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INDAGINE CONOSCITIVA SULL’INFORMAZIONE LOCALE

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Academic year: 2022

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Allegato A alla delibera n. 570/18/CONS

INDAGINE CONOSCITIVA SULL’INFORMAZIONE

LOCALE

SERVIZIO ECONOMICO-STATISTICO

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Anno 2018, mese di novembre

I dati riportati nell’Indagine, salvo diversa indicazione, sono stati elaborati dall’AGCOM SERVIZIO ECONOMICO-STATISTICO

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Allegato A alla delibera n. 570/18/CONS

Sommario

EXECUTIVE SUMMARY

Premessa ... 5

Perimetro dell’indagine: l’informazione locale ... 6

Struttura dell’Indagine ... 7

PARTE I – INFORMAZIONE LOCALE: UNA VISIONE D’INSIEME ... 1. L’informazione locale e il pluralismo ... 10

1.1 Introduzione ... 10

1.2 Pluralismo delle fonti locali ... 10

1.3 Informazione locale e intervento pubblico ... 13

2. Una panoramica complessiva sull’informazione locale ... 18

2.1 La disponibilità di fonti informative a livello locale ... 20

2.2 Il consumo delle fonti informative locali... 25

2.2.1 Il consumo di informazione locale ... 27

2.3 La concentrazione dei mercati dell’informazione locale ... 32

2.3.1 La “total audience informativa” dei gruppi editoriali (a livello locale) ... 32

2.3.2 L’analisi della forza informativa dei maggiori gruppi editoriali nelle Regioni ... 33

2.3.3 L’emergere di posizioni di forza informativa in alcuni contesti locali ... 36

a) Trentino Alto Adige: l’emergere di un gruppo specializzato ... 36

b) Sardegna: l’emergere di un gruppo conglomerale ... 40

c) Molise e Puglia: l’emergere di gruppi in contesti di difficoltà economico-finanziaria ... 43

d) Sicilia: gruppi editoriali locali, partecipazioni e assetti societari... 47

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3. Il ruolo del servizio pubblico nell’informazione locale ... 51

3.1 La definizione di servizio pubblico e l’ambito locale ... 52

3.2 L’organizzazione dell’informazione locale di servizio pubblico ... 55

3.2.1 L’offerta informativa locale di servizio pubblico ... 55

3.2.2 La struttura organizzativa del servizio pubblico locale ... 57

3.2.3 La tutela delle minoranze linguistiche e culturali nell’ambito dell’offerta di servizio pubblico ... 61

3.3 La penetrazione del servizio pubblico a livello locale: un’analisi di benchmark sugli ascolti ... 64

3.3.1 Prime evidenze circa la differenziazione regionale negli ascolti dell’informazione locale di servizio pubblico ... 64

3.3.2 La differenziazione regionale negli ascolti dell’informazione locale di servizio pubblico: un’analisi quantitativa ... 69

3.4 Alcune considerazioni sull’efficienza del servizio pubblico locale: un’analisi di benchmarking ... 73

PARTE II – SISTEMA INFORMATIVO REGIONALE ...

PARTE III – APPENDICI METODOLOGICHE ...

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Allegato A alla delibera n. 570/18/CONS

EXECUTIVE SUMMARY

L’informazione locale nell’alveo della tutela del pluralismo

Il pluralismo, previsto e garantito dalla Carta Costituzionale si declina non solo nel “diritto di informare”

come profilo attivo della libertà di espressione riferita a coloro che operano nel sistema dei media, ma anche nel “diritto ad essere informati” come profilo passivo riferito a tutti i cittadini in quanto componenti dell’opinione pubblica su cui la democrazia si fonda.

Il riconoscimento di un “diritto all’informazione” connesso alla libertà di espressione si qualifica come valore di un diritto non solo “individuale”, ma anche “funzionale” in quanto strumentalmente e naturalmente orientato al buon funzionamento della vita democratica e, più in generale, alla coesione sociale.

Nel senso sopra indicato un adeguato livello di pluralismo è assicurato dall’ampiezza dell’offerta informativa, dalla presenza di un numero significativo di voci indipendenti, dalla presenza, nel contesto considerato, di diverse tipologie di media e, infine, dalla pluralità dei soggetti titolari dei singoli mezzi.

I media locali costituiscono una risorsa indispensabile del sistema informativo. L’ambito locale rappresenta una dimensione fondamentale del pluralismo, specie in una società globalizzata in cui le identità locali, da un lato, assumono un nuovo, fondamentale ruolo di connettività sociale, dall’altro, rischiano di perdere attenzione e approfondimento dall’ecosistema dell’informazione nazionale e internazionale.

L’informazione locale è caratterizzata da proprie specificità. La prossimità, immediatezza, identità e contestualizzazione costituiscono elementi essenziali della pluralità di culture, lingue, punti di vista, e, più in generale, della diversità che caratterizza le società contemporanee e che necessita di inclusione, anche mediale, e partecipazione attiva.

La presente indagine conoscitiva ha analizzato le caratteristiche e le dinamiche dell’offerta e della domanda di informazione in Italia con un focus particolare sull’ambito locale, al fine di condurre una disamina approfondita dei sistemi regionali (e/o provinciali) e mettere in luce le diversità territoriali nonché eventuali criticità sotto il profilo del pluralismo informativo.

Il concetto di informazione locale presenta diverse dimensioni che sono state analizzate in questa indagine nella loro interezza.

In primo luogo, l’informazione locale concerne l’informazione prodotta sul territorio. In questo senso, tutte le fonti informative stabilite sul territorio concorrono a formare il tessuto editoriale e devono essere prese in considerazione e analizzate. Tra queste devono essere distinte le fonti che producono informazione di territorio e quelle invece che hanno un’offerta rivolta ad un pubblico più vasto, nazionale o, addirittura, internazionale.

L’analisi dell’informazione di territorio non può prescindere dalla dimensione inerente alla domanda di informazione a livello locale. Infatti, è la domanda a delimitare l’ambito geografico dei mercati, così come è il consumo effettivo dei vari contenitori informativi da parte dei cittadini a decretarne l’importanza relativa ai fini della tutela del pluralismo.

In tale contesto, è stato considerato il ruolo svolto dal libero mercato, l’esistenza di fallimenti nel funzionamento dei mercati informativi, e, quindi, l’importanza dell’intervento pubblico, nelle sue diverse declinazioni. Si ricorda che la natura di bene pubblico dell’informazione comporta che il consumo dei contenuti da parte di un utente non osti alla contestuale possibilità di consumo da parte di altri utenti (non rivalità): ciò significa che, una volta prodotto il contenuto, il costo marginale di fornirlo a un utente addizionale è praticamente nullo. Inoltre, data l’impossibilità (o il costo alto) di escludere un consumatore dalla fruizione (non escludibilità), vi è un problema di finanziamento della produzione dei

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ii contenuti. Inoltre, bisogna considerare la presenza di effetti esterni negativi e positivi sulla società (le cd. esternalità). La conseguenza dell’agire congiunto di queste caratteristiche è che la quantità spontaneamente prodotta dal mercato è spesso al di sotto del livello socialmente ottimale.

In tale ambito sono stati individuati una pluralità di indicatori che, analizzati in modo combinato, offrono informazioni complete per verificare lo stato del pluralismo nei diversi contesti locali, che saranno utilizzati nella seconda parte per l’analisi dei singoli regionali.

