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2. IL CONTESTO TERRITORIALE 2.1 La bassa valle del fiume Elsa

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2. IL CONTESTO TERRITORIALE

2.1 La bassa valle del fiume Elsa

ll fiume Elsa è uno dei maggiori affluenti di sinistra dell’Arno. Nasce sul versante sud-orientale della Montagnola Senese e, dopo aver percorso oltre 75 km, sfocia nel tratto del medio Valdarno compreso tra i Comuni di Empoli e San Miniato.

La val d’Elsa viene generalmente suddivisa in due bacini, l’alta e la bassa valle. Le due aree presentano caratteristiche geografiche, paesaggistiche, economiche e sociali diverse anche se non del tutto estranee. L’alta valle, caratterizzata da una minore ampiezza del bacino fluviale e da un paesaggio collinare più aspro e meno fertile, con una minore densità abitativa, gravita, dal punto di vista socio-economico e culturale, sull’area senese e resta piuttosto isolata dal restante territorio della Toscana settentrionale. La bassa valle, a Nord dei territori di Poggibosi e Colle Val d’Elsa, ben più ampia e con rilievi collinari più dolci e più bassi, è maggiormente orientata verso il territorio fiorentino e il medio Valdarno, con il quale ha avuto sempre forti contatti, grazie anche alla sua posizione che la rende un’importante via di comunicazione[1].

La bassa Valdelsa ha un’estensione di 435 kmq. Il paesaggio è caratterizzato da colline medio-basse, intervallate da piccoli spazi vallivi, incisi da corsi d’acqua di bassa portata. La quota massima si raggiunge in località Montignoso (561 m slm), comune di Gambassi Terme, ma le quote medie si agggirano tra i 100 e i 300 m slm. In quest’area, l’Elsa scorre all’interno di una vallata ampia in media 1-1,5 km, con una quota massima di 80 m slm presso la confluenza del fosso delle Avane (Certaldo) ed una minima di 22 m slm al suo sbocco in Arno, in località Marcignana (Empoli). Il suo andamento rettilineo da SE verso NW, parallelo ai rilievi appenninici, è conseguenza dei movimenti tettonici che, a partire dal Pliocene medio, hanno provocato il

sollevamento dei sedimenti neogenici e quaternari. La Valdelsa, infatti, ha origine da un bacino di subsidenza tettonica posto a oriente della Dorsale Medio-Toscana, che affiora nei rilievi del Monte Pisano, di Montaione, della Montagnola Senese e del Grossetano, e ad occidente del probabile paleocrinale pliocenico dell’Appennnino, evidente nell’allineamento Monte Albano-Chianti[2]. Parallelamente al fiume principale, i corsi d’acqua minori e le dorsali collinari presentano il medesimo andamento SE-NW .

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I corsi d’acqua che alimentano l’Elsa hanno bassa portata e la loro lunghezza è limitata a pochi chilometri. I loro alvei sono spesso ricoperti dai sedimenti alluvionali fin sotto le testate dei fiumi. Ciò è dovuto sia alla notevole erodibilità dei sedimenti argillosi e sabbiosi che formano le colline circostanti, sia alla scarsa pendenza degli alvei stessi[3].

Le colline della Valdelsa sono costituite prevalentemente da sabbie e argille plioceniche, anche se non mancano i conglomerati e le intercalazioni di rocce calcaree o magmatiche. Banchi arenacei-marnosi-calcarei affiorano nei dintorni di Montaione, sulle colline occidentali, mentre i rilievi nord-orientali, nei pressi di Montespertoli ed Empoli, sono caratterizzati da una maggiore presenza di conglomerati e di ghiaie.

A causa della loro composizione prevalentemente sabbiosa e argillosa, i rilievi della bassa Valdelsa risultano facilmente erodibili. A seconda della predominanza, nei sedimenti, dell’una o l’altra frazione granulometrica, l’azione degli agenti atmosferici dà origine a diverse forme di erosione. In corrispondenza degli affioramenti di sabbie, sono comuni le alte scarpate (dette “balze”), mentre le incisioni vallive sono a forma di “V”, spesso molto stretta. Quando l’erosione provoca l’esposizione del substrato costituito dai banchi arenaceo-marnoso-calcarei, più resistenti all’incisione verticale, diventa prevalente l’erosione laterale, causa del crollo dei fianchi vallivi che tendono in questo caso a conformarsi a pareti verticali. Dove prevalgono gli affioramenti di argille, sono comuni le forme collinari dolci e tondeggianti, con frequenti fenomeni di soliflusso,

scoscendimento e colamento, dovuti alla maggiore plasticità del sedimento. Nelle zone dove il terreno è costituito da argille sabbiose o sabbio-limose, sono individuabili sistemi calanchivi, che provocano rapidi arretramenti dei versanti[4].

