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CAPITOLO 1 Margaret Atwood e The Handmaid’s Tale

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CAPITOLO 1

Margaret Atwood e The Handmaid’s Tale

1.1 Margaret Atwood è una nota autrice canadese nata a Ottawa il 18 novembre 1939. Esordisce come poetessa e si cimenta anche con molti scritti in ambito critico. È inoltre un’ambientalista e una mente sensibile alla questione femminista.

Ha scritto ad oggi diciassette romanzi1, dieci raccolte di racconti, venti raccolte di

poesie e anche libri per bambini, tra cui Up in the Tree (1978) e Bashful Bob and Doleful Dorinda (2004). Le sue opere sono state tradotte in più di ventidue lingue. Margaret Atwood ha ricevuto anche molti premi letterari prestigiosi; tra i più importanti si ricordano The Giller Prize, The Governor General’s Award e The Booker Prize, assegnato grazie al romanzo The Blind Assassin, pubblicato nel 2000. Il Governor General's Award (riconoscimento che porta la firma del Primo Ministro del Canada) è stato da lei conseguito due volte, prima con la raccolta di poesie The Circle Game (1964), incentrata su aspetti del rapporto conflittuale tra uomo e natura, e poi con The Handmaid’s Tale, romanzo distopico del 1985. Detiene inoltre il titolo di alcuni dottorati onorari conferiti da diverse università, tra cui Cambridge, Toronto e l'Université de la Sorbonne Nouvelle a Parigi.

Si forma all’esterno del perimetro della scuola “tradizionale” a causa

dell’attività di entomologo del padre,Carl Edmund Atwood, che, durante l’estate,

portava con sé la famiglia nel corso di spedizioni nella wilderness canadese (per wilderness è da intendere la natura nel suo stato selvaggio, poco contaminato dalla presenza e dagli interventi dell’uomo). Inizialmente, con il termine wilderness in ambito canadese ci si riferiva a un luogo ostico in cui sarebbe stato difficile stanziarsi e sopravvivere; con il trascorrere dei decenni e il mutare delle condizioni sociali, storiche e climatiche, wilderness sarebbe invece diventata sempre più sinonimo di natura incontaminata e, quindi, possibile scenario di

1

Tra i romanzi più noti della Atwood si può ricordare Oryx and Crake (2003), opera di fantascienza post-apocalittica e distopica che tratta di tematiche come il ricorso illecito all’ingegneria genetica, il lavoro infantile e lo sfruttamento sessuale minorile. Il romanzo è stato anche candidato al Booker Prize del 2003 e all’Orange Prize for Fiction nel 2004. Altri romanzi recenti dell’autrice sono The Penelopiad (2005), The Year of the Flood (2009), MaddAdam (2013),

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27 ricongiungimento con un sano principio vitale. Il rapporto tra uomo e natura diventa, così, un tema ricorrente nelle opere della Atwood.

L’autrice è la seconda di tre figli, ed insieme al fratello maggiore, Harold, ha imparato sin da giovane ad adottare uno stile di vita singolare, in quanto, per molti mesi all’anno, la famiglia viveva a stretto contatto con la natura, lontano da centri cittadini. La Atwood si è comunque anche formata attraverso la letteratura, leggendo molti libri di impianto diverso, dalle fiabe al mito e alle leggende di varie culture; queste letture eclettiche hanno sicuramente influenzato il suo immaginario. Inizierà a frequentare la scuola in modo regolare a partire dal 1951 e dall’età di sedici anni, si avvicina alla scrittura, stadio fondamentale in direzione della futura professione letteraria. Nel 1957 inizia a frequentare dei corsi al Victoria College, presso l’Università di Toronto, dove stringe contatti con Northrop Frye e nel 1961 si laurea in Letteratura Inglese; successivamente, segue un corso di laurea specialistica al Radcliffe College, negli Stati Uniti, conseguendo il titolo nel 1962. Nel periodo universitario inizia a comporre opere e a scrivere recensioni; la sua prima fatica è una raccolta di poesie autofinanziata, Double Persephone (1961), per la quale verrà anche premiata con la E. J. Pratt Medal for Poetry, e in cui si indagano sia i contrasti tra vita e arte, sia il rapporto tra uomo e natura e il ruolo femminile.

