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Capitolo 5 Analisi strutturale

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Academic year: 2021

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Capitolo 5

Analisi strutturale

L’obiettivo di queste analisi è quello di comprendere il funzionamento di tale tipologia strutturale e definire le sezioni resistenti delle membrature principali.

L’analisi del comportamento strutturale della copertura è stato eseguito mediante due approcci differenti. Una prima volta, si è effettuato un semplice predimensionamento analizzando il comportamento di tale copertura mediante semplici schemi piani estratti da essa e risolti a seconda dei casi a mano oppure mediante il software SAP2000, successivamente, avendo idea delle grandezze in gioco e quindi di cosa aspettarci, è stato fatto un modello tridimensionale dell’intera struttura mediante lo stesso software SAP2000.

Questa scelta è frutto di numerose motivazioni. Una prima, è data dal peso con cui si ritiene dover prendere risultati ottenuti con software di cui non si conosce completamente il loro funzionamento soprattutto di fronte a modelli non estremamente semplici. Risolvendo strutture del genere si perde il contatto diretto con la struttura, non si ha il senso delle cose, si perdono gli ordini di grandezza finendo così per fidarsi ciecamente dell’output fornito. Peraltro, in ultima analisi, trattandosi di una tipologia strutturale intelligente, ovvero caratterizzata da un funzionamento molto semplice, quasi elementare, è possibile estrapolare da essa semplici schemi che ricalchino efficacemente il comportamento globale. Ogni elemento costituente la struttura resiste “per se”, ha una sua funzione specifica, molto semplice, è quindi possibile, ovviamente avendo come riferimento gli scopi di tale analisi sopra citati, isolare ciascun elemento e procedere ad una sua schematizzazione cercando, comunque sia, di non perdere il funzionamento globale di tale struttura. Così, una volta condotta tale analisi, sarà possibili avere idea degli ordini di grandezza che dovremmo aspettarci da un modello più complesso, e solo ora, saremo in grado di percepire la bontà dei risultati forniti.

Per quanto riguarda i carichi che di seguito verranno impiegati nelle due analisi, al fine di modellare neve e vento, sono stati adottati valori indicativi maggiori dei limiti inderogabili suggeriti dalle nuove NTC 2008. La modalità della loro applicazione è invece in accordo con le nuove norme tecniche. Per quanto riguarda invece l’azione sismica, non si è ritenuto opportuno metterla nel calcolo, dal momento che, in generale, nelle strutture a membrana le masse messe in gioco sono talmente esigue da non permettere mai alle forze d’inerzia, provocate dall’azione sismica, di raggiungere entità considerevoli.

Si capisce così l’essenza di questo lavoro e di questa modellazione, in particolare, comprendere e giustificare il funzionamento elementare della nostra conchiglia e di

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conseguenza procedere ad un dimensionamento di massima degli elementi principali quali archi funi e membrana.

Quello che ci possiamo aspettare è un quasi permanente stato di trazione nella membrana e nelle funi, il quale indurrà forti compressioni e flessioni nei nove archi metallici. Tali archi, data la loro geometria fortemente discordante da quella tipica, la quale segue la cosiddetta curva delle pressioni generata dai carichi applicati, è tale da suggerire un comportamento essenzialmente a trave, quindi ci aspetteremo stati di sollecitazione caratterizzati da forti valori di momento flettente e bassi valori di sforzo assiale. Infine un’ultima considerazione. Tale trazione nella membrana ha un effetto benefico per quanto riguarda l’instabilità fuori piano degli archi stessi. La membrana, in questo caso, ha il medesimo effetto che hanno i pendini nei ponti ad arco a via inferiore. Tali pendini, come la membrana appunto, hanno un effetto stabilizzante nei confronti della naturale tendenza dell’arco a sbandare fuori dal suo piano, con il loro tiro infatti, tendono a riportare nella configurazione iniziale l’arco stesso.

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105

5.1 Elementi a comune delle due analisi

5.1.1 Materiali

Per quanto riguarda i materiali assegnati abbiamo. Archi in acciaio S275 (Fe430), con le seguenti caratteristiche: • γ = 7850 daN/m3 • E = 210000 N/mm2 • ν = 0,3 • α = 1,2×10-5 °C-1 • fyk = 275 N/mm2 • ftk = 430 N/mm2

Per quanto riguarda l’acciaio costituente le funi, nel caso in esame abbiamo adottato la fune spiroidale aperta prodotta dalla ditta Tensoteci avente diametro 20mm con le seguenti caratteristiche: • γ = 7850 daN/m3 • E = 164872 N/mm2 • ν = 0,3 • α = 1,2×10-5 °C-1 • Nrott = 380 KN

Per quanto riguarda l’acciaio costituente i pendini verticali del sistema di controventamento abbiamo adottato il sistema di tiranti DETAN1, ed in particolare abbiamo scelto tiranti aventi diametro 20mm. Il materiale costituente il sistema di tiranteria chiamato acciaio al carbonio DETAN S460 ha le seguenti caratteristiche:

• γ = 7850 daN/m3 • E = 210000 N/mm2 • ν = 0,3

• α = 1,2×10-5 °C-1 • ftk = 460 N/mm2

Per quanto riguarda il tessuto costituente la membrana (tessuto in fibra di poliestere spalmato in PVC) di seguito le caratteristiche2:

• γ = 1,38 daN/m2

1 Per maggiori informazione si rimanda alla consultazione del sito: http://www.halfen.it/s/53_3205/halfen/modules/brochures/index.php

2 Il tessuto impiegato corrisponde al tipo 4 secondo la classificazione fornita nel testo Guide to textile buildings redatto dal Working group for Textile Architecture, Messe Frankfurt.

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• E = 10000 N/mm2 • ν = 0,25

• α = 9×10-6 °C-1

• Tensione di rottura trama = 128 daN/cm (per una tessitura di 14 fili/cm) • Tensione di rottura ordito = 149 daN/cm (per una tessitura di 14 fili/cm) 5.1.2 Azioni

Ai sensi delle disposizioni del DM 14.01.08, la struttura è stata dimensionata e verificata per una vita nominale pari a VN=50 anni. Le azioni considerate sono di tipo permanente (G) e variabile (Q).

G azioni permanenti P pretrazione

P1 pretrazione membrana

Secondo le indicazioni riportate nell’ “European Design Guide for Tensile Surface Structures” si è fatto riferimento ad un valore di 7 daN/cm.

P2 pretrazione pendini

Si è fatto riferimento ad un valore di circa 500 daN per ciascun pendino. G peso proprio elementi strutturali

G1 archi

I nove archi metallici a sostegno della copertura sono di acciaio zincato di classe S275 (Fe430) caratterizzato da un peso specifico di 7850 daN/m3.

G2 funi

Per le otto funi perimetrali abbiamo fatto riferimento alla fune spiroidale aperta prodotta dalla ditta Tensoteci caratterizzata da un peso specifico di 7850 daN/m3.

G3 membrana

Per quanto riguarda il tessuto costituente la membrana abbiamo adottato un tessuto in fibra di poliestere spalmato in PVC caratterizzato da un peso specifico di 1,38 daN/m2.