Da sottolineare la presenza di numerose frane, di dimensioni piuttosto ridotte, molto comuni nei terreni prevalentemente argillosi. Sono spesso di difficile identificazione, in quanto tendono a perdere di evidenza nell’arco di una stagione e a non essere più rintracciabili[5]. La franosità delle zone collinari argillose e sabbiose, già piuttosto elevata per cause naturali, è stata incrementata negli ultimi decenni dall’urbanizzazione e dall’agricoltura specializzata[6].

Dal punto di vista climatico, la bassa Valdelsa rientra nella tipologia di clima tipicamente peninsulare, con inverni miti ed estati caratterizzate da lunghi periodi di aridità estiva, favorendo una agricoltura ricca di colture arboree, quali la vite e l’olivo, e di seminativi a maturazione

prevalentemente primaverile. I pascoli sono magri ed ospitano un limitato carico di bestiame ovino, talora transumante, mentre l’allevamento del bestiame bovino è reso difficile dalla carenza dei foraggi estivi[7].

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2.2 L’area oggetto di studio: il territorio compreso tra Bellafonte e Poggio all’Aglione (Comuni di Montaione e Gambassi Terme)

2.2.1 Aspetti geomorfologici

Il territorio studiato si estende per circa 10 kmq sulla dorsale collinare che fa da spartiaque tra il bacino idrografico del fiume Elsa e quello del torrente Egola, a 7 km circa Ovest dell’Elsa, lungo il confine tra i Comuni di Montaione e Gambassi Terme. A Sud è delimitata dalla SP 4 Volterrana, che collega Volterra e la valle dell’Arno, all’altezza delle località Le tre Case – Gli Spillocchi. A Nord si estende fino alla località Bellafonte e il Poggio Maremmana. Ad Est il confine è dato dal corso del Rio Pietroso, affluente di sinistra dell’Elsa, mentre a Ovest dal corso del

torrente Egola e del suo affluente, il Rio Orlo[8].

Dei tre corsi d’acqua principali che delimitano l’area studiata, solo il torrente Egola ha una portata più ampia ed una lunghezza superiore ai 10 km. Nasce in località Boscotondo (Comune di Gambassi Terme), 5 Km a Sud di Montaione. Scorre con andamento pressochè rettilineo in

direzione SW-NE per circa 25 km, per poi sfociare in Arno all’altezza di Ponte a Egola (Comune di San Miniato).

Affluente di destra dell’Egola, il Rio Orlo nasce da tre sorgenti ramificate, sul versante Ovest della dorsale collinare oggetto di studio, tra le località Pieve Vecchia, Ostignano e Case Fignano, ad Ovest di Montaione. Dopo un primo tratto in direzione S-N, all’altezza di Le Colline compie

un’ampia curva in direzione N-NW, per poi alimentare il torrente Egola, dopo 10 Km circa di percorso.

Il Rio Pietroso nasce sul versante Est della dorsale, all’altezza della località Ponte all’Ebreo. Affluente di sinistra dell’Elsa, ha un andamento da SW verso NE, una lunghezza inferiore ai 7 km e una portata esigua.

La dorsale collinare, delimitata dagli alvei dei tre torrenti, ha andamento complessivo Nord-Sud ed è percorsa dalla SP 75 Traversa di Montaione e dalla SP 23 Delle Colline, strade di

collegamento tra Castelfiorentino, Montaione e la SP 4 Volterrana.

Degrada dolcemente dalla quota di 436 m slm, all’incrocio tra la SP 75 e la SP 4 al limite meridionale dell’area studiata, fino ad una quota minima di 139 m slm nei pressi della località Bellafonte, con una pendenza media del 3%. La quota massima è data dal rilievo di Poggio

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all’Aglione, 461 m slm. La sommità della dorsale si presenta con scarsa pendenza per alcune centinaia di metri lungo l’asse Est-Ovest, per poi scendere bruscamente e con ripide pendenze verso le vallecole torrentizie. Per questo motivo, soltanto la sommità collinare è sottoposta ad utilizzo agricolo, mentre le scarpate laterali sono coperte da fitto bosco ceduo.