Dal 1961 al 1963 risiede negli Stati Uniti, precisamente a Harvard, dove studia letteratura vittoriana e americana all’interno di un corso di dottorato. La sua tesi di dottorato aveva come tema “Nature and Power in the English Metaphysical

Romance of the 19th and 20th Century”2, ma non sarà portata a termine. Durante

il suo soggiorno negli Stati Uniti, l’autrice dovrà peraltro confrontarsi con uno shock culturale quando si rende conto di quanto gli americani ignorassero la realtà canadese e questo alimenterà in lei per contrasto un senso di orgoglio nazionale. Nel ’63, infatti, torna in Canada e comincia a collaborare con varie università del suo paese. Nel 1967 sposa James Polk, conosciuto a Harvard, dal quale poi divorzierà nel 1973, anno in cui avrebbe stretto una relazione con lo scrittore Graeme Gibson. I due si erano conosciuti tempo prima presso House of Anansi

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Heidi Slettedahl Macpherson, The Cambridge Introduction to Margaret Atwood, Cambridge University Press, New York 2010, p. 2.

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28 Press, una casa editrice impegnata nella promozione di libri di scrittori canadesi; nel 1976 nasce la loro figlia, Eleanor Jess Gibson. Nel 1980 la Atwood si trasferisce a Toronto, ma continuerà a viaggiare per molto tempo tra Stati Uniti, Germania, Francia, Inghilterra, Scozia e Australia. Nel 1987 è nominata Fellow of the Royal Society of Canada, riconoscimento assegnato dalla Royal Society a chi si è particolarmente distinto nel settore culturale e sociale. Torna poi definitivamente a Toronto nel 1992, dove vive insieme al compagno Graeme Gibson e alla figlia.

Temi cari alla Atwood, come la natura e un impegno in direzione femminista e ambientalista, informano le sue opere, in cui trovano una correlazione con una problematica più generale, ovvero il senso della “dignità umana” e della sua violazione o degenerazione. Il sentirsi superiori rispetto ad altri esseri umani, ritenuti dei “subordinati”, come le donne o le persone appartenenti ad etnie diverse rispetto a quelle del bianco occidentale, è da lei giudicato un atteggiamento sintomatico di un modo di relazionarsi negativo:

I see the two issues as similar. In fact, I see feminism as part of a larger issue: human dignity. That’s what Canadian nationalism is about, what feminism is about, and what black power is about. They’re all part of the same vision3.

L’orientamento femminista e un rapporto di rispetto nei confronti della natura sono due espressioni che mirano a evidenziare l’importanza del dialogo e della

negoziazione dei propri poteri e dei valori4. Ciò che spesso la Atwood intende fare

è disgregare gli stereotipi, mettere in luce i limiti del pensiero comune, smascherare i pregiudizi e le mistificazioni che ci impediscono di comprendere noi stessi e gli altri.

Il rapporto tra letteratura e wilderness è del resto un tema molto presente nella scrittura canadese, e la wilderness può avere sia connotazioni positive, sia negative. Le prime opere letterarie pubblicate in Canada da autori di origine

3

Il passo è citato in Karla Hammond, “Defying Distinctions”, in Margaret Atwood:

Conversations, p. 102 cit. in Fiona Tolan, Margaret Atwood: Feminism and Fiction, Rodopi,

Amsterdam - New York 2007, p. 7.

4

Harold Bloom, Bloom’s Modern Critical Views: Margaret Atwood, New Edition, Infobase Publishing, New York 2009, p. 147.

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29 britannica mettevano in rilievo la difficoltà di adattarsi al paesaggio inospitale, a fenomeni naturali di grande potenza e capaci di annientare i settlers. Occorre ricordare che il Canada è un territorio molto vasto, caratterizzato a sud da boschi verdeggianti e praterie, mentre più al nord, nelle zone più fredde, si trova la tundra. A tal proposito, non si può non accennare a Northrop Frye (1912-1991), celebrato critico canadese, che tra i suoi numerosi studi condusse interessanti analisi sulla percezione della wilderness nei testi letterari e sulla conseguente edificazione di barriere psicologiche con cui gli autori miravano a proteggersi dalla forza del paesaggio circostante. Frye coniò le espressioni di “bush garden” e “garrison mentality”, che traducono in immagini questa necessità di difendersi da un paesaggio ignoto e minaccioso, capace di annientare l’uomo. In The Bush Garden: Essays on the Canadian Imagination (1971), il critico si concentrò prevalentemente sulla storia e sulla cultura canadese e sulle relative immagini e circostanze associabili al mito del Bush, della boscaglia. Per “garrison mentality” si intende la mentalità difensiva della “fortezza”, in relazione alla storia coloniale canadese che inizia appunto con la costruzione di diversi fortini volti a circoscrivere e a difendere le comunità che si andavano stanziando nel territorio. La metafora resterà comunque valida ben oltre questa prima fase coloniale, e Frye ne fornisce una chiave di lettura:

A garrison is a closely knit and beleaguered society, and its moral and social values are unquestionable5.