Q azioni variabili Q1 vento

Una volta determinato il valore della pressione esercitata dal vento secondo le indicazioni fornite dalle NTC2008, in mancanza di test aerodinamici, a nostro avviso necessari per una struttura caratterizzata da una forma del genere e per una tecnologia che risente fortemente di questa particolare azione, abbiano usato un valore superiore a quello imposto dalle nuove

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107 norme di 95 daN/m2. Infine, per quanto riguarda la sua modalità di applicazione, verrà spiegata nel seguito a seconda del tipo di analisi condotta.

Q2 neve

Una volta determinato il valore del carico neve agente sulla copertura secondo le indicazioni fornite dalle NTC2008, si è fatto riferimento ad un valore superiore pari a 90 daN/m2. Per quanto riguarda la sua modalità di applicazione, dato lo scopo di tale analisi, si è fatto riferimento esclusivamente all’accumulo in assenza di vento secondo quanto indicato nella CIRCOLARE ESPLICATIVA del 7 Marzo 2008 di seguito riportata.

Fig. 5.1: punto 3.4.3 CIRCOLARE ESPLICATIVA del 7 Marzo 2008

Q3 manutenzione

Secondo le indicazioni fornite dalle NTC2008 si è fatto riferimento ad un carico per unità di superficie del valore di 50 daN/m2.

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5.2 Predimensionamento

Come premesso, cerchiamo ora di discretizzare in maniera ragionevole il funzionamento della struttura in esame.

La copertura risulta formata da tre entità principali: membrana, funi ed archi. La membrana, una volta pretesa mediante il tiro nelle funi ha il compito di equilibrare, con i soli sforzi di trazione nelle fibre costituenti il tessuto, i carichi ad essa applicati, neve e vento. In particolare, per la forma assunta allo stato zero dalla membrana in esame avremo che: carichi rivolti verso il basso produrranno un incremento di trazione nelle fibre circonferenziali ed un decremento in quelle radiali, viceversa per carichi rivolti verso l’alto. A sua volta, la membrana stessa, poggiante sui nove archi, andrà a trasmettere tali azioni sullo sviluppo degli archi stessi i quali, in prima approssimazione, saranno soggetti a carichi uniformemente distribuiti sul loro sviluppo. La fune infine, verrà dimensionata in modo tale da garantire nella membrana la pretensione iniziale voluta, questo perché, data la configurazione geometrica della membrana, carichi diretti verso il basso non fanno che decrementare il tiro lungo le fibre di tessuto disposte in direzione degli archi le quali generano a sua volta un decremento nel tiro della fune.

5.2.1 Membrana

Per andare a dimensionare la membrana, ovvero il numero di fili al centimetro, si è fatto riferimento al seguente schema di calcolo. Data la pianta, in particolare una sua metà qualsiasi vista la sua simmetria, per ciascuna striscia compresa fra due archi adiacenti andiamo a prendere varie strisce in direzione radiale, di un centimetro di larghezza. Infine, considerata ciascuna striscia, essendo nota la forma assunta dalla membrana, andiamo a prendere il punto a tangenza orizzontale. Di seguito una rappresentazione schematica.

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Fig. 5.2: le strisce di membrana prese a riferimento in rosso, i punti a tangenza orizzontale in

blu

Fatto ciò, sempre con riferimento a ciascuna striscia, consideriamo la porzione più lunga fra le due in cui ogni striscia viene divisa dal punto a tangenza orizzontale, visto che non è detto che tale punto cada nella mezzeria della striscia. Tale porzione di striscia, come di seguito rappresentato, viene considerata incernierata sulla sommità dell’arco dal quale trae sostegno. Cosi fatto, si va ad imporre il rispetto dell’equilibrio alla rotazione sulla sommità dell’arco. I carichi agenti sono i seguenti: neve Q2, vento Q1, peso proprio membra G3, e pretensione iniziale P1. Di seguito una rappresentazione dello schema di calcolo adottato.

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Fig. 5.3: schema di calcolo adottato per il dimensionamento del tessuto costituente la

Facendo riferimento alla imposto dalla normativa, equilibrare i carichi agenti

European Design Guide for Tensile Surface Structures

seguito riportiamo il calcolo per la striscia che si trova nella condizione più gravosa.

1,3 1,3

schema di calcolo adottato per il dimensionamento del tessuto costituente la membrana

Facendo riferimento alla combinazione degli stati limite ultimi più gravo otteniamo il valore di trazione che nasce nella membrana tale equilibrare i carichi agenti, ed in base ad esso determiniamo, secondo quanto suggerito dall’

Guide for Tensile Surface Structures, il numero di fili al cm necessari. Di seguito riportiamo il calcolo per la striscia che si trova nella condizione più gravosa.

1 0,9 1,5 G3 = SLU1

1 1,5 0,75 P1 SLU2

Q1 Q2

Fig. 5.4: combinazioni di carico

schema di calcolo adottato per il dimensionamento del tessuto costituente la

limite ultimi più gravosa, come otteniamo il valore di trazione che nasce nella membrana tale da determiniamo, secondo quanto suggerito dall’ il numero di fili al cm necessari. Di seguito riportiamo il calcolo per la striscia che si trova nella condizione più gravosa.

SLU1 SLU2

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111 striscia I-4 Q2 (daN/cm^2) 0,00900 Q1 (daN/cm^2) 0,00950 G3 (daN/cm^2) 0,00013 P1 (daN /cm) 5 γQ2 1,50 γQ1 0,90 γG3 1,30 γP1 1,00 f (cm) 24 l (cm) 398 t (daN /cm) 68,3 T (daN/cm) 73,3

Fig. 5.5: tabella di calcolo

Quindi, come riportato al capitolo precedente, si giustifica ora la scelta del tessuto adottato, caratterizzato da 14 fili in fibra di poliestere sia per la trama che per l’ordito con resistenze rispettivamente di 128 e 149 daN/cm. Con questo semplice schema siamo riusciti a determinare il numero di fili necessari con cui tessere la membrana in direzione circonferenziale, visto che i carichi considerati comportano un incremento di tensione lungo questa direzione. Nonostante ciò, andremo a considerare tale valore di fili al cm come sufficiente anche per la tessitura in direzione circonferenziale, in accordo con gli scopi di questa analisi.

5.2.2 Funi

Per quanto riguarda il dimensionamento delle funi abbiamo proceduto nel seguente modo. In via semplificativa, a pretensione effettuata, ciascuna fune è stata schematizzata mediante una porzione di trave ad anello. Cosi, in funzione della pressione radiale agente sulla trave ad anello, che nel caso in esame coincide con la pretensione imposta alla membrana, si trova con la nota formula di tale tipologia di trave la trazione indotta nella fune. Come coefficiente di sicurezza, trattandosi di un elemento fragile, e come suggerito dall’ European Design Guide for Tensile Surface Structures, abbiamo adottato un valore pari a 4,5. Di seguito lo schema adottato e la verifica per la fune nella condizione più gravosa.

