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L’AVVOCATO IN ITALIA OGGI: PROSPETTIVE PER RIMANERE IN VITA

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TAGETE 2 - 2017 Year XXIII ISSN 2035 – 1046

L’AVVOCATO IN ITALIA OGGI:

PROSPETTIVE PER RIMANERE IN VITA

Claudio Petrone 1

1. Uno sguardo alla realtà

Il tema di un incontro dedicato alla specializzazione forense, quale garanzia di professionalità, non può trascurare una doverosa riflessione su una più ampia e complessa problematica relativa al proclamato e riconosciuto stato della attuale crisi nella quale versa la professione di avvocato.

Il fenomeno, in verità, è alla portata di ogni analista:

1 vertiginoso calo degli iscritti ai corsi di laurea in giurisprudenza, 2 diminuzione dell’accesso agli albi,

3 cancellazione o mancata iscrizione alla Cassa forense, 4 fuga dall’avvocatura.

Quanti rimangono ancora iscritti vivono una pericolosa situazione di conflitto che conduce ad un graduale svilimento professionale che, specialmente nella fase patologica ed a livello territoriale, si concretizza spesso nella pubblicità negativa verso i colleghi e nel tiro al ribasso per svendere le proprie prestazioni

1 Claudio PetroneAvvocato, Studio Legale Petrone, Taranto

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professionali pur di conquistare un cliente o, peggio ancora, sottrarlo al “caro collega”.

Se l’ironia non apparisse stonata, potremmo dire che si assiste ad una abissale differenziazione tra la categoria degli Avvocati, con la A maiuscola, legati al tradizionale valore dell’onestà della toga e della parola, contrapposta alla categoria degli “avvocheti”, che ricordano l’approssimazione dell’Azzeccagarbugli che si accontenta di due capponi quale onorario delle sue prestazioni professionali.

Ma al di là di una premessa estetica ed espositiva, ragioniamo con i dati alla mano!

Il rapporto del Censis del 2016, commissionato dalla Cassa Forense Nazionale, delinea ancora un quadro preoccupante del mondo dell’avvocatura in Italia2.

Il 60 per cento degli intervistati, infatti, dichiara infatti di avere sfiducia nel proprio avvocato così come nel sistema della giustizia in generale.

Benchè l’Italia presenti uno strano primato europeo con oltre 246 mila iscritti agli albi forensi, negli ultimi anni si sono verificate delle oscillazioni significative dovute al flagello delle cancellazioni determinate dal poco rendimento della professione che non consente di far fronte anche alle sole spese minime di gestione di

2Fondazione Censis, Rapporto Annuale sull’Avvocatura Italiana, Roma, marzo 2016. Il testo della ricerca si articola al suo interno in tre principali sezioni, in particolare: 1. le considerazioni di sintesi; 2.

i risultati dell’indagine sull’avvocatura italiana, condotta su di un campione di quasi 8.000 avvocati; 3. i risultati dell’indagine sull’immagine e la reputazione dell’avvocatura nell’opinione degli italiani, condotta su un campione rappresentativo per genere, età, ed area geografica, di 1.000 italiani.

L’indagine ha consentito di ricostruire i principali aspetti dell’immagine degli avvocati nella percezione dell’opinione pubblica degli italiani.

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uno studio professionale o, peggio ancora, di sostenere gli oneri fiscali derivanti dalla iscrizione obbligatoria alla Cassa forense.

Numerosi sono i giovani colleghi che sbarcano il lunario non riuscendo a raggiungere neppure il tetto reddituale di 10.000,00 euro annui, e si collocano in un limbo operativo dal quale avvertono di dover necessariamente fuggire.

È vero, infatti, che -specialmente al Sud- vi sono colleghi che hanno abbandonato la professione, alla ricerca assillante di un posto fisso, di Zalone3 memoria, specchio quanto mai realistico dell’italiano medio di oggi: si va dalla agenzia delle entrate agli uffici legali di banche, aziende sanitarie, grandi imprese.

O peggio ancora si cerca di tergiversare dopo la laurea sognando la carriera in magistratura, “parcheggiandosi” per un paio d’anni come assistenti dei giudici togati.

Le ragioni della grave ed acuta crisi è dovuta sicuramente ad una severa e spietata logica di mercato che richiede oramai sempre più la specializzazione:

Infatti, oggi, come mai in passato, il cliente vuole, anzi pretende, un esperto del micro settore che non è più soltanto il penalista o il civilista, ma è lo specializzato – ancor meglio se con ricca esperienza alle spalle – nelle materie (guardiamo, ad esempio, dell’ambito penale) della colpa professionale, dei reati tributari e fiscali, dei reati fallimentari, dei reati edilizi, bancari o della pubblica amministrazione, etc.

