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Ricostruzione di panoramiche da sequenze di immagini US

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

Ricostruzione di panoramiche da sequenze di immagini US

1.1 Introduzione

Gli ultrasuoni (US) possono essere definiti come suoni oltre la banda di percezione dell’essere umano (quindi con frequenza maggiore di 16-20 KHz); sono costituiti da onde elastiche che trasferiscono energia meccanica e richiedono quindi un mezzo per la loro propagazione.

Ogni mezzo, in natura, può essere considerato come composto da un gran numero di particelle, normalmente a riposo, che se vengono perturbate da una onda ultrasonica iniziano ad oscillare attorno alla loro posizione di equilibrio.

La velocità di propagazione dell’ultrasuono dipende dalla natura del mezzo: se λ è la lunghezza d’onda, distanza tra due successivi punti di massimo dell’onda, v è la velocità di propagazione del suono nel mezzo considerato ed f è la frequenza dell’onda, risulta:

v = λ f

Nei mezzi biologici la velocità di propagazione v può essere ritenuta costante;

convenzionalmente si assume un valore medio per il tessuto molle di 1540 / m s corrispondente a circa 1.5 mm / µ s mentre per l’osso ed il polmone si hanno invece valori diversi; la limitata velocità delle onde acustiche permette di misurarne i tempi di propagazione.

Ogni mezzo è poi caratterizzato mediante la sua impedenza acustica ζ ρ = v , dove ρ è la densità del mezzo e v velocità dell’US.

1.2 Generazione degli ultrasuoni

Gli US sono generati e rilevati per effetto piezoelettrico; questo grazie alla proprietà

posseduta da alcuni materiali, come il quarzo, di generare una tensione elettrica

(2)

proporzionale alla pressione esercitata su di essi e viceversa di modificare le loro dimensioni, generando onde di pressione nell’ambiente circostante, quando ad essi viene applicata una tensione.

Il trasduttore può quindi funzionare da generatore di ultrasuoni, quando alimentato da una tensione, o da ricevitore, convertendo la sollecitazione meccanica in segnale elettrico; esso è costituito da una piastrina di ceramica piezoelettrica [fig.1], il PZT (titaniato zirconato di piombo), eccitata da due elettrodi posti sulle facce parallele.

figura 1: trasduttore piezoelettrico

La velocità dell’US nel PZT è di circa 4000 / m s e verificandosi la risonanza per un valore h dello spessore pari a / 2 λ , si ha per esempio, per f = 5 MHz :

6 6

4 10 0.4

2 2 10 10

h v mm

f

λ ⋅

= = = =

(1.1)

1.3 Propagazione degli ultrasuoni

Per lo studio della propagazione degli US è necessario fare riferimento alle leggi che regolano la propagazione delle onde: si riscontrano infatti processi di assorbimento, di riflessione e di rifrazione.

Consideriamo ora due mezzi diversi, caratterizzati rispettivamente da impedenze acustiche ζ

1

e ζ

2

, messi a contatto: sarà presente una superficie di interfaccia che rappresenterà quindi una discontinuità in termini di impedenza acustica.

Consideriamo poi un’onda US che, provenendo dal mezzo 1 incida sulla superficie di

separazione, formando con essa un angolo θ

i

[fig. 2].

(3)

figura 2: onda incidente, trasmessa, riflessa

Come conseguenza avremo un’onda che si propaga nel mezzo 2 (onda trasmessa) ed un’onda che invece continua a propagarsi nel mezzo 1 (onda riflessa) ma con una direzione diversa rispetto a quella dell’onda incidente. Le relazioni tra angolo di incidenza θ

i

, l’angolo di riflessione θ

r

e di trasmissione θ

t

sono:

sin θ

i

= sin θ

r

⇒ = θ θ

i r (1.2)

legge della riflessione

1 2

sin sin

i t

v v θ

θ =

(1.3)

legge di Snell

Si deduce che:

- se le velocità nei due mezzi sono uguali ( v

1

= v

2

) non c’è rifrazione e quindi l’ultrasuono prosegue in linea retta senza subire deviazioni ( θ θ

i

= =

t

0 )

- se l’impedenza acustica dei mezzi attraversati è uguale, non c’è riflessione e tutta l’energia dell’onda incidente viene trasmessa nel secondo mezzo.