Pluralismo delle fonti locali: indicatori

DIMENSIONE TIPOLOGIA DESCRIZIONE

Offerta/Produzione Indicatori di disponibilità

Misure circa la produzione e la disponibilità di fonti informative a livello locale:

- fonti totali, e per i diversi mezzi (in ogni contesto locale: provincia, regione)

- giornalisti attivi

- ricavi e addetti degli editori

Domanda/Consumo Indicatori di consumo/impatto

Misure circa il consumo di informazione e l’importanza delle fonti sull’opinione pubblica locale:

- consumo di informazione (penetrazione e spesa)

- audience delle fonti (contatti raggiunti e/o reach) sui vari mezzi

- importanza informativa dei brand e dei gruppi editoriali per i cittadini (cd. total audience informativa)

Una panoramica complessiva della domanda di informazione locale

In Italia, l’attenzione verso l’informazione locale, che rappresenta una fattispecie di informazione avente la caratteristica di essere circoscritta al territorio o alla realtà locale, appare ampia, se si considera che l’86% dei cittadini si informa abitualmente su fatti locali, attraverso canali televisivi, emittenti radio, quotidiani o servizi online (siti e app di testate online, social network, motori di ricerca), anche se caratterizzata da accentuata disomogeneità tra le diverse aree del Paese.

In particolare, emerge una pronunciata attenzione verso l’informazione locale nelle regioni caratterizzate da forti comunità locali con specificità culturali e/o linguistiche, quali la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige che presentano percentuali elevatissime e prossime al 100% della popolazione locale (rispettivamente 98% e 96%). In questa direzione va anche la penetrazione raggiunta da Friuli Venezia Giulia (94%) e Sardegna (91%), così come appare naturale che in Lazio e Lombardia la dimensione locale sia più sfumata. Viceversa, sorprende il basso dato di regioni quali Veneto (84%), Sicilia (80%) e Piemonte (78%), che si colloca in ultima posizione.

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iii Cittadini che si informano a livello locale, per regione (%)

Il mezzo televisivo si conferma prevalente su quasi tutto il territorio italiano, superando le precedenti differenziazioni territoriali: in 17 regioni su 20 la principale fonte di informazione locale è rappresentata da un canale televisivo. La televisione, confermando quanto evidenziato dalla letteratura, risulta per i cittadini la fonte prevalente, tranne in tre regioni (Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana) dove il quotidiano mantiene il primato.

In questo ambito, si afferma il ruolo dei brand nazionali. In particolare, il servizio pubblico radiotelevisivo, attraverso il TGR, risulta la più importante fonte di informazione locale in ben 14 regioni italiane. La testata regionale della Rai raggiunge valori molto elevati, specie nelle regioni in cui la programmazione è offerta anche in altre lingue, oltre all’italiano.

Lo stato dell’informazione locale nelle singole realtà territoriali e il ruolo del servizio pubblico L’analisi dello stato dell’informazione locale, esaminata per le singole realtà territoriali nella seconda Parte dell’Indagine, rileva alcune peculiarità e alcune criticità. L’indagine conoscitiva, infatti, ha consentito di evidenziare fenomeni generali, oltre che relativi alla singola regione, e di individuare punti critici da investigare ulteriormente per poter proporre eventuali correttivi a salvaguardia del pluralismo informativo.

In particolare, le evidenze dell’analisi portano a rilevare due elementi di grave criticità che caratterizzano l’attuale fase dell’ecosistema dell’informazione locale.

Primo, la crisi, profonda e strutturale, che percorre i mezzi tradizionali (a partire dai quotidiani) che rischiano di non essere più presenti in importanti aree del Paese. Ciò in un contesto in cui le nuove fonti digitali stentano a trovare una collocazione e soprattutto un proprio modello di business.

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iv Numero di quotidiani con sede nelle regioni

Secondo, una riduzione nel numero di voci informative indipendenti esistenti in alcuni mercati locali.

Al fine di garantire il pluralismo informativo, come sostiene anche la Corte Costituzionale, è necessario che siano presenti e che si possano affermare una pluralità di voci diverse, intese come il maggior numero di fonti locali distinte, indipendenti e in competizione tra loro e che sia impedita “la posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato”.

Data la complessità dell’analisi, l’Autorità ha utilizzato una molteplicità di fonti e si è dotata di sofisticati strumenti di analisi. Gli approfondimenti metodologici specifici sono resi nelle appendici nella terza parte dell’indagine.

Si evidenzia che l’Indagine utilizza una nuova metodologia per valutare la rilevanza dei gruppi editoriali (nazionali e locali) in ogni Regione, attraverso la stima della “total audience informativa” - t.a.i. (ossia del totale della popolazione raggiunta a fini informativi) del complesso delle testate editoriali detenute dalle società su tutti i mezzi informativi (quotidiani, canali televisivi e radiofonici).

L’Autorità, tramite un’indagine di mercato (survey) su un campione rappresentativo, a livello nazionale e regionale, volta ad analizzare le abitudini di consumo informativo da parte dei cittadini italiani, ha acquisito, per ogni individuo del campione, e quindi per l’intera popolazione nazionale e regionale (per tutte e venti le regioni italiane), l’accesso ai vari brand informativi (quotidiani, radio, televisioni), sia nazionali che locali. Quindi, ha analizzato gli assetti proprietari degli stessi (attraverso le proprie fonti informative, IES e ROC, e il database delle Camere di Commercio, Telemaco), attribuendoli ai diversi gruppi editoriali presenti sul territorio.

A questo punto, l’Autorità è stata in grado di calcolare il “t.a.i.” per tutti i maggiori editori, nazionali e locali, nelle venti Regioni d’Italia, consentendole di individuare gli operatori che, nei vari contesti regionali, detengono una leadership informativa.

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v Gruppo leader, in termini di “total audience informativa”, per regione

Come primo dato, emerge che la RAI è il primo gruppo di riferimento per l’informazione locale in ben 14 regioni; nonostante la società di servizio pubblico offra contenuti informativi regionali in specifiche e delimitate finestre temporali, la testata TGR rappresenta un punto di riferimento primario per la maggior parte delle realtà territoriali del Paese.

In secondo luogo, si evidenzia la presenza di alcuni gruppi editoriali nazionali (Monrif, GEDI, Caltagirone, Tosinvest) che ricoprono un ruolo importante anche a livello locale. Si tratta prevalentemente di gruppi che editano sia quotidiani nazionali sia testate regionali.

In ogni caso, l’assenza di significative sovrapposizioni geografiche dei propri brand, la specializzazione di questi gruppi nei quotidiani e il contestuale perdurante calo di diffusione delle testate, nonché la presenza di altri, qualificati operatori, sono tutti elementi che diluiscono il peso informativo di queste posizioni, se non, eventualmente, in ambiti territoriali più ristretti di quello regionale.

