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PIETRO STELLA

Don Bosco e la for Don Bosco e la for Don Bosco e la for

Don Bosco e la formazione dei suoi mazione dei suoi mazione dei suoi mazione dei suoi religiosi nel decennio 1870

religiosi nel decennio 1870 religiosi nel decennio 1870

religiosi nel decennio 1870----1880 1880 1880 1880

in Vita religiosa guanelliana e formazione, Roma, Nuove Frontiere Editrice, 1994, 43-63.

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DON BOSCO E LA FORMAZIONE DEI SUOI RELIGIOSI NEL DE­

CENNIO 1870-1880

P IE T R O STELLA S.D.B.

Il decennio 1870-1880 fu sotto m olti asp etti decisivo p e r le opere di cui don Bosco fu fondatore, p rom otore e guida carism atica. L’o­

p e ra o rig in a ria degli o rato ri p e r la gioventù si e ra o rm ai configurata com e u n a delle varie iniziative di c a rità c ristia n a p ro p rie della Con­

gregazione o Società di S. Francesco di Sales, fo ndata nel 1859, a p ­ p ro v ata d alla S. Sede nel 1869. N ella sto ria dei salesiani di don Bosco il decennio si cara tte riz z av a con la fondazione delle Figlie di M aria A usiliatrice e della Pia Unione dei C ooperatori salesiani, l’e­

spansione dei salesiani al di là dei confini dell’Ita lia (in F ran cia e in A rgentina), la sta m p a ad a lta tira tu ra e l’invio g ratu ito del «B ollet­

tino salesiano» in italian o e in francese, la diffusione di u n a rete sem pre p iù fitta di sim p atizzan ti e sostenitori.

Fu però anche un decennio di travaglio e di chiarificazione. Si consum ò infatti in quegli anni la n e tta distinzione dei salesiani, ri­

conosciuti com e congregazione religiosa di d iritto pontificio, da isti­

tuzioni che si m uovevano n ell’am b ito diocesano sotto l’a u to rità dei vescovi locali. N on fu, questa, u n ’operazione indolore. Le iniziative di don Bosco, la sua stessa in tim a sp iritu a lità, così com e quella del­

l’arcivescovo di Torino, Lorenzo G astaldi — con il quale don Bosco fu d a p p rim a in divergenza di idee, poi in ap erto dissidio — furono allo ra sottoposte a u n a prova estrem am en te dura.

Sono anni cruciali, en tro cui si colloca l’esperienza singolare di don Luigi G uanella, che fu, com ’è noto, p e r u n trien n io tra le file dei salesiani di don Bosco con ruoli delicati e im p o rta n ti, anni nei quali don G uanella potè conoscere le idee di don Bosco e in ta n to anche spe­

rim e n ta re la p rassi form ativa posta in a tto negli am b ien ti salesiani.

1. Le idee di don Bosco sulla formazione dei salesiani

Divergenze tra don Bosco e m onsignor Gastaldi sulla natura del novi­

ziato religioso (1871-1874): prova di virtù o di abilità educativa?

Q uando don G uanella giunse a Valdocco, nel gennaio 1875, le divergenze tra don Bosco e l’arcivescovo G astaldi sul p u n to della

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form azione religiosa e chiericale eran o passate a u n a fase p a rtic o la r­

m ente acuta. Da questioni riservate, note nella cerchia di pochi, in quel torno di tem po a ttrav e rso la sta m p a eran o div en tate vicende di dom inio p u b b lic o 1.

Punto focale dei co n trasti fino aH’ap rile 1874 furono le Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales: dei salesiani isti­

tu iti da don Bosco, il cui istitu to e ra stato app ro v ato definitivam ente d alla S. Sede nel 1869. A p a rtire da quella d a ta don Bosco si era a d o p erato p e r ottenere anche l’approvazione definitiva delle regole. I consultori ro m an i della S acra Congregazione dei Vescovi e R egolari (dom enicani, c arm elitan i e m em b ri del clero secolare) suggerirono v ari m u tam en ti. Alcuni di questi, anche su p u n ti ai quali don Bosco a ttrib u iv a p artico lare im p o rtan za. T ra l’a ltro fu rile v ata la m a n ­ canza di u n capo specifico sul periodo di noviziato p rim a della p ro ­ fessione religiosa. Don Bosco fu in v itato a introdurlo.

Si tra tta v a di u n a dim enticanza? Con tu tta p ro b ab ilità, no. An­

zitutto don Bosco aveva sc artato i term in i «noviziato» e «novizi», perché aveva presente la sorte to ccata agli an tic h i ordini e ad a ltri istitu ti religiosi, soppressi in Piem onte in forza delle leggi em anate nel 1855, poi in tu tto il regno d ’Ita lia con leggi del 1865-66, infine anche a R om a dopo la sua occupazione nel 1870. Secondo don Bosco il term in e «noviziato», inserito nelle regole, avrebbe ric h iam a to l’a t­

tenzione ostile dell’a u to rità p o litica e avrebbe fatto votare i salesiani alla soppressione. E ra u n tim ore che aveva u n certo fondam ento, m a i fatti l'av reb b ero d im o strato eccessivo. L’applicazione delle leggi soppressive avveniva infatti in m an ie ra b lan d a, ta n to che tu tti gli an tich i istitu ti legalm ente soppressi riuscirono a riassestarsi com e li­

bere associazioni p riv ate o com unque, so p ra ttu tto dopo la legge delle G uarentigie (1871) che in sostanza m anifestava i propositi m o­

d e ra ti della d estra liberale al g o v ern o 2.

Ma a ben vedere, p e r don Bosco non si tra tta v a soltanto di nom e e di considerazioni politiche. Le idee di don Bosco, sul periodo di prova che doveva precedere l’adesione solenne alla Società sale­

sian a con i voti religiosi, sareb b ero em erse nella loro pienezza quando intervenne con p ro m em o ria e lettere da Torino, m ons. Lo­

1 Cfr. F. D e s ra m a u t, Chronologie critique du differenti entre don Bosco et l’archevè- que de Turin Lorenzo Gastaldi. C ahiers salésiens n u m éro spécial 6-7, Lyon, Oeuvres et M issions de don Bosco, 1982; G. T u n in e tti, Lorenzo Gastaldi 1815-1883. Volume I: teo­

logo, pubblicista, rosminiano, vescovo di Saluzzo, 1815-1871, Rom a-C asale M onferrato, Piem m e, 1983, pp. 132-134; Volume II: arcivescovo di Torino, 1871-1883, R om a-Casale M onferrato, Piem m e, 1988, pp. 259-290; Idem , Il conflitto fra don Bosco e l'arcivescovo di Torino Lorenzo Gastaldi (1871-1883), in M. M id a li (a c u ra di), Don Bosco nella sto­

ria. A tti del 1° congresso intem azionale di studi su don Bosco (Università Pontificia Sa­

lesiana - Rom a 16-20 gennaio 1989), R om a, LAS, 1990, pp. 135-142.

2 Cfr. G. R o cca, Istitu ti religiosi in Italia tra otto e novecento, in M. R o s a (a c u ra di), Clero e società nell’Italia contemporanea, B ari, L aterza, 1992, pp. 207-256.

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renzo G astaldi (già vescovo di Saluzzo nel 1867 su p ro p o sta di don Bosco a Pio IX e d a Saluzzo tra sfe rito a Torino, an co ra u n a volta su consiglio anche di don Bosco). G astaldi p rim a di d iv en ta r vescovo aveva ad erito p e r qualche anno a ll’istitu to di C arità del Rosm ini.

E ra stato dunque novizio e poi, da professo, era stato in Inghilterra, il paese di cui m olti cattolici, com preso don Bosco, speravano tor­

nasse alla Chiesa cattolica: e ra l’epoca del m ovim ento di Oxford e di N ew m an. P rim a di an d a re in In g h ilte rra il G astaldi aveva fatto un testam en to in cui lasciava com e erede di m olti suoi beni don Bosco a favore delle sue opere p e r la gioventù povera e a b b an d o n ata.

