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Discrimen » L’attività medica di équipe tra affidamento ed obblighi di controllo reciproco. L’obbligo di vigilare come regola cautelare

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E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi Sezione Saggi

- 18

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sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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L’ATTIVITÀ MEDICA DI ÉQUIPE TRA AFFIDAMENTO ED OBBLIGHI

DI CONTROLLO RECIPROCO

L’OBBLIGO DI VIGILARE COME REGOLA CAUTELARE

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

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http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-348-0993-8

I volumi pubblicati nella presente Collana sono stati oggetto di procedura di doppio referaggio cieco (double blind peer review), secondo un procedimento standard concordato dai Direttori della collana con l’Editore, che ne conserva la relativa documentazione.

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Quis custodiet ipsos custodes?

GIOVENALE

A Eliana, Lorenzo e a tutte le Irene della mia vita

A Pippo, fratello e grande amico, presente anche nell’assenza You will die, no doubt, but die while living

EDGARLEEMASTERS

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Indice sommario

pag.

SEZIONE I

La responsabilità medica come paradigma delle distorsioni funzionali dell’intervento penale

1. Responsabilità medica e contezioso penale: diritto penale come

strumento di “controllo sociale” della classe medica? 1 2. La responsabilità medica al confine tra i principi di sussidiarie-

tà e di meritevolezza di pena 5

3. La responsabilità medica al confine come responsabilità da ri- schio? Indebolimento del disvalore di evento dell’illecito colposo a

vantaggio di una dilatazione indeterminata delle regole cautelari 7 4. La responsabilità di équipe: cenni generali introduttivi 10

SEZIONE II

L’errore “sistemico” e la proliferazione degli obblighi di controllo sull’altrui operato

1. L’errore sulle leges artis medico-chirurgiche come ipotesi di con-

fine tra errore sul fatto ed errore sul divieto 15 2. I protocolli di prevenzione dell’errore come fonte degli obblighi

di controllo sull’altrui operato? 20

3. L’errore sistemico 22

4. Colpa specifica del sanitario e linee guida: obiezioni di principio

e problemi applicativi 23

(9)

pag.

SEZIONE III

L’attività medica di équipe:

l’illusione del principio di affidamento

1. La divisione del lavoro come fattore di sicurezza e fattore di rischio 31

2. L’individuazione dei soggetti responsabili 33

3. La portata del principio di affidamento nelle attività mediche di

équipe tra petizioni di principio ed istanze generalpreventive 39

SEZIONE IV

Gli orientamenti della giurisprudenza

1. La responsabilità del dirigente sanitario di struttura complessa

e del capo-équipe 45

2. Capo-équipe e aiuto 53

3. Medici e personale ausiliario 56

4. Chirurgo e anestesista 58

5. Chirurgo e specializzando 60

6. Il concorso di responsabilità tra medici dotati di specializzazioni di-

verse che abbiano cooperato alla produzione dell’evento lesivo 62 7. I difetti di informazione e di coordinamento. In particolare, i

limiti all’operatività del principio di affidamento in caso di suc-

cessione di posizioni di garanzia 64

8. Lo scioglimento anticipato dell’équipe medica 68

SEZIONE V

Il principio di affidamento

come regola che conferma la sua eccezione?

1. L’attività di équipe al confine tra art. 113 c.p. e art. 40 cpv. 71 2. Arginare gli obblighi di controllo? Una lettura restrittiva dell’art.

40 cpv. 74

3. La creazione di un rischio comune e i margini di una funzione

incriminatrice dell’art. 113 c.p. 76

4. L’invadenza dello strumento penale e le soluzioni alternative: a) responsabilità medica solo per colpa grave?; b) il crescente spa- zio della giustizia riparativa e mediativa; c) la “cultura dell’orga-

nizzazione” come fattore di sicurezza 78

Indice bibliografico 87

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S

EZIONE

I

La responsabilità medica come paradigma delle distorsioni funzionali dell’intervento penale

SOMMARIO: 1. Responsabilità medica e contenzioso penale: diritto penale come strumento di “controllo sociale” della classe medica? – 2. La responsabilità medica al confine tra i principi di sussidiarietà e di meritevolezza di pena. – 3.

La responsabilità medica come responsabilità da rischio? Indebolimento del disvalore di evento dell’illecito colposo a vantaggio di una dilatazione indeter- minata delle regole cautelari. 4. – La responsabilità di équipe: cenni generali introduttivi.

1. Responsabilità medica e contenzioso penale: diritto penale come strumento di “controllo sociale” della classe medica?

In materia di responsabilità medica il nostro Paese sembra desti- nato a battere un duplice primato (non solo) statistico: da un lato, quello relativo ai casi di malasanità e, in generale, agli errori medici1 (concetto ampio e ricchissimo di sfaccettature, certo meritevole di approfondimento2; dall’altro, quello – non del tutto sovrapponibile al

1Cfr. la dettagliata ricognizione di A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia. Il ruolo del diritto penale e il confronto col sistema civile, Torino, 2009, 18 ss. In base ai dati divulgati dall’Associazione Italiana di Oncologia Medi- ca (AIOM) nell’ottobre 2006, e in mancanza di studi empirici a livello nazionale, queste sarebbero le cifre attendibili sugli errori medici in Italia: 1) 320.000 errori l’anno, metà dei quali “evitabili”; 2) 90 errori mortali al giorno; 3) 10 miliardi di euro l’anno come spesa sanitaria variamente collegata agli errori in questione.

Sempre secondo l’AIOM, gli errori più frequenti si verificano in sala operatoria nel 32 % dei casi, nei reparti ospedalieri nel 28 %, nei pronto soccorso nel 22 % e, in- fine, nel 18 % negli ambulatori. Nella classifica per settori, elaborata invece dal Tribunale dei diritti del malato, i reparti più a rischio sono quattro: ortopedia (16,5 % di errori), oncologia (13 %), ostetricia (10,8 %), chirurgia (10,6 %).

2V. più approfonditamente infra, Sez. II.

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primo – dei procedimenti penali e civili per colpa medica3: un aspetto, quest’ultimo, che ha contribuito in modo decisivo al processo di nor- mativizzazione della colpa4 e che tuttavia produce effetti singolari tanto sul piano civilistico che su quello penalistico.

Dal punto di vista civilistico, infatti, la prestazione del medico tende sempre più a configurarsi in termini di obbligazione di risultato (la guarigione del paziente) e non, come sarebbe invece più corretto, di mezzi (l’individuazione e l’attuazione della terapia corretta, qualunque sia il suo esito)5. Da quello penalistico, la dilatazione dei confini della colpa del sanitario comporta una stratificazione complessa dei margini di rilevanza delle regole cautelari dell’arte medica: al di là della que- stione – tutt’altro che scolastica – dei confini tra negligenza, impruden- za e imperizia e dei limiti eventualmente posti dall’art. 2236 c.c. a quest’ultima qualifica6, si presenta oggi con impressionante frequenza nelle attività mediche di équipe il distinto problema della simultanea configurabilità di regole cautelari di vigilanza e controllo sull’altrui

3A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 20: «secondo le statistiche Dell’AMAMI (Associazione Medici Accusati di Malpractice Ingiusta- mente), sostanzialmente confermate da quelle del Tribunale dei diritti del Malato (ma si tratta di fonti dichiaratamente “di parte”), il totale delle cause (civili e pena- li) per danni ai pazienti sarebbe all’incirca di 15.000 l’anno. Ancora più alto è il dato fornito dall’ANIA (associazione che raggruppa le maggiori compagnie assicu- rative italiane): 28.500 sinistri denunciati per R.C. medica nel 2005.