Appare, viceversa, più rilevante e, in alcuni casi, problematico, l’emergere, in alcune regioni (in particolare, Trentino Alto Adige, Sardegna, Puglia, Molise e Sicilia), di posizioni di forza informativa

75,4 39,2 28,9

75,0 25,1

50,3 40,1 26,9

36,8 50,4 35,7 34,2

47,1 69,1 38,1

46,9 56,1 39,3 30,9

70,1 Valle d'Aosta

Piemonte

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

RAI RAI RAI

76,9 50,3 33,6

78,1 29,9

53,5 45,6 32,0

41,3 55,4 45,2 39,3

53,5 72,7 44,3

52,7 60,3 44,2 38,6

77,0

Athesia

RAI RAI Monrif Monrif

Telemolise Gruppo Norba

Unione Editoriale

% popolazione % popolazione che si informa sui fatti locali

RAI

RAI RAI RAI RAI

RAI

RAI RAI RAI

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vi di alcuni soggetti privati. Si rileva, peraltro, come le maggiori criticità riguardino l’ambito geografico regionale (o sub-regionale), in cui, dopo l’abrogazione dell’art. 3, comma 1, lettera b) della legge 67/1987, risultano assenti (o di fatto inefficaci) soglie anti-concentrative ex-ante a tutela del pluralismo informativo locale.

Le cause possono essere diverse; in alcuni casi si tratta dell’emergere di gruppi in contesti caratterizzati da difficoltà economico-finanziaria, in altri di una concentrazione specializzata, in altri ancora di una concentrazione di una gamma ampia e diversificata di brand nel settore dei media o semplicemente di assetti proprietari poco trasparenti, che determinano in capo a uno o pochi soggetti, un’influenza significativa sull’intero ecosistema territoriale.

Peraltro, l’informazione locale assolve a numerose funzioni nella società; oltre ad informare contribuisce a creare o rafforzare un’identità locale della comunità. In questo contesto, le voci fuori dal coro, che denunciano atti illegittimi concernenti persone vicine o note, perturbano gli equilibri esistenti.

Si evidenzia che i giornalisti che operano in ambito locale risultano maggiormente minacciati, poiché la condizione di debolezza economica aggrava anche la vulnerabilità di questi ultimi nei confronti delle intimidazioni. Parimenti, le piccole realtà locali già duramente colpite dalla crisi, con strutture editoriali poco floride, sono più fragili nell’affrontare le intimidazioni, e spesso incapaci di sostenere i costi processuali derivanti da denunce e azioni legali, nonché di garantire una copertura professionale al giornalista. La condizione economica degli editori comprime sempre di più quella dei giornalisti, caratterizzata da un precariato diffuso e da retribuzioni sempre più esigue, il che rende sempre più arduo per i giornalisti riuscire a opporsi alle diverse forme di censura imposte dall’esterno.

In definitiva, l’analisi del sistema informativo regionale evidenzia alcune criticità da affrontare dal momento che la dimensione informativa regionale, e spesso quella provinciale, rivestono un’assoluta rilevanza per la formazione dell’opinione pubblica locale. In tal senso, l’emergere, a livello regionale, di posizioni di forza informativa, la scomparsa di voci indipendenti, la presenza di commistioni tra informazione e politica locale, l’esistenza di numerosi episodi di intimidazioni e minacce alla professione giornalistica da parte di organizzazioni criminali, nonché l’opacità di talune strutture proprietarie, rischiano di minacciare lo sviluppo democratico del nostro Paese.

Data la centralità, ai fini informativi, del ruolo assunto dal servizio pubblico nella maggior parte dei contesti locali, si approfondisce, inoltre, la natura, il ruolo, l’importanza e, infine, l’efficacia e l’efficienza del servizio pubblico radiotelevisivo in ambito locale, suggerendo l’introduzione di innovative metodologie di analisi e di valutazione dello stesso.

La particolare e assoluta posizione di forza informativa detenuta da RAI in ambito locale, anche in relazione alla debolezza delle altre voci informative, impone, altresì, delle riflessioni circa le modalità di concreta attuazione, e di successiva vigilanza, dei principi di pluralismo, obiettività, completezza e imparzialità cui deve essere ispirata l’azione della concessionaria di servizio pubblico.

Il Sistema Informativo Regionale (SIR)

Nella seconda parte dell’indagine vengono fornite informazioni di dettaglio per ogni singola regione italiana, con specifiche Schede di approfondimento che offrono una visione generale del sistema informativo di ciascuna regione.

Ciascuna scheda presenta una visione di contesto (con alcuni indicatori riguardanti la popolazione, la dimensione territoriale e quella economica) che consente di inquadrare adeguatamente le informazioni relative al sistema informativo regionale.

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vii A seguire, sono riportati i dati riconducibili allo specifico territorio con riferimento al sistema informativo, sia in termini di numerosità e qualificazione delle fonti informative, sia in termini economici. L’approccio seguito anche nella seconda parte, come nella precedente, è bidimensionale e basato sulla contestuale analisi del lato dell’offerta e di quello della domanda.

Gli indicatori selezionati costituiscono la realizzazione degli indicatori introdotti nella prima parte dell’indagine e riguardano sia il lato della produzione di contenuti informativi da parte degli operatori presenti in ambito territoriale, sia quello della domanda di informazione da parte dei cittadini della Regione.

L’analisi e la comparazione delle varie dimensioni dell’informazione locale forniscono una visione d’insieme dell’ecosistema regionale.

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5

Premessa

Come evidenziato dall’Autorità già in precedenti analisi1, la componente locale riveste un ruolo di estrema rilevanza nella prospettiva di tutela del pluralismo all’interno del sistema informativo, in particolare quello italiano. Dai monitoraggi periodici effettuati dall’AGCOM sull’intero settore, l’informazione locale è apparsa in una posizione più critica rispetto a quella nazionale: da un lato, il cittadino domanda sempre più notizie di prossimità; dall’altro lato, l’offerta non appare seguire tale richiesta, stante le crescenti difficoltà degli editori a remunerare questo tipo di attività.

In particolare, l’Autorità, al momento della conclusione della scorsa indagine conoscitiva sul sistema informativo italiano ha evidenziato che “La componente locale dell’informazione attraversa, per tutti i mezzi, una vera e propria emergenza… La riduzione del sostegno pubblico, il crollo del mercato pubblicitario (specie nella sua componente locale), e le difficoltà connesse alla necessità di riposizionamento in una fase di cambiamento tecnologico hanno spinto l’informazione locale in un angolo. Nonostante, come è stato più volte rimarcato in questa Indagine, vi sia ampia domanda di informazione legata al territorio… gli operatori locali, salvo rare eccezioni, stentano a trovare una propria collocazione e una sostenibilità economica nell’attuale sistema informativo”2.

Analogamente, nell’ambito dell’analisi circa le principali criticità inerenti alla professione giornalistica, l’Autorità ha recentemente osservato che “Occorre evidenziare che alcune criticità risultano amplificate a livello locale. Sotto il profilo economico, infatti, le piccole realtà locali sono maggiormente colpite dalla crisi, in quanto caratterizzate da strutture editoriali poco floride: ciò le rende più fragili nell’affrontare le intimidazioni, poiché non sono in grado di garantire una copertura ai giornalisti, né hanno una capacità economica tale da affrontare eventuali azioni legali. Di conseguenza, se si confrontano i giornalisti che si occupano di politica e cronaca locale con quelli che affrontano gli stessi temi a livello nazionale …, ne emerge che i primi sono costretti ad affrontare problematiche di entità notevole, sia in termini di minacce e intimidazioni (avvertimenti, aggressioni e danni a beni personali), sia, soprattutto, a livello di criticità di ordine economico (rischio occupazionale e precarietà)”3.

