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Mediazione e proposta del giudice: le problematiche relative alla acquisizione, rilevazione e valutazione dei dati relativi - Judicium

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MASSIMO MORICONI

Mediazione e proposta del giudice:

le problematiche relative alla acquisizione, rilevazione e valutazione dei dati relativi

Accade talvolta che problematiche apparentemente secondarie sono invece tali che se non affrontate tempestivamente e correttamente rischiano di inceppare il funzionamento di un sistema ovvero di impedirne il decollo, come nel caso dei nuovi strumenti di risoluzione delle controversie giudiziali alternativi alla sentenza, quali sono la mediazione di cui al d.lgs. 28/2010 come integrato e modificato dal d.l.

21.6.2013 n.69 convertito con modifiche nella l. 9.8.2013 n. 98 (pubblicata nella G.U. del 20.8.2013 n. 194) e la proposta del giudice ai sensi dell'art.185 bis c.p.c.

Si auspica di poter contribuire con questo scritto a rappresentare con chiarez- za la necessità di avviare quanto più rapidamente possibile il formidabile ed epocale cambiamento culturale che tali innovazioni propiziano e sottointendono.

E senza il quale anche la migliore norma, il più accorato appello del legislato- re, ed ogni singolo sforzo da parte di chi crede nella risoluzione alternativa delle liti rischia di essere vano.

Il cambio di passo, che si preannuncia, davvero radicale, deve incidere su an- tichi e collaudati modelli di comportamento, su tralaticie convinzioni e tramandate abitudini mentali, non meno che su pregiudizi e collaudati metodi di valutazione e di giudizio delle condotte degli operatori giuridici. Forse appropriati ai metodi tradizio- nali di risoluzione delle controversie, ma fuori asse rispetto alle nuove prospettive che si stanno affacciando all'orizzonte.

Occorre la capacità di vedere e apprezzare la nuova assiologia, il nuovo si- stema di valori, che dovrà espandersi in tutti gli ambiti fino a raggiungere anche sog- getti ed organi apparentemente non direttamente coinvolti nella grande sfida che si è aperta.

La presente relazione intende fare emergere e disvelare il significato, le im- plicazioni e la rilevanza di tali problematiche con il proposito di descrivere lo stato della attuale disciplina, sicuramente carente in quanto non avvergita della necessità di adattare, trasformandoli radicalmente, i vecchi moduli alle nuove realtà.

In effetti va subito evidenziato che fra le carenze del d.lgs. 28/10 e ss. e dei decreti ministeriali attuativi spicca, al di là di mere enunciazioni, la mancata previ- sione di concreti strumenti di rilevazione delle mediazioni in tutti i loro aspetti (in- staurate prima o nel corso del giudizio; volontarie, obbligatorie o delegate; secondo la materia, la fase ed il grado della causa; secondo che l'accordo sia stato o meno raggiunto, etc.) ed in particolare di quelle instaurate o in atto in corso di giudizio.

Gli strumenti finora apprestati dal legislatore e dal Ministero della Giustizia sono stati elaborati con una prospettiva enunciativa e vaga che non tiene conto della importanza strategica della questione.

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La norma fondamentale è racchiusa nell'art. 11 del decreto interministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 che prevede a cura del Ministero della Giustizia, con la col- laborazione dei responsabili degli organismi e per i procedimenti di mediazione ine- renti gli affari in materia di rapporti di consumo, del Ministero dello sviluppo eco- nomico, il monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione1.

La norma prevede che la raccolta dei dati avvenga presso gli organismi di mediazione, mentre presso gli uffici giudiziari è prevista solo per quanto riguarda l'applicazione da parte del giudice del sistema sanzionatorio di cui all'art. 13 d.lgs.

28/10 relativo alla proposta effettuata dal mediatore e non accettata.

Tale ultima disposizione rivela la difficoltà (che è sia di ordine materiale che culturale) nella quale annaspa il legislatore che si arresta sulla soglia di una rileva- zione statistica di tanto facile acquisizione quanto, in assoluto, di trascurabile rile- vanza numerica visto il pressoché insignificante utilizzo della proposta del mediato- re.

Le previsioni dell'art. 11 cit. sono evidentemente dirette alla conoscenza dell'andamento della mediazione nelle sue varie forme e tipologie e, espressamente, anche al fine della determinazione delle indennità di mediazione spettanti agli orga- nismi pubblici. Ma per come genericamente confezionate risultano più che altro una manifestazione di intenti.