Del totale delle cause, si chiuderebbero con una condanna del medico il 25 % circa, ma anche qui siamo di fronte a un dato puramente indicativo, suscettibile di oscillazione verso il basso per quanto riguarda i procedimenti penali (archiviati più o meno nel 70 % dei casi: media della procura di Milano), e verso l’alto per i procedimenti civili (vittoria dei pazienti nel 50 % delle cause)».

4V., tra gli altri, E.R. BELFIORE, Profili penali dell’attività medico-chirurgica in équipe, in Arch. pen., 1986, 269 ss.

5Si veda in proposito l’eloquente Cass. civ., Sez. III, 13 aprile 2007, n. 8826, in Riv. it. med. leg., 2008, 849, con nota di A. FIORI-D. MARCHETTI, Un altro passo ver- so l’obbligazione di risultato nella professione medica?, 872 ss. Tale pronuncia ha ritenuto non irrilevante, ai fini del risarcimento, l’insoddisfacente esito postumo dell’intervento chirurgico, quasi che esso sia sintomatico di un intrinseco difetto della diligenza adeguata alle circostanze del caso concreto da parte dell’operatore.

6Per un’attenta disamina del limite della colpa grave all’attività medico-chirur- gica v., in particolare, A.R. DI LANDRO, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, dal limite della gravità ex art. 2236 c.c. alle prospettive della gross negligen- ce anglosassone, in Indice pen., 2004, 739 ss. Sia poi consentito il rinvio a L. RISI- CATO, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da F. Palazzo e C.E. Palie- ro, vol. I (La legge penale, il reato, il reo, la persona offesa, a cura di G. de Vero), To- rino, 2010, 222. Sulla possibile delimitazione de iure condendo della colpa medica alle sole ipotesi di colpa grave v. meglio infra, Sez. V.

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operato. Si tratta di un meccanismo che, lungi dal circoscrivere le re- sponsabilità individuali in applicazione del principio di affidamento, trasforma il medico in garante dell’altrui operato ex art. 40 cpv. c.p., sempre responsabile (anche) degli errori dei suoi sottoposti e a volte persino dei suoi pari, se non addirittura dei suoi superiori7.

L’errore medico determinato da colpa si presenta quindi come una categoria vastissima, carica di sottosignificati ulteriori e densa di im- plicazioni socio-giuridiche. Esso spazia dall’errore diagnostico al semplice errore materiale (o sbaglio8), finendo per approdare – nei casi di responsabilità di équipe – al c.d. errore sistemico9, tipico delle attività plurisoggettive complesse. In relazione a quest’ultima tipolo- gia di errore, come meglio vedremo10, non sembra rilevare tanto il momento genetico (con conseguente delimitazione delle responsabili- tà individuali), ma la mancata gestione collettiva di una situazione di pericolo che richiedeva l’attivazione di duplici poteri di attenzione volti a neutralizzare sia il fatto colposo proprio che quello di terze persone: questo è il terreno di elezione della compartecipazione cri- minosa nel delitto colposo, ricostruita appunto da recenti pronunzie della Suprema Corte come un’integrazione tra condotte che opera non solo sul piano dell’azione, ma anche sul regime cautelare, richiedendo a ciascuno di rapportarsi, preoccupandosene, pure alla condotta degli altri soggetti coinvolti nel contesto11.

7V. diffusamente infra, Sez. IV.

8Sulla questione A.R. DI LANDRO, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, dal limite della gravità ex art. 2236 c.c. alle prospettive della gross negligen- ce anglosassone, cit., 757, nt. 98. È stata la moderna epistemologia, mutuandola dalla pedagogia, a coniare l’utile distinzione tra errore e sbaglio: il primo sarebbe fatalmente insito nella relatività della scienza in quanto tale, mentre il secondo si riferisce solo alle attività in cui le nozioni teoriche trovano applicazione, e consiste nella mancata soluzione di problemi per i quali una soluzione è già stata trovata.

La distinzione verrà ripresa e meglio approfondita infra, Sez. II, §1.

9G. FIANDACA, Appunti su causalità e colpa nella responsabilità medica, in Re- sponsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurisprudenza), a cura di R. Bartoli, Firenze, 2010, 186. Per un approfondimento sociologico della categoria dell’errore sistemico (anche) in medicina, v. M. CATINO, Da Chernobyl a Linate. Incidenti tecnologici o errori organizzativi?, Milano, 2006, 174 ss.

10Infra, Sez. II, § 4.

11V., tra le altre, Cass. civ., Sez. IV, 2 dicembre 2008 (dep. 16 gennaio 2009), n.

1786, in Dir. pen. proc., 2009, 578 ss., con nota di L. RISICATO, Cooperazione in ec- cesso colposo: concorso “improprio” o compartecipazione in colpa “impropria”? Se- condo la Cassazione, in particolare, «l’intreccio cooperativo, il comune coinvolgi- mento nella gestione del rischio giustifica la penale rilevanza di condotte che, (…),

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I confini della responsabilità, pur così sommariamente tratteggiati, si presentano subito troppo vasti per non ingenerare il dubbio, già aval- lato da attenti Studiosi, che la crescente criminalizzazione dell’attività medico-chirurgica sia diventata «il braccio secolare di una responsabi- lizzazione forzata della classe medica»12. Le cause di questo fenomeno dovrebbero essere rintracciate nella «trepida aspettativa della società (iper-medicalizzata, o dis-umanizzata?) nei confronti del progresso bio- medico, il quale alimenta sempre nuove attese, di carattere a volte “mi- racolistico”»13. Si tratta di un fenomeno che, nei casi di insuccesso, non troverebbe spesso – complici i mass media – altra valvola di sfogo che quella penale e al quale farebbe da sciagurato contraltare l’incre- mento della c.d. medicina difensiva, nel cui ambito l’interesse esclusi- vo del paziente di ippocratica memoria viene bilanciato da quello (ka- fkiano) di evitare denunce giudiziarie14.

L’intervento della magistratura nell’ambito dell’attività medica ri- sponderebbe così al bisogno “emotivo” di tutela di persone in condi- zioni di minorata difesa, quali appunto i pazienti (in senso stretta- mente etimologico). In un’ipotesi del genere, la percezione soggettiva

sebbene atipiche, incomplete, di semplice partecipazione, si coniugano, si compe- netrano con altre condotte tipiche.

