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Trib. Roma, Sez. XIV Fall., 28 gennaio 2019, Pres. La Malfa, Est. Genna

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Trib. Roma, Sez. XIV Fall., 28 gennaio 2019, Pres.

La Malfa, Est. Genna

CONCORDATO PREVENTIVO – Difetto di giurisdizione –

Regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c. e richiesta sospensione ex art.

367 c.p.c. – Natura pubblicistica dell’ente morale o assistenziale – Mancanza ne di lucro – Rigetto.

In tema di concordato preventivo, la contestazione sulla assoggettabilità o meno al fallimento e al concordato preventivo per la natura  di ente pubblico del soggetto istante attiene ad una questione di merito perché riguarda nello specifico i presupposti della domanda (di fallimento o di accesso al concordato preventivo) e non ad una questione che involge la giurisdizione del giudice adito, il cui ricorso ex art. 41 c.p.c., che non è rimedio impugnatorio, non può proporsi dopo che sia intervenuta una decisione sulla causa in sede di merito. La natura o meno di ente pubblico di un ente morale o assistenziale si deve desumere o dalla legge o da una normativa di riferimento.

Riproduzione riservata

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TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE XIV - FALLIMENTARE

Concordato Preventivo di

(n. 66/2017)

Il Tribunale, riunito in camera di consiglio, composto dai Sig.ri magistrati:

Dott. Antonino La Malfa Presidente Dott. Adolfo Ceccarini Giudice

Dott. Marco Genna Giudice relatore

Vista l’istanza di sospensione della procedura di concordato preventivo n. 66/2017 a seguito della proposizione di regolamento preventivo di giurisdizione avanzata da

il 28.01.2019;

visto il parere dei commissari giudiziali;

rilevato che ha con atto notificato il 26.01.2019 ai commissari

giudiziali, a quale ricorrente per la

dichiarazione di fallimento (RG 1990/2017), al

e depositato il 28.01.2019 proposto regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell’art. 41 c.p.c., chiedendo che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite accerti e dichiari il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione al procedimento di concordato preventivo pendente dinanzi a questo Tribunale, deducendo la propria non assoggettabilità alla procedura di concordato preventivo o alla procedura fallimentare, aventi natura

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giurisdizionale, bensì alla procedura di liquidazione coatta amministrativa e/o a concordato di liquidazione, aventi natura amministrativa;

rilevato che la ricorrente deduce di essere soggetto di natura pubblicistica, come desumibile dalle modalità con le quali è stata costituita – con l’intervento tra gli altri dei rappresentanti del

, dalla presenza nei propri organi associativi di rappresentanti dei Ministeri competenti, dalle finalità statutarie perseguite – la promozione del turismo giovanile – dall’essere stata costituita quale ente morale (DPR 1.6.1948), dall’essere poi stata riconosciuta quale ente assistenziale a carattere nazionale e senza finalità di lucro giusto DM 6.11.1959, dall’essere stati tutti gli atti statutari successivi alla costituzione dell’ente approvati e/o modificati con atto dell’autorità pubblica competente, dal ricevere sovvenzioni ed erogazioni da parte dello Stato, dallo stipulare con gli enti locali convenzioni con le quali le sono stati affidati immobili da gestire per la riqualificazione del territorio e lo sviluppo di un turismo sociale a basso costo con progetti legati al territorio stesso, dall’essere stata ammessa ai benefici di cui alla legge n. 390/1986 e dall’avere la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali affermato che i servizi erogati dall’Associazione rientrano tra i servizi pubblici essenziali di cui alla legge 146/1990;

rilevato che chiarisce di essere stata dapprima destinataria di istanze di fallimento che hanno dato luogo ad altrettanti procedimenti prefallimentari in pendenza dei quali ha presentato ricorso ex art. 161 comma sesto l. fall., con cui, pur precisando di non essere fallibile per carenza dei presupposti soggettivi di cui all’art. 1 l. fall., ha chiesto di poter accedere alla procedura di concordato preventivo, e che i ricorsi per

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dichiarazione di fallimento sono stati poi rinunciati al pari della domanda di accesso al concordato preventivo per avere provveduto ad estinguere i debiti dei ricorrenti, con conseguente estinzione dei relativi procedimenti;

rilevato che la ricorrente ha poi autonomamente richiesto di essere ammessa al concordato preventivo presentando in data 30.6.2017 ricorso ai sensi dell’art. 161 comma primo l. fall. corredato dalla proposta, dal piano e della documentazione di cui all’art. 161 commi secondo e terzo l. fall., instaurando così il procedimento n. 66/2017 tuttora pendente, nel corso del quale il Tribunale con decreto del 6.10.2017 ha ammesso l’associazione al concordato preventivo e in pendenza del quale è stata presentata (da

) istanza di fallimento, la cui decisione è stata riservata all’esito della definizione della procedura concordataria;

rilevato che la ricorrente sostiene di essere legittimata ora alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione pur avendo essa stessa adito questo Tribunale chiedendo di essere ammessa al concordato preventivo, potendo anche la parte che ha instaurato un procedimento e che ha poi dubitato della giurisdizione del giudice adito esperire il rimedio di cui all’art.

