• Non ci sono risultati.

res sequestrata: qual è il rimedio? Tutela dei diritti sulla N C D. Q

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "res sequestrata: qual è il rimedio? Tutela dei diritti sulla N C D. Q"

Copied!
4
0
0

Testo completo

(1)

Q

UID IURIS

D. N

AIKE

C

ASCINI

Tutela dei diritti sulla res sequestrata:

qual è il rimedio?

SOMMARIO: 1. Appello cautelare: il rimedio residuale avverso i provvedimenti cautelari diversi da quelli genetici. – 2. Appello cautelare e incidente di esecuzione. – 3. I rimedi all’errore dell’atto processuale:

favor impugnationis e conversione.

1. Appello cautelare: il rimedio residuale avverso i provvedimenti cautelari di- versi da quelli genetici. Generano ancora dubbi esegetici i rapporti tra i mecca- nismi di controllo attivabili avverso i provvedimenti ablatori, sebbene il codice di rito abbia ricalcato la disciplina delle impugnazioni reali sulla falsariga dei rimedi predisposti per le cautele personali.

Oltre al riesame e al ricorso per cassazione, il legislatore ha introdotto, poco dopo l’entrata in vigore del codice, l’appello, riservandolo dal punto di vista oggettivo e soggettivo alle situazioni nelle quali il riesame e – conseguentemente – il ricorso per cassazione non sia consentito. L’art. 322-bis c.p.p., invero, ha circoscritto l’impugnazione agli atti diversi da quello impositivo della misura, adottati da qualsiasi giudice, nella fase delle indagini preliminari e in quelle successive, con l’intento di tutelare sia le ragioni che sostengono la misura cau- telare reale, su iniziativa del pubblico ministero, sia quelle dell’imputato o dei titolari dei diritti sul bene, finalizzate alla liberazione dal vincolo ablatorio.

L’appello, dunque, può essere proposto contro i provvedimenti con i quali viene negata la concessione del sequestro preventivo chiesto dal p.m., quelli con cui si decide sulle richieste di revoca del sequestro preventivo e quelli che accolgono l’istanza presentata ex art. 321, co. 3, c.p.p.

All’appello si applicano, nei limiti della compatibilità, gli artt. 568-592 c.p.p.; il gravame ha effetto devolutivo ed è finalizzato a far valere tanto le ragioni della cautela (su iniziativa del p.m.) quanto le ragioni della libertà (su iniziativa dell’imputato e del suo difensore), le quali non abbiano avuto successo in prima istanza (Corte cost. n. 131 del 1996).

Non è controverso che rientri tra i soggetti legittimati a proporre appello la persona alla quale le cose sono state sequestrate e che avrebbe diritto alla resti- tuzione, definito anche terzo estraneo al procedimento. Questi, se partecipa al processo instaurato contro l’imputato, prima che la sentenza sia divenuta irre-

(2)

ARCHIVIO PENALE 2021, n. 2

2

vocabile, può chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene se- questrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del rie- same.

Per il terzo estraneo l’appello costituisce l’unico rimedio attivabile per conte- stare il vincolo gravante sui beni, fino al passaggio in giudicato della confisca in quanto solo in quel momento egli sarebbe legittimato a contestare il merito del provvedimento ablativo mediante la proposizione dell’incidente di esecuzione così come previsto dall’art. 676 c.p.p.

2. Appello cautelare e incidente di esecuzione. Il quadro tracciato costituisce il risultato delle esegesi maturate in seno alla giurisprudenza di legittimità,che ha anche tratteggiato le relazioni tra rimedi impugnatori e incidente di esecuzione, con particolare riguardo alla posizione del terzo estraneo al processo di cogni- zione.

Un primo orientamento sosteneva che il terzo titolare del bene attinto dap- prima dal sequestro preventivo e, dopo la pronuncia di merito non ancora de- finitiva, dalla confisca poteva chiedere la restituzione del bene al giudice pro- cedente e, nell’eventualità di un provvedimento di diniego poteva proporre op- posizione al giudice della cognizione. Secondo questo indirizzo, infatti, non era proponibile l’appello ex art. 322-bis c.p.p., in quanto esperibile solo sino alla sentenza.

Altro orientamento, invece, inibiva al terzo medesimo – estraneo al giudizio di cognizione – la possibilità di instaurare un sub-procedimento prima del pas- saggio in giudicato della sentenza che aveva disposto la confisca.

Il contrasto ha trovato una soluzione nel principio di diritto espresso dalle Se- zioni unite secondo cui il terzo estraneo potrà ricorrere alla procedura dell’in- cidente di esecuzione solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca (Cass., Sez. un., Muscari, 20 luglio 2017, in Mass. Uff., n.

