ ⋅ ⋅ +

⋅ ⋅

dove:

G è il valore caratteristico della j-esima azione permanente o permanente kj

portata;

Qk1 è il valore caratteristico dell’ azione variabile di base di ogni

combinazione;

Q è il valore caratteristico dell’ i-esima azione variabile; ki

Pkh è il valore caratteristico dell’ h-esima deformazione impressa (viscosità,

deformazione del terreno, ritiro, temperatura, ecc…); • γG, γQ, γP sono i coefficienti parziali;

• γE è il coefficiente di modello delle azioni;

• ψ0i sono coefficienti di combinazione.

I valori assunti dai coefficienti sono: • coefficienti parziali: a sfavore di sicurezza: γG= 1,4; γQ= 1,5; γP= 1,2 a favore di sicurezza: γG= 0,9; γQ= 0; γP= 0,9 • coefficienti di combinazione: vento, neve: ψ0i = 0,6 sovraccarico accidentale: ψ0i = 1

• coefficienti di modellazione delle azioni:

EG

γ , γEP = 1 EQ

γ definiti nelle norme in relazione all’ azione variabile da considerare. Infine è stata avviata l’ analisi che ha prodotto i risultati riportati in allegato A per ogni singolo elemento strutturale.

(25)

3.5 Analisi sismica del complesso edilizio

L’ analisi sismica è stata condotta secondo la normativa italiana che fa capo all’ OPCM 3274/2003 e al Testo integrato dell’Allegato 2 – Edifici – all’Ordinanza 3274 come modificato dall’OPCM 3431/2005. Tale analisi è stata condotta secondo i seguenti passi:

• definizione della categoria di suolo di fondazione • individuazione della zona sismica

• definizione delle azioni sismiche • definizione del tipo di analisi sismica

• combinazione degli effetti delle azioni sismiche

• combinazione dell’ effetto combinato delle azioni sismiche con le altre azioni Inizialmente, come già detto in precedenza, le informazioni relative al suolo di fondazione erano poche se non nulle, quindi, secondo la normativa sismica vigente, nei casi in cui non si possa valutare adeguatamente l’ appartenenza del profilo stratigrafico del suolo di fondazione ad una delle categorie prescritte dall’ OPCM 3431/2005, ed escludendo comunque i profili di tipo S1 e S2, bisogna adottare la categoria D o, in caso di incertezza tra due categorie, la condizione più cautelativa. La categoria D è così descritta dall’ OPCM: depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente consistenti, caratterizzati da valori di Vs30 < 180 m/s (NSPT < 15; cu < 70 kPa).

Dopo aver definito il terreno di fondazione, è stata individuata la zona sismica di appartenenza del sito di progetto. È stata individuata, per il Comune di Massa, la zona sismica 2 rappresentata da un valore di ag pari al 25% dell’ accelerazione di

gravità. Il valore di ag è variabile a seconda della zona sismica e rappresenta l’

accelerazione orizzontale massima su suolo di categoria A, con probabilità di superamento del 10% in 50 anni.

Zona Valore di ag

1 0,35 g

2 0,25 g

3 0,15 g

4 0,05 g

(26)

Definita la categoria del terreno di fondazione e il valore di ag, è stato possibile

definire le azioni sismiche. Il modello di riferimento per la descrizione del moto sismico in un punto della superficie del suolo è costituito dallo spettro di risposta elastico. Il moto orizzontale è considerato composto da due componenti ortogonali indipendenti, caratterizzate dallo stesso spettro di risposta. La componente verticale del moto sismico si considera rappresentata da uno spettro di risposta elastico diverso da quello delle componenti orizzontali.

Lo spettro di risposta elastico è costituito da una forma spettrale (spettro normalizzato), considerata indipendente dal livello di sismicità, moltiplicata per l’ accelerazione massima del terreno che caratterizza il sito.

Nel caso in esame, è stato utilizzato uno spettro di progetto, ossia sono state messe in conto, tramite un fattore riduttivo, le capacità dissipative della struttura esistente. Tale fattore definito come fattore di struttura, nel nostro caso, è stato assunto pari ad 1,5.