Come indirettamente dimostra la perdurante carenza di soluzione a distanza di più di tre anni dalla promulgazione dell'originario impianto normativo, ai principa- li deficit di funzionamento della legge stessa (partecipazione e chiamata del terzo, rappresentanza della parte, implicazioni per i magistrati dell'utilizzo della mediazio- ne, etc.).

Se le rilevazioni ministeriali fossero state serie ed efficaci, avrebbero fatto comprendere appieno di quali reali interventi correttivi ed integrativi vi era bisogno.

Così non è stato. Se si eccettua la nuova disciplina della competenza terrritoriale, tut- te le altre novità introdotte dalla novella di cui al d.l. 69/2013 e successiva legge di conversione sono state pensate guardando al contrasto con la classe forense, nel suo complesso contraria alla mediazione, alla quale sono state fatte grandissime conces- sioni, talune di assai discutibile contenuto (tutti gli avvocati sono mediatori di diritto, il costo del primo incontro di mediazione è a carico degli organismi, anche di quelli privati, laddove il procedimento non prosegua...).

Da ultimo è stato previsto2 che il Ministero della Giustizia provveda ad ac- quisire dati utili a verificare l'andamento del solo strumento della mediazione obbli-

1 Decreto interministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 (art. 11. Monitoraggio):

1. Il Ministero procede annualmente, anche attraverso i responsabili degli organismi e congiunta- mente con il Ministero dello sviluppo economico per i procedimenti di mediazione inerenti gli affari in materia di rapporti di consumo, al monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione svolti presso gli organismi medesimi. I dati statistici vengono separatamente riferiti alla mediazione obbli- gatoria, volontaria e demandata dal giudice. Per ciascuna di tali categorie sono indicati i casi di suc- cesso della mediazione e i casi di esonero dal pagamento dell’indennità ai sensi dell’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo.

2. Il Ministero procede altresì alla raccolta, presso gli uffici giudiziari, dei dati relativi all’applicazione, nel processo, dell’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo.

3. I dati raccolti ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzati anche ai fini della determinazione delle in- dennità spettanti agli organismi pubblici.

2D.lgs. 28/2010 (art. 5 - Condizione di procedibilità e rapporti con il processo):

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gatoria di cui al novellato comma 1 bis dell'art. 5 d.lgs. 28/2010 nella versione rein- trodotta dal d.l. 21.6.2013 n. 69 convertito con modifiche nella l. 9.8.2013 n. 98 dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2012 che aveva dichiarato incosti- tuzionale la mediazione obbligatoria per mancanza di una specifica delega al gover- no in tal senso da parte del Parlamento.

Nella sua estrema vaghezza la norma si iscrive nella suddetta scelta di mas- sima apertura e disponibilità contro le proteste del Foro ed è dettata dalla volontà di attenuare e stemperare le critiche che erano state mosse e mai del tutto sopite, contro la mediazione obbligatoria che è stata reintrodotta sì ma con un termine finale in re- lazione al quale la verifica dei risultati dovrebbe orientare la scelta da adottare su quali vesti dovrà assumere l'istituto della mediazione per il periodo successivo alla scadenza della sperimentazione a tempo.

Tale giudizio critico non discende dalla inutilità per così dire ontologica di una verifica. Tutt'altro.

Una seria e approfondita verifica del funzionamento, ed a contrariis, dell'e- ventuale non funzionamento di un nuovo istituto giuridico, non può che essere utile nella misura in cui sia in grado di fare emergere gli eventuali vizi, limiti e difetti da correggere.

Ma è del tutto inutile se rimane a livello di mera enunciazione.

A conferma della miopia legislativa va evidenziato che nessuno strumento è stato concepito per la verifica dell'attuazione della proposta del giudice di cui all'art.185 bis c.p.c.

Infine, va ricordata la previsione contenuta nell'art. 13 del D.M.180/2010 se- condo cui in caso di diniego della omologazione del verbale di accordo il giudice de- ve trasmettere copia del provvedimento anche al responsabile degli organismi presso il Ministero3.

La domanda fondamentale alla quale occorre rispondere è quali siano e per- ché i dati rilevanti ed a quali scopi essi siano funzionali.

In primo luogo occorre evidenziare quali sono i dati da considerare rilevanti in materia di mediazione e della proposta del giudice.

