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FRUTTIFICAZIONE DEL CASTAGNO E RIPRODUZIONE DEL CINGHIALE IN AMBIENTE APPENNINICO (1)

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– I.F.M. n. 1 anno 2006

MARCO BUCCI (*) - PAOLO CASANOVA (**)

FRUTTIFICAZIONE DEL CASTAGNO E RIPRODUZIONE DEL CINGHIALE IN AMBIENTE APPENNINICO (

1

)

Con la presente ricerca si è tentato di approfondire la conoscenza sulla capacità riproduttiva del cinghiale in funzione della diversa disponibilità di castagne in ambiente appenninico.

Allo scopo sono stati raccolti dei dati sulla produzione di alcuni castagneti da frutto per un periodo di tre anni consecutivi dal 2001 al 2003. Tali informazioni sono state con- frontate con i parametri demografici della popolazione di Cinghiale residente nell’area di studio, ricavati dall’analisi degli abbattimenti delle rispettive annate venatorie.

Dalle osservazioni fatte è stato dedotto che la fruttificazione del castagno è di fonda- mentale importanza per la riproduzione del suide; infatti, il numero di nascite subisce notevoli variazioni in funzione della quantità di frutto disponibile.

Parole chiave: castagno; riproduzione; cinghiale.

Key words: chestnut tree; reproduction; wild boar.

P REMESSA

L’esplosione demografica e la capillare diffusione del Cinghiale, avve- nute negli ultimi trenta anni su gran parte del territorio nazionale, sono da attribuire a diversi fattori. L’abbandono delle tradizionali attività agrosilvo- pastorali (castanicoltura, taglio dei boschi cedui, allevamento allo stato brado ecc.) ha creato le premesse ideali per la diffusione di questo ungulato determinando la formazione di aree a macchia e soprattutto incrementando l’offerta alimentare degli ecosistemi forestali.

Le caratteristiche ecologiche della specie, come la notevole capacità di adattamento a diversi tipi di habitat, lo spettro trofico molto vasto, l’elevata prolificità, e le numerose immissioni a scopo venatorio hanno contribuito

(*) Laureato in Scienze Forestali ed Ambientali, collaboratore esterno.

(**) Professore associato, docente di zoologia venatoria, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali e Forestali, Università degli Studi di Firenze.

1

Gli autori hanno partecipato in parti uguali alla stesura del lavoro.

(2)

ad amplificare il fenomeno. Una razionale gestione faunistica impone un approfondimento delle conoscenze sulla biologia del Cinghiale con partico- lare riferimento alla capacità riproduttiva.

A tal proposito con questo studio si è cercato di valutare quale relazio- ne esiste tra la produzione di castagne e l’andamento riproduttivo del suide in una zona dell’Appennino settentrionale.

Questa ricerca ha preso in esame un’area di 6300 ettari circa situata in provincia di Pistoia. Tale superficie, che costituisce il distretto n°1 per la caccia al Cinghiale dell’A.T.C.16, risulta caratterizzata da un’elevata presen- za di boschi di Castanea sativa (superiore al 50%) suddivisi in tre diverse categorie: castagneti da frutto, boschi cedui sottoposti a tagli periodici e cedui non utilizzati avviati naturalmente a fustaia. La coltura da frutto rive- ste ormai un ruolo marginale occupando piccolissime porzioni dell’area di studio. I cedui, costituiti da popolamenti di età compresa tra 0-25 anni circa, sono il risultato della ripresa delle attività di utilizzazione avvenuta intorno agli anni ottanta. In zone più svantaggiate, a causa delle caratteristi- che morfologiche del terreno e dell’assenza di una viabilità adeguata, l’ab- bandono si è protratto fino ad oggi e in quei soprassuoli, che un tempo erano governati a ceduo, si assiste ad una graduale evoluzione verso la fustaia con la progressiva riduzione del numero di polloni per ceppaia.

