• Non ci sono risultati.

UNIVERSITÀ DI PISA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "UNIVERSITÀ DI PISA "

Copied!
616
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN STORIA E CIVILTÀ Indirizzo medievale

TESI DI LAUREA

ANNO ACCADEMICO 2018-2019

I signori di Corvaia e di Vallecchia (secoli XII-XIII)

Candidato: Relatore:

Luigi Marrai prof. Simone M. Collavini

(2)

2

Ringraziamenti

Dopo molto tempo sono riuscito a terminare il mio lavoro sui signori di Corvaia e di Vallecchia. È stata una lunga esperienza, che mi ha preso molto tempo ed energie. Se da un lato provo imbarazzo per non essere riuscito a “disimpegnarmi” in un tempo minore, dall’altro trovo consolazione nel fatto che in questi anni non ho mai smesso d’imparare. In questo percorso ho avuto la fortuna di essere accompagnato da persone eccezionali, della cui intelligenza e amicizia ho potuto godere, e a cui va la mia profonda riconoscenza. Non posso qui non fare menzione di quella comunità straordinaria costituita dai medievisti pisani. Considero un privilegio e un onore aver potuto studiare in questa Università, a contatto con questi professori e ricercatori.

Mi mancheranno i cicli di seminari noti come “i Mercoledì della Storia Medievale”, occasione unica non solo per conoscersi, ma anche per imparare contenuti e metodi di ricerca.

Vorrei innanzitutto ringraziare il mio relatore, il professor Simone Maria Collavini: prima

per aver accolto la mia proposta per la tesi di laurea, poi per la grande disponibilità e pazienza,

per avermi seguito, consigliato, indirizzato e corretto passo passo nel mio lavoro. Per uno

studente facile a perdersi nel mare immenso della ricerca come il sottoscritto è stato una bussola

fondamentale, e, per quanto ciò sia del tutto ovvio, mi sento comunque in dovere di ribadire

che senza i suoi interventi sui risultati che a mano a mano gli presentavo la qualità del presente

lavoro sarebbe stata decisamente inferiore. Ringrazio Paolo Tomei, che mi è stato affidato dal

professor Collavini come guida esperta, e in effetti per tutto questo tempo è stato molto di più,

direi quasi il mio “angelo custode”, avendomi non solo accompagnato nel percorso di ricerca

(soprattutto all’Archivio Storico Diocesano di Lucca), ma essendo anche sempre prodigo di

informazioni, consigli, suggerimenti, disponibile a discutere del mio lavoro e a rendermi

partecipe dei risultati che stava ottenendo lavorando alla sua tesi di dottorato, base

imprescindibile per la mia tesi, che ne è debitrice in misura enorme. Grazie a Jacopo Paganelli

e Giuseppe Medici, che come Paolo mi hanno onorato della loro amicizia e sopportato quasi

quotidianamente, e con i quali pure ho potuto discutere a lungo del mio lavoro e del loro. Ne

siamo usciti arricchiti tutti, e soprattutto io e Giuseppe, semplici laureandi. Ringrazio i

medievisti pisani, professori e dottori di ricerca, con cui ho avuto il piacere di entrare in contatto,

in particolare il professor Mauro Ronzani, che aveva già raccolto per proprio conto molte

informazioni sui da Corvaia e da Vallecchia, e che con grande generosità mi ha permesso di

consultarle; Alberto Cotza, che mi ha aiutato con la cronachistica; la professoressa Enrica

Salvatori, il cui ausilio mi è stato prezioso per il Codice Pelavicino. Ringrazio anche quei

professori con cui, anche se non hanno avuto occasione di aiutarmi con la tesi, ho avuto il

piacere di fare qualche esame: Cecilia Iannella, Livia Fasola, Maria Luisa Ceccarelli Lemut,

Federico Cantini.

(3)

3 Un grazie va al personale degli Archivi di Stato di Lucca, Pisa e Firenze, e degli Archivi Storici Diocesani di Lucca e di Pisa. In particolare vorrei menzionare gli addetti degli archivi lucchesi, e più specificamente Tommaso, Valentina ed Elisabetta dell’Archivio Storico Diocesano. Grazie anche al personale delle biblioteche dell’Ateneo, specie quelle del polo più

“umanistico”, e soprattutto quella di Filosofia e Storia, che ho tempestato di richieste, e a quello delle altre biblioteche da me visitate, in particolare quelle comunali di Seravezza e Pietrasanta.

In generale vorrei ricordare tutti coloro che mi sono stati vicini e, chi più chi meno, mi hanno accompagnato e sostenuto, in particolare gli amici. Il mio ringraziamento va anche a loro.

Per ultima vorrei ringraziare la mia famiglia: mio padre Danilo, mia madre Daniela, mio fratello Marco, le mie nonne Gina e Lina, ma anche – tra gli altri – mio zio Giovanni e mio cugino Alberto. In particolare voglio ricordare i miei genitori, che mi hanno incoraggiato (spinto) a intraprendere il percorso della laurea magistrale, e hanno voluto e dovuto sostenermi e sostentarmi per tutto questo tempo (e dovranno continuare a farlo nell’immediato futuro):

senza la loro disponibilità questa tesi non avrebbe mai visto la luce.

Dedico questo lavoro alla mia famiglia, soprattutto ai miei genitori, e a tutte quelle persone

il cui comportamento e insegnamento mi è stato di esempio, in campo professionale e più in

generale umano, e infine alla mia terra natìa, la Versilia.

(4)

4

Indice generale

Sigle ... : p. 12

Introduzione ... : p. 13

I. I Casati... : p. 17

I.A. I da Corvaia ... : p. 18

I.A.1. Prime attestazioni ... : p. 18

I.A.1.a. I figli di Fralmi della Pace di Lucca del 1124 ... : p. 22

I.A.1.b. Uno o più Ughiccione e/o Veltro? ... : p. 25

I.A.1.c. Ugo da Corvaia ... : p. 31

I.A.2. I discendenti dei capostipiti e le due Case ... : p. 33

I.A.3. La Casa di Ughiccione ... : p. 35

I.A.3.a. Corrado figlio di Giafferro ... : p. 35

I.A.3.b. I figli e discendenti di Stolto ... : p. 36

I.A.4. La Casa di Veltro ... : p. 39

I.A.4.a. Un solo Veltro figlio di Bonaccorso, o anche un altro figlio d’Ildebrandino? : p. 40

I.A.4.b. I figli e discendenti di Veltro II di Bonaccorso I ... : p. 42

I.A.4.c. I figli e discendenti di Ubaldo d’Ildebrandino I ... : p. 47

I.A.4.d. I figli e discendenti di Bonaccorso II d’Ildebrandino I ... : p. 47

I.B. I da Vallecchia ... : p. 49

I.B.1. Prime attestazioni ... : p. 49

I.B.1.a. Il caso del breve sarzanese del 1140/3 ... : p. 49

I.B.1.b. Prime attestazioni sicure ... : p. 52

I.B.1.c. I capostipiti dei rami della casata: i figli e discendenti di Raimondo I... : p. 53

I.B.2. Il ramo dei “Guidi-Gerardi” ... : p. 57

I.B.2.a. I figli di Guido III di Gerardo I ... : p. 59

I.B.2.b. I figli e discendenti di Ugolino I di Guido III ... : p. 62

I.B.3. Il ramo dei “Parenti” ... : p. 67

I.B.3.a. I figli e discendenti di Ubaldo da Vallecchia ... : p. 70

I.B.4. Il ramo dei “Giudici” ... : p. 75

I.B.5. Il ramo dei “Raimondi-Arduini” ... : p. 78

I.B.6. Il ramo dei “Tancredini” ... : p. 80

I.B.7. Personaggi di attribuzione incerta ... : p. 82

(5)

5

II. La consorteria... : p. 84

II.A. I casati consorti ... : p. 84

II.A.1. I consorti dei da Corvaia ... : p. 84

II.A.1.a. Da Vezzano ... : p. 84

II.A.1.b. Da Gragnana ... : p. 85

II.A.1.c. Da Careggine ... : p. 90

II.A.1.d. Da Porcari ... : p. 91

II.A.1.e. Da Montemagno ... : p. 94

II.A.1.f. Duodi ... : p. 97

II.A.1.g. Da Sassetta ... : p. 99

II.A.1.h. Gualandi ... : p. 101

II.A.1.i. Lanfranchi ... : p. 102

II.A.1.j. Altri consorti ... : p. 103

II.A.2. I consorti dei da Vallecchia ... : p. 104

II.A.2.a. Da Burcione ... : p. 104

II.A.2.b. Da Falcinello ... : p. 105

II.A.2.c. Da Massa ... : p. 106

II.A.2.d. Da Castello Aghinolfi ... : p. 108

II.A.2.e. Da Gragnana... : p. 111

II.A.2.f. Da San Renzo ... : p. 113

II.A.2.g. Da Porcari ... : p. 114

II.A.2.h. Visconti di S. Filippo di Pisa ... : p. 117

II.A.3. Altre famiglie imparentate con i da Vallecchia ... : p. 120

II.A.3.a. Laggio ... : p. 120

II.A.3.b. Del Grasso ... : p. 121

II.A.3.c. Saggina ... : p. 123

II.A.3.d. Da Sala e da Bozzano ... : p. 125

II.A.3.e. “Del Secco” ... : p. 128

II.B. Il consorzio signorile ... : p. 134

II.B.1. Origini ... : p. 134

II.B.2. Caratteristiche ... : p. 140

II.B.2.a. Il giuramento dei consorti di Ripafratta ... : p. 141

II.B.2.b. Lo statuto dei Gherardinghi ... : p. 143

II.B.2.c. Altri giuramenti dell’aristocrazia minore lucchese ... : p. 147

(6)