Non è da pensare che l’arcivescovo, alm eno inizialm ente, in te r­

venisse p e r p u ntiglio nei confronti dei progetti di don Bosco: suo scopo e ra c ertam en te quello di co n trib u ire a dare u n a form a org a­

nica solida a ll’opera degli oratori, tra sfo rm ata si o rm ai in congrega­

zione religiosa con approvazione pontificia. Nel 1873 gl’interventi epistolari di G astaldi a R om a si fecero p iù insistenti e frequenti. Il 2 febbraio 1873 scriveva al card in ale C aterini, prefetto della S acra C ongregazione del Concilio:

«C ertam ente io rep u to che in q uesta congregazione:

1. È necessario un noviziato in regola, altrim e n ti non si form eran n o uom ini capaci di ten erla in essere od in fiore p er l’avvenire.

2. Sono necessarii studi filosofici e teologici ed a ltri sim ili, assai p iù sodi e serii di quelli che g eneralm ente si fecero finora.

3. Che non si am m ettese alcuno negli ordini sacri p rim a che avesse fatto i voti p erpetui, sem plici però, e dispensabili dal superiore in nom e del Som m o Pontefice. In caso diverso, cioè am m ettendosi, com e si am m ettono ora, i m em bri di d etta congregazione agli ord in i sacri coi soli voti triennali, è cosa ch iara che m olti en tran o in q uesta congregazione, non con intenzione di rim an erv i, m a di esservi fatti sacerdoti senza costo di spesa, e term in ato il triennio, il quale talv o lta te rm in a subito dopo ricevuto il presb iterato , se ne usciranno; e i vescovi, bisognerà che li ricevano com e sono senza essere stati educati da loro, e forse con opinioni d issonanti da quelle del rim an en te clero d io c e sa n o » 3.

Poche settim an e dopo, il 20 ap rile 1873, G astaldi si rivolgeva al card in ale B izzarri, prefetto della S a c ra C ongregazione dei Vescovi e R egolari specificando il suo m odo di vedere sulle fin alità del novi­

ziato:

« S u questo p u n to del noviziato il sig. don Bosco, a m io giudizio, la sbaglia assai. A m e pare, che i soggetti i quali in tendono poi fare i voti n ella congre­

gazione debbono essere ap p o sitam en te esercitati p e r due an n i nell’u m iltà ed annegazione di sé m edesim i; e p e r riuscire alla to tale indifferenza di se

3 Cfr. G.B. L em oyne - A. Amadei, Memorie biografiche di San G iovanni Bosco 1871- 1874, vol . X, Torino, SEI, 1939 (= MB X), p. 698. L’originale della lettera di G astaldi è presso l'Archivio della S.C. dei Vescovi e R egolari (ora S.C. p e r i religiosi e gli isti­

tu ti secolari), posiz.: T. 91.

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stessi, che è il sostanziale del religioso, debbano essere ap p licati ad esercizi di ascetica speciale, com e si fa negli o rd in i religiosi, e specialm ente nella C om pagnia di Gesù; al co n trario al sig. don Bosco sem bra, che am m etten d o ai voti solo dei giovani i quali e n traro n o nelle sue scuole da giovanetti e che p e r 7 od 8 an n i od anche p iù furono ogni dì atte n ta m e n te osservati, e furono sem pre e sono o ra tro v ati m odesti, pii, casti, docili, m ortificati, ciò deb b a b a ­ stare p e r g iudicarli a tti ai voti. Ma questo, a m io giudizio, è u n errore, perché l’esperienza di quel lungo tem po d im o strerà bene che questi giovani sono o t­

tim i cristiani, m a non già che sieno fo rm ati a quello sp irito di sacrifizio ed a quella costanza di annegazione ed indifferenza, senza cui i soggetti non po­

tran n o m ai p erseverare nella re lig io n e 4. Q uindi p e r m an can za di noviziato sono già usciti talu n i i q u ali avevano p u r fatto voti p e rp etu i e che p arevano ferm issim i n ella loro vocazione. E questi, in terro g ati da m e perché fossero usciti, risposero appunto: perché non avendo percorso u n buon noviziato, non avevano p o tu to form arsi lo sp irito sufficientem ente religioso» 5.

In a ltra lette ra al card. B izzarri in d a ta 9 gennaio 1874 m ons.

G astaldi rin c a ra v a la dose:

«Io am m iro le q u alità e le v irtù non o rd in arie del detto don Bosco, godo assai pel bene che h a fatto e che fa a vantaggio d ella gioventù [...] m a stim o essere m io dovere gravissim o il rap p re se n ta re alla su d d etta S acra C ongrega­

zione, così degnam ente p resied u ta d a V. E m inenza, il bisogno che àvvi di provvedere a che n ella congregazione di S. Francesco di Sales si ren d a ob­

bligatorio un noviziato di due anni nel quale i giovani chierici sieno eserci­

ta ti non a co m an d are com e avviene o ra tro p p o frequentem ente, perché sono posti a fare d a m aestri nelle varie scuole; sì ad obbedire, com e si è sem pre fatto e si fa nei noviziati delle altre religioni, specialm ente della C om pagnia di Gesù. Il signor don Bosco ha u n talen to speciale p e r allevare i giovani se­

colari, m a non p are possegga co m p itam en te questo talen to p e r educare gio­

vani ecclesiastici, o p e r lo m eno in ciò non è assistito a sufficienza d a tu tti gli a ltri ecclesiastici, ai q u ali egli affida la sorveglianza dei giovani chierici.

Alcuni fatti dep lo rab ilissim i provano ad evidenza q uesta m ia afferm azione.

Già sette chierici usciti d a lla scuola del sig. don Bosco furono am m essi a m aestri od assistenti nella casa di sord o m u ti di q uesta città; e di nessuno fu co n ten ta l’am m in istrazio n e p resied u ta d a u n personaggio secolare d istinto p e r la pietà, l’attacco alla religione, la riverenza del clero; e si lam en tò in questi chierici la m an can za di u m iltà e di sottom issione. La stessa lagnanza si m uove in a ltri istitu ti ed in certi sem inari, di chierici che h an n o com pito i loro studi le tte ra ri o filosofici o teologici, nell’accen n ata congregazione di S. Francesco di S a le s...» 6.

Quale la risp o sta di don Bosco? Alla p ro p o sta di u n noviziato che dovesse d u ra re due anni così rep licav a in u n Promemoria sopra

4 A questo p u n to G astaldi aggiungeva in calce u n a n o ta illu strativ a: «Q uindi nella C om pagnia di Gesù, benché ab b ia m o lti dei suoi m em b ri v enuti su d a giova­

n etti nei suoi collegi, ove furono p e r 7, 8 e 9 anni, p u re n on si d ispensa d ’u n giorno dal noviziato».

5 MB X, p. 712.

6 MB X, p. 757.

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una lettera dell'arcivescovo di Torino intorno alla Congregazione Sale­

siana :

«Si deve p rem ettere che m ons. G astaldi, attu a lm e n te arcivescovo di Torino, fino al 10 febbraio 1873 si professò costantem ente caldo prom otore ed inde­

fesso co llab o rato re d ell’istitu to S alesiano [...].

3° Il noviziato di due anni, occupazione esclusivam ente ascetica.

R is p o s ta ]. Q uesto poteva p ratic a rsi in altri tem pi, m a non p iù n e’ nostri paesi p resentem ente, ché anzi si distruggerebbe l’istitu to Salesiano, percioc­

ché l’a u to rità civile avvedendosi dell’esistenza di u n noviziato, lo scioglie­

rebbe sull’istante disperdendone i novizii. Inoltre questo noviziato non po­

treb b e accom odarsi alle C ostituzioni salesiane che h an n o p er base la vita attiv a dei socii, riserb an d o di ascetica soltanto le p ra tic h e necessarie a for­

m are e conservare lo sp irito di un buon ecclesiastico; nem m eno tale novi­

ziato farebbe p e r noi, giacché i novizii non p o treb b ero m ettere in p ra tic a le costituzioni secondo lo scopo della congregazione.