Tra le altre associazioni vegetazionali presenti nella suddetta area, ritroviamo boschi a prevalenza di Quercus cerris, boschi puri di Robinia pseudoacacia, boschi misti di latifoglie mesofile (specie quercine, Ostrya car- pinifolia, Fraxinus ornus ecc.), impianti artificiali di conifere (Pinus nigra, Pinus pinaster, Abies alba, Picea abies e Pseudotsuga menziesii) e boschi di Fagus sylvatica.

Molti campi coltivati, in seguito a processi di successione secondaria, hanno lasciato il posto a diverse tipologie di arbusteto caratterizzate dalla presenza di molte specie cespugliose (Prunus spinosa, Cytisus scoparius, Erica scoparia, Rubus sp. ecc.). É opportuno precisare che anche gli insedia- menti urbani e i campi coltivati ad olivo ricoprono una porzione significati- va del territorio in esame.

All’interno dell’area di studio la fruttificazione del castagno appare di vitale importanza per l’attività riproduttiva del Cinghiale, in quanto questo ungulato può usufruire di un alimento ad elevato contenuto energetico (160 kcal ogni 100 g di prodotto edule), in corrispondenza del normale periodo degli accoppiamenti che ricade nei mesi di novembre e dicembre.

L’abbondanza di castagne, oltre ad influenzare l’inizio della stagione ripro- duttiva (M ATSCHKE , 1964), determina un incremento del tasso di ovulazio- ne ed una diminuzione del tasso di mortalità embrionale (A UMAITRE , 1984).

Conoscere le variazioni dei parametri riproduttivi del Cinghiale in fun-

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zione della diversa offerta alimentare garantita dai boschi di castagno, con- sentirebbe di sviluppare modelli previsionali, stimare la dinamica della popolazione e migliorare le strategie di gestione di questa specie (F OCARDI

et al., 1996).

M ETODO D ’ INDAGINE

La fase preliminare della ricerca ha previsto la raccolta di dati sulla fruttificazione di alcuni castagneti da frutto all’interno dell’area di studio.

La produzione di castagne, destinata interamente alla molitura, è stata rica- vata moltiplicando per tre la quantità di farina secca ottenuta (graf. 1). La resa in farina, infatti, è di circa 1/3 rispetto al peso fresco.

7 , 8

3 , 5 1

0

0 2 4 6 8 0 1

2 1

4 1

6 1

Quintali di castagne ad ettaro

o n n A

1 0 0 2

2 0 0 2

3 0 0 2

Graf. 1 – Quantità di castagne prodotte in alcuni castagneti dell’area di studio (valore medio espresso in q/ha). Nel 2003 a causa della scarsa produzione di frutti, i proprietari hanno preferito non eseguire la raccolta.

– Chestnut quantity produced in some chestnutwood into studied land (mean value expressed in q/ha). In the 2003, because of the low fruits production, owners did not harvest chestnuts.

Queste informazioni non sono state acquisite con la pretesa di stimare

l’offerta alimentare garantita dai boschi di castagno del territorio in esame,

ma con il semplice intento di valutare variazioni significative della quantità

di cibo disponibile. La fruttificazione del castagno, infatti, dipende princi-

palmente dagli eventi meteorologici, quindi è lecito supporre che, in corri-

spondenza di annate con clima favorevole, la produzione di frutti raggiunga

dei valori elevati sia nei castagneti che nei cedui, e viceversa.

(4)

Per dare un’indicazione di massima sulla produttività di un castagneto da frutto, è possibile far riferimento ai valori proposti da P ICCIOLI (op. cit.):

a) 5-10 q/ha produzione mediocre, b)15-25 q/ha produzione buona, c) >30 q/ha produzione ottima.

Nel 2001 la fruttificazione del castagno non è stata eccezionale, mentre l’anno successivo si sono riscontrati valori di buona produzione. Nel 2003, invece, l’eccessiva siccità estiva ha compromesso il raccolto non consenten- do alla maggior parte dei frutti di arrivare a maturazione.