Di qui, la necessità di un’ulteriore analisi volta “ad approfondire le caratteristiche e le dinamiche dell’offerta e della domanda di contenuti e servizi di informazione locale in Italia - con specifico riguardo alla distribuzione sul territorio delle imprese editoriali locali, alle mutate caratteristiche della fornitura e fruizione di contenuti informativi nell’attuale contesto tecnologico e di mercato - e ad analizzare i nuovi modelli di organizzazione industriale che ne derivano, mettendo in luce le eventuali criticità sotto il profilo del pluralismo delle fonti, nonché dell’attendibilità e dell’autorevolezza delle informazioni”4.

La presente indagine conoscitiva si pone, pertanto, l’obiettivo di esaminare le caratteristiche e le dinamiche dell’offerta e della domanda di informazione in Italia con un focus particolare sull’ambito locale, al fine di condurre una disamina approfondita dei sistemi regionali (e/o provinciali) e mettere in luce le diversità territoriali nonché eventuali criticità sotto il profilo del pluralismo informativo.

1 Cfr. in particolare Agcom, Indagine conoscitiva su Informazione e Internet in Italia, marzo 2015.

2 Idem, par. 516, pag. 216.

3 Cfr. Agcom, Osservatorio sul giornalismo: II edizione, marzo 2017, par. 129, pag. 62.

4 Cfr. Delibera n. 310/16/CONS – “Avvio di una indagine conoscitiva su Informazione locale”.

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Perimetro dell’indagine: l’informazione locale

Il concetto di informazione locale presenta diverse dimensioni che verranno analizzate in questa indagine nella loro interezza (v. Tabella P.1)5.

In primo luogo, l’informazione locale concerne l’informazione prodotta sul territorio. In questo senso, tutte le fonti informative stabilite sul territorio concorrono a formare il tessuto editoriale e devono essere prese in considerazione e analizzate. Tra queste devono essere distinte le fonti che producono informazione di territorio e quelle invece che hanno un’offerta rivolta ad un pubblico più vasto, nazionale o, addirittura, internazionale.

Non sempre l’operazione di classificazione delle fonti (in locali e nazionali) è semplice, in quanto la dimensione geografica della produzione informativa di un editore è spesso varia e concerne ambiti multi- formi che vanno dall’iper-locale (un comune o addirittura una zona di un comune) al nazionale (se non addirittura all’internazionale), passando per tutte le sfumature intermedie (provinciale, regionale, multi- regionale). La presente indagine si è quindi necessariamente dotata di una solida metodologia di classificazione delle fonti a seconda del loro bacino geografico di riferimento.

L’analisi dell’informazione di territorio non può prescindere dalla dimensione inerente alla domanda di informazione a livello locale. Infatti, è la domanda a delimitare l’ambito geografico dei mercati, così come è il consumo effettivo dei vari contenitori informativi da parte dei cittadini a decretarne l’importanza relativa ai fini della tutela del pluralismo.

Tabella P.1 – Dimensioni dell’informazione locale

DIMENSIONE DECLINAZIONE EFFETTO

Offerta/Produzione

Offerta informativa prodotta dagli editori a livello locale (da fonti di informazione stabilite sul

territorio) Disponibilità di fonti locali

1) Produzione per il territorio locale

(ossia da fonti di informazione cd. locali) Copertura e trattazione delle tematiche di territorio 2) Produzione per un ambito allargato

(ossia da fonti di informazione nazionali e internazionali)

PIL e occupazione a livello regionale

Domanda/Consumo

Consumo di informazione dei cittadini a livello locale Delimitazione dell’ambito geografico dei mercati 1) Consumo di contenuti informativi

locali Rilevanza ai fini informativi

dei mezzi e delle fonti locali 2) Consumo di contenuti informativi

nazionali e internazionali Posizione di mercato degli editori locali

L’indagine darà quindi conto di tutte le dimensioni dell’informazione locale, analizzando sia gli aspetti produttivi relativi all’organizzazione editoriale regionale, sia quelli connessi al consumo informativo e

5 Nel prosieguo dell’indagine si userà il termine locale per caratterizzare genericamente l’informazione di territorio in contrapposizione a quella nazionale, a prescindere dall’esatta dimensione geografica della stessa (sia essa comunale, provinciale, regionale o multi-regionale).

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7 mediale. L’analisi e la comparazione delle varie dimensioni dell’informazione locale forniranno una visione d’insieme dell’ecosistema regionale.

Struttura dell’Indagine

L’Indagine presenta una struttura semplice che si realizza in tre parti. La prima, dopo un’introduzione teorica del tema (Capitolo 1), si estrinseca nell’analisi complessiva dei mercati locali (Capitolo 2) e nella valutazione del ruolo del servizio pubblico in tali ambiti (Capitolo 3). La seconda parte è, invece, dedicata alle analisi dei singoli mercati regionali tramite delle schede dettagliate sui contesti informativi territoriali.

Gli approfondimenti specifici sulle fonti utilizzate, sui riferimenti temporali e alcune note alla lettura dei dati sono rese nell’appendice metodologica nella terza parte dell’indagine.

Prima di giungere all’analisi di dettaglio dei contesti territoriali, il Capitolo 1 introduce brevemente l’informazione locale nell’alveo della tutela del pluralismo, partendo dal concetto di informazione per poi analizzarlo nella sua dimensione territoriale. In tale contesto, verrà considerato il ruolo svolto dal libero mercato, l’esistenza di fallimenti nel funzionamento dei mercati informativi, e, quindi, l’importanza dell’intervento pubblico, nelle sue diverse declinazioni.

Nel successivo Capitolo 2, si approfondiscono gli scenari complessivi dei mercati locali dell’informazione seguendo un approccio bidimensionale basato, come detto, sulla contestuale analisi del lato dell’offerta e di quello della domanda. In base a queste evidenze, si enucleano due elementi di grave criticità che caratterizzano l’attuale fase dell’ecosistema dell’informazione locale.

Primo, la crisi, profonda e strutturale, che percorre i mezzi tradizionali (a partire dai quotidiani) che rischiano di non essere più presenti in importanti aree del Paese. Ciò in un contesto in cui le nuove fonti digitali stentano a trovare una collocazione e soprattutto un proprio modello di business6. Secondo, l’emergere di alcune criticità nel numero di voci informative indipendenti esistenti in alcuni mercati locali.

In questo contesto, emerge altresì la centralità, ai fini informativi, del ruolo assunto dal servizio pubblico nella maggior parte dei contesti locali. Di conseguenza, il Capitolo 3 approfondisce la natura, il ruolo, l’importanza e, infine, l’efficacia e l’efficienza del servizio pubblico radiotelevisivo in ambito locale, suggerendo l’introduzione di innovative metodologie di analisi e di valutazione dello stesso.

Infine, nella seconda parte, dopo una breve introduzione di natura metodologica, vengono fornite informazioni di dettaglio relative a ogni singola regione italiana, con specifiche Schede di approfondimento in cui sono riportati i dati riconducibili al territorio, sia in termini di numerosità e qualificazione delle fonti informative, sia in termini economici. Ancora una volta, gli indicatori selezionati riguardano sia il lato della produzione di contenuti informativi da parte degli operatori presenti in ambito territoriale, sia quello della domanda di informazione da parte dei cittadini della Regione.

Dal punto di vista metodologico, data la complessità dell’analisi, l’Autorità ha utilizzato una molteplicità di fonti, dotandosi di sofisticati strumenti di analisi.