Se fino a non molto tempo fa erano sufficiente per iniziare il mestiere di Avvocato, un telefono ed una scrivania, confidando in qualche buon cliente ed in qualche “parafango” che potesse consentire di sbarcare il lunario, oggi non è più così.

3Mi riferisco al film Quo vado? del 2016 diretto da Gennaro Nunziante ed interpretato da Checco Zalone.

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Basti pensare alla significativa riduzione dei sinistri nel settore della infortunistica stradale, determinata da interventi legislativi noti, ma anche dalla cospicua campagna antifrode realizzata da tante Compagnie assicurative.

Il fenomeno dei sinistri falsi ha visto direttamente coinvolti anche gli avvocati, non sempre giovanissimi, nell’ambito di micro e macro attività illecite connesse alla macchinazione di sinistri totalmente o parzialmente falsi, anche con l’apporto di medici disinvolti che hanno talvolta facilitato la certificazione di lesioni spesso inesistenti o duplicate nel tempo.

A queste problematiche si aggiungono, poi, le ragioni connesse al rischio professionale che vede sempre più crescere le domande di risarcimento nei confronti dei legali, anche perchè l’utenza si è affrancata dai modelli tradizionali di fidelizzazione, soprattutto quando l’avvocato non specializzato si butta in ambiti sconosciuti pur di “arrivare a fine mese”

A conforto di quanto fin qui enunciato vale la pena di ricordare che solo qualche anno fa il noto sociologo Gianpaolo Prandstaller in un articolo comparso sul Corriere della Sera (7 febbraio 2012) scriveva: “Avvocati, il canto funebre della professione”4.

Egli metteva in risalto la questione dell’eccessiva numerosità degli aspiranti ad una carriera forense che, a causa della crisi economica scoppiata nel 2008, ha pagato il prezzo dell’accresciuta esitazione da parte dei clienti ad avventurarsi nelle cause.

4 L’autore Dedicava questo articolo alla professione di avvocato di cui constatava la profonda depressione e il preoccupante impoverimento: “L’epicedio è un canto funebre: spero possa servire per imprimere a tale professione alcuni stimoli di cui, a mio parere, ha bisogno per non essere addirittura travolta”.

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Le soluzioni proposte si concretizzavano nell’attribuire nuovi compiti agli avvocati, in linea con quell’idea di specializzazione che avrebbe potuto consentire di

fare la differenza.

Ma è solo il segno della storia che ritorna sempre.

Nel 1921 Piero Calamandrei scriveva un fortunato libretto intitolato Troppi avvocati, nel quale lanciava il suo grido di allarme per il numero eccessivo dei professionisti (che nel 1920 era superiore a 25.000) e stava determinando sensibili ricadute sotto il profilo della decadenza morale ed intellettuale.

Scriveva Calamandrei: «La professione dell’avvocato, come tante altre, risente molto del gran numero di coloro che la esercitano … Ne segue che pur essendovi molti avvocati e procuratori onesti e coscienziosi, ve ne sono anche molti che per vivere, sono costretti a non avere né l’una nè l’altra qualità”5.

Il numero, in realtà, sarebbe cresciuto a dismisura, insieme alla decadenza morale cui faceva riferimento l’illustre avvocato fiorentino: infatti un’indagine sociologica svolta negli anni Novanta censiva 53.000 avvocati iscritti, di cui soltanto 40.000 esercitavano effettivamente la professione: la loro abilità fu quella di comprendere che il ruolo dell’avvocato stava cambiando, in quanto la loro attività non poteva più essere statica, ma doveva riscattarsi rispetto al sistema socio-politico generale ed a quello giudiziario in particolare. Compresero che dovevano essere

5P. Calamandrei, Troppi Avvocati, Firenze 1921, p. 93.

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interpreti attenti delle esigenze dell’utenza, per la difesa ed il riconoscimento anche dei nuovi diritti emergenti nella nostra società complessa.

Per questi motivi presero piede le associazioni di professionisti che avrebbero costituito lo strumento adeguato per mettere a disposizione del cliente prestazioni professionali diversificate e per affrontare la nuova legislazione processuale con maggiori possibilità di organizzazione, celerità e fungibilità6.

Così gli avvocati specializzati presero gradatamente il posto degli avvocati tuttofare: il penalista, il lavorista, l’amministrativista trovarono la soluzione alla crisi della professione nella specializzazione che si arricchiva della collaborazione dei consulenti tecnici di parte: dal grafologo al medico legale, dal consulente del lavoro al commercialista, allo psicologo, all’investigatore privato, all’informatico etc. Mentre la carta carbone e la “vergatina” lasciavano posto ai primi computer..

Ecco il nodo gordiano del problema: quella svolta degli anni Novanta resa possibile grazie alla ricerca di nuove specializzazioni sembra non aver avuto in realtà piena attuazione, per cui oggi va necessariamente ripensata e rinnovata alla luce di una nuova e più profonda crisi.

