La Cassazione sull’adottabilità del minore per assoluta inconsapevolezza del ruolo genitoriale (Cass. Civ., Sez. I, ord. 10 febbraio 2023, n. 4197)

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Dirittifondamentali.it (ISSN 2240-9823)

La Cassazione sull’adottabilità del minore per assoluta inconsapevolezza del ruolo genitoriale (Cass. Civ., Sez. I, ord. 10 febbraio 2023, n. 4197)

È adottabile il minore al cospetto di un atteggiamento riottoso della madre a rendersi partecipe di un proficuo percorso di maturazione e di recupero della propria capacità di essere genitore e della sua incapacità di comprensione del disvalore implicito nell’episodio dell’affidamento dei figli alla custodia di una persona psichiatricamente fragile, reagendo alle iniziative dispiegate in suo favore dai servizi competenti e dalla comunità di assistenza in modo scarsamente collaborativo.

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria - Presidente - Dott. MELONI Marina - Consigliere - Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere - Dott. MARULLI Marco - rel. Consigliere - Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere - ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA sul ricorso 7803/2022 proposto da:

A.A., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandra Orecchia;

- ricorrente -

contro

PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE MINORENNI PIEMONTE E VALLE D'AOSTA, COMUNE (Omissis) ASSESSORATO POLITICHE SOCIALI, B.B., C.C., PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE DI APPELLO TORINO avverso la sentenza n. 4/2022 della CORTE D'APPELLO di TORINO depositata il 10/02/2022;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/01/2023 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

Svolgimento del processo.

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1. La Corte d'Appello di Torino - Sezione minorenni e famiglia, con la sentenza riportata in epigrafe, ha respinto l'appello proposto dalla ricorrente ed ha confermato le determinazioni assunte dal giudice di primo grado in punto all’adottabilità dei minori interessati sul presupposto della condizione di disagio psichico evidenziata della stessa, affetta da vari disturbi della personalità, delle condotte ante atte che le erano state attribuite, segnatamente, allorchè in un'occasione non aveva esitato ad affidare i figli ad una vicina di casa con problemi di fragilità psichiatrica, rendendosi irreperibile per ore e, ancora, delle osservazioni rassegnate nella relazione predisposta, appena qualche giorno prima dell'udienza di discussione, dagli operatori della comunità familiare ove la ricorrente era ospitata insieme all'ultimo nato, evidenzianti un atteggiamento scarsamente collaborativo dell' interessata a causa dei suoi comportamenti apertamente oppositivi, polemici e rivendicativi, tanto da indurre i medesimi operatori a concludere che il lavoro educativo con questa signora sarebbe stato molto faticoso.

Per la cassazione di detta sentenza la ricorrente si vale di quattro motivi di ricorso seguiti da memoria. Non hanno svolto attività processuale le altre parti del giudizio.

Motivi della decisione.

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione apparente. In particolare si addebita alla Corte d'Appello di non aver motivato compiutamente sulle ragioni che l'avevano portato a non attribuire alcuna rilevanza alle dichiarazioni rese dall'interessata, segnatamente, in relazione al preteso atto di abbandono posto in essere affidando i minori ad una persona di fiducia, incaricata della loro custodia solo per poche ore e provvista di tutto l'occorrente a tal fine necessario; a non prendere atto che lo stato di abbandono morale era imputabile alle condizioni di estremo disagio economico vissute dalla famiglia, che non aveva fruito di un idoneo sostegno da parte dei servizi sociali, orientati sin da subito per l'allontanamento dei minori; e a non considerare favorevolmente i mutamenti nel frattempo intervenuti nella situazione della coppia genitoriale, da ultimo ospitati presso un'altra comunità ed intenzionati a riprendere un percorso di recupero della propria capacità genitoriale.

3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente rinnova la deduzione di nullità della sentenza per vizio di motivazione apparente. In particolare si addebita alla Corte d'Appello, pure notiziata dei fatti positivi intervenuti nell'evoluzione della coppia genitoriale, di non aver spiegato le ragioni per le quali non si era inteso, a fronte di quanto rappresentato, differire la celebrazione del giudizio, la motivazione a tal fine resa, facente richiamo alle esigenze dei minori, risultando appunto apparente ed illogica.

4. Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente in quanto rappresentativi della medesima censura, non hanno fondatezza.

Premesso, per vero, che il vizio denunciato si rende riconoscibile allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, è di tutta evidenza che, alla luce dell'ampia, esaustiva ed analitica motivazione resa dalla Corte decidente per dar conto dell'accertato stato di abbandono dei minori e della conseguente dichiarazione di adottabilità dei medesimi, la sentenza in disamina non si mostra minimamente affetta dal vizio qui denunciato.

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La Corte d'Appello, come visto, ha motivato le ragioni del proprio decidere non solo registrando le negative condotte ante atte della madre - e, per quanto qui pur non rilevi, del padre, persona affetta da disturbi psichiatrici, dedita all'uso di sostanze stupefacenti e non immune da comportamenti violenti - evidenzianti, nel loro complesso, un’assoluta mancanza di consapevolezza del ruolo genitoriale ed un’incapacità di fondo ad assolvere i doveri fondamentali ad esso sottesi, sovente posposti nel loro esercizio ed, in particolare, nei momenti di difficoltà, all'esigenza di soddisfare le proprie esigenze individuali a scapito di quelle, viceversa prioritarie, dei figli; ma nel far ciò ha pure richiamato l'attenzione, con speciale attenzione alla condotta della ricorrente, sulla riottosità della stessa a rendersi partecipe di un proficuo percorso di maturazione e di recupero della propria capacità di essere genitore, non rendendosi essa conto del disvalore implicito nell'episodio dell'affidamento dei figli alla custodia di una persona psichiatricamente fragile e reagendo alle iniziative dispiegate in suo favore dai servizi competenti e dalla comunità di assistenza in modo scarsamente collaborativo, tanto da indurre gli operatori di quella in cui l'interessata era ancora ospitata al tempo della decisione ad esprimersi nei termini non proprio confortanti cui si è fatto cenno in narrativa.

5. Nel complesso quindi il quadro motivazionale rappresenta con dovizia di dettagli e di argomenti un compiuto iter decisionale, che si snoda in modo logico e coerente senza contraddizioni e senza vizi logici e si sottrae perciò al vizio qui denunciato, a nulla rilevando in senso contrario le residue lagnanze che la ricorrente pure muove in ordine alla mancata considerazione dell'assenza di sostegno da parte dei servizi sociali pur a fronte di un'oggettiva condizione di disagio economico - che afferiscono ad aspetti fattuali della vicenda liberamente apprezzabili dal decidente ed ininfluenti in questa sede - e dei mutamenti nel frattempo intervenuti nella sua situazione, che costituendo costituiscono al più un post factum irrilevante come tale non valutabile da parte del decidente.

6. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole della violazione delle norme di diritto risultanti dalla l. 4 maggio 1983, n, 184. In particolare si sostiene l'erroneità dell'impugnato pronunciamento per aver obliterato, sancendo, per mezzo della dichiarazione di adottabilità, lo stato di abbandono dei minori, il principio informatore di tutta la disciplina richiamata in ragione della quale è riconosciuto il diritto del minore di crescere nella propria famiglia di origine. Posto per vero che la predetta declaratoria costituisce un "extrema ratio", a cui è possibile pervenire solo se sia dimostrato che i genitori abbiano potuto fruire di idonei interventi di sostegno, l' impugnata decisione si mostra viziata non solo perchè la Corte decidente non avrebbe preso atto che nessun intervento di sostegno era stato dispiegato in favore della coppia genitoriale, ma neppure si sarebbe data cura di menzionare il percorso intrapreso dalle parti in direzione di un ripristino della propria capacità genitoriale.

7. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente si duole ancora della violazione delle norme di diritto risultanti dalla Convenzione di Strasburgo in materia di adozione dei minori ratificata con l. 22 maggio 1974, n. 357, dalla l. 28 marzo 2001, n. 149, nonchè dalla Cost., artt. 2, 29 e 30 In particolare si sostiene l'erroneità dell'impugnato pronunciamento per avere sancito l'adottabilità dei minori senza averne tuttavia accertato l'attualità dello stato di abbandono.