Da un lato, sono stati usati dati già nella disponibilità dell’Autorità. Ai fini dell’analisi dell’offerta editoriale sono state utilizzate le informazioni fornite dagli operatori tramite l’Informativa Economica di sistema (IES) e il Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC). Con riferimento, invece, all’analisi della

6 Cfr. Agcom, “Osservatorio sulle Testate online”, aprile 2018.

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8 domanda, l’Autorità ha acquisito informazioni provenienti dalle società di rilevazione delle audience sui vari mezzi (Tv, radio, quotidiani e internet). Questi sono stati, poi, integrati con dati provenienti da altre fonti quali l’Istituto Nazionale di Statistica per le indicazioni socio-economiche di contesto regionale.

Dall’altro lato, si è fatto uso di dati primari provenienti da una survey appositamente condotta da GfK Italia per l’Autorità. La survey è stata volta ad analizzare le abitudini di consumo informativo da parte dei cittadini italiani, in tutte le regioni italiane. Ha riguardato un campione di oltre 14.000 individui, rappresentativo della popolazione italiana a livello nazionale e regionale. Tale survey, volta a verificare il consumo, l’affidabilità e l’autorevolezza delle fonti informative a carattere nazionale e locale, si pone come un unicum nel panorama internazionale, in quanto raccoglie informazioni dal lato della domanda su tutti i mezzi di comunicazione (Tv, radio, quotidiani, Internet), per le venti regioni italiane.

Inoltre, sono state acquisite informazioni da vari soggetti attivi sul territorio, a partire da RAI, Radiotelevisione Italiana, che ha rilasciato un’ingente mole di dati e informazioni, su un periodo superiore a dieci anni, sull’offerta locale di servizio pubblico. Queste informazioni riguardano la struttura delle redazioni locali (personale, giornalisti, ecc.), alcune variabili di natura economica (costi suddivisi per regione e asset), nonché le audience raggiunte dalle trasmissioni informative in ogni regione italiana.

Infine, sono stati coinvolti i vari stakeholder presenti sul territorio, a partire dai Co.re.com., che rivestono un ruolo di estrema rilevanza nel presidiare i sistemi dell’informazione locale. Hanno partecipato all’indagine anche le Associazioni di categoria7, i principali operatori (sia nazionali sia locali)8, le piattaforme online9 e altri soggetti rilevanti10.

Tutti i soggetti intervenuti hanno illustrato il proprio punto di vista, in forma scritta e attraverso apposite audizioni, manifestando interesse e piena partecipazione.

Sulla base di questi dati, informazioni, punti di vista, l’Autorità ha svolto le analisi e le valutazioni che sono presentate nel prosieguo della presente indagine conoscitiva.

7 Cfr. Aeranti-Corallo, Confindustria Radio TV, ANSO, FIEG, FILE, FISC, FNSI, LSDI, Mediacoop, ODG, Ossigeno per l’Informazione, REA, USGF, USIGRAI, USPI.

8 Oltre a RAI, alcuni operatori che assumono particolare rilevanza a livello locale, quali la concessionaria specializzata in testate online locali PressComTech e la società di rilevazione delle audience Shinystat.

9 Facebook e Google, in particolare.

10 Ci si riferisce in particolare ad INPGI, che si ringrazia per i dati forniti, la collaborazione e la disponibilità.

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9

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1. L’informazione locale e il pluralismo

1.1 Introduzione

L’informazione, intesa, a partire dal XVII secolo, principalmente in Europa e negli Stati Uniti, come quell’insieme di attività riassumibili nella raccolta professionale, selezione, strutturazione e diffusione di dati e notizie grazie a tecniche standardizzate e routine, è un sistema complesso, composto da diversi mercati collegati da relazioni verticali, orizzontali e diagonali11.

In questo contesto, assumono particolare rilevanza le caratteristiche che contraddistinguono l’informazione (bassa escludibilità nel consumo, costi fissi di produzione elevati e bassi costi marginali, difficoltà a valutare il bene prima dell’atto del consumo, ecc.), che possono dar luogo a fallimenti del mercato (scarsa appropriabilità dei ricavi per gli editori, asimmetrie informative tra consumatore ed editore) e da cui derivano, di conseguenza, le connotazioni stesse di bene pubblico (o quasi-pubblico), bene condiviso, bene di esperienza. Il prodotto informativo, contenendo in sé uno sforzo artistico e creativo, è anche associato ad un creative good, che può essere prodotto per finalità non esclusivamente economiche.

I fallimenti di mercato si ripercuotono su tutto il contesto sociale, tramite il sistema dell’informazione, compreso il pluralismo delle fonti, e le stesse modalità di aggregazione sociale e di formazione dell’opinione pubblica. Stante la sua rilevanza sociale, l’informazione si configura come un bene meritorio, destinatario di una speciale tutela da parte dello Stato, e i numerosi fallimenti dei mercati giustificano l’intervento diretto e indiretto dello Stato, con l’obiettivo di assicurare la disponibilità di una pluralità di voci, dal momento che l’informazione consente ai cittadini di operare scelte sulla base di conoscenze e dunque dare il proprio contributo alla legittimità democratica dell’azione pubblica e politica.

Il pluralismo, previsto e garantito dal nostro ordinamento, è uno strumento per contribuire al funzionamento di una società democratica, dal momento che un adeguato livello di pluralismo è necessario per assicurare un’ampiezza dell’offerta informativa, intesa come presenza di un numero significativo di voci indipendenti, attraverso i diversi mezzi (pluralismo esterno) e all’interno del singolo mezzo (pluralismo interno).

A tale offerta informativa, di contro, deve corrispondere una reale fruizione ed elevati livelli di consumo in tutte le diverse classi sociali che accedono abitualmente a tali fonti. È necessario, quindi, monitorare affinché non si determinino concentrazioni, tali da comportare l’esposizione del cittadino ad un numero limitato di fonti e, in secondo luogo, verificare che la fruizione dell’informazione non sia soggetta ad altri fallimenti o che, pur in presenza di questi, ci siano adeguati correttivi.

1.2 Pluralismo delle fonti locali

L’ambito locale rappresenta una dimensione fondamentale del pluralismo, specie in una società globalizzata in cui le identità locali, da un lato, assumono un nuovo, fondamentale ruolo di connettività sociale, dall’altro, rischiano di perdere attenzione e approfondimento dall’ecosistema dell’informazione nazionale e internazionale.

L’informazione locale è caratterizzata da proprie specificità. La sua prossimità, immediatezza, identità e contestualizzazione costituiscono elementi essenziali della pluralità di culture, lingue, punti di vista, e, più in generale, della diversità (ciò che gli anglosassoni chiamano diversity) che caratterizza le società contemporanee e che necessita di inclusione, anche mediale, e partecipazione attiva.

Recentemente, anche alcune piattaforme online, avvertendo l’importanza economica della dimensione territoriale, si stanno interessando all’informazione locale (si pensa in particolare a FB Local News

11 Per una trattazione del tema si rimanda a Agcom, Indagine conoscitiva su Informazione e Internet in Italia, cit.

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11 Subscriptions Accelerator, ma anche alla sezione e ai servizi specificatamente dedicati alle notizie locali di Google News). I social network sono piattaforme globali ma consentono agevolmente la produzione e lo scambio di informazioni in ambiti ridotti e offrono uno spazio per la discussione (la “piazza”) anche per le diverse comunità locali. D’altronde, i media tradizionali possono contare sulla capacità di acquisire e selezionare le informazioni rilevanti e di trattare e contestualizzare in maniera migliore (filtro editoriale e non algoritmico), consentendo una comprensione informata.