4° Sono già usciti dei professi p erp etu i che diedero lagnanze, ecc.

R. F inora un solo uscì, ed è il p ad re Federico O re g lia 7. Egli ap p arten ev a alla n o stra congregazione com e laico e ne uscì p e r e n tra re nella C om pagnia di Gesù e p erco rrere la c a rrie ra degli studi, com e en trò difatti, ed o ra lavora lodevolm ente nel sacro m inistero.

5° Q uesta congregazione reca non piccolo d istu rb o alla disciplina ecclesia­

stica d ella diocesi.

R. Asserzione g ra tu ita . L’O rd in ario di T orino finora non può a d d u rre un solo fatto in proposito.

6° T roppo sovente alcuni dopo i voti trien n ali ricevono gli o rd in i sacri titulo mensae com m unis e poi escono, ecc.

R. Asserzione g ra tu ita . N iuno di costoro finora uscì dalla C ongregazione S a­

lesiana [...]» 8.

Già qualche anno p rim a scrivendo a ll’arcivescovo G astaldi il 23 novem bre 1872, don Bosco aveva m anifestato che Pio IX condivideva p ien am en te il suo m odo di vedere sul p ro b an d a to e la form azione dei c a n d id a ti alla v ita salesiana:

« P rim a di venire la S an ta Sede a ll’approvazione di q uesta congregazione, ho avuto lungo colloquio p rim a con m ons. Svegliati e col card. Q uaglia, e di poi col S anto Padre. Questi u n a sera m i fece a lungo esporre le ragioni p er cui, secondo m e, giudicava essere volontà di Dio q uesta novella istituzione, cui diedi tu tte le risposte volute. Di poi m i d im an d ò se u n a congregazione fosse possibile in tem pi, in luoghi, in m ezzo a persone che ne vogliono la soppressione. “Come avere u n a casa di studio e di noviziato?” soggiungeva.

7 In effetti fino al 1874 risu lta n o usciti d a lla congregazione salesian a individui che avevano em esso p e r la p rim a volta o rin n o v ati i voti trien n ali. Cfr. le schede bio­

grafiche dei salesiani professi (1862-70) in P. S t e l l a , Don Bosco nella storia economica e sociale: 1815-1870, R om a, Las, 1980, pp. 527-540. Federico O reglia di S. Stefano (1830-1912) em ise i voti trie n n a li n ella congregazione salesian a il 14 m aggio 1862; i voti p erp etu i il 6 dicem bre 1865; uscì d alla congregazione nel 1869; en trò n ella Com ­ p ag n ia di Gesù (provincia R om ana) il 15 o tto b re 1869.

8 MB X, pp. 793s.

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Risposi a lui quello che alcuni m esi p rim a aveva risposto a ll’E.V., vale dire, che io non intendo di fondare un ordine religioso, dove si possono accogliere p en iten ti o convertiti che ab b ian o bisogno di essere form ati al buon costum e ed alla pietà; m a la m ia intenzione si è di raccogliere giovanetti ed anche a d u lti di m o ra lità assicu rata, m o ra lità p ro v ata p e r più anni, p rim a di essere accolti n ella n o stra congregazione.

"Come ciò o tten ere?” in te rru p p e il S. Padre.

"Ciò finora ho ottenuto, soggiunsi, e spero di co n tin u are così, p e r la classe dei soci che si ricevono a far p a rte della Società. Noi ci lim itiam o a giovani educati, istru iti nelle nostre case; giovani già scelti o rd in a ria m e n te dai p a r­

roci, che, vedendoli o rd in a ria m e n te risplendere nella v irtù fra la m azza e la zappa, li racco m an d an o alle nostre case” [...]».

E proseguiva sul pu n to della form azione religiosa:

«E lla aggiunge che fatte rarissim e eccezioni n iu n m em b ro d ella congrega­

zione salesiana presen ta le necessarie v irtù e si notan o privi specialm ente dell’u m iltà. Io farei um ile e risp etto sa preg h iera a ll’E.V. di volerm i indicare non in genere, m a n o m in atam en te tali individui, e poi, l’assicuro, sarebbero severam ente co rretti ed u n a volta sola. Perciocché tal cosa sareb b e un n a ­ scondiglio da sv e la rsi...» 9.

N ella s tre tta finale p e r l’approvazione delle regole, don Bosco a R om a tra il 1873 e i p rim i m esi del 1874 volente o nolente è obbli­

gato a in tro d u rre nel testo latino delle C onstitutiones Societatis S.

Francisci Salesii u n capo esplicito sul noviziato, che nel testo defini­

tivo e ra il capo XIV e p o rtav a il titolo; De novitiorum magistro eo- rumque regimine, in tu tto costituito d a 17 a rtic o li10. L’insiem e degli articoli rig u a rd av a argom enti p iù am pi, perché conteneva disposi­

zioni relative a ll’intero arco di prove che precedevano la professione p erpetua, cioè l’a tto che introduceva definitivam ente n ella Società salesiana.

La p rim a prova e ra c h ia m a ta la «prova degli a sp ira n ti» ; la se­

conda, il noviziato p ro p ria m e n te detto; la terza era il tem po dei voti em essi p e r un triennio. La p rim a prova, si diceva, era

« ten u ta p e r sufficiente quan d o il p o stu lan te a b b ia passato alcuni anni in u n a casa d ella Società, o ppure ab b ia frequentato le scuole pubbliche della congregazione, e che in tale tem po si sia visto risp len d ere p e r v irtù ed inge­

gno» (art. 2).

La seconda prova e ra da fare in un noviziato canonicam ente

9 MB X, pp. 686s.

10 Sulle tr a tta tiv e di don Bosco a R om a, nel q u ad ro p iù largo di u n a sto ria delle istitu zio n i religiose n ell’O ttocento, cfr. P. S t e l l a , Don Bosco nella storia della religio­

sità cattolica, vol . I, R om a, LAS, 1979, pp. 129-165; voi. II, R om a, LAS, 1981, pp. 359- 439. L’ite r le tte ra rio del testo è o rm ai in F. M o t t o (a c u ra di), Costituzioni della So­

cietà di S. Francesco di Sales [1858J-1875. Testi critici. G iovanni Bosco, S critti ed iti e inediti, vol . I, R om a, LAS, 1982.

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eretto dal retto re m aggiore della congregazione con l’approvazione della S. Sede (art. 7).

V enendo incontro alle richieste di don Bosco, si stab ilì che il no­

viziato d u rav a u n solo anno. E sp licitam ente si stab iliv a la se p ara ­ zione dei novizi dai professi. A tale proposito l’articolo delle Regole app ro v ate ricalcava u n a costituzione di Clem ente VIII del 19 m arzo 1603: Cum ad regularem, costituzione m olto lo n tan a nel tem po, m a an co ra fondam entale nella p rassi della cu ria rom ana. L’articolo delle Costituzioni salesiane recitava:

«Il luogo di ciascun noviziato sia sep arato da quella p a rte della casa in cui d im orano i professi, ed ab b ia p e r d o rm ire a ltre tta n te cellette sep arate q u a n ti saran n o i novizi, o ppure un do rm ito rio di tale cap acità che possa co­

m odam en te contenere un letto p e r ciascuno; ed in esso trovisi u na celletta od un luogo d eterm in ato p e r il m aestro [dei novizi]» (art. 8).

L’articolo 9 presen tav a i req uisiti del m aestro. Anche questo a r ­ ticolo ricalcava la costituzione del 19 m arzo 1603. L’articolo 12 af­

frontava il tem a della form azione dei novizi: sperim entazione nelle v irtù o n ell’a b ilità inerente le opere della congregazione? L’articolo ap p ro v ato nella sostanza dava ragione a m ons. G astaldi; aggiungeva però qualcosa sulla linea delle idee di don Bosco, e del resto sulla linea di q u anto usavano fare i gesuiti con i loro novizi:

«N el tem po della seconda prova, ossia nell’anno del noviziato, i novizi non a tte n d a n o in niu n m odo a nessuna delle opere che sono p ro p rie del nostro Istituto, affinché un icam en te ab b ian o di m ira l’av an zam en to nella v irtù e la perfezione del loro spirito, secondo la vocazione a cui furono da Dio ch ia­

m ati. P otranno tu tta v ia nei giorni festivi, nella casa in cui dim orano, istru ire i fanciulli nel catechism o, sotto la dipendenza e la vigilanza del m aestro» 11.