Interessante è la descrizione che di quest’area ha fatto Giovanni Targioni Tozzetti, alla metà del XVIII secolo: “per andare a Montaione da Gambassi (proveniendo quindi da Sud) si lascia la strada volterrana poco sopra Filicaja (Case Figline – Villa Sant’Antonio) antico fortilizio disabitato e si volta a mano destra, camminando quasi sempre per piano sul dorso della collina, nudo, lasciato incolto a cagione dei venti e del terreno magro per la grande abbondanza dell’Agliaia e dei Gusci dei testacei”[9].

L’annotazione dell’erudito fiorentino circa la presenza di numerosa “ghiaia” (“agliaia”) è da ricollegarsi alle caratteristiche litologiche del terreno, prevalentemente sabbioso con numerosi frammenti di roccia visibili su terreno. Numerose anche le attestazioni di fauna fossile (“gusci dei testacei”).

2.2.2 Formazione geologica e caratteristiche pedologiche

Nell’area oggetto di studio affiorano formazioni di età compresa tra il Giurassico e il Pliocene superiore, appartenenti alla formazione alloctona che giace sopra i depositi più antichi della Dorsale Medio-Toscana.

La zona a Sud di Sant’Antonio ha una composizione geologica più complessa, dove sono presenti affioramenti di rocce formatesi in epoca più antica rispetto ai terreni posti a Nord. Si tratta della formazione alloctona, databile tra il Giurassico ed il Cretaceo, alla cui base si trovano i giacimenti di ofioliti che affiorano immediatamente a Sud e a Sud-Est di Poggio all’Aglione. Le ofioliti sono rocce magmatiche intrusive (gabbri) o effusive (diabasi), generalmente caratterizzate da struttura lamellare e scistosità più o meno elevata. Sia i gabbri che i basalti sono rocce dure e tenaci, utilizzati in passato come materiali da costruzione, oltre che per la fabbricazione di strumenti litici[10]. Molto spesso risultano associati a depositi di minerali di rame[11]. Miniere di rame sono

conosciute, in età moderna, in tutto il territorio volterrano[12]. La più vicina all’area in esame è quella di San Biagio, 0,5 km a NE di Montaione. In tutta la zona compresa tra le valli dell’Era e dell’Elsa, agli affioramenti di ofioliti sono spesso associate sorgenti termali[13]. Una sorgente è cartografata sulla tavoletta IGMI 1:25000 F° 112 I SE, sulle pendici Nord di Poggio all’Aglione[14].

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In corrispondenza di questa, sono visibili sbiancamenti del terreno, notoriamente riconducibili ad effetti idrotermali. Altre sorgenti sono segnalate dai toponimi Acquabona e Pozzo Latino a SW di Poggio all’Aglione, Acquacidula nel territorio della Villa Sant’Antonio.

Al di sopra degli ofioliti si trovano giacimenti databili al Cretaceo, principalmente marne e arenarie o marne e calcari, depositatesi in ambiente marino aperto e piuttosto profondo. I calcari, in particolare i calcari palombini, sono ricchi in silice, minerale fondamentale per l’industria vetraria, molto diffusa un tempo a Montaione e Gambassi Terme[15]. Tuttavia, la presenza di argille

intercalate ai calcari rende gli strati rocciosi sfaldabili e poco resistenti. Nel territorio volterrano proprio questa formazione e quella delle argille plioceniche vengono ritenute le maggiori responsabili dei fenomeni di instabilità dei terreni, essendo fortemente soggette a dissesti franosi[16].

Direttamente al di sopra dei terreni cretacei sono posti i giacimenti pliocenici, conglomerati, sabbie e argille di origine marina. La disposizione dei sedimenti è influenzata dalla loro distanza rispetto alla linea di costa pliocenica: i conglomerati seguono le linee litorali, le sabbie

rappresentano un sedimento di facies marina poco profonda, le argille si sedimentano in aree più profonde e lontane dalle terre emerse[17]. Giacimenti di conglomerati e sabbie pliocenici emergono

a Sud di Sant’Antonio, tra le pendici Nord di Poggio all’Aglione e le località Il Muraccio e La Rimessa. In corrispondenza dei sedimenti sabbiosi, sono facilmente osservabili numerosi esempi di fauna fossile (i “gusci dei testacei” ricordati da Targioni Tozzetti), riconducibili all’età pliocenica. Si tratta principalmente di Molluschi, ma sono presenti anche Crostacei, Echinidi, Coralli,

Foraminiferi e foglie fossili[18].