In generale, i mezzi di comunicazione operanti in ambito locale valorizzano e promuovono le culture regionali e locali e contribuiscono, insieme ai mezzi operanti su scala nazionale, alla realizzazione di obiettivi di pubblico interesse.

I media locali costituiscono, pertanto, una risorsa indispensabile per:

la valorizzazione nel contesto informativo e economico-sociale della prossimità territoriale (rappresentazione e promozione del territorio, capacità di dar voce alle istanze dei cittadini, e creazione di una relazione con il tessuto economico, culturale e sociale);

l’occupazione qualificata, sia rispondendo a un bisogno di assorbimento locale di forza lavoro sia apportando varietà (diversity) geografica nella fornitura di contenuti;

la promozione del pluralismo delle fonti informative, inteso sia come diritto alla libera manifestazione del pensiero, sia, nell’accezione passiva, come diritto dei cittadini a essere informati.

Il pluralismo informativo contribuisce al funzionamento di una società democratica assicurando, da un lato, che i cittadini possano avere accesso e consumare un’ampia e diversificata varietà di punti di vista attraverso i diversi mezzi di comunicazione (tv, radio, quotidiani, Internet) e, all’interno dello stesso mezzo, consumare i contenuti offerti da una pluralità di operatori media (pluralismo esterno e interno); dall’altro, prevenendo il rischio di concentrazioni in capo ad un singolo operatore.

Ai fini di un’analisi compiuta del pluralismo nel settore dei media risulta opportuno l’impiego di una pluralità di indicatori che, analizzati in modo combinato, offrano informazioni complete. Un primo raggruppamento è costituito dagli “indicatori di disponibilità”, che focalizza l’attenzione sia sulla produzione sia sull’offerta. Si tratta di tutte le misure relative al numero di fornitori disponibili, con riferimento a ciascun mezzo e nei diversi mezzi di comunicazione. Si intende non solo il numero di fonti informative (quanti quotidiani, TV e radio sono disponibili) ma anche la potenzialità espressa da chi produce informazione (come i giornalisti e gli altri addetti degli editori). Questi indicatori forniscono una prima indicazione circa la presenza e l’ampiezza della offerta informativa, ossia misurano la capacità potenziale del sistema di offrire una pluralità di punti di vista, ma – da soli – non sono sufficienti per una corretta valutazione del livello effettivo di pluralismo informativo.

Un secondo gruppo di indicatori, focalizza l’attenzione sul consumo mediatico e sulla domanda di informazione, includendo in essi anche quelli che ne misurano l’effetto. A questa categoria possono, quindi, essere ricondotti gli “indicatori di consumo”, che offrono una quantificazione del numero di persone che utilizzano il mezzo (editore/canale/sito…) per informarsi. Tale numero può essere espresso in termini di share o quota sul totale consumato – che consente di quantificare il consumo di informazione e misurare il possibile livello di concentrazione nei modelli di consumo – oppure in termini di reach, che misura la quota di individui esposti ad un determinato editore/mezzo/programma/canale/sito per un determinato periodo di tempo. E gli “indicatori di impatto”, volti a verificare la capacità dei contenuti di natura informativa di influenzare la formazione di opinioni, idee e pareri; si tratta in sostanza di indicatori che rilevano l’importanza di un mezzo, la rilevanza percepita dal consumatore, l’imparzialità, l’affidabilità o la veridicità di un editore/mezzo.

Infine, gli indicatori di natura qualitativa consentono di completare l’informazione derivante dall’utilizzo di strumenti di natura quantitativa. Fra gli indicatori rilevanti a tale scopo, la letteratura suggerisce, a titolo non esaustivo, di prendere in considerazione i vincoli derivanti dalla regolamentazione di settore e/o la

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12 presenza di obblighi degli statuti societari, il modello di governance del sistema, il potere di controllo potenzialmente esercitato dalla proprietà del mezzo/prodotto informativo.

Di conseguenza, per verificare lo stato del pluralismo nei diversi contesti locali, sono stati individuati (anche a livello internazionale12) indicatori quantitativi e qualitativi che verranno diffusamente utilizzati in questa Indagine e che sono brevemente descritti in Tabella 1.1.

Tabella 1.1– Pluralismo delle fonti locali: indicatori

DIMENSIONE TIPOLOGIA DESCRIZIONE

Offerta/Produzione Indicatori di disponibilità

Misure circa la produzione e la disponibilità di fonti informative a livello locale:

- fonti totali, e per i diversi mezzi (in ogni contesto locale: provincia, regione)

- giornalisti attivi

- ricavi e addetti degli editori

Domanda/Consumo Indicatori di consumo/impatto

Misure circa il consumo di informazione e

l’importanza delle fonti sull’opinione pubblica locale:

- consumo di informazione (penetrazione e spesa)

- audience delle fonti (contatti raggiunti e/o reach) sui vari mezzi

- importanza informativa dei brand e dei gruppi editoriali per i cittadini (cd. total audience informativa)

Pertanto, la dimensione iniziale degli indicatori segue il taglio metodologico illustrato già in Premessa (v.

Tab. P.1), ossia quello di una bidimensionalità nelle classi di aspetti trattati. Sinteticamente, nel primo gruppo relativo all’offerta informativa locale, appartengono gli indicatori di disponibilità cui sono riconducibili tutti gli indici che misurano il numero e la dimensione di fornitori (di informazioni) disponibili (fonti totali, ricavi, giornalisti, addetti). A questi si affiancano gli indicatori di consumo, che offrono una quantificazione del numero di cittadini che utilizzano le varie fonti (editore/canale/sito…) per informarsi, e quindi dell’impatto delle diverse voci informative sulla formazione dell’opinione pubblica locale.

Nella seconda parte dell’indagine l’Autorità ha utilizzato essenzialmente indicatori quantitativi al fine di valutare sinteticamente le singole realtà regionali. Sono stati, quindi, utilizzati tali indicatori sia a livello regionale, sia per comparazione, con il corrispondente valore nazionale, al fine di rilevare omogeneità e differenze territoriali significative.

12 Si veda, ad esempio, Ofcom, 2015, Report to the Secretary of State on the operation of the media ownership rules listed under Section 391 of the Communications Act 2003.

(20)

13

1.3 Informazione locale e intervento pubblico

Dal punto di vista dell’efficienza economica, gli evidenziati fallimenti di mercato – la natura di «bene pubblico» dei contenuti informativi e la presenza di effetti esterni negativi e positivi sulla società (le cd.

esternalità) –, nonché i livelli elevati di concentrazione connessi alla presenza di significativi costi fissi e affondati (in particolare, nel settore televisivo) hanno costituito tradizionalmente la ragione fondante dell’intervento pubblico, diretto e indiretto, nell’informazione.

In particolare, la natura di bene pubblico comporta che il consumo dei contenuti da parte di un utente non osti alla contestuale possibilità di consumo da parte di altri utenti (non rivalità): ciò significa che, una volta prodotto il contenuto, il costo marginale di fornirlo a un utente addizionale è praticamente nullo. Inoltre, data l’impossibilità (o il costo alto) di escludere un consumatore dalla fruizione (non escludibilità), vi è un problema di finanziamento della produzione dei contenuti. La conseguenza dell’agire congiunto di queste caratteristiche è che la quantità spontaneamente prodotta dal mercato è al di sotto del livello socialmente ottimale. La correzione di questo fallimento è stata storicamente affidata in molti Paesi, soprattutto europei, al servizio pubblico e ai meccanismi di finanziamento a suo supporto, cui si sono affiancate nel tempo soluzioni di mercato basate soprattutto sul finanziamento attraverso la pubblicità.