A pprovate le Regole o Costituzioni, don Bosco tornò a Torino, ac­

colto trio nfalm ente al suo O ratorio. Q uali rivolgim enti avvennero tra i salesiani, preso a tto delle nuove regole? Q uali ca m b iam e n ti si eb­

bero n ell’organizzazione dei novizi e dei professi? Q uali direttive diede don Bosco?

A nzitutto don Bosco fece rivedere il testo latino originale e au ­ tentico da u n latin ista suo am ico, Vincenzo L afranchi (1826-1907) professore a ll’u n iv ersità di Torino. Non si tra ttò di revisione p u ra e sem plice. Qua e là n ell’in tero volum e (in tito lato non più solo Consti-

11 Gli artico li sopra riferiti sono tra sc ritti dal volum e: C ostituzioni della Società di San Francesco di Sales preced u te d a ll’introduzione sc ritta dal fondatore sac. G iovanni Bosco, Torino, Scuola tipografica salesiana, 1916. Come direm o, le edizioni latin e e italian e p u b b licate vivente don Bosco non corrispondono p ien am en te al testo a u te n ­ tico a p p ro v ato d a lla S. Sede il 3 ap rile 1873. Le edizioni a n te rio ri al Codice di D iritto Canonico, dal 1908 al 1916, d an n o fedelm ente il testo latin o au ten tico con u n a ver­

sione a c c u ra ta m e n te riv ed u ta su ll’esem p lare approvato.

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tutiones, m a Regulae seu constitutiones) si co n statan o om issioni, m u ­ tam e n ti anche quasi sostanziali e aggiunte. All’art. 12, dove si diceva che d u ra n te il noviziato i novizi non dovevano atte n d ere a nessuna o p e ra p ro p ria dell’istituto, don Bosco nel testo latin o aggiungeva u n a nota che in p ra tic a gli rim ettev a tu tto in m ano:

« Pius Papa IX benigne annuii tyrones, tempore secundae probationis, experi­

m entum facere posse de iis, quae in prim a probatione su n t adnotata, quoties ad maiorem Dei gloriam id conferre iudicabitur».

E ra u n suo arb itrio ? Don Bosco di seguito annotava: «Vivae vocis oraculo die 8 aprilis 1874». Il testo così rie lab o ra to venne sta m p a to a ll’O ratorio e, con tu tta p ro b ab ilità, d istrib u ito ai soci capaci d ’in ­ tendere il latino. L’originale au tentico ap p ro v ato con firm e e tim b ri venne gelosam ente riposto nell’Archivio del C apitolo superiore.

La reazione di m ons. G astaldi non si fece atten d ere. S ollecita­

m ente m an d ò a R om a un esem plare delle Regulae sta m p a te a ll’O ra­

torio dove con postille a p e n n a eran o notate le v arian ti a rb itra rie in tr o d o tte 12. In d a ta 4 o tto b re 1874 scriveva a Pio IX u n a lunga let­

te ra in cui com m entava a m aram en te, tra l’altro, q u an to rig u a rd av a il noviziato m esso in p ra tic a nella Società salesiana dopo l’a p p ro v a ­ zione delle regole:

«... M ai non ho desistito dal racco m an d are che in essa si dovesse fare un noviziato, d u ra n te il quale gli a sp ira n ti non si im piegassero n ell’ufficio di m aestri ed assistenti dei giovani, m a si esercitassero solo nella p ie tà e nella m ortificazione e negli studi dell’ascetica com e si p ra tic a nei noviziati di tu tte le congregazioni religiose. A ltrim enti, diceva io:

1o M ancherà nei m em b ri la costanza necessaria p e r la so lid ità della congre­

gazione;

2° M olti giovani vi e n treran n o con leggerezza; anzi a lle tta ti dal m odo di v ita poco co n trario a ll’a m o r proprio; m a quindi non persevereranno; e fra t­

ta n to u sciran n o dal sem inario diocesano con non lieve d istu rb o del giovane clero della diocesi [...].

M a don Bosco non volle m ai istitu ire u n noviziato che a b b ia alcunché di si­

m ile a qu an to è stab ilito p e r tu tte le a ltre congregazioni; ed ancora presen­

tem ente i suoi novizii sono tu tti o m aestri di scuola o rip e tito ri od assi­

stenti, nel quale ufficio h anno d a faticare, è vero, m a non da com battere l’am o r proprio, sì p iu tto sto d a b lan d ire il p ru rito giovanile della a u to rità, né h an n o d a esercitarsi tro p p o nello studio di cose ascetiche o teologiche» 13.

Don Bosco di fatto proseguiva p e r la sua strad a, forte del «vivae vocis orac u lo ». Nel 1875 fece stam p a re in italian o le Regole con u n ’introduzione, il cui originale autografo si conserva ancora. N el­

12 E sem plare delle Regulae presso l’Archivio della S.C. dei Vescovi e R egolari, p o si­ tio: T 9.2.

13 MB X, p. 849.

(10)

l’in troduzione esordiva rico rd an d o l'approvazione definitiva o tte n u ta il 3 ap rile 1874. E aggiungeva:

«Q uesto fatto deve essere da noi salu tato com e uno dei p iù gloriosi p e r la n o stra Congregazione, com e quello che ci assicura che n ell’osservanza delle n o stre regole noi ci appoggiam o a basi stabili, sicure, e, possiam o dire, in ­ fallibili, essendo infallibile il giudizio del Capo S uprem o della Chiesa che le ha sanzionate».

T utto p o rta v a a im m ag in are che la trad u zio n e riproduceva fede­

lissim am ente il testo latin o autentico. In re a ltà la versione ita lia n a e ra ancora più m an ip o la ta rispetto a quella la tin a p u b b lic a ta l’anno precedente. Nel capo che ab b iam o più volte ric o rd ato sui novizi il titolo originale era: «De novitiorum magistro eorumque regim ine»;

n ella versione la tin a p u b b lic a ta invece si legge: «De tyronum, seu novitiorum magistro eorumque regimine»; nel testo italiano: «Degli ascritti ossia n o v iz i». Gli articoli sono rid o tti a 7; quello che stabiliva l’isolam ento e la p ra tic a delle v irtù viene del tu tto elim inato. Ed era q u esta versione ita lia n a il testo che novizi e professi salesiani riceve­

vano solennem ente alla professione o q uando p artiv an o , tra l’em o­

zione di tu tti, p e r le m issioni di A m erica. N essun c a m b iam en to don Bosco m anifestava in quegli anni circa il suo m odo di pensare. Nel terzo C apitolo generale, ten u to nel 1883 o rm ai sotto il pontificato di Leone XIII, rib a d iv a tra n q u illo il pro p rio pu n to di vista:

«Il santo p ad re Pio IX disse parecchie volte che nel form are i salesiani si avesse in m ira di renderli quali dovrebbe essere u n sacerdote esem plare in m ezzo al m ondo. Perciò si richiedono gli esercizi di p ie tà conducenti a que­

sto fíne e nello stesso tem po è bene che gli a scritti ab b ian o i loro uffizi da disim pegnare, p e r vedere q u ali siano le loro a ttitu d in i e disposizioni. Biso­

g nerà però fare in m odo che non sieno im pedite le p ra tic h e di pietà. R am ­ m entò p u re com e Pio IX consigliasse di non u sare la p a ro la noviziato, m a di tro v arn e u n 'a ltra , perché il m ondo e ra m al p revenuto contro q uella deno­

m inazione. Q uanto alla concessione fa tta dal m edesim o Pio IX che gli a sc ritti nell’anno di prova attendessero anche agli studi ed a qualche a ltra occupazione, com unicò che nella udienza concessagli d a Leone XIII egli aveva esposto al nuovo p a p a le concessioni del suo predecessore; al che il p a p a aveva risposto che non intendeva di m u ta re n u lla delle cose concesse;

se m u tazioni occorressero, si sarebbe provveduto » l4.