6 II.B.2.d. I signori o rettori overo consoli o podestà ... : p. 149 II.C. Conclusioni ... : p. 163

III. Versilia ... : p. 165

III.A. Territorio signorile ... : p. 166

III.A.1. Confini territoriali ... : p. 168

III.A.1.a. Il lodo tra vescovo di Luni e Malaspina del 1202... : p. 168

III.A.1.b. Il lodo tra Castellesi e Corvaresi del 1244 ... : p. 169

III.B. Beni signorili ... : p. 174

III.B.1. Castelli e villaggi ... : p. 174

III.B.1.a. Corvaia ... : p. 180

III.B.1.b. Vallecchia ... : p. 187

III.B.1.c. Strettoia e/o Albatreta... : p. 189

III.B.1.d. Farnocchia e Gallena ... : p. 195

III.B.1.e. Pedona ... : p. 196

III.B.1.f. Montebello ... : p. 201

III.B.1.g. Lombrici e Montecastrese ... : p. 203

III.B.1.h. Greppolungo e Vegghiatoia ... : p. 207

III.B.1.i. Castelli “mancanti” ... : p. 208

III.B.2. Borghi ... : p. 215

III.B.2.a. Il borgo di Corvaia ... : p. 215

III.B.2.b. Il borgo di Brancagliano ... : p. 216

III.B.3. Beni a uso pubblico ovvero collettivo ... : p. 218

III.B.3.a. Terreni e risorse “comunali” ... : p. 218

III.B.3.b. Mulini... : p. 227

III.B.4. Prerogative fiscali ... : p. 230

III.B.4.a. Miniere ... : p. 230

III.B.4.b. Cave ... : p. 254

III.B.4.c. Pedaggi ... : p. 255

III.B.5. Enti ecclesiastici ... : p. 263

III.C. Uomini liberi e dipendenti signorili ... : p. 278

III.C.1. Vassalli e fideles ... : p. 278

III.C.2. Rustici ovvero villani ... : p. 285

III.D. Possessi fondiari ... : p. 286

III.D.1. Da Vallecchia ... : p. 287

(7)

7 III.D.1.a. Notizie fino a metà Duecento ... : p. 287 III.D.1.b. Il podere di Gerardino di Gualt(e)rone del fu Bonaventura da Lucca e di Volpiglione del fu Cacciarege da Buggiano ... : p. 290 III.D.1.c. I beni fondiari dei figli di Ugolino Sanna nel piano di Versilia ... : p. 293 III.D.1.d. I poderi di Bianco del fu Barone e di Bonifazio Carminalana da Vallecchia: p.

294

III.D.2. Da Corvaia ... : p. 295 III.E. Il testamento di Guido Malaparte e il I libro dei memoriali di Guido giudice ... : p. 297 III.F. Conclusioni... : p. 301

IV. Lunigiana ... : p. 303 IV.A. Possessi fondiari e dipendenti signorili ... : p. 305 IV.B. Rapporti con il vescovo di Luni ... : p. 310 IV.B.1. Partecipazione ad atti vescovili (metà XII - inizio XIII secolo) ... : p. 311 IV.B.1.a. A fianco del vescovo nell’esercizio delle sue funzioni... : p. 311 IV.B.1.b. A fianco del vescovo-signore nell’acquisizione di castelli ... : p. 314 IV.B.1.c. I vescovi di Luni conti in Lunigiana e seniores dei da Corvaia e da Vallecchia in Versilia ... : p. 315 IV.B.1.d. I da Corvaia e da Vallecchia tra vescovo di Luni, marchesi Malaspina e signori di Vezzano ... : p. 321 IV.B.1.e. Gli atti di Brancagliano del 1219 ... : p. 326 IV.B.2. Carriera ecclesiastica ... : p. 330 IV.B.3. La Brina ... : p. 331 IV.B.4. Trebiano ... : p. 333 IV.B.4.a. Liti fra cosignori ... : p. 334 IV.B.4.b. Liti dei signori e Comune di Trebiano contro il vescovo ... : p. 337 IV.B.4.c. La cosignoria dei visdomini di Trebiano e dei Parenti di Vallecchia ... : p. 339 IV.B.4.d. I signori e il castello di Trebiano fra il Comune di Genova e il vescovo di Luni ..

... : p. 344

IV.B.5. Falcinello ... : p. 351

IV.C. Rapporti con le stirpi marchionali obertenghe ... : p. 358

IV.C.1. Rapporti con i marchesi Malaspina ... : p. 358

IV.C.1.a. Primi legami attestati con i da Corvaia ... : p. 359

IV.C.1.b. Primi legami attestati con i da Vallecchia ... : p. 363

IV.C.1.c. Consortatico del 1218 e patti pisani del 1253 ... : p. 366

(8)

8 IV.C.2. Rapporti con i marchesi di Massa-Corsica ... : p. 367 IV.D. Conclusioni ... : p. 370

V. Lucca ... : p. 372 V.A. Rapporti esterni con il Comune di Lucca ... : p. 372 V.A.1. Metà XII secolo ... : p. 377 V.A.1.a. La cessione di metà della “corte” di Corvaia del 1142 ... : p. 378 V.A.1.b. La guerra tra Lucca e Pisa del 1143-58 ... : p. 382 V.A.2. Tardo XII secolo ... : p. 391 V.A.2.a. La Dieta di San Genesio e gli accordi tra Genova e Lucca su Motrone ... : p. 391 V.A.2.b. La concessione imperiale della Rocca Guidinga a Lucca del 1164 ... : p. 393 V.A.2.c. La guerra tra Lucca e Pisa del 1168-81 ... : p. 398 V.A.3. Fine XII e inizio XIII secolo... : p. 411 V.A.3.a. L’ultima età primo-sveva ... : p. 411 V.A.3.b. Dalla morte di Enrico VI al passaggio da Lucca di Ottone IV ... : p. 416 V.A.4. L’età di Federico II ... : p. 419 V.A.4.a. Gli scontri tra Lucca, Pisa e cattani nel primo venticinquennio di regno di Federico II ... : p. 419 V.A.4.b. Gli scontri tra Lucca, Pisa e cattani nell’ultima parte di regno di Federico II: p.

427

V.A.5. La guerra di Lucca, Genova e Firenze contro Pisa del 1251-56... : p. 429

V.A.6. La Versilia contesa tra Lucca e Pisa (1256-70) ... : p. 435

V.B. Rapporti interni con il Comune di Lucca ... : p. 445

V.B.1. I da Corvaia e da Vallecchia a Lucca da inizio a metà XIII secolo ... : p. 445

V.B.1.a. Residenza cittadina ... : p. 446

V.B.1.b. Partecipazione alla vita politica cittadina ... : p. 449

V.B.2. Il tardo Duecento ... : p. 457

V.C. Possessi rurali ... : p. 461

V.C.1. Piana di Lucca ... : p. 461

V.C.1.a. Tassignano ... : p. 461

V.C.1.b. Tempagnano ... : p. 463

V.C.1.c. Parezzana ... : p. 464

V.C.2. Segromigno ... : p. 464

V.C.2.a. Il memoriale del Capitolo di S. Martino ... : p. 464

V.C.2.b. I figli ed eredi di Tangrande ... : p. 467

(9)

9 V.C.3. Valfreddana ... : p. 468 V.C.4. Bassa Valdiserchio ... : p. 469 V.C.4.a. Rapporti con il monastero di S. Pietro di Camaiore ... : p. 469 V.C.4.b. Rapporti con il monastero di S. Ponziano di Lucca ... : p. 472 V.C.4.c. Rapporti con il vescovado di Lucca... : p. 478 V.C.4.d. I da Vallecchia a fine XIII secolo ... : p. 478 V.D. Rapporti con il vescovo di Lucca... : p. 479 V.D.1. Legami feudali ... : p. 480 V.D.1.a. Il feudo di Brancoli/Parezzana ... : p. 480 V.D.1.b. Il feudo rolandingo delle decime basso-garfagnine ... : p. 491 V.D.2. Il rapporto con il vescovo Paganello da Porcari ... : p. 492 V.E. Conclusioni ... : p. 496

VI. Pisa ... : p. 498

VI.A. Prime attestazioni ... : p. 498

VI.B. Rapporti esterni con il Comune ... : p. 502

VI.B.1. La guerra del 1168-81 ... : p. 502

VI.B.1.a. Gerardo I di Guido II da Vallecchia e altri suoi consorti a Pisa ... : p. 503

VI.B.1.b. Il progetto di alleanza del 1172/3 ... : p. 507

VI.B.2. I patti fra Pisa e i da Corvaia e da Vallecchia del 1223 e i conflitti degli anni ‘20 del

XIII secolo ... : p. 512

VI.B.3. Accordi e disaccordi durante la guerra Lucca-Pisa tra fine anni ‘20 e inizio ‘50 del

XIII secolo ... : p. 517

VI.B.3.a. I patti fra Pisa e i Castellesi del 1234... : p. 517

VI.B.3.b. La pace pisana del 1237... : p. 521

VI.B.4. I patti fra Pisa e i da Corvaia e da Vallecchia del 1253 ... : p. 529

VI.C. Rapporti interni con il Comune e vita in città ... : p. 534

VI.C.1. I conflitti del terzo quarto del XIII secolo... : p. 534

VI.C.2. Privilegi statutari ... : p. 537

VI.C.3. Cariche ricoperte e professioni ... : p. 539

VI.C.3.a. Ambasciatori ... : p. 541

VI.C.3.b. Giudici e notai ... : p. 541

VI.C.3.c. Nunzi ... : p. 544

VI.C.3.d. Capitani di terre del contado ... : p. 544

VI.C.3.e. Stipendieri a cavallo e conastabili ... : p. 545

(10)