Grazie all’aiuto di alcuni componenti delle sei squadre di «cinghialai»

che gestiscono il distretto n°1 dell’A.T.C. 16, è stato possibile ricavare una serie di dati sui capi abbattuti come il peso non eviscerato, l’età (determina- ta utilizzando il metodo di Matschke che si basa sul tempo di eruzione dei denti, sul cambio della dentatura e l’usura dei denti stessi), il sesso, la data ed il luogo di abbattimento. Per ogni femmina catturata abbiamo esaminato personalmente l’apparato riproduttore e in caso di gravidanza in atto, abbiamo rilevato: numero di feti, peso e lunghezza media dei feti, sex ratio e grado di sviluppo in giorni.

A partire dal 30° giorno di gestazione, l’accrescimento dei feti si mani- festa attraverso cambiamenti morfologico-strutturali visibili ad occhio nudo. Tali cambiamenti, che si verificano con intervalli regolari di 10 gior- ni, consentono di stabilire in modo abbastanza preciso l’età dei feti al momento dell’abbattimento (tab. 1).

Conoscendo la durata del calore (1-3 giorni), la lunghezza della gesta- zione (114-115 giorni) e il grado di sviluppo dei feti, è stato possibile stima- re il periodo in cui sono avvenuti gli accoppiamenti e la data in cui sarebbe-

Tabella 1 – Differenze morfologico-strutturali dei feti (fonte: V

ERNON

G., H

ENRY

).

– Foetus morphological-structural differences (from: V

ERNON

G., H

ENRY

).

E

TÀ IN

G

IORNI

C

ARATTERISTICHE DEI FETI

30 giorni Appendici presenti, occhi apparenti, bocca aperta.

40 giorni Diti presenti, orecchie piccole sottosviluppate, apparenza embrionale persa.

50 giorni Unghie presenti, palpebre presenti, capezzolo visibile, pancia embrionale persa.

60 giorni Orecchie proporzionate al resto del corpo, unghie lunghe ed incurvate, follicoli dei peli presenti su grifo e zampe.

70 giorni Setole bianche su mento e sopracciglio (1-2 mm), pigmentazione scura dei peli intorno al grifo ed alle zampe.

80 giorni Denti presenti, setole scure (3 mm) presenti su mento, guancia e grifo, orecchie e linea mezzana sulla schiena scura.

90 giorni Setole 6-10 mm su mento, sopracciglio e grifo, follicoli piliferi presenti su tutto il corpo.

100 giorni Le setole ricoprono quasi tutto il corpo, presenza di striature longitudinali.

110 giorni Corpo ricoperto da setole in modo omogeneo e completo, striature ben definite.

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ro avvenuti i parti con un margine di errore di pochi giorni. I dati relativi agli abbattimenti dei cinghiali sono stati raccolti per un periodo di tre anna- te venatorie consecutive (dal 2001-2002, al 2003-2004).

Queste informazioni consentono di fare un’analisi accurata sull’attività riproduttiva del Cinghiale mettendo a disposizione alcuni strumenti indi- spensabili per una corretta gestione di questo ungulato.

R ISULTATI

L’esame dell’apparato riproduttore di ogni singola scrofa ha permesso di ottenere numerose indicazioni sulla prolificità del Cinghiale all’interno dell’area di studio. Nell’inverno 2001, quando la produzione di castagne è stata di 8,7 q/ha, le sei squadre hanno abbattuto 35 femmine gravide per un totale di 174 feti, pari ad una media di 4,97 porchetti per gravidanza.

Le gestazioni costituite da 4 e 5 feti sono quelle più rappresentate (27 su 35) per un valore uguale al 77,1% del campione (graf. 2).

In questo senso l’offerta alimentare gioca un ruolo importante, in quanto influenza il tasso di mortalità embrionale che aumenta se non sono soddisfatte le esigenze nutrizionali delle scrofe.

