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Studio sullo sfruttamento della risorsa calda “secca”

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Academic year: 2021

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Capitolo 5

Studio sullo sfruttamento della

risorsa calda “secca”

In base ai dati disponibili dal pozzo ENEL “Massa 2” (soprattutto il gradiente ter-mico), e ai dati a disposizione da [16] si è deciso di affrontare uno studio della possibilità di sfruttare la risorsa geotermica secca delle rocce profonde del campo di Massa Marittima.

Pur non essendo confermata, dall’esperienza delle esplorazioni sul campo, la pre-senza di un vero e proprio serbatoio geotermico per lo sfruttamento classico (con impianti a flash o a espansione diretta), la regione studiata possiede comunque un notevole interesse geotermico. Il gradiente che la caratterizza e il fatto di trovarsi al bordo del ben noto campo di Larderello sono fattori che inducono certamente a pensare ulteriori vie di sviluppo, anche sperimentali, per la geotermia della zona. Il gradiente termico rilevato dal pozzo “Massa 2” (come si evince dalla Figura 4.12, pag. 78) è certamente quello di una zona interessata da un’anomalia geotermica, seppure abbia un profilo tipico da campo geotermico di tipo essenzialmente conduttivo1

. In varie parti del mondo esistono esempi, più o meno validi e o avanzati, di sfruttamento del calore delle rocce profonde secche a fini energetici. Seppure si tratti di un settore ancora non del tutto solido e attivo sul mercato industriale ed energetico, esiste un elevato numero di contributi a questo tipo di esperienza, anche solo di carattere teorico.

Non è sempre del tutto accessibile, infatti, una ricerca di tipo “sperimentale” in questo ambito; si pensi all’elevatissimo costo delle perforazioni, che di solito non sono che la fase finale di una più vasta campagna esplorativa.

Il fine di questo lavoro, tuttavia, consente di elaborare una ipotesi di modello fisico-numerico per lo studio dello sfruttamento e del comportamento nel tempo del calore geotermico contenuto nelle rocce secche profonde.

1

(2)

Si definisce prima quale sia lo schema fisico-matematico usato per lo studio del-la conduzione e deldel-la trasmissione del calore tra del-la roccia e le eventuali strutture tecnologiche atte al prelievo di energia termica in profondità. Segue l’illustrazione delle simulazioni numeriche basate sul modello descritto e i risultati riguardanti lo sfruttamento della risorsa geotermica.

L’idea di utilizzo energetico che si propone di indagare è quella riguardante uno scambiatore di calore (a baionetta) sepolto ad elevata profondità nella roccia (ad esempio, al livello stratigrafico dell’Unità a Scaglie tettoniche o del basamento del campo geotermico). Iniettando un fluido termovettore in questo scambiatore si cerca di asportare calore a medio-alta temperatura per utilizzazioni, ad esempio, industriali o civili.

5.1

Modello fisico-matematico per lo studio della

condu-zione nel sottosuolo

5.1.1 Schematizzazione geometrica del dominio roccioso

Si è utilizzato uno schema geometrico in due dimensioni per rappresentare un prob-lema di tipo assialsimmetrico. La geometria iniziale è un cilindro di matrice rocciosa, di raggio a + b, alto c, immerso nel terreno; l’asse del cilindro corrisponda con l’asse z. Si supponga situato geograficamente in una zona in cui sia rispettato il gradien-te gradien-termico naturale di Massa Marittima, assimilato a quello del sondaggio ENEL “Massa 2” (Figura 4.12, pag. 78).

Per semplicità si sceglie di analizzarne una sezione assiale (lungo z), considerando che anche le condizioni al contorno che si vanno ad applicare sono simmetriche. Si consideri il modello geometrico di Figura 5.1. La sezione rettangolare ha larghezza pari a a + b e altezza c. Un tratto del lato sinistro (in Figura 5.1), di lunghezza L, rappresenta il bordo esterno di uno scambiatore a baionetta idealmente collocato nel terreno, che scambia calore con la parete di roccia adiacente. Uno schema dello scambiatore a baionetta è proposto in Figura 5.2, il fluido primario freddo viene pompato nell’anulus esterno dello scambiatore, arrivato al fondo e avendo scambiato calore con la parete esterna viene costretto a risalire nella parte interna; in questo modello si supponga che lo scambio termico attraverso la parete intermedia dello scambiatore (ovvero tra il fluido nell’anulus esterno e il fluido nel tubo interno) sia molto basso.

La temperatura in ogni punto di questa sezione di terreno dipende dalle coordi-nate r e z, si definisce come T (r, z).

(3)

5.1. Modello fisico-matematico per lo studio della conduzione nel sottosuolo r z a b

T (r,z)

c L tubo isolato Porzione di tubo che scambia con

la roccia piano campagna d e c z

Figura 5.1: Schema geometrico su cui è basata la simulazione dello scambio termico delle rocce secche della zona studiata.

5.1.2 Modello fisico-matematico

Lo studio su questa sezione riguarda, sostanzialmente, la trasmissione del calore per conduzione attraverso la roccia2

. Si vogliono quantificare, o almeno stimare, la potenza e l’energia che si possono prelevare, per mezzo di un fluido termovet-tore (pompato dalla superficie all’interno di uno scambiatermovet-tore a baoinetta), da una porzione di terreno con caratteristiche fisico-geometriche simili a quella di Figura 5.1.