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Fig. 5.6: schema di calcolo fune I P1 (daN/cm) 7 R (cm) 686 N (daN) 4802 fune II P1 (daN/cm) 7 R (cm) 662 N (daN) 4634 fune III P1 (daN/cm) 7 R (cm) 875 N (daN) 6125 fune IV P1 (daN/cm) 7 R (cm) 811 N (daN) 5677

VERIFICA SEZIONE FUNE VERIFICATO 0,73

Nmax (daN) 6125

γP1 4,5

Nrott-20 (daN) 38000

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113 5.2.3 Archi

Per quanto riguarda il dimensionamento dei nove archi metallici abbiamo proceduto nel seguente modo. Innanzitutto ne abbiamo presi a riferimento 5, data la simmetria sia geometrica che di vincolo più volte ricordata.

Fig. 5.8: archi oggetto di calcolo

Per quanto riguarda i primi quattro, appartenendo questi a piani verticali e dato anche il comportamento strutturale dell’arco stesso, ne è stata fatta, per ciascuno di essi, un’analisi mediante un semplice modello piano con il software SAP2000. Questo, si può considerare lecito dato il comportamento strutturale dell’arco stesso e più in particolare di archi come questi caratterizzati da elevati valori di snellezza. Infatti, archi di questo tipo, hanno un comportamento estremamente rigido nel loro piano ma risultano estremamente flessibili per carichi fuori dal loro piano, al punto tale, nella pratica corrente, da considerare nulla una loro eventuale rigidezza fuori dal piano baricentrico. Questo, non fa che giustificare ancora di più l’analisi fatta dando ad essa un maggior rigore. Inoltre, è facile intuire, come affidare carichi fuori dal piano baricentrico di ciascun arco al sistema di controventamento sia una scelta a favore di sicurezza oltreché una scelta che ricalca in maniera efficiente il reale comportamento della struttura.

Un discorso diverso, invece, merita l’arco numero 5, il quale, appartenendo ad un piano ruotato di 30 gradi rispetto la verticale, ha un comportamento più complesso non schematizzabile come piano. E’ quindi impensabile , anche volendo effettuare una semplice ed

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intuitiva analisi, fare astrazione del suo reale comportamento, il quale, lo vede fortemente interagire con i pendini verticali del sistema di controventamento. Quindi, a valle di ciò, ne è stato fatto un modello che tiene conto di un suo più reale comportamento spaziale il tutto risolto mediante il software SAP2000.

Per ciascun arco, analizzato separatamente, sono state fatte due tipi di analisi. Una prima, elastico lineare mediante la quale sono state fatte le invitabili verifiche di resistenza e deformabilità con le opportune combinazioni imposte dalla recente normativa. Successivamente sempre per ciascun arco, e con riferimento al medesimo modello è stata eseguita un’analisi di buckling lineare al fine della valutazione del minimo moltiplicatore dei carichi che induce instabilità globale nell’arco. Questo perché, come imposto dalla normativa e di seguito riportato, si ritiene valida un’analisi globale facente riferimento alla teoria del primo ordine, come fatta appunto per dimensionare gli archi, solamente se il moltiplicatore dei carichi che induce inabilità globale nella struttura sia minore di dieci.

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115 Archi 1 2 3 e 4

A titolo di esempio riportiamo quello fatto per l’arco centrale dato che il tutto è stato ripetuto in maniera concettualmente identica per tutti e quattro gli archi.

Geometria e vincoli

Di ciascun arco è stato fatto un modello piano considerato incastrato agli estremi. Per la modellazione dell’arco sono stati utilizzati i tradizionali elementi “frame”, in particolare 72 frames rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello spazio3.

Fig. 5.10: modello di calcolo

3

Per quanto riguarda il tipo di sezione utilizzata per ciascun arco e le relative caratteristiche meccaniche, fare riferimento al capitolo 4.

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Azioni e loro combinazioni

Per quanto riguarda la definizione dei carichi agenti, ed in particolare peso proprio della membrana G3, neve Q2, vento Q1 e manutenzione Q3, abbiamo fatto riferimento a delle aree di competenza prese in pianta e di seguito riportate4.

Fig. 5.11: aree di competenza per la definizione dei carichi agenti

4

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Di seguito le azioni e le loro combinazioni prese a riferimento. 1,3 1,3 0,9 1,3 1,3 1,5 1,3 1,3 0,9 1 1 0,6 1 1 1 1 1 0,6 1 1 0,2 1 1 0,6 1 1 0 1,3 1,3 0

Ora una precisazione proprio strutturale dell’arco

Q3 sono stati modellati come carichi sullo sviluppo dell’arco e verso è stata considerata come un carico

lungo la proiezione verticale dello sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. agente solamente sui frames aventi inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi. quanto riguarda il vento

circostante, è stato considerato solamente il caso di vento spirante da s modellato mediante un carico per unità di lunghezza

sviluppo dell’arco, direzione ortogonale all’asse e verso parte interessata sia rispettivamente

Di seguito le azioni e le loro combinazioni prese a riferimento.

0,9 1,5 0 G1 1,5 0,75 0 G3 0,9 0,75 1,5 Q1 = 0,6 1 0 Q2 1 0,5 0 Q3 0,6 0,5 1 0,2 0,5 0 0,6 0,2 0 0 0 0 0 1,5 0 BUCKLING

Fig. 5.12: combinazioni di carico

precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. I proprio strutturale dell’arco G1, quello della membrana G3 e l’azione variabile di manutenzione

sono stati modellati come carichi verticali per unità di lunghezza uniformemente distribuiti verso concorde a quello di gravità. La neve Q2, come sopra riportato stata considerata come un carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito

ione verticale dello sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. agente solamente sui frames aventi inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi.

Q1, dato l’orientamento della struttura e l’ubicaz è stato considerato solamente il caso di vento spirante da s

modellato mediante un carico per unità di lunghezza uniformemente distribuito lungo lo sviluppo dell’arco, direzione ortogonale all’asse e verso entrante o uscente a seconda che la

rispettivamente sopra o sotto vento.

117 SLU1 SLU2 SLU3 SLE1 SLE2 SLE3 SLE4 SLE5 SLE6 BUCKLING

per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso e l’azione variabile di manutenzione uniformemente distribuiti , come sopra riportato, uniformemente distribuito ione verticale dello sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. Neve agente solamente sui frames aventi inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi. Infine, per l’ubicazione del castello è stato considerato solamente il caso di vento spirante da sinistra verso destra uniformemente distribuito lungo lo entrante o uscente a seconda che la

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Sollecitazioni

Detto ciò, a titolo di esempio e sempre con riferimento all’arco centrale, riportiamo di seguito l’andamento del momento flettente e dello sforzo assiale per la combinazione di carico SLU1. Questo per avere un’idea qualitativa dei risultati ottenuti e della bontà del modello.

Fig. 5.13: andamento momento flettente ARCO1-SLU1

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119 Verifiche di resistenza, deformabilità e stabilità

Per quanto riguarda le verifiche di resistenza fatte, riportiamo di seguito la più stringente ovvero la verifica a pressoflessione condotta nelle sezioni più significative e per le condizioni di carico più gravose, effettuata ovviamente in accordo con quanto suggerito dalle nuove norme tecniche.