- se le impedenze sono differenti una parte dell’energia degli ultrasuoni è

riflessa ( θ θ

i

=

r

) . Il coefficiente di riflessione Γ (la frazione di energia dell’onda

riflessa) è dato da:

(4)

2

1 2

1 2

cos cos

cos cos

t i

t i

ζ θ ζ θ

ζ θ ζ θ

 − 

Γ =   +  

(1.4)

che nel caso dell’incidenza normale ( θ θ

i

= = ) diventa:

t

0

2 2

1 2 2 1

1 2 2 1

1 /

1 /

ζ ζ ζ ζ

ζ ζ ζ ζ

 −   − 

Γ =   +   =   +  

(1.5)

con 0 ≤ Γ ≤ . Il coefficiente di trasmissione è 1 τ = − Γ . 1

Se ζ

1

>> ζ

2

oppure ζ

2

>> , come avviene nel caso dell’interfaccia muscolo/osso, tutta ζ

1

l’energia incidente viene riflessa.

1.4 Tecnica ad eco-impulsi

La tecnica ecografica di impiego più comune è quella che sfrutta la riflessione delle interfacce o tecnica ad eco-impulsi.

Riportiamo lo schema a blocchi di un sistema di ecografia, composto da un cristallo piezoelettrico opportunamente pilotato, da un sistema di elaborazione del segnale e da un dispositivo di visualizzazione:

Figura 3

Gli ultrasuoni utilizzati hanno frequenze comprese nell’intervallo tra 1 e 20 MHz; si ha

infatti la necessità di frequenze il più possibile elevate, ovvero lunghezze d’onda molto

(5)

piccole, per poter risolvere particolari anatomici ravvicinati. Il range frequenziale è comunque limitato superiormente dall’attenuazione dell’onda, che aumenta con la frequenza e con la profondità: frequenze elevate come 10 MHz possono essere usate solo per vasi superficiali, mentre per il cuore, ad esempio, non si va oltre i 5 MHz.

La sonda ecografica è costituita da una griglia di piastrine ceramiche piezoelettriche spesse circa 0.4 mm ciascuna delle quali è sollecitata da un segnale elettrico e genera un’onda che si propaga nel tessuto; la sonda viene mantenuta a diretto contatto con la pelle del paziente interponendo un apposito gel che ha il compito di eliminare l’aria interposta tra sonda e cute del paziente, facilitando l’adattamento di impedenza acustica e permettendo quindi agli ultrasuoni di penetrare nel segmento anatomico esaminato.

La stessa sonda è poi in grado di raccogliere il segnale di ritorno (ECO) generato dalle superfici di discontinuità acustica incontrate durante la propagazione nel corpo del paziente. Il tempo che intercorre tra l’invio dell’impulso e la ricezione dell’eco viene utilizzato per misurare la profondità dell’interfaccia che ha generato l’eco.

L’ampiezza del segnale di eco, opportunamente corretta per l’attenuazione subita nel suo percorso, indica la differenza di impedenza acustica tra i due mezzi separati dall’interfaccia.

1.5 La visione panoramica

Supponiamo di avere a disposizione uno strumento che ci permetta di acquisire un certo numero di immagini (fotogrammi) raffiguranti uno scenario, sia esso un paesaggio collinare, marino, ma anche un’arteria brachiale o una carotide.

Immaginiamo ora di spostare il nostro strumento di acquisizione (la videocamera nel caso del paesaggio o la sonda ecografica nel caso dell’arteria) nello spazio all’interno di questo scenario, ottenendo quindi una serie di immagini, che da ora in poi chiameremo fotogrammi (frames), ordinate secondo una sequenza che segue, temporalmente, il moto della nostra mano.

Supponiamo infine di aver mosso lo strumento da sinistra verso destra all’interno del

nostro scenario: le immagini acquisite ne descriveranno le parti catturate istante per

istante.

(6)

Quando andiamo poi a visualizzare la nostra sequenza, i fotogrammi vengono presentati in successione su un display ed osserviamo quindi, su una finestra di dimensioni fisse, lo scenario che scorre davanti ai nostri occhi; quello che accade infatti è che ogni fotogramma sul display va a sostituire il precedente sovrapponendovisi completamente.

Si capisce subito che in questa modalità di visualizzazione, nel momento in cui osservo il fotogramma che raffigura ciò che sta alla mia destra, non posso vedere contemporaneamente ciò che sta alla mia sinistra.

Nell’ambito della diagnostica medica lo strumento di acquisizione delle immagini è rappresentato dalla sonda ad ultrasuoni e lo scenario, ad esempio, da una arteria.

Il medico allora, muovendo la sonda sul corpo del paziente riesce, istante per istante, a vedere sul display dell’ecografo l’immagine relativa alla parte analizzata, quella in cui si trova la sonda in quel preciso momento, ma non ha la possibilità di vedere le zone che ha già analizzato.

In ambito diagnostico è molto utile poter avere una visione globale di una certa zona del corpo; il limite delle dimensioni di area osservabile è però imposto dal campo di vista della sonda stessa. Istante per istante infatti possiamo vedere solo la zona sulla quale la sonda sta passando, e non abbiamo nessuna informazione, se non quella contenuta nella memoria del medico, relativa alle zone già sondate.

