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UNIVERSITA’ DI PISA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE TRIBUTARIA

Relatore

Candidato

Chiar.ma Prof.ssa Brunella Bellè

Eridjon Spiro

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Alla mia famiglia, Ai miei nonni.

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Familjes time,

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3

INDICE

INTRODUZIONE………..………..7

Capitolo I - LA NASCITA DELLA MEDIAZIONE 1.1 Alle origini del fenomeno: l’esperienza nordamericana……….……9

1.2 La diffusione dell’ADR in Europa………...………..14

1.3 Regno Unito, Francia e Germania: i primi Stati a introdurre la mediazione ………..14

1.4 La mediazione in Italia………..……….…....18

1.5 Cenni sulla mediazione civile……….……….….………..21

1.6 Il reclamo e la mediazione tributaria ………...………...…….……...28

1.7 Le differenze tra la mediazione civile e la mediazione tributaria...37

1.8La mediazione tributaria nella normativa dell’Unione Europea…...43

1.9 Il reclamo e la mediazione in alcuni ordinamenti europei……...………...44

1.9.1 Segue: La Francia………...……….…44

1.9.2 Segue: Repubblica Federale Tedesca………...………...46

1.9.3 Segue: L’esperienza spagnola………...48

CAPITOLO II - Il reclamo e la mediazione in materia tributaria 2.1 Lineamento dell’istituto: il reclamo e la mediazione………..52

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2.2 La natura del reclamo………..62

2.3 La natura della mediazione………...…..69

2.3.1. Segue: … L’(in)disponibilità dell’obbligazione finanziaria…………75

2.3.2. Segue: … I criteri legislativi per giungere alla mediazione…...…….81

Capitolo III - Gli atti oggetto del reclamo e della mediazione 3.1 Premessa……….91

3.2 Il limite oggettivo di applicazione………..92

3.3 Il limite quantitativo di applicazione………..101

3.4 Il limite soggettivo di applicazione: parte resistente nel procedimento….107 Capitolo IV - Gli aspetti procedurali dell’istituto: dalla presentazione dell’istanza all’eventuale presentazione del giudizio 4.1. L’istanza di reclamo………....114

4.1.1. Segue: …Le parti………...115

4.1.2. Segue: … L’assistenza tecnica………..128

4.2. Contenuto dell’istanza del reclamo……….130

4.3. La trattazione dell’istanza e i possibili esiti del reclamo……….……135

4.4. La mediazione: parametri e procedura di svolgimento………...146

4.5. Gli effetti e il perfezionamento dell’accordo di mediazione………...151

4.6. Il diniego……….158

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5

Osservazioniconclusive

Aspetti critici………...169

Le prospettive del reclamo e della mediazione………170

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INTRODUZIONE

L’istituto rubricato “Il reclamo e la mediazione” è il frutto della novella legislativa apportata al D.Lgs. n. 546/1992 con l’art. 17 bis introdotto dall’art. 39 comma 9, del D.L. n. 98 del 2011, convertito con modifiche dalla L. n. 111 del 15 luglio 2011.

Con tale novella, è stata introdotta, nel nostro ordinamento una ipotesi di c.d. “giurisdizione condizionata”, il cui preliminare esperimento risulta obbligatorio per accedere alla tutela giurisdizionale.

La mediazione tributaria si colloca tra gli strumenti diretti a decongestionare il carico di lavoro nel contenzioso tributario, e si presenta come un strumento deflattivo applicabile a tutte le controversie che non superano il valore di 20.000,00 euro1.

Si tratta dunque di un filtro obbligatorio in via amministrativa per gli atti impositivi emessi da parte degli enti finanziari, con la finalità di deflazionare l’eccessivo ricorso alla giurisdizione tributaria, conseguenza della dilagante conflittualità che caratterizza il rapporto tra Fisco-contribuente, favorendo in tal modo la “tax compliance”.

L’istituto in questione, spesso chiamato anche solo mediazione fiscale, è costituito da due strumenti diversi: (i) il reclamo, il quale, si presenta come un strumento identico al ricorso, e (ii) la proposta di mediazione, strumento esso

1 Il criterio quantitativo di 20.000,00 euro subirà un aumento a 50.000,00 euro per tutti gli atti notificati a partire dal 1 gennaio del 2018. L’innalzamento è avvenuto con il D.L. n. 50/2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 aprile del 2017.

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diretto a rideterminare la pretesa impositiva del Fisco, tramite la definizione bonaria della controversia.

Tenuto conto, dunque, della cornice normativa sopra delineata, appare opportuno che il presente lavoro proceda inizialmente con un’attenta analisi sulla nascita ed affermazione dell’istituto della mediazione per arrivare poi alle ipotesi di più recente introduzione, sia nell’ordinamento italiano che negli Paesi giuridicamente vicini.

Di seguito, appare opportuno, tratteggiare i lineamenti dell’istituto del reclamo e della mediazione, soffermandoci in particolare sulla corretta qualificazione giuridica dell’istituto e sulla questione dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

Individuati i tratti distintivi dell’istituto, si passerà ad analizzare i singoli criteri che delineano l’ambito di applicazione dell’art. 17 bis sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, per poi porre l’attenzione sulle particolarità che gli interventi recenti del legislatore hanno introdotto.

Determinato l’ambito di applicazione, la disamina si focalizzerà sugli aspetti procedurali dell’istituto del reclamo e della mediazione, a partire dalla presentazione dell’istanza di reclamo all’eventuale costituzione in giudizio, individuando tutti i principi processuali applicabili alla fase amministrativa de qua e i possibili esiti dell’istanza medesima.

Tramite un’attenta analisi dell’art. 17 bis, si cercherà di evidenziare le problematiche dell’istituto e fornire spunti di possibili soluzioni

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Capitolo I

LA NASCITA DELLA MEDIAZIONE.

1.1 Alle origini del fenomeno: l’esperienza

nordamericana

La mediazione può essere definita come quell’attività svolta da un terzo imparziale destinata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole, sia nella formulazione di una soluzione per la controversia in atto. Il mediatore è la persona abilitata a svolgere la mediazione, rimanendo, in ogni caso, “privo del potere di rendere giudizi

vincolanti”2.

L’origine della mediazione finalizzata alla conciliazione3 è antichissima e sono molteplici le testimonianze che indicano la mediazione come mezzo utilizzato per dirimere conflitti tra gli individui. Gli esempi nell’antichità sono vari: nell’antico Impero Romano i litiganti prima di andare davanti al Pretore cercavano di risolvere in modo amichevole la lite raggiungendo un accordo che poi il Pretore avrebbe confermato con una sentenza successiva.

2 C. Besso, La mediazione civile e commerciale, Giappichelli Editore, Torino, 2010, p. 37.

3 Per conciliazione dobbiamo intendere la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione.

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Anche la Chiesa4 ha avuto un ruolo molto importante per l’espansione della mediazione: spesso era il parroco che cercava di conciliare le controversie nate tra i suoi fedeli. Inoltre, in diversi periodi storici, vi sono state delle vere e proprie conciliazioni Pontificie, “a carattere diplomatico”5

dove il Papa e altri incaricati svolgevano il ruolo di mediatore per risolvere controversie addirittura tra Stati. Successivamente la mediazione ha avuto un approccio laico negli Stati Uniti, dove è nata la mediazione moderna.