In tutte tali situazioni ciascun agente dovrà agire tenendo conto del ruolo e della condotta altrui. Si genera così un legame ed un’integrazione tra le condotte che opera non solo sul piano dell’azione, ma anche sul regime cautelare, richiedendo a ciascuno di rapportarsi, preoccupandosene, pure alla condotta degli altri soggetti coinvolti nel contesto. Tale pretesa d’interazione prudente individua (…) il canone per definire il fondamento ed i limiti della colpa di cooperazione.

La stessa pretesa giustifica la deviazione rispetto al principio di affidamento e di autoresponsabilità, insita nell’idea di cooperazione colposa».

12A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 6. Sulla que- stione v. le acute riflessioni di F.C. PALAZZO, Responsabilità medica, “disagio” pro- fessionale e riforme penali, in Dir. pen. proc., 2009, 1061.

13A.R. DI LANDRO, op. ult. cit., 8.

14Secondo F. PALAZZO, Causalità e colpa nella responsabilità medica, in Cass.

pen., 2010, 1233, la medicina difensiva «si può manifestare in due forme: la forma negativa consiste nel fare tutto il possibile per evitare di affrontare i casi più diffi- cili e problematici, allontanando da sé il paziente che viene indirizzato pertanto verso altri medici e strutture specialistiche. La forma positiva consiste nel caute- larsi preventivamente attraverso la prescrizione di accertamenti diagnostici e di trattamenti terapeutici di dubbia utilità, ma finalizzati a ridurre nella misura mas- sima possibile l’eventualità di una futura contestazione nonostante l’esiguità del rischio patologico evidenziato dalla situazione del paziente. Le conseguenze ulti- me della medicina difensiva, soprattutto di quella positiva, sul piano economico generale e, alla fine, sul piano dell’efficienza complessiva del sistema sanitario so- no facilmente intuibili». Sulla questione si tornerà diffusamente infra, Sez. V.

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del rischio è non di rado superiore alla sua oggettiva consistenza15. Nella società dell’incertezza rappresentata da Bauman16, i procedimenti di attribuzione della responsabilità diventano uno strumento di rassi- curazione paternalistico nei confronti di rischi avvertiti come preminen- ti17: in tal modo, però, il diritto penale si interseca con la sociologia e con l’antropologia culturale, diventando (ancora più) ipertrofico e fi- nendo col sovrapporre pericolosamente – mai forse come in questa ma- teria – comportamenti illeciti e leciti.

2. La responsabilità medica al confine tra i principi di sussi- diarietà e di meritevolezza di pena

Cosa accade quando si attribuisce al giudice un ruolo di controllo sociale o, come bene è stato detto, di «profilassi di gravi fenomeni de- generativi»18? I rischi di un siffatto approccio “promozionale” e non più solo “conservativo” di beni giuridici fondamentali sono stati varia- mente prospettati ora a tinte fosche19, ora – più realisticamente – nel-

15J.M. SILVA SANCHEZ, L’espansione del diritto penale. Aspetti della politica cri- minale nelle società postindustriali, ed. it. a cura di V. Militello, Milano, 2004, 12 ss. L’Autore mette in evidenza l’interazione tra organizzazioni complesse ed il tra- sferimento a terzi di funzioni di garanzia della propria sfera giuridica (con parti- colare riferimento alle posizioni di protezione), con relativa perdita di dominio reale.

16Z.BAUMAN, La società dell’incertezza, Bologna, 1999.

17Sulla questione, v. le riflessioni critiche di G. FIANDACA, Il giudice tra giusti- zia e democrazia nella società complessa, in Il diritto penale tra legge e giudice, Pa- dova, 2002, 25 ss. Se di specificità italiana è dato parlare, essa consiste nell’attri- buire alla magistratura un ruolo antagonistico proprio sul terreno penale. Se ne deduce «una condizione di maggiore arretratezza del nostro paese, rispetto alle al- tre democrazie moderne comparativamente meno inquinate da gravi forme di criminalità di tipo sistemico… Il giudice penale punisce, reprime in nome dello Stato e quale portatore di un orientamento marcatamente pubblicistico: l’interven- to punitivo di per sé non crea o potenzia diritti, non accresce direttamente il be- nessere delle persone; si limita a incidere chirurgicamente per arrestare e preveni- re il male del crimine».

18G. FIANDACA, La legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituzio- nale, in Foro it., 2000, 143. A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 46, nota in proposito come l’atteggiamento politico-culturale della ma- gistratura italiana si ispiri a un’idea di legalità «non giuspositivistica ma meta-po- sitiva, “antagonistica” e “a forte vocazione etico-politico-pedagogica”».

19Doveroso il riferimento alle veementi prese di posizione di F. STELLA, Giusti-

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la prospettiva ineludibile di un dialogo con la giurisprudenza20, specie nei campi in cui essa assume un ruolo creativo se non addirittura fondante.

Il difficile bilanciamento tra il ruolo “classico” del diritto penale in- teso come Magna Charta del reo nel senso lisztiano21 e la sua recente funzione di orientamento (socio)culturale dovrebbe essere realizzato grazie al principio di necessità dell’intervento penale ed alla sua natu- ra sussidiaria rispetto agli altri rami dell’ordinamento (nel caso del- l’attività medica, il pensiero corre in primo luogo agli strumenti civili- stici di tipo risarcitorio).

Nel campo della responsabilità medica, il canone politico-criminale dell’extrema ratio deve tuttavia necessariamente integrarsi col principio di meritevolezza di pena, che impone la criminalizzazione delle offese di gravità intollerabile a beni di rilievo fondamentale. Da questo pecu- liare punto di vista, diventa difficile non ritenere meritevoli di sanzio- ne penale comportamenti – anche colposi – che ledano i beni della vi- ta e dell’incolumità individuale. Vero è che, in sede colposa, risulta arduo fissare una sicura gravità delle offese, sulla base dei diversi coefficienti di prevedibilità e prevenibilità dell’evento che vengono di volta in volta in considerazione22, e nondimeno il discrimen della ne- cessità dell’intervento penale, con ampio spazio de iure condendo alla previsione di sanzioni extrapenali, potrebbe essere delineato attraver- so la concentrazione su due elementi fondamentali:

1) una più puntuale delimitazione dell’ambito di estensione delle regole cautelari e dei contenuti della posizione di garanzia del medi- co, specie nell’ambito della responsabilità di équipe;

2) un più rigoroso accertamento processuale della connessione di rischio tra la regola cautelare violata e l’evento lesivo. Più la regola cautelare coincide con l’omessa vigilanza sull’altrui operato o con una prevedibilità meramente astratta del fatto lesivo, più il reato colposo si allontana dal paradigma dei reati di evento, finendo col diventare – in piena coerenza con altri orientamenti giurisprudenziali maturati nell’ambito della responsabilità per trasmissione di malattie professio-

zia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Milano, 2003, 516. Nel senso che al diritto penale è vietato svolgere una funzione di promozione sociale, pena il rischio di perdere il suo ruolo di garanzia della libertà dei cittadini, v. anche diffusamente M. DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale. La democrazia penale tra differenziazione e sussidiarietà, Milano, 2004, 97.

20G. FIANDACA, La legalità penale negli equilibri del sistema politico-costituziona- le, cit., 139.