Fig. 5.15: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 1 per la combinazione SLU1,

in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente

impegnate per la combinazione in esame -4000000000 -3000000000 -2000000000 -1000000000 0 1000000000 2000000000 3000000000 4000000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 1 SLU1

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Fig. 5.16: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 1 per la combinazione SLU2,

in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in viola i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente

impegnate per la combinazione in esame -4000000000 -3000000000 -2000000000 -1000000000 0 1000000000 2000000000 3000000000 4000000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 1 SLU2

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121

Fig. 5.17: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 1 per la combinazione SLU3,

in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in arancione i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente

impegnate per la combinazione in esame

Come si evince facilmente dal grafico sopra riportato, si è deciso di far lavorare l’arco, anche sotto le condizioni di carico più gravose, in campo elastico, assumendo il gap tra il campo di lavoro ed il dominio M-N in campo plastico come ulteriore riserva di sicurezza. Infine, si ritiene interessante notare il comportamento dell’arco il quale non è un arco, ma bensì, soggetto ad uno stato di sollecitazione riconducibile a quello tipico delle travi. E’ la forma stessa dell’arco, che discostandosi notevolmente dalla curva delle pressioni generate dai carichi applicati è responsabile di questo tipico comportamento a trave. Di seguito il medesimo

-4000000000 -3000000000 -2000000000 -1000000000 0 1000000000 2000000000 3000000000 4000000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 1 SLU3

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diagramma per gli altri tre archi, ma questa volta con riferimento alle condizioni più severe in generale.

Fig. 5.18: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 2 per le condizioni più

severe relative alle combinazioni degli stati limite ultimi, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in

verde i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente impegnate -2500000000 -2000000000 -1500000000 -1000000000 -500000000 0 500000000 1000000000 1500000000 2000000000 2500000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 2 SLU1-2-3

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123

Fig. 5.19: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 3 per le condizioni più

severe relative alle combinazioni degli stati limite ultimi, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in

verde i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente impegnate -2000000000 -1500000000 -1000000000 -500000000 0 500000000 1000000000 1500000000 2000000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 N (N) M (N*mm)

Arco 3 SLU 1-2-3

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Fig. 5.20: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 4 per le condizioni più

severe relative alle combinazioni degli stati limite ultimi, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in

verde i punti rappresentativi delle sezioni maggiormente impegnate -1000000000 -800000000 -600000000 -400000000 -200000000 0 200000000 400000000 600000000 800000000 1000000000 -8000000 -6000000 -4000000 -2000000 0 2000000 4000000 6000000 8000000 N (N) M (N*mm)

Arco 4 SLU 1-2-3

(23)

125 Per quanto riguarda le verifiche agli stati limite di esercizio, ci siamo limitati a controllare e verificare il massimo spostamento verticale secondo quanto indicato nelle NTC 2008. Di seguito una tabella riassuntiva.

VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO ARCO1

δ2 (mm) 68 δ2max (L/250) (mm) 150 VERIFICATO δmax (mm) 87 δmax (L/200) (mm) 190 VERIFICATO

VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO ARCO2

δ2 (mm) 75 δ2max (L/250) (mm) 140 VERIFICATO δmax (mm) 95 δmax (L/200) (mm) 170 VERIFICATO

VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO ARCO3

δ2 (mm) 68 δ2max (L/250) (mm) 120 VERIFICATO δmax (mm) 85 δmax (L/200) (mm) 150 VERIFICATO

VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO ARCO4

δ2 (mm) 36 δ2max (L/250) (mm) 90 VERIFICATO δmax (mm) 44 δmax (L/200) (mm) 110 VERIFICATO

Fig. 5.21: tabelle di calcolo, δ2 massimo spostamento verticale elastico dovuto ai carichi

variabili, δmax massimo spostamento verticale elastico

Infine i risultati ottenuti attraverso l’analisi di buckling. Di seguito le prime tre deformate instabili dell’arco 1, ed i valori, per ciascun arco, dei primi sei moltiplicatori che inducono instabilità nell’arco di riferimento. Ovviamente, siamo andati a controllare il rispetto dell’indicazione suggerita dalla normativa che limita a 10 il minimo valore del moltiplicatore più basso.

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Fig. 5.22: prima deformata instabile ARCO1

Fig. 5.23: seconda deformata instabile ARCO1

(25)

127

MOLTIPLICATORI DEI CARICHI

ARCO1 λ1 22 λ2 52 λ3 70 λ4 108 λ5 123 λ6 174

MOLTIPLICATORI DEI CARICHI

ARCO2 λ1 19 λ2 44 λ3 60 λ4 91 λ5 104 λ6 147

MOLTIPLICATORI DEI CARICHI

ARCO3 λ1 20 λ2 46 λ3 62 λ4 96 λ5 108 λ6 154

MOLTIPLICATORI DEI CARICHI

ARCO4 λ1 34 λ2 78 λ3 105 λ4 162 λ5 184 λ6 261

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Arco 5

Come premesso, non potendo isolare l’arco dal contesto strutturale a lui prossimo, è stato fatto di questo un modello differente dai precedenti, per la precisione due, uno per quanto riguarda l’analisi elastico lineare tesa al rispetto delle verifiche di resistenza e di deformabilità e l’altro per l’analisi di buckling.

Modello 1

Geometria

Per quanto riguarda il primo, non potendo fare astrazione del contesto circostante, abbiamo considerato sia la striscia IV di membrana a lui contigua, sia i pendini verticali con la loro funzione stabilizzante prima spiegata.

Il modello implementato è costituito dai seguenti elementi: • 1 arco metallico modellato con elementi frame

• 1 fune perimetrale modellata con elementi frame • 5 pendini modellati con elementi frame

1152 elementi “shell” costituenti la membrana

Per la modellazione dell’arco sono stati utilizzati i tradizionali elementi frame, in particolare 72 frames rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello spazio. Discorso analogo per la modellazione della fune perimetrale, discretizzata in 8 elementi frame incastrati fra di loro, con l’accortezza di assegnare a ciascun frame rigidezza flessionale e torsionale nulla. Analogamente i cinque pendini modellati ciascuno con un elemento frame con l’accortezza di assegnare a ciascun frame rigidezza flessionale e torsionale nulla. Infine la membrana, modellata attraverso elementi shell. Per ciascuno shell è stato attribuito esclusivamente il comportamento membranale con l’accortezza di annullare la rigidezza a taglio nel piano dell’elemento, disattivando quello a piastra ed assegnando a ciascuno di essi uno spessore membranale di 1mm.

Vincoli

L’arco, come del resto tutti gli altri, è stato considerato incastrato alle sue estremità. I pendini invece sono stati vincolati alla base mediante cerniere sferiche spaziali. Analogamente la fune di bordo è stata vincolata alle sue estremità mediante cerniere sferiche spaziali. Infine, per quanto riguarda la membrana, i nodi degli shell che nella realtà appoggiano sulla sommità dell’arco 4 sono stati vincolati mediante cerniere sferiche, allo stesso modo i nodi degli shell corrispondenti ai punti del reticolo di base, che per la determinazione della forma assunta dalla membrana erano stati considerati vincolati a terra, ora sono stati vincolati mediante cerniere

(27)

sferiche spaziali. Di seguito alcune rappresentazioni del modello implementato nel codice d calcolo SAP2000.