Questi dati sono, per la mediazione, la materia oggetto delle procedure di mediazione, i procedimenti introdotti in sede stragiudiziale volontaria, quelli intro-

1 bis Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condomi- nio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di a- ziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è te- nuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 o settembre 1993, n. 385, e suc- cessive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domandagiudiziale.

La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vi- gore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione.

3 Art. 13 del D.M.180/2010: Il giudice che nega l’omologazione, provvedendo ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo, trasmette al responsabile e all’organismo copia del provvedimento di di- niego.

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dotti nelle materie per le quali la mediazione è obbligatoria, prima della causa o nel corso di essa su impulso del giudice che ne abbia rilevato il mancato esperimento; i procedimenti di mediazione demandata dal giudice ai sensi dell'art. 5, comma 2, in primo o secondo grado , i procedimenti nei quali la parte convocata sia comparsa e quelli nei quali non lo sia; ed all'interno del primo gruppo il numero di procedure concluse con successo dalle altre.

Per la proposta del giudice, il grado e la fase, la materia e l'oggetto, i risultati della proposta nei termini infra illustrati.

L'acquisizione dei suddetti dati è importante sia ai fini della generale com- prensione di quanto i nuovi istituti siano stati accettati ed utilizzati dagli operatori e dalla collettività e sia per rendersi conto di quali criticità siano presenti negli istituti e nelle varie scansioni attraverso i quali essi si articolano.

Laddove poi risultino, dall'esame delle rilevazioni, carenze, disfunzioni e o- stacoli, si dovrà studiarne e correggerne le cause.

Solo attraverso questa analisi sarà possibile pervenire, per gradi ed adatta- menti, come è normale per ogni innovazione di grande portata come quella in esame, ad una perfetta messa a punto degli istituti in esame, compresi quegli aspetti collate- rali e spesso poco apparenti che però ne possono decretare il successo o meno.

Una prima fonte di informazione, in materia di mediazione, è quella che il re- sponsabile degli organismi presso il Ministero della Giustizia può attingere diretta- mente dagli organismi di mediazione, come previsto dall'art. 11 del D.M. 180/2011 (cfr. nota n. 1).

Si tratta di informazioni che se correttamente richieste, correttamente fornite e correttamente elaborate possono offrire una importante panoramica e conoscenza relativamente al numero ed alle tipologie delle mediazioni introdotte, ed in particola- re per appurare quante siano state promosse volontariamente o invece in materia per la quale la mediazione è obbligatoria ai sensi dell'art. 1 bis dell'art. 5 d.lgs. 28/2010, quante in materia obbligatoria prima della causa ovvero in corso di quella e quante, in materie non obbligatorie, su impulso del giudice ai sensi dell'art. 5, comma 2, del decreto citato.

Un'informazione di notevole importanza è quella che concerne il rapporto fra mediazioni introdotte ed adesioni e fra adesioni alle convocazioni e numero di accor- di amichevoli.

La nuova formulazione dell'art. 17, comma 5 ter, non rendendo automatico l'obbligo di pagamento dell'indennità di mediazione nel caso in cui non si raggiunga l'accordo al primo incontro4 potrà propiziare un incremento della partecipazione dei convocati.

L'acquisizione presso gli uffici giudiziari di significativi dati relativi alle me- diazioni (ed alla proposta del giudice) presenta vari profili di difficoltà.

L'ambito di cui si parla riguarda le procedure di mediazione in materia obbli- gatoria non introdotte prima della causa per le quali il giudice in base a quanto previ- sto dall'art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010 abbia concesso alle parti un termine per introdurre la mediazione, ovvero per le procedure di mediazione demandata dal giu- dice ai sensi del secondo comma dell'art. 5 suddetto.

In tutti questi casi, il giudice fissa un'udienza successiva di verifica.

4 Art. 17, co. 5 ter, d.lgs. 28/2010: Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.

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Se le parti non si accordano, compariranno davanti al giudice per il prosieguo della causa.

In caso contrario, cioé del raggiungimento di un accordo che abbia posto fine alla controversia, va considerato che non esiste un obbligo legale né una necessità di altro genere di comparire davanti al giudice per farlo rilevare.

E d'altra parte solo in minima parte gli accordi amichevoli scaturiti dal proce- dimento di mediazione vengono successivamente tradotti in una omologazione giu- diziale (art. 12 d.lgs. 28/2010), mentre nella stragrande maggioranza dei casi in cui le parti si accordano in corso di causa, le parti si limitano a non comparire all'udienza successiva a quella in cui il giudice ha inviato le parti in mediazione.