In questo scenario si capisce l’utilità di avere a disposizione, sul display, una visione globale della zona di interesse, un’immagine che contenga tutte le informazioni ricavate dallo spostamento del trasduttore sul corpo del paziente: una estensione del campo di vista.

Per ottenere tale modalità di visualizzazione è necessario conoscere lo spostamento effettuato dalla sonda ecografica così da associare ad ogni frame la sua posizione relativa rispetto al frame iniziale e posizionarlo così nel punto esatto.

Risulta quindi evidente che l’informazione relativa al moto della sonda è fondamentale in

questo contesto poiché una volta noto, il posizionamento dei frame risulta immediato.

(7)

Stima del moto tramite elaborazione delle immagini

Nei casi in cui sia possibile ipotizzare una certa stazionarietà dell’oggetto esaminato possiamo ottenere l’informazione del moto tramite l’analisi dei fotogrammi acquisiti, cercando gli spostamenti di alcuni punti particolari presenti in posizioni diverse su due frames consecutivi; questo metodo risulta più economico rispetto ad altri metodi che impiegano bracci meccanici o sensori magnetici, fornisce buoni risultati e non pone nessun vincolo al movimento e all’applicabilità della sonda.

1.6 Ricostruzione panoramica tramite imaging

Affrontiamo ora il problema della sintesi panoramica sopra descritta; data la sequenza di fotogrammi dobbiamo trovare il corretto posizionamento di questi in modo da minimizzare l’errore di ricostruzione dell’area sondata.

figura 4: sonda eco e relativa ricostruzione panoramica

(8)

Dobbiamo quindi ricondurci ad un problema di stima del moto, che possiamo enunciare come segue.

Consideriamo una immagine I e una funzione ( , ) f x y che rappresenti l’intensità del livello di grigio in ogni suo punto ( , ) x y ; consideriamo infine una coppia di immagini (fotogrammi) I

i

e I

i+1

descrivibili tramite le funzioni ( , ) f x y

i

e f

i+1

( , ) x y .

In queste condizioni è possibile definire il vettore di moto incognito d = ( , ) dx dy di ( , )

f x y

i

tale che:

1

( , ) ( , )

i i

f

+

x dx y dy + + = f x y

(1.6)

In generale, dobbiamo trovare la trasformazione T per la quale:

( ( , ))

i i1

( , ) T f x y = f

+

x y

(1.7)

Possiamo classificare le trasformazioni di immagini facendo riferimento ai principali modelli di moto:

moto traslatorio puro ciascun punto dell’immagine si muove secondo lo stesso vettore di moto

moto roto-traslatorio ogni punto dell’immagine si muove secondo un proprio vettore di moto e lo spostamento del frame coinvolge contemporaneamente una traslazione ed una rotazione

trasformazione affine coinvolge una trasformazione lineare ed una traslazione

Gli esempi proposti in questa trattazione faranno sempre riferimento ad un modello di moto traslatorio puro applicato ad una regione dell’immagine, mirando alla conoscenza del moto puntuale; noti infatti i singoli vettori per ogni punto dell’immagine, è possibile ricavare i parametri per identificare il modello che meglio ne descrive lo spostamento effettivo.

Risulta quindi evidente che la conoscenza di un numero maggiore di vettori di moto

permette una stima migliore.

(9)

Per ogni punto p

j

= ( x y

j

,

j

) dell’immagine è necessario quindi conoscere il vettore di moto ( d

j

= dx dy

j

,

j

) (vettore spostamento o trasformazione) tale che I p

i

( )

j

= I

i+1

( p

j+1

) , dove p

j+1

= ( x

j

+ dx y

j

,

j

+ dy

j

) .

Nell’ipotesi di moto puramente traslatorio, dato un numero N di singoli vettori di moto calcolati, possiamo associare all’intero frame uno spostamento d = ( , ) dx dy ottenuto a partire dai singoli d

j

ricavati puntualmente.

L’operazione da utilizzare per ricavare d può essere una semplice media, oppure una moda; utilizzando ad esempio la media si ha:

1 N

j j

N

= ∑

=

d

d

Sotto questa ipotesi possiamo estendere il campo di vista andando a posizionare ciascun frame nella posizione relativa al frame precedente (o al frame iniziale, dipende dal riferimento preso) appena calcolata, creando quindi un mosaico, un collage di tutti i fotogrammi, dando origine così ad un’unica immagine che descrive la scena completa.

Nel prossimo capitolo viene affrontata la problematica della stima del moto su una

sequenza di immagini facendo riferimento ai metodi noti in letteratura; da quanto detto si

deduce infatti che il problema centrale della ricostruzione panoramica è la stima del

movimento di ciascun punto dell’immagine.

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