La composizione delle liti mediante meccanismi differenti dal processo si è affermata negli Stati Uniti6 in un momento storico molto particolare. La risoluzione alternativa delle controversie non è altro che la traduzione italiana dell’espressione della lingua inglese Alternative Dispute

Resolution, conosciuto anche con l’acronimo ADR7, istituto che con alcune variazioni e adattamenti può essere considerato come uno dei più impressionanti e riusciti legal

transplant8 mai effettuati nella quasi totalità degli

4 Già S. Paolo (1 Corinzi, 6: 1-4): (1) Se dunque avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente senza autorità nella Chiesa? (2) Lo dico per vostra vergogna! Cosicché non vi sarebbe proprio nessuna persona saggia tra di voi che possa far da arbitro tra fratello e fratello?

5 A. Bruni, La conciliazione delle controversie: un metodo antico con

un cuore moderno in Mediares, Semestrale sulla mediazione, n. 5/2005,

Bari, p. 163-187.

6Per le radici del movimento negli Stati Uniti si invita ad approfondire: J. Auerbach, Justice Without Law?, Oxford University Press, Oxford, 1983, p. 19-47.

7 L’acronimo “ADR- Alternative Dispute Resolution” è stato coniato al fine di indicare l’insieme dei strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Da ricondurre alla fattispecie l’arbitrato, la mediazione, la conciliazione come strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.

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ordinamenti giuridici. Dobbiamo però soffermarci sul perché questo istituto sia nato e quale sia stata l’ideologia, o meglio, le ideologie che hanno portato alla nascita del movimento.

Queste le cause che hanno portato alla nascita del movimento9. La prima causa è rappresentata dai due

protagonisti Warens Burger, all’epoca Chef Justice della Corte Suprema, e Frank Sander, docente dell’Università di Harvard. Seguaci di Roscoe Pound, si sono riuniti nel 1960 per ricordare la relazione tenuta da Pound -National

conference on the causes of popular dissatisfaction with the administration of justice10. Oggetto dell’incontro è la c.d. “litigation explosion”11: come soluzione di questo problema

si presentava la possibilità di poter ricorrere a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. È molto famoso l’intervento di Sanders che presenta la propria proposta mediante l’immagine suggestiva di multi-door court house, dove il cittadino deposita la propria domanda ad un centro di risoluzione delle controversie (dispute resolution centre). Successivamente la domanda verrà indirizzata verso il meccanismo di risoluzione più adatto, che può essere il processo, la mediazione, l’arbitrato o l’ombudsman. Secondo Sanders questo sistema permetterebbe di arrivare a delle soluzioni piuttosto efficaci sia sotto il profilo dei costi che sotto il profilo del tempo e dell’accuratezza.

9Cfr. G. Chase, I metodi alternativi di soluzione delle controversie e la

cultura del processo: il caso degli Stati Uniti d’America, in V. Varano (a

cura), L’altra Giustizia, Giuffré, Milano, 2007, p. 129,

10 Sul pensiero di Pound: G. Cavallari, Istituzione e individuo nel

neoidealismo anglosassone, FrancoAngeli, Milano, 1996, p. 166-169.

11 Riguarda una paralisi che ad avviso dei relatori stava per abbattersi sulle corti, minacciando la loro possibilità di funzionare.

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La seconda causa che portò alla nascita di questo sistema alternativo di risoluzione delle controversie riguarda il fatto che per i cittadini non era facile arrivare davanti ad un giudice per via delle forti barriere che il sistema statunitense poneva. Un linguaggio complesso e alquanto esclusivo, non rendevano facile per il comune cittadino conoscere ed esercitare i propri diritti, oltre ai costi del processo. Ecco perché allora l’offerta di questi metodi alternativi di risoluzione delle controversie si pone come una soluzione informale, veloce e poco costosa, tale da consentire l’acceso alla giustizia anche ai cittadini meno abbienti, che a causa delle barriere poste erano esclusi dal sistema giudiziario tradizionale.

La terza causa era legata alla realizzazione del cittadino nella comunità in cui è inserito. Dobbiamo pensare che diversamente dal processo dove protagonista è il giudice insieme agli avvocati, nel caso dell’ADR protagonista è il cittadino comune. Di conseguenza questo metodo alternativo permetteva ai cittadini di individuare soluzioni migliori da applicare al caso concreto, rispetto a quelle fornite dal sistema giudiziario12.

Fondamentale in questo caso è la tesi di un sociologo norvegese chiamato Aubert13, il quale ha osservato come il

12 Come sostiene G. Chase in Gestire i conflitti. Diritti, rituali, cultura., Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 132.: se i valori rappresentati non sono tra di loro omogenei (un sistema giuridico efficiente, accesso alla giustizia da parte di tutti i cittadini anche quelli meno abbienti, la crescita personale e l’autorealizzazione dell’individuo) allora è molto comune l’idea di trattare le liti attraverso modalità migliori di quelle utilizzate nel processo dal giudice.

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conflitto una volta entrato nell’ottica giudiziaria si trasformi in un dissenso circa lo svolgimento di determinati fatti oppure l’applicazione di determinate norme giuridiche. Aubert osservò che per ottenere la soluzione da parte di un terzo soggetto che può essere il giudice, ma anche un arbitro, bisognava oggettivare il conflitto. Così il diritto riusciva a combinare la funzione di previsione delle norme generali con la funzione di soluzione dei conflitti individuali.

All’opposto invece quando la composizione della lite viene fatta attraverso la negoziazione tra le parti ciò che è stato detto o fatto può essere lasciato irrisolto. Secondo G. Chase le parti, libere di “lasciare andare” il passato, possono concentrarsi su una soluzione che concili i loro piani e bisogni per il futuro.

Ma come possono le parti in una situazione di conflittualità porre in essere una negoziazione efficace? Qua entrano in gioco le tecniche di negoziazione basate sul c.d. principled

bargaining e diffuso dal testo di Fisher e Ury “Getting to Yes”14. La negoziazione si può svolgere solo tra le parti interessate con l’assistenza di un terzo che non decide in favore di una parte o dell’altra, ma si limita ad “assisterle” nella ricerca della soluzione che risponde meglio alle esigenze degli interessati.

É nata così la figura del mediatore, con la finalità di trovare una soluzione, in qualità di soggetto terzo, che snellisce il

14 Cfr. R. Fisher - W. Ury, L’arte del negoziato, 1981, Mondandori, Milano, 1981. Sono quattro le indicazioni posti da Fisher-Ury alla base della loro teoria per la soluzione dei conflitti:

-separare le persone dal problema trattato;

-focalizzarsi sugli interessi delle parti e non sulle loro posizioni; -generare soluzioni diverse ma che comportano benefici per tutte le parti della negoziazione;

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raggiungimento di un accordo ed evita l’odissea che si presentava nelle aule dei tribunali.

1.2 La diffusione dell’ADR in Europa

In Europa, le tecniche alternative di composizioni delle liti hanno tardato ad avere uno sviluppo significativo. Le probabili cause sono dovute ad una serie di fattori quali la forte importanza della tutela da parte del giudice, il mito dell’unità della funzione giurisdizionale e soprattutto il fatto che comunque, nel vecchio continente i processi erano meno costosi, e in alcuni paesi, meno lenti e più efficaci rispetto alla giustizia statunitense.