Dalle divergenze al conflitto (1874-1881). Vertenze sulla sacra ordina­

zione di chierici candidati da don Bosco: idonei e preparati?

Le divergenze tra don Bosco e il suo arcivescovo si acuirono e diventarono u n a vertenza conflittuale pro p rio negli anni in cui don

14 E. C e ria , Memorie biografiche di San Giovanni Bosco 1883, v o l . XVI, Torino, SEI, 1935, pp. 413s.

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G uanella a n d av a a com piere la p ro p ria esperienza presso i salesiani;

u n conflitto concluso il 16 giugno 1882 in m odo form ale con u n atto di concordia voluto da Leone XIII, m a in re a ltà d u rato fino alla m orte del G astaldi, sopravvenuta il 25 m arzo 1883, e con strascichi d u ra ti p e r circa un tren ten n io fino alla proclam azione delle v irtù eroiche di don Bosco nel 1926.

T ra i terren i del conflitto, il più infuocato fu quello della p ro ­ m ozione di chierici di don Bosco agli ordini sacri. Don Bosco aveva o tten u to da Pio IX il privilegio di p rese n tare ai vescovi benevoli i chierici d a o rd in are «titulo mensae co m m u n is» . O vviam ente i vescovi a v rebbero p o tu to sottoporre i can d id a ti a p a rtico la ri esam i: cosa che m ons. G astaldi sentì il dovere di fare sistem aticam en te (anche p e r­

ché aveva presente la situazione non facile tra i chierici a ll’interno del pro p rio sem inario che intendeva p o rta re a disciplina). Non m ancò forse un certo rigore, d a ta l’idea che si n u triv a tra il clero più vicino a ll’arcivescovo nei confronti dei chierici provenienti dalle case di don Bosco.

Q uesti cercò di aggirare l’ostacolo p rese n tan d o i p ro p ri chierici ad a ltri vescovi; di preferenza a quello di Fossano, E m iliano M ana­

corda, con il quale aveva stre tto am icizia negli anni in cui M ana­

corda, giovane prete a Rom a, si avviava negli stu d i e n ella c a rrie ra p relatizia. Da m ons. M anacorda ottenne fra l’a ltro l’approvazione della Pia Unione dei cooperatori, nonostante le riserve e quasi il ri­

fiuto di m ons. G astaldi. Ma Fossano era diocesi suffraganea di To­

rino; a ltre sedi vescovili erano com unque dell’are a regionale p ie­

m ontese o contigue con essa. Si posero p e rta n to non pochi elem enti di a ttrito fra vescovi favorevoli a don Bosco e quelli desiderosi a n zi­

tu tto di m an ten ere u n bu o n accordo entro l’episcopato.

Più volte m ons. G astaldi p ro testò presso singoli vescovi e presso la S. Sede. R ipeteva che don Bosco m an d a v a agli o rdini sacri chie­

rici ch’eran o ap p en a professi tem poranei, vari dei quali poi l’a b b a n ­ donavano p e r rie n tra re in diocesi creando non di rad o distu rb i e problem i. Anche nel caso di chierici professi p erp etu i non e ra raro risc o n tra re situazioni abusive e cause di disordini u lteriori.

Don Bosco a sua volta in quegli anni — e non solo p e r eludere le opposizioni di m ons. G astaldi — si o rien tav a a far em ettere la professione p e rp e tu a subito dopo il periodo di ascrizione in q u a lità di novizi; un periodo che talv o lta d u rav a anche m eno di u n anno.

Q uando poi i chierici o p reti o rd in a ti chiedevano di uscire di con­

gregazione, don Bosco senza m olte difficoltà dispensava dai voti p e r­

petui in forza di asseriti poteri e p riv ile g i15.

Il conflitto si aggravò q u an d o contro l’arcivescovo G astaldi nel

15 Cfr. P. S t e l l a , Don Bosco nella storia..., o.c., v o l . I, pp. 155s, 161; v o l . II, pp.

394, 401.

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1877 e nel 1878 com parvero a sta m p a alcuni libelli in fam anti. Il prim o, sta m p a to a Torino, ap parve sul finire del 1877 e aveva il ti­

tolo: Lettera sull'arcivescovo di Torino e sulla Congregazione di S.

Francesco di Sales. Un p o ’ di luce. L’autore anonim o si d ich iarav a

« un cooperatore salesiano». Ne seguirono a ltri tre l’anno seguente.

In essi si accusava l’arcivescovo di dispotism o nei confronti del p ro ­ p rio clero e di attacch i ingiusti contro istituzioni e personaggi bene­

m eriti della Chiesa, com e don Bosco, i salesiani, il Convitto ecclesia­

stico torinese (diretto in quegli anni dal teologo G ia m b a ttista B erta­ gna, nipote di don Cafasso, p ro b ab ilista e benignista, perciò in d i­

saccordo con l’arcivescovo ch’era p ro b ab ilio rista e sostenitore di un severo rigore m orale).

Altri libelli denunziavano il ro sm inianesim o d o ttrin a le del Ga­

staldi, nonostante di R osm ini la S. Sede avesse con d an n ato varie proposizioni. Un po’ tu tti rip o rta v a n o episodi m olto riservati, noti a ll’arcivescovo e a don Bosco. Donde il sospetto che don Bosco fosse coinvolto nella com posizione e nella stam pa. In colloqui p riv a ti con l’arcivescovo don Bosco dichiarò la p ro p ria e stra n eità e il p roprio rincrescim ento, m a il G astaldi non riusciva a convincersene. Solo dopo la m orte dei due protagonisti, q uando o rm ai e ra avviato il processo inform ativo diocesano p e r la beatificazione di don Bosco, si vennero a conoscere gli au tori: il p rim o e ra stato scritto d a Gio­

vanni B attista Anfossi (1840-1913), già m em bro della congregazione salesiana, poi prete diocesano e canonico, in g ran d e am icizia con don G ia m b a ttista Francesia; degli a ltri erano au to ri don G iovanni T urchi (1838-1909), ex allievo dell’O ratorio e am ico di Anfossi, e il gesuita p a d re Antonio B allerini (1805-1881), residente a Rom a.

Osservazioni sulla situazione delle strutture ecclesiastiche in Italia dopo il 1870

Si può rilev are in u n q u ad ro pivi generale che m ons. G astaldi non fu in conflitto solo con don Bosco. N on pochi ostacoli in co n tra ­ rono nascenti congregazioni m aschili e fem m inili, dalle suore di G iovanna F rancesca M ichelotti a quelle di Francesco F aà di Bruno.

Conflitti quasi sim ili accadevano in a ltre c ittà e diocesi italiane: a Vicenza, Treviso, Palerm o e via dicendo. Dopo gli sconquassi istitu ­ zionali in dotti dal processo di unificazione nazionale, i vescovi in genere ten tav an o la riorganizzazione d isciplinare del clero in ac­

cordo a u n a p resa di coscienza dei p ro p ri d iritti e doveri p astorali.

D’a ltra p a rte u n p o ’ dovunque si assisteva a u n p u llu lare di congre­

gazioni religiose m aschili e fem m inili, germ in ate in genere d a ll’asso- ciazionism o nuovo ch’e ra su b e n tra to alle antiche co n fratern ite e cor­

porazioni, so p ra ttu tto nelle regioni del nord e del centro. La S.

Sede, a sua volta, tendeva ad appoggiare i vescovi, m a anche a tro ­ vare le vie p e r favorire lo sviluppo e il consolidam ento d ’istituzioni

(13)

religiose antiche e nuove, so p ra ttu tto q uando si dim o strav an o attive nel cam po dell’insegnam ento, della sta m p a e delle m issioni estere.

