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Conclusioni 151

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Academic year: 2021

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Conclusioni

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Conclusioni

E' opinione condivisa che la disciplina legislativa del ricorso incidentale sia estremamente scarna oltre che mal coordinata. Proprio la lacunosità della disciplina, oltre al diverso contesto processuale in cui essa venne inizialmente ad essere applicata, (quando giudice di primo grado era il Consiglio di Stato), portarono la giurisprudenza e i primi studiosi che si occuparono dell'istituto, a ritenere che il ricorso incidentale fosse modellato sulle impugnazioni incidentali del processo civile. Le prime indagini sul tema mostrarono un'idea di ricorso ben diversa da quella che si sarebbe in seguito imposta.

Nel presente lavoro si sono evidenziate in successione temporale, le pluralità di tesi critiche che da sempre accompagnano l'istituto in esame. Da impugnazione che “cade-incide” in un rapporto processuale già sorto, da essenziale rimedio del processo caratterizzato da un'unica azione con pluralità di legittimati, alla configurazione quale mezzo necessariamente condizionato: una difesa attiva, un quid pluris rispetto alla semplice negazione dei motivi dedotti dal ricorrente principale. Seguendo tale impostazione si è rimarcato che il vincolo dell'interesse ad agire si scompone necessariamente in due elementi, l'uno di carattere negativo, assenza di una lesione attuale che si dovrebbe far valere in via principale, l'altro di carattere positivo, lesione virtuale derivante dall'accoglimento del ricorso principale. Peraltro tale linea di pensiero è stata suffragata nell'ambito di importanti trattazioni dottrinali, sia pure con riguardo a indagini non svolte ex professo,

bensì esaminando questioni come, l'inoppugnabilità, la rinuncia

all'impugnazione, l'acquiescenza e l'intervento nel processo amministrativo. La sistemazione dell'istituto è stata per molti anni essenzialmente in mano ad autori che hanno abbinato l'esperienza concreta del giudicare allo studio teorico.

Nonostante l'aspetto essenziale dell'istituto fosse stato delineato, molte questioni esegetiche sono rimaste irrisolte: la natura giuridica, alcuni profili

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intorno alla legittimazione, ai termini, alla facoltatività e all'oggetto. La stessa disposizione sull'accessorietà, che come si è visto, è stata da sempre piuttosto controversa, negli ultimi anni ha destato ancora dibattito in giurisprudenza e dottrina con riguardo ad una vicenda che ha catalizzato l'attenzione degli interpreti, portando altresì ad un recente intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Ci si riferisce al tema dei rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale c.d. escludente o paralizzante. Come evidenziato, il Codice del processo amministrativo interviene solo su talune delle questioni ora accennate, lasciandone aperte molte altre: risolvere tutte le problematiche riguardanti il ricorso incidentale ricorrendo al solo strumento della codificazione risulta non appagante poiché i vari profili della materia riflettono il più generale assetto del processo e delle relative azioni in esso esperibili. Di tale disagio la giurisprudenza amministrativa, con il suo atteggiamento eclettico costituisce uno specchio fedele.

Nel Codice del processo amministrativo, il ricorso incidentale viene qualificato come strumento per proporre domande, sicché in relazione alle diverse circostanze esso assume un contenuto complesso: eccezione, eventualmente a carattere riconvenzionale, domanda riconvenzionale volta all'annullamento dell'atto, domanda di accertamento pregiudiziale.

Dalle numerose sentenze esaminate, è emersa un'idea costante, ossia, che al di là degli accostamenti ad istituti civilprocessualistici, definire il ricorso incidentale come “neutro” strumento per la proposizione di domande e soprattutto per chiarire che l'ordine di esame delle questioni prescinde dalla veste formale impiegata per la loro deduzione. In tal modo si depura il ragionamento da aspetti che sovente ne hanno confuso e alterato i tratti essenziali e si può meglio appuntare lo sguardo sul suo aspetto predominante: stabilire quali siano i presupposti in presenza dei quali un soggetto possa assumere il necessario titolo per la proposizione di esso contro gli atti di affidamento di un contratto pubblico.

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formulazione dell'art. 42 c.p.a. partendo dall'idea metodologica di fondo che il modo più corretto per dipanare la complessa matassa, è considerare l'istituto nelle sue incolmabili peculiarità, combinando la lettera della norma all'essenziale contributo del giudice e dello studioso.

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