In questi casi, il giudice rinvia la causa ad altra udienza alla quale, se le parti sono ancora assenti, ne dispone la cancellazione dal ruolo.

In siffatta evenienza, all'ufficio giudiziario non perviene alcuna notizia e- spressa della conclusione positiva della mediazione, né tale notizia può essere assun- ta altrove perché la parte che chiede l'attivazione di una procedura di mediazione non ha alcun obbligo e necessità di indicare all'organismo gli estremi della pendenza di una determinata causa presso un tribunale essendo sufficiente che come in qualsiasi domanda di mediazione siano indicate le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa5.

Specialmente in uffici giudiziari nei quali sia nota la tendenza dei giudici a ri- levare la mancata attivazione della mediazione obbligatoria ovvero ad avviare le par- ti alla mediazione demandata dal giudice, il relativo procedimento, al fine di guada- gnare tempo e non vedere sospesa in prosieguo la causa, sarà instaurato preventiva- mente, prima ancora della proposizione della causa la quale, nel caso di successo del- la mediazione, non insorgerà affatto, determinando una diminuzione delle nuove i- scrizioni.

Anche tale vicenda però è silente nel senso che il dato delle minori iscrizioni non è facilmente collegabile con il correlativo incremento delle mediazioni ante cau- sam.

Entrambi queste vicende, e cioé le procedure di mediazione avviate in corso di causa e concluse positivamente come le procedure di mediazione avviate preven- tivamente alla causa e concluse con un accordo con una correlativa diminuzione del- le iscrizioni, sono idonee a produrre oltre quello loro proprio, anche ulteriori ed indi- retti effetti, non immediatamente percepibili ad osservatori non particolarmente e- sperti ed attenti.

Si tratta purtroppo di effetti così gravi che sono, nel loro insieme, come di se- guito illustrato, capaci di frustrare annullandola, ogni potenzialità positiva sia della mediazione che della proposta del giudice.

Quanto alla prima vicenda vanno considerate diverse implicazioni.

In primo luogo che senza la precisa e sicura consapevolezza di quanto prece- de, vale a dire di come finiscono le cause avviate ad una mediazione che si concluda con un accordo non si ha alcuna possibilità di cercare di conseguire dati che pongano in correlazione l'avvio di una procedura di mediazione con l'avvenuto accordo e la conclusione per tale via della causa alla quale tale mediazione pertiene.

Si è infatti sopra già ricordato che nella pressoché totalità dei casi, le parti non si ripresentano davanti al giudice per informarlo del raggiunto accordo e che so-

5 Art. 4, co. 2, d.lgs. 28/2010: L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni del- la pretesa.

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lo in pochissimi (oggi con la nuova formulazione dell'art.13 prevedibilmente ancor meno) dell'accordo viene richiesta l'omologazione che lo fa assurgere a dato formale conoscibile dal tribunale.

Nel momento in cui il giudice avvia le parti alla mediazione obbligatoria o demandata è quindi necessario che l'esistenza del provvedimento sia annotata su una scheda di rilevazione e apposto un avvertimento possibilmente con colore vistoso sulla copertina del fascicolo d'ufficio.

Sullo stesso statino di rilevazione dovrà essere indicata la materia e l'oggetto della causa, la fase ed il momento nel quale interviene il provvedimento, nonché l'u- dienza di rinvio.

A tale udienza il giudice appunterà sullo statino l'esito dell'udienza, vale a di- re il mancato accordo e la prosecuzione della causa; ovvero la comunicazione, se ef- fettuata, dell'avvenuto accordo ovvero l'assenza delle parti ed il rinvio della causa ad altra udienza ai sensi dell'art. 309 c.p.c.

Trascritta sullo statino la data del successivo rinvio, se neppure a quella data nessuna delle parti comparirà il giudice provvederà alla cancellazione ed estinzione della causa.

Così procedimentalizzata la sequenza di eventi, apparirà di tutta evidenza - post hoc propter hoc - che la cancellazione della causa non solo è avvenuta dopo l'avvio delle parti in mediazione, ma evidentemente proprio in quanto le stesse hanno partecipato ad una procedura di mediazione che si è conclusa con un accordo ami- chevole che ha posto fine alla controversia.