41 c.p.c. (Cass. n. 11458/1998);

rilevato che la ricorrente non ritiene di essere assoggettabile a fallimento né a concordato preventivo, avendo natura pubblicistica e non svolgendo attività commerciale, essendo il suo patrimonio costituito dalle quote degli associati, dai beni di proprietà, dagli eventuali contributi concessi dallo Stato o da altri enti e associazioni pubbliche o private, da lasciti e donazioni e dagli introiti calmierati derivanti dalla gestione degli ostelli, senza alcuna distribuzione di utili, di talché sarebbe al più assoggettabile a liquidazione coatta amministrativa o a concordato di liquidazione, procedure aventi natura amministrativa e non giurisdizionale, che presuppongono un provvedimento amministrativo dell’autorità competente;

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rilevato infine che la ricorrente ha evidenziato come la Suprema Corte abbia ritenuto proponibile nel corso della procedura fallimentare il regolamento preventivo di giurisdizione da parte di impresa soggetta solo a liquidazione coatta amministrativa (Cass. SS.UU. n. 425/1965);

rilevato che a seguito della novella del 1990 la proposizione di regolamento preventivo di giurisdizione non determina l’automatica sospensione del procedimento, dovendo a norma dell’art. 367 c.p.c.

novellato il giudice vagliare la non manifesta inammissibilità del ricorso e la non manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione;

ritenuto che nel caso di specie la contestazione della giurisdizione appare manifestamente infondata, costituendo l’assoggettabilità o meno al fallimento e al concordato preventivo una questione di merito che attiene nello specifico ai presupposti della domanda (di fallimento o di accesso al concordato preventivo) e non una questione che involge la giurisdizione del giudice adito.

Compete infatti pur sempre al giudice ordinario, nello specifico al giudice fallimentare, e non ad altro organo giurisdizionale, che peraltro la ricorrente si è ben guardata dall’indicare, accertare la fallibilità o la non fallibilità del soggetto destinatario di un’istanza di fallimento o che ha, come nel caso di specie, proposto domanda di accesso al concordato preventivo.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, superando il risalente orientamento richiamato dalla ricorrente, ha del resto affermato reiteratamente nell’ultimo ventennio l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione proposto da soggetto dichiaratosi non fallibile nel corso di una procedura prefallimentare, sostenendo per l’appunto che “il regolamento preventivo di giurisdizione con il quale il debitore contesti la sua assoggettabilità a detta procedura concorsuale (n.d.r.

fallimento), per la qualità di imprenditore agricolo ovvero di ente cooperativo sottoposto ai poteri di vigilanza dell’autorità amministrativa, deve essere dichiarato inammissibile perché le

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indicate questioni non attengono alla giurisdizione di quel tribunale, ma alla sussistenza dei presupposti per l’apertura del fallimento e, quindi, al fondamento nel merito della relativa domanda” (così Cass. SS.UU. n. 590 del 1990; conf. n. 8069/1990, n. 8363/1990, n. 11003/1990, n. 13864/1991, n. 912/1994, n.

12248/2002, n. 21497/2010).

Occorre ancora rilevare che , che pure prospetta la propria assoggettabilità a liquidazione coatta amministrativa, si attribuisce “natura pubblicistica” ma non si qualifica espressamente ente pubblico, status che la renderebbe astrattamente non fallibile in forza del combinato disposto degli artt. 2221 c.c. e 1 comma primo l. fall., non ignorando verosimilmente che a norma dell’art. 4 legge n. 70/1975 nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge, di talché la qualità di ente pubblico, se non attribuita da un’espressa norma (condizione che nel caso di specie fa difetto) deve essere almeno desumibile da un quadro normativo di riferimento chiaro e inequivoco. Senonché, anche tale seconda condizione non ricorre all’evidenza nel caso di specie; va infatti rilevato che le peculiari modalità di costituzione dell’ente e di partecipazione di soggetti pubblici ai propri organi non incidono sul modo in cui l’associazione opera nei riguardi dei terzi, svolgendo attività d’impresa con metodo economico, né comportano l’esercizio da parte dei soggetti pubblici partecipanti di poteri di ingerenza nella gestione complessiva dell’ente e di verifica del bilancio, non risultando peraltro che le decisioni gestionali di maggior rilievo debbano essere sottoposte al preventivo vaglio dei Ministeri che eserciterebbero la vigilanza sull’associazione.