Il problema matematico che ci si trova a dover risolvere, per quanto riguarda la trasmissione del calore, è del tipo

∇2T = 0 (5.1)

ovvero un problema alle derivate parziali in coordinate cilindriche con la condizione di assialsimmetria.

Le condizioni al contorno che corredano il problema sono esposte ed illustrate di seguito. La numerazione è riferita alla Figura 5.3.

2

(4)

D1

D2

L

D2

D1

Figura 5.2: Schema di scambiatore di calore a baionetta. Le dimensioni radiali sono volutamente esagerate rispetto a quella assiale.

c. c. 1 per    r = b 0 ≤ z ≤ c (5.2) T(b, z) = fM(z) (5.3)

dove fM(z) è una funzione assegnata, ovvero il profilo di temperatura derivante

dal gradiente naturale della zona di Massa M.ma (che come detto in precedenza è assimilato a quello riscontrato nel pozzo “Massa 2”)3

. c. c. 2 per    z= 0 a≤ r ≤ a + b (5.4) T(r, 0) = T0 (5.5) 3

Come si spiega più avanti, questo gradiente, all’interno della simulazione numerica, viene linearizzato per comodità.

(5)

5.1. Modello fisico-matematico per lo studio della conduzione nel sottosuolo r z a b T (r,z) c L 1 3 2 4 5 5 d e c z

Figura 5.3: Schema delle condizioni al contorno da assegnare al problema del tipo∇2

T = 0.

si fa notare che, per congruenza, si ha T0 = fM(0). Qualora, altresì, si volesse

rappresentare geometricamente in maniera diversa il problema, ad esempio tagliando il dominio parallelamente a r dove inizia il tratto L di tubo non isolato (ossia in z= d), si potrebbe avere anche la condizione seguente

∂T ∂z z=d = 0 (5.6) c. c. 3 per    r = a d≤ z ≤ e (5.7) −k ∂T ∂r r=a = U [T (a, z) − t(z)] (5.8)

in cui t(z) è la temperatura del fluido che lambisce la parete del tubo, dipende ovviamente solo da z4

. U è il coefficiente di scambio globale tra il fluido termovettore e la roccia. Si fa notare che, ovviamente, il fondo dello scambiatore a baionetta si

4

Nello schema numerico spiegato più avanti, è questa la variabile che viene aggiornata ad ogni step di calcolo, fino a convergenza dello schema.

(6)

considera isolato termicamente rispetto alla roccia sottostante, ovvero ∂T ∂z z=e = 0 per 0 < r < a (5.9) c. c. 4 per    z= c 0 ≤ r ≤ a + b (5.10) T(r, c) = Tc (5.11) in cui Tc = fM(c). c. c. 5 per    r= 0 0 ≤ z ≤ d e    r = a e≤ z ≤ c (5.12) ∂T ∂r = 0 (5.13)

Definizione alternativa del coefficiente di scambio Eventualmente, in base a come si decide di schematizzare il lato sinistro (r = 0) del dominio bidimensionale, si può pensare di inserire al posto di U , una funzione ⊔ (z), definita come una funzione continua a tratti, una spezzata, in modo tale che si abbiano le condizioni desiderate lungo z. Si può definire quindi una ⊔, per l’equazione

−k ∂T ∂r r=a = ⊔ [T (a, z) − t(z)] (5.14)

tale per cui si abbiano

⊔ =          0 per 0 < z < s; U per s < z < L; 0 per L < z < c (5.15) 5.1.3 Scambiatore di calore

La Figura 5.4 illustra la nomenclatura delle temperature all’interno dello scambia-tore. Si suppone di collocare questo apparato a grande profondità nella roccia, al fondo di un pozzo, ad esempio, con il fine di asportare calore a medio-alta tempera-tura per fini industriali o civili. Si utilizza a questo scopo un fluido termovettore, che viene pompato dalla superficie all’interno del meato esterno dello scambiatore, nella parte in cui U è diverso da zero questo fluido asporta potenza termica al terreno,

(7)

5.1. Modello fisico-matematico per lo studio della conduzione nel sottosuolo L a z r

( )

z

t

ˆ

( )

z

t

(

r

z

)

T

,

U

U

ˆ

Figura 5.4: Schema delle temperature: T(r, z) è la temperatura del dominio roccioso; t(z) è la temperatura dell’anulus discendente, quello che scambia con la roccia; ˆt(z) è la temperatura del condotto interno della baionetta.

raffreddandolo; il fluido risale attraverso il condotto interno e perviene nuovamente in superficie.

5.1.4 Equazioni di bilancio energetico sullo scambiatore

Equazione di bilancio dell’energia nel meato discendente dello scambiatore ˙

mcp

dt

dz = U P [T (a, z) − t(z)] − ˆU ˆPt(z) − ˆt(z) (5.16) Il calore asportato dal fluido termovettore è uguale al calore ceduto dalla roccia meno quello che il fluido scambia con la parete del tubo interno, e quindi con il fluio che risale.