21V. ancora M. DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale, cit., 97.

22A. R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 50.

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nali – una forma di responsabilità da rischio lecito: una responsabili- tà sociale che diventa anche penale, con tutto ciò che tale sovrapposi- zione implica.

3. La responsabilità medica come responsabilità da rischio?

Indebolimento del disvalore di evento dell’illecito colposo a vantaggio di una dilatazione indeterminata delle regole cau- telari

Sempre più ricorrente in giurisprudenza è l’affermazione che «in ambito di colpa il parametro è il rischio»24. Si tratta di un dato tutt’altro che sorprendente, sempre che non lo si voglia interpretare come una legittimazione fattuale del principio di precauzione in ma- teria penale25. In un certo senso, nella responsabilità colposa tutto è rischio: il sostrato di base delle condotte colpose è quello proprio delle attività pericolose ma lecite, ogni regola precauzionale contempla uno spettro di rischio in vista della sua neutralizzazione o riduzione. Tra regola cautelare ed evento deve infine potersi sempre ravvisare una univoca connessione di rischio, nel senso appunto che l’evento cagio- nato deve rientrare nel novero dei fatti lesivi che la regola precauzio- nale (“chiusa” o “aperta” in rapporto al patrimonio di conoscenze – definito o in fieri – su cui si fonda) mirava ad evitare. Affermare che il parametro di valutazione della colpa sia il rischio non appare, sotto questo punto di vista, cosa azzardata né illogica.

Il rischio è comunque alla base dell’imputazione colposa. Ciò non vuol dire, beninteso, che il baricentro dell’imputazione colposa possa o debba anticipare la sua soglia critica al pericolo generico di verifica- zione di un evento, ma solo che lo spettro di rischio contemplato dalle

23La questione dell’ambito di operatività di regole cautelari la cui portata pre- ventiva sia legata all’evoluzione del sapere scientifico è assai complessa, al punto da aver comportato nella giurisprudenza più recente una importante – e certo non pacifica – riformulazione dei requisiti strutturali della colpa. Sul punto, cfr. la fondamentale Cass. civ., Sez. IV, 17 maggio 2006, B. e a., in Foro it., 2007, 550 ss.

In senso assai critico v., tra gli altri, D. PULITANÒ, Colpa ed evoluzione del sapere scientifico, in Dir. pen. proc., 2008, 647 ss.

24Così App. Venezia, 15 dicembre 2004, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 1670 ss., commentata da C. Piergallini, Il paradigma della colpa nell’età del rischio: prove di resistenza del tipo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 1684.

25Sia qui tollerato il rinvio a L. RISICATO, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, cit., 230, e agli Autori ivi citati.

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singole regole cautelari possa rivendicare un’estensione più ampia in rapporto alla tutela di beni primari come la vita o la salute (individua- le o pubblica): il delitto colposo, sotto questo punto di vista, è quello che più di altri modelli di incriminazione riflette ontologicamente ri- schi e costi sociali.

Tuttavia, nel settore della responsabilità medica – e di quella di équipe in special modo – il pericolo di un allontanamento reale dal di- svalore di evento tipico dell’illecito colposo è determinato, come pri- ma accennato26, dall’incidenza logorante di due fattori:

a) la deriva delle teorie sulla causalità normativa, nascente dalla so- vrapposizione tra responsabilità colposa e responsabilità per omesso im- pedimento dell’evento ex art. 40 cpv. c.p. La causalità dell’omissione è ri- costruita come specie intrinsecamente diversa da quella naturalistica, al punto da esser stata spesso definita quasi-causalità: una causalità indiret- ta che ha indotto, da un lato, alcuni studiosi a ritenere che ci si possa ac- contentare di un rapporto di successione tra condotta ed evento meno rigoroso che nelle tipologie delittuose commissive e ha portato, dall’altro, la giurisprudenza meno recente a quantificare la presunta minore rigo- rosità della causalità omissiva nell’ordine (generico) di “serie ed apprez- zabili probabilità di successo” della condotta doverosa omessa. Ipotizza- re l’esistenza di obblighi di controllo sull’altrui operato, propri delle atti- vità di équipe, si traduce, tra l’altro, in un ulteriore allentamento del nes- so causale tra condotta omissiva ed evento lesivo finale, posto che nel ca- so di specie non si configura un’immediata connessione di rischio tra omissione ed evento, ma tra omesso controllo professionale (ma a volte meramente istituzionale27 e fatto di terze persone.

Dal punto di vista teorico, il fenomeno qui descritto «si traduce nella progressiva trasformazione del reato in “illecito di mera trasgressione di regole tecniche”»28, appena temperata nella prassi giudiziaria – in modo in verità desolante – dalla sostanziale impunità dei delitti colposi29;

26Supra, § 2.

27V. meglio infra, Sez. IV, § 1.

28A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 65: è «l’im- pianto tecnico della fattispecie a trasformarsi, in buona parte, da naturalistico-de- scrittivo in normativo; e ciò fa sì che il reato stesso si trasformi in un rischio, colle- gato al ruolo sociale del soggetto, e governato soprattutto dal caso» (corsivo del- l’Autore). Sulla (a volte sorprendente) elasticità giurisprudenziale degli istituti del diritto penale “classico” di fronte alle nuove fenomenologie di rischio v., per tutti, A. GARGANI, La “flessibilizzazione” giurisprudenziale delle categorie classiche del rea- to di fronte alle esigenze di controllo penale delle nuove fenomenologie del rischio, in Legisl. pen., 2011, 397.

29L’impunità è collegata soprattutto (ma non solo) ai contenuti limiti edittali

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b) la conseguente dilatazione della portata preventiva delle regole cautelari: a quelle proprie (tecniche o prasseologiche) dell’arte medi- ca30, che non escludono – com’è noto – una generica responsabilità per negligenza o imprudenza, si affiancano norme precauzionali di controllo sull’altrui operato, anche in mancanza di contestualità dell’a- zione tipica. Il discorso è tanto più complesso quanto più si consideri la natura “impropria” delle regole cautelari del sanitario, che «a fronte della prevedibilità dell’evento, impongono di adottare precauzioni che non garantiscono un azzeramento (o quasi) del rischio, ma soltanto una riduzione del medesimo»31. Il diverso grado di evitabilità dell’e- vento tipico delle regole cautelari “improprie” dovrebbe avere signifi- cative ripercussioni nei territori della causalità colposa e, soprattutto, dei limiti del dovere di diligenza del medico. Tuttavia, nelle attività di équipe – pure tradizionalmente riconosciute come terreno d’elezione per l’operatività del principio di affidamento – il margine della dili- genza individuale viene quasi costantemente rimodulato e affievolito dalla nuova soglia di rischio delle attività plurisoggettive, che impone obblighi di controllo reciproco a catena.