Tuttavia negli ultimi anni questo quadro è mutato in modo significativo e lo si può percepire soprattutto dall’attenzione che il legislatore ha iniziato a dedicare agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.

1.3 Regno Unito, Francia e Germania: i

primi Stati a introdurre la mediazione.

Senza voler offrire un quadro esaustivo, ritengo utile al fine di capire meglio l’evoluzione italiana sul tema, fare qualche cenno a tre differenti esperienze europee che per certi motivi appaiono molto importanti: quella del Regno

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Unito (il primo Paese europeo dove l’ADR ha avuto un primo approccio), quella della Francia (Paese molto vicino all’Italia per quanto riguarda la conciliazione) e quella della Germania (Paese in cui l’ADR ha incontrato qualche resistenza nell’affermarsi).

I. Nel Regno Unito lo strumento della mediazione ha avuto un forte sviluppo come metodo di risoluzione delle controversie commerciali, e più recentemente negli anni, ’70 del secolo scorso, è stato utilizzato anche in materia di diritto di famiglia. La sua applicazione, inizialmente, ha avuto vita grazie ai volontari, i quali offrivano mediante esperimenti pilota di mediazione assistenza per la risoluzione delle liti famiglia.

Uno sviluppo molto importante per l’ADR15, e principalmente per la mediazione, c’è stato negli anni ’90 del secolo scorso in concomitanza con l’emanazione delle Civil

Procedure Rules. Con il nuovo codice di procedura civile,

assistiamo all’interim report di Lord Wolf16, il quale

15 Oltre alla mediazione, sono presenti anche altre forme di ADR nel Regno Unito:

-la conciliazione (molto simile alla mediazione solo che nella conciliazione il terzo conciliatore ha un ruolo molto più attivo)

-la mediation and arbitration (c.d. med-arb è il passo successive da intraprendere, qualora la lite non si risolve con la conciliazione)

-la neutral fact finding (un soggetto terzo effettua determinate indagini e dà una valutazione non vincolante dei fatti. Nelle cause che toccano alla giurisdizione della c.d. commercial court la valutazione, sempre non vincolante, spetta al giudice.)

-l’expert determination (un esperto competente della materia in questione decide la questione di fatto)

-l’ombudsman (riguarda la condotta di determinati enti sia pubblici che privati, l’ombudsman viene chiamato ad effettuare delle indagini in merito)

Per indagini ulteriori si può consultare: Alternative to Court, in https://www.citizensadvice.org.uk/law-andcourts/legalsystem/taking-legal-action/alternatives-to-court/, ult. cons. 28/08/2017.

16 L’interim e il final report di Lord Wolf e rappresenta la base della riforma che ha dato via dal punto di vista legislativo alla mediazione che

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sottolinea gli aspetti positivi che la risoluzione alternativa delle controversie comporta per il risparmio delle scarse risorse giurisdizionali e anche per il risparmio in termine di tempo e di spese, essendo i metodi alternativi in genere meno costosi e più rapidi del processo. Wolf non si pronuncia a favore dell’obbligatorietà del ricorso all’ADR (“non sarebbe

giusto erodere in via di principio il diritto al cittadino di rivolgersi al giudice”), ma aggiunge che rientra tra i compiti

del giudice informare il cittadino circa la possibilità di ricorrere all’ADR e di incoraggiare il ricorso quando lo ritengano opportuno.

I principi dichiarati dal giurista inglese Wolf hanno trovato piena attuazione nella Civil Procedure Rules; ad esempio molto interessante è il procedimento denominato Small

claim mediation scheme17 che recepisce le indicazioni date da parte di Wolf.

Quale può essere considerata, trascorsi più di 20 anni dall’entrata in vigore del nuovo codice processuale inglese, l’influenza che ha avuto l’ADR sull’amministrazione della giustizia inglese? Senza dubbio abbiamo avuto una forte diminuzione delle cause di medio-alto valore che arrivano alla fase del giudizio, però tale beneficio, per la giustizia

alla fine degli anni ’90 ha mutato completamente il processo civile inglese. Per approfondimenti si invita a consultare: A. Zuckerman, Civil

procedures: principles of practicing, Sweet & Maxwell, 2003.

17 Si tratta di un procedimento di mediazione il quale viene svolto in presenza di un giudice che fa parte della Contry Court. Rientrano in questo tipo di mediazione le controversie che hanno un valore massimo di 5.000 sterline. In media si è avuta la conciliazione di almeno 43% dei casi, e i mediatori in genere sono sollicitors che vengono preparati ad

hoc per svolgere tale compito. È molto interessante il fatto che questo

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inglese, non si è avuto per le cause di minor valore che sono in costante aumento.

II. Per quanto riguarda la Francia, Paese simile giuridicamente all’Italia, abbiamo una lunga tradizione di strumenti di risoluzione delle controversie. Soprattutto durante il periodo rivoluzionario abbiamo avuto la spinta, sostenuta soprattutto da Voltaire, alla creazione della figura del giudice di pace18. La nascita del giudice di pace si presenta come uno strumento di sfiducia nei confronti dei giudici e degli avvocati dell’anciem regim, con il compito di tentare la composizione delle liti. Nel code de procedure

civile, troviamo disciplinato il tentativo di conciliazione

come preliminare e obbligatorio per tutte le controversie del ramo civilistico19. Questo dettato lo possiamo vedere anche nella traduzione italiana del codice, Codice di procedura civile per Regno d’Italia, nel titolo I del libro II che disciplina la conciliazione. Col tempo in Francia abbiamo assistito alla perdita di rilevanza della conciliazione obbligatoria perché oggetto di forte critiche proprio sul profilo dell’obbligatorietà. Per questo motivo il numero delle cause risolte in via extra-giudiziale da un iniziale 65% è calato a 9% verso la fine e di conseguenza la conciliazione è divenuta facoltativa. Alla fine degli anni ’90 del Novecento è stata introdotta una mediazione di tipo “moderno” che riguarda le cause c.d. bagatellari (diritti dei consumatori, locazioni ecc.): i conciliatori svolgono una funzione di

18 La figura del giudice di pace in Francia è stata introdotta con il decreto di agosto n. 1624/1790.

19 Disciplinato agli articoli 48-58: la grand conciliation che rimase in vigore fino al 1949.

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assistenza assieme al giudice e all’accordo può essere conferita forza esecutiva da parte del giudice.

III. Un panorama diverso è presente in Germania dato che il processo civile si presentava in modo piuttosto efficiente sia per i costi che per i tempi non eccessivamente lunghi20. Di

conseguenza questo ha indubbiamente determinato un minor ardore nell’accettare nuove forme di mediazione. La più grande innovazione si è avuta nell’anno 2002 quando il legislatore ha esteso i poteri del giudice prevedendo che prima di procedere alla discussione, il giudice dovrà preliminarmente tentare la risoluzione amichevole della lite o delle singole questioni presentate davanti a lui21.

