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Conversations between scientists and the public in radio phone-ins: an experimental approach to analyse public perception of science

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Academic year: 2021

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Jekyll.comm 1 – marzo 2002

Conversazioni radiofoniche tra scienziati e ascoltatori: esperienze per un’analisi della percezione della scienza da parte del pubblico

di Matteo Merzagora

1,2

, Sylvie Coyaud

1

1

Radio Popolare – Popolare Network – via Ollearo, 5 – Milano

2

Associazione Culturale “Evariste Galois” – p.zzale De Agostini, 3 - Milano

“Il Ciclotrone” è il settimanale di scienza in onda su “Radio Popolare”, la più importante emittente radiofonica indipendente in Italia, con sede a Milano. Da 12 anni, una o due volte al mese, gli ascoltatori di Radio Popolare possono telefonare durante la trasmissione per porre domande agli scienziati ospiti in studio o per esprimere il loro punto di vista personale in merito a certi argomenti scientifici controversi. In confronto agli altri media, la radio possiede alcune caratteristiche che permettono di instaurare un clima di calore e disponibilità, indispensabile per una comunicazione spontanea. Le telefonate in diretta su Radio Popolare non sono filtrate; gli ascoltatori regolari e quelli occasionali entrano in contatto con o attraverso la radio, contribuendo a creare quel senso di genuinità che, di fatto, caratterizza tutti i programmi. Durante la messa in onda de “Il Ciclotrone”, il conduttore rimane spesso sullo sfondo per lasciare spazio alle telefonate e ai vivaci scambi d’opinione tra gli scienziati e gli ascoltatori (con posizioni spesso contrastanti).

Nel corso degli anni hanno preso parte alla trasmissione scienziati di fama internazionale (Lewontin, Damasio, Amaldi, Rotblat, Di Chiara, ecc.) e molti ricercatori italiani meno noti, ma non meno preparati. Le telefonate andate in onda sono state qui analizzate per accertare se sia possibile utilizzarle come strumenti per la valutazione della percezione della scienza da parte del grande pubblico.

Bisogna aggiungere inoltre che il compito del giornalismo scientifico non è solo

quello di informare o istruire il pubblico sul lavoro degli scienziati, ma anche

quello di informare e istruire gli scienziati su come il loro lavoro viene percepito

all’esterno. In effetti, sono poche le occasioni in cui gli scienziati possono

conoscere i giudizi (positivi o negativi) del vasto pubblico e solo di rado riescono

ad avere un riscontro diretto di come la gente comune percepisce il loro lavoro.

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Radio Popolare e il settimanale di cultura scientifica “Il Ciclotrone”

Radio Popolare nasce nel gennaio 1976 come “radio locale”, una piccola emittente che trasmetteva notizie, approfondimenti e dibattiti a “microfono aperto”, ovvero con telefonate in diretta non filtrate. Pur restando una radio con una forte presenza in Lombardia, negli ultimi anni è stato costruito un network nazionale (Popolare Network) che fornisce notizie e programmi via satellite ad altre 22 piccole radio locali, di concezione analoga. All’inizio l’emittente era costituita da una cooperativa con pochi dipendenti sottopagati e molti volontari, mentre oggi impiega 45 persone, un terzo delle quali sono giornalisti professionisti, cui si aggiungono circa 100 collaboratori esterni incaricati di coprire i servizi nei vari settori specifici. Circa il 60%

del suo pacchetto azionario è ripartito tra più di 13.000 azionisti, il resto appartiene alla cooperativa. Le entrate sono equamente ripartite tra pubblicità e abbonamenti. 15.000 ascoltatori sostengono spontaneamente la radio versando ogni anno una quota media di circa € 160. La media giornaliera di Radio Popolare si aggira intorno ai 250.000 ascoltatori (quattro anni fa erano 500.000) con alcuni picchi durante i notiziari. La maggior parte degli ascoltatori (45%) ha tra i 25 e i 44 anni con un livello d’istruzione medio-alto.