Nel 2002, invece, una buona fruttificazione del castagno (15,3 q/ha) ha influito positivamente sul potenziale riproduttivo del Cinghiale. In questa stagione venatoria su un totale di 43 scrofe abbattute, ben 34 erano gravide

5 1

2 1

3 4

1

0 2 4 6 8 0 1

2 1

4 1

6 1

N° femmine

e z n a d i v a r g e l l e d i n o i s n e m i D

i t e f 4

i t e f 5

i t e f 6

i t e f 7

i t e f 8

Graf. 2 – Distribuzione delle dimensioni delle gravidanze nella stagione venatoria 2001-2002.

– Litter size distribution during hunting season 2001-2002.

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al momento della cattura. L’analisi dei rispettivi apparati riproduttori ha permesso di studiare un campione di 201 feti, equivalente a 5,91 porchetti per gestazione.

Rispetto alla stagione precedente è stato osservato un incremento medio di un porchetto per ogni femmina ed una maggiore variabilità nelle dimensioni delle singole gravidanze (graf. 3). Tale incremento è giustificato da due fattori:

1) le scrofe di grado gerarchico superiore hanno potuto esprimere tutto il loro potenziale riproduttivo;

2) minor tasso di mortalità embrionale rispetto alla stagione precedente (foto 1).

5 1 1

7 7

2

1 1

0 2 4 6 8 0 1

2 1

N° femmine

e z n a d i v a r g e l l e d i n o i s n e m i D

i t e f 4

i t e f 5

i t e f 6

i t e f 7

i t e f 8

i t e f 9

i t e f 0 1

Graf. 3 – Distribuzione delle dimensioni delle gravidanze nella stagione venatoria 2002-2003.

– Litter size distribution during hunting season 2002-2003.

La maggiore variabilità nelle dimensioni delle gravidanze appare evi- dente se si confrontano i grafici 2 e 3. Nel 2002-2003, infatti, sono state abbattute 16 scrofe che presentavano gravidanze costituite da 4 e 5 feti, contro le 27 della stagione precedente.

Contrariamente sono aumentati gli abbattimenti di femmine con gesta- zioni di 6, 7 e 8 feti passando dagli 8 capi del 2001-2002 ai 16 dell’annata venatoria successiva. Nella stagione 2002-2003, inoltre, sono state catturate 2 scrofe che presentavano delle gravidanze costituite rispettivamente da 9 e 10 feti (classi di frequenza non rappresentate l’anno precedente).

Quindi, in annate caratterizzate da un clima favorevole e da disponibi-

lità trofica adeguata, si ha un incremento del tasso di ovulazione ed una

riduzione del tasso di mortalità embrionale che si traduce in una maggiore

prolificità delle scrofe.

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Per quanto riguarda la stagione venatoria 2003-2004, sono state abbat- tute 66 femmine mature sessualmente e quindi in grado di riprodursi:

nonostante ciò nessuna presentava una gravidanza in atto. Una siccità estiva senza precedenti, l’insufficiente offerta alimentare invernale (graf. 1) ed il notevole dispendio energetico (dovuto ad un’intensa attività di grufolamen- to ed a spostamenti più lunghi) sono i principali fattori che hanno compro- messo la riproduzione del suide.

Un’altra considerazione deve essere fatta in merito all’influenza del- l’età e del peso sul successo riproduttivo delle scrofe.

Dai dati raccolti, si può affermare che la prolificità delle femmine cre- sce all’aumentare di questi due parametri. L’incremento del numero di feti per gravidanza, però, ha un ulteriore impulso in corrispondenza di una buona produzione di frutti forestali (tab. 2-3).

Foto 1 – Porchetti di pochi giorni. Figliate così abbondanti (8 piccoli) sono prerogativa delle scrofe adulte.

– Piglets of a few days. Only adult sows are able to breed a high number of foetuses.

Tabella 2 – Numero medio di feti per gravidanza in funzione dell’età.

– Litter mean value of foetus in function of sows weight.

