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GLI OLI ESSENZIALI

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Academic year: 2021

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GLI OLI ESSENZIALI

Gli oli essenziali erano largamente utilizzati già dagli Egiziani, 4500 anni avanti Cristo, per preparare oli balsamici, unguenti profumati, resine aromatiche e per l’imbalsamazione dei corpi. Testimonianze di ciò si hanno da molti papiri, steli ed iscrizioni ritrovati in Egitto nei quali sono descritte queste preparazioni. Dai racconti dei primi viaggiatori greci che visitarono l’Egitto si percepisce che gli oli essenziali e le essenze balsamiche venivano comunemente impiegate in medicina, in cosmetologia e nell’imbalsamazione dei corpi in virtù della loro proprietà antisettica e battericida. Si suppone inoltre che già gli Egizi procedessero all’estrazione dell’olio essenziale tramite distillazione in quanto molti oli ritrovati nelle ricette possono essere ottenuti solamente tramite tale tecnica. Notizie sulla tecnica di distillazione sono pervenute già da greci e romani nel primo secolo dopo Cristo. Già 3000 anni avanti Cristo in India in Grecia e a Roma gli oli essenziali erano di impiego comune per profumare gli abiti e per profumare l’acqua con cui riempivano le vasche da bagno. Successivamente con l’avvento dell’alchimia nacquero nuove tecniche che permisero di ottenere principi attivi dai vegetali. In seguito l’uso degli oli essenziali si è diffuso soprattutto in ambito terapeutico e cosmetico. Caduti in disuso per molti anni sono tornati ad essere largamente impiegati negli anni 30 grazie a numerosi studi di Gattefossè ideatore dell’aromaterapia (Bardeau, 1977).

Gli oli essenziali sono prodotti in tutti gli organi della pianta: steli, foglie, gemme, fiori, frutti, semi, legno e radici ma sono maggiormente sintetizzati negli organi aerei. Generalmente si accumulano sotto forma di goccioline negli spazi intercellulari o in strutture specializzate interne o esterne come i dotti resiniferi, i peli ghiandolari esterni e le ghiandole lisigene. Sembra che la pianta produca oli essenziali per molteplici ragioni: possono svolgere attività allelopatica, di attrazione degli impollinatori, possono funzionare come intermediari di reazioni energetiche ed in alcuni casi forse vengono prodotti come materiale di scarto. Si trovano particolarmente abbondanti nelle piante appartenenti alle famiglie delle Apiaceae, Asteraceae, Cupressaceae, Geraniaceae, Lamiaceae, Lauraceae, Myrtaceae e Verbenaceae (List e Schmidt, 1989).

La composizione di un olio essenziale subisce l’influenza del clima, dell’area geografica dove è cresciuta la pianta, del tipo di terreno, delle modalità di coltivazione, del tempo di raccolta e del metodo di estrazione. Un fattore molto importante è la durata della fotoesposizione in quanto la formazione delle essenze è strettamente legata all’azione della

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31 luce e del calore del sole e per questi motivi anche piante dello stesso genere o della stessa specie possono produrre oli che si diversificano in parte nella composizione e nel contenuto dei diversi principi attivi definendo il fenomeno della chemiovarietà.

Chiamati comunemente essenze, gli oli essenziali sono sostanze di consistenza oleosa, più o meno fluida, molto profumati, volatili, spesso colorati e più leggeri dell’acqua con una densità compresa tra 0.75 e 0.99. Si distinguono dagli oli grassi di natura lipidica per la loro elevata volatilità. Sono insolubili o poco solubili in acqua, solubili in alcool, etere, cloroformio, acetone, oli emulsionati e nella maggior parte dei solventi organici.

Sono miscele molto complesse i cui principali costituenti sono monoterpeni e sesquiterpeni: strutture formate da più unità isopreniche, e composti ossigenati derivati dagli stessi che includono alcoli, aldeidi, esteri, eteri, chetoni, fenoli e ossidi. È possibile trovare inoltre, fra i componenti degli oli essenziali, fenilpropeni e composti specifici contenenti zolfo o azoto (Bardeau, 1977).

I principali metodi di estrazione degli oli essenziali sono:

• Enfleurage: processo particolare che serve per estrarre gli oli da droghe delicate e pigmentate come i petali dei fiori. Il metodo prevede che l’olio venga assorbito da un grasso purificato, fuso e successivamente separato da questo per estrazione, in genere con alcool.

• Spremitura meccanica: prevede l’applicazione di alte pressioni sul materiale da estrarre alla fine della quale si ottiene generalmente una emulsione olio-acqua che può essere rotta per centrifugazione e l’olio viene recuperato per decantazione. • Estrazione con solventi: si impiegano solventi bassobollenti come esano, etere di

petrolio, benzene ecc., che possono essere rimossi per semplice evaporazione senza danneggiare o perdere i composti tremolabili dell’olio.