“Il Ciclotrone” è il titolo della trasmissione settimanale di un’ora, dedicata alla scienza e alla tecnologia. La prima edizione fu lanciata nel 1987 da Sylvie Coyaud e da allora è diventata un appuntamento fisso per tutti gli ascoltatori di Radio Popolare.

L’edizione attuale della trasmissione è a cura di S. Coyaud e M. Merzagora in collaborazione con un team di esperti accomunati dall’interesse per la divulgazione di varie discipline scientifiche quali: fisica, astrofisica, biologia e matematica (niente chimica, purtroppo). Ad eccezione di alcune edizioni speciali, come sulle scienze del clima o sulle radiazioni – la trasmissione ha un formato piuttosto flessibile e contiene anche un calendario degli appuntamenti scientifici aperti al pubblico, la recensione delle novità in libreria e un incontro con gli specialisti su uno o due argomenti d’attualità.

L’obiettivo del programma è di trattare con semplicità le scienze cosiddette

“dure”, evitando però qualsiasi banalizzazione. Si cerca in questo modo di capovolgere

il consueto approccio “top-down”, molto frequente nella comunicazione della scienza

(coloro che sanno parlano a coloro che non sanno), e di presentare lo scienziato come

una persona che fa un mestiere estremamente interessante e stimolante. In altre parole,

la trasmissione cerca di mettere in evidenza che ogni cittadino, oltre che elettore,

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consumatore e portatore di cultura, ha anche un suo ruolo specifico nello sviluppo della scienza. Il cittadino può prendere parte alla scienza così come la scienza permea ogni aspetto della sua vita.

La formula de “Il Ciclotrone” ha subito un’evoluzione nel corso degli anni pur conservando alcune caratteristiche distintive. Sfruttando al massimo le potenzialità della trasmissione radiofonica, questo programma è concepito per dare origine a un dibattito tra ascoltatori e ospiti in studio. Contrariamente a quanto accade sulla carta stampata, la radio non ha bisogno di un mediatore: gli scienziati raccontano personalmente il loro lavoro, mentre al giornalista resta il compito di stimolare la curiosità del pubblico e riassumere gli interrogativi più frequenti o calzanti. La messa in onda delle telefonate senza alcun filtro permette agli ascoltatori di parlare direttamente con scienziati di fama mondiale, magari anche premi Nobel, e di comunicare agli esperti le loro perplessità sugli argomenti più disparati, dai cibi surgelati al destino dei “rifiuti spaziali”, ecc. Il programma cerca di stimolare la partecipazione attiva del pubblico in ascolto affrontando temi d’attualità. Si è passati perciò dalle implicazioni delle nuove tecnologie - i viaggi spaziali, le tecnologie dell’informazione, le biotecnologie – alle materie di maggiore impatto sociale come la genetica, la chimica degli stupefacenti, l’effetto serra e la chimica dell’atmosfera. Nel caso dei dibattiti sulle scienze dure, come ad esempio la ricerca in fisica o in biologia molecolare, la partecipazione degli ascoltatori è chiaramente inferiore sebbene ci sia stato un notevole aumento d’interesse nel corso degli anni.

A parte i dati sull’audience, ciò che ha decretato il successo di questa trasmissione è la soddisfazione degli scienziati per aver avuto l’occasione di entrare in contatto con un pubblico attento, anche se non particolarmente competente, che ha mostrato un notevole interesse nei confronti del loro lavoro.

Alcune premesse

Il pubblico italiano appare ben informato a proposito delle novità e dei dibattiti

in corso su temi scientifici. La scienza gode di uno spazio abbastanza ampio sulla

stampa specializzata e non, nei programmi TV e su Internet. Le eccezioni non mancano

ma, da un punto di vista strettamente tecnico e giornalistico, il livello di informazione

scientifica è buono. La diffusa mancanza di specifiche conoscenze scientifiche che il

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governo e gli enti d’istruzione vedono come un grave problema del paese, non dipende in realtà dalla mancanza d’informazione.