E

TÀ IN MESI

M

EDIA FETI

2001/2002 M

EDIA FETI

2002/2003

13-14 mesi / 4,2

15-17 mesi 4 4,7

18-20 mesi 4,3 5,5

21-23 mesi 4,2 6,3

24/36 mesi 4,7 6,2

> 36 mesi 6 8,2

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Dal confronto dei dati disponibili, è evidente che le scrofe più giovani (in genere di dimensioni più piccole) mantengono sugli stessi livelli il loro stan- dard riproduttivo anche in annate non eccezionali, mentre quelle adulte, esprimendo un maggior potenziale, non riescono a sfruttare a pieno le loro possibilità riproduttive.

Quando le condizioni generali (clima, cibo disponibile) sono favorevoli, le femmine di rango superiore aumentano, infatti, in media il numero di feti di almeno 1-2 unità per gravidanza.

L’esame dei feti ha evidenziato che i parametri morfometrici (lunghezza media e peso medio) non presentano sostanziali divergenze tra loro se si con- siderano gestazioni allo stesso stadio di sviluppo. Anche la sex ratio è risultata pressoché identica, essendo in entrambi i casi leggermente a favore dei maschi (93/174 e 104/201).

La principale differenza è rappresentata da un grado di sviluppo dei feti più avanzato per la stagione venatoria 2002-2003. L’ottima disponibilità ali- mentare del periodo estivo, favorita da un’elevata piovosità (erba, frutti fore- stali, lombrichi ecc.), la buona produzione di castagne in autunno e il clima mite hanno avuto delle ripercussioni positive sul successo riproduttivo del suide.

Oltre ad un incremento del numero totale di feti, si è assistito ad un anti- cipo degli accoppiamenti ai mesi di settembre-ottobre (graf. 4-5).

Infine le femmine adulte, che partoriscono precocemente, hanno la pos- sibilità di eseguire un secondo parto in estate contribuendo in modo conside- revole all’incremento numerico della popolazione.

D ISCUSSIONE

Nell’area appenninica, soprattutto nel versante meridionale dove le col- ture agrarie sono pressoché assenti, la prolificità del Cinghiale è influenzata dalla fruttificazione del castagno, che dipende a sua volta dall’andamento cli- matico stagionale.

Tabella 3 – Numero medio di feti per gravidanza in funzione del peso.

– Litter mean value of foetus in function of sows age.

C

LASSI DI PESO

M

EDIA FETI

2001/2002 M

EDIA FETI

2002/2003

41-50 kg 4 4,2

51-60 kg 4,3 5,1

61-70 kg 5 6

71-80 kg 5,5 6,6

81-90 kg 7,5 8,5

91-100 kg / 10

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Oltre ad un’insufficiente produzione di frutti forestali, l’unico fattore limitante per la riproduzione del suide è rappresentato da nevicate eccezio- nali; infatti, queste possono rendere molto più difficili la reperibilità del cibo e gli spostamenti.

Le particolari condizioni climatiche, verificatesi nel periodo di studio (2001-2004), hanno permesso di valutare la capacità riproduttiva del Cin- ghiale in situazioni abbastanza eterogenee, sia dal punto di vista della dispo- nibilità alimentare, che da quello meteorologico.

1 2

7 7 1

8

0 2 4 6 8 0 1

2 1

4 1

6 1

8 1

N° accoppiamenti

e s e M

o t s o g a

e r b m e t t e s

e r b o t t o

e r b m e v o n

e r b m e c i d

Graf. 4 – Distribuzione degli accoppiamenti nel tempo (2001-2002).

– Mating distribution during the first hunting season (2001-2002).

2 1 2

0 1

1

0 5 0 1

5 1

0 2

5 2

N°accoppiamenti

e s e M

o t s o g a

e r b m e t t e s

e r b o t t o

e r b m e v o n

Graf. 5 – Distribuzione degli accoppiamenti nel tempo (2002-2003).

– Mating distribution during the second hunting season (2002-2003).