Equazione di bilancio dell’energia nel condotto interno dello scambiatore

− ˙mcp

dˆt

(8)

Nelle precedenti equazioni siano: ˙

m portata di fluido all’interno dello scambiatore; cp calore specifico a pressione costante del fluido;

U coefficiente globale di scambio tra la roccia e il fluido; ˆ

U coefficiente globale di scambio tra il fluido nel meato esterno e quello nel condotto interno;

P perimetro del tubo esterno, P = 2πa = πD1 ˆ

P perimetro del tubo interno, ˆP = πD2 ˆ

t(z) temperatura nel tubo interno, “di risalita”, dello scambiatore. Se si definiscono i rapporti fra i parametri del problema

λ= U P ˙ mcp (5.18) ˆ λ= U ˆˆP ˙ mcp (5.19)

allora le equazioni di bilancio energetico sullo scambiatore posso essere riscritte come segue

dt

dz = λ [T (a, z) − t(z)] − ˆλt(z) − ˆt(z) (5.20)

dˆt

dz = −ˆλt(z) − ˆt(z) (5.21)

5.2

Metodo analitico per la risoluzione del problema

Si riscrivono le equazioni di bilancio energetico sullo scambiatore in forma integrale. La 5.20 diventa t(z) = t0+ λ Z z 0 [T (a, ζ, t(ζ)) − t(ζ)] dζ − ˆλ Z z 0 t(ζ) − ˆt(ζ) dζ (5.22)

in cui la ζ sia la variabile d’integrazione. Questa equazione può essere riscritta in modo tale da essere espressa in funzione del flusso termico, si ottiene cioè la seguente forma t(z) = t0+ Z z 0 q[a, ζ, t(ζ)] ˙ mcp dζ− ˆλ Z z 0 t(ζ) − ˆt(ζ) dζ (5.23)

Si nota come questa equazione sia non lineare, giacchè il flusso termico q[a, ζ, t(ζ)], così come la stessa T (r, z) della 5.22, dipende dalla stessa t(z).

La 5.21 in forma integrale diventa

ˆ

t(z) − ˆt0 = ˆλ Z z

0

(9)

5.2. Metodo analitico per la risoluzione del problema

A questo punto si può affrontare la risoluzione di queste equazioni integrali non lineari in T (r, z) e t(z) secondo il metodo delle approssimazioni successive, [18]. Per illustrare questo metodo matematico è necessaria una breve introduzione sul tipo di problema che si va a risolvere e sulle ipotesi alla base del metodo5

.

5.2.1 Equazioni integrali di Volterra

Si dice equazione lineare di Volterra di prima specie un’equazione del tipo

f(x) = Z x

h

K(x, t)ψ(t)dt (5.25)

in cui siano f (x) e K(x, t) delle funzioni note, ψ(x) è la funzione cercata. Un’equazione del tipo

ψ(x) = f (x) + η Z x

h

K(x, t)ψ(t)dt (5.26)

si dice, invece, equazione integrale lineare di Volterra di seconda specie, [18], nella quale η è un parametro numerico. La funzione K(x, t) è il nucleo dell’equazione di Volterra. Se si pone f (x) ≡ 0, la 5.26 si dice equazione omogenea di Volterra. Senza togliere generalità al discorso si può ragionevolmente ritenere nullo il termine di integrazione inferiore h [18].6

La soluzione di equazioni del tipo della 5.25 o della 5.26 è una funzione ψ(x) che sostituita in queste le rende delle identità in x.

Si abbia un’equazione lineare di Volterra di seconda specie (in cui per l’ipotesi fatta precedentemente si sia mandato a zero il termine inferiore di integrazione)

ψ(x) = f (x) + η Z x

0

K(x, t)ψ(t)dt (5.28)

nella quale siano K(x, t) una funzione continua per 0 ≤ x ≤ h, 0 ≤ t ≤ x e f (x) continua per 0 ≤ x ≤ h (η sia un parametro numerico del problema). La sua soluzione verrà cercata sotto forma di una serie infinita in potenze di η

ψ(x) = ψ0(x) + ηψ1(x) + η2ψ2(x) + . . . + ηnψn(x) + . . . (5.29)

5

cfr. M. L. Krasnov, A. I. Kiselev, G. I. Makarenko, [18] Equazioni integrali (Edizioni Mir, 1976), in particolare i capitoli X e XIV.

6

La soluzione di un’equazione differenziale lineare del tipo dn

dxn + a1(x) dn−1

dxn−1 + . . . + an(x)y = F (x) (5.27) può essere ricondotta alla soluzione di un’equazione integrale lineare di Volterra di seconda specie [18].

(10)

In base alle ipotesi fatte su f (x) e K(x, t) si può dimostrare che la serie 5.29 ottenuta converge uniformemente rispetto a x e η per qualsiasi η, x ∈ [0, h] e la sua somma è l’unica soluzione dell’equazione 5.28.

Equazione integrale di Volterra non lineare

Un’equazione integrale di Volterra non lineare ha la forma

y(x) = y0+ Z x 0 F[t, y(t)] dt (5.30) o più generalmente ψ(x) = f (x) + Z x 0 F[x, t, ψ(t)] dt (5.31)

La soluzione dell’equazione differenziale dy

dx = F (x, y) , y|x=0= y0 (5.32)

conduce, ad esempio, a un’equazione della forma della 5.30.

La soluzione delle equazioni integrali di Volterra non lineari (così come di quelle lineari) può essere cercata mediante il metodo delle approssimazioni successive, [18].