Più precisamente, le ragioni che sottostanno a un approccio scarsamente critico verso i temi scientifici sono legate al fatto che il pubblico stesso tende a considerare “ irrilevanti” le opinioni di "esterni". Negli ultimi decenni, la scienza non ha saputo prendere posizione nel dibattito culturale, proprio perché tendeva piuttosto a sottolineare la distanza che intercorre tra esperti e gente comune.

Inoltre, proprio in quegli anni, la comunicazione scientifica in Italia era ancora concepita come una trasmissione dall’alto verso il basso di conoscenza e informazioni.

Pochi sono stati i tentativi di analizzare e discutere come la percezione del mondo generata dal progresso scientifico, sia a livello fisico sia intellettuale, possa effettivamente essere migliorata.

Se in tutte le forme di comunicazione è possibile identificare un’offerta da parte di chi detiene la conoscenza e una domanda da parte del pubblico, siamo convinti che nella comunicazione della scienza, la domanda del pubblico viene spesso fraintesa o elusa. L’obiettivo principale di quest’articolo è cercare di delineare alcuni (chiaramente non sono gli unici) metodi alternativi utilizzabili per comprendere le esigenze del pubblico in campo scientifico.

Comprendere le domande del pubblico: pro e contro dell’analisi delle interazioni tra scienziati e pubblico nei “microfoni aperti” radiofonici

La maggior parte degli strumenti attualmente a disposizione dei media e degli scienziati per comprendere gli interrogativi del pubblico si sono rivelati piuttosto inadatti.

J.M. Lévy-Leblond ha detto a questo proposito: “Se la comunicazione della scienza è così inefficace, non potrebbe essere perché risponde a domande che non sono mai state poste dal pubblico, invece di cogliere le vere domande - anche se il loro significato è spesso confuso e in larga parte implicito?" (1)

Da un lato, le indagini statistiche effettuate tramite sondaggi e questionari, così

come le lettere alle redazioni delle riviste o dei quotidiani e le sezioni del tipo “La

parola all’esperto”, necessitano solitamente di domande formulate in maniera esplicita e

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chiara. Questo riduce notevolmente la gamma degli elementi che costituiscono la cosiddetta percezione pubblica della scienza.

D’altro canto le domande poste dal pubblico durante le conferenze, i dibattiti o le telefonate in diretta radiofonica costituiscono una preziosa fonte d’informazioni, ma hanno una scarsa rilevanza statistica. La loro analisi può essere estremamente utile, ma non è possibile trarne conclusioni solide di carattere generale.

Lo studio qui presentato ha avuto inizio solo recentemente ed è tuttora in corso.

L’idea di condurre un’analisi sistematica è scaturita dalla reazione entusiastica di alcuni scienziati che avevano partecipato ai dibattiti con le telefonate in diretta. Il contatto con il pubblico attraverso la telefonata è stato giudicato molto istruttivo dagli scienziati tanto da spingerli a dichiarare che la raccolta degli elementi principali alla base di quest’interazione potrebbe essere molto utile sia per loro, sia per il pubblico. E, possiamo aggiungere, anche per i giornalisti.

Questo tipo d’approccio ha tuttavia numerose limitazioni. Non è possibile estrapolare o generalizzare i dati relativi al grande pubblico poiché gli ascoltatori di questo programma radiofonico, come di qualsiasi altro programma, sono auto- selezionato e nel contempo difficili da individuare. Per questo motivo un approccio di tipo narrativo deve sostituirsi almeno in parte all’analisi quantitativa.

Queste limitazioni hanno tuttavia anche degli aspetti positivi. Le telefonate in diretta mettono in risalto l’elemento emozionale, piuttosto che quello razionale, presente nel rapporto personale degli ascoltatori con la scienza, rappresentano una delle rare opportunità per studiare le reazioni degli scienziati di fronte alla percezione pubblica della scie nza e mettono in risalto le contraddizioni piuttosto che portare a delle conclusioni. Infine, questo tipo di comunicazione risulta educativa per entrambe le parti e la soddisfazione generale porta a un maggiore coinvolgimento personale.

Tutti e tre i partecipanti all’atto comunicativo ricevono dunque stimoli preziosi.