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L’inverno 2001, infatti, è stato caratterizzato da una disponibilità di castagne non eccezionale e da un clima molto rigido che ha determinato la persistenza al suolo di un manto nevoso variabile tra i 30 ed i 70 cm. La com- petizione interspecifica per l’approvvigionamento delle risorse alimentari ha favorito le femmine di grado gerarchico superiore. L’80% delle scrofe adulte abbattute era gravido contro il 31,4% della classe dei sub-adulti.

La buona disponibilità di castagne e il clima relativamente mite dell’an- nata successiva sono i fattori che hanno permesso a tutte le femmine mature di incidere in modo efficace sulla stagione riproduttiva. Infatti, se per quanto riguarda la classe degli adulti la percentuale di scrofe gravide è rimasta pres- soché invariata (81,8%), si è assistito ad un incremento notevole delle femmi- ne sub-adulte in stato di gravidanza (78,1%).

Nel 2003, a causa della scarsa produzione di castagne, pochissime fem- mine si sono accoppiate senza però riuscire a portare avanti la gestazione. A tale proposito, per cercare di stabilire le abitudini alimentari di questo ungu- lato, sono stati analizzati 20 stomaci prelevati casualmente dal campione delle scrofe abbattute. I cinghiali sono stati costretti a scegliere una dieta alternativa costituita principalmente da alimenti vegetali ricchi di fibra come radici, foglie, rametti e corteccia di vari alberi ed arbusti, rizomi di felci, erba e la solita componente di origine animale (invertebrati, lombrichi ecc.).

L’assenza di alimenti ad elevato contenuto energetico e facilmente reperi- bili, come le castagne, e la minore efficienza del Cinghiale, quale monogastri- co, nell’uso di altre risorse vegetali, non hanno consentito alle femmine di rea- lizzare il normale ciclo riproduttivo. Le scrofe andranno in estro a marzo-apri- le senza riuscire ad esprimere a pieno il proprio potenziale (A UMAITRE , 1984).

Pur essendo un animale con ampia valenza ecologica e spettro alimenta- re molto vasto, il Cinghiale ha dimostrato una particolare sensibilità nei riguardi delle diverse condizioni climatiche e della differente disponibilità di castagne verificatasi nel corso del triennio di studi, evidenziando una notevo- le variabilità del proprio successo riproduttivo.

Anche se per quanto riguarda questo ungulato le possibilità di interven- to risultano ampie grazie ad un elevato potenziale biotico, un’analisi prelimi- nare dei fattori ambientali sarebbe sempre opportuna prima di pianificare il programma di gestione e il relativo prelievo venatorio.

C ONCLUSIONI

La gestione del Cinghiale dovrebbe prevedere una serie di interventi differenziati in funzione delle diverse caratteristiche dell’ambiente.

Grazie alla notevole offerta di cibo garantita dagli ecosistemi agrari, il

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numero di femmine che si riproduce, sul totale della popolazione, è spesso maggiore rispetto ai sistemi forestali.

Contrariamente agli alimenti naturali, la cui disponibilità può subire ampie fluttuazioni in relazione dell’andamento climatico (graf. 1), le colture agrarie rappresentano, infatti, una fonte di cibo abbondante e concentrata, sempre disponibile e ad alto valore energetico (M ASSEI e T OSO , 1993).

In definitiva si può affermare che la presenza del suide, all’interno di aree prevalentemente coltivate, non deve essere tollerata a causa dei note- voli danni prodotti all’agricoltura. In tal senso l’unica strada perseguibile è quella del contenimento drastico delle popolazioni di Cinghiale attraverso la caccia in battuta con l’ausilio di cani da seguita.

Questa pratica venatoria, pur arrecando disturbo alle altre zoocenosi, rappresenta l’unico mezzo di abbattimento realmente efficacie, soprattutto in zone caratterizzate da ampie superfici a macchia.

In aree prevalentemente boscate, invece, la presenza del Cinghiale dovrebbe essere considerata in modo positivo. In primo luogo perchè que- sto suide è un trasformatore autonomo in proteine pregiate di prodotti del bosco non più utilizzati dall’uomo, producendo carni molto apprezzate (M ARSAN , 1998); in secondo luogo per l’importanza che questa specie può rivestire negli ecosistemi forestali.