Si scopre così, in base ad un’analisi della giurisprudenza più elo- quente32, che il principio di affidamento nelle attività di équipe è una regola fin troppo ricca di eccezioni per assurgere al rango di canone

di pena degli artt. 589 e 590 c.p., che attraggono senza filtri di sorta questa tipolo- gia di illecito nell’alveo dei reati oggetto di patteggiamento e di benefici come la sospensione condizionale della pena; per tacere dei profili collegati all’agile disci- plina della prescrizione e alla mancata predisposizione di un efficace sistema di sanzioni interdittive, oltre che di strumenti adeguati di riparazione del danno: cfr., tra gli altri, D. CASTRONUOVO, La colpa penale, Milano, 2009, 49 ss.

30A.R. DI LANDRO, La colpa medica negli Stati Uniti e in Italia, cit., 71, pone in evidenza il problema dell’indeterminatezza delle regole dell’arte medica, che rap- presenta un tipico caso di colpa generica fondata quasi costantemente su regole non scritte. La lacuna di precettività è poi tanto acuita nei casi di colpa medica,

«quanto più il giudice fatica ad atteggiarsi quale dominus unico del processo: il ruolo del giudice, infatti, se è teoricamente sovraordinato a quello del perito (se- condo l’antico brocardo dello iudex peritus peritorum), in concreto è sempre più insidiato, per non dire sopraffatto, dagli ausili “tecnici”, particolarmente utilizzati nel nostro sistema processuale (a differenza che in altri, come quello americano), e “istituzionalizzati” nella figura del perito d’ufficio.

E così, a rendere ancora più frammentata, aleatoria e fuzzy l’individuazione/

concretizzazione della colpa secondo regole preventive concorre, nel settore della responsabilità professionale, la divisione delle competenze, nel complesso mecca- nismo d’interazione che si stabilisce tra preparazione scientifica del giudicante e sensibilità giuridica del perito».

31P.S. VENEZIANI, Regole cautelari “proprie” ed “improprie”, Padova, 2003, 15 ss.

32Infra, Sez. IV.

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generale alla cui stregua definire i confini della responsabilità indivi- duale colpevole.

L’indagine che ci accingiamo a svolgere, concentrata d’ora in avanti sulle attività mediche di équipe, intende appunto verificare i reali ambi- ti di operatività del principio di affidamento nel suo settore applicativo più importante, e vagliare la consistenza – giuridica e fattuale – degli obblighi di controllo reciproco dei sanitari. Tante le questioni da appro- fondire: da quella dei rapporti tra colpa ed errore del medico agli stessi limiti di legittimità degli obblighi di controllo sul fatto colposo di terze persone: limiti che chiamano in causa il principio di responsabilità per fatto proprio colpevole di cui all’art. 27, comma 1, Cost.

4. La responsabilità di équipe: cenni generali introduttivi

Nei casi di attività di équipe33 i problemi relativi alla natura ed allo spettro preventivo delle regole cautelari si incrociano con almeno tre

33Sul tema della responsabilità colposa nell’attività medica in équipe, si veda- no, tra gli altri, S. ALEO-A. CENTONZE-E. LANZA, La responsabilità penale del medi- co, Milano, 2007; F. AMBROSETTI-M. PICCINELLI, La responsabilità nel lavoro medi- co in équipe, Torino, 2003; P. AVECONE, La responsabilità penale del medico, Pado- va, 1984, 151; E.R. BELFIORE, Profili penali dell’attività medico-chirurgica in équi- pe, cit., 265; M. BILANCETTI, La responsabilità penale e civile del medico, Padova, 2010, 693; R. BLAIOTTA, La causalità nella responsabilità professionale, Padova, 2004, 119; ID., Causalità giuridica, Torino, 2010; C. CANTAGALLI, Brevi cenni sul dovere secondario di controllo e sul rilievo dello scioglimento anticipato dell’équipe in tema di responsabilità medica, in Cass. pen., 2006, 2834; A. CRESPI, La responsa- bilità penale nel trattamento medico-chirurgico con esito infausto, Palermo, 1955;

A.R. DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico di équipe, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2005, 225; F. GIUNTA, voce Medico (responsabilità penale del), in I dizionari sistematici. Diritto penale, Milano, 2008, 876 ss.; L. GIZZI, Orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità me- dica in équipe, in Dir. pen. proc., 2006, 1; ID., La responsabilità medica in équipe, in Responsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurisprudenza), a cura di R. Bartoli, Firenze, 2010, 31 ss.; G. IADECOLA, I criteri della colpa nell’attività medica in équipe, in Giur. merito, 1997, 226; F. MANTOVANI, La responsabilità del medico, in Riv. it. med. leg., 1980, 21; M. MANTOVANI, Sui li- miti del principio di affidamento, in Indice pen., 1999, 1195; M. MANTOVANI, Alcune puntualizzazioni sul principio di affidamento, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, 1053;

G. MARINUCCI-G. MARRUBINI, Profili penalistici del lavoro medico-chirurgico in è- quipe, in Temi, 1968, 217; A. MASSARO, Principio di affidamento e “obbligo di vigi- lanza” sull’operato altrui: riflessioni in materia di attività medico-chirurgica in équi- pe, in Cass. pen., 2011, 3857; N. MAZZACUVA, Problemi attuali in materia di respon- sabilità penale del sanitario, in Riv. it. med. leg., 1984, IV, 410; C. PARODI-V. NIZZA, La responsabilità penale del personale medico e paramedico, Torino, 1996; L. RISI-

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tematiche di cruciale interesse per il penalista. Alla questione dei mar- gini di configurabilità di regole cautelari volte a prevenire il fatto col- poso di terze persone sono strettamente correlate, da un lato, l’opera- tività del principio di affidamento come limite alla tipicità colposa monosoggettiva; dall’altro, la genesi della responsabilità colposa con- corsuale come effetto di condotte (tipiche o atipiche) di cooperazione rilevanti ex art. 113 c.p.

Sullo sfondo si staglia l’omnicomprensiva dimensione incrimina- trice dell’art. 40 cpv. c.p., specie (ma non solo) in riferimento alla po- sizione del capo-équipe, sul quale grava quasi sempre un obbligo giu- ridico di controllo e supervisione dell’altrui operato che troppo spesso si traduce in una sorta di responsabilità oggettiva occulta. Il compo- nente dell’équipe assume, a vario titolo, una posizione di garanzia, «i cui confini di esigibilità si modellano immediatamente – oltre che sul consenso del paziente o sulle esigenze della necessità – sui contorni di una serie indefinita, ed a tratti indefinibile, di leges artis»34.

Preliminare a ogni specifico, ulteriore approfondimento in merito è tuttavia un chiarimento sulla portata concettuale dell’espressione at- tività medico-chirurgica in équipe. L’orizzonte da cui prendiamo le mosse è, in realtà, ben più ampio rispetto ai casi in cui un team di me- dici e paramedici si trovi riunito per intervenire su un paziente, ab- bracciando invece tutte le ipotesi di cooperazione – orizzontale e verti- cale – tra sanitari (dirigenti amministrativi inclusi), che risultano e- normemente accresciute sia per la burocratizzazione gerarchica del- l’attività sanitaria, sia soprattutto per i progressi della scienza medica.