1.4 La mediazione in Italia.

In Italia la mediazione moderna ha avuto un risvolto molto tardivo in paragone agli Stati vicini. Il primo contatto con la conciliazione stragiudiziale lo abbiamo avuto dal codice del 1865 e inizialmente la conciliazione era applicata dal conciliatore e poi successivamente da parte del giudice di pace. Secondo il codice di rito del 1865: “i conciliatori,

quando ne siano richiesti, devono adoperarsi per comporre

20 In Germania i tempi medi per ottenere una pronuncia sono ben sotto la media, in circa 6-8 mesi.

21 Obbligo che si considera adempiuto nel caso in cui le parti hanno già tentato una risoluzione amichevole fuori dal processo davanti ad un organismo preposto alla conciliazione. Dobbiamo precisare che il compito del giudice non è un adempimento meramente formale, bensì il giudice dovrà dare alle parti una valutazione preliminare circa le loro posizioni. Sulla disciplina attualmente applicabile nella Repubblica Federale Tedesca si rimanda a: Cap. I, par. 10.2.

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le controversie”. Successivamente la figura del conciliatore

è stata abolita, di conseguenza la mediazione amichevole delle liti è stata assunta dal giudice di pace; la conciliazione extragiudiziale è stata poi introdotta nel secolo scorso, ma era considerata una funzione secondaria e non rientrava nelle funzioni principali del giudice non togato.

Il primo approccio forte lo abbiamo avuto, in seguito alle spinte dell’Unione Europea, con l’istituto della mediazione, previsto per la Camera di Commercio dalla legge 29 dicembre 1993, n.58022. Tale legge ha attribuito alla Camera di Commercio la competenza a promuovere le procedure di conciliazione, incentivando la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra le imprese e i consumatori.

Due anni dopo il legislatore mediante la legge 14 novembre 1995, n. 48123 ha previsto che una molteplicità di controversie tra i gestori dei servizi di pubblica utilità e gli utenti dovevano essere rimesse a commissioni arbitrali e di conciliazione costituite presso le Camere di Commercio. Questi interventi normativi sono da considerare molto fragili dato che non attribuiscono il connotato di obbligatorietà alla mediazione, ma semplicemente lo introducono come un’alternativa modalità di soluzione delle controversie.

Per questo dobbiamo attendere fino al 1998, anno in cui il legislatore ha emanato la legge n.192, introdotta in un

22 Questa legge è rubricata: riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 gennaio 1994, n. 7, S.O.

23 Questa legge è rubricata: Norme per la concorrenza e la regolazione

dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 novembre 1995,

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contesto di tutela del committente in materia di subfornitura. Nell’art.10 sotto la rubrica “Conciliazione e arbitrato” della suddetta legge, il legislatore ha previsto un’ipotesi di tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura in cui ha sede il subfornitore.24 Si tratta di un passo molto in avanti, perché rappresenta la prima ipotesi di obbligatorietà del ricorso all’istituto della mediazione in Italia. Prima di procedere davanti al tribunale, le parti, per la risoluzione delle controversie nate nell’ambito delle subforniture o nelle attività produttive connesse, dovevano impegnarsi nello svolgere un tentativo obbligatorio di conciliazione presso la Camera di Commercio.

Successivamente è stato emanato il D.Lgs. n. 5/200325 che ha disciplinato per la prima volta l’intero procedimento relativo alle sole materie di diritto societario, introducendo il c.d. rito societario e ha dedicato il Titolo V alla conciliazione stragiudiziale. Inizialmente il D.Lgs. n. 5/2003 si occupa degli organismi di conciliazione, del regime fiscale che viene applicato, e successivamente regola in modo espresso la conciliazione. Questa normativa è rimasta in parte immutata fino all’approvazione da parte del Parlamento europeo della direttiva 2008/52/CE26 che determinava aspetti della mediazione sia in materia civile che

24 Legge 18 giugno 1998, n. 192 Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, art. 10, pubblicato in Gazz. Uff. 22 giugno 1998, n.143.

25 Rubricato: Definizione dei procedimenti in materia di diritto

societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 e pubblicato alla Gazz. Uff. 22 gennaio, n. 17.

26 Raccomandazione dell’Unione Europea pubblicata in Gazzetta Uff. il 26/07/2013, n.201, consultabile anche su www.eur-lex.europa.eu

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commerciale, in riferimento alle controversie transfrontaliere in entrambe le materie.

Nel 2009 il Parlamento italiano, durante la riforma del processo civile, ha concesso al governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi “in materia di mediazione e

conciliazione sia in ambito civile che commerciale”27. La

riforma, conforme alla normativa comunitaria, utilizza il termine di mediazione finalizzata alla conciliazione, lasciando sottintendere che la mediazione è il risultato del procedimento di conciliazione.

1.5 Cenni sulla mediazione civile

Il D.Lgs. del 4 marzo 2010, n.28 poi integrato dal D.L. del 13 agosto 2010, n.138 ha recepito le indicazioni della Commissione Europea sull’emanazione di strumenti idonei a risolvere le controversie sia di natura civile che commerciale, nei diversi processi giudiziari.

Con la direttiva del 21 maggio del 2008, n.52, l’Unione Europea ha imposto agli Stati membri di uniformare la disciplina per la soluzione delle controversie transfrontaliere. Il legislatore italiano è stato molto veloce nel recepire le indicazioni dell’Unione Europea, ponendo per la prima volta come condizione di procedibilità al processo giudiziario l’esperimento della mediazione.

27 Sulla legge delega v. F. P. Luiso, La delega in materia di mediazione

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La riforma della mediazione civile e commerciale ha lo scopo di limitare i ricorsi giurisdizionali, offrendo al cittadino uno strumento di risoluzione delle controversie più semplice e veloce, e costituisce uno dei pilastri fondamentali della riforma del processo civile. La definizione originaria della mediazione la possiamo trovare nell’articolo 3 della direttiva: “per «mediazione» si intende un procedimento

strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro.”

Definizione che è stata recepita anche da parte del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, definendo la mediazione come “l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo

imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” e la conciliazione come “la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione”. Da notare che il legislatore

è stato molto attento a differenziare la mediazione dalla conciliazione, pertanto i termini non vanno interpretati come sinonimi, ma dobbiamo attribuire a ciascuno il significato ad esso impartito28.

28 Per più approfondimenti in merito alla terminologia usata dal legislatore nel D.Lgs. 28/2010 cfr. F. Perciavalle, Mediazione civile e

commerciale, La figura del mediatore professionista, Cedam, Padova,

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Dal D.Lgs. 28/2010 sono state introdotte tre forme di mediazione:

a) facoltativa: iniziata liberamente dalle parti sia prima che durante il processo;

b) obbligatoria: in questo caso la mediazione è imposta dalla legge e le parti la devono esperire, pena l’improcedibilità29;

c) giudiziale: in questo caso è il giudice ad invitare le parti verso un percorso di mediazione tramite ordinanza. Si tratta di una forma di mediazione che può essere fatta prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e ove questa udienza non è prevista, prima della discussione della causa.