La perdurante attuale assenza di consapevolezza di quanto precede da parte dei soggetti preposti alle rilevazioni, che hanno a vario titolo la possibilità e la re- sponsabilità di impartire direttive e ordini (a partire dal CSM e dal Ministero della Giustizia, passando per il Consigli Giudiziari fino ai dirigenti degli uffici), e l'assen- za di tempestivi efficaci provvedimenti conseguenti, rischia di rendere del tutto scol- legati e separati gli eventi sopra descritti vale a dire l'avvio della mediazione in corso di causa e la conciliazione della lite giudiziaria quale conseguenza dell'accordo me- diazione.

Considerazioni del tutto analoghe valgono per la proposta del giudice ai sensi dell'art. 185 bis c.p.c.

In allegato viene riportato il modulo di rilevazione delle cause avviate in me- diazione (AM) o nelle quali il giudice ha formulato una proposta ai sensi dell'art. 185 bis c.p.c. (PG) adottato dalla Sezione XIII del Tribunale di Roma.

L'assenza di consapevolezza delle problematiche in esame emerge anche dal- la norma di cui al recente art. 5, co. 1 bis, d.lgs. 28/20106.

Il monitoriaggio dovebbe secondo tale disposizione iniziare solo fra due anni.

In realtà in mancanza di una immediata presa d'atto della complessità delle problematiche coinvolte, non sarà possibile in futuro verificare un bel nulla, perché l'ipotesi di andare a ricercare, a distanza di anni, fra una oceanica quantità di fascicoli indifferenziati, quelli che contengano il percorso sopra illustrato, senza avere instau- rato per tempo metodi di controllo, equivale ad una irrealistica opera di speleologia giudiziaria, su centinaia di migliaia di verbali di causa, operazione resa peraltro im-

6 Art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010: Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione.

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possibile dalla spaventosa carenza in cui versa l'organico effettivo del personale di cancelleria.

Ma vi è un altro ed ancora più importante profilo e motivo per il quale è ne- cessario attivare immediatamente sia per la mediazione che per la proposta del giudi- ce ex art. 185 bis c.p.c., la rilevazione dei dati come sopra indicato.

È bene sapere che il lavoro (la c.d. produttività) svolto dai magistrati addetti alla trattazione delle cause civili, è da sempre rilevato mediante l'annotazione del numero di sentenze emesse da ogni magistrato nel corso dell'anno. Tale rilevazione ha, per ogni magistrato, una grandissima vitale importanza, perché il numero delle sentenze depositate, non disgiunto dalla qualità delle stesse, rappresenta uno degli e- lementi cardine per la valutazione di professionalità che a cadenza periodica viene effettuata mediante l'esame delle statistiche comparative dell'Ufficio o della Sezione alla quale è addetto il magistrato ed il prelievo a sorteggio dei provvedimenti emessi.

Ed invero quello della "laboriosità" è uno dei principali parametri di valuta- zione della professionalità del magistrato messo a punto a seguito della legge 30 lu- glio 2007 n. 111 dalla normativa secondaria elaborata dal CSM (cfr. nuova circolare sull’acquisizione dei provvedimenti e verbali d’udienza a campione: Circolare P.

16754/2008 - Deliberazioni del 12 e 25 giugno 2008).

Tale premessa è illuminante per comprendere quale scoraggiante prospettiva sia, attualmente, per un magistrato, impiegare energie lavorative per studiare un fa- scicolo al fine di valutare se quando e come emettere provvedimenti (di avvio alla mediazione, come di proposta del giudice) ed in concreto per redigerli, senza averne alcun beneficio in termini di produttività.

Ed infatti tali provvedimenti pur potendo produrre effetti utili per lo smalti- mento delle pendenze come pure per il beneficio che le parti traggono dall'accordo raggiunto, pur con tutto questo, non attribuiscono al suo impegno nessuna valenza positiva e ciò non solo nei casi in cui la mediazione e la proposta non siano seguite da una conciliazione della lite, ma, conclusione davvero assurda e paradossale, nep- pure nei casi in cui lo sforzo del magistrato sia stato coronato da successo.

Tale sforzo infatti rischia di rimanere confinato nel chiuso di un provvedi- mento che non è una sentenza e neppure un altro tipo di provvedimento - statistica- mente rilevante - con il quale viene definito il giudizio (ad esempio l'ordinanza di cui all'art. 702 ter c.p.c., c.d. procedimento sommario di cognizione).