5.2.2 Metodo delle approssimazioni successive

Si consideri l’equazione 5.28, si supponga che f (x) sia continua in [0, h] e il nucleo K(x, t) sia continuo per 0 ≤ x ≤ h, 0 ≤ t ≤ x. Si abbia una funzione ψ0 continua in [0, h], sostituendola al secondo membro della 5.28 al posto della ψ(x) si ottiene

ψ1(x) = f (x) + η Z x

0

K(x, t)ψ0(t)dt (5.33)

La ψ1 ottenuta è continua anch’essa nell’intervallo [0, h]. Continuando questo processo si otterrà la successione di funzioni

ψ0(x), ψ1(x), . . . , ψn(x), . . . , (5.34) in cui ψn(x) = f (x) + η Z x 0 K(x, t)ψn−1(t)dt (5.35)

Per le ipotesi fatte su f (x) e K(x, t) la successione ψnconverge per n −→ ∞ alla soluzione ψ(x) dell’equazione integrale 5.28.

In particolare si ha che se al posto di ψ0(x) si considera f (x), alora le ψn(x) sono le somme parziali della serie 5.29 che definisce la soluzione dell’equazione integrale 5.28, [18].

(11)

5.2. Metodo analitico per la risoluzione del problema

Una opportuna scelta della ψ0 può condurre a una rapida convergenza della successione ψn(x) alla soluzione della 5.28 (e quindi alla convergenza del metodo).

Soluzione di equazioni integrali di Volterra non lineari

Anche per questo tipo di equazioni la soluzione viene cercata come limite della succes-sione ψn(x) , in cui, per esempio, ψ0(x) = f (x), mentre per il calcolo degli elementi successivi si ricorre alla formula

ψk(x) = f (x) + Z x

0

F[x, t, ψk−1(t)] dt (k = 1, 2, . . .) (5.36)

Si facciano le seguenti ipotesi su f (x) e F (x, t, z) • sono entrambe a quadrato sommabile; • verificano le condizioni |F (x, t, z2) − F (x, t, z1)| ≤ a(x, t) |z2− z1| (5.37) Z x 0 F[x, t, f (t)] ≤ n(x) (5.38)

dove le funzioni a(x, t) e n(x) sono tali per cui nella regione fondamentale 0 ≤ t ≤ x ≤ a si abbia Z a 0 n2(x)dx ≤ N2 (5.39) Z a 0 dx Z x 0 a2(x, t)dt ≤ A2 (5.40)

allora l’equazione integrale non lineare di Volterra di seconda specie 5.31 ha una soluzione, che è unica, e cioè ψ(x) ∈ L2(0, a) definita come limite di ψn(x) per n−→ ∞

ψ(x) = lim

n→∞ψn(x) (5.41)

in cui le funzioni ψn(x) si calcolano dalle formule ricorrenti della 5.36. Al posto di ψ0(x) si può scegliere una qualsiasi dfunzione a quadrato sommabile (∈ L2(0, a)) e in particolare continua che soddisfi la 5.38.

Anche in questo caso, ovviamente, una opportuna scelta della ψ0 velocizza la convergenza del metodo.

5.2.3 Schema per la risoluzione numerica

L’idea generale di risoluzione è quella di agire iterativamente fra un problema alle derivate parziali (PDP), da cui si ottiene come risultato la T (r, z) per il dominio

(12)

roccioso e anche la t(z) (cioè la temperatura sul bordo che rappresenta il tubo, t(z) = T (a, z)), che serve da input per risolvere un problema alle derivate ordinarie (PDO) da cui si ottiene la ˆt(z). Il tutto a partire da una distribuzione di temperatura di primo tentativo t(0)(z) (cfr. Figura 5.5).

( )

( )

z

t

0 PDP

( )

(

r

z

)

T

i

,

t

ˆ

( )

i

( )

z

PDO

(

)

L

z

s

z

a

T

<

<

,

Figura 5.5: Schema di risoluzione numerica del problema dello scambiatore sepolto in

profondità nella matrice rocciosa.

La risoluzione del problema avviene in maniera esplicita, si può dimostrare, infatti, che la matrice del sistema è triangolare.

Si procede quindi con la discretizzazione delle equazioni di bilancio in forma integrale scritte precedentemente (5.23 e 5.24 nella sez. 5.2).

Discretizzazione delle equazioni di bilancio termico L’equazione 5.21 dis-cretizzata, utilizzando lo schema delle differenze finite in avanti, si può scrivere come

ˆ t(j)n+1− ˆt(j)n = ˆλ∆z" ˆt (j) n+1+ ˆt (j) n 2 − t(j)n+1+ t(j)n 2 # (5.42)

Nella notazione utilizzata, l’apice della t indica lo step, ovvero le t(j)n sono da intendere come delle t(j)(z

n); mentre il pedice indica il punto sul quale si sta applicando lo schema delle differenze finite.

Si noti che la 5.42, è collocata nel medesimo step, (j) appunto, al quale viene assegnata la distribuzione di tentativo t(j)(z). Questo calcolo, quindi, viene realiz-zato in cascata ad ogni step, non appena viene ottenuta la t(z) dal PDP dello step precedente.

Per la discretizzazione spaziale v. Figura 5.6, in cui il segmento lungo L è sud-diviso in N nodi. Il calcolo di ˆt(z) si può implementare, ad esempio, a partire dal

(13)

5.2. Metodo analitico per la risoluzione del problema

0 1 2 3 k N

L Δz

Figura 5.6: Discretizzazione spaziale (1D) della parete del tubo.

valore nel nodo N -esimo, perchè è chiaro che ad ogni step si ha che tN = ˆtN, ovvero

la temperatura del fluido al fondo del tubo interno (ovvero all’inizio della risalita nel canale interno) e quella al fondo dell’intercapedine sono uguali. Si procede quindi a ritroso dal nodo N fino ad arrivare al primo.