Il tentativo obbligatorio di mediazione dovrà essere esperito per le seguenti materie:

I. dei diritti reali, divisione; II. successione ereditaria;

III. risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità;

IV. comodato;

V. affitto di azienda; VI. locazione;

VII. patti di famiglia;

VIII. contratti assicurativi, bancari e finanziari;

29 L’articolo 5 del D. Lgs. n. 28/10 recita: “...è tenuto preliminarmente

a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto...L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.” Reperibile in

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24

IX. condominio;

X. risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti.

Quindi per tutte le materie succitate chi intende fare ricorso agli organi giurisdizionali deve obbligatoriamente assolvere alla condizione di procedibilità, esperendo preventivamente la mediazione. Inoltre, la mediazione può essere esperita per tutte le altre materie a condizione che si tratti di diritti disponibili, dato che i diritti indisponibili non sono suscettibili alla mediazione. L’omissione dell’obbligatorio tentativo di conciliazione è sanzionata dall’ordinamento con l’improcedibilità della causa. Il legislatore, dovendo scegliere tra inammissibilità o improcedibilità, ha optato per quest’ultima sanzione, così da non aggravare l’accesso alla giustizia. Tale orientamento ha trovato successiva conferma nella pronuncia della Corte Costituzionale n. 98 del 2014 in riferimento al comma II dell’art. 17 bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, che ha considerato incompatibile con la Costituzione una mediazione obbligatoria che renda la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa. Dato che l’esperimento del tentativo di mediazione rappresenta una condizione di procedibilità, il suo mancato esperimento comporta ex art 5 comma 1 del D.Lgs. n.28/10 “l'improcedibilità della domanda” la quale “deve essere

eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza’’ altrimenti

l’improcedibilità viene sanata e il giudizio prosegue.

Dunque, nello specifico questo genere di controversie potrebbe avere un doppio percorso di sviluppo:

(28)

25

1) il primo è quello obbligatorio extragiudiziale dove il mediatore e le parti dispongono di quattro mesi di tempo per raggiungere un accordo.

2) Il secondo è rappresentato da un carattere di eventualità: le parti possono attivarsi nella mediazione se ritengono opportuno il raggiungimento di un accordo per risolvere la controversia, però non sono obbligati ad avvalersi del tentativo di mediazione.

Inoltre la difesa della parte, prima di adire alle vie giudiziali, dovrà all’atto del conferimento dell’incarico, informare il cliente della possibilità di poter ricorrere alla mediazione, dell’obbligatorietà della stessa nelle ipotesi sopra menzionate e dei vantaggi fiscali ad essa collegati. Più nello specifico, la difesa dovrà informare il cliente sulle conseguenze che derivano dal rifiuto della proposta effettuata da parte del mediatore, ovvero se il giudice, in un successivo momento, emetterà una sentenza identica alla proposta del mediatore, dovrà condannare al pagamento delle spese la parte che ha rifiutato aggiungendo anche l’indennità di mediazione fallita, spese che si aggiungono al contributo unificato. Per assicurarsi che questa informativa venga data da parte del difensore al proprio cliente, il legislatore ha stabilito che nel caso in cui queste informazioni non vengano date allora l’accordo tra il difensore e il proprio cliente è annullabile.

(29)

26

I vantaggi che caratterizzano la mediazione civile e commerciale sono:

(i) efficacia: una volta raggiunto l’accordo, le parti dispongono di un’efficacia immediata, ottenendo in tal modo dall’ordinamento una risposta più veloce in un clima di reciproca collaborazione tra le parti.

(ii) riservatezza: sia interna, perché il mediatore non può palesare i dati acquisiti nelle sessioni privati salvo l’autorizzazione da parte del dichiarante, che esterna perché tutti i soggetti che partecipano alla mediazione non possono rivelare nulla delle informazioni acquisite.

(iii) costi: la mediazione è caratterizzata da un forte principio di economicità poiché i costi per la mediazione obbligatorio sono limitati e soprattutto predeterminati. Innanzitutto è previsto un costo di 40,00 euro per ciascuna parte come indennità di avvio del procedimento. Successivamente i costi vengono calcolati a scaglioni determinati in base al valore della controversia: si parte da un minimo di 65,00 euro per le controversie di valore fino a 1000,01 euro, fino ad un massimo di 9200,00 euro per le liti di valore pari a 5.000.000,01 euro e oltre. Inoltre tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti del procedimento sono esenti dall’imposta di bollo e di ogni altro costo, e il verbale dell’accordo è esente dall’imposta di registro fino ad un valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.

(iv) rapidità: entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza “l’organismo fissa il primo incontro tra le parti

(30)

27

dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo”30. Per poi, giungere alla fine del procedimento entro un termine massimo di quattro mesi.

Il mediatore non ha nessun potere di decisione della lite; ha solo la facoltà di effettuare una proposta di soluzione della controversia, proposta che diventa obbligatoria nel caso in cui le parti lo abbiano richiesto. Dunque, il suo compito iniziale è quello di impegnarsi “affinché le parti

raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia’’31, ma non ha nessun potere decisionale, dovrà

semplicemente tentare di mediare le parti a raggiungere un accordo sulla controversia.

Restano due ultime precisazioni da fare:

- la prima riguarda la mancata presentazione di una delle parti nel procedimento di mediazione; questo comportamento non è del tutto irrilevante dato che ex art. 116, comma 2 del c.p.c., il giudice “nel successivo

giudizio…potrà desumere argomenti di prova ai sensi dell’art, 166 c.p.c.’’32.

- La seconda riguarda il rifiuto di una proposta di mediazione “quando il provvedimento che definisce il

giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta,

30 Cfr con l’art. 8 comma 3 del D.Lgs. n. 28/2010 pubblicato in

www.parlamento.it

31 Cfr. con l’art. 8 comma 3 del D. Lgs. n. 28/10, in www.parlamento.it

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28

riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto”33.

In conclusione possiamo dichiarare che il procedimento di mediazione è un procedimento diverso da quello giurisdizionale in senso proprio, e ogni atto e comportamento tenuto all’interno di questo procedimento non si riverbera al di fuori del procedimento di conciliazione, tranne nei due casi summenzionati.

1.6 Il reclamo e la mediazione tributaria

La disciplina del reclamo e della mediazione tributaria è nata prendendo come riferimento una molteplicità di modelli giuridici. Il primo è quello della mediazione civile e commerciale (D. Lgs. 4 marzo 2010, n.28) istituto che abbiamo trattato nel paragrafo precedente. Ancora, il reclamo e la mediazione tributaria, prende spunto anche dal T.U del 29 gennaio del 1998, art. 188 e dall’art. 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787.

L’art. 188 del testo unico stabilisce che: “L'Ufficio delle

imposte, qualora non ritenga di accogliere il ricorso, lo trasmette alla competente commissione tributaria entro

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29

sessanta giorni dalla data in cui gli è pervenuto, dandone avviso al ricorrente”34. Dunque l’art. 188 stabilisce la possibilità per i contribuenti di poter ricorrere contro l’iscrizione a ruolo tramite un ricorso che viene inizialmente presentato all’ufficio delle imposte. Se l’ufficio ritiene di non accogliere il ricorso lo trasmette direttamente alla commissione tributaria.

Un altro caso simile al reclamo e alla mediazione tributaria lo abbiamo nel caso dell’articolo 10 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, il quale stabilisce che: “il ricorso contro il

ruolo o il provvedimento formato dai centri di servizi del Ministero delle Finanze, deve essere proposto mediante spedizione dell’originale presso il centro servizi del Ministero delle finanze e con successivo deposito, da eseguire passati almeno sei mesi e non oltre due anni dalla data di invio dell’originale” 35. Il centro servizi, se ritiene

ammissibile (parzialmente o totalmente) il ricorso dovrà procedere al rimborso, altrimenti si procederà davanti alla commissione tributaria competente per la questione.