8. Anche i predetti motivi si prestano ad una valutazione congiunta nel segno equanime della loro infondatezza.

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E' ben vero, come questa Corte ha più volte ripetuto - nella consapevolezza non solo del chiaro intendimento espresso dal legislatore nazionale, sul filo del decalogo fissato dalla Costituzione, con l'enunciazione del principio racchiuso nell'art. 1, comma 1,l. 184 del 1983 ("il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia"), ma degli indirizzi parimenti inequivoci emergenti dalla giurisprudenza CEDU (Cass., Sez. I, 13/02/2020, n. 3643) e dal diritto sovranazionale circa la preminente considerazione che, in tutte le decisioni che li riguardano, occorre attribuire all'" interesse superiore del fanciullo" (così l'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176 e l'art. 24 della Carta di Nizza)- che la dichiarazione di adottabilità, quale necessario preambolo dell'adozione cd. legittimante, costituisce una "extrema ratio" che si fonda sull'accertamento dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale, in presenza di fatti gravi, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale della prole (Cass., Sez. U, 17/11/2021, n. 35110), di guisa che è possibile pervenire ad essa solo se all'esito dell'indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale demandata al giudice che ne sia richiesto emerga una situazione in cui l' interesse del minore alla conservazione del legame filiale con la famiglia di origine si mostri recessivo rispetto al quadro deficitario delle capacità genitoriali (Cass., Sez. I, 25/01/2021, n. 1476). E tuttavia, nel dare in questa ottica l'indicazione che l'indagine affidata al giudice del merito debba essere quanto mai più possibile approfondita, completa ed attuale (Cass., Sez. I, 14/09/2021, n. 24717) e non deve trascurare prioritariamente di tentare quegli interventi di sostegno che si mostrino, nel contesto socioculturale di riferimento, maggiormente idonei a rimuove le cause del disagio (Cass., Sez. I, 30/06/2022, n.

20948), rifuggendo in particolare da giudizi sommari non basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il minore (Cass., Sez. I, 14/04/2016, n. 7391), la giurisprudenza di questa Corte si è pure premurata di ricordare che il periodo di affidamento temporaneo non è senza limiti di tempo, rendendo perciò indifferibile la dichiarazione di adottabilità allorquando, a seguito del fallimento di ogni tentativo in questa direzione, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare (Cass., Sez. I, 23/06/2022, n. 20322; Cass., Sez. I, 27/09/2017, n. 22589 ; Cass., Sez. I, 26/03/2015, n. 6137).

9. Ora scrutinando la specie in discorso alla luce di questo quadro di riferimento, la coerenza e l’adesività ad esso della decisione impugnata è fuori discussione.

La Corte d'Appello è infatti pervenuta a pronunciare la dichiarazione di adottabilità oggetto di impugnazione all'esito di un percorso in cui, anche solo limitando il giudizio alla figura dell'attuale ricorrente, ha dovuto prendere atto che per gli atteggiamenti scarsamente collaborativi della stessa, ostentati fino a qualche giorno prima dell'udienza di discussione, i tentativi di intrecciare con l' interessata un dialogo ricostruttivo della smarrita capacità genitoriale non avevano conseguito risultanti confortati, tali che si potesse prognosticamente prevedere che il recupero della funzione genitoriale potesse intervenire in termini compatibili ad assicurare ai minori uno stabile contesto relazionale in grado di favorirne l'equilibrato sviluppo fisico e psichico.

Con ciò la Corte decidente ha dato esattamente conto di condividere e fare i propri i ricordati principi di diritto e, dunque, essa si sottrae alle declinate censure che vanno di conseguenza rigettate.

10. Il ricorso va dunque respinto.

11. Le spese in ragione degli interessi tutelati nella specie possono essere integralmente compensate.

(5)

Non è dovuto il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.

13, comma 1-quater, perchè il processo è esente.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Dispone omettersi in caso di pubblicazione della presente sentenza ogni riferimento ai nominativi e agli altri elementi identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I sezione civile, il 20 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

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