Si voglia ora discretizzare l’equazione integrale di bilancio 5.22. Nel discretizzare questa equazione si ha la dipendenza della t(z) da quella dello step di calcolo prece-dente. Ammettendo di voler utilizzare la formula dei trapezi per risolvere in maniera numerica l’integrale della 5.23 si ottiene la seguente scrittura (si noti che costituisce un sistema con matrice già in forma esplicita)

t(j+1)n = t0− ˆλ N X k=1 " t(j)k + t(j)k−1 2 − ˆ t(j)k + ˆt(j)k−1 2 # + +λ N X k=1 " Tk(j)+ Tk−1(j) 2 − t(j)k + t(j)k−1 2 # (5.43) In questo caso le Tk(j) sono da intendere come delle T (a, zn, t(j)). La 5.23, espressa

in funzione del flusso termico, si discretizza, invece, come

t(j+1)n = t0+ 1 ˙ mcp N X k=1 qk(j)+ qk−1(j) 2 − ˆλ N X k=1 " t(j)k + t(j)k−1 2 − ˆ t(j)k + ˆt(j)k−1 2 # (5.44)

Si fa notare che, ai fini della convergenza dello schema numerico, rispettando il senso fisico del problema, si può porre ˆλ = 0 ed eliminare l’ultimo termine del secondo membro della 5.44, tenendo presente che si tratterebbe comunque di un coefficiente che si cerca di tenere il più basso possibile, per evitare che il fluido nella parte esterna dello scambiatore scambi con il fluido in risalita nel tubo interno.

(14)

Stima dell’errore

Il processo iterativo così descritto termina quando una certa norma dell’errore scende sotto un valore ritenuto accettabile, la stima dell’errore considerata in questo lavoro è la seguente: s 1 L Z L 0 h t(j+1)(z) − t(j)(z)i2dz max(fM(z)) − min (fM(z)) = ǫ (5.45)

che in forma discretizzata diventa v u u t 1 L N X k=1 h t(j+1)k − t(j)k i2dz max(fM(z)) − min (fM(z)) = ǫ (5.46)

5.3

Problema di riferimento per la validazione dello

stu-dio

Nello studio dei problemi di conduzione si affrontano geometrie più o meno semplici, i casi più pratici sono molto spesso già illustrati nei testi di trasmissione del calore. In riferimento al problema che si è scelto di affrontare in questa parte del lavoro, si consideri il caso della barra sepolta in un mezzo semi-infinito omogeneo, trattato ad esempio in Eckert e Drake, Analysis of heat and mass transfer, [19], nella sezione 3-8 The buried rod del terzo capitolo, Steady heat conduction.

Si consideri una barra omogenea, di lunghezza L e diametro D, inserita in un mezzo semi-infinito omogeneo, in maniera tale che sia perpendicolare alla superficie libera orizzontale e un suo estremo tocchi questa superficie (v. Figura 5.7). La temperatura della superficie della barra è presa uniforme e pari a T0; la temperatura della cosiddetta superficie libera, molto lontana, all’infinito rispetto alla dimensione L della barra, è TS. Il mezzo semi-infinito è omogeneo ed avente proprietà termofisiche costanti. Si vuole cercare la resistenza termica caratteristica di questo sistema fisico, nonchè il fattore di forma S, da inserire nell’espressione

Q= k(T0− TS)S (5.47)

in cui Q è la potenza termica trasmessa alla barra.

Nel caso particolare del problema delle rocce calde secche è ovvio che si debba avere Ts> T0e quindi la barra inserita nel terreno o nella roccia profonda è supposta asportare calore all’ambiente circostante.

Procedendo secondo opportune considerazioni fisiche e termodinamiche (per le quali si rimanda a [19], sez. 3-8) si ottiene l’espressione della Q e del fattore di forma,

(15)

5.3. Problema di riferimento per la validazione dello studio ovvero Q= k(T0− TS) 2πL ln 4L D  (5.48)

La resistenza termica è quindi Rt= 1 2πkLln  4L D  (5.49) D L T0 TS

superficie all’infinito rispetto alla barra, a temperatura TS superficie libera del mezzo

semi-infinito, isolata termicamente

D

Figura 5.7: Barra, con superficie a temperatura T0, sepolta in un mezzo semi-infinito con

temperatura TS a una distanza opportuna molto grande.

Se si applica questo calcolo al caso studio considerato in questo lavoro, si ottiene un valore di riferimento della potenza estraibile da un terreno con una conducibilità termica media di 4 W/mK. 7

Le dimensioni della barra sepolta si pongono uguali a quelle esterne dello scambiatore a baionetta di cui nella sez. 5.1.3, ovvero D = 0,3 m e L = 1000 m. Per le temperature si suppone che la barra sia alla temperatura T0 =

373 K, mentre all’infinito si abbia TS = 523 K,8 ovvero si considera un ∆T di 150 K.

Ne risulta una potenza, che in questo caso è estratta dal mezzo semi-infinito, pari a 7

In tutto il dominio geometrico si fissa una conducibilità termica (in tutte le direzioni) di 4 W/mK. Questo valore (che potrebbe essere considerato anche alto) è rappresentativo, ad esempio, delle evaporiti che sono presenti in abbondanza nella zona. In ogni caso assegnando 4 W/mK alla conducibilità termica della roccia di tutto il dominio, ci si pone in una condizione più “sfavorevole”, ai fini dello studio della diminuzione nel tempo dell’energia termica immagazzinata nella roccia.