L’evoluzione dell’arte medica ha comportato una proliferazione delle specializzazioni e una crescente – ma non altrettanto rassicurante – tendenza alla settorializzazione delle competenze scientifiche. Perde quindi terreno la figura tradizionale del medico generico, chiamato a prendersi cura in splendida solitudine della salute del proprio pazien- te. Al di là della normale routine, il medico “di famiglia” è spesso co- stretto a chiamare in causa lo specialista: si realizza così una prima

CATO, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da F. PALAZZO e C.E. PA- LIERO, cit., 236; R. RIZ, voce Medico (responsabilità penale), in Enc. giur. Treccani, 1988, 14; A. VALLINI, Gerarchia in ambito ospedaliero ed omissione colposa di trat- tamento terapeutico, in Dir. pen. proc., n. 12/2000, 1632; P. VENEZIANI, I delitti con- tro la vita e l’incolumità individuale. I delitti colposi, Padova, 2003, 193. Per una ri- cognizione dei più recenti orientamenti in materia di responsabilità medica nella RFT v., tra gli altri, H. FRISTER-M. LINDEMANN-T.A. PETERS, Arztstrafrecht, Mün- chen, 2011; G. DANNECKER-A.F. STRENG, Strafrechtliche Risiken den implizierten Rationierung medizinischer Leistungen, in Medizinsrecht, 2011, 131 ss.

34A. VALLINI, Gerarchia in ambito ospedaliero ed omissione colposa di tratta- mento terapeutico, cit., 1636.

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forma di “interazione” in grado di sollevare questioni peculiari (nella prospettiva della responsabilità penale per colpa) rispetto ai contesti in cui il rapporto intercorre tra un solo medico e il paziente35.

Accanto al progresso tecnico della medicina, con conseguente ulte- riore complessità (anche soggettiva) sia della fase di diagnosi che di quella propriamente terapeutica, va evidenziata l’evoluzione della c.d.

medicina sociale, parallelamente all’espandersi delle strutture in cui l’esercizio dell’arte medica trascende la sfera individuale. Si pensi al- l’organizzazione dei luoghi di cura (ospedali, cliniche, case di cura, etc.), nei quali istituzionalmente si attua una poliedrica ripartizione dei compiti a seconda dell’ente e del tipo di attività svolta. A riguardo, si è esattamente osservato come sia più corretto parlare di responsa- bilità sanitaria che di responsabilità stricto sensu medica, nell’ambito di un più vasto – e irreversibile – processo di “spersonalizzazione” del- l’atto medico promosso dall’attuale sistema legislativo e socialmente adeguato: ancora accettabile in un’ottica civilistica, tale processo ri- schia di interferire gravemente con gli equilibri penalistici sul criterio di ascrizione delle responsabilità personali36.

È proprio l’organizzazione a svolgere un ruolo essenziale nei mec- canismi di funzionamento delle strutture complesse: essa genera, a sua volta, una nuova e distinta serie di regole cautelari tese all’attua- zione collettiva di mansioni tecniche, la cui inosservanza determina un fenomeno molto studiato dai sociologi e poco dai giuristi. Non po- chi errori medici sono infatti oggi il risultato «non già di isolate colpe individuali, bensì di contesti interattivi di intervento medico in cui la dimensione pluripersonale e organizzativa gioca un ruolo determi- nante: per cui l’errore ha un’origine “sistemica”, e il trascurarlo ha ef- fetti negativi proprio perché il privilegiare la responsabilità individua- le impedisce od ostacola un’efficace prevenzione basata su analisi si- stematiche ed elaborazioni collettive degli errori medici nell’ambito delle strutture sanitarie interessate»37. Il problema più rilevante è al- lora quello di conciliare siffatte istanze (general)preventive con il ca- rattere personale della responsabilità penale, da un lato, e con il fon- damentale interesse alla tutela della salute del paziente, dall’altro.

35Così, efficacemente, P. VENEZIANI, I delitti contro la vita e l’incolumità indivi- duale. I delitti colposi, cit., 194.

36A.R. DI LANDRO, Vecchie e nuove linee ricostruttive in tema di responsabilità penale nel lavoro medico di équipe, cit., 227.

37G. FIANDACA, Appunti su causalità e colpa nella responsabilità medica, in Re- sponsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurisprudenza), cit., 186. Cfr. supra, nt. 9.

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In rapporto a questo profilo, è estremamente problematico definire i confini della responsabilità tra medici e tra medici e personale ausi- liario (specialmente infermieri), o tra personale ausiliario tout court38, legati alla divisione delle competenze: elemento, questo, che rappresen- ta la non semplice linea di demarcazione tra responsabilità colposa monosoggettiva e responsabilità concorsuale.

Prima di entrare nel vivo della trattazione, è tuttavia indispensabile approfondire le relazioni esistenti tra errore individuale, errore “si- stemico” e colpa del medico: alla base di questo intreccio sarà possibi- le rinvenire la genesi delle posizioni di controllo sull’altrui operato che vanificano, in questo settore, il principio di affidamento.

38P. VENEZIANI, loc. ult. cit.: «Per quanto attiene specificamente alla situazione esistente nel nostro Paese, si ritiene dimostrato che i medici di base italiani invii- no dagli specialisti e richiedano esami biochimici e strumentali molto più frequen- temente dei loro colleghi europei. Il medico “di base” o “di famiglia” parrebbe dunque privilegiare una sorta di delega ai medici specialisti e ai medici ospedalieri, ponendosi quale trait d’union tra il malato e il Servizio Sanitario Nazionale. In quest’ottica, il medico “di base” viene considerato una figura centrale del nostro attuale ordinamento sanitario: non soltanto, cioè, per le prestazioni di contenuto sanitario direttamente effettuate nel rapporto con il paziente (diagnosi, cure, etc.), ma anche e forse soprattutto in quanto “passaggio obbligato” per l’accesso agli ul- teriori livelli del sistema, in cui si collocano consulenze specialistiche, esami dia- gnostici strumentali, ricoveri ospedalieri e quant’altro. Al punto che spesso il me- dico di medicina generale viene visto come un semplice funzionario amministrati- vo del S.S.N.

Ciò ovviamente non esime di per sé il medico di base dal rischio di incorrere in responsabilità colposa, in caso di esito infausto. Piuttosto, si profila la necessità di ricostruire in modo puntuale il contenuto delle regole cautelari, tenendo conto della particolarità delle situazioni in cui il compito di proteggere la salute e la vita stessa del paziente viene ad essere ripartito tra più soggetti».

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(24)

S

EZIONE

II

L’errore “sistemico” e la proliferazione degli obblighi di controllo sull’altrui operato

SOMMARIO: 1. L’errore sulle leges artis medico-chirurgiche come ipotesi di confine tra errore sul fatto ed errore sul divieto.– 2. I protocolli di prevenzione dell’er- rore come fonte degli obblighi di controllo sull’altrui operato? – 3. L’errore si- stemico. – 4. Colpa specifica del sanitario e linee guida: obiezioni di principio e problemi applicativi.