Entrambi gli istituti sono simili per certi aspetti: sia nel primo che nel secondo caso il ricorso funge da riesame da parte dello stesso organo amministrativo che ha emanato l’atto. Nel caso in cui l’organo lo ritiene opportuno, perché le ragioni sostenute dal contribuente sono fondate, allora si interviene con un provvedimento di accoglimento dell’istanza e conseguente rimborso.

34 Cfr l’art 188, TU 29 gennaio del 1985, in www.normattiva.it 35 Per più approfondimenti: A. Giovannini, Processo tributario:

riflessioni sul ricorso presentato al centro di servizio, in Rivista di diritto

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30

Di conseguenza questo procedimento si presenta con una doppia natura, amministrativa e giurisdizionale. Amministrativa, perché inizialmente viene presentato come un ricorso amministrativo in opposizione36, ovvero un ricorso presentato nei confronti dell’organo che ha emanato l’atto controverso37. Giurisdizionale, perché qualora non si

arrivi all’annullamento dell’atto e nemmeno ad una proposta di mediazione allora il reclamo si trasforma automaticamente in ricorso. Si tratta di un automatismo che il legislatore ha previsto anche nel caso dell’attuale istituto del reclamo e della mediazione, prevedendo che se il reclamo avrà un esito negativo allora “produce gli stessi

effetti del ricorso”38.

36 Da notare che i primi commenti, riguardo al reclamo e alla mediazione, da parte della dottrina hanno inquadrato l’istituto fra i ricorsi amministrativi in opposizione più che tra i ricorsi gerarchici. Questo perché si tratta di un’istanza che è stata indirizzata nei confronti dello stesso organo che ha emanato l’atto contestato, chiedendo l’annullamento parziale o totale dell’atto. Per più approfondimenti:

A. Russo, Osservazioni sui profili generali del reclamo e della

mediazione ex art. 17 bis D. lgs. n. 546/92, in Fisco, n. 35/2011, p. 5715.

37 Questo spiega perché gli elementi essenziali del reclamo sono del tutto coincidenti con quelli richiesti a pena di inammissibilità per il ricorso giurisdizionale. Per maggior approfondimenti, cfr: D. Carta,

Reclamo e mediazione tributaria: gli interventi del legislatore e della consulta non eliminano tutti i dubbi di costituzionalità sollevati in relazione all’art. 17 bis D.Lgs. n. 546/1992, Riv. di dir. Trib., 12/2014, p.

1256.

38 Un ulteriore intervento da parte del legislatore con l’art. 9, comma 1, lett. l), del D.Lgs. n. 156/2015 in www.normattiva.it, dichiara che il reclamo non è più un atto distinto dal ricorso bensì a partire dal 1 gennaio del 2016 il reclamo è lo stesso atto che preliminarmente avvierà un procedimento di carattere amministrativo e, nel caso in cui questo procedimenti dia esito negativi, richiederà l’intervento dell’autorità giudiziaria. Tutto ciò a differenza di quanto è accaduto sino al 31 dicembre del 2015, dove il contribuente che intendeva proporre un ricorso doveva prima presentare un’istanza di reclamo e mediazione.

(34)

31

Venendo a tempi più recenti, il nuovo istituto del reclamo e della mediazione è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento dall’art 17-bis del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n.546. La collocazione appare non tanto felice dato che troviamo il reclamo e la mediazione tra i profili soggettivi della controversia e a quelli afferenti alle comunicazioni degli atti39. Una miglior collocazione sarebbe

quella iniziale di introduzione del giudizio, questo perché il reclamo può essere considerato come un atto equivalente all’introduzione del ricorso davanti alla commissione tributaria per i casi in cui è prevista la sua applicazione.

Nel D.Lgs. del 31 dicembre del 1992 troviamo anche un altro istituto chiamato “Reclamo contro i provvedimenti presidenziali” che riguarda l’impugnazione dei provvedimenti emanati da parte del Presidente di sezione della Commissione tributaria. Il reclamo e la mediazione

dell’art 17-bis del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n.546 non hanno nessun legame con l’istituto del reclamo contro i provvedimenti presidenziali delineato dall’articolo 28 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n.546, dato che l’articolo 28 è diretto ad assicurare una sorta di tutela nella fase processuale che intercorre tra la pronuncia del decreto presidenziale e l’esame preliminare del ricorso e dell’ordinanza di trattazione.

L’art.17 bis invece riguarda un “efficace rimedio di tipo

amministrativo”40 contro gli atti emanati da parte

dell’Amministrazione finanziaria e ha la finalità di

39 Cfr. A. Turchi, Reclamo e mediazione nel processo tributario, in Rass. Trib., n. 4/2012, pag. 898.

40 Relazione di accompagnamento del D.L. n. 98/2011, reperibile nella Gazz. Uff. 06/07/2011, n.155.

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32

instaurare un dialogo che precede il processo tributario. Se il contradditorio instaurato ha un esito negativo allora si passa al giudizio tributario, dunque si tratta di un passaggio eventuale il quale è facilitato dal fatto che il reclamo possiede gli stessi requisiti del ricorso tributario.

Pertanto con la proposizione del reclamo il contribuente dà l’avvio al riesame dell’atto che l’amministrazione stessa ha emanato41, cercando di evitare la fase processuale vera e propria. Si tratta di una finalità che la Corte Costituzionale42

41 Cfr. art. 17 bis, comma 1, D. Lgs. N. 546/1992 in www.normattiva.it . Rimane da precisare che l’autorità amministrativa rimane sempre la stessa, ma il reclamo viene mandato ad un ufficio diverso da quello che ha emanato l’atto impositivo.

42 la corte costituzionale si è espressa due volte per quanto riguarda il Reclamo come istituto. Con la prima sentenza n. 93/1979 in

www.cortecostituzionale.it ha sottolineato che: “con la norma

denunciata si è voluto dare a imprese di pubblico interesse (quali sono, indubbiamente, quelle esercenti servizi di trasporto in concessione) la possibilità di esaminare preventivamente le doglianze dei dipendenti al fine di accertarne l’eventuale fondatezza, evitando così lunghe e dispendiose procedure giudiziarie le quali potrebbero anche compromettere la funzionalità del servizio”. Successivamente, la corte,

ha ribadito anni dopo con sentenza n. 15/1991, reperibile in

www.cortecostituzionale.it, e in riferimento ad un’altra questione che:

“l’art. 20, co. 2, D.P.R. 156/1973 subordina l’azione di risarcimento dei danni contro l’amministrazione delle poste alla condizione del previo reclamo in via amministrativa a norma del comma precedente. Poiché il reclamo deve essere presentato, a pena di decadenza, entro il termine perentorio stabilito per i singoli servizi (sei mesi dalla data di impostazione per le corrispondenze raccomandate e assicurate e per i pacchi: art. 91), si tratta di una condizione di proponibilità, la quale, se non adempiuta entro il detto termine, comporta la decadenza dell’azione giudiziaria. Una così grave compressione del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost. e, più specificamente, della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica amministrazione, incondizionatamente garantita dall’art. 113, è sproporzionata rispetto all’esigenza di consentire all’amministrazione la possibilità di esaminare preventivamente le doglianze degli utenti al fine di accertarne l’eventuale fondatezza, evitando lunghe e dispendiose procedure giudiziarie, e assume il carattere di privilegio ingiustificato. Ne risulta violato anche l’art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di eguaglianza delle parti del contratto, al quale deve conformarsi la disciplina del rapporto degli utenti con l’amministrazione postale in quanto rapporto di natura contrattuale fondamentalmente soggetto al regime del diritto

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33

aveva ritenuto opportuno introdurre, al fine di evitare il lungo e dispendioso procedimento giudiziario. A tale proposito abbiamo la Circolare n. 9/E del 19 Marzo 2012 dell’Agenzia delle Entrate emanata subito dopo dall’introduzione dell’art. 17 bis, la quale rammenta che: “secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il

legislatore può ritenere opportuno, nell’interesse dello stesso ricorrente, che la fase giudiziaria sia preceduta da un esame della potenziale controversia in sede amministrativa, oltre che allo scopo di realizzare la giustizia nell’ambito della pubblica Amministrazione, anche per evitare lunghe e dispendiose procedure giudiziarie, che potrebbero compromettere la funzionalità del servizio”43.