8

523 K (ovvero 250◦C) è la temperatura che si etrapola dal gradiente termico del pozzo Massa

2 ad una profondità di 3000 m. Il dominio preso in considrazione in FLUENT è di 6000 m di profondità per una larghezza di 1000 m, quindi la profondità di 3000 m considerata qui è con buona approssimazione quella presa ad una profondità media del dominio di rocce calde secche simulato.

(16)

396,915 kW. Questo valore viene utilizzato per validare il processo di simulazione del comportamento termico conduttivo del sottosuolo operato in FLUENT.

Si è infatti realizzato, prima di eseguire le simulazioni sullo scambiatore vero e proprio, un caso con caratteristiche geometriche e termofisiche uguali a quelle del benchmark, con una dimensione finita del dominio di 6000x1000 m2, ottenendo un riscontro con il valore trovato secondo la 5.48 (ovvero circa 400 kW) con un errore piccolo, ritenuto accettabile.

Osservazioni Si fa notare che il valore di circa 400 kW appena trovato costituisce, per un sistema fisico siffatto, la massima potenza termica estraibile sulla barra da un mezzo semi-infinito, che in questo caso è la roccia.

È questo il valore massimo a cui un simile sistema di estrazione del calore può tendere, almeno a parità di temperature considerate (la temperatura di 250 ◦C è presa come media in base al gradiente estrapolato del pozzo “Massa 2”).

Il fine di questa parte del lavoro è contribuire alla messa a punto di un metodo analitico-numerico per il calcolare le quantità di risorsa geotermica estraibile dalle rocce calde secche in profondità, non tanto quello di proporre le specifiche di un impianto industriale che sfrutti a fini energetici questo calore sotterraneo.

Le simulazioni, per come sono state impostate, sono necessarie a comprendere come si comporta il sistema roccia-scambiatore e quanta è la porzione di roccia che si raffredda, quando le condizioni di flusso termico naturale rimangono le stesse di partenza. Il passo successivo per la comprensione completa di questo tipo di sistemi è quello di prendere in considerazione il comportamento nel tempo del dominio, passando ad un’analisi del transitorio del sistema.

Una successiva fase di esplorazione diretta e di sfruttamento energetico del calore ad elevata profondità non può prescindere da valutazioni simili, in particolare ai fini di stimare la convenienza economica dell’investimento e la sostenibilità di questo tipo di emungimento del calore.

5.4

Risoluzione numerica del problema

Nella trattazione precedente si è detto che la T (r, z) è la temperatura del dominio roccioso. Per la risoluzione dello schema numerico illustrato è necessario conoscere ad ogni passo questa temperatura, dalla quale estrarre ogni volta il profilo t(z).

Per il calcolo della distribuzione 2D di temperatura si è usato, in questo lavoro, il software FLUENT, della ANSYS.

(17)

5.4. Risoluzione numerica del problema

5.4.1 Alcune considerazioni sulla scelta dell’errore ǫ

La potenza termica estratta dal sistema tubo - rocce calde è calcolata in due modi diversi:

• come somma dei valori del flusso termico sulle celle della mesh relative alla linea del tubo, moltiplicati ciscuno per la superficie laterale elementare del tubo stesso (si tratta quindi dell’integrazione del flusso sulla superficie attraverso cui passa);

• come risultato del bilancio termico sul fluido, nell’intercapedine esterna dello scambiatore, ossia come risultato del calcolo

W = ˙mcp[t(e) − t(d)] (5.50)

in cui W è la potenza termica, cp il calore specifico del fluido; t(e) e t(d) sono i valori di t(z), rispettivamente, a fondo tubo e all’ingresso del tubo, si veda lo schema di Figura 5.3.

Si noti che, in realtà, data l’equazione 5.23 e la sua forma discretizzata 5.44, il flusso termico è un dato, per lo schema numerico, attraverso il quale si ricostruisce, ad ogni passo, il nuovo profilo della t(z) da fornire al codice Fluent. Come criterio di convergenza del processo non è quindi opportuno utilizzare la congruenza fra i valori della potenza calcolata nei modi detti sopra.

Il calcolo del flusso termico in Fluent è il risultato di un’integrazione, in cui entra la T (z) che è ottenuta direttamente dalla risoluzione del problema differenziale ∇2T = 0. Si è verificato come questa operazione dipenda fortemente dal tipo e dal livello di infittimento della griglia di calcolo.

Si tenga presente, inoltre, che i ∆T ottenuti nelle simulazioni effettuate sono molto bassi (cfr. Tabella 5.1), per cui un errore (anche piccolo) sui valori di ingresso e uscita della t(z) influenza il valore della potenza W (calcolata dal bilancio) molto di più di quanto invece non ne risenta ǫ, che è sostanzialmente una norma basata sugli scarti quadratici medi delle distribuzioni di temperatura considerate.