Storicamente, l’offerta informativa di servizio pubblico si è concentrata nel segmento dei servizi media audiovisivi; ciò, in quanto la televisione è stata, e rimane ancora, il più importante mezzo ai fini della formazione dell’opinione pubblica 13 . Inoltre, nonostante molte caratteristiche si riferiscano all’informazione in generale, il settore radiotelevisivo è quello in cui gli interventi regolatori sono maggiormente necessari e spaziano dalla regolamentazione delle condizioni di entrata nel mercato, attraverso, ad esempio, l’attribuzione di diritti d’uso delle frequenze utilizzate per trasmettere i programmi radiotelevisivi; alla disciplina dei comportamenti delle imprese; fino alle regole che incidono sulla struttura del mercato, volte in particolare a limitare la concentrazione della proprietà dei mezzi di comunicazione (si veda la Tabella 1.2).

13 Cfr. ad esempio il recente “Rapporto sul Consumo di informazione” (Agcom, 2018) e quello su “Il consumo di informazione e la comunicazione politica in campagna elettorale” (Agcom, 2016).

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14 Tabella 1.2 – L’intervento pubblico nel settore radiotelevisivo

Queste soluzioni hanno superato, ma non risolto il fallimento di mercato. Infatti, i diversi modelli di business hanno gestito il problema della scarsità14, tuttavia non hanno prodotto i medesimi risultati in termini di varietà e di qualità dei contenuti15.

In particolare, secondo parte della letteratura economica (cfr. in particolare Armstrong, 2005 e Armstrong e Weeds, 2005), nel modello di business della tv gratuita le imprese avrebbero un minor incentivo a fornire un’ampia varietà di programmi, avendo come obiettivo l’acquisizione di vaste fette di audience per garantirsi adeguati ricavi dalla pubblicità. Al contempo, esse avrebbero incentivi più deboli a investire in qualità, dal momento che è necessario sostenere costi elevati – molti dei quali irrecuperabili – in attività reputate rischiose, data la natura di bene di esperienza che caratterizza i contenuti radiotelevisivi e l’impossibilità di sfruttare la disponibilità a pagare dei consumatori. Secondo lo stesso filone di letteratura, nella tv a pagamento, le imprese sono incoraggiate a effettuare investimenti in qualità, potendo appropriarsi della disponibilità a pagare dei consumatori, grazie al pagamento diretto dei contenuti.

Inoltre, tendono a offrire una varietà di generi, dal momento che sono in grado di tener conto dell’intensità delle preferenze del pubblico mediante il prezzo degli abbonamenti; tuttavia anche nella tv a pagamento i generi che incontrano i gusti delle minoranze e che generano audience basse sono generalmente forniti in quantità inferiore rispetto a quello che è considerato il livello socialmente efficiente16.

14 Per una recente analisi dei differenti modelli di business e dei conseguenti ambiti di mercato, v. Agcom, Allegato A alla delibera n. 41/17/CONS.

15 Il concetto di qualità, sebbene di per sé complesso da definire, va in ogni caso tenuto distinto dal giudizio di valore che intrinsecamente un individuo tende ad attribuire a un genere piuttosto che a un altro. Infatti, la qualità andrebbe più correttamente attribuita, all’interno di ciascun genere di programma, in base alla presenza delle caratteristiche che l’individuo domanda. Un programma A dovrebbe avere una qualità maggiore rispetto ad un programma B quando almeno una caratteristica desiderata è presente in misura maggiore in A rispetto a B e nessuna è presente in misura minore in A rispetto a B.

16 Si vedano Van Dijk, M., Nahuis, R. & Waagmeester (2006). Does Public Service Broadcasting Serve The Public? The Future of Television in the Changing Media Landscape, De Economist 154 (2), pp. 251-276; Armstrong M. (2005). Public Service Broadcasting.

Fiscal Studies 26 (3), pp. 281-299; Armstrong M., Weeds H. (2005). Public Service Broadcasting in the Digital World, Industrial Organization, EconWPA; Anderson S. P., Coate S. (2000). Market Provision of Public Goods: The Case of Broadcasting, NBER Working Papers 7513; Beebe J. H. (1977). Institutional Structure and Program Choice in Television Markets. Quarterly Journal of Economics, 91, pp. 15 – 37; Spence M.A., Owen B.M. (1977). Television Programming: Monopolistic Competition and Welfare. Quarterly Journal

INTERVENTO PUBBLICO OBIETTIVI DELL'INTERVENTO

BENI DI MERITO

Alcuni contenuti hanno valore per l'intera collettività a prescindere dalla

domanda

Servizio pubblico radiotelevisivo Universalità

BENI PUBBLICI I contenuti informativi sono beni spesso

(non escludibili) non rivali nel consumo Servizio pubblico radiotelevisivo Qualità Universalità

ESTERNALITÀ I contenuti possono esercitare effetti positivi e negativi sulla collettività

Regolamentazione contenuti e

Servizio pubblico radiotelevisivo

Controllo dei contenuti "dannosi"

Livelli "efficienti di pubblicità"

Promozione di contenuti socialmente rilevanti

ASIMMETRIE

INFORMATIVE I contenuti sono experience good Servizio pubblico radiotelevisivo Varietà

CONCENTRAZIONE Barriere tecniche ed economiche all'entrata

Regolamentazione operatori (incluso l'operatore di servizio pubblico)

e

Servizio pubblico radiotelevisivo

Pluralismo estreno Pluralismo interno (Varietà e Qualità) CARATTERISTICHE

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15 In questo quadro, al servizio pubblico è affidato il ruolo di garantire che l’offerta di contenuti sia varia nei generi di programmi diffusi e che risponda a standard di qualità elevati; inoltre, esso è chiamato a garantire l’universalità del servizio in termini tecnici (copertura del segnale), economici e sociali (nessun individuo deve restare escluso dal servizio). Il servizio pubblico radiotelevisivo17 risponde, pertanto, alle finalità di informazione pluralistica, educazione, intrattenimento, promozione dell’identità nazionale in condizioni di uguaglianza sul territorio, a prescindere dal perseguimento dell’interesse economico.

Un ulteriore fallimento di mercato nel settore dell’informazione è costituito, come detto, dalla presenza di esternalità, ossia di vantaggi e svantaggi che derivano dal consumo o produzione dei contenuti ma che non sono considerati dal mercato come benefici o costi sociali, per cui la quantità di contenuti immessa è al di sotto o al di sopra del livello socialmente ottimale. Tipicamente, nell’ambito della comunicazione dei media, si possono manifestare esternalità negative, determinate ad esempio dalla trasmissione di programmi violenti o da livelli eccessivi di pubblicità, e esternalità positive, generate dalla diffusione di programmi desiderabili per la collettività (ad esempio, documentari o programmi culturali ed educativi).

In un mercato libero, in cui non esiste un operatore di servizio pubblico, né regolamentazione dei contenuti, questi effetti esterni non sarebbero tenuti in considerazione, e pertanto vi sarebbe una quantità eccessiva di programmi che producono esternalità negative e una quantità insufficiente di contenuti desiderabili per la collettività.