Per il pubblico si tratta di un modo per essere informato non solo sui progressi della scienza, ma anche su come lavora uno scienziato; gli ascoltatori sanno che stanno parlando anche tra loro e stanno contribuendo a una riflessione più generale sulla scienza e i suoi impatti sulla società, ovvero sulla loro vita di tutti i giorni: un argomento su cui sono indubbiamente i massimi esperti.

La scelta di far durare la trasmissione un’ora intera consente, inoltre, agli

scienziati di spiegare gli aspetti cruciali del loro lavoro usando il linguaggio che

preferiscono. Quando tale linguaggio si rivela piuttosto nebuloso, gli ascoltatori

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possono intervenire proponendo la loro “traduzione in parole povere” oppure un breve riassunto. In questo modo forniscono allo scienziato preziosi indizi sul perché il suo lavoro sia giudicato dal pubblico come interessante, oscuro oppure minaccioso. Durante queste conversazioni, inoltre, gli scienziati si sottopongono ad un esercizio per imparare a parlare con la gente, e non solo alla gente.

I giornalisti possono, a loro volta, trarre utili lezioni su come fare da tramite per evitare incomprensioni, e su come dare il giusto riconoscimento agli interessi, le curiosità, i sentimenti, le paure, gli entusiasmi espressi dal pubblico.

Le “conversazioni”

Le domande degli ascoltatori durante le diverse telefonate sono state registrate e analizzate anche per individuare la reazione che hanno provocato negli scienziati ospiti.

Questi interventi però non sono stati classificati poiché il numero limitato di dati disponibili e la specificità di ciascuna trasmissione e di ciascuna domanda avrebbero reso arbitrario qualsiasi tentativo di sistematizzazione.

Un altro articolo simile è stato pubblicato in precedenza (2) e riguardava una serie speciale di trasmissioni dedicate al problema delle radiazioni. Qui di seguito sono riportati due degli aspetti fondamentali presi in esame in quell’occasione.

Gli ascoltatori sono sembrati particolarmente interessati a conoscere soprattutto i principi metodologici della ricerca, anche se alcune delle domande poste richiedevano in realtà una risposta più facile e diretta (“Sul tetto di casa mia c’è una grossa antenna:

corro qualche pericolo?”). L’associazione statistica tra l’esposizione a bassi livelli di radiazioni e l’insorgenza del cancro non è ancora stata provata; né le cifre né i dati raccolti finora raccolti sembrano essere d’aiuto a riguardo. Ciononostante, le risposte del tipo “Questo è il modo in cui stiamo tentando di capire se…” sono risultate più gradite rispetto ad altre del tipo “I dati a nostra disposizione sono ancora limitati.” In quei casi in cui il livello di attendibilità dei risultati scientifici è ancora basso, la spiegazione di cosa è stato misurato, in che modo e perché, e di come vengono calcolati i possibili rischi, ha, per il pubblico, un significato maggiore rispetto ad una semplice elencazione di dati parziali.

Non sono mancati gli accenni a temi d’esoterismo, quali la New Age, i nodi di

Hartman, ecc. (a proposito dei campi elettromagnetici) e le accuse contro la cosiddetta

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“medicina scientifica, occidentale o ufficiale” (riguardo alla radioterapia). Gli scienziati hanno dovuto considerare con attenzione tutte queste domande poiché non riguardavano la scienza in quanto attività astratta, ma erano dirette personalmente a ognuno di loro. Si sono subito resi conto che i dubbi e la diffidenza hanno origine da idee reali e ben precise, cioè da una parte del bagaglio culturale di ciascun individuo. Va sottolineato che queste stesse domande non avrebbero goduto dello stesso credito al di fuori di una reale conversazione, anzi sarebbero state probabilmente ignorate, andando così ad aumentare il divario tra scienziati e non esperti e la convinzione reciproca di essere stati volontariamente fraintesi. In questo senso, una maggiore attenzione ad approcci

“informali”, come quello che è stato appena descritto, nello studio della percezione pubblica della scienza può essere d’aiuto nella messa a punto di strategie per promuovere, senza imposizioni, la cultura scientifica.