5.4.2 Risultati delle simulazioni

Simulazione del caso di benchmark (barra sepolta)

È stato simulato nel software Fluent il caso descritto nella sezione 5.3. Le dimensioni del dominio bidimensionale sono 6000 m di profondità per 1000 m in direzione radiale.

La mesh è così strutturata (v. le Figure 5.8 e 5.9):

• il lato lungo z, anche porzioni non a contatto con il tubo, hanno un passo della mesh di 0,5 m;

(18)

• sul lato in periferia, su quello in superficie e quello al fondo la mesh ha passo 10 m, quindi l’infittimento della griglia diminuisce allontanandosi in maniera radiale dall’asse.

z r

la sezione è traslatadi 0,15 m rispetto all’asse z (distanza pari al raggio del tubo dello scambiatore)

passo mesh 0,5 m

passo mesh 10 m

Figura 5.8: Schema illustrativo della struttura della mesh utilizzata per il calcolo del

problema di riferimento (barra sepolta in mezzo semi-infinito omogeneo).

La mesh è costituita da celle quadrilatere con 4 nodi, in totale si hanno: 332014 celle

338415 nodi

Le condizioni al contorno applicate sono:

• lungo la linea di bordo su cui giace il tubo, tra la suprficie e i 1000 m di profondità, si è pplicata una temperatura costante di 373 K;

• le restanti porzioni di questa linea e la linea della superficie sono isolate termi-camente;

• la linea di periferia e il fondo della sezione sono poste a 523 K.

In questo caso ovviamente la potenza termica è il frutto di un unico calcolo, non di iterazioni, come per i casi che seguono. Il valore della potenza estratta al tubo è 377527,8 W. Si nota un errore relativo del 5,1 % fra questo valore e i 396915 W ottenuti dal calcolo secondo la 5.47, nella sez. 5.3, imputabile probabilmente all’in-fittimento della mesh. Si può verificare che la variazione principale del gradiente

(19)

5.4. Risoluzione numerica del problema

termico è localizzata nelle immediate vicinanze del tubo, è quella quindi la zona su cui è necessario infittire la griglia.

(SJE

+VM 

'-6&/5 BYJ EQ QCOT MBN

Figura 5.9: Dettaglio della mesh utilizzata per simulare il problema di riferimento

(20)

Simulazioni sullo scambiatore al variare della portata

Sono state effettuate delle simulazioni utilizzando la portata come parametro, con-siderando un coefficiente di scambio U tra la roccia e il fluido nel canale discendente del tubo di 500 W/m2K. In questo caso cambia la configurazione geometrica del sis-tema rispetto al caso di benchmark. Il tubo non è a contatto con una sua estremità con la superficie terrestre, bensì è sepolto verticalmente, tra i 3000 e i 4000 m di profondità. La parte di tubo e i dispositivi di sostegno che sostenessero il tubo fino alla superficie sono supposti essere adiabatici ai fini della risoluzione numerica. Le portate considerate sono 80, 25 e 8 kg/s (corrispondenti rispettivamente a 6912, 2160 e 691,2 t/giorno).

La mesh è costituita da celle quadrilatere con 4 nodi, in totale si hanno: 641178 celle

642419 nodi

La mesh è così strutturata (v. Figura 5.10):

• sul lato in periferia, su quello in superficie e quello al fondo la mesh ha passo 10 m;

• le porzioni del lato lungo z non a contatto con il tubo hanno un passo della mesh di 10 m;

• per tutta la lunghezza del tubo (più altre due linee adiacenti di 100 m al di sopra e al di sotto di esso) la griglia ha passo 1 m, così come ha passo 1 m in una regione che a partire da questa linea di bordo entra fino a 500 m in direzione radiale nel dominio;

• a 500 m dalle periferie, a profondità tra i 2900 e i 3100 m, una linea con passo 2 m segna il confine verso cui digrediscono le celle che partono dal passo 1 m. In Tabella 5.1 sono mostrati i i risultati, in termini di potenza estratta dal terreno, e l’errore di fine iterazione. Si nota il fatto che la potenza prelevata diminuisce al diminuire della portata. Le Figure 5.14 sono i contours di temperatura sulla sezione rettangolare 1000x6000, si noti il dettaglio nei pressi della linea che rappresenta il tubo. Il grafico di Figura 5.13 riporta l’andamento della temperatura lungo la direzione radiale (per un tratto di 50 m) ad una profondità di 3500 m; si riportano i risultati per le simulazioni a 8 e 80 kg/s.

(21)

5.4. Risoluzione numerica del problema

Tabella 5.1: Confronto fra i risultati per il calcolo di riferimento (benchmark) teorico e numerico. Potenza estratta dal fluido nello scambiatore a baionetta al variare della portata. Si riporta il valore dell’errore ǫ alla fine delle iterazioni dello schema di calcolo ricorsivo. Il ∆T riportato è quello fra ingresso (in cima) e uscita (al fondo) del fluido dal canale esterno dello scambiatore.

benchmark benchmark

calcolo numerico risultato teorico

kW kW scostamento relativo

377,528 396,915 0,049

portata massica ∆T potenza calcolata

kg/s ◦C kW ǫ 80 1,44 483,543 7,202·10−9 25 4,58 479,612 3,638·10−9 8 13,97 467,725 1,032·10−7 z r

la sezione è traslatadi 0,15 m rispetto all’asse z (distanza pari al raggio del tubo dello scambiatore)

passo mesh 1 m passo mesh 10 m L passo mesh 2 m passo mesh 10 m

Figura 5.10: Schema illustrativo della struttura della mesh utilizzata per le simulazioni con diversi valori della portata nello scambiatore.

