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per definire un protocollo standard per la generazione delle DC;

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Academic year: 2021

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6. DISCUSSIONE

Lo scopo di questo studio è stato quello di stabilire le condizioni per coltivare DC feline al fine di utilizzarle in vivo per esperimenti d’immunoprofilassi e/o immunoterapia. Per questo scopo abbiamo lavorato su:

1. La sostituzione dell’FCS con altri supplementi di sieri come: siero di gatto inattivato al 3%, 5%, 10%, e plasma autologo di gatto al 3%, 5%, 10%

per definire un protocollo standard per la generazione delle DC;

2. La messa a punto di condizioni ottimali di coltura per caratterizzare le DC, iniziando con prove per ottenere le DC da monociti purificati o attraverso Percoll e MaCS, o attraverso aderenza su piastra per 24 h, provata prima a tempi diversi (3, 6, 12 e 24h), per ottenere un più congruo numero di DC ed eliminare le cellule non aderenti per aumentare la purezza ed evitare l’effetto tossico delle T.

3. L’induzione della maturazione delle DC feline mediante l’utilizzo di sostanze, già riportate in Letteratura come induttori della maturazione delle DC di altre specie, come le piastrine attivate, il CD40L, TNFα, IFN α, poly (I:C) e LPS.

E’ stato osservato, in altre specie animali, che il reinoculo di DC coltivate in

presenza di FCS determinava un priming delle cellule T verso proteine

xenogeniche che limitano l’uso di tali DC e in più comportano un aumento

delle reazioni allergiche (Figdor et al., 2004, Muller et al., 2000; Mackensen et

al., 2000).

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Nel nostro laboratorio, inoltre, è stato osservato un altro motivo per non utilizzare l’FCS: PBMC felini aumentavano in presenza di FCS e se stimolati con [metil-

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H]-Timidina, mostravano un aumento della proliferazione nota anche per le DC generate in presenza di siero umano (dati non pubblicati); la spiegazione data è che tutti i gatti utilizzati nei laboratori sperimentali erano stati vaccinati, dalla ditta che li forniva, con vaccini standard contro le comuni infezioni contenenti tracce di FCS. Infine, sono state osservate delle grandi differenze nella differenziazione delle DC di alcuni gatti, se coltivate in FCS o in plasma autologo di gatto: infatti, si osservò che sebbene l’FCS inducesse un evidente proliferazione delle DC, l’espressione dei loro marker di superficie era molto più bassa rispetto a all’espressione delle DC generate in plasma autologo.

Per questo motivo è stato evitato l’utilizzo di FCS per la generazione delle DC feline.

Dopo aver provato le diverse concentrazioni di siero e plasma, per generare le DC, è stato deciso di utilizzare plasma autologo di gatto eparinizzato, al 3%, in quanto tale concentrazione, dopo varie prove al 5% e al 10%, era risultata quella ottimale per la generazione di un congruo numero di cellule.

Per ottenere DC feline furono provati tre diversi metodi:

1. Purificazione tramite gradiente su Percoll dove le cellule del sangue venivano separate in base alla loro densità;

2. Purificazione tramite anticorpi α-CD14 legati covalentemente a ferro

colloidale che permetteva la purificazione di monociti CD14

+

che legati a tali

anticorpi erano separati sfruttando il campo magnetico dato dal magnete a cui

era legata una colonnina con lana di ferro attraverso cui essi passavano.

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Questi due primi metodi furono abbandonati, in quanto il gradiente su Percoll non garantiva né un buona purezza, né un adeguato numero di cellule, mentre la purificazione su MaCS, dava sì un congruo numero di cellule con una buona percentuale di purezza, ma quando i monociti venivano messi in coltura con plasma autologo, morivano. Per questo motivo abbiamo preferito ottenere DC tramite adesione su piastra, per 24 ore in terreno al 3% plasma autologo e in presenza di GM-CSF e IL4.

