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Capitolo 7 CONCLUSIONI

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Academic year: 2021

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Capitolo 7 - Conclusioni

Capitolo 7 CONCLUSIONI

Lo studio geochimico effettuato ha messo in evidenza quanto segue:

a) il mescolamento tra acqua di origine marina e acque sotterranee e superficiali . Il processo è molto evidente per il canale San Rocco e per i piezometri PZ1, PZ7, PZ16, PZ2. In particolare il campione del canale SR2 è soggetto a forti variazioni dovute a diversi gradi di influenza dell’acqua di mare.

b) la presenza di acque con alta concentrazione di cloruri e di solfati, ma geneticamente diverse dall'acqua di mare. Tali acque sono rappresentate dal campione PZ9 e rappresentano termini derivanti dall'interazione con le argille marine.

c) la riduzione dello ione solfato e/o il mescolamento con acque prive di tale ione. Ciò si verifica principalmente per i piezometri PZ3, PZ4, PZ5, PZ6, PZ10, PZ11, PZ12. Questi si allontanano dalla linea di mescolamento tra acqua di mare e acque freatiche a causa dei bassi valori dei solfati, indice di fenomeni di riduzione tipici di ambienti riducenti. Si possono supporre due processi: i) un mescolamento tra acque di falda povere di cloruri e acque di mare, seguite da una successiva riduzione dei solfati in ambienti riducenti per la presenza di torbe, di acquicludi in argille marine ma anche per la diffusione di metano proveniente dal biogas della discarica; ii) mescolamento tra acque sotterranee e acque con un contenuto relativamente alto di cloruri, ma prive di solfati, come potrebbero essere i percolati. Questo sembra avvenire per i pozzi PZ6 e PZ3, PZ4, PZ12 e PZ11 ed in parte PZ2, che si discosta meno degli altri dalla retta di mescolamento tra acqua di mare e acque freatiche, portandosi comunque all'interno dell'area per la quale è probabile una possibile contaminazione di percolato

d) la presenza di acque a solfato, che potrebbe essere ad esempio un acqua termale quale quella della zona di Roselle, intercettate dai pozzi irrigui più profondi

e) la variabilità di composizione chimica del percolato. Quanto osservato può dipendere da molti fattori quali le variabilità delle caratteristiche del rifiuto e processi di diluizione dovuti alle precipitazioni. Il pH varia molto meno, perché probabilmente tamponato dalla presenza di bicarbonati. In molti casi sono evidenti fenomeni di ossidazione segnalati da valori elevati di solfati e nitrati.

g)i valori isotopici dell’ossigeno 18 confermano l’esistenza nell’are in studio di processi di mescolamento molto complessi, con vari tipi di acque. In particolare, il PZ9 testimonia l’esistenza di un acqua con concentrazioni molto elevati di cloruri (superiori a quelle dei percolati) dovute alla

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presenza di un sistema chiuso in argille marine. Questa tipologia di acqua potrebbe poi miscelarsi con acqua di mare, come testimoniato dal campione del PZ5. I campioni della maggior parte dei piezometri sembra indicare processi di mescolamento tra acqua di falda e acqua di mare, anche se alcuni di essi sono molto vicini alle posizioni occupate dai percolati, indicando pertanto possibili contaminazioni.

f) l'elevato contenuto di trizio nel percolato raccolto nella discarica, da 60 a 200 volte più elevato del contenuto di trizio delle acque piovane attuali.

Quest'ultimo fatto ha consentito di utilizzare il trizio come tracciante della contaminazione del percolato.