(22)

(SJE

+VM 

'-6&/5 BYJ EQ QCOT TLF

Figura 5.11: Mesh utilizzata per la simulazione dello scambiatore a baionetta posizionato

(23)

5.4. Risoluzione numerica del problema

(SJE

+VM 

'-6&/5 BYJ EQ QCOT TLF

Figura 5.12: Dettaglio della mesh al passaggio tra la zona infittita e quella con passo a

(24)

370 390 410 430 450 470 490 510 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 T (K ) r (m)

Figura 5.13: Andamento della temperatura lungo un linea in direzione di r (per un tratto

di 50 m) ad una profondità di 3500 m. In blu i valori di T per la simulazione con portata di 8 kg/s, in fucsia i valori di T per la simulazione a 80 kg/s.

z r

Figura 5.14: Distribuzione delle temperature sulla sezione: su tutto il dominio (a sinistra),

(25)

5.4. Risoluzione numerica del problema $POUPVSTPG4UBUJD5FNQFSBUVSF L +VM  '-6&/5 BYJ EQ QCOT MBN           

Figura 5.15: Isoterme su tutto il dominio di calcolo.

$POUPVSTPG4UBUJD5FNQFSBUVSF L +VM  '-6&/5 BYJ EQ QCOT MBN                

(26)

5.5

Discussione dei risultati

Il fine dell’applicazione illustrata e studiata in questo capitolo è lo sfruttamento del calore immagazzinato nelle rocce profonde, ad alta temperatura, presumibilmente secche ([17]), presenti a poche migliaia di metri di profondità nelle zone del campo di Larderello. Il sottosuolo di Massa Marittima, che come si è detto si trova ai margini meridionali di questo campo, presenta un gradiente termico interessante.

La probabile mancanza (stando alle conoscenze dirette e alle esplorazioni attuali) di un serbatoio di fluido geotermico vero e proprio ha spinto verso l’indagine di questa tecnologia che rimane del tutto pioneristica e poco studiata, almeno alle profondità qui considerate.

Non si è affrontato il problema dal punto di vista delle sue implicazioni stret-tamente tecnologiche e industriali. Si è invece cercato di esplorare l’ipotesi di una sua fattibilità e convenienza energetica. Un problema che deve poter essere chiarito prima ancora di avviare un progetto esplorativo in questo senso è la sostenibilità e “durabilità” nel tempo di questa risorsa.

In base ad alcuni parametri chiave (come ad esempio la portata di fluido) un sistema siffatto potrebbe raffreddare eccessivamente o in troppo poco tempo la roccia calda. È fondamentale abbinare, ad un’analisi come la presente, lo studio nel tempo (al transitorio) del comportamento del sistema scambiatore-roccia.

Appare chiaro che uno sfruttamento vero e proprio della risorsa non può basarsi sui parametri considerati nelle tre simulazioni mostrate, al variare della portata. I valori della ˙mdevono essere scelti anche in base alla velocità che si desidera sia man-tenuta all’interno del tubo. I ∆T fra ingresso e uscita del fluido, ottenuti nei tre casi considerati (compresi tra i 2,36 K per la portata di 80 kg/s e i circa 14 K per 80 kg/s), appaiono decisamente non convenienti per un impianto che volesse asportare calore per fini industriali secondo le modalità descritte. Al variare dei parametri dello scambiatore, delle sezioni, e variando opportunamente la profondità di utilizzo cam-bia l’entità di energia estraibile dal sistema ed è eventualmente possibile modulare la quantità di calore asportato.

In ogni caso risulta non praticabile l’ipotesi di un unico dispositivo di questo tipo per soddisfare dei fabbisogni di energia termica significativi. Si dovrebbe pensare in ogni caso a dei “grappoli” di pozzi di questo tipo9

con alloggiati più scambiatori; o dei pozzi fatti in modo tale che dal fondo si possano diramare o espandere in varie direzioni più apparati di questo tipo.

Va sottolineato che il costo delle perforazioni geotermiche o minerarie in generale rimane comunque, allo stato attuale, molto elevato. Le profondità di circa 5000 m sono raggiunte in campi geotermici da cui si alimentano impianti a espansione di

9

(27)

5.5. Discussione dei risultati

vapore o a flash, quindi con rendimenti più elevati e comunque ai fini della produzione elettrica.

Spingersi a profondità tali per recuperare fluido per applicazioni ad alta o a medio-alta entalpia potrebbe essere però una frontiera o un obiettivo per il medio-lungo termine.

(28)

Figura

Figura 5.1: Schema geometrico su cui è basata la simulazione dello scambio termico delle rocce secche della zona studiata.
Figura 5.2: Schema di scambiatore di calore a baionetta. Le dimensioni radiali sono volutamente esagerate rispetto a quella assiale.
Figura 5.3: Schema delle condizioni al contorno da assegnare al problema del tipo ∇ 2
Figura 5.4: Schema delle temperature: T (r, z) è la temperatura del dominio roccioso; t(z) è la temperatura dell’anulus discendente, quello che scambia con la roccia; ˆ t(z) è la temperatura del condotto interno della baionetta.
+7

Riferimenti

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