In numerose occasioni, le domande poste dal pubblico non sono state del tipo

“Come funziona?”, “Che cos’è?”, “Perché succede questo?”, ma piuttosto del tipo

“Cosa ne pensa di…?”, “Cosa state facendo, Lei e i suoi colleghi, in proposito?”,

“Sono/non sono d’accordo perché…” Gli ascoltatori sono spesso maggiormente invogliati a partecipare ai dibattiti culturali sulla scienza se si rendono conto che la loro ignoranza in materia non produce come risultato che il loro punto di vista venga ignorato.

Nel corso della conversazione con Richard Lewontin, alcune domande sono state poste da ascoltatori informati e competenti, mentre altre provenivano da persone chiaramente non esperte. Si è passati quindi da interventi pertinenti sul dibattito Lewontin-Dawkins a frasi come “Ho sempre saputo che i geni non c’entrano niente, è il sistema politico che ci fa diventare così…” Entrambi questi aspetti sono stati molto apprezzati dall’ospite (in precedenza aveva avuto un’esperienza diversa preparando dei seminari per la radio canadese), che si divertì ad essere punzecchiato sui geni egoisti.

Quest’intervento ha rappresentato, in maniera alquanto inaspettata, un vero e proprio

punto di svolta. Lewontin ha parlato in inglese, usando ogni tanto qualche parola

italiana, rendendo indispensabile la traduzione di tutta la trasmissione. Dopo pochi

minuti gli ascoltatori hanno preso le redini del programma, portandolo avanti fino alla

fine, talvolta addirittura criticando i giornalisti-traduttori ("usa le parole giuste, per

favore!"). Una cosa simile non era mai accaduta prima, con grande frustrazione dei

curatori del programma, ed è stata una sorpresa per tutti. Si era pensato che l’impiego di

due lingue diverse nel corso del programma avrebbe fatto aumentare il senso di

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“estraneità” dell’argomento. Non fu così, come se la necessità di una traduzione, il fatto che il giornalista avesse il compito e la responsabilità di trovare "le parole giuste", rendesse gli ascoltatori più sicuri e disinvolti.

Questa rinnovata sicurezza ha trovato conferma in un’intervista successiva con Antonio Damasio. La soddisfazione provata dall’ospite e dagli ascoltatori è derivata dall’interazione tra la visione non scientifica (e spesso del tutto personale) del pubblico a proposito della relazione tra cervello, mente e coscienza e quella prettamente scientifica dell’ospite. Come con Lewontin, la discussione sull’opposizione tra natura e cultura, tra determinismo biologico (o genetico) e libero arbitrio è stata introdotta in modo semplice e spontaneo degli ascoltatori. Entrambe le parti erano felici di scoprire che l'altra la pensava più o meno allo stesso modo, che punti di vista personali potevano colorare l'interpretazione dei risultati scientifici - per esempio l'ipotesi di un’evoluzione parallela delle facoltà superiori e della massa corticale . È stato poi fatto accenno, sebbene non sempre con le “parole giuste”, alle teorie del riduzionismo, all’uso dei modelli, alla verifica della loro applicabilità alla salute umana o al comportamento.

Solitamente gli ascoltatori tendono a sentirsi grati e lusingati nel momento in cui gli scienziati mostrano di prendere in considerazione le loro opinioni, riformulandole con le parole giuste, e riconoscono che si tratta anche per loro di questioni importanti e complesse. Qualcosa di simile è avvenuto, ad esempio, durante l’intervista al biochimico Gaetano Di Chiara, invitato in radio per illustrare i risultati, appena apparsi sulla rivista “Science”, delle sue ricerche sugli effetti dei cannabinoidi sul cervello dei ratti. Le interviste a Damasio e Di Chiara sono state successivamente pubblicate nella pagina di scienza di un quotidiano nazionale e il contributo degli ascoltatori è stato raccolto sotto la dicitura “interventi collettivi”.

