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Premessa
Prima dell’introduzione nell’ ordinamento italiano del Decreto Legislativo n. 231 del 8 Giugno 2001, il nostro ordinamento giuridico prevedeva che l’ente, in caso d’illeciti commessi dai propri rappresentanti, avesse solo l’obbligo di farsi carico delle multe o ammende inflitte personalmente al legale rappresentante o amministratore in caso d’insolvenza del soggetto responsabile.
Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 231/01 viene superato il brocardo per cui “societas delinquere non potest” e gli enti, anche privi di personalità giuridica, con esclusione dello
Stato, degli enti pubblici territoriali e a rilievo costituzionale, possono essere chiamati a rispondere dei reati posti in essere dai loro amministratori, dirigenti e dipendenti se realizzati nell’interesse dell’ente stesso.
La responsabilità ha natura sia penale che amministrativa e va a sommarsi ai rilievi personali dell’autore dell’illecito.
Il D.Lgs. 231/01 introduce nell’ordinamento italiano la responsabilità
“amministrativa” degli enti relativamente alla commissione di alcuni reati, specificamente indicati dal legislatore; permette quindi di colpire (con sanzioni pecuniarie, l’interdizione dall’attività, il commissariamento, il divieto a contrarre con la PA) direttamente l’Ente e quindi, l’interesse economico dei soci. L’Ente, tuttavia, non risponde se dimostra di avere
“adottato ed efficacemente attuato” un Modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati della stessa fattispecie di quello verificatosi.