1. L’errore sulle leges artis medico-chirurgiche come ipotesi di confine tra errore sul fatto ed errore sul divieto

Nella materia che qui ci occupa, è opportuna qualche precisazione di tipo terminologico. Questo è un territorio in cui “errore” e “colpa” diven- tano sinonimi, e tuttavia rivendicano spazi concettuali differenti: se è ve- ro, infatti, che l’imperizia del medico si fonda sull’errore, non è automa- ticamente vero che ogni errore implichi anche una responsabilità profes- sionale del sanitario1. Questa considerazione, come meglio vedremo, si arricchisce di nuovi significati nell’ambito delle attività di équipe.

La moderna epistemologia, mutuandola dalla pedagogia2, ha coniato la distinzione tra errore e sbaglio: il primo – di carattere prettamente in- tellettuale – è connaturato alla relatività del sapere scientifico, mentre il secondo – di carattere squisitamente materiale – consiste nella mancata soluzione di problemi per i quali una soluzione è già stata trovata3.

1Così, esattamente, A.R. DI LANDRO, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, dal limite della gravità ex art. 2236 c.c. alle prospettive della gross negli- cence anglosassone, in Indice pen., 2004, 755.

2V., tra gli altri, D. ANTISERI, Pedagogia, epistemologia e didattica dell’errore, Soveria Mannelli, 2001, 11 ss.

3A.R. DI LANDRO, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, cit., 757, nt. 98.

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Questa distinzione ben si presta a coprire buona parte delle ipotesi di

“errore” medico, che variano appunto dall’errore diagnostico alla svi- sta grossolana dovuta a negligenza, imprudenza o imperizia, fino ad approdare all’errore “collettivo” tipico della responsabilità d’équipe.

Nell’ottica della progressiva normativizzazione della colpa, beninte- so, la distinzione tra negligenza, imprudenza e imperizia non deve esse- re sopravvalutata, posto che l’imperizia – lungi dall’avere caratteristiche autonome e distinte – si presenta, nei fatti, come una negligenza o im- prudenza qualificata dal possesso di speciali conoscenze in capo al sog- getto agente. Tuttavia, la categoria dell’imperizia medica chiama in cau- sa almeno tre questioni interpretative di non poco conto:

a) se per essa sia invocabile – e, se sì, in quali casi – il limite gene- rale posto dall’art. 2236 c.c. per le prestazioni che implicano la solu- zione di problemi tecnici di speciale difficoltà;

b) se l’imperizia rivelata da errore diagnostico sia davvero ascrivibi- le ai casi di errore sul fatto determinato da colpa, e se – in tal caso – il rimprovero di colpa sia più esteso che nelle ipotesi di negligenza e imprudenza;

c) se, a livello plurisoggettivo, l’imperizia possa consistere anche nel mancato impedimento dell’errore di terze persone.

A) Secondo una tesi a lungo sostenuta e oggi tornata, sia pur con di- verse modulazioni, in auge, nelle ipotesi di imperizia in senso stretto l’errore medico sarebbe penalmente rilevante solo in caso di colpa gra- ve4. A tale conclusione si giungerebbe, appunto, in base a quanto previ- sto dall’art. 2236 c.c., il quale prevede che qualora la prestazione impli- chi la soluzione di «problemi tecnici di speciale difficoltà», il prestatore d’opera risponda dei danni solo in caso di dolo o colpa grave5.

4In dottrina v., tra gli altri, A. MANNA, Profili penalistici del trattamento medico- chirurgico, Milano, 1984, 140. L’art. 3, comma 1, del d.l. n. 158/2012 (c.d. decreto Balduzzi) prevede ora che l’esercente una professione sanitaria che, nello svolgi- mento della propria attività, si attenga a linee guida e buone pratiche ospedaliere, risponde solo dei danni derivanti da colpa grave. Sul punto v. meglio infra, § 4, e Sez. V, § 4.

5In giurisprudenza cfr., tra le altre, Cass. Sez. IV, 11 gennaio 1978, Gandini, in Cass. pen., 1980, 1570; Cass. Sez. IV, 13 dicembre 1977, Mongrovejo, in Cass.

pen., 1980, 1561. In particolare, secondo Cass. Sez. IV, 24 giugno 1983, Veronesi, in Cass. pen., 1984, 307, la limitazione della responsabilità dei professionisti alle ipotesi di dolo o colpa grave ricorre soltanto quando, addebitata l’imperizia, la prestazione abbia richiesto la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà;

quando, invece, la responsabilità del professionista trovi la propria origine nella negligenza o nell’imprudenza, la valutazione deve essere effettuata con riguardo

(26)

Siffatto orientamento prende le mosse dall’esigenza, certo ragione- vole, di non “paralizzare”, gravandola di onerose cautele, l’attività me- dico-chirurgica, specie in settori che richiedono un elevato livello di competenze: un’esigenza che, del resto, è stata fatta propria in tempi non recentissimi dalla stessa Corte costituzionale, la quale ha dichia- rato infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 589 e 42 c.p., nella parte in cui consentono che nella valutazione della col- pa professionale il giudice attribuisca rilevanza penale soltanto a gra- di di colpa di tipo particolare6. Il problema, tuttavia, è che proprio in questa materia si vada profilando una distinzione – altrimenti di per sé estranea persino al lessico penalistico – tra colpa lieve e grave: il grado della colpa ex art. 133 c.p. è valutabile non in base a parametri di derivazione civilistica, come quelli suggeriti dall’art. 2236 c.c., ma piuttosto sull’entità della divergenza tra il comportamento che l’agen- te avrebbe dovuto tenere e quello effettivamente tenuto. Questa è, del resto, la ragione per cui la giurisprudenza sinora prevalente ha rite- nuto sempre più spesso inapplicabile all’imperizia il disposto dell’art.

2236 c.p.7.

alla natura dell’attività svolta, con la conseguenza che è rilevante anche la colpa lieve.

6Corte cost., sent. 28 novembre 1973, n. 166, in Giur. cost., 1973, 1795. Secon- do la Consulta, «siffatta esenzione o limitazione di responsabilità…non conduce a dover ammettere che, accanto al minimo di perizia richiesta, basti pure un mini- mo di prudenza o di diligenza. Anzi, c’è da riconoscere che, mentre nella prima l’indulgenza del giudizio del magistrato è direttamente proporzionata alle difficol- tà del compito, per le altre due forme di colpa ogni giudizio non può che essere improntato a criteri di normale severità».