Frye notò come, per la letteratura canadese in particolare, esistesse un filo conduttore radicato nella paura di una natura sovrastante, dinamica che si connota poi di significati metaforici e filosofici riguardanti il rapporto dell’uomo con la wilderness.

La natura fu, quindi, inizialmente vista come ostile e maligna. Successivamente, il tema della wilderness sarebbe diventato sinonimo di una natura incontaminata dove l’uomo stesso avrebbe potuto “ritrovare” se stesso. La wilderness, quindi, non sarebbe più malevola, ma inizia a trovare un aggancio che

5

Northrop Frye, The Bush Garden : Essays on the Canadian Imagination, House of Anansi Press, Toronto 1971, p. 226.

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30 la integra al territorio circostante, anche con una vena nostalgica nei confronti del periodo pionieristico, quando i primi colonizzatori entrarono in contatto con il territorio. La stessa Atwood ricorre spesso al tema della natura selvaggia anche come un modo per riscoprire se stessi, in un’ottica organicistica e ecologica. Tra le opere che maggiormente richiamano questo tema si possono prendere ad esempio i romanzi Surfacing, risalente al 1972 e, in parte, Cat’s Eye, pubblicato nel 1988.

Surfacing, il suo secondo romanzo, si incentra sul vissuto di privazione di una giovane donna, a cui non è attribuita un’identità specifica, che torna nella sua casa d’infanzia, situata in mezzo a un lago in un'isola deserta del Québec, dopo aver ricevuto la notizia della sparizione del padre. La protagonista intraprende il viaggio insieme al fidanzato Joe, alla sua migliore amica Anna e il marito di Anna, David. Il piano iniziale era quello di andare a cercare il padre scomparso e lasciare il Québec subito dopo. Scoprono, successivamente, che il padre è sparito da molto tempo e decidono quindi di rimanere per verificare meglio l’accaduto. Durante questo soggiorno, che si rivela un percorso simbolico e “regressivo” nell’interiorità, la protagonista trova dei disegni del padre rappresentanti figure mitologiche zoomorfe e teme che quest’ultimo sia impazzito. Attraverso la continua ricerca di prove che spieghino i motivi della scomparsa, nella casa e nella natura circostante, la donna si trova a rivivere situazioni del proprio passato che ha rimosso e ritorna anche a stabilire un contatto autentico con la natura che circonda l’isola sulla quale risiede la baita di famiglia. A poco a poco, l’esperienza traumatica torna “in superficie” e, in un momento di drammatico riaffiorare del ricordo, la protagonista ha una visione del feto di un bambino: il bambino a cui lei aveva rinunciato anni prima, quando si era trovata costretta a interrompere una gravidanza. Da questo momento, la protagonista cerca in tutti i modi di trovare posti in cui si manifestino queste “visoni spirituali”; nel frattempo, gli amici e il fidanzato tornano al “mondo reale”, ma lei decide comunque di rimanere andando alla ricerca di “segni”. Finirà addirittura per distrugge tutti i beni di consumo che si trovano nella baita, brucia i suoi vestiti e si costruisce un rifugio nella foresta. Pensa, in questo modo, di entrare in contatto con lo spirito dei genitori e ritrovare un’unità, riattivare la circolarità biologico-animistica. Per gradi, quindi, la sua

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31 mente viene pervasa dai ricordi del suo passato e si ritrova a vivere in una realtà animata dalla natura e da nuove speranze, compresa quella di poter concepire e dare alla luce un altro bambino.

Il tema principale di quest’opera è quindi il rifiuto di forme di progresso economico-tecnologico alienante e l’avvicinamento ad un “naturalismo spiritualistico”. Sin da subito la protagonista è colpita da come nulla sembri essere cambiato, dopo nove anni dalla sua assenza, dall’isoletta nel Québec. Durante la ricerca del padre nel bush, si rende conto che nel rapporto con la natura si cela la chiave di tutto; è come se un più profondo rapporto con la “Madre Terra” le permettesse di riconoscere meglio se stessa e sperare anche in una nuova maternità.

Cat’s Eye è stato pubblicato diciassette anni dopo Surfacing, rientrando quindi tra i romanzi più maturi. Il titolo ha diversi significati in inglese: può essere riferito ad un gioiello, una pietra che, a seconda di come viene messa sotto il riflesso della luce, ricorda un occhio di gatto; può essere un tipo particolare di biglia, con una striscia scura nel mezzo (proprio questa biglia è paragonata nel testo a una sorta di oggetto magico con il quale la protagonista giocava da bambina insieme al fratello). Nel romanzo, il “cat’s eye” si riferisce anche ad un quadro con cui la protagonista propone una sintesi della propria esistenza; un’ultima accezione potrebbe essere quella del “terzo occhio” dell’artista, quello interiore, con il quale si riesce a dare un significato più profondo all’esperienza.