E ciò nonostante che sia per l'avvio alla mediazione (demandata) che a fortio- ri per la proposta del giudice, non si può certo auspicare che i relativi provvedimenti siano emessi a caso, essendo per contro le possibilità di successo di entrambi gli isti- tuti fortemente dipendenti dalle scelte meditate ed approfondite (quanto alle tempi- stiche di adozione ed ai contenuti) del giudice.

Quanto precede rende evidente che solo un sistema che valorizzi l'utilizzo di tali mezzi di risoluzione alternativa da parte del giudice ed in particolare, ma non so- lo, ne valorizzi il successo, potrà avere qualche speranza e possibilità di prendere piede e diffondersi fra i magistrati.

Grande è quindi la responsabilità dei soggetti che essi soli possono procedere a impartire direttive generali e suggerire metodi e criteri utili ai fini indicati.

In mancanza di un forte e specialmente tempestivo segnale da parte del CSM, del Ministero e dei capi degli Uffici giudiziari, l'ostacolo (che è innanzitutto cultura- le) rappresentato dalla attuale minusvalenza dell'energia lavorativa impiegata dal

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magistrato sul fronte della risoluzione alternativa delle liti condannerà ogni norma, ogni invito del legislatore a sicuro naufragio.

Le minori iscrizioni di nuove cause a seguito della diffusione della mediazio- ne preventiva.

Anche qui l'emergere di nuovi valori dovrebbe indurre ad un forte cambia- mento della mentalità e dei criteri di giudizio correnti.

Quale quello tradizionalmente seguito di considerate il numero di iscrizioni (in gergo sopravvenienze) uno dei principali dati "di valore" di un tribunale, elemen- to che può fare la differenza fra il suo mantenimento e la sua soppressione (tale crite- rio è stato espressamente utilizzato dalla Commissione Consultiva insediata dal Mi- nistro Guardiasigilli prof. Paola Severino in vista della riforma della geografia giudi- ziaria di cui al legge 14 settembre 2011, n. 148)7.

Emerge da quanto fin qui esposto che l'applicazione invariata di questo crite- rio ad un tribunale, in realtà virtuoso, che sia riuscito a diffondere la cultura degli strumenti alternativi alla sentenza quale risoluzione delle controversie, potrebbe comportare a suo carico, nel lungo periodo, conseguenze che presentano profili para- dossali.

Il minor numero di iscrizoni di procedimenti e cause, se interpretato anodi- namente come semplice indicatore di una determinata (e minore) domanda di giusti- zia, potrebbe condurre quell'ufficio giudiziario nei pressi o al di sotto del livello so- glia di sopravvivenza.

Questo quando invece proprio la presenza di quel tribunale ed i provvedimen- ti che ivi vengono adottati ha contribuito a diffondere una cultura di scelta alternativa al contenzioso giudiziario.

Situazione dunque che sarebbe semplicistico ed erroneo catalogare tout court come sintomatica di una minore domanda territoriale di giustizia.

Peraltro non è peregrino ipotizzare che ove i magistrati di quel tribunale si rendessero conto dei risultati positivi del loro impegno, ma al tempo stesso della ri- duzione delle sopravvenienze che ciò ha comportato, e dei conseguenti pericoli su un altro fronte, potrebbero essere indotti più o meno consapevolmente ad adottare stra- tegie difensive per evitare provvedimenti a danno del tribunale.

Anche in questo caso è palese la necessità di un mutamento assiologico della cultura giuridica nel suo complesso.

Con la conseguente necessità di ripensare, modificare, integrare ed affinare gli strumenti di ricerca, di elaborazione e di valutazione della domanda di giustizia e dei modi, dei luoghi e dei tempi attraverso i quali la stessa trova risposta dentro e fuori degli uffici giudiziari.

7Tratto dalla relazione della Commissione consultiva insediata dal Ministro Paola Severino:

Gli indicatori di riferimento, all’esito del trattamento dei dati raccolti coi criteri adottati, producono un ufficio giudiziario di primo grado sito in capoluogo provinciale come caratterizzato particolar- mente da:

- popolazione media di 363.769 abitanti (la media nazionale è 345.606)

- sopravvenienze totali medie di 18.094 procedimenti (la media nazionale è 18.623) - organico di magistratura pari a 28 unità (la media nazionale è 31)

- carico di lavoro annuo pari a 638,4 o 647,1 (la dualità è legata all’uso possibile del numero di pro- cedimenti sopravvenuti ovvero di quelli definiti al fine di desumere la “produttività”, che per la me- dia nazionale è rispettivamente: 600,6 – 606,9).

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