2. La prassi

Fervore e congestione di vita a Valdocco

N ella re a ltà dei fatti, anche dopo il 1874 la v ita a ll’O ratorio continuava a essere u n a convivenza fam iliare di p reti, chierici, coa­

diutori laici, a scritti e a sp iran ti, personale di servizio, operai, gio­

vani stu d en ti e artig ian i. In p ra tic a i salesiani o professi o a scritti, i chierici che frequentavano il sem inario diocesano com e salesiani o com e sem plici ospiti dell’O ratorio eran o tu tti in vario m odo im pe­

gnati n ell’insegnam ento o n ell’assistenza sia degli stu d en ti che degli artig ian i, nelle aule scolastiche o nei lab o rato ri, nei refettori o in cortile, nelle chiese e cappelle o nei dorm itori.

L’O ratorio era pieno com e u n uovo di giovani e ad u lti. In tu tti, u n a m assa flu ttu a n te sugli ottocento o novecento, costituivano la convivenza giovanile p iù num erosa esistente a Torino. Nel 1877 su 241 salesiani professi, 73 erano concen trati a Valdocco; su 120 a scritti o novizi, 84 erano anch'essi nella Casa m a d r e 16. In quegli anni so p ra ttu tto la tipografia e la lib re ria si trovavano in fase espansiva. Alla ricerca di spazi p e r le m acchine e p e r i m agazzini, si rosicchiavano locali ad a ltre a ttiv ità o si cercava d’inv en tarn e dei nuovi.

Come scriveva n ella sua Cronichetta don Giulio B arberis, nel 1878 si cercò di ricavare spazi p e r il deposito della lib re ria negli sc an tin ati del sa n tu a rio di M aria A usiliatrice, dove già esistevano stanzoni a d ib iti a refettorio e a p a n e tteria. U na delle due sagrestie del sa n tu a rio fu d e stin a ta alla scuola p e r i chierici stu d en ti di filoso­

fia; giacché tu tte le aule erano im pegnate d a tu rn i di scolaresche. Ci si arrovellava p e r tro v are nuovi spazi da a d ib ire a dorm itorio; si pensò persino di u tilizzare i vani del tam b u ro prospiciente la fac­

c ia ta del sa n tu a rio p e r sistem arvi dei l e t t i 17. La situazione venne ag­

grav a ta non solo d a lla co n tin u a accettazione di stu d en ti e a rtig ia n i a m ano a m an o che qualcuno si ritira v a , m a anche d alla raccolta di giovani ad u lti, in m edia tra i 16 e i 30 anni avviati al sacerdozio e raccolti insiem e con la denom inazione di Figli di M aria A usiliatrice.

Come si sa, nei p rim o rd i dell’in iziativ a ebbe u n ruolo in quegli anni anche don G uanella.

16 Q uesti d a ti sono desunti dal catalogo an n u ale d al titolo: Società di S. Francesco di Sales, sta m p a to a p a rtire dal 1872.

17 ASC, posiz. 110 B arberis, Cronichetta, a lla d a ta 15 novem bre 1878.

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L’O ratorio tra gli anni '70 e ’80 non si decongestionava, anche se nel 1877 si pensava di trasferire i Figli di M aria a G enova-Sam pier­ daren a. F inalm ente nel 1879 il noviziato e gli ascritti furono trasfe­

riti a S. B enigno Canavese sotto la direzione del m aestro dei novizi, don Giulio B arberis (in tu tto c’eran o 12 soci, 52 a scritti e 7 asp i­

ra n ti classificati com e studenti, come chierici e com e coadiutori). Un u lterio re assestam ento avvenne nel 1886, quando il noviziato fu tr a ­ sferito a Foglizzo Canavese, e S. B enigno venne tra sfo rm ato in scuola di a rti e m estieri alleggerendo in tal m odo l’O ratorio di V aldocco e diventando u n com odo centro p e r la sta m p a di opuscoli e libri. Ma gli a scritti o novizi erano tu tti raccolti nella casa di noviziato? E gli a ltri chierici stu d en ti di filosofia e teologia dov’eran o sistem ati?

La distribuzione del personale salesiano nelle altre case

Se si analizzano i cataloghi della Società di S. Francesco di Sales, sta m p a ti a p a rtire dal 1872, si trova che u n po’ in tu tte le case eran o d istrib u iti a sp iran ti, a scritti e chierici professi trie n n ali o p erpetui. Nel 1877, ad esem pio, nel collegio p e r stu d en ti ginnasiali di Torino-V alsalice erano in d icati 23 individui: 13 soci (preti, chie­

rici p erp etu i o trie n n ali e coadiutori laici), 3 a scritti e 7 a sp iran ti.

Lo stesso anno a M ornese erano reg istra ti 3 soci e u n a scritto coa­

diutore. A T rin ità di M ondovì c’erano 4 soci (cioè don G uanella d i­

rettore, i chierici Luigi D eppert e G iuseppe T raversino, il coadiutore laico Leone Liverani) e 2 a sp ira n ti (cioè il chierico m onregalese B ar­

tolom eo Boazzo — o Boassi — e lo stu d en te Stefano Devalle, o Della Valle).

Anche dopo le Costituzioni del 1874 non si rin u n z ia a denom i­

n a re sui cataloghi i novizi con il term in e « a sc ritti» . Ma d a a ltra do­

cum entazione si ricava che il term in e aveva u n significato am b iv a ­ lente o am biguo: indicava cioè sia individui che com pivano consape­

volm ente il noviziato, sia a ltri che sem plicem ente avevano aderito alla Società salesiana e in tal senso venivano catalo g ati com e ascritti. È questo il caso del canonico Francesco R ebaudi e del prete secolare Antonio Pagani, e n tra m b i catalo g ati com e «ad d e tti alla scuola di M agliano [Sabino]». P ur non essendo professo, Antonio Pa­

gani assistette a varie sedute del p rim o C apitolo generale nel set­

tem b re 1877. P artecip an d o com e a ltri ad alcune delibere, p e r ciò stesso — sem brerebbe — ne com prom ise forse la v a lid ità (fu questa u n a delle tan te situazioni che convenne poi so ttoporre a u n a san ato ­ ria generale della S. Sede d u ran te il re tto ra to di don Rua).

A llargando l’indagine, si viene a c o n statare che non tu tti i laici che a ll’O ratorio (e forse anche altrove) erano d en om inati « coadiu­

to ri» eran o a scritti o soci o a sp ira n ti. Il term in e « co ad iu to ri» a quei tem pi veniva u sato prom iscu am en te p e r chi dorm iva a ll’O ratorio e coadiuvava in qualche cosa a ll’in tern o della casa. Solo dopo il 1880-

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83 si sollevò la questione e si finì p e r assegnare la denom inazione di

«fam igli» a coloro che non erano né a sp ira n ti, né ascritti, né s o c i18.

A scorrere i cataloghi u n an n o dopo l’altro, non si ta rd a a sco­

p rire che non era ra ro il caso di « a sc ritti» che l’anno successivo erano catalo g ati senz’a ltro com e professi perp etu i. Non eran o d u n ­ que infondati certi a lla rm i di m ons. G astaldi. D alla docum entazione sulle conferenze ten u te da don Bosco ai suoi salesiani si ricav a ch’e­

gli p iù volte dich iarò che non voleva si sfruttasse la congregazione da certi chierici che si facevano salesiani, em ettevano i voti trien n ali in m odo da fare gli studi a carico della congregazione, m a con l’in ­ tenzione poi di uscirsene. Per q u esta ragione egli preferiva che ci si legasse subito con la professione perp etu a. Se poi qualcuno non se la sentiva di continuare, egli, in q u a lità di re tto r m aggiore, si riservava di dispensare dai voti. Insom m a don Bosco m anifesta u n a conce­

zione dei voti m eno rig id a di quella incu lcata d a lla teologia tra d i­

zionale. S ensibilità ai tem pi, oppure — com e sosteneva G astaldi — poca a ttitu d in e a form are nella v ita religiosa?