Azioni e loro combinazioni

Di seguito le azioni e le loro combinazioni prese a riferimento.

1,3 1,3 1,3 1 1,3 1,3 1,3 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso proprio strutturale dell’arco G1, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. proprio strutturale dei pendini G2, è stato modellato come car

lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello Di seguito alcune rappresentazioni del modello implementato nel codice d

Fig. 5.26: modello di calcolo

Azioni e loro combinazioni

Di seguito le azioni e le loro combinazioni prese a riferimento.

1 1,5 0 G1 SLU1

1 0,75 1 G2 SLU2

1 1 0 G3 = SLE1 = stato zero+neve

1 0,5 1 P1 SLE2

1 0,2 0 P2 SLE3

1 0 0 Q2 SLE4 = stato zero

Q3

Fig. 5.27: combinazioni di carico

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso proprio strutturale dell’arco G1, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. proprio strutturale dei pendini G2, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello

129 Di seguito alcune rappresentazioni del modello implementato nel codice di

SLE1 = stato zero+neve

SLE4 = stato zero

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso proprio strutturale dell’arco G1, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. Il peso ico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello

(28)

di gravità. Il peso proprio strutturale della membrana G3, è stato modellato come carico verticale per unità di superficie uniformemente distribuito sul piano baricentrico di ciascuno shell e verso concorde a quello di gravità. La pretensione P1 della membrana è stata realizzata mediante un opportuno salto termico negativo applicato su ciascuno shell costituente la membrana in modo da creare la pretrazione voluta. La pretensione P2 dei pendini è stata realizzata mediante un opportuno salto termico negativo applicato su ciascun frame costituente ciascun pendino in modo da creare la pretrazione voluta. La neve Q2 è stata considerata come un carico verticale per unità di superfice uniformemente distribuito sulla proiezione verticale del piano baricentrico di ciascuno shell avente inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi e verso concorde a quello di gravità. Infine l’azione variabile di manutenzione Q3 è stata modellata come carico verticale per unità di superficie uniformemente distribuito sul piano baricentrico di ciascuno shell e verso concorde a quello di gravità. In questo caso non si è fatto riferimento all’azione del vento, questo in accordo con lo spirito di tale analisi più volte citato, sia perché trattando ora un modello spaziale quindi prossimo alla realtà, data la forma della copertura stessa, per la determinazione dei coefficienti di forma sarebbero stati necessari studi in galleria del vento peraltro non fatti in questo lavoro di tesi.

Sollecitazioni

Detto ciò, per avere un’idea qualitativa dei risultati ottenuti e della bontà del modello, riportiamo di seguito alcuni andamenti delle sollecitazioni per le condizioni di carico più rilevanti.

(29)

131 Come si evince facilmente dalla figura sopra riportata, in seguito alla pretensione imposta ai pendini di circa 500 daN ciascuno ed alla pretensione imposta alla membrana mediante salto termico opportuno, abbiamo allo stato zero trazione nei pendini e nella fune perimetrale ed uno stato prevalentemente di compressione nell’arco metallico.

Fig. 5.29: andamento sforzo assiale ARCO5-SLU1

Fig. 5.30: andamento N-MAX (daN/cm) STATO ZERO5

5

Con riferimento al singolo elemento shell, avendo scelto il comportamento membranale, ed in particolare avendo azzerato pure la rigidezza a taglio nel piano medio di ciascuno shell, avremo a che fare con uno stato di tensione piano caratterizzato da sole tensioni normali alle facce dell’elemento ( facce che sono normali al piano medio baricentrico dello shell). Nel caso particolare, come già accennato, non avremo quindi a che fare con tensioni tangenziali appartenenti al piano dell’elemento. Sopra però, non sono riportate le tensioni agenti sulle facce dell’elemento, ovvero forze per unità di superficie, ma sono

(30)

Come si evince dalla figura sopra riportata, allo stato zero, situazione di carico la più comune durante la vita della struttura, grazie al salto termico imposto ad ogni shell, siamo riusciti a ricreare nella membrana in maniera uniforme, a parte inevitabili concentrazioni di sforzo causa l’approssimatezza del modello, lo stato di pretensione voluto di circa 7 daN/cm.

Fig. 5.31: andamento N-min (daN/cm) STATO ZERO+NEVE

Permanente stato di trazione nella membrana a parte particolari zone locali di compressione dovute all’approssimatezza del modello comunque caratterizzati da valori trascurabili6. Stato di trazione totalmente compatibile con la resistenza del tessuto adottato.

riportate le cosiddette forze interne dell'elemento shell (chiamate anche risultanti delle tensioni) ovvero le forze che risultano dall'integrazione delle tensioni sullo spessore dell'elemento. Quindi, si tratta di forze per unità di lunghezza appartenenti al piano baricentrico dello shell ed agenti sul lato di tale piano appartenente alla faccia a cui si riferiscono. Nel caso in esame, avendo a che fare con elementini genericamente disposti, quindi con differenti orientazioni dei loro sistemi di riferimento locali, si è deciso di fare riferimento alle tensioni principali, più correttamente dovremo dire forze principali, ritenendo che queste possano dare un’informazione semplice e chiara dei risultati ottenuti.

6

Nell’illustrazione del modello globale verrà data una breve spiegazione di tali zone di compressione, le quali, se appunto circoscritte e limitate, non compromettono affatto la resistenza e tantomeno la stabilità della struttura.

(31)

133 Verifiche di resistenza e deformabilità

Per quanto riguarda le verifiche di resistenza fatte, riportiamo di seguito la più stringente ovvero la verifica a pressoflessione condotta nelle sezioni più significative e per le condizioni di carico più gravose, effettuata in accordo con quanto suggerito dalle nuove norme tecniche.

Fig. 5.32: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 5 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame7

7

Trattandosi di una struttura spaziale, come output fornito dal software di calcolo, oltre allo sforzo assiale abbiamo i due momenti flettenti valutati attorno i due assi principali d’inerzia della sezione. Inoltre, per esempio, come dominio M-N in campo plastico avremmo dovuto aspettarci un ellissoide anziché un’ellisse, stesso discorso per quello in campo elastico. Ma, trattandosi di una sezione circolare, è facile intuire come il momento d’inerzia, il modulo di resistenza elastico e plastico della sezione, siano invarianti rispetto a qualsiasi asse neutro comunque inclinato passante per il baricentro della sezione. E’ possibile cosi, ottenere per ciascuna sezione, semplicemente applicando il teorema di Pitagora, il vettore momento totale, e successivamente, noto lo sforzo assiale effettuare una semplice verifica come nel caso piano. -600000000 -400000000 -200000000 0 200000000 400000000 600000000 -6000000 -4000000 -2000000 0 2000000 4000000 6000000 N (N) M (N*mm)

Arco 5 SLU 1-2

(32)

Come si evince facilmente dal grafico sopra riportato, si è deciso di far lavorare l’arco, anche sotto le condizioni di carico più gravose, in campo elastico, assumendo il gap tra il campo di lavoro ed il dominio M-N in campo plastico come ulteriore riserva di sicurezza. Infine, si ritiene interessante notare il comportamento dell’arco il quale non è un arco, ma bensì, soggetto ad uno stato di sollecitazione riconducibile a quello tipico delle travi. E’ la forma stessa dell’arco, che discostandosi notevolmente dalla curva delle pressioni generate dai carichi applicati è responsabile di questo tipico comportamento a trave.