7V., in special modo, Cass. civ., Sez. IV, 29 settembre 1997, Azzini, in Cass.

pen., 2000, 42: «va condivisa la ormai prevalente giurisprudenza di questa Corte a riguardo della individuazione dei parametri di valutazione della colpa professiona- le del medico in ipotesi di addebito di reato, sia esso di lesioni personali che di morte del paziente, da riferirsi non alla nozione civilistica di inadempimento nel- l’esecuzione del rapporto contrattuale (art. 2236, comma 3, c.c., in relazione al di- sposto degli artt. 2230 e 1668 stesso codice), ma a quelli propri del diritto penale, siano essi riferiti ai profili di colpa generica, quali la negligenza, l’imprudenza, l’imperizia, sia a quelli di colpa specifica… Ciò in quanto… la condotta colposa, implicante giudizio di responsabilità penale, incide su beni primari, quali la vita o la salute delle persone, e non già su aspetti patrimoniali o economici, quali, ap- punto, quelli scaturenti dall’inadempimento, o non puntuale adempimento, di un rapporto di natura civilistica». Nondimeno, l’art. 2236 può rivendicare il ruolo sussidiario di parametro legale nelle ipotesi in cui l’interprete debba valutare la condotta di un medico che si sia imbattuto «in un caso eccezionale che gli abbia imposto la soluzione di problemi di particolare difficoltà per la dubbiosità della situazione, quanto a diagnosi, a terapie o ad azione d’intervento». In questo senso

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Nondimeno, la delimitazione legislativa delle ipotesi di colpa pro- fessionale ai soli casi di colpa “grave”, individuabili sulla base di pa- rametri non più coincidenti con quelli civilistici, rientra tra le plausi- bili soluzioni prospettate de iure condendo da parte della dottrina per contenere la medicina c.d. “difensiva” e la proliferazione del conten- zioso legato al rischio clinico: conferma di tale tendenza è fornita, a livello penalistico, dall’art. 3, comma 1, l. 8 novembre 2012, n. 189.

Questa disposizione, che integra di fatto il disposto dell’art. 43 c.p., prevede che «l’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accredi- tate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lie- ve». Su questo singolare tentativo di vincolare i parametri normativi della colpa medica a una colpa grave che coesista con l’osservanza delle linee guida occorrerà tornare in un secondo momento8.

B) Nei casi di vero e proprio errore diagnostico (per ignoranza o per difettosa interpretazione delle leges artis) si riscontra un rimprove- ro di colpa che anticipa la sua soglia di rilevanza al mancato ricono- scimento – per mancanza di adeguate conoscenze tecniche o per su- perficialità di valutazione – della patologia da cui il paziente è affetto.

Prima facie, siamo di fronte ad una sorta di errore sul fatto determina- to da colpa, ascrivibile a quella particolare specie di colpa detta im- propria9: si tratterebbe, tuttavia, di un errore colposo su legge extrape- nale, non punibile in quanto non previsto dall’ultimo comma dell’art.

47 c.p.: un’insidiosa ipotesi di confine tra errore sul fatto ed errore sul divieto, la cui assoluta impunità lascia legittimamente perplessi. Più corretto, e non solo dal punto di vista dogmatico-classificatorio, pare quindi qualificare l’errore sulle leges artis in campo medico – positiviz- zate, semi-positivizzate o di fonte non scritta – come un errore su leg- ge extrapenale (necessariamente) integratrice del divieto, scusante (so- lo) se inevitabile e con modulazioni diverse in rapporto al livello di

si erano già pronunziate, tra le altre, Cass. civ., Sez. IV, 2 giugno 1987, Popa Bo- schi, e 24 giugno 1987, Mondonico, in Cass. pen., 1989, 68; Cass. Sez. IV, 19 feb- braio 1981, Desiato, in Cass. pen., 1981, 1171.

Per una rivalutazione del limite della colpa grave nella punibilità della colpa medica v. tuttavia, tra gli altri, A.R. DI LANDRO, I criteri di valutazione della colpa penale del medico, cit., 758, secondo il quale siffatta delimitazione «potrebbe ren- dere più “percettibile” e “comunicabile” al mondo medico la soglia di rilevanza penale dell’errore, contribuendo così ad accorciare le distanze tra valutazioni cli- niche e giuridiche». Sulla questione si tornerà meglio infra, Sez. V.

8V. più approfonditamente infra, Sez. V, § 4.

9Per una singolare valutazione del c.d. errore diagnostico come ipotesi di con- fine tra colpa impropria e colpa per imperizia, v. Cass. Sez. IV, 30 ottobre 1998, in Cass. pen., 1999, 3449.

(28)

competenze tecniche del singolo sanitario10.

In rapporto all’errore diagnostico lato sensu inteso dovrebbe poter- si invocare il limite scusante della speciale difficoltà qualora la malat- tia abbia una sintomatologia equivoca o eziologia incerta, oppure non sia stata ancora adeguatamente studiata, o ancora nel caso in cui i protocolli diagnostici e terapeutici abbiano subito rilevanti modifiche recenti11. Sotto l’angolo prospettico delle attività di équipe, invece, l’errore diagnostico dovrebbe essere uno degli ambiti applicativi privi- legiati del principio di affidamento, specie nei rapporti di collabora- zione tra soggetti in diversa posizione gerarchica. Un’analisi più at- tenta della giurisprudenza svela, tuttavia, una realtà ben diversa12.

C) L’attività del medico che non vigila sull’altrui operato può de- finirsi indirettamente – o atipicamente – colposa ai sensi dell’art. 113 c.p.? Sembra proprio di no, specie considerando che la giurispruden- za in tema di responsabilità medica esige sempre che ciascuna con- dotta (autonomamente) colposa si ponga in diretta connessione di ri- schio con la verificazione dell’evento lesivo, rappresentandone un ine- quivocabile antecedente causale13. L’attività medica di équipe, come meglio vedremo in seguito, rappresenta un punto di confluenza – su- scettibile di infinite sfumature – tra correità colposa, reità colposa mo- nosoggettiva e reità commissiva mediante omissione ex art. 40 cpv.

10La tematica accennata nel testo è sviluppata in modo esauriente da A.R. DI LANDRO, Dalle linee guida e dai protocolli all’individualizzazione della colpa penale nel settore sanitario. Misura oggettiva e soggettiva della malpractice, Torino, 2012, 310 ss. L’Autore privilegia correttamente un approccio casistico alla questione, distinguendo l’errore commesso da medico parzialmente “inesperto” o incompe- tente dalla diversa ipotesi dell’ignoranza per ragioni oggettive delle leges artis: «salvi i casi particolari dell’urgenza e dell’attività complessa, prestata dallo specializzan- do in collaborazione o in appoggio allo specialista, non sembra potersi ritenere scusabile, in linea di massima, l’errore sulla regola cautelare commesso da un ope- ratore non adeguatamente qualificato (es.: medico generico), che non indirizza il paziente ad uno specialista del settore». Viceversa, le ragioni di inevitabilità/scu- sabilità dell’errore determinate da motivi che rendano impossibile – o, quanto meno, ardua – la conoscenza della lex artis appaiono fondate: «si pensi ad una regola cau- telare del tutto nuova, la quale sia non solo di recente introduzione, ma anche dal- le caratteristiche marcatamente diverse rispetto allo status quo ante del settore professionale o della disciplina. In questo caso, probabilmente, è ammissibile un certo intervallo temporale per l’adeguamento dei soggetti alle nuove indicazioni».

Considerato sotto questo angolo prospettico, il tema dell’errore sulle regole dell’ar- te medica pare riconfluire nel più generale obbligo di aggiornamento del profes- sionista.

11Vedi meglio infra, Sez. V, § 4.

12Infra, Sez. IV.

13Infra, Sez. IV.

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