Si osserva d’altra parte che, ove anche fosse stata prospettata la natura di ente pubblico dell’istante, la giurisdizione sulla sussistenza o meno di tale qualificazione appartiene pacificamente al giudice ordinario;

ritenuto dunque che ricorrano quei profili di manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione che di per sé

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soli legittimano il rigetto della richiesta di sospensione ai sensi dell’art. 367 c.p.c.;

ritenuto in ogni caso, per quanto dirimenti siano le considerazioni sopra svolte, che anche a voler accedere alla (manifestamente) infondata prospettazione della ricorrente (secondo cui la questione dell’assoggettabilità o meno al fallimento e al concordato preventivo involge la giurisdizione e non il merito della domanda) il ricorso appare per altra ed autonoma ragione manifestamente inammissibile, essendosi questo Tribunale già pronunciato sulla fallibilità e dunque sull’assoggettabilità al concordato preventivo di nel decreto del 06.10.2017 con il quale ha ammesso l’associazione a detta procedura e non potendo il ricorso di cui all’art. 41 c.p.c., che non è rimedio impugnatorio, proporsi dopo che sia intervenuta una decisione sulla causa in sede di merito. Giova evidenziare che nel menzionato decreto ex art. 163 l. fall. il Tribunale ha rilevato come “ eretta a ente morale in data 1.6.1948, riconosciuta ente assistenziale in data 6.11.1959 ed ente culturale in data 30.5.1995, non ha finalità di lucro e persegue lo scopo statutario di contribuire al miglioramento morale, intellettuale e fisico della gioventù attraverso la pratica del turismo e dei viaggi individuali e di gruppi, ma, svolgendo comunque attività alberghiera con modalità idonee a sopportare i costi con i propri ricavi, è soggetta alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo ex art. 1 comma 1 l. fall.. Secondo un orientamento giurisprudenziale e dottrinale ormai consolidato, lo status di imprenditore commerciale fallibile deve essere attribuito anche agli enti di tipo associativo che in concreto svolgano attività commerciale, non rilevando a questi fini l’assenza dello scopo di lucro nell’attività svolta, bensì l’esercizio di un’attività produttiva con metodo economico (v. Cass. Sez. 1, n. 8374 del 20.6.2000, e più di recente, Cass. Sez. 1, n. 6835 del 24.3.2014, Cass. Sez. 6 – 1, ord. n. 14250 del 12.7.2016)”. Ora, in punto di limiti di ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, è

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pacifico, a partire dalle storiche pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni Unite nn. 2465 e 2466 del 22.3.1996, che il ricorso di cui all’art. 41 c.p.c. non possa più proporsi dopo che sia intervenuta nel giudizio non solo la pronuncia che lo definisce ma qualsiasi altra decisione anche solo sulla giurisdizione o sulla competenza o su altra questione processuale. Il decreto con il quale si dispone l’ammissione al concordato preventivo, per quanto non abbia natura definitiva essendo destinato a stabilizzarsi solo quando interviene l’omologa, è comunque provvedimento con il quale il tribunale decide nel merito della causa, perché vaglia tanto i presupposti di ammissibilità della domanda quanto i presupposti di fattibilità della proposta concordataria. Del resto, sempre la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un regolamento preventivo di giurisdizione che era stato proposto dopo l’emissione del decreto ex art. 162 l. fall. di inammissibilità della domanda di concordato, nel quale il tribunale aveva statuito sulla propria giurisdizione, rilevando come la proponibilità del rimedio di cui all’art. 41 c.p.c. sia consentita solo nel caso in cui il giudizio di merito sia pendente e prima che in esso sia stata emessa una sentenza, anche solo riferita alla giurisdizione (Cass. SS.UU. n. 23217 del 2013). Corre inoltre l’obbligo di rilevare come l’iniziativa processuale assunta dalla ricorrente non appare in linea con le coordinate nelle quali le Sezioni Unite della Corte di Cassazione iscrivono la legittimazione dell’attore ad esperire detto rimedio; pur affermando infatti che anche l’attore è legittimato a proporre il regolamento preventivo di giurisdizione in presenza di un ragionevole dubbio sulla questione, la Suprema Corte ha evidenziato come l’iniziativa debba essere sorretta da “un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in via definitiva, per evitare che vi possano essere successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio così ritardando la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole” (Cass.

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SS.UU., n. 32727/2018, n. 20504/2006). Nel caso di specie, l’iniziativa è stata (sorprendentemente) assunta diciannove mesi dopo l’instaurazione del procedimento, peraltro nell’imminenza dell’adunanza dei creditori e quando erano già in corso le operazioni di voto sulla proposta, sicché essa appare volta a frustrare anziché a perseguire l’interesse costituzionalmente tutelato alla ragionevole durata del procedimento giurisdizionale;

ritenuto sulla scorta delle argomentazioni che precedono, tenuto conto in particolare della manifesta infondatezza della contestazione della giurisdizione, di non dover sospendere il procedimento di concordato preventivo n. 66/2017;

P.Q.M.

Visto l’art. 367 c.p.c.,

RESPINGE l’istanza di sospensione del procedimento di concordato preventivo n. 66/2017 avanzata dalla proponente

il 28.01.2019.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

Roma, _______________.

Il Presidente

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