Anche l’organizzazione degli studi filosofici e teologici si m an te­

neva all’Ora to rio diversa da quella a u sp icata da m ons. G astaldi. Un po’ tu tti, chierici teologi e filosofi, erano com e «studenti lav o ra­

to ri» . A V aldocco in alcune ore della se ttim a n a teneva lezioni di fi­

losofia don Celestino D urando (in quegli anni aveva la carica di con­

sigliere scolastico del C apitolo superiore). Le lezioni di teologia veni­

vano seguite d a p p rim a in sem inario, poi a ll’in tern o d ell’O ratorio, dove si sa che veniva a tenere corsi teologici il canonico Francesco M olinari, professore al sem inario diocesano e poi n o m in ato giudice al processo inform ativo diocesano p e r la beatificazione di don Bo­

sco19. Altrove i chierici, im piegati com e insegnanti e assistenti, s tu ­ diavano com e potevano nei ritag li di tem po. Gli esiti degli esam i e ran o in genere lusinghieri. Don G uanella inform a, ad esem pio, sugli o ttim i voti conseguiti al sem inario di M ondovì dai suoi due chierici, D eppert e T ra v ersin o 20. M a che cosa poi rim a n ev a dei m a n u a li stu ­ d iati e d ell’in te ra teologia, dopo stu d i condotti in m an ie ra siffatta?

Come si ricava d alla Cronachetta di don Giulio B arberis e da a ltre fonti (tra queste, le lettere di don Bosco a don G uanella), don Bosco racco m an d av a ai d ire tto ri delle case salesiane di dare grande im p o rta n z a al cosiddetto « rendiconto m ensile». E ra u n colloquio fa­

m iliare, tra direzione sp iritu ale e discussione di p roblem i di varia

18 Cfr. P. St e l l a, Cattolicesimo in Italia e laicato nelle congregazioni religiose. Il caso dei coadiutori salesiani (1854-1974), in « S alesian u m » , XXXVII (1975) 411-445.

19 Cfr. P. S t e l l a , Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Volume terzo: la canonizzazione (1888-1934), R om a, LAS, 1988.

20 L ettera di L. G uanella a don M ichele R ua, T rin ità di M ondovì, 12 m arzo 1877, cit. in M. Ca r r o z z i n o, Don Guanella e don Bosco. Storia di un incontro e di un con­

fronto, R om a, N uove F rontiere E ditrice, 1989, p. 167.

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n a tu ra . I d ire tto ri e i singoli confratelli trovavano in genere m olto com odo appoggiarsi al form ulario che don Bosco aveva inserito n ell’Introduzione alle Regole o Costituzioni, p arag rafo a p p u n to sul rendiconto:

« 1° sanità;

2° studii;

3° se si possono d isim p eg n ar bene le p ro p rie occupazioni e qual diligenza si m ette in esse;

4° se s’ab b ia com odità d’adem piere le p ra tic h e religiose e qual diligenza si pone in esse;

5° com e si d ip o rti nelle orazioni e nelle m editazioni;

6° con quale frequenza e divozione si vad a ai S acram enti;

7° com e si osservano i voti, e se non vi siano d u bbi in fatto di vocazione.

Ma si noti bene che il rendiconto si rag g ira solam ente in cose esterne e non di confessione, a m eno che il socio ne facesse egli stesso argom ento p e r suo sp iritu ale vantaggio;

8° se a b b ia dei dispiaceri o p ertu rb azio n i interne, ed astio verso qualcuno;

9° se conosce qualche disordine cui p o rre rim edio specialm ente qu an d o si tra tta d’im p ed ire l’offesa di Dio».

3. L’evoluzione del sistem a di formazione religiosa

D etto in poche parole, don Bosco tendeva a p o rre in a tto u n si­

stem a form ativo che com portasse u n ita m e n te la form azione sp iri­

tuale e la sperim entazione p ra tic a nelle a ttiv ità p ro p rie della con­

gregazione salesiana. In questo senso, a suo parere, si poteva p a rla re di periodo di prova com pleto in tu tte le sue p a rti: u n periodo che non prevedeva il noviziato com e u n c o m p artim en to stagno, d istinto d a ll’a sp ira n ta to e da quello dei voti trien n ali. Ispirandosi a S. Al­

fonso de’ Liguori e al suo predestinazionism o teologico, nelle sue conferenze e n ella introduzione alle Regole egli p ro sp e tta v a i rischi che p e r la salvezza ete rn a correva chi, a c ce rta ta la p ro p ria vocazione religiosa, poi l’abban d o n av a. Ma n ella p ratica, tra tta n d o si di tem pi di prova, con i novizi e i professi trie n n ali tendeva a essere m olto a p e rto a qualsiasi soluzione: rim a n ere «con don Bosco» oppure sce­

gliere qualche a ltra s tr a d a 21.

Ai suoi salesiani illu strav a le sue idee sulla form azione religiosa non ta n to con argom entazioni teologiche speculative, q u an to n a r­

ran d o fatti quasi fossero allegorie. R accontava, ad esem pio, il disagio e i tra u m i che aveva sofferto nel sem inario di Chieri e la liberazione che assaporò n ell’am b ien te del Convitto ecclesiastico torinese sotto la guida del teologo G uala e di don Cafasso. Come accenna nelle sue autografe Memorie dell’Oratorio (poi utilizzate p e r pagine sul «Bol­

21 I n p ro p o s ito cfr. P. S t e l l a , Don Bosco nella storia..., o.c., vo l . II, p. 401.

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lettin o salesiano»), in sem inario s’insegnavano m aterie a stra tte o controverse. Nel Convitto invece s’im p a rav a « ad essere p r e t i » 22: le lezioni di m orale calzavano perfettam en te con la p ra tic a p asto rale che i convittori già sperim en tav an o nelle parrocchie, negli o rato ri giovanili, n ell’assistenza dei carcerati. Don Bosco scrisse le Memorie dell’Oratorio pro p rio negli anni in cui don G uanella e ra salesiano professo triennale.

Il p rim o Capitolo generale dei salesiani, ten u to nel settem bre 1877, riflette p ienam ente le idee sostenute da don Bosco. A redigerne la stesu ra p revia fu del resto don Bosco stesso (e ancor oggi se ne conserva l’autografo). Negli a tti di quel capitolo c’è ben poco sulla form azione religiosa, ap p u n to perché nella m ente di don Bosco que­

sta e ra im m ag in a ta nel quad ro della v ita q u o tid ian a delle case sale­

siane. V alevano p e r chi era in periodo di prova gli a ltri capi svilup­

p a ti nel volum e degli a tti: le p ratich e di pietà, lo studio, la p a rsim o ­ nia n ell’uso delle cose. Negli a tti del p rim o C apitolo generale il capo sugli studi è di ap p en a q u a ttro righe e rim a n d a ai pochi articoli che in m ate ria si leggevano nelle Regole o C ostituzioni23.

Gli equilibri che don Bosco sognava tra form azione sp iritu ale e a ttiv ità di studio o di assistenza sten tavano a venire a ttu a ti, so p ra t­

tu tto a Valdocco. A p a rte il fatto che alla dom enica i vari a sp ira n ti e a scritti chierici e non chierici venivano sm istati a fare catechism o al­

trove e a p resta re servizio com e assistenti, anche p e r i chierici filosofi e teologi la possibilità di concentrazione in uno studio form ativo riu ­ sciva oltrem odo difficile. S icu ram en te queste constatazioni ebbero il loro peso nelle discussioni e nelle delibere del secondo C apitolo gene­

rale, tenuto nel 1880. Si stab ilì allo ra che in ogni provincia o ispetto- ria doveva essere eretto uno stu dentato, dove dovevano essere riu n iti i chierici stu d en ti di teologia e possibilm ente anche quelli di filosofìa.