• Distillazione in corrente di vapore: è generalmente il metodo più impiegato per l’estrazione degli oli essenziali, infatti gli oli essenziali trattati nella seguente indagine sono stati estratti tramite tale metodologia. I componenti dell’olio essenziale hanno punti di ebollizione molto elevati, compresi tra 150 e 300°C, per cui sottoposti a distillazione secca subirebbero reazioni di ossidazione, polimerazzione e trasposizione alterando così la loro struttura. La presenza di acqua permette invece la distillazione di due liquidi immiscibili dove il comportamento dei vapori saturi che si vengono a formare segue la legge delle pressioni parziali di

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32 Dalton:

Ptot =

Polio +

Pacqua secondo cui in una miscela di gas che non

reagiscono tra loro, ciascun gas esercita una pressione pari a quella che eserciterebbe se occupasse da solo tutto il volume a disposizione, dove per pressione parziale di un dato componente si intende la pressione esercitata dal singolo gas, contenuto nel volume V alla temperatura T. Il punto di ebollizione di tale miscela corrisponde al punto in cui la pressione totale della stessa, data dalla somma delle pressioni parziali, euguaglia la pressione atmosferica. Questo ovviamente accade ad una temperatura inferiore rispetto a quella del punto di ebollizione del componente più bassobollente, per cui ad una temperatura inferiore a 100°C, garantendo una maggiore stabilità dei componenti più tremolabili dell’olio essenziale. Il fenomeno principale implicato nell’estrazione è l’idrodiffusione secondo cui l’acqua per osmosi entra nella cellula e scioglie i componenti volatili trasportandoli fuori della cellula dove vengono vaporizzati, tale fenomeno è accelerato dalla temperatura e dalle variazioni di pressione all’interno della caldaia. Esistono tre metodi principali di distillazione degli oli essenziali in corrente di vapore che differiscono per il diverso grado di contatto tra il materiale vegetale e l’acqua: distillazione con acqua, distillazione con acqua e vapore, distillazione con vapore (Morelli et al., 2005).

Un olio essenziale contiene moltissimi componenti chimici, ciascuno dei quali fornisce proprietà individuali all’olio stesso. Un componente preso singolarmente può essere nocivo, ma avere effetti complementari (sinergici) e/o additivi nel totale della miscela in cui è compreso; alcuni componenti chimici possono invece “attenuare” l’effetto potenzialmente nocivo di altri componenti. La loro varietà e ricchezza contribuisce alle caratteristiche peculiari di ciascun olio.

Salvo alcune eccezioni gli oli essenziali naturali sono innocui per l’uomo se utilizzati nelle giuste dosi. Le essenze falsificate, impure o sintetiche sono spesso tossiche, pericolose e possono creare irritazioni e disturbi non indifferenti.

La conservazione degli oli essenziali esige precauzioni indispensabili ad evitare la loro ossidazione e polimerizzazione. È necessario utilizzare flaconi di vetro colorati o opachi, meglio se scuri, e ben chiusi per preservarli dall’aria e dalla luce che sono i principali responsabili del loro deterioramento (Bardeau, 1977).

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33 La determinazione della composizione dell’olio essenziale avviene attraverso vari tipi di analisi tra cui la più impiegata nelle indagini seguenti è quella che vede associare la gas-cromatografia alla spettrofotometria di massa: il sistema GC/MS permette di separare e identificare allo stesso tempo miscele di composti volatili. Attraverso la gas-cromatografia avviene la separazione dei singoli componenti delle miscele volatili, tale meccanismo prevede l’impiego di una fase stazionaria, all’interno di una colonna, rappresentata da un solido con proprietà adsorbenti oppure da un liquido supportato su materiale inerte e di una fase mobile rappresentata da un gas inerte generalmente idrogeno, elio, azoto o anidride carbonica. La colonna è mantenuta a temperature tali da mantenere il campione in esame in fase di vapore. La velocità con cui i componenti del campione si muovono attraverso la colonna dipende dall’affinità che essi hanno con la fase stazionaria, per cui è la fase stazionaria che determina il tempo con cui i vari costituenti andranno ad attraversare la colonna e di conseguenza il loro ordine di uscita.

Una volta separati i singoli componenti dell’olio essenziale, diviene necessario andare ad indagare sulla loro identità attraverso uno spettrometro di massa nel quale avvengono i seguenti processi: le molecole neutre dell’analita vengono ionizzate: la molecola di partenza si frammenta in vari modi dando origine sia a diversi tipi di ioni che a diversi tipi di specie non cariche, solo le specie cariche e cioè gli ioni vengono accelerati in modo da fornire a tutti la stessa energia cinetica, in seguito vengono deviati da un campo magnetico in base alla loro massa ed al loro numero di cariche così che il fascio di ioni che si crea viene rilevato elettronicamente dal detector dello spettrometro di massa che andrà a fornire uno spettro di massa. Lo spettro di massa è una rappresentazione grafica bidimensionale dell’intensità relativa, ovvero della concentrazione relativa di una specie ionica rispetto al rapporto massa su carica. Visto che la frammentazione fornisce molte indicazioni utili sulla struttura della molecola incognita, in quanto questa tenderà a rompersi secondo presise regole che dipendono proprio dalla sua struttura, è possibile determinare il peso molecolare, la formula bruta e la formula di struttura dei composti analizzati (Morelli et al., 2005).

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