Dai dati Censis del marzo 2016 è emerso il profilo di una professione organizzata ancora fondamentalmente su base individuale. Quasi il 70% degli avvocati risulta essere titolare unico di studio, ed articolato largamente in microstrutture e quasi il 65% degli studi si compone al massimo complessivamente di tre persone.

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Gli ambiti di esercizio della professione aderiscono ancora molto agli aspetti più tradizionali dell’universo forense; l’avvocatura risulta oggi essere, infatti, ancora fortemente concentrata sull’attività giudiziale piuttosto che su quella stragiudiziale, poco propensa alla specializzazione, estremamente orientata al diritto civile, molto meno al diritto penale, al diritto amministrativo, quasi per nulla al diritto internazionale ed al mondo degli affari.

Oltre alla dimensione strutturale - “micro” e “individuale” - sulla base della quale è generalmente organizzato il lavoro degli avvocati, si rinviene - come ulteriore elemento caratterizzante l’avvocatura - anche il “localismo” come principale dimensione operativa.

Il mercato di riferimento dell’attività professionale dell’avvocatura italiana è, infatti, quasi per 3/4 un mercato locale, assai più raramente raggiunge il livello regionale, ben di rado quello internazionale.

L’attività internazionale rappresenta, infatti, solo il 2,3% del mercato dell’attività professionale degli avvocati.

Il dato non può non far riflettere, laddove si consideri che l’Italia nell’export di prodotti e servizi ha uno dei pilastri fondamentali della propria economia. Sarà proprio da queste tipologie di incongruenze che dovrà partire una riflessione ragionata sull’approccio al mercato della avvocatura italiana, nell’ambito di una più ampia riflessione sugli itinerari di evoluzione e sviluppo della professione.

A fronte di questa diagnosi dei mali, quali possono essere le soluzioni?

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Appare indubbia la necessità di individuare nuove competenze e migliorare la qualità delle prestazioni professionali.

Ad incentivare il cammino verso la specializzazione, come noto, è intervenuto nell’agosto del 2015 (n. 144/2015 entrato in vigore il 14 novembre 20157) un regolamento del Ministro della Giustizia che ha istituito e disciplinato il conseguimento e la conservazione del titolo di “specialista”, attuando così una delle norme più attese della riforma dell’ordinamento forense (l’articolo 9 della legge professionale 247 del 2012).

Secondo il provvedimento, le aree di specializzazione previste per gli avvocati sarebbero 18: diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori;

diritto agrario; diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio; diritto dell’ambiente; diritto industriale e delle proprietà intellettuali; diritto commerciale, della concorrenza e societario; diritto successorio; diritto dell’esecuzione forzata; diritto fallimentare e delle procedure concorsuali; diritto bancario e finanziario; diritto tributario, fiscale e doganale; diritto della navigazione e dei trasporti; diritto del lavoro, sindacale, della previdenza e dell’assistenza sociale; diritto dell’Unione europea; diritto internazionale; diritto penale; diritto amministrativo; diritto dell’informatica.

Tali previsioni, fin qui sintetizzate, hanno già subito, però, la censura del Tar Lazio che con le sentenze nn. 4424/16, 4426/16 e 4428/16, depositate il 14/04/2016, ha bocciato l'elenco delle 18 materie specialistiche contenuto nel regolamento

7DECRETO 12 agosto 2015, n. 144. Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247. (GU n.214 del 15-9-2015).

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ministeriale n. 144/2015. Il motivo della censura è stato quello di mancanza di motivazione in ordine al «principio logico che ha presieduto alla scelta» delle materie a disposizione dell'avvocato che voglia conseguire il titolo di specialista, scegliendo in non più di due settori, elencati all' art. 3 del decreto.

Mica poca roba, insomma!

A seguito di tale bocciatura, le specializzazioni forensi restano in stand by fino a fine 2017.

In attesa che sia disposta una definizione normativa della questione, gli organismi dell’Avvocatura si stanno dando da fare per preparare il terreno ed i singoli ordini professionali stanno procedendo sempre di più ad avviare percorsi formativi territoriali sulla via della specializzazione.

Quali che siano i tempi della riforma, va rilevato che questo iter legislativo in corso sia la spia più evidente di una reale e pratica esigenza che deve prescindere dalla legge.

Senza attendere l’imposizione, occorre che siano avviati da ciascun giovane avvocato, con l’investimento di tempo e denaro, percorsi qualificanti che conducano ad una caratterizzazione personale specializzante, che possa rendere la propria attività originale, esclusiva e ricercata, onde proporsi in modo particolarmente qualificato nell’ambito di un mercato professionale in crescita.

Ancora una volta, come già avvenuto in passato, “la realtà sociale si trasforma” e gli “avvocati italiani sono ancora alla ricerca del loro nuovo ruolo”.

Riferimenti

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