Com’era già sta b ilito dalle Regole, il corso di filosofia doveva d u rare due anni; quello di teologia, q u a ttro anni. L’insegnam ento della teo­

logia — specificava il C apitolo generale — poteva essere affidato anche a u n professore non salesiano, che com unque si distinguesse p e r p ietà e d o ttrin a . Ogni giorno dovevano tenersi tre ore di lezione e ogni anno gli stu d en ti teologi dovevano sostenere alm eno tre esam i. I tra tta ti da stu d ia re sareb b ero sta b iliti ciascun an n o dal consigliere scolastico m em bro del capitolo s u p e rio re 24.

22 G. Bosco, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. In tro ­ duzione, note e testo a cu ra di A ntonio da Silva F erreira (Istitu to Storico S alesiano - Rom a, fonti, serie p rim a, 4), R om a, LAS, 1991, p. 116.

23 Deliberazioni del Capitolo generale della Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo-To- rinese nel settembre 1877, Torino, Tip. e lib re ria salesiana, 1878, p. 15: «I sacerdoti e i chierici della p ia Società S alesian a regoleranno i loro stu d i secondo il capo X II delle n ostre costituzioni e secondo il regolam ento in tern o delle case».

24 Deliberazioni del secondo Capitolo generale della Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo Torinese nel settembre 1880, Torino, Tip. S alesiana, 1882, pp. 65-71.

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La p ro g ram m azione definita dal C apitolo generale del 1880 non toccava il sistem a concepito da don Bosco. N ulla si diceva della sede: non si obbligava cioè l’isp etto ria a sta b ilire lo stu d e n ta to in u n a casa a sé stan te e se p a ra ta d a altre. La g ran p a rte dei chierici filosofi e teologi rim ase raccolta a Valdocco con gl’incarichi di p rim a . Solo nel 1887, d a ta la crisi del ginnasio-liceo di V alsalice (pochi allievi e forti spese), si pensò di tra sfe rire colà i chierici stu ­ denti di filosofia.

A no tare le aporie di q u an to si p ratica v a nel decennio 1870-1880 non eran o solo persone che potevano sem b rare ostili. Anche a ll’in­

terno della com unità salesiana c’eran o a soffrire le persone diretta- m ente in caricate della disciplina. P rim o fra questi, don G iuseppe Lazzero, vice-direttore della casa di Valdocco p ro p rio in quegli anni (direttore sul Catalogo era segnato don Bosco). Don Lazzero o rganiz­

zava le conferenze periodiche del personale e h a lasciato notazioni in teressantissim e sotto m olti p u n ti di vista (edite in questi anni da don José M anuel Prellezo). Nei suoi verbali è possibile rilevare la serie di «d iso rd in i» e di disattenzioni che secondo Lazzero conve­

niva rim ediare, non di rad o con la m assim a u rg e n z a 25.

Anche chierici più riflessivi e a tta c c a ti a don Bosco soffrivano.

Uno di questi, G iovanni Nespoli (1860-1886), nativo di Arosio (Como) studente, e chierico a Valdocco dal 1871 al 1879, m orto ven- tiseienne a Genova giovane prete nel 1886, h a lasciato in questo senso alcune pagine autobiografiche di notevole in te re sse 26.

N espoli è severam ente critico nei confronti della scuola gin n a­

siale di Valdocco. Lo studio e la pietà, che sareb b ero dovuti an d a re d ’accordo, eran o invece, a suo giudizio, tra loro divisi: si a n d av a in chiesa, si a n d a v a in studio; m a la m ente del ragazzo dava p iù im ­ p o rta n z a allo studio che alle p ratich e di pietà; e in chiesa le p re ­ ghiere non venivano dal cuore, m a dalle lab b ra, rec ita te m acch in al­

m ente. Lui, studente di latino, non capiva il senso di certe parole della litu rg ia. Solo più ta rd i si prese la pena di cercare sul vocabo­

lario che cosa volesse dire «c e m u i » («veneremur c e m u i» del Tantum ergo). Nel ventaglio delle m aterie scolastiche il catechism o (un’ora settim an ale in tu tto) e ra com e u n a zeppa fuori posto. Scrive Nespoli testu alm en te che nel catechism o che si studiava,

«il dogm a, la m orale, il culto eran o seq u estrati l’uno d a ll’altro. Q uindi lo studio riusciva a stratto , diviso, m onco, privo di u tilità , di bellezza, e il cate­

chism o era il libro più trascu rato , e la scuola di catechism o la p iù m al ve­

25 J.M. Pr e l l e z o, L ’Oratorio di Valdocco nelle «Adunanze del capitolo della casa» e nelle «Conferenze m ensili» (1871-1884). Introduzione e testi crìtici, in «R icerche sto ri­

che salesiane», X (1991) 245-294.

26 Le m em orie di G iovanni N espoli sono edite p e r in tero in P. S t e l l a , Don Bosco nella storia..., o.c., p p. 481-493.

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d u ta e fredda anche p e r i giovani buoni. E qui e adesso posso anche dire che a insegnare il catechism o era delegato uno qualunque: ó tu x ò n come avrebbe detto u n greco».

E ppure aveva i problem i — le «passioni» scrive lui — p ro p ri di quell’età, e nessuno — sottolinea N espoli — lo a iu ta v a ad affron­

tarli. G iunto agli u ltim i m esi della q u in ta ginnasiale solo don Bosco e don R ua furono i suoi due «angeli salvatori»;

«e quella b en ed etta chiesa di M aria A usiliatrice, dove io aveva fatto ta n te volte la com unione e dove quei due san ti sacerdoti tan te volte avevano con­

solato il m io cuore esulcerato ed afflitto».

Insiem e ad a ltri giovani va a fare gli esercizi sp iritu a li a Lanzo Torinese e venne ascritto fra i novizi. Ma non sa rin u n z iare ai clas­

sici latin i e greci che lo attirav an o : Om ero, Orazio, Virgilio. Si p ro ­ c u ra anche le Vite di Plutarco.

N onostante tu tto — sottolinea — don Giulio B arberis ha con lui ta n ta pazienza. D iventa chierico, m a pensa a p ren d ere la licenza di

«m aestro norm ale su periore» n ell’agosto 1878 a M ondovì. C ontinua a c u ra re poco lo studio della religione:

«N essuna — egli scrive — o poca le ttu ra o leggiera e superficiale di libri d i­

voti, nessuna conoscenza della B ibbia e delle vite dei san ti e di sto ria eccle­

siastica, nessun p rin cip io cristian o che dirigesse alm eno quegli studi profani che faceva di filosofia — se p u re era filosofia —, di m atem atica, di le tte ra ­ tu ra ».

La sua salvezza fu quando nel 1879 giunse a Valdocco don F ra n ­ cesco C erniti, d iretto re del collegio salesiano di Alassio già dal 1870.

N ella m ente dei salesiani in tellettu alm en te più d o tati e più inclini all’a ttiv ità ed u cativ a n ella scuola, il collegio di Alassio era forse in quegli anni la casa salesiana ideale. M olto p iù di Valdocco, dove nel 1884-85 fu giocoforza intervenire p e r ria ssesta re la disciplina, la vita religiosa, l’intero sistem a di v ita 27. A N espoli e a due suoi colleghi chierici la figura di don C erruti ap parve com e quella di u n a ltro don Bosco: « S a n to prete — egli scrive —, che ta n to ritra e dell’operosità energica, costante, in stan cab ile di don Bosco». Con don C erruti si accordarono nel m aggio 1879. Conclude Nespoli:

« Dopo m olto lo tta re finalm ente ebbim o il perm esso, da don Bosco e dal solo don Bosco, co n trari tu tti gli a ltri superiori, se si eccettui forse don Rua, di an d a re ad Alassio»; e là — conclude — « p e r la p rim a volta sentim m o p a r­

lare della divozione al sacro Cuore e ne ab b iam o veduta la festa solenne».

27 J.M. P r e l l e z o , Valdocco 1884: problemi disciplinari e proposte di riforma. Intro­

duzione e testi critici, in «R icerche storiche salesian e» , XI (1992) 35-71.

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