I dati dei piezometri hanno messo in evidenza un valore di trizio decisamente anomalo solamente per il pozzo PZ2. Le osservazioni di terreno, le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero (in particolare la permeabilità e la velocità della falda), la piezometria, le relazioni geografiche fra il PZ2 e le VR, le caratteristiche costruttive e gestionali delle medesime rendono abbastanza credibile l'ipotesi di un mescolamento diretto tra acque del pozzo PZ2 e percolato contenuto nelle vasche. In particolare, indagini idrogeologiche recenti [Progetto MISE - TEA Sistemi, 2007], hanno messo in evidenza una permeabilità dell’acquifero circostante il PZ2 di circa 126 m/anno. Quindi un eventuale sversamento delle vasche di raccolta (VR2 e VR1) adiacenti al PZ2 (circa 150 m), impiegherebbe poco più di un anno a raggiungere il PZ. La minor concentrazione di trizio rinvenuta nel PZ2 (40,2 UT) rispetto alla concentrazione nella VR2 (245 UT) sarebbe pertanto più dovuta ad un fattore di diluizione, che al decadimento radioattivo dell’isotopo. Il tempo di dimezzamento del trizio, infatti, è di 12,32 anni, quindi molto maggiore del tempo impiegato a raggiungere la falda. L’ ipotesi di una contaminazione del PZ2 per mescolamento diretto dalle VR è corroborata anche dal comportamento chimico del PZ2 stesso, che non ha mai presentato nel corso dei vari campionamenti anomalie particolarmente elevate di ammoniaca. Dalla risoluzione di semplici equazioni di mescolamento tra acqua di falda e percolato con i dati di concentrazione di cloruri e trizio disponibili, risulta una percentuale di percolato contaminante variabile fra il 14% e il 18%. Si suggerisce, pertanto, di intervenire impermeabilizzando tali vasche di raccolta del percolato, in modo da evitare ulteriori deflussi dello stesso verso la falda.

Gli altri piezometri hanno tutti valori di trizio compatibili con il fondo naturale, con alcuni casi in cui è evidente una interazione anche con acqua superficiale/meteorica e acqua di mare.

Tuttavia, nel caso del pozzo PZ6 i valori estremamente elevati di ammoniaca, la correlazione positiva di tale specie con l'alcalinità e quella negativa con i solfati fanno

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ritenere possibile una contaminazione con percolato. Questo non è però quello attualmente raccolto dalla discarica, ma deriva probabilmente da contaminazioni che possono risalire ai primi anni di attività, iniziata negli anni 70. Nei 30 anni successivi, fino ad oggi, il percolato ha dimezzato per ben due volte la concentrazione di trizio originaria, fino a portarla a valori molto bassi, del tipo di quelli rilevati nei pozzi interni al corpo della vecchia discarica (PZD1=65 UT). Oltre al decadimento, un contributo importante per l’abbattimento delle concentrazioni iniziali di trizio, lo ha fornito anche il fattore diluizione con altre acque, prima fra tutte l’acqua di falda stessa. La sommatoria di questi due fattori ha fatto si che attualmente le concentrazioni di trizio nel PZ6 siano molto basse rispetto a quelle attese da una contaminazione da percolato.

Non si può tuttavia escludere una contaminazione più recente, fra il 2003 e il 2005, come risulta dai dati chimici (alte concentrazioni di ammoniaca, correlate positivamente all'alcalinità e negativamente ai solfati). Tale contaminazione, avvenuta probabilmente durante le operazioni di bonifica, sarebbe avvenuta con un percolato molto vecchio, probabilmente analogo quello campionato nei PZD1 (65 UT), ma molto diluito dalle acque piovane prima ancora di entrare in falda. Si può ipotizzare quindi in questo caso la sommatoria di un doppio effetto di diluizione: quello da acqua piovana e quello da acqua di falda. Anche in questo caso la concentrazione finale di trizio in falda risulterebbe estremamente bassa, paragonabile a quella delle acque meteoriche, e quindi non mostrante evidenze di contaminazioni da percolato.

I valori di trizio degli altri piezometri, indiziati di possibili contaminazioni con percolato (PZ3, PZ4, PZ12 e PZ11) sono più bassi di 5 U.T., cosa che fa supporre circolazioni molto lente e quindi interazioni con argille magari di origine marina.

Quello che appare certo dai dati isotopici è che, attualmente, non ci sono contaminazioni estese da parte del percolato raccolto nelle vasche realizzate in sormonto alla vecchia discarica, la cui impermeabilizzazione è sufficiente ad evitare il contatto fra il percolato e l’acqua di falda.

Attualmente, le uniche sorgenti di contaminazione su cui intervenire, sembrano quindi essere solamente le perdite provenienti dalle vasche di raccolta (VR) del percolato vecchio, poste lungo la strada di accesso. Si suggerisce pertanto di intervenire quanto prima, impermeabilizzando tali vasche ed evitando altre future fuoriuscite di percolato da queste verso la falda. Per quanto riguarda la contaminazione esistente imputabile, come osservato, ad eventi passati si ritiene che il progetto Pump&Treat, in fase di realizzazione, per la depurazione della falda tramite osmosi inversa, possa essere un intervento efficace sia per depurare le acque contaminate, che per creare un battente idraulico in grado di fare da barriera al plume di inquinamento.

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