Il numero di cellule ottenute era limitato dal volume di sangue che poteva essere prelevato dai gatti in un'unica volta (max. 35 ml). Inoltre, il numero di PBMC totali che si ottenevano variavano molto da un gatto all’altro e addirittura, in alcuni casi, da una volta all’altra, sebbene ci fosse una tendenza per ogni gatto a produrre un certo numero di PBMC per ml di sangue.

Casualmente è stato osservato che il plasma autologo contenete EDTA era tossico per le DC feline e, per questo non utilizzabile. Inoltre, poiché era sorto il dubbio che le soluzioni da noi preparate non fossero LPS-free, (risultato presente, in effetti, come mostrato dal test del Limulus) si optò per l’utilizzo di acqua apirogena per la preparazione delle soluzioni, al fine di evitare la presenza indesiderata di LPS nelle colture.

Da quanto a nostra conoscenza, questo è il primo studio effettuato per testare e comparare i diversi agenti che inducono la maturazione delle DC feline.

Proprio perché non vi sono studi precedenti sulle DC feline, gli stimoli sono stati scelti fra quelli adottati nell’indurre la maturazione delle DC di altre specie:

piastrine attivate, CD40L, TNFα ricombinante umano, IFNα ricombinante

umano, Poly (I:C) e LPS. Di tutte le prove fatte solo due di questi stimoli

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risultarono capaci d’indurre la maturazione delle DC feline in termini di aumento dell’espressione dei marker di superficie: il Poly (I:C) e l’LPS. L’LPS è conosciuto come un potente stimolo maturativo per le DC umane a bassissime concentrazioni (Sallusto et al., 1995), per questo è stato testato anche per le DC feline. Dopo varie prove per testare quale fosse la concentrazione più adeguata nell’indurre maturazione in assenza di tossicità, fu individuata la dose di 50 ng/ml. L’LPS si è rilevato essere l’unico stimolo maturativo per le DC feline, sia in termini di abilità nell’aumentare l’espressione del B7.1 e dell’MHC di classe II, sia nell’abilità a ridurre la capacità fagocitaria, che della capacità d’indurre una potente MLR. Dal punto di vista morfologico, le iDC maturate con LPS, sia all’analisi al FACS, sia al microscopio ottico, apparivano più piccole e granulose. Tali mDC apparivano semi-aderenti e tonde, ed estremante granulose (Fig. 8). E’ stato osservato che l’MHC di classe II, il B7.1 e il CD14 erano altamente espressi nelle DC maturate con LPS, mentre era molto bassa la fagocitosi mediata dal MMR, in accordo con quanto già descritto per DC umane (Sallusto et al., 1995). Le DC maturate con LPS erano le uniche in grado di indurre una risposta alloreattiva nei confronti dei linfociti T come visto da prove di alloreattività secondo un rapporto S:R da 1:100 a 1:30, dipendenti dal donatore (come è mostrato in Fig.

12). Per questo l’LPS venne considerato come l’unico stimolo utilizzabile per la maturazione delle DC feline. Gli altri stimoli testati si sono dimostrati deludenti come agenti maturativi, se posti a confronto con l’LPS. Il TNFα ricombinante umano e l’IFNα non avevano effetti misurabili sulle DC feline. E’

stato ipotizzato che questa loro inefficacia sulle DC feline fosse dovuta al fatto

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che i recettori felini non erano capaci a legare le citochine umane, anche se la ragione della mancanza di tale attività non è ancora conosciuta.

Le piastrine attivate invece erano tossiche a dosi superiori a 10

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/ml, mentre a concentrazione attorno a 10

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/ml non avevano effetti visibili sulle iDC, così come dimostrato dalla loro analisi al FACS e al microscopio ottico, dove apparivano rimpicciolite e granulose. (dati non mostrati). Tuttavia, le piastrine non erano in grado di promuovere la capacità delle mDC di attivare le cellule T allogeniche.

Il Poly (I:C) riusciva ad indurre la maturazione delle iDC in maniera simile all’LPS in termini di aumento di espressione dei marker di superficie ma, quando si andava a testare la loro capacità di indurre allo reattività, le cellule trattate con il Poly(I:C) non erano migliori delle iDC.