Ma non sono solo gli ascoltatori ad essere diventati più sicuri. Quando il fisico Bruno Bertotti è stato invitato a discutere le possibili alternative per controllare e smaltire i detriti spaziali, ne è rimasto alquanto sorpreso poiché la materia gli sembrava davvero troppo arida. Tuttavia ha raccolto la sfida ed è stato ricompensato da una notevole curiosità da parte degli appassionati di fantascienza e dagli ambientalisti preoccupati per la salvaguardia dello spazio. Gli ascoltatori sono stati in grado di spingere lo scienziato a fornire informazioni molto dettagliate e hanno proposto soluzioni fantasiose per la raccolta, lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti spaziali.

Bertotti, un signore pacato, ex-allievo di Schroedinger, ha preso sul serio anche le

proposte più bizzarre, servendosene a sua volta per spiegare gli aspetti più complicati.

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In altre occasioni, invece, le interazioni sono state meno produttive: lo scienziato ospite può essere percepito conte mporaneamente come un esperto e come un “nemico”.

Un’eccessiva sicurezza può infastidire il pubblico e provocare pesanti critiche. Per esempio, durante un dibattito telefonico sugli OGM, uno scienziato un po’ troppo sicuro di sé (“Io so come funzionano le cose, perciò si fidi di me”) suscitò reazioni piuttosto aggressive nel pubblico. Alcuni ascoltatori erano piuttosto ben informati, altri meno, ad ogni modo era chiaro che erano tutti molto interessati all’argomento. Una cattiva informazione è ben diversa dall’ignoranza poiché contribuisce a creare opinioni personali che non possono essere semplicemente considerate come “sbagliate”. Se uno scienziato non tiene nella giusta considerazione la “cultura” degli ascoltatori, rischia di suscitare una certa ostilità che impedisce al pubblico di ascoltare, senza preconcetti, le sue idee in merito (nel caso specifico, ad esempio, un argomento a favore degli OGM come strumento per combattere la fame nel mondo) oppure di condividere la sua curiosità, la sua attività di ricerca. Il materiale raccolto finora sull’argomento, sebbene ancora insufficiente, ha permesso di evidenziare che l’arroganza della scienza (e di noi giornalisti scientifici) è in larga misura responsabile degli scarsi successi ottenuti nella lotta alla diffusione delle paure irrazionali della gente.

Ulteriori sviluppi futuri

L’analisi delle telefonate in diretta radiofonica continuerà anche nel corso dei prossimi anni nella speranza di raccogliere dati sufficienti per tracciare un quadro più generale. È implicito nella natura di questo studio che non si giungerà mai a delle conclusioni sistematiche (per non dire scientifiche) sull’argomento, dato che ciascun programma si presenta come una “raccolta di storie”. Certe informazioni, però, hanno in quest’ambito un valore considerevole e possono essere ottenute solo tramite un’indagine di questo tipo.

I questionari, i sondaggi, le interviste, le sezioni di “La parola all’esperto” sulle

riviste o sui quotidiani, rappresentano una fonte preziosa di dati e informazioni molto

utili per la sociologia della scienza e, più in generale, per gli studi sulla comunicazione

della scienza. Ma se lo studio presentato qui è carente dal punto di vista statistico, altre

fonti di informazioni sono (per la loro stessa natura, che implica un certo grado di

obiettività e la possibilità di generalizzare i risultati) carenti per quanto riguarda un

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aspetto fondamentale: l’emotività. Gli interrogativi impliciti o quelli espressi poco chiaramente, le ansie, le opinioni e i sentimenti possono avere la stessa importanza dei pensieri ben articolati nel tracciare un quadro più preciso dei nostri pubblici e delle loro culture.

Traduzione dall’inglese di Marcello Di Bari, Scuola Superiore di Lingue Moderne per

Interpreti e Traduttori, Trieste, Italy

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Bibliografia

Levy-Leblond, J. M. La pietra di paragone, Napoli: Cuen, 1998.

Merzagora, M., Coyaud, S. and Ottolenghi A. Radio conversation between scientists and the public as a mean for understanding public perception of radiation risk .

“Proceedings of the 1

st

Symposium on Radiation Education”, Hayama (Japan), 11-15

December 1999.

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