L’opera è suddivisa in quindici capitoli, che alternano la dimensione del presente con quella del passato cosicché la protagonista, Elaine Risley, ricostruirà l’iter della sua vita. La pittrice ha al momento circa cinquanta anni e ha l’occasione di tornare a Toronto, città in cui è cresciuta, per una mostra retrospettiva dei suoi dipinti. Si notano, sin da subito, dei richiami autobiografici: per esempio, Elaine si ricorda di quando da piccola viaggiava insieme al padre e al resto della famiglia, trasferendosi spesso perché il genitore era un entomologo, esattamente come il padre della Atwood. Elaine descrive quindi la sua infanzia tra i boschi, dove giocava a cercare insetti insieme al fratello; ricorda anche delle notti passate in tenda o nelle camere di albergo. A causa del lavoro del padre, però, Elaine non aveva potuto condividere le sue giornate con bambine della sua

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32 età, esperienza che comincia a fare intorno agli otto anni, quando la famiglia si trasferisce a Toronto poiché il padre è diventato un accademico. Elaine inizia quindi a frequentare la scuola e fa amicizia con due bambine, Carol Campbell e Grace Smith, rendendosi però conto della propria “diversità” e della propria mancanza di “buone maniere”. Nota soprattutto quanto le due bambine stiano attente all’aspetto fisico, al vestiario e all’arredamento delle loro abitazioni, cose alle quali Elaine non aveva mai dato importanza. In particolare, Carol rimane scioccata al cospetto dello stile di vita più disinvolto della famiglia di Elaine e prova disgusto per gli insetti custoditi nell’edificio di biologia dove lavora il padre della protagonista. Al ritorno da uno dei viaggi capitanati dal padre, quest’ultima vedrà le due amiche con una terza persona: Cordelia, una ragazzina presuntuosa ed egocentrica che finirà per tormentare Elaine, sottoponendola ad una sorta di bullismo (in concomitanza con Halloween, per esempio, Cordelia con un macabro scherzo scava una buca e seppellisce Elaine, la quale rischia di morire). Addirittura, una volta le tre amiche abbandoneranno Elaine sotto un dirupo, in pieno inverno: semi-assiderata, la protagonista si salverà, convincendosi di aver avuto una visione di una figura salvifica che l’avrebbe guidata fino a casa. Questo trauma la spinge d’altro canto a vincere la soggezione nei confronti delle amiche, da cui decide di prendere le distanze per costruirsi un proprio cammino di realizzazione autentica. La sua vita prosegue passando per gli studi di arte e le relazioni amorose con il suo insegnante di disegno e poi con Jon (futuro marito, da cui divorzierà dopo aver avuto una figlia). La parte finale del romanzo si concentra sul presente e descrive i quadri di impianto simbolico e surrealista che la protagonista ha esposto nella sua mostra. Queste immagini si “leggono” in sequenza e costituiscono nuclei importanti quanto gli avvenimenti della vita di Elaine, in modo tale da lasciar intravedere una connessione armonica. Il primo dipinto si chiama “Picoseconds” e rappresenta significativamente un paesaggio con boschi, rocce e fiumi; al centro del dipinto ci sono i genitori della protagonista attorno ad un focolare, mentre sullo sfondo si notano delle icone racchiuse in sfere bianche: una rosa rossa, una foglia di acero arancione e una conchiglia, elementi associati qui al luogo delle pompe di benzina, a suggerire un affiancamento tra le specificità del luogo naturale e un’intrusione del moderno e dell’artificioso. Il