Per quanto riguarda le verifiche agli stati limite di esercizio, ci siamo limitati a controllare e verificare il massimo spostamento verticale secondo quanto indicato nelle NTC 2008. Di seguito una tabella riassuntiva.

VERIFICHE AGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO ARCO5

δ2 (mm) 2 δ2max (L/250) (mm) 50 VERIFICATO δmax (mm) 7 δmax (L/200) (mm) 70 VERIFICATO

Fig. 5.33: tabella di calcolo, δ2 massimo spostamento verticale elastico dovuto ai carichi

variabili, δmax massimo spostamento verticale elastico

Dati i modesti valori dei massimi spostamenti elastici verticali, risulta, a prima vista, una buona rigidezza del sistema arco-pendini-membrana. Inoltre, è possibile notare come i carichi variabili provochino modesti incrementi di spostamento rispetto ai carichi permanenti, ciò significa che a pretensione effettuata, quindi allo stato zero, il sistema risulta molto rigido come auspicato. Considerato però, il reale andamento nello spazio dell’arco 5, è stato ritenuto utile, al fine di valutare la bontà della pretensione imposta sia ai pendini che alla membrana, necessaria per affidare all’arco la dovuta rigidezza contro eccessive deformazioni fuori e nel suo piano, valutare sia il massimo spostamento in direzione ortogonale al piano dell’arco, sia il massimo spostamento (inteso come vettore risultante delle componenti valutate nel piano dell’arco) nel piano dell’arco per le combinazioni agli stati limite ultimi.

MASSIMI SPOSTAMENTI ARCO 5 SLU1

δ fuori piano (mm) 22 δ tot nel piano (mm) 20

Fig. 5.34: tabella di calcolo

Visti i modesti valori calcolati è possibile constatare l’efficacia del sistema arco-pendini-membrana.

(33)

Modello 2

Geometria e vincoli

Per quanto riguarda il secondo modello, in questo caso è stato necessario fare astrazione del contesto strutturale circostante, riuscendo solamente cosi ad evitare di imbattersi in moltiplicatori dei carichi riferiti ad instabilizzazioni locali come quelle dei singoli pendini o dei singoli elementi shell. Perciò, in accordo

fatto riferimento al singolo arco incastrato agli estremi.

per i primi quattro, sono stati utilizzati i tradizionali elementi frame, in particolare 72 frame rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello spazio.

Quello fatto comunque, non va a discapito della sicurezza, cosi infatti non si tiene conto degli effetti benefici dei pendini e della membrana stessa, i quali

spiegato, tendono sempre a riportare l’arco nel suo piano.

Azioni e loro combinazioni Di seguito le azioni e l

1,3

Per quanto riguarda il secondo modello, in questo caso è stato necessario fare astrazione del contesto strutturale circostante, riuscendo solamente cosi ad evitare di imbattersi in ichi riferiti ad instabilizzazioni locali come quelle dei singoli pendini o dei Perciò, in accordo con gli scopi di questa seconda modellazione abbiamo fatto riferimento al singolo arco incastrato agli estremi. Per la modellazione d

sono stati utilizzati i tradizionali elementi frame, in particolare 72 frame rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello

Fig. 5.35: modello di calcolo

Quello fatto comunque, non va a discapito della sicurezza, cosi infatti non si tiene conto degli effetti benefici dei pendini e della membrana stessa, i quali, come precedentemente

tendono sempre a riportare l’arco nel suo piano.

combinazioni

Di seguito le azioni e la combinazione presa a riferimento.

1,3 1,5 G1 = BUCKLING

G3 Q2

Fig. 5.36: combinazione di carico

135 Per quanto riguarda il secondo modello, in questo caso è stato necessario fare astrazione del contesto strutturale circostante, riuscendo solamente cosi ad evitare di imbattersi in ichi riferiti ad instabilizzazioni locali come quelle dei singoli pendini o dei con gli scopi di questa seconda modellazione abbiamo Per la modellazione dell’arco, cosi come sono stati utilizzati i tradizionali elementi frame, in particolare 72 frames rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello

Quello fatto comunque, non va a discapito della sicurezza, cosi infatti non si tiene conto come precedentemente

(34)

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso proprio strutturale dell’arco G1 e quello della membrana G3 sono stati modellati come carichi verticali per unità di lunghezza uniformemente distribuiti sullo sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. La neve Q2 invece, è stata considerata come un carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito lungo la proiezione verticale dello sviluppo dell’arco e verso concorde a quello di gravità. Neve agente solamente sui frames aventi inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi. Inoltre, per la valutazione del valore dell’azione G3, come per la valutazione dell’azione Q2, si è fatto riferimento ad un area di competenza come nel caso dei primi quattro archi.

Risultati ottenuti

Infine i risultati ottenuti attraverso l’analisi di buckling. Di seguito le prime tre deformate instabili dell’arco 5, ed i valori dei primi sei moltiplicatori che inducono instabilità nell’arco. Ovviamente, siamo andati a controllare il rispetto dell’indicazione suggerita dalla normativa che limita a 10 il minimo valore del moltiplicatore più basso.

(35)

137

Fig. 5.38: seconda deformata instabile ARCO5

Fig. 5.39: terza deformata instabile ARCO5

MOLTIPLICATORI DEI CARICHI

ARCO5 λ1 72 λ2 168 λ3 238 λ4 352 λ5 410 λ6 564

(36)

5.3 Analisi globale mediante SAP2000

Completata la prima analisi, avendo idea ora degli ordini di grandezza in gioco e del funzionamento dell’intera struttura, si è proceduto ad una seconda analisi cercando di modellare globalmente l’intera struttura. Si è cercato cosi di cogliere il comportamento spaziale dell’oggetto, implementando un modello il più possibile fedele alla realtà costruttiva.

L’analisi fatta è del tipo del tipo elastico-lineare, questo perché la membrana, se pretensionata opportunamente, assume una configurazione così rigida che è possibile, soprattutto per i nostri scopi, trascurare le sue deformazioni o meglio ancora approssimare la configurazione deformata a quella relativa allo stato 0.

Per quanto riguarda i carichi considerati in tale analisi, oltre ai carichi permanenti si è fatto riferimento alla neve ed al carico di manutenzione, con modalità di applicazione e valori successivamente spiegati. In questo caso non si è fatto riferimento all’azione del vento, questo in accordo con lo spirito di tale analisi più volte citato, sia perché trattando ora un modello spaziale quindi prossimo alla realtà, data la forma della copertura stessa, per la determinazione dei coefficienti di forma sarebbero stati necessari studi in galleria del vento peraltro non fatti in questo lavoro di tesi. Per quanto riguarda l’azione sismica vale quello precedentemente illustrato.