Nello sforzo di comprendere quali fossero le caratteristiche delle DC feline, in merito alla loro capacità come APC, fu fatta un analisi dell’abilità delle DC a indurre MLR, mediante un analisi dei marker fenotipici che potevano essere determinati dopo alcuni giorni dalla maturazione permettendo in questo modo una valutazione delle DC prima di iniettarle in vivo. Sono stati misurati i livelli d’espressione di CD14, CD1a, MHC di classe II e del B7.1, in quanto tali marker sono risultati i migliori per un confronto della loro espressione tra le

DC umane e quelle feline, in quanto conoscendo la loro espressione nell’uomo ci aspettava, lo stesso anche nel gatto; e i livelli di fagocitosi del FITC-DX e dell’Alexa Fluor 488 in parallelo con l’abilità d’indurre MLR.

L’espressione del CD1a che è stato in precedenza scoperto sulle cellule del

Langerhans feline attraverso l’uso di specifici anticorpi (Saint-André et al.,

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1997), si ritrovava espresso su tutte le DC ottenute, sia sulle iDC che mDC, allo stesso livello, mentre la sua espressione era molto bassa sui MΦ.

L’espressione del CD14 diminuiva durante la differenziazione dei MΦ in DC sia nell’uomo che in altre specie (Lu et al., 2003; Nair et al., 2003), questo cambiamento tra MΦ e iDC si manifestava in termini sia di percentuale di cellule esprimenti il marker, sia in termini dell’intensità di fluorescenza di superficie. Molte DC risultavano positive per l’espressione del CD14, che era espresso in uguale quantità sia sulle mDC che sui MΦ.

La molecola co-stimolatoria B7.1 era altamente espressa dopo il trattamento delle iDC con LPS e per questo inizialmente sembrava un interessante marker maturativo. Successivamente, è stato descritto che tale marker era necessariamente espresso sulle cellule umane che inducevano una MLR autologa (Scheinecker et al., 1998). Tuttavia, esso aumentava la sua espressione anche nelle DC trattate con Poly(I:C), sebbene queste cellule non inducessero alloreattività.

E’ nota l’efficiente capacità delle iDC di effettuare la cattura degli antigeni

esogeni, sia mediante la fagocitosi mediata dall’MMR e sia mediante pinocitosi

in fase fluida. Conoscendo queste capacità delle DC, furono comparate le

abilità sia delle mDC che delle iDC nella cattura del FITC-DX e della Alexa

Fluor 488. Come si può osservare in Figura 11 le iDC riuscivano ad accumulare

rapidamente FITC-DX all’interno del loro citoplasma mentre, come atteso, le

DC trattate con LPS accumulavano FITC-DX in maniera lineare. Nell’insieme,

tutti questi dati mostravano che non sembrava esserci correlazione tra alcuni

dei marker testati e l’abilità a indurre MLR: per esempio, solo le DC trattate

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con LPS erano capaci d’indurre allo reattività; al contrario si aveva un alta espressione dell’MHC di classe II e del B7.1, e una bassa capacità di cattura del FITC-DX sia nelle DC trattate con il Poly (I:C) sia con le DC trattate con LPS.

Quindi per valutare il grado di maturazione delle DC feline, è necessario tener di conto della capacità d’indurre alloreattività, come parametro per misurare l’abilità delle DC di attivare le cellule T vergini.

In conclusione, in questo lavoro sono state stabilite le condizioni ottimali con i reagenti attualmente a disposizione, che permettano la coltivazione di un numero congruo di DC da PBMC felini, che potranno essere utilizzati in vivo.

Le DC coltivate secondo il protocollo descritto, presentano la peculiarità di non

essere state messe in contatto con xenoproteine e sono, quindi, deputate a

presentare l’Ag per un loro possibile uso in esperimenti

d’immunoterapia/vaccinazione.

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