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33 secondo dipinto si intitola “Three Muses” e raffigura due donne e un uomo; l’uomo richiama la figura positiva dell’indiano che ha studiato con il padre di Elaine e che, per un po’ di tempo, è stato ospite della famiglia, mentre le due donne si correlano a una signora ebrea e un’insegnante scozzese, con cui la protagonista aveva stretto rapporti cordiali. Si tratta però di persone che hanno fatto fatica ad integrarsi nella società e che, per questo, possono aver rappresentato delle “muse” ispiratrici per Elaine nel suo difficile percorso di affermazione. La terza immagine si chiama "One Wing", ed è una dedica al fratello, deceduto in un viaggio aereo verso Francoforte. Vi si scorgono i tre elementi correlati: da una parte è riprodotto un aeroplano risalente alla Seconda Guerra Mondiale, dall’altra parte è disegnata una falena, mentre al centro è rappresentato un uomo che cade dal cielo con una spada giocattolo di legno, come a ricordare il fratello bambino amante dell’avventura e dell’esplorazione. La quarta immagine rimanda al “Cat’s Eye” e si propone come una rivisitazione personale dei capolavori di Vermeer o Velázquez, per il gioco di specchi e prospettive e la complessità dell’interpretazione. La parte superiore della tela mostra la testa della pittrice in età giovanile, rivolta verso uno sfondo dove si notano tre ragazze vestite con abiti invernali: si tratta ovviamente delle tre amiche di un tempo, alle quali Elaine guarda con l’esperienza della donna adulta, mettendole appunto in prospettiva. Centrale è poi l’elemento del “Cat’s Eye”, la biglia di Elaine bambina che ora si trasforma esplicitamente in un’oggettivazione dell’animo dell’artista. L’ultimo dipinto si intitola “Unified Field Theory” e rappresenta un ponte innevato, un cielo stellato e una figura mariana, ricordando quindi l’esperienza traumatica che ha però permesso ad Elaine di dare una svolta alla sua vita, non a caso richiamandosi ad un naturalismo spiritualizzato già presente in Surfacing.

In questo caso il rapporto con la wilderness, come già accennato, ha radici autobiografiche. Elaine, esattamente come Margaret Atwood, passa gran parte della sua infanzia immersa nella natura selvaggia, e l’unica persona con la quale si trova a giocare è il fratello maggiore, oppure fantastica su viaggi e storie grazie ai libri che spesso legge durante le ricerche del padre. Elaine, però, si rende conto che il mondo narrato in quei libri è lontano dalla realtà a lei più vicina:

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Nothing in these stories is anything like my life. There are no tents, no highways, no peeing in the bushes, no lakes, no motels6.

Il successivo contatto con la società e con coetanee che si dimostrano estranee le farà percepire un senso di inadeguatezza, portandola in un primo momento a sentirsi impotente e vulnerabile nei confronti di queste ragazzine, specialmente Cordelia:

Cordelia is my friend. She likes me, she wants to help me, they all do. They are my friends, my girlfriends, my best friends. I have never had any before and I'm terrified of losing them. I want to please7.

I soprusi avvengono di nascosto, sotto ricatto, e la stessa protagonista non ha il coraggio di ribellarsi:

To violate it would be the greatest, the irreparable sin. If I tell, I will be cast out forever8.

È come se Cordelia incarnasse la metafora della società e di una civiltà fallace, superficiale, nella quale la protagonista, ancora figlia della wilderness, non si sente a suo agio. Successivamente, a causa dei trauma subiti, Elaine si allontanerà dalle amiche, mantenendo una sorta di sprezzante riserbo verso i rapporti sociali. Il primo rapporto con la wilderness, quindi, influenzerà la protagonista per il resto della vita, rendendola inizialmente succube della società e di determinati rapporti umani, ma poi offrendole degli appigli irrinunciabili nella natura.

Il legame con la wilderness, quindi, all’interno dei romanzi, determina fortemente il carattere e la personalità dei personaggi e si nota che, paradossalmente, è proprio l’avvicinamento alla società a rendere più concreta e salda l’unione che si crea tra soggetto e natura.

Un altro aspetto alla quale la Atwood è sensibile, come anticipato in precedenza, è l’approccio femminista. Spesso la scrittrice pone infatti al centro

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Margaret Atwood, Cat’s Eye, Virago Press, London 1990, p. 29.

7

Ibidem, p. 120.

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35 delle sue opere soggetti femminili, proponendosi di decostruire i miti patriarcali e le ideologie che ne derivano. La Atwood, d’altro canto, non si riconosce pienamente nel femminismo teorizzato in ambito statunitense, perché la sua visione, oltre a muovere una critica a una società maschilista, deve anche misurarsi con una società con radici coloniali e uno status peculiare come quello del Canada. Per questo motivo, trova maggiori affinità con autrici britanniche (scozzesi) oppure indiane, ovvero autrici che, come lei, fanno parte di culture meno centralistiche. Il femminismo, comunque, risulta essere un movimento con una storia lunga, molto complesso ed eterogeneo, ed è quindi anche difficoltoso determinare in che modo ogni romanzo possa esserne stato influenzato. Ciò che è certo è che spesso l’autrice nelle sue opere mette a fuoco la condizione di donne sottomesse alla società, donne che si sentono oppresse e che