Una volta definito il modello, è stato necessario ricreare lo stato di pretensione nella membrana che nella realtà costruttiva verrà realizzato mediante il tiro delle funi perimetrali. Tale situazione è stata ottenuta sottoponendo ciascun elemento shell costituente la membrana ad un salto termico negativo. Una volta generato lo stato di pretensione voluto nella membrana ed una volta caricata la struttura, si è proceduto ad un’analisi qualitativa dei risultati ottenuti confrontandoli con quelli precedentemente trovati.

(37)

139 5.3.1 Il modello

Geometria

Il modello implementato è costituito dai seguenti elementi8: • 9 archi metallici modellati con elementi frame

• 8 funi perimetrali modellate con elementi frame • 10 pendini modellati con elementi frame • 9216 elementi shell costituenti la membrana

Per la modellazione degli archi sono stati utilizzati i tradizionali elementi frame. Ciascun arco, in particolare, è costituito da 72 frames rettilinei incastrati fra di loro, al fine di poter descrivere il suo andamento curvilineo nello spazio. Discorso analogo per la modellazione delle funi perimetrali, discretizzate in 8 elementi frame incastrati fra di loro, con l’accortezza di assegnare a ciascun frame rigidezza flessionale e torsionale nulla. Analogamente i dieci pendini modellati ciascuno con un elemento frame con l’accortezza di assegnare a ciascun frame rigidezza flessionale e torsionale nulla. Infine la membrana, modellata attraverso elementi shell. Per ciascuno shell è stato attribuito esclusivamente il comportamento membranale con l’accortezza di annullare la rigidezza a taglio nel piano dell’elemento, disattivando quello a piastra ed assegnando a ciascuno di essi uno spessore membranale di 1mm.

Vincoli

Ciascun arco è stato considerato incastrato alle sue estremità. I pendini sono stati vincolati alla base mediante cerniere sferiche spaziali. Per quanto riguarda la membrana, i nodi degli shell corrispondenti ai punti del reticolo di base, che per la determinazione della forma assunta dalla membrana erano stati considerati vincolati a terra, sono stati vincolati mediante cerniere sferiche spaziali. Infine, per quanto riguarda le otto funi perimetrali, le loro estremità assieme ai nodi degli shell ivi concorrenti sono stati vincolati a terra mediante cerniere sferiche spaziali attraverso un opportuno nodo di off-set dalla base d’incastro dell’arco metallico. Questo, sia per essere il più possibile fedeli alla realtà costruttiva, sia per evitare irreali concentrazioni di sforzo che si avrebbero causa le differenti rigidezze in gioco concorrenti nel medesimo nodo. Di seguito alcune rappresentazioni del modello implementato nel codice di calcolo SAP2000.

8 Per quanto riguarda il tipo di sezione utilizzata per ciascun arco, per le funi di bordo e per i pendini, e le relative caratteristiche meccaniche, fare riferimento al capitolo 4.

(38)

Fig. 5.41: modello di calcolo, pendini, archi, funi e membrana

(39)

Fig. 5.43: off-set di nodo, in viola l’arco metallico

perimetrale ed in celeste la membrana

Azioni e loro combinazioni Di seguito le azioni e le 1,3 1,3 1,3 1 1,3 1,3 1,3 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso proprio strutturale degli archi

uniformemente distribuito sullo sviluppo d

peso proprio strutturale dei pendini G2, è stato modellato come carico verticale per unità lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello

set di nodo, in viola l’arco metallico incastrato alla sua base perimetrale ed in celeste la membrana incernierati a terra

Azioni e loro combinazioni

Di seguito le azioni e le loro combinazioni prese a riferimento.

1 1,5 0 G1 SLU1

1 0,75 1 G2 SLU2

1 1 0 G3 = SLE1 = stato zero+neve

1 0,5 1 P1 SLE2

1 0,2 0 P2 SLE3

1 0 0 Q2 SLE4 = stato zero

Q3

Fig. 5.44: combinazioni di carico

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso degli archi G1, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo di ciascun arco e verso concorde a quello di gravità. Il peso proprio strutturale dei pendini G2, è stato modellato come carico verticale per unità lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello

141 incastrato alla sua base, in blu la fune

incernierati a terra

SLE1 = stato zero+neve

SLE4 = stato zero

Ora una precisazione per quanto riguarda la modalità di applicazione dei carichi. Il peso G1, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza arco e verso concorde a quello di gravità. Il peso proprio strutturale dei pendini G2, è stato modellato come carico verticale per unità di lunghezza uniformemente distribuito sullo sviluppo dei pendini stessi e verso concorde a quello

(40)

di gravità. Il peso proprio strutturale della membrana G3, è stato modellato come carico verticale per unità di superficie uniformemente distribuito sul piano baricentrico di ciascuno shell e verso concorde a quello di gravità. La pretensione P1 della membrana è stata realizzata mediante un opportuno salto termico negativo applicato su ciascuno shell costituente la membrana in modo da creare la pretrazione voluta. La pretensione P2 dei pendini è stata realizzata mediante un opportuno salto termico negativo applicato su ciascun frame costituente ciascun pendino in modo da creare la pretrazione voluta. La neve Q2 è stata considerata come un carico verticale per unità di superfice uniformemente distribuito sulla proiezione verticale del piano baricentrico di ciascuno shell avente inclinazione con l’orizzontale minore di 60 gradi e verso concorde a quello di gravità. Infine l’azione variabile di manutenzione Q3 è stata modellata come carico verticale per unità di superficie uniformemente distribuito sul piano baricentrico di ciascuno shell e verso concorde a quello di gravità.

(41)

143 5.3.2 Sollecitazioni ed analisi qualitative

Innanzitutto riportiamo di seguito lo stato di pretensione voluto nella membrana e ricreato nel programma di calcolo con l’opportuno salto termico. In particolare la forza principale massima su ciascuno shell costituente la membrana.

Fig. 5.45: andamento N-MAX (daN/cm) STATO ZERO

A parte le inevitabili concentrazioni di sforzo reali e non dovute al modello ed al software è evidente l’uniformità di tensione in cui si trova la membrana nella stato tensionale zero.

(42)

Di seguito si riporta anche la minima forza principale. E’interessante notare lo stato di trazione uniforme a cui è assoggettata la membrana.

Fig. 5.46: andamento N-min (daN/cm) STATO ZERO

Noto cosi lo stato di tensione originario dal quale parte a funzionare la nostra copertura, di seguito, sempre con riferimento alla membrana, riportiamo la forza principale massima dovuta alla combinazione SLE1 coincidente con la condizione di lavoro stato zero+neve.

(43)

145 Noti questi valori di sforzo per ciascun punto della membrana, si è analizzato tale condizione di carico mediante il semplice modello con cui nella prima analisi si è dimensionato il tessuto costituente la membrana. Ovviamente, con tale semplice schema, riusciamo a calcolare la trazione nella membrana solamente in determinati punti, ovvero quelli a tangenza orizzontale. Una volta fatto questo semplice calcolo, si è raffrontato i valori trovati con quelli calcolati mediante il modello globale sempre nei medesimi punti. Di seguito i risultati trovati.