In questo contesto, la libertà di essere informato e di informare, la partecipazione alla vita politica di una comunità, la cultura, sono considerati “beni di merito”, ossia beni rivolti al soddisfacimento di bisogni considerati importanti per la collettività, rispetto ai quali è ritenuto auspicabile un consumo generalizzato ma dei quali il singolo individuo trova difficile percepire il valore18. La conseguenza è che, in assenza di un operatore pubblico, alcuni contenuti desiderabili non sarebbero prodotti e scambiati sul mercato.

Al servizio pubblico è pertanto attribuito anche un ruolo particolare nell’ampliare la partecipazione consapevole dei cittadini alla vita democratica, fornendo un’informazione indipendente, equilibrata e completa delle proposte politiche e delle diverse espressioni culturali e sociali presenti nel Paese. Uno dei suoi obiettivi qualificanti è quello di garantire l’universalità e, accanto a essa, la varietà e la qualità dei contenuti proposti.

Ai fallimenti di mercato menzionati si aggiungono anche le caratteristiche strutturali del settore radiotelevisivo che, a causa delle barriere tecniche (scarsità della risorsa spettro radio) e delle barriere economiche all’ingresso e all’espansione (elevati costi fissi, spesso di tipo irrecuperabile, cd. sunk cost) risulta storicamente concentrato. I livelli elevati di concentrazione pongono un problema ulteriore rispetto a quello dell’efficienza economica, legato alle conseguenze che la concentrazione dei mezzi di comunicazione provoca sulla società. A fronte di questa problematica, l’intervento pubblico si sostanzia in una serie di regole a garanzia del pluralismo, inteso nelle sue diverse accezioni (interno ed esterno), al cui rispetto è richiamata anche l’impresa di servizio pubblico.

A livello locale, questi obiettivi si declinano nella capacità dell’informazione (specie se di servizio pubblico) di raggiungere tutti i cittadini senza esclusioni, e di dare rappresentatività a tutti i gruppi sociali, anche quelli appartenenti a minoranze linguistiche, etniche e culturali in senso lato; di produrre contenuti di qualità che rispondano alle esigenze informative delle varie comunità; di diffondere

of Economics, 91, pp. 103 -126; Steiner P. O. (1952). Program Patterns and Preferences, and the Workability of Competition in Radio Broadcasting. Quarterly Journal of Economics 66, pp. 194-223.

17 Sulla definizione di “servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale” cfr. infra, par. 3.1.

18 Contrariamente alla visione “paternalistica” e normativa dei beni di merito, secondo un altro filone del pensiero economico, il fondamento dell’intervento pubblico si basa sull’incapacità da parte degli individui di raccogliere ed elaborare tutte le informazioni a disposizione per fare scelte che massimizzano la propria utilità. La razionalità limitata porta a un disallineamento tra le preferenze individuali e il benessere individuale e l’intervento pubblico avrebbe il ruolo di favorirne la riconciliazione.

(23)

16 una molteplicità di programmi e di punti di vista che siano espressione e valorizzazione delle diverse istanze espresse dalla collettività territoriale.

Lo sviluppo e l’affermazione delle tecnologie digitali ha profondamente inciso sulla struttura dell’intero sistema dell’informazione. Cambiano i “supporti fisici” sintetizzabili nella locuzione mezzi di comunicazione di massa, mutano le modalità di diffusione e consumo, si trasforma l’essenza stessa della professione giornalistica19.

Alle trasformazioni del mezzo televisivo si è affiancata, poi, l’affermazione di Internet, mezzo sempre più utilizzato per reperire contenuti e informazione. La forza informativa di Internet è in ascesa tanto da farlo balzare al secondo posto per frequenza di accesso quando la finalità d’uso è informativa20.

L’incremento delle voci informative cui attingere ha determinato la frammentazione del pubblico su più canali (e in generale su più mezzi), il che ha prodotto una riduzione delle quote di mercato del singolo programma e del singolo canale. Di conseguenza, se da un lato è possibile distribuire una maggiore varietà di contenuti, dall’altro lato gli incentivi a investire in qualità tendono a indebolirsi, poiché al diminuire degli ascolti (e quindi dei ricavi) aumenta l’incidenza dei costi fissi di produzione. Inoltre, la riduzione delle audience rende anche meno agevole ricorrere ai sussidi incrociati tra programmi più remunerativi e quelli meno remunerativi. Dunque, il trade-off tra varietà e qualità rischia di penalizzare le nicchie di consumo che sono più vulnerabili21.

Al contempo, si rileva un cambiamento progressivo dei comportamenti adottati dai consumatori che, sebbene in Italia siano ancora attratti dalla televisione, dirigono la loro attenzione anche verso altri mezzi di comunicazione, altre forme di comunicazione e altri modi di reperire informazioni. In particolare, è aumentata l’autonomia del pubblico nella scelta del device, del tipo di contenuto, dei tempi e della modalità di fruizione.

È da osservare che le molteplici piattaforme distributive disponibili e la complessità di modelli di business esistenti fa assumere una connotazione varia ai contenuti e alle informazioni: in alcuni casi essi restano dei beni pubblici puri, in altri assumono caratteristiche di veri e propri beni di club. In definitiva, il contesto che va delineandosi non sembra dissolvere i fallimenti di mercato – alcuni dei quali semmai si amplificano – né vengono meno le altre motivazioni dell’intervento pubblico nel settore.

In questo ambiente in trasformazione, l’operatore di servizio pubblico è chiamato a svolgere la sua missione, di garantire accesso a tutti i cittadini a una varietà di contenuti capaci di rispondere ai bisogni informativi, culturali, sociali, senza discriminazioni e limitazioni.

Non muta, quindi, la sostanza del compito affidato al servizio pubblico, al contrario emerge la necessità di indirizzarne maggiormente l’azione.

In tal senso, le vecchie e le nuove ragioni dell’intervento pubblico suggeriscono di potenziare il ruolo del servizio pubblico relativamente alle garanzie di qualità e varietà, quest’ultima intesa come eterogeneità dell’offerta. Nell’attuale contesto il servizio pubblico dovrebbe non solo coprire fasce di consumo non servite dal privato, fungendo da complemento alle insufficienze del mercato, ma anche svolgere un ruolo attivo di stimolo all’emergere di nuove istanze nella società, arricchendo il panorama dell’offerta a vantaggio del cittadino e al contempo esercitando un’azione attiva anche sul versante della domanda.

Questa rinnovata missione diviene più complessa, perché deve conciliare gli obiettivi di servizio pubblico con le mutate esigenze dei consumatori nel nuovo contesto digitale.

19 Cfr. Osservatorio Agcom sul giornalismo - II edizione.

20 Cfr. Agcom 2018, Rapporto sul consumo di informazione.

21 Si vedano in particolare Coyle D., Siciliani P. (2013). Is there still a place for public service television? RiSJ Report. University of Oxford: Reuters Institute for the Study in Journalism; Barwise P., Picard, R. G. (2012). The Economics of Television in a Digital World:

What Economics Tell Us for Future Policy Debates. RiSJ Report. University of Oxford: Reuters Institute for the Study in Journalism;

Foster R., Broughton T. (2012). PSB prominence in a converged media world, Report by Communications Chambers; Lin P. (2012).

Market provision of program quality in the television broadcasting industry, Journal of Economic Analysis and Policy, 11.

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