L’Agenzia delle Entrate tramite la Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012, considera la deflazione del contenzioso come uno degli obiettivi primari perseguiti nella fase amministrativa antecedente all’instaurazione del giudizio tributario. In particolare la suddetta circolare sottolinea che “si evidenzia che la riduzione del contenzioso costituisce

obiettivo prioritario dell’Agenzia. Tale obiettivo si persegue prima di tutto attraverso il miglioramento della qualità degli atti notificati. Considerato che nella fase del contenzioso emergono le eventuali criticità dell’azione amministrativa, si rende indispensabile uno stretto coordinamento fra chi cura il contenzioso e gli addetti alla predisposizione degli atti impugnabili. A tal fine, l’Organo Consultivo Interno (di seguito, OCI), già attivo presso le Direzioni provinciali ,

privato”. Cfr., tra le altre, Corte costituzionale, 26 luglio 1979, n. 93 e 18

gennaio 1991, n. 15, in www.cortecostituzionale.it

43 La circolare n.9/E del 19 marzo 2012 è consultabile in

(37)

34

assolverà altresì il compito di esaminare, per tipologie, i nuovi filoni di contenzioso e, sempre per tipologia, i motivi di accoglimento dei ricorsi, avvalendosi delle funzionalità informatiche per la rilevazione delle “questioni controverse” e dei motivi delle sentenze, delle schede di rating relative al ricorso in primo grado e alla sentenza nonché delle consuntivazioni periodiche effettuate dalla competente Direzione regionale”.

Ed è per tale ragione che la procedura del reclamo è diretta ad evitare l’avvio del procedimento tributario davanti al giudice, finalità che viene perseguita mediante un esame svolto in modo abbastanza puntiglioso da parte degli addetti all’ufficio reclamo, per poi arrivare a dare l’esito ragionevole del giudizio sottostante. Quindi appare

“ipotizzabile oltre che fortemente plausibile, che gli esiti della nuova attività amministrativa possano offrire rilevanti contributi al fine sia di diminuire il numero dei giudizi tributari instaurati sia di contribuire a sviluppare la tax compliance’’.44

1.7 Le differenze tra la mediazione civile e

la mediazione tributaria.

Anche se si tratta di due istituti che hanno un nomen iuris simile, la mediazione civile cambia molto da quella tributaria sia per gli aspetti sostanziali che per quelli processuali. La mediazione civile ha avuto una forte spinta

44 Cfr. Agenzia delle Entrate Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012, in

(38)

35

da parte dell’Unione Europea, mediante la direttiva 2008/52/CE che ha portato all’emanazione, dopo soli due anni, del D. Lgs. n. 28 del 2010. Il legislatore italiano è stato piuttosto operoso nell’attuare la direttiva tenendo conto del sovraccarico della giustizia che ha portato ad un prolungamento dei tempi di risposta e ha subito escluso dall’area di applicazione la materia amministrativa, doganale e fiscale. Così facendo il legislatore ha tenuto divisi gli istituti in quanto D.Lgs. n. 546 del 1992 riguarda proprio la materia doganale e fiscale, materie escluse dall’applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010.

Dal punto di vista sostanziale entrambi gli istituti sono stati previsti per favorire la deflazione del carico dei processi sia civili che tributari. La mediazione civile è considerata in parte facoltativa quando sono le parti a scegliere oppure è il giudice a consigliarlo alle parti rivolte a lui ed è considerata obbligatoria quando rappresenta una “condizione di

procedibilità dell’azione”45. Dunque, lo svolgimento della

mediazione civile è condizione di procedibilità per determinate materie non in ragione del valore della controversia (come nel caso della mediazione tributaria), ma in base all’oggetto della controversia46.

La mediazione tributaria invece è solo obbligatoria e come criteri di individuazione dell’ambito di applicazione abbiamo: il criterio del valore della controversia (il reclamo

45L’articolo 5 del D. lgs. n. 28/10 in www.parlamento.it recita: “...è

tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto...L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.”

46 Si tratta di macro aree dove il legislatore ha ritenuto opportuno provare in via obbligatoria la mediazione. Per maggior approfondimenti si veda par. 1.7, p. 16 ss.

(39)

36

e la mediazione è obbligatoria per tutte le controversie che non superano il valore di cinquanta mila euro) 47 e il criterio soggettivo di applicazione (sono oggetto del reclamo e della mediazione tutti gli atti emanati da parte dell’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e gli Enti Locali)48.

Anche dal punto di vista processuale presentano delle differenze abbastanza peculiari, tali da rendere impreciso l’attribuzione del termine mediazione a tutti e due gli istituti.

La prima differenza riguarda la figura del mediatore vero e proprio, il quale è presente solo nel caso della mediazione civile. Quest’ultimo si presenta come una persona estranea ai fatti e dovrà individuare una soluzione che soddisfa entrambe le parti, sempre rimanendo come un soggetto terzo rispetto alle parti, ovvero “non cerca una soluzione secondo

diritto, non rende giustizia ne esprime giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari’’49. Dunque, il mediatore è un

professionista adeguatamente preparato sui metodi di gestione delle conflittualità delle parti, istruito presso un organismo di mediazione riconosciuto da parte del Ministero della Giustizia. Si tratta di una professione che “è per sua

natura trasversale” e pertanto “chiunque può svolgere tale ruolo, se debitamente formato, prescindendo dalla professione svolta abitualmente”50. Invece in materia

47 Cfr. Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012 e art. 17 bis comma 1 del D. Lgs. 546/92.

48 Cfr. Comma 4 dell’art. 17 bis, D.Lgs. n. 546 del 1992.

49 F. R. Badano, in Fisco Oggi, http://www.fiscooggi.it/analisi-e-commenti/articolo/reclamo-e-mediazione-fiscaleper-diminuire conflittualit%C3%A0-2, ultima cons. 26/08/2017.

50E.Recupero, La nuova figura del mediatore civile: poteri e obblighi,

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37

tributaria manca il requisito dell’imparzialità e della terzietà dell’organo chiamato a decidere, ovvero l’Amministrazione Finanziaria, che è lo stesso organo che ha emanato l’atto e per colmare in qualche modo questa assenza di terzietà, l’Amministrazione ha previsto un rimedio al suo interno. L’organo che esamina l’atto rimane sempre lo stesso che ha emanato l’atto conteso, ma quello che cambia è che l’atto non viene esaminato dallo stesso ufficio che lo ha emanato, bensì da un altro ufficio (sempre della stessa articolazione) addetto al controllo degli atti51. Dunque nel caso del reclamo e della mediazione si nota la presenza di un soggetto terzo e imparziale, elemento questo che ha segnato fortemente l’idoneità di questo istituto a ridurre il carico presente nel contenzioso tributario.