Fig. 5.48: andamento N-MAX membrana (daN/cm) STATO ZERO+NEVE, in nero i valori

ottenuti mediante il semplice modello di calcolo dell’analisi precedente, in rosso i valori ottenuti mediante l’analisi globale

(44)

Come si può notare dalla figura sopra riportata, sempre avendo come riferimento le tolleranze tipiche della progettazione strutturale in campo civile, è eccellente la “coincidenza” dei due modelli.

Di seguito l’andamento della forza principale minima dovuta alla combinazione SLE1 coincidente con la condizione di lavoro stato zero+neve.

Fig. 5.49: andamento N-min (daN/cm) STATO ZERO+NEVE9

9

Ora una precisazione importante. L’essenza di tale tipologia costruttiva, ovviamente come suggerisce il nome stesso tensostruttura, è quello di opporsi e quindi resistere ai carichi mediante soli sforzi di trazione negli elementi costituenti l’intera struttura o come nel caso in esame in quelli adibiti a tale scopo, membrana e funi, eccetto ovviamente i nove archi metallici. Nonostante ciò, come è facilmente intuibile dalla figura, è possibile anche accettare ristrette zone di compressione nella membrana. Una eventuale modesta compressione darebbe origine ad un lieve corrugamento del tessuto lungo la direzione di tale sforzo. Tale corrugamento gode di un effetto benefico importante ovvero quello di mettere in tensione i fili orditi nella direzione ortogonale ad esso. Sono loro infatti, che nella zona interessata dal corrugamento, vanno a prendere l’intero carico senza per questo compromettere in alcun modo la resistenza e la stabilità della copertura. Un effetto benefico che è il risultato di un materiale estremamente dinamico e vivo. Da qui risulta evidente anche la difficoltà a modellare un materiale del genere continuamente sottoposto a variazioni di configurazione e di stress. Un'altra motivazione per cui è possibile ammettere un lieve corrugamento in zone circoscritte della membrana è dovuto al fatto che esso si verrebbe a verificare in condizioni di massimo carico, le quali hanno un periodo di ritorno comparabile con la vita utile dell’opera.

(45)

147 Sempre al fine di comprendere il funzionamento della nostra copertura, si riporta di seguito lo stato di sollecitazione generato sia negli archi che nella membrana attraverso la pretensione dei pendini.

Fig. 5.50: andamento sforzo assiale per la condizione di carico P2

Fig. 5.51: andamento N-MAX (daN/cm) per la condizione di carico P2

Si nota facilmente come questo abbia il solo effetto di comprimere e quindi stabilizzare l’arco di riferimento, avendo effetti trascurabili nei restanti elementi.

(46)

Con riferimento ai nove archi metallici, di seguito gli andamenti dello sforzo assiale e del momento flettente per la combinazione di carico SLU1. Risultati qualitativamente identici a quelli ottenuti mediante la prima analisi.

Fig. 5.52: andamento sforzo assiale per la combinazione di carico SLU1

(47)

149 Ecco di seguito i campi di lavoro degli archi metallici sotto le combinazioni SLU1 e SLU2.

Fig. 5.54: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 1 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame -4000000000 -3000000000 -2000000000 -1000000000 0 1000000000 2000000000 3000000000 4000000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 1 SLU1-2

(48)

Fig. 5.55: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 2 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame -2500000000 -2000000000 -1500000000 -1000000000 -500000000 0 500000000 1000000000 1500000000 2000000000 2500000000 -15000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 15000000 N (N) M (N*mm)

Arco 2 SLU1-2

(49)

151

Fig. 5.56: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 3 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame -2000000000 -1500000000 -1000000000 -500000000 0 500000000 1000000000 1500000000 2000000000 -10000000 -5000000 0 5000000 10000000 N (N) M (N*mm)

Arco 3 SLU1-2

(50)

Fig. 5.57: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 4 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame -1000000000 -800000000 -600000000 -400000000 -200000000 0 200000000 400000000 600000000 800000000 1000000000 -8000000 -6000000 -4000000 -2000000 0 2000000 4000000 6000000 8000000 N (N) M (N*mm)

Arco 4 SLU1-2

(51)

153

Fig. 5.58: grafico rappresentativo del campo di lavoro dell’ARCO 5 per la combinazione SLU1

e SLU2, in rosso il dominio di resistenza in campo plastico della sezione dell’arco, in blu il dominio di resistenza in campo elastico ed in verde i punti rappresentativi delle sezioni

maggiormente impegnate per le combinazioni in esame -600000000 -400000000 -200000000 0 200000000 400000000 600000000 -6000000 -4000000 -2000000 0 2000000 4000000 6000000 N (N) M (N*mm)

Arco 5 SLU1-2

(52)

Concludendo, sempre per avere un’idea qualitativa della corrispondenza delle due analisi fatte, di seguito, con riferimento alle combinazioni relative agli stati limite di esercizio, sono riportati i massimi spostamenti verticali di ciascun arco, confrontati con quelli precedentemente calcolati.

MASSINI SPOSTAMENTI VERTICALI SLE ARCO1

PREDIMENSIONAMENTO ANALISI GLOBALE

δ2 (mm) 68 δ2 (mm) 96

δmax (mm) 87 δmax (mm) 115

MASSINI SPOSTAMENTI VERTICALI SLE ARCO2

PREDIMENSIONAMENTO ANALISI GLOBALE

δ2 (mm) 75 δ2 (mm) 98

δmax (mm) 95 δmax (mm) 117

MASSINI SPOSTAMENTI VERTICALI SLE ARCO3

PREDIMENSIONAMENTO ANALISI GLOBALE

δ2 (mm) 68 δ2 (mm) 63

δmax (mm) 85 δmax (mm) 80

MASSINI SPOSTAMENTI VERTICALI SLE ARCO4

PREDIMENSIONAMENTO ANALISI GLOBALE

δ2 (mm) 36 δ2 (mm) 24

δmax (mm) 44 δmax (mm) 32

MASSINI SPOSTAMENTI VERTICALI SLE ARCO5

PREDIMENSIONAMENTO ANALISI GLOBALE

δ2 (mm) 3 δ2 (mm) 3

δmax (mm) 7 δmax (mm) 9

Fig. 5.59: tabelle di calcolo, δ2 massimo spostamento verticale elastico dovuto ai carichi

variabili, δmax massimo spostamento verticale elastico

Tenendo presente i limiti imposti dalla normativa, riportati nelle analisi precedenti, possiamo riscontrare oltre alla somiglianza dei risultati ottenuti anche il rispetto di tali limiti.

Figura

Fig. 5.3: schema di calcolo adottato per il dimensionamento del tessuto costituente la
Fig. 5.6: schema di calcolo  fune I        P1  (daN/cm)  7  R  (cm)  686  N  (daN)  4802  fune II        P1  (daN/cm)  7  R  (cm)  662  N  (daN)  4634  fune III        P1  (daN/cm)  7  R  (cm)  875  N  (daN)  6125  fune IV        P1  (daN/cm)  7  R  (cm)
Fig. 5.11: aree di competenza per la definizione dei carichi agenti
Fig. 5.13: andamento momento flettente ARCO1-SLU1
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