Ad esempio, i giovani di cinghiale e gli animali feriti durante la stagio- ne venatoria costituiscono una delle prede più utilizzate dal lupo in area appenninica.

L’attività di grufolamento, oltre ad esercitare un’azione meccanica sul materiale vegetale, garantisce una maggiore aerazione del terreno velociz- zando i processi di decomposizione della sostanza organica.

La gestione in queste aree ha come obbiettivo primario il raggiungi- mento di un equilibrio ecologico in modo da poter utilizzare le popolazioni di Cinghiale come una risorsa rinnovabile disincentivando così le immissio- ni incontrollate. Una volta definiti i parametri demografici ottimali in fun- zione dell’offerta alimentare, si dovrebbero programmare periodo e moda- lità di prelievo più idoneo.

Nelle zone boscate, la caccia in battuta può rappresentare una forma di gestione sostenibile solo se si utilizzano cani specializzati su questo selva- tico e si evitano gli abbattimenti di soggetti adulti. Questa tecnica venatoria dovrebbe essere coadiuvata da interventi di carattere selettivo da eseguire anche in territori posti sotto tutela e in periodi diversi rispetto a quelli della caccia in battuta.

La gestione di quest’ungulato, però, non può limitarsi all’attività venato- ria, ma deve prevedere anche interventi di miglioramento ambientale.

L’applicazione di tecniche selvicolturali adeguate, il mantenimento dei

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pascoli e l’uso di colture a perdere sono operazioni indispensabili per poter incrementare l’offerta alimentare degli ecosistemi forestali.

Il recupero dei castagneti da frutto, la conversione dei cedui di castagno in fustaie e il governo a ceduo composto nei boschi di specie quercine (tecni- ca utilizzata in passato nel senese per l’allevamento allo stato brado dei maia- li) garantiscono una maggiore produzione di frutti forestali molto appetiti dal Cinghiale.

Dal momento che castagne e ghiande sono disponibili per un periodo limitato che va da fine settembre a febbraio, è opportuno favorire le specie arboree che fruttificano in altri periodi dell’anno (ciliegi, sorbi, peri, meli, noccioli, susini ecc.).

A tale proposito le possibilità d’intervento sono due:

1) rilascio di matricine di queste specie nei cedui;

2) messa a dimora di piante da frutto distribuendole omogeneamente sul ter- ritorio.

Lo sfalcio periodico dei pascoli e l’impianto di colture a perdere (grano, sorgo, girasoli, foraggere ecc.) contribuiscono ulteriormente a mantenere costante la disponibilità di cibo nel corso dell’anno. Questi interventi sono importanti soprattutto dove il Cinghiale produce danni all’agricoltura. Infat- ti, in mancanza di alimenti naturali, la percentuale di piante coltivate utilizza- te da questo ungulato sale dal 32 al 70% del volume ingerito (B OULDOIRE e V ASSANT , 1989).

Oltre a ridurre l’impatto sulle colture agrarie, la maggiore offerta di cibo determina un aumento della capacità portante degli ecosistemi forestali e di conseguenza un incremento utile annuo delle popolazioni di Cinghiale mag- giore, con ripercussioni positive sulle possibilità di prelievo venatorio.

In ultima analisi, occorre sempre e in ogni caso mantenere gli effettivi di popolazione in equilibrio con le disponibilità alimentari, ricordando che in habitat forestali queste ammontano a non più del 10% del loro totale stimato nell’intero comprensorio (C ASANOVA , 1988; C ASANOVA , 2000).

SUMMARY

Chestnut fructification and wild boar reproduction in Apennine environment

This research studies the relationship between the reproductive capacity of wild boar

and different availability of chestnuts in the Apennine environment. Data on chestnut

production for the period 2001-2003 was compared to wild boar reproductive parameters

obtained by slaughtering analyses. Results show that chestnut fructification is very

important for wild boar reproduction and that the number of foetuses varies sensibly with

food offer.

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