I due istituti si differenziano anche per quanto riguarda gli effetti che essi comportano sugli atti. Perché, nel caso della mediazione civile, non appena viene presentata la domanda di mediazione, questa viene comunicata all’altra parte, producendo gli stessi effetti della domanda giudiziale per quanto riguarda l’interruzione della prescrizione e l’impedimento sulla decadenza degli atti52. Se la mediazione

civile non va a buon fine allora tutti gli effetti prodotti vengono perduti e scritti in un apposito verbale denominato “verbale negativo” e le parti sono libere di proporre una nuova mediazione. Invece, nell’ambito tributario gli effetti erano molto più ridotti, inizialmente alla sua introduzione il reclamo non prevedeva una tutela cautelare per tutelare il

51 Invece la proposta di mediazione viene proposta alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, e l’ufficio che se ne occupa non è più l’ufficio addetto al controllo degli atti bensì l’ufficio legale.

(41)

38

contribuente durante il riesame dell’atto conteso. Il legislatore si è attivato e ha posto rimedio a questo grande vuoto e con le ultime modifiche ha stabilito al comma 8, dell’art. 17 bis che: “la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all'atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, fermo restando che in caso di mancato perfezionamento della mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d'imposta...”. Successivamente a questo è

avvenuta l’equiparazione dell’atto di reclamo con l’atto che introduce il ricorso (ex art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992), con la conseguenza che se la procedura di reclamo non va a buon fine entro 90 giorni dalla sua presentazione allora il reclamo si converte automaticamente in ricorso tributario.

Proseguendo nell’esame della disciplina scopriamo un altro effetto che differenzia ancora di più la mediazione tributaria da quella civile. L’art. 17 bis non prevede una disciplina analoga a quella dall’art. 8 comma 5 del D. L. n. 28/10 in tema di sanzione per mancato partecipazione: “se la

parte senza un giustificato motivo non partecipa alla mediazione, il Giudice potrà valutare tale assenza come argomento di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116 c.p.c.’’53. Nel diritto tributario non si prevede nessun tipo di sanzione nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non partecipa alla mediazione o non esegue il riesame dell’atto, stabilendo che: “decorsi 90 giorni senza

che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza

53 L’art. 116 c.p.c. a sua volta stabilisce che: Il giudice può desumere

argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.

(42)

39

che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso’’. Da questo possiamo dedurre che

l’Amministrazione finanziaria può anche non dare nessun tipo di riscontro al reclamo o all’eventuale richiesta di mediazione da parte del contribuente perché non viene in nessun modo penalizzata, dovendo poi il reclamante procedere all’iscrizione a ruolo. Il mancato riscontro dell’obbligo di partecipazione in capo all’Ente finanziario indebolisce fortemente l’istituto del reclamo e della mediazione, perché il legislatore non si è preoccupato di una effettiva attivazione dell’ente preposto.

Un'altra differenza è rappresentata dalla soluzione proposta nel caso della mediazione civile. La legge elabora delle dritte che il mediatore dovrà seguire nel momento in cui dovrà redigere la proposta di soluzione, ad esempio che il contenuto del verbale non deve essere “contrario

all’ordine pubblico o a norme imperative’’54. In questo caso,

il legislatore, ha ritenuto necessario, stabilire questa cautela perché il mediatore durante lo svolgimento del proprio lavoro “non cerca una soluzione secondo diritto”, di conseguenza è più facile commettere degli errori che possono andare contro all’ordine pubblico o alle norme imperative55. Diversamente accade nel caso del reclamo e della mediazione, in questo caso l’ufficio competente ad effettuare le valutazioni sull’accordo di mediazione è obbligato ad applicare le norme vigenti, pena l’invalidità dell’accordo di mediazione.

54Art. 12 del D. lgs. 28/10 in www.parlamento.it. 55 BADANO, in Fisco Oggi, cit., ultima cons. 28/08/2017.

(43)

40

Si può dunque ritenere che il reclamo e la mediazione sia uno strumento deflattivo di diritto tributario, non tanto simile alla mediazione civile. Bensì si presenta simile a strumenti già presenti nel diritto tributario, questo perché la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di riesaminare l’atto emanato era già prevista nel ordinamento tributario tramite l’istituto dell’autotutela tributaria, e quindi il reclamo da questo punto di vista è simile all’autotutela. Invece la mediazione trova il suo simile, sempre nel diritto tributario, nell’istituto dell’accertamento con adesione dato che anch’esso istituisce un dialogo con l’Amministrazione finanziaria56.

1.8 La

mediazione

tributaria

nella

normativa dell’Unione Europea.

L’evoluzione della mediazione tributaria nell’unione europea ha un’origine principalmente giurisprudenziale. La

56 Molto critico si presenta la riflessione di B. Bellè, Mediazione e Reclamo: due istituti inutili, in Riv. Dir. Trib., 2012, p. 863. Bellè sostiene che il legislatore non ha portato nessuna innovazione con l’introduzione del Reclamo e della Mediazione. Questo perché: “L'art. 17 bis, infatti,

mentre per un verso non introduce alcuna novità sostanziale, essendo, di fatto, gli istituti del reclamo e della mediazione riconducibili rispettivamente all'istituto dell'autotutela ovvero dell'accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale..”. Il ricorrente: “è costretto a sopportare i tempi e gli oneri di un procedimento di revisione amministrativa che potrebbe non volere e sapere inutile per aver già conosciuto la posizione dell'amministrazione in sede di autotutela o di istanza di definizione concordata. L'amministrazione, per parte sua, invece, ha interesse a privilegiare questi nuovi istituti mortificando quelli preesistenti che, in ultima analisi, si rivelano per l'erario meno interessanti quando alla definizione segue obbligatoriamente un sostanziale abbattimento della sanzione”.

(44)

41

Corte di Lussemburgo, con verdetto C-317/0837 del 18/03/2010, si è espressa in merito ad un quesito posto da parte dell’Italia con riguardo ad un tentativo obbligatorio di conciliazione pre-giudiziale in materia di telecomunicazioni. La corte di giustizia ha dichiarato che: “il diritto alla tutela

giurisdizionale, quale diritto fondamentale dell’individuo, può anche soggiacere a restrizioni, purché le stesse risultino proporzionate e funzionali al soddisfacimento di interessi generali, quali, appunto, il decongestionamento dei tribunali o la definizione più spedita e meno onerosa delle controversie”. Mediante questa sentenza la Corte Europea

ha dovuto trovare un contemperamento tra il diritto fondamentale dell’individuo ad accedere alla tutela giurisdizionale e la possibilità di limitare questo diritto, limite possibile solo se diretto ad assicurare una giustizia “più spedita e meno onerosa”57. Pertanto è opportuno

ribadire che la disciplina italiana nata dall’art. 17-bis del D.Lgs. 546/92, risulta coerente con la giurisprudenza europea dato che persegue obiettivi di interesse generale, quali la riduzione delle cause pendenti in giudizio e la più rapida conclusione delle controversie.

1.9 Il reclamo e la mediazione in alcuni

ordinamenti europei.

1.9.1 Segue: … La Francia

Riferimenti

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