A Nord di Sant’Antonio, in tutta la fascia centrale dell’area studiata, affiora un ampio strato di sabbie marine plioceniche, intervallate da rari banchi di argille di modesta estensione e da affioramenti di conglomerati marini, evidenti soprattutto nell’area tra le località Moricci e Sant’Antonio. Ad Est, lungo il Rio Pietroso, affiorano marne e calcari palombini del Cretaceo.

A ridosso del limite settentrionale dell’area studiata, in corrispondenza della località Bellafonte, emergono i banchi di argilla di formazione marina profonda, che caratterizzano in maniera pressochè ininterrotta tutti i rilievi collinari a Nord di Bellafonte stessa, fino ad arrivare ai terrazzi fluviali del Valdarno. Di quest’ampia area di formazioni argillose, dal caratteristico colore grigio-azzurrino, solo una minima parte è compresa nell’area oggetto di studio. L’argilla dell’area di Montaione-Gambassi-Castelfiorentino-Certaldo, il cosiddetto “mattaione”, ha trovato larga utilizzazione industriale. In età moderna e fino a pochi decenni fa, esistevano numerose fornaci da

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laterizi che sfruttavano le materie prime locali. Le fabbriche si concentravano nel fondovalle dell’Elsa, soprattutto a Castelfiorentino, ma anche a Certaldo e Poggibonsi, in modo da sfruttare vantaggiosamente la vicinanza alle principali vie di comunicazione, ferroviaria e stradale[19].

Attualmente, il 7% circa del territorio è coltivato a seminativo (soprattutto cereali, girasoli, mais ed erba medica, che si alternano periodicamente); il 25% circa è coperto da colture arboricole (vite e olivo); il 10% circa è lasciato incolto o destinato a pascolo; il 5% circa è stato destinato all’espansione urbana del centro di Montaione; il restante territorio è coperto da bosco ceduo e d’alto fusto, costituito da pino, leccio, quercia e, nei luoghi a maggiore quota, castagno. Le aree boschive si concentrano nei fondovalle torrentizi e lungo le pendici collinari, a maggiore pendenza rispetti alla sommità della dorsale, sostanzialmente pianeggiante e più adatta all’impianto di coltivazioni.

Un’importante zona coperta da bosco è ubicata a Sud e a Ovest di Gambassi e Montaione, verso Volterra, sfruttata a partire almeno dal basso Medioevo per la produzione di legname da costruzione, di carbone e per l’attività delle numerose fornaci laterizie e da vetro[20]. Per quanto

riguarda l’età basso-medievale, l’importanza economica dell’area boschiva tra

Gambassi-Montaione e Volterra (la cosiddetta Selva di Camporena) è documentata dalle ripetute dispute che opposero i comuni di Castelfiorentino e San Miniato per il controllo della zona, tra XIII e la fine del XIV secolo[21].

[1] Cfr. Cardini 1988, 12 e Valenti 1999, 15-17. [2] Dominici et al. 1995, 2.

[3] Dominici et al. 1995, 17.

[4] Ballerini et al. 1991; Dominici et al. 1995.

[5] Dominici et al. 1995, 18.

[6] Ballerini et al. 1991, 79-80; L’argomento è stato anche oggetto di un convegno nel 1991

(M.E.E. 1993).

[7] Barbieri 1966, 51-52.

[8] L’area è compresa nella tavoletta IGMI, scala 1:25000, F° 112 I SE Montaione, oltre che nelle

sezioni 285080 e 285040 della Carta Tecnica della Regione Toscana, scala 1:10000.

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[10] Devoto 1995, 15 e 19.

[11] Trinciarelli-Marrucci 1990, 42-43.

[12] Cfr. ad esempio Targioni Tozzetti 1775, 69-71.

[13] Mazzanti 1961, 18.

[14] Una nota storica e di costume sulla “bontà” dell’acqua della sorgente in Salvestrini 1999, 239.

[15] Mendera 1989, 18-21;Trinciarelli-Marrucci 1990, 46; Dallan et al. 1969, 25-26; Salvestrini 1997, 94-97.

[16] Trinciarelli-Marrucci 1990, 50. [17] Mazzanti 1961, 30-31.

[18] Mazzanti 1961, 55. [19] Bagnoli 1957, 11.

[20] Vedi gli accenni storici ed etnografici in Salvestrini R. 1997, 87-89. Per le fornaci da vetro e la problematica delle ricostruzione paleoambientale del manto boschivo, cfr. Mendera 1989, 21-22.

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