270938). Le Sezioni unite per ragioni di “coerenza di sistema” hanno escluso, dunque, la possibilità di adire il giudice dell’esecuzione, prima del passaggio in giudicato della sentenza: prima di tale momento, infatti, il titolo in forza del quale il bene viene sottratto alla disponibilità del terzo non è altro che il prov- vedimento di sequestro preventivo, avverso il quale l’unico rimedio attivabile è l’appello cautelare.

Per le Sezioni unite la sentenza di condanna di primo grado che dispone la confisca, proprio per la sua non definitività, non muta il titolo giuridico

(3)

ARCHIVIO PENALE 2021, n. 2

3

dell’ablazione, che continua ad essere rappresentato dall’originario provvedi- mento di sequestro. Il bene, insomma, finché la sentenza non diviene irrevo- cabile, è indisponibile, non perché confiscato, ma perché sequestrato.

In conclusione, secondo tale esegesi, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono sempre proporre apposita istanza di restituzione dei beni sequestrati e, in caso di di- niego, proporre prima appello al tribunale de libertate e poi ricorso per cassa- zione per violazione di legge.

L’incidente di esecuzione, per converso, consente il controllo del titolo esecu- tivo derivante dalla sentenza di condanna (Cass., Sez. un., Muscari, 20 luglio 2017, in Mass. Uff., n. 270938).

Questo nuovo assetto interpretativo coinvolge anche l’imputato: prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene oggetto di sequestro va chiesta al giudice della cognizione e avverso la decisione di diniego è propo- nibile appello dinanzi al Tribunale del riesame (Cass., Sez. III, 26gennaio 2021, Semprucci, in questa Rivista).

L’appello cautelare è divenuto pertanto l’unico rimedio attivabile per richie- dere al giudice un controllo sulla legittimità del vincolo pendente il processo e fino al passaggio in giudicato della confisca.

In effetti, l’appello al tribunale del riesame è rimedio di carattere generale che abbraccia tutti i provvedimenti diversi da quello impositivo della misura e pro- prio la natura incidentale del procedimento cautelare consente di ritenere che questo possa essere azionato anche durante il processo di cognizione.

Esso, infatti, non incide sul thema decidedum rimesso al giudice e non v’è il rischio di contraddire la decisione definitiva dell’organo giudicante.

Se per quel che riguarda le misure cautelari personali anche in pendenza del processo di cognizione e persino dopo la sentenza di condanna, l’imputato può chiedere una rivalutazione della sua posizione in riferimento al proprio status libertatis e, in caso di risposta negativa o insoddisfacente, ricorrere al collegio de libertate, non v’è ragione per cui uno schema identico non debba essere applicato anche alle misure cautelari reali.

3. I rimedi all’eventuale errore dell’atto processuale: favor impugnationis e con- versione. In un simile contesto, i cui contorni sono stati delineati dalla prassi, è interessante interrogarsi sulla sorte della istanza proposta in una veste diversa da quella prescritta. In questa ottica, l’eventuale errore compiuto dall’istante non può che imporre al giudice di seguire l’atteggiamento più sensibile alle esigenze difensive, compendiato nel cosiddetto favor impugnationis.

(4)

ARCHIVIO PENALE 2021, n. 2

4

Si tratta di questione riconducibile alla più ampia tematica dell’ammissibilità dell’impugnazione indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l’ha proposta (Tra le tante Cass., Sez. V, 1° febbraio 2001, Biancardo, in Mass. Uff., n. 217935), principio la cui applicazione deve essere estesa anche a quegli atti di parte che, pur non essendo qualificabili come impugnazioni in senso stretto, siano comunque diretti ad ottenere un rimedio. L’erronea attri- buzione del nomen iuris, come noto, non può pregiudicare l’ammissibilità del mezzo di impugnazione proposto dall’interessato e, così, il giudice che riceve l’atto erroneamente “etichettato” deve limitarsi, a norma dell’art. 568, co. 5, c.p.p., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento e l’esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impu- gnato a sindacato giurisdizionale, per poi trasmettere gli atti al giudice compe- tente. (Cass., Sez. V, 7 gennaio 2021, Bruccoleri, in Mass. Uff., n. 280168).

Ne consegue, ritornando sul tema dei rimedi esperibili avverso le ordinanze emesse nella fase procedimentale e afferenti a questioni relative alle modalità esecutive del provvedimento di sequestro preventivo, che il giudice dell’esecu- zione al quale sia stata erroneamente rivolta l’istanza deve trasmettere gli atti al giudice di cui all’art. 322-bis, co. 1-bis, c.p.p., ovvero al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento.

Riferimenti

Documenti correlati