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Il radicale cambiamento della post acuzie nel territorio dell’ex Zona 5 di Jesi

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Academic year: 2022

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Il radicale cambiamento della post acuzie nel territorio dell’ex Zona 5 di Jesi

Istituiti 30 nuovi posti di riabilitazione a Villa Serena, diminuiscono i posti di lungodegenza.

Domande necessarie, risposte ineludibili

La recente delibera (294/2016) della regione Marche nella quale si definiscono i posti letto delle CdC Villa Serena (Jesi) e Villa Igea (Ancona), appartenenti alla nuova società Labor, cambia radicalmente (si può dire rivoluziona) e ridisegna il quadro dell’offerta di post acuzie nel territorio dell’ex Zona 5 ed impone una riflessione sulle modalità con cui avvengono alcuni processi, sul ruolo della sanità privata e di quella pubblica e sulla funzione della riabilitazione ospedaliera.

I cambiamenti nella CdC Villa Serena (VS). Sono, come dicevamo, radicali. L’ex Zona 5, storicamente carente di posti di riabilitazione (ne aveva solo 4 a gestione ASUR), avrà ora altri 30 posti collocati a Villa Serena, con, dunque, un’offerta significativa all’interno del territorio. Infatti i 20 già presenti nella struttura erano destinati esclusivamente alla riabilitazione cardiologica attraverso un accordo con Ospedale cardiologico Lancisi. Contestualmente diminuisce l’offerta di posti di lungodegenza (codice 60), da 40 a 24.

Si prevede poi la realizzazione di una RSA anziani da 20 posti.

L’offerta territoriale (ex Zona 5) di lungodegenza, passa quindi da 70 (40 villa serena + 30 Cingoli) a 54; ma va ricordato che i posti di Cingoli (peraltro con la specificità della posizione geografica) si caratterizzano per una impostazione riabilitativa.

E’ dunque importante chiedersi il senso di un così imponente potenziamento dell’attività riabilitativa ospedaliera e quali obiettivi con questo ridisegno si vogliono perseguire. Peraltro, storicamente la CdC VS non si è caratterizzata per esperienza nel settore riabilitativo avendo gestito posti per acuti e successivamente di lungodegenza a seguito di processi di riconversione. Tenendo conto che una effettiva riabilitazione ospedaliera impatta fortemente in termini di competenze professionali, personale, struttura.

Considerato che la stessa società in altra struttura ha investito nella chirurgia ortopedica, viene facile pensare che nei posti di riabilitazione vengano trasferiti i pazienti per la fase di riabilitazione. Con quali criteri, con quali tempi, per quali “prestazioni”? E l’altra domanda (abbastanza cruciale): quanta riabilitazione ospedaliera serve (che ricordiamo ha caratteristiche specifiche in termini di tempi giornalieri, figure professionali) dopo interventi (soprattutto protesi) di tipo ortopedico? Io ritengo ne serva sempre di meno. E poi chi governa questi processi? I bisogni o i budget che vengono concordati? Quale ruolo gioca l’ente pubblico in termini di verifica?

E invece: quanta riabilitazione concediamo alle disabilità complesse (di tipo neurologico per capirci) che richiedono, tempi, competenze, ambienti, contesti? Le riabilitazioni scomode e difficili.

Le domande devono continuare e qualche risposta deve essere trovata, per chi ha a cuore servizi e prestazioni pensati a partire dai bisogni delle persone e non dalle necessità del mercato. Ad esempio che senso ha la collocazione di una RSA anziani (VS) o di cure intermedie (VI) all’interno di una Casa di cura, quando la caratterizzazione di questi interventi è la territorialità ed una impostazione completamente diversa dall’approccio ospedaliero (sarà, anzi interessante, verificare come verrà definita la gestione dell’assistenza medica che per queste strutture è demandata ai mmg). Chi governerà (e con quali criteri) il sistema di accesso e valutazione?

Domande che non possono non riguardare anche il ruolo della sanità pubblica, che appare sempre più subalterna scelte di politiche aziendali interne a negoziazioni regionali. La definizione dei posti e delle collocazioni rassomiglia ad una scacchiera, nella quale si spostano, riempiono e rimescolano i contenitori (vedi ad esempio le continue rimodulazione della casa di cura neuropsichiatrica, Villa Jolanda a Maiolati Spontini).

Ma se il mercato (e spesso il commercio) trionfa ognuno deve sentire la sua parte di responsabilità. I decisori politici e le dirigenze pubbliche (comprese quelle mediche) impegnate troppo spesso a costruire le proprie carriere invece che a curarsi dei bisogni delle persone.

Fabio Ragaini

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