Da notare che le azioni sismiche che rappresentano il moto orizzontale del terreno sono state calcolate per il modello completo dell’ organismo edilizio, mentre l’ azione sismica verticale è stata applicata, come da normativa, su un modello parziale dell’ edificio, limitato al solo piano fuori terra, in quanto sono presenti elementi pressoché orizzontali con luce superiore ai 20 m.

(27)

Per entrambi i modelli di calcolo è stata utilizzata un’ analisi dinamica lineare o di sovrapposizione modale. Tale analisi, associata allo spettro di progetto, è da considerarsi il metodo normale per la definizione delle sollecitazioni e va applicata ad un modello tridimensionale dell’ edificio. Solo in casi in cui il complesso strutturale presenta le caratteristiche di regolarità, possono essere usati due modelli piani separati. Sono stati considerati tutti i modi di vibrare con massa partecipante significativa, cioè quei modi con massa partecipante superiore al 5% oppure un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’ 85%. Nel primo modello, in cui sono state prese in considerazione, per l’analisi sismica, le sole componenti orizzontali del moto, sono stati calcolati solo tre modi di vibrare, in quanto viene soddisfatta la condizione dell’ 85 %. I primi tre modi di vibrare corrispondono ad una rototraslazione secondo x, ad una traslazione pura secondo y e ad un modo puramente torsionale attorno al centro di rotazione della struttura. Nel modello semplificato, in cui si è tenuto conto della sola componente verticale del moto sismico, per raggiungere la soglia dell’ 85% della massa partecipante, sono stati calcolati 81 modi di vibrazione.

(28)

Figura 19 - II° modo di vibrazione. T = 1,88 s

Figura 20 - III° modo di vibrazione. T = 1,66 s

La combinazione dei modi al fine di calcolare sollecitazioni e spostamenti complessivi è stata effettuata tramite una combinazione quadratica completa (CQC):

1 2 ( ij i j) i j E =

∑ ∑

ρ E E dove:

E è il valore totale della componente di risposta sismica che si considera; Ei è il valore della medesima componente dovuta al modo i;

Ej è il valore della medesima componente dovuta al modo j;

ρij è il coefficiente di correlazione tra il modo i ed il modo j.

Gli effetti dell’ azione sismica saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali:

(29)

( Ei k)

i

Gk+

ψ ⋅Q i

dove:

ψEi è un coefficiente di combinazione dell’ azione variabile Qki, che tiene conto della

probabilità che tutti i carichi ψEi Qki siano presenti sull’ intera struttura in occasione

del sisma, e si ottiene moltiplicando ψ2i per ϕ;

ψ2i è un coefficiente di combinazione che fornisce il valore quasi permanente di Qki;

ϕ è un coefficiente che tiene della tipologia.

Destinazione d’uso ψ2i

Abitazioni, Uffici 0,30

Uffici aperti al pubblico, Scuole, Negozi, Autorimesse 0,60

Tetti e coperture con neve 0,20

Magazzini, Archivi, Scale 0,80

Vento, Variazione termica 0,00

Tabella 6 – coefficienti ψ2i per varie destinazioni d’ uso

Carichi ai piani φ

Copertura 1,00 Archivi 1,00

Carichi correlati 0,80

Carichi indipendenti 0,50

Tabella 7 – Coefficienti φ per edifici

Le componenti orizzontali e verticale dell’ azione sismica saranno in generale considerate come agenti simultaneamente. Nel caso di analisi dinamica lineare i valori massimi di risposta ottenuti da ciascuna delle due azioni orizzontali e dall’ azione verticale applicate separatamente potranno essere combinati sommando, ai massimi ottenuti per l’ azione applicata in una direzione, il 30% dei massimi ottenuti per le azioni applicate nelle due direzioni ortogonali, come di seguito riportato: Ei =

±

Ex ± 0,3 (Ey ± Ez) con i = 1, ….., 8

(30)

Ek =

±

Ez ± 0,3 (Ex ± Ey) con k = 17, ….., 24

La verifica allo stato limite ultimo è stata condotta per la seguente combinazione degli effetti combinati delle azioni sismiche con le altre azioni:

2 ( ) I Gk Pk i Qki i E E E E γ ⋅ + + +

ψ ⋅ dove:

γI è il fattore di importanza scelto in base alla tabella seguente:

Categoria Edifici Fattore di

importanza

I

Edifici la cui funzionalità durante il terremoto ha importanza fondamentale per la protezione civile (ad esempio ospedali,

municipi, caserme dei vigili del fuoco)

1,4

II Edifici importanti in relazione alle conseguenze di eventuale

collasso (ad esempio scuole, teatri) 1,2

III Edifici ordinari, non compresi nelle categorie precedenti 1,00

Tabella 8 – Fattori di importanza

E è l’ effetto dell’ azione sismica per lo stato limite in esame;

EGk è l’ effetto dovuto al valore caratteristico delle azioni permanenti e permanenti

portate;

EPk è l’ effetto dovuto al valore caratteristico dell’ azione di precompressione, a

caduta di tensioni avvenute;

EQki è l’ effetto dovuto al valore caratteristico dell’ i-esima azione variabile.

Infine è stata avviata l’ analisi che ha prodotto i risultati riportati in allegato A per ogni singolo elemento strutturale.

3.6 Considerazioni sui risultati dell’ analisi strutturale

Le due tipologie di analisi, statica e sismica, hanno portato ai risultati esplicitati in Allegato A. Tali risultati hanno evidenziato delle gravi carenze all’ interno della struttura sotto l’ azione di qualsiasi tipo di carico, statico (neve, permanenti portati, sovraccarico accidentale, vento) e dinamico (sisma nelle tre direzioni spaziali).

(31)

Nell’ analisi statica sono state evidenziate, soprattutto, gravi lacune di resistenza e stabilità, quando nelle combinazioni è presente il carico dovuto al peso della neve. Tale risultato era da aspettarsi essenzialmente per due motivi. Il primo, di carattere puramente geometrico, perché lo spazio coperto di 13800 m2 scarica il suo peso e quello dei carichi gravanti su di esso, su “solo” nove punti di appoggio. Questi essendo inseriti ai vertici di una maglia quadrata di lato pari a 100 m, dovranno coprire delle aree molto estese, a scapito della resistenza degli elementi stessi. Il secondo motivo è legato alla progettazione originaria. Infatti, all’ epoca della costruzione, il calcolo di tutte le strutture faceva capo a dei valori di carico nettamente inferiore rispetto ad oggi. Il valore che più risalta all’ occhio è quello relativo appunto al carico neve in copertura che, al tempo, era stato computato in 60 kg/m2, contro i 120 previsti dalla normativa attuale!

Nell’ analisi sismica sono stati evidenziati dei risultati apparsi abbastanza scontati. Documenti relativi alla struttura dello stabile, non riportano, infatti, nessuna informazione riguardo caratterizzazioni sismiche del terreno di fondazione, accelerazioni massime del suolo, ecc… Di conseguenza è stato dedotto che, a suo tempo, non era stato affrontato nessun tipo di calcolo sismico.

Inoltre, osservando la struttura, si nota come non siano presenti sistemi in grado di portare le azioni orizzontali, come, ad esempio, delle semplicissime controventature; in questo modo, vengono ulteriormente penalizzate le colonne d’ acciaio ed i pilastri in cemento armato del piano interrato.

Si può affermare, quindi, che l’ edificio in esame non presenta più i requisiti necessari alla sicurezza strutturale previsti, e perciò necessita di essere adeguato ai criteri descritti nella normativa vigente in materia.

L’ intervento di adeguamento, dovrà, quindi, essere tale da “alleggerire” le strutture resistenti esistenti per quanto riguarda sia i carichi verticali che quelli orizzontali.

Figura

Figura 10 - Vista della struttura in cemento armato
Figura 11 - Vista interna dello spazio coperto
Figura 13 - Vista delle colonne e del collegamento con la copertura principale
Tabella 4 – Livelli di conoscenza in funzione dell’ informazione disponibile e conseguenti metodi di  analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza per edifici in cemento – armato, acciaio ed acciaio -
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