10 VI.C.3.f. Operai di S. Maria ... : p. 546 VI.C.3.g. “Spedalieri” ... : p. 547 VI.C.3.h. Frati ... : p. 547 VI.C.4. Attività finanziarie e commerciali ... : p. 549 VI.C.5. Residenza cittadina ... : p. 552 VI.D. Possessi rurali ... : p. 554 VI.D.1. Bassa Valdiserchio ... : p. 554 VI.D.1.a. I terreni dati ai da Corvaia e da Vallecchia nel 1223 e assegnati ai secondi nel 1225 ... : p. 556 VI.D.1.b. L’infeudazione successiva al 18 novembre 1258 ... : p. 559 VI.D.2. Basso Valdarno ... : p. 561 VI.D.2.a. La divisione tra i nobili di Vallecchia del 1269 ... : p. 562

Conclusioni generali ... : p. 566

Bibliografia ... : p. 568 Edizioni di fonti e opere di consultazione ... : p. 569 Letteratura ... : p. 579

Appendici... : p. 592

I. Tavole genealogiche ... : p. 593

I.A.1. Da Corvaia ... : p. 594

I.A.2. Ughiccioni ... : p. 595

I.A.3. Bonaccorsi Veltri ... : p. 596

I.A.4.a. Ubaldi Ildebrandini Veltri ... : P. 597

I.A.4.b. Bonaccorsi Ildebrandini Veltri ... : p. 598

I.A.5.a. Consorti degli Ubaldi Ildebrandini Veltri ... : p. 599

I.A.5.b. Consorti dei Bonaccorsi Ildebrandini Veltri ... : p. 599

I.B.1. Da Vallecchia ... : p. 600

I.B.2. Giudici ... : p. 601

I.B.3. Raimondi-Arduini ... : p. 602

I.B.4. Tancredini ... : p. 602

I.B.5.a. Guidi-Gerardi (con discendenza di Guido IV) ... : p. 603

I.B.5.b. Guidi-Gerardi (con discendenza di Orlando I) ... : p. 604

I.B.6.a. Parenti (con discendenza di Guido IV) ... : p. 605

(11)

11 I.B.6.b. Parenti (con discendenza di Alberto II) ... : p. 606 I.B.7.a. (i) Da Castello Aghinolfi consorti dei Giudici ... : p. 607 I.B.7.a. (ii) Da Castello Aghinolfi consorti dei Guidi-Gerardi ... : p. 608 I.B.7.b. Da Massa (consorti dei Guidi-Gerardi)... : p. 609 I.B.7.c. Valvassori di Segromigno (consorti dei Guidi-Gerardi) ... : p. 610 I.B.7.d. Altri consorti dei Guidi-Gerardi (Ugolino I e discendenti) ... : p. 610 I.B.7.e. Da Vezzano, da Burcione e da Cornazzano (consorti dei Giudici) ... : p. 611 II. Tavole cartografiche ... : p. 612 II.A.1. Podere signorile ... : p. 613 II.A.2. Possessi in Versilia ... : p. 614 II.B. Possessi in Lunigiana ... : p. 615 II.C.1. Residenza a Lucca ... : p. 616 II.C.2. Possessi nelle Sei Miglia ... : p. 617 II.D. Possessi a Pisa ... : p. 618 III. Carte dei possessi ... : p. 619 III.A. Versilia ... : p. 620 III.B. Lunigiana ... : p. 626 III.C. Lucca ... : p. 629 III.D. Pisa ... : p. 631 IV. Edizione dell’atto di consortatico ... : p. 640 V. Approfondimenti tematici ... : p. 647 V.A. Considerazioni sul I e III libro dei memoriali di Guido da Vallecchia ... : p. 648 V.B. Menzioni cronachistiche di da Corvaia e da Vallecchia del 1168/9, 1171 e 1172/3: p.

650

V.C. Considerazioni onomastiche ... : p. 653

(12)

12

Sigle

*

AAL = Archivio Arcivescovile di Lucca AAP = Archivio Arcivescovile di Pisa ACC = Archivio della Certosa di Calci ACL = Archivio Capitolare di Lucca ACP = Archivio Capitolare di Pisa ASF = Archivio di Stato di Firenze

ASL = Archivio di Stato di Lucca ASP = Archivio di Stato di Pisa ASS = Archivio di Stato di Siena BCL = Biblioteca Capitolare di Lucca BCP = Biblioteca Comunale “Carlo

Magnani” di Pescia

AEI = Ludovico Antonio Muratori, Delle

antichità estensi ed italiane

AIMÆ = Ludovico Antonio Muratori,

Antiquitates Italicæ Medii Ævi

CAAP-A =

Carte dell’Archivio Arcivescovile di Pisa: fondo arcivescovile

CAAP-LV =

Carte dell’Archivio Arcivescovile di Pisa: fondo Luoghi Vari

CACC = Carte dell’Archivio della Certosa

di Calci (1151-1200)

CAP-XIII = Le carte arcivescovili pisane

del secolo XIII

CDRG = Codice diplomatico della

Repubblica di Genova

CDS = Codice diplomatico della Sardegna CP = Codice Pelavicino. Edizione digitale DBI = Dizionario Biografico degli Italiani DRIG = Diplomata Regum et Imperatorum

Germaniae

* Per le sigle di pubblicazioni si rimanda alla Bibliografia.

HPM = Historiae Patriae Monumenta LEM = Lucensis Ecclesiae Monumenta LIRG = I Libri Iurium della Repubblica di

Genova

MDSL = Memorie e documenti per servire

all’istoria del Principato Lucchese/della città e Stato di Lucca/del Ducato di Lucca

MGH = Monumenta Germaniae Historica RASL = R.° Archivio di Stato in Lucca,

Regesti. Vol. I. Pergamene del Diplomatico

RCL = Regesto del Capitolo di Lucca RCP = Il regesto del Codice Pelavicino RI = Regesta Imperii

RIS = Rerum Italicarum Scriptores RP = Regestum Pisanum

SCL = Statuto del Comune di Lucca

dell’anno MCCCVIII

(13)

13

Introduzione

I da Corvaia e da Vallecchia erano due casati signorili discendenti da un ceppo comune, che dominarono in Versilia tra fine XI e metà circa del XIII secolo. Per l’estensione e qualità del loro dominato signorile, e per la sua posizione a confine tra zone d’influenza politica concorrente, e in corrispondenza di un tratto obbligato del principale percorso della Via Francigena che collegava il nord al centro-sud della Penisola, giocarono un ruolo importante negli eventi “politici” di quegli anni, entrando in relazione con le principali autorità laiche ed ecclesiastiche della zona.

Da ciò dipende il fatto che la documentazione riguardante i da Corvaia e da Vallecchia si conservi in fondi archivistici diversi: gli Archivi storici diocesani di Sarzana, Lucca e Pisa, gli Archivi di Stato di queste due città e di Massa, ma anche di Firenze e Siena, e l’Archivio della Certosa di Calci. Gli atti più importanti – e più conosciuti – sono quelli contenuti nei fondi diplomatici, ma molte altre informazioni si trovano nel resto della documentazione, che cominciò a prodursi soprattutto nel Duecento – si tratta in particolare delle imbreviature notarili –, e che si conserva in quantità tali da rendere impossibile uno spoglio sistematico. Le pergamene sciolte sono invece meno numerose, e sia per questo, sia soprattutto per la maggiore antichità e importanza (tendenzialmente), hanno ricevuto attenzioni particolari, essendo oggetto di edizione e, ultimamente, di campagne di digitalizzazione. In particolare, è fruibile in rete tutta la sezione diplomatica degli archivi di Stato di Massa (del resto molto esigua) e di Lucca, quasi tutta quella dell’Archivio di Stato di Firenze – almeno per i secoli che ci interessano –, e alcuni fondi degli archivi statali di Pisa (in particolare il Roncioni) e Siena (Riformagioni, fino al 4 febbraio 1251). Per i fondi diplomatici dell’Archivio di Stato di Pisa sono disponibili diverse tesi di laurea discusse nell’Ateneo pisano, che offrono l’edizione delle pergamene fino al 1217, mentre per il diplomatico lucchese è pubblicato un regesto fino al 1155 (oltre all’edizione in tesi di laurea – sempre dell’Ateneo di Pisa – dei documenti fino al 1018 e dal 1022 al 1075). Riguardo all’area lunigianese, oltre all’Archivio statale di Massa, è disponibile l’edizione del Registrum Vetus e delle pergamene dell’Archivio storico comunale di Sarzana, e il regesto delle pergamene di quello di Spezia. Quanto poi alla Certosa di Calci, è pubblicata l’edizione delle pergamene fino a tutto il XII secolo.

La situazione è diversa per gli Archivi storici diocesani. La sezione diplomatica di quello di Pisa è stata regestata nel primo Novecento, e la parte arcivescovile è stata poi oggetto di edizione fino al 1299, fino al 1300 per il fondo “Luoghi Vari”, e al 1308 per quello del monastero di S. Matteo, oggetto di due tesi di laurea. Un’altra tesi pisana ha invece a oggetto il

“codice diplomatico” del convento di S. Caterina, fino al 1286. Della sezione capitolare

dell’Archivio Storico Diocesano di Pisa è pubblicata l’edizione fino al 1120, ed è edita in tesi

(14)

14 di laurea pisane la documentazione fino al 1192. Non così fortunata è Lucca, poiché, se si escludono le pergamene di età longobarda, di quelle arcivescovili disponiamo di edizioni parziali fino all’XI secolo, la maggior parte in tesi di laurea (tranne per gli anni 1018-55), e del diplomatico capitolare è pubblicato un regesto che copre fino a tutto il XII secolo. Quanto a Sarzana, sono andate perdute le pergamene vescovili fino al XIII secolo, ma se ne conserva la trascrizione all’interno del cosiddetto “Codice Pelavicino” (attualmente nell’Archivio Capitolare). Esso è stato oggetto di un’edizione quasi completa, ma non particolarmente accurata a inizio Novecento, ed è attualmente in corso una nuova edizione digitale che comprende anche la fotoriproduzione delle carte del manoscritto.

Riguardo ai fondi diplomatici dunque, rimangono parzialmente “scoperti” quelli diocesani lucchesi: per le pergamene arcivescovili del XII e XIII secolo si sono dovuti consultare dei regesti manoscritti di Età Moderna redatti in quattro volumi, i cosiddetti “notulari”, dove i documenti sono ordinati secondo l’antica segnatura, ancor oggi in uso. Di questa non è possibile capire lo specifico criterio guida, non cronologico, ma piuttosto per materia, visto che gli atti riguardanti il medesimo oggetto hanno segnature contigue, quando non sono ricompresi sotto la medesima segnatura. In generale sembra che siano stati raggruppati fra loro quelli riguardanti una determinata località e/o che vedevano la partecipazione degli stessi contraenti. I notulari sono privi di indici, e non sono mai stati “aggiornati”: a inizio Novecento ci si è limitati a trascriverli su schede “volanti”. Si è perciò reso necessario lo spoglio dei quattro volumi.

Similmente, per le pergamene capitolari del XIII secolo si sono dovuti consultare dei regesti su fogli volanti (come quelli del diplomatico arcivescovile), ordinati cronologicamente.

Nell’Archivio capitolare si conserva in realtà anche un altro fondo diplomatico, proveniente dall’“acquisto Martini”, di cui sono state edite le pergamene fino al 1150 all’interno di una tesi di laurea dell’Università di Pisa.

Quanto ad altri tipi di fonti, sono stati oggetto di edizione in tesi di laurea dell’Ateneo pisano alcuni registri notarili della seconda metà duecento provenienti dagli archivi cittadini, mentre è pubblicata l’edizione di alcuni registri del notaio lucchese Ciabatto, dalla sezione capitolare dell’Archivio Storico Diocesano di Lucca.

I da Corvaia e da Vallecchia non sono mai stati oggetto di uno studio monografico, se si esclude l’ampio spazio riservato loro nei Commentari storici sulla Versilia centrale dell’erudito pietrasantino Vincenzo Santini, editi nel 1859. Notizie su di loro erano già state raccolte dal naturalista Giovanni Targioni Tozzetti nel corso dei viaggi da lui compiuti in Toscana negli anni

‘40 del Settecento, editi una prima volta negli anni ‘50 e poi di nuovo in versione accresciuta

nei ‘70. Dei nostri aveva trattato anche l’erudito e storico montignosino Giovanni Sforza, nelle

(15)

15 sue Memorie storiche di Montignoso del 1865, poiché occupandosi della storia della propria terra non poté non trattare dei da Castello Aghinolfi, vicini e oltretutto consorti dei da Corvaia e da Vallecchia.

Fino a oggi questi rimanevano i principali contributi per studiare i due casati versiliesi, il che non toglie che loro menzioni siano apparse in molti lavori, per l’importante ruolo politico da loro giocato negli anni in cui dominarono in Versilia e in rapporto con le vicine autorità lucchesi, pisane e lunigianesi. Proprio perché i da Corvaia e da Vallecchia fanno capolino con una certa frequenza nella documentazione sia privata che pubblica, si rendeva opportuno uno studio che ne stabilisse innnanzitutto la genealogia, base necessaria per ricostruire la storia dei rapporti politici e sociali delle due famiglie signorili, e poi le zone di radicamento e le risorse su cui potevano contare. L’individuazione di questi elementi, per quanto è stato possibile, ha permesso di delineare, per quanto non in modo pienamente soddisfacente, un profilo dei due casati

“gemelli” e del loro ruolo durante il periodo in cui esercitarono la loro signoria in Versilia e nei decenni seguenti fino alla fine del XIII secolo.

Il presente lavoro ha teso a raccogliere le informazioni sulla “doppia famiglia”, cercando di individuarne diversi aspetti, cui sono dedicati i capitoli che seguono. Il capitolo I ha un taglio prosopografico: in esso si cerca d’individuare la genealogia delle due Case signorili, tentando di trovare l’aggancio con gli ultimi esponenti del loro ceppo familiare attestati a fine XI secolo (a questo proposito è stata essenziale la tesi dottorale di Tomei, Alle radici del potere), della cui discendenza si perdono tracce sicure fino al secondo quarto del XII secolo. Nel capitolo II si tenta dapprima di ricostruire i collegamenti con le famiglie consorti dei nostri due casati, e poi di capire come funzionasse l’istituzione consortile che faceva capo a essi. Nel capitolo III focalizziamo l’attenzione sull’area di radicamento dei da Corvaia e da Vallecchia, cercando di mostrare i beni – soprattutto di carattere signorile – di cui erano in possesso, in base a ciò che permette di capire la documentazione disponibile. A questi primi tre capitoli fanno seguito gli ultimi tre, dedicati ad altrettante aree in cui i signori versiliesi agirono ed ebbero interessi, dove si cerca di dar conto non solo dei beni di cui disponevano, ma anche e soprattutto delle vicende che li videro protagonisti, e conseguentemente dei rapporti con le principali autorità locali. Così è nel capitolo IV, dedicato alla Lunigiana; nel V, dedicato a Lucca; e nel VI, dedicato a Pisa.

Date le mire nutrite dal Comune di Lucca sulla Versilia, coronate infine dal successo nel terzo

quarto del XIII secolo, la maggior parte delle vicende legate alle guerre in cui le due famiglie

signorili versiliesi furono coinvolte nei due secoli oggetto di questo lavoro si trovano

concentrate nel capitolo su quella città.

(16)

16

Chiudono l’opera alcune appendici: innanzitutto le tavole genealogiche, poi le mappe

cartografiche, le carte dei possessi attestati tra XII e XIII secolo, l’edizione dell’atto di

consortatico, e tre approfondimenti tematici.

(17)

17

I. I Casati

I da Corvaia e i da Vallecchia si dividevano nei due omonimi casati, che prendevano nome da due località versiliesi vicinissime tra loro, allo sbocco della valle del fiume Versilia. Ogni casato si divideva poi ulteriormente al proprio interno in vari rami. Non è possibile rintracciare con totale sicurezza l’origine comune di entrambi, e nemmeno quella delle diverse ramificazioni al loro interno, in riferimento soprattutto ai da Vallecchia. Nei da Corvaia si possono distinguere due rami principali, che discendono da Ughiccione e Veltro, e che a loro volta diedero origine ai ceppi che si spartivano la giurisdizione corvarese intorno alla seconda metà degli anni ‘60 del Duecento, all’epoca del giudice pisano Guido da Vallecchia: da Ughiccione sarebbe disceso il ramo di Parente e dei suoi figli (app. I.A.2), da Veltro invece altri due, e per la precisione quello d’Ildebrandino II di Veltro II e dei suoi figli da una parte (app.

I.A.3), e quello dei discendenti di Ildebrandino I di Veltro I dall’altra, a sua volta ridiviso tra quello di Orlando I, figlio di Ubaldo (app. I.A.4.a), e quello dei fratelli Gaidiferro II (in realtà dei suoi eredi) e Pattarino I, figli di Bonaccorso II (app. I.A.4.b). Nei da Vallecchia si distinguevano almeno cinque rami: quello che, caratterizzato dal nome personale Giudice, chiameremo dei “Giudici” (app. I.B.2), consorti dei Vezzanesi e dei Burcionesi (app. I.B.7.e);

quello di Guido di Gerardo (forse figlio di una burcionese), che chiameremo dei “Guidi- Gerardi”, per la particolare ricorrenza al suo interno di questi due nomi (app. I.B.5.a-b); quello che trae origine da un Parente, e che perciò chiameremo dei “Parenti” (app. I.B.6.a-b), i cui membri erano tra i cosignori del castello lunigianese di Trebiano e (probabilmente) consorti dei da Vezzano; quello che trae origine da un Tancredino, i cui discendenti partecipavano al consorzio signorile di un altro castello lunigianese, quello di Falcinello, e che chiameremo appunto dei “Tancredini” (app. I.B.4); e infine quello dei “Raimondi-Arduini”, che chiameremo così per la ricorrenza al suo interno di questi due nomi (app. I.B.3). All’epoca del giudice pisano Guido (IV) da Vallecchia, del suo ramo, quello di Guido III di Gerardo I, rimaneva il ceppo dei figli di Ugolino I Sannuto, cioè quello suo e del fratello Orlando I; di quello di Parente I rimanevano tre ceppi, quello di Alberto III Losco, quello di Paganello II Longo e dei due fratelli Gualtrotto e Guido VI Sette (nipoti ex fratre degli stessi Alberto e Paganello), e quello di Guido V Malaparte; a rappresentare i Giudici vi erano i figli ed eredi di Giudice II; di quello di Tancredino I rimanevano Giglio II, Ildebrandino II giudice e Puccio, figli di Tancredino II;

infine, per quanto riguarda il ramo dei “Raimondi-Arduini”, a condividere una quota della giurisdizione vallecchiese con i cosignori di Falcinello vi era “Aldoino” II di Ramondino V.

1

1 ASF, Carte Strozziane, II Serie, n. 143, c. 19r-v. Ed. in Guido da Vallecchia, Libri Memoriales, La Spezia, Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini, 1973, pp. 19-21. Mario Niccolò Conti, curatore di questa ed. dei memoriali del giudice pisano Guido da Vallecchia, nel segnalare la numerazione delle carte ha ignorato le

(18)

18 L'origine di questi due casati deve rintracciarsi in un ramo di un grande ceppo aristocratico di origine longobarda definito da Paolo Tomei come quello dei “Figli di Huscit”. Si trattava proprio del ramo principale di questo grande gruppo parentale, che tra metà X secolo e fine XI tenne più volte la dignità vicecomitale, a partire da Fraolmi III, da cui prende le mosse il ramo da cui discesero i da Corvaia e da Vallecchia, e fino a Fraolmi VII, capostipite dei Corvaresi, di cui si perdono le tracce dopo la metà degli anni ‘80 dell’XI secolo. Sono tre gli elementi che spingono a identificare in questi personaggi gli ascendenti dei casati corvarese e vallecchiese:

alcune analogie di tipo onomastico; la presenza fisica, il possesso di beni o l’intreccio di relazioni in Versilia; l’esplicito riferimento ai “Corvaresi” o ai “signori di Corvaia” in annotazioni successive riferentisi a documenti del X-XI secolo. In quest’ultimo caso possiamo citare il regesto di un atto del 1073, copiato in un manoscritto del XIII secolo, con cui i canonici della cattedrale di Lucca allivellavano a Ubaldo e Rolando (IV) del fu Sigifredo (dei quali una nota a margine coeva specificava che appartenevano ai Figli del fu Ubaldo – il primo dei due fratelli appena citati – da Bozzano, diramazione dei Cunimundinghi) la metà di 6 “masei” a suo tempo offerti da “Fralmi” visconte del fu “Fralmi” visconte. Un’altra nota specificava in riferimento a quest’ultimo: idest dominis de Corvaria.

2

Una volta individuato oltre ogni ragionevole dubbio il ceppo da cui dovettero prendere origine i due casati versiliesi, si manifesta un problema quasi insormontabile nello stabilire la precisa derivazione genealogica di questi da quelli: dei probabili iniziatori dei da Corvaia e da Vallecchia non si hanno infatti più notizie dopo il 1086; mentre la prima attestazione sicura in cui compaiono personaggi attribuibili ai due casati (anche se deve essere letta in connessione con un’altra del 1144) si situa nel 1133. Ci sono a dire il vero sporadiche notizie tra gli ultimi anni dell’XI secolo e il primo quarantennio del XII (per la precisione tra 1094 e 1140) più o meno plausibilmente attribuibili a membri della famiglia, ma sono incerte. Dunque tra i nostri riferimenti sicuri abbiamo una lacuna temporale che va dal 1086 al 1133: circa mezzo secolo.

I.A. I da Corvaia

I.A.1. Prime attestazioni

prime due, aggiunte in Età Moderna, che però sono ricomprese nella numerazione aggiunta a lapis sull’originale nell’angolo in alto a destra di ogni carta. Perciò quella contenente la suddivisione delle giurisdizioni corvarese e vallecchiese è considerata la c. 17, e così in tutti gli altri casi che andremo citando il numero delle carte segnato sull’ed. è inferiore di due unità rispetto a quello sull’originale. Si segnala ora una volta per tutte questa discrasia.

Per la data della redazione della stessa divisione consortile della signoria di Corvaia e di Vallecchia v. infra, App., V.A.

2 Paolo Tomei, Alle radici del potere. La struttura aristocratica del territorio lucchese (896-1096), tesi di dottorato in Storia Medievale, tut. Simone M. Collavini, Università degli Studi di Pisa, Corso di Dottorato in Storia e Orientalistica, XXVIII Ciclo (2012-15), pp. 242-65, spec. 242-4, e Tav. B.1) (“Cunimundinghi”); RCL, I, n. 387, pp. 152-3 (1073 mar. 28). Quei 6 masei erano stati donati alla Canonica di S. Martino da Fraolmi IV visconte del fu Fraolmi III visconte nel lontano 1009: ivi, n. 77, pp. 26-7 (1009 ago. 16); Tomei, op. cit., p. 272.

(19)

19 Il “massimo comune denominatore”, ossia il più recente capostipite comune ai due casati corvarese e vallecchiese, è Sisemondo III visconte, vivente nel 1065-66 e attestato come già morto a distanza di un paio d’anni, nel 1068. Questi ebbe almeno due figli: Raimondo I, dal quale discesero i da Vallecchia, e Fraolmi VII, l’ultimo della famiglia a detenere la carica vicecomitale, iniziatore del casato di Corvaia. Quest’ultimo è attestato dal 1077 al 1086.

3

La prima menzione sicura di un da Corvaia dopo quella data è in un documento del 1144:

Barisciano del fu Ildebrando e la madre Frandina del fu Domenico, vedova dello stesso Ildebrando, col consenso del figlio e dello zio paterno di questi, Bolgarino del fu Enrico, vendettero all’ospedale di Altopascio un terreno a Tempagnano confinante su un lato con terra

Ughicioni et del Veltero da Corvaia.4

Questi stessi due personaggi sono menzionati dal cronista lucchese Tolomeo (che scrive i suoi Annales a inizio XIV secolo) in riferimento all’anno 1142 come Vicecomites duo, videlicet Uguiccio et Vellter, i quali avrebbero investito i consoli lucchesi di metà della corte di Corvaia.

5

Della plausibilità ed eventuale natura di quel titolo vicecomitale parleremo nel capitolo su Lucca. Intanto notiamo che, se anche il suo inserimento dovesse attribuirsi all’autore della cronaca, perché magari ai suoi tempi ci si riferiva a quei due antichi personaggi definendoli appunto come visconti, oppure (o anche) perché si manteneva memoria e/o vi era ancora coscienza della loro discendenza da quel ramo dei “Figli di Huscit”

che aveva ricoperto tale dignità tra X e XI secolo; ciò costituirebbe comunque un indizio tale da spingere a ipotizzare un legame agnatizio che li legherebbe all’ultimo Fraolmi o almeno a suo padre Sisemondo.

Per il periodo tra il 1086 e il 1144 dobbiamo quindi procedere a tentoni, anche e soprattutto

3 AAL, Dipl., A F 33 (1065 lug. 31) e ++ C 26 (1065 ago.) – edd. in Laura Gemignani, Le carte private degli archivi di Lucca durante il vescovato di Anselmo da Baggio, (1056-1073): regesti, testi, indici, tesi di laurea, rel.

Ottorino Bertolini, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1956-57, II, nn. 148-9, pp. 422-8 – (sublivello a diverse persone, in due atti distinti, di terra a Segromigno già allivellata da Sisemondo visconte del fu Ranieri visconte), ++ O 90 (1077 ago. 2: Fraolmi visconte del fu Sisemondo visconte suballivella porzioni di beni e diritti della pieve di Massa Pisana), + F 41 e + M 89 (1086 feb. 27: Fraolmi visconte del fu Sisemondo designato tra coloro che dovevano consentire all’elezione del rettore dell’ospedale di S. Vincenzo di Camaiore appena fondato) – il documento segnato + M 89 ed. in LEM, I, pp. 197/1-8, 200, e di nuovo a pp. 205, 207-8/1 –;

ASL, Dipl., Spedale di S. Luca, 04-06-1066 – reg. in RASL, I, n. 201, p. 129 – (livello di terre a Tassignano, di cui una confinante con altra di “Sigismondo” visconte); Gemignani, op. cit., II, n. 205, pp. 592-4 (1068 set. 13 – già ed. parzialmente in MDSL, V/3, n. 1797, p. 669 –: Raimondo del fu Sisemondo riceve a livello dal vescovo di Lucca parte delle decime della pieve di Migliano); RCL, I, nn. 431-2, pp. 175-7 (1077 mag. 22 e giu. 12: l’ospedale di S. Martino di Lucca entra in possesso di terra a Tassignano confinante con terreni di Fraolmi visconte e della madre), 444, pp. 182-3 (1078 giu. 27: Imilda del fu Benno, vedova di Sisemondo, consenziente il figlio e mundualdo Fraolmi, dona all’ospedale di S. Martino di Lucca la propria parte di quel medesimo terreno a Tassignano confinante con altri degli stessi madre e figlio); Tomei, Alle radici del potere, cit., pp. 275, 276-7 e n.

838, 278;Raffaele Savigni, Episcopato e società cittadina a Lucca: da Anselmo II (+ 1086) a Roberto (+ 1225), Lucca, S. Marco Litotipo, 1996, App., “D) I laici eminenti”, “FRAOLMUS B. M. SISEMUNDI vicecomes”, p.

521.

4 ASL, Dipl., Altopascio Dep. Orsetti Cittadella, 12-08-1144. Il documento è molto rovinato a causa di uno strappo in alto a destra, con qualche foro e una macchia d’umido nel medesimo punto, ed è stato letto con l’aiuto del regesto in RASL, II, n. 551, pp. 187-8. Cfr. Tomei, Alle radici del potere, cit., p. 282 n. 852.

5 Tholomei Lucensis Annales, Berlino, Weidmann, 1930, pp. 51-2 (la cit. a p. 51). Per la forma dei nomi Ughiccione e Veltro v. infra, App., V.C.

(20)

20 perché, in un lasso temporale così ampio, potrebbe mancare qualsiasi attestazione di personaggi appartenenti ad almeno una generazione magari rimasta “nascosta”, che costituirebbe l’anello di congiunzione tra Fraolmi VII e Ughiccione e Veltro. L’unica maniera di procedere, in questo caso, è passare al vaglio le attestazioni di coppie padre-figlio che presentino nomi riconducibili al patrimonio onomastico del ramo “vicecomitale” dei Figli di Huscit o dei da Corvaia attestati a partire dal pieno XII secolo, oppure che siano menzionati in riferimento alla Versilia.

L’operazione non è facile, soprattutto per la ricorrenza di alcuni nomi, oltre che nei membri delle altre famiglie dell’aristocrazia rurale lucchese, in quelli in particolare discendenti da un altro ramo dei Figli di Huscit, dal quale presero origine (oltre ai da Careggine e Bacciano) i Fralminghi e i da Montemagno, radicatisi entrambi nella valle di Camaiore e dintorni, ossia in una zona prossima e parzialmente sovrapposta a quella dei da Corvaia e da Vallecchia.

Seguendo questa procedura la nostra attenzione viene catturata da alcuni documenti. Quelli eventualmente riconducibili ai Corvaresi coprono un arco temporale che va dal 1102 al 1133.

Nel primo di questi anni, un gruppo di personaggi offrì al vescovado di Lucca un terreno posto a Bozzano (non la località vicino a Massarosa, bensì quella nei pressi di Monsagrati) per l’edificazione della pieve dei SS. Reparata e Giovanni: un lato confinava con terra di Fralmi del fu Sismondo, mentre un capo con terra di due fratelli riconducibili ai da Vallecchia, probabili nipoti del loro capostipite, Raimondo I fratello di Fraolmi VII visconte – e come questo figlio di Sisemondo III visconte. Proprio la coppia padre-figlio costituita da questi ultimi due appare identica a quella attestata nel 1102. A dire il vero il nome “Fralmi” (o “Fraolmi”) era abbastanza diffuso in area lucchese fino a tutto l’XI secolo, e particolarmente proprio tra i Figli di Huscit, non esclusivamente nel ramo dei visconti, bensì anche in quello dei Montemagnesi, da Careggine-Baccianesi e – per l’appunto – Fralminghi, in particolare nelle ultime due diramazioni. Il nome Sisemondo però non è più attestato in questi rami dopo l’inizio dell’XI secolo, perciò è più probabile che il Fralmi del 1102 fosse lo stesso Fraolmi del 1086, oppure un suo nipote (essendosi ripetuti gli stessi due nomi in modo alternato di padre in figlio nella discendenza corvarese).

6

Si può quindi ragionevolmente supporre che Fralmi del fu Sismondo fosse un da Corvaia, anche se non è del tutto certo che lui e suo padre fossero gli stessi personaggi attestati nel tardo XI secolo: nel caso di Fraolmi VII avremmo uno scarto temporale di 17 anni dall’ultima attestazione del 1086, e di 26 dalla prima del 1077, quando era già maggiorenne, e ricordiamo che il padre era già morto una decina d’anni prima di quest’ultima data. Si potrebbe anche notare che nel 1102 né l’uno né l’altro sono citati come visconti o ex visconti, ma questo è un

6 AAL, Dipl., + K 17 (1102 mag. 19) – ed. in LEM, I, pp. 220-2/1. Cfr. Tomei, Alle radici del potere, cit., p. 282 n. 852. Per la genealogia dei Figli di Huscit fino a fine XI sec. cfr. ivi, Tav. C.1).

(21)

21 caso verificatosi in almeno un’altra occasione. Potremmo allora pensare che tra 1086 e 1102, dopo la morte dell’ultimo Fraolmi visconte, un suo figlio, chiamato Sismondo o Sisemondo come il nonno, magari nel 1086 già maggiorenne e sposato, fosse prima diventato capofamiglia e quindi morto, forse prematuramente, entro il 1102; per il qual tempo sarebbe stato già maggiorenne il figlio, a sua volta chiamato Fralmi o Fraolmi come il nonno. Meno probabile è che Sismondo fosse fratello di Fraolmi VII, perché quest’ultimo, nelle uniche due volte in cui ci è attestato, agisce o è citato sempre da solo, nonostante il padre fosse già morto fin dalla sua prima attestazione. Tutto sommato però, è forse preferibile credere, per non complicare eccessivamente le cose, che il Fralmi del 1102 fosse lo stesso Fraolmi VII attestato tra 1077 e 1086, e che il defunto suo padre Sismondo fosse lo stesso Sisemondo III vivente negli anni 1065-66 e già morto nel 1068.

7

Nel 1133 invece, i coniugi Ildebrando e Frandina diedero in pegno due terreni a Tempagnano, uno dei quali teneva un lato in terra di Ughiccione del fu Fralmi. L’identificazione di quest’ultimo con un corvarese è certa oltre ogni ragionevole dubbio: quello in oggetto era infatti con tutta evidenza lo stesso terreno che la medesima Frandina, ormai vedova, vendette 11 anni dopo insieme al proprio figlio all’ospedale di Altopascio. Se infatti andiamo a vedere le confinanze, ci accorgiamo che sono le medesime, con la sola eccezione di un lato: quello con cui nel 1133 confinava la terra di Ughiccione del fu Fralmi, mentre nel 1144 vi si trovava quella di Ughiccione e Veltro da Corvaia. A prescindere dal fatto che l’Ughiccione del 1144 fosse lo stesso del 1133, sappiamo ora per certo che un personaggio così chiamato e figlio di un Fralmi apparteneva ai Corvaresi, e viene dunque spontaneo identificarlo col figlio del Fralmi attestato nel 1102, che abbiamo identificato a sua volta con Fraolmi VII visconte.

8

Quella del 1133 non è però la prima attestazione del corvarese Ughiccione: il 2 settembre 1121, a Sesto, i monaci del locale cenobio di S. Salvatore promisero al vescovo Benedetto di Lucca di non molestarlo per determinate porzioni di beni nella zona tra Calcinaia e S. Maria a Monte; tra i presenti vi era Ughiccione del fu Fralmi, che non può essere altri che lo stesso menzionato un decennio dopo. Ughiccione potrebbe aver presenziato all’atto, rogato a Sesto, perché magari in quel momento si trovava al seguito del vescovo, di cui era un fidelis: i “Figli di Huscit”, come le altre famiglie dell’aristocrazia diocesana, compresa la diramazione dei da Corvaia e da Vallecchia, avevano avuto stretti rapporti col vescovado lucchese, soprattutto tramite la concessione di großlibellen, e vedremo poi che all’inizio del XIII secolo è attestato

7 Per le attestazioni con e senza il titolo vicecomitale di Sisemondo III e Fraolmi VII v. Tomei, Alle radici del potere, cit., pp. 275-7 e n. 841, 278.

8 ASL, Dipl., Fiorentini Francesco Maria, 12-11-1133 – reg. in RASL, II, n. 419, pp. 138-9. Cfr. Tomei, Alle radici del potere, cit., p. 282 n. 852. L’amico Franco Pucci per primo mi ha fatto notare la corrispondenza dei nomi di Ughiccione e del padre Fralmi con quelli caratteristici dei da Corvaia e dei loro predecessori, del che lo ringrazio.

Per le confinanze e alcuni errori di attribuzione padre-figlio presenti nel documento del 1144, v. infra, § V.C.1.b.

(22)

22 un legame feudale tra i Corvaresi e il presule lucchese.

9

I.A.1.a. I figli di Fralmi della Pace di Lucca del 1124

Un’altra attestazione si ha nel lodo fatto nel 1124 dai “consoli” del Comune di Lucca (eletti arbitri dalle parti) tra il vescovo di Luni e i Malaspina, che avrebbe dovuto pacificare il conflitto nato in seguito al tentativo dei marchesi di costruire un castello ai danni del primo. La trascrizione dell’atto relativo si conserva all’interno del cosiddetto “Codice Pelavicino”, un

Liber Iurium del vescovado lunese compilato a più riprese nel corso del XIII secolo.

All’arbitrato erano presenti, sia dalla parte del presule che dei marchesi, quelli che sembrano essere membri della clientela vassallatica dei rispettivi seniores. Dalla parte dei Malaspina si notano due personaggi, Ugo figlio di Fr[..]l[.]i e Ughiccione figlio di Fral[.]i.

10

Ora, i patronimici dei due personaggi del 1124 sembrano doversi leggere rispettivamente come

“Frallmi” e “Fralmi”, ma se anche la lezione corretta fosse “Frallini” e “Fralini” (come nelle edizioni precedenti di questo documento), ciò deve comunque attribuirsi a un errore del copista del Codice Pelavicino, ma non vi è dubbio che si riferiscano al nome “Fralmi”. Per quanto il genitore non sia menzionato esplicitamente come defunto, non abbiamo dubbi sul fatto che l’Ughiccione del 1124 fosse lo stesso figlio del fu Fralmi del 1121 e 1133.

11

9 AAL, Dipl., ++ G 81 (1121 set. 2). Per le concessioni di großlibellen al ramo viscontile dei Figli di Huscit v.

Tomei, Alle radici del potere, cit, pp. 242, 264, 268, 269, 273, 276-7. In particolare, per due casi del 1068 e dell’ago. 1077 con protagonisti, rispettivamente, Raimondo I e Fraolmi VII, v. ivi, pp. 276-7, e infra, pp. 480 (1077), 501 (1068), e cfr. supra, n. 3. Per il feudo vescovile duecentesco tenuto dai Corvaresi v. infra, § V.D.1.a.

10 CP, n. L, cc. cxxxi/139v-cxxxiv/142r (1124 ott. 18: nel testo sembra quasi leggersi Ugo filius Fr[al]l[in]i, Ugiccione filius Fral[in]i: c. cxxxiii/141v). Ringrazio la prof.ssa Enrica Salvatori per avermi fornito in anteprima l’ed. di questo documento, di cui finora vi sono state più edd.: RCP, n. 50, pp. 72-8 (Ugo filius Frallini, Ugiccione filius Fralini: p. 78); HPM, VI (Chartae, II), n. CLXXII, coll. 204-8 (Ugo filius Fullini Uguccione filius Fralini:

col. 208); Johann Christian Lünig, Codex Diplomaticus Italiae, II, Francoforte-Lipsia, Eredi Lanckisch, 1726, cl.

III, cp. XX, n. I, coll. 247-52 (Ugo filius Fralini, Ugissione filius Fralini: col. 252); AEI, I, Modena, Stamperia Ducale, 1717, pp. 154-7 (come in Lünig); Ferdinando Ughelli, Italia Sacra, I, Roma, presso Bernardino Tano, 1644, coll. 904-8 (Vgo filius Fralini, Vgissionæ filius Fralissi: col. 908). Si noti che dalla parte dei fideles del vescovo lunese c’era anche Rollandus Mecho Lamb[a]rdus, dove “Mecho” dev’essere errore del copista per

“Metho”, trattandosi evidentemente di Rolandino Mezzolombardo da Castello (Aghinolfi), anch’egli qui cit. per la prima volta. L’ed. più corretta appare quella di Lupo Gentile (RCP).

Quanto al “Codice Pelavicino”, esso consiste in una raccolta documentaria in cui, inizialmente a opera del marchese Uberto Pelavicino, vicario imperiale in Lunigiana, Versilia e Garfagnana tra fine 4°-fine 5° decennio del

‘200, poi con il ritorno del presule Guglielmo e soprattutto sotto il vescovato di Enrico da Fucecchio negli ultimi decenni del secolo, sono stati trascritti i documenti attestanti diritti, prerogative, possessi e proventi vescovili. La sua importanza è enorme, poiché non si sono conservati gli originali degli atti copiati. Si conserva attualmente presso l’Archivio Capitolare di Sarzana, e l’unica edizione completa fattane è quella lacunosa dei primi del ‘900 del succitato Michele Lupo Gentile (Il regesto del Codice Pelavicino, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», XLIV (1912), qui cit. in sigla come “RCP”). È attualmente in corso di realizzazione, e già parzialmente fruibile, una nuova edizione digitale comprendente la riproduzione fotografica del Codice, la trascrizione completa del contenuto e la regestazione in lingua italiana, oltre a varie funzionalità di ricerca testuale: Codice Pelavicino.

Edizione digitale, a cura di Enrica Salvatori et alii, Pisa, Università di Pisa, 2014-, accessibile in rete all’indirizzo:

http://pelavicino.labcd.unipi.it/evt/, che qui e in seguito citiamo come “CP”.

11 Anche Tomei, Alle radici del potere, cit., p. 287 n. 865, considera in maniera dubitativa la possibilità che nel caso dei due figli dell’omonimo padre Fralmi possiamo trovarci di fronte a membri del casato corvarese.

(23)

23 Accertata l’appartenenza di Ughiccione ai Corvaresi, non possiamo trascurare il quasi omonimo personaggio che lo precede nell’elenco: Ugo figlio di Fralmi. Da un lato potrebbe quasi insinuarsi il dubbio che fossero la stessa persona, ripetuta per errore. Dall’altro non possiamo pensare che fossero fratelli, poiché sono chiamati con due varianti del medesimo nome, ed è improbabile che un padre chiamasse due suoi figli in maniera identica, affibbiando poi un particolare suffisso a uno dei due per distinguerlo dall’altro. Normale sarebbe invece stato il caso in cui il padre avesse chiamato uno dei figli col proprio stesso nome, in quanto facente parte del patrimonio onomastico familiare e perpetuato di generazione in generazione come gli altri nomi diffusi all’interno del casato. Soprattutto si consideri che nonostante Ugo di Fralmi e Ughiccione di Fralmi siano citati nel lodo uno di seguito all’altro, non si trova alcuna indicazione circa l’eventuale identità del padre del secondo con quello del primo (mediante ad esempio l’aggiunta, a precedere il patronimico del secondo, della dicitura dicti o suprascripti).

Non sarebbe invece impossibile, per quanto sicuramente insolito, che Ugo e Ughiccione fossero cugini, non certo discendenti da due fratelli omonimi, bensì da due cognati.

A ben vedere però, solo Ughiccione era un da Corvaia, mentre Ugo era un Fralminghi, una famiglia dell’aristocrazia rurale che rimase più legata alla città di Lucca: Ugo del fu Fralmi fu presente in città con il fratello Gerardo nel 1119, in occasione di una famosa refuta al vescovado cui presenziarono anche i consoli maggiori del Comune, attestati qui per la prima volta.

12

Il fatto che Ugo e Gerardo fossero lì presenti non indica necessariamente che facessero parte della clientela vassallatica vescovile (anche se è possibile e anzi probabile), ma significa innanzitutto che erano inseriti nell’ambiente cittadino: all’atto presenziò una “moltitudine di popolo” che a fatica stava nel palazzo vescovile dove si svolse la refuta, e gli stessi consoli non erano tanto presenti per via dell’importanza in sé dell’atto, pur non trascurabile, ma in quanto massimi rappresentanti dell’istituzione comunale ormai sostanzialmente formatasi, e questo come conseguenza dell’azione politica intrapresa dal vescovo Benedetto, che mirava a un

«coinvolgimento delle forze cittadine nel disegno di consolidamento dell’episcopato da lui perseguito».

13

Non necessariamente, dunque, un membro dell’aristocrazia rurale, per quanto

fidelis o comunque livellario vescovile come i predecessori dei da Corvaia e da Vallecchia, si

sarebbe recato a Lucca per presenziare a quest’atto, a meno che non vi fosse stato già presente.

Ma se c’è una caratteristica abbastanza spiccata dei nostri signori è proprio il fatto che non li troviamo praticamente mai ad agire nella città di Lucca per tutto il XII secolo, se non in occasione della pace del 1124 e di un giuramento al vescovo da parte di due manenti nel 1121

12 Thomas W. Blomquist, Duane J. Osheim, The first Consuls at Lucca: 10 July 1119, «Actum Luce», VII (1978), 1-2, pp. 37-9 (1119 lug. 10). Gerardo del fu Fralmi sarebbe cit. anche nel 1111:Savigni, Episcopato, cit., App., D), cit., “GHERARDUS Q. FRALMI”, p. 526.

13 Ivi, p. 47 (qui la cit.);Blomquist, Osheim, op. cit.,, pp. 34-5.

(24)

24 (che vedremo a suo luogo). In effetti la presenza alla Pace di Lucca si spiega col fatto che Ughiccione e Ugo facevano parte (anche) della schiera vassallatica dei Malaspina. E infatti Ughiccione non sembra essere ulteriormente citato come presente in città, e l’unica sua menzione nella documentazione lucchese è quella che lo vede a Sesto al seguito del vescovo Benedetto. Ciò a dimostrazione del fatto che non risiedeva a Lucca, ma in una delle zone periferiche della diocesi, per loro natura meno “illuminate” dalla documentazione superstite, riferentesi perlopiù a enti ecclesiastici cittadini, che avevano la maggioranza dei propri interessi in prossimità del centro urbano.

Già da questi elementi si capisce insomma che i fratelli Ugo e Gerardo figli del fu Fralmi attestati nel 1119 non erano dei da Corvaia – data anche l’assenza del nome Gerardo tra i signori di questo casato –, anche se facevano parte dell’aristocrazia rurale: lo dimostra il legame vassallatico coi marchesi Malaspina attestato nella Pace di Lucca. Appartenevano in definitiva a un casato signorile che risentiva dell’influenza cittadina, o aveva comunque consistenti interessi nel centro urbano, come i Porcaresi. Questo profilo è confermato da attestazioni successive, che mostrano che Ugo e Gerardo del fu Fralmi appartenevano a una diramazione particolare di uno dei ceppi discesi dai Figli di Huscit: i Fralminghi, che avevano beni nella valle di Camaiore, e come gli altri casati signorili lì radicatisi, ossia i Montemagnesi (che discendevano dal loro medesimo ceppo) e i Bozzanesi, erano significativamente attratti dall’influenza socio-economica e politico-militare di Lucca.

14

Un altro documento del 1127 presenta una coppia di nomi padre-figlio che cattura la nostra attenzione: Ughiccione del fu “Sesmondo” rinunciò in favore dei fratelli Ildebrando, Marchese, Pagano, Rolandino e Villano del fu Guido, a tutti i beni (case, cascine, casalini, terre e cose) che poteva chieder loro e che gli appartenevano per la successione paterna, in cambio di un anello del valore di 640 soldi. Il documento fu rogato a Lucca, ma ciò non costituisce un ostacolo insormontabile: potrebbe anche darsi che la città fosse a metà strada tra la residenza rurale di Ughiccione e quella dei cinque fratelli, o meglio la località dove erano situati quei beni che, si può supporre, i suddetti fratelli tenevano a conduzione dal fu Sesmondo. Tuttavia non

14 Il padre di Ugo sarebbe stato Fralmi figlio di Gherardo Moretto: in una controversia del 1234 riguardante l’elezione del rettore della chiesa di Nocchi, che i Fralminghi rivendicavano per sé, uno di essi, Fralmi figlio di Aldimario, affermò appunto che i figli di Fralmi di Gherardo Moretto si chiamavano Ugo – o Gunizzo, o addirittura Ugolino – e Gerardino; figli del primo sarebbero stati Lamberto e “Succo”, e in effetti nel 1152-53 si trovano attestati i fratelli Zucco e Lamberto del fu Ugo e Uberto di Gerardino, insieme ad altri personaggi che trovano riscontro con la testimonianza di Fralmi: Silvia Caroti, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1145 al 1155/1158, tesi di laurea, rel. Cinzio Violante, Università degli Studi di Pisa, a.a. 1965-66, n. 36, pp. 138-41 (1152 mag. 30); AAL, Dipl., + A 47-8 (1153 gen. 18, feb. 4); ACL, LL 9, cc. 175-9 (1234 set. 4-ott. 10/1). Gerardo e il figlio Uberto sono protagonisti anche di un altro atto del 1153: Savigni, Episcopato, cit., App., D), cit.,

“GHERARDUS Q. FRALMI”, p. 526.

(25)

25 appare plausibile l’identificazione di questo Ughiccione con un corvarese: suo padre non può infatti identificarsi con quello attestato come già morto nel 1102: se anche quest’ultimo non fosse stato lo stesso Sisemondo III visconte, ma un suo omonimo discendente, l’atto di refuta del 1127 lascia comunque intendere che la morte di Sesmondo fosse avvenuta da poco, in quanto si dice che per via della sua successione Ughiccione poteva richiedere i beni in questione, ma aveva evidentemente scelto di dar la possibilità ai cinque fratelli, forse tenitori degli stessi, di acquistarli (magari adempiendo a una disposizione testamentaria del padre).

15

Ricapitolando, ecco dunque la nostra ipotesi: Fraolmi VII del fu Sisemondo III sarebbe attestato in vita dal 1077 al 1102, e come già morto nel 1121, e avrebbe avuto come figlio Ughiccione, vivente (perlomeno) negli anni 1121-33.

16

I.A.1.b. Uno o più Ughiccione e/o Veltro?

A questo punto dobbiamo interrogarci sul fatto se l’Ughiccione del 1133 (che abbiamo supposto essere lo stesso del 1121-24) sia il medesimo attestato con Veltro nel 1142-44, ma anche in anni successivi: nel 1147 “Ughizzone” e Veltro da Corvaia erano presenti con altri nobili del “contado” pisano in località Sterpolongo allorché i legati regi in Tuscia investirono i canonici della cattedrale di Pisa di un terreno costiero tra l’Arno e il Serchio.

17

Nel 1155, in

15 Curioso è il fatto che il documento si conservi nel fondo Roncioni della sezione diplomatica dell’ASP: forse i beni in oggetto erano nella bassa Valdiserchio, zona d’influenza concorrente tra Pisa e Lucca, e il passaggio della titolarità degli edifici, terre e cose già appartenuti a Sesmondo a un proprietario o possessore di area pisana potrebbe spiegare la presenza dell’atto, rogato a Lucca, in un fondo archivistico pisano. Potremmo anzi ipotizzare che i beni in questione fossero alcune delle terre della “generazione dei Lopi”, poste a Vecchiano e dintorni e attestate in documenti del 1077 e d’inizio XII sec., appartenenti al monastero di S. Pietro di Camaiore e da questo concesse a uomini di Vecchiano discendenti dal fu Lopo. Di queste terre parleremo infra, § V.C.4.a. Se il documento del 1127 avesse riguardato beni in Valdiserchio, si sarebbe aggiunto un altro elemento a sconsigliare l’identificazione di Ughiccione con un da Corvaia: l’atto avrebbe dovuto rogarsi in Valdiserchio o in Versilia, e non ci sarebbe stato motivo di farlo a Lucca. Anzi, semmai potremmo mettere in relazione il Sesmondo già morto nel 1127 con l’omonimo figlio del fu Bonizzo e fratello di prete Pietro che nel 1100 dichiarò con altri personaggi di aver ricevuto a livello dal monastero di Camaiore i terreni che erano stati della discendenza del fu Lopo. Potrebbe darsi, del resto, che tali persone non coltivassero direttamente la terra allivellata, o che almeno Sesmondo e il fratello fossero relativamente più agiati degli altri, o avessero “fatto fortuna” trasferendosi in città: CAAP-A, I, n.

207, pp. 488-9 (1100 mag. 17) – già ed. in RP, n. 220, p. 131; reg. in LEM, I, p. 200/2.

16 Per dovere di cronaca citiamo un atto del 1140/1, per dire che va categoricamente escluso: vedrebbe protagonisti Veltro da Corvaia, “Iaferro” e Stolto da Corvaia, ma - come dimostreremo a suo luogo: infra, § V.C.4.b. - si tratta di un falso, che si tradisce anche per la menzione tra i testimoni di un personaggio non ancora nato. Non avendo dunque nessuna garanzia circa l’effettiva presenza in quegli anni dei tre corvaresi citt., semplicemente ignoriamo quest’atto, non avendo rilievo “probatorio” dal lato genealogico, pur conservando una certa importanza da quello storico.

17 ACP, Dipl., nn. 471-2 (originale e copia) (1147 set. 22) – ed. in base alla copia nel n. 472 in Italia Baldi, Le pergamene dell’Archivio Capitolare di Pisa dall’8 Febbraio 1120 al 9 Giugno 1156, tesi di laurea, rel. Ottorino Bertolini, Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Lettere, a.a. 1962-63, n. LXXXIX, pp. 218-21; già ed. in Francesco Bonaini, Diplomi pisani e regesto delle carte pisane che si trovano a stampa, «Archivio Storico Italiano», VI.2, suppl. 1° (1848-89), n. XIII A, p. 14 (con data errata del 14 set. 1148). Lo stesso “Ughicio(ne)” da Corvaia testimoniò qualche anno dopo, a Pisa, di aver partecipato all’investitura della “Selva del Tumolo” fatta dai legati regi in favore dei canonici pisani: ACP, Dipl., n. 503 – ed. in Rosalia Sgherri, I documenti dell’Archivio Capitolare di Pisa dall’Agosto 1155 al 18 Febbraio 1176, tesi di laurea, rel. Ottorino Bertolini, Università degli

(26)

26 occasione del secondo tentativo di pacificazione del conflitto che opponeva Pisa e Lucca e i rispettivi alleati dalla prima metà degli anni ‘40, troviamo ancora citati insieme, come attori politici direttamente interessati, Ughiccione e Veltro, ai quali doveva essere restituita la Torre Fralminga di Corvaia. A dire il vero vi era stato un precedente tentativo di pacificazione a opera di Corrado III (cioè dei suoi legati) nel 1148, e in questo caso solo a “Uguccione” avrebbe dovuto rendersi Corvaia con tutte le pertinenze. Bisogna tuttavia notare che il relativo atto è andato perduto, e ne conosciamo sinteticamente il contenuto solo grazie al cronista pisano di epoca moderna Paolo Tronci, che aveva comunque visto l’originale (o una copia autentica).

18

Il fatto che Ughiccione e Veltro agissero già insieme nel 1142 – stando a Tolomeo –, che sempre insieme possedessero uno stesso appezzamento nel 1144, presenziassero al lodo di Sterpolongo nel 1147 e risultassero i legittimi possessori della Torre Fralminga nel 1155 (l’altra torre, la Guidinga, spettava ai loro fideles), e il fatto che, anche indipendentemente l’uno dall’altro, i due corvaresi sono comunque attestati nello stesso torno di anni, sconsiglierebbe di ritenerli appartenenti a due diverse generazioni, portandoci invece a considerarli come contemporanei e anzi a ipotizzare che fossero cugini o fratelli. Se però volessimo credere che l’Ughiccione che appare nella documentazione o nella cronachistica dal 1142-44 fosse lo stesso del 1121-33, dovremmo supporre che appartenesse a una generazione precedente, visto che Veltro è menzionato per la prima volta soltanto dagli anni 1142-44. È pur vero – lo anticipiamo subito – che l’ultima volta che troviamo attestato come vivente Ughiccione è nel 1162, mentre Veltro lo è nel 1161, e che entrambi devono ritenersi già morti ai patti pisani del 1172/3. In base a una menzione nella cronachistica lucchese però, troveremmo Veltro ancora attivo nel cercare di recuperare il castello di Corvaia contro Lucca nel 1168/9, con i figli, Giafferro figlio di Ughiccione e Ranierino figlio di Stolto (e nipote di Ughiccione). Sebbene Ughiccione non sia citato esplicitamente come morto, probabilmente lo era già, poiché non partecipò all’azione, che aveva ad oggetto il castello avito e centro della signoria corvarese, cui presero invece parte uno dei suoi due figli e uno dei nipoti (nato dall’altro figlio, probabilmente anch’egli già morto), mentre Veltro vi partecipò con i figli, come si dice esplicitamente. Dunque Ughiccione dovrebbe essere morto tra 1162 e 1168/9, mentre Veltro morì tra 1168/9 e 1172/3, e ciò potrebbe effettivamente essere indizio dell’appartenenza a generazioni diverse, o perlomeno

Studi di Pisa, Facoltà di Lettere, a.a. 1963-64, n. IV, pp. 28-36 – (nella data manca il millesimo. Sgherri data il documento all’ago. 1155 «in base agli altri documenti riguardanti anch’essi le testimonianze dei canonici»: ivi, p.

28).

18 Per la pace del 1148 v. Paolo Tronci, Memorie istoriche della città di Pisa, Livorno, Appresso Giovedì Vincenzo Bonfigli, 1682, p. 80. Per la pace del 1155 v. ASP, Dipl., Roncioni, n. 78 (1155 fine mag.-inizio giu.) – ed. in Caroti, op. cit., n. 67, pp. 262-71. Le date di entrambi i tentativi di pacificazione sono incerte, ma quello del 1148 deve collocarsi dopo inizio primavera e prima della tarda estate, mentre quello del 1155 in tarda primavera: v.

infra, rispettivamente pp. 383-4, n. 505. Per queste due paci in generale v. infra, § V.A.1.b.

Riferimenti

Documenti correlati

We can describe the intuitive line of consequent causes and effects which embrace the main channels of influences transmitting from labour to capital market as follows: Policy of

obtaining the degree of Doctor of Political and Social Sciences of the European University Institute.. Florence, September

Justice of the European Union's (CJEU) Kadi 2 saga, and more recently its Opinion 2/13, 3 as symptoms of the CJEU's unwillingness and the EU's incapacity to reconcile

12 Il vescovo Giuseppe Maria Peruzzi resse la diocesi di Vicenza dal 1818 al 1830. 13 Libro Cronistorico …, cit.; ASDVi, Stato delle chiese, Trissino... In alcuni documenti la

Second, by 2019 all European navy and coast guard assets had disengaged from carrying out 1 The dotted line shows the average of the multiple imputation models used to

Having acknowledged that the size of the banking sector in Europe has grown significantly in the years before the crisis and that the banking sector has shown significant

Whereas the AB agreed with the EU that no such high legal standard is necessary for a violation of Article 3.1(b) to occur and thus the complainant is not required

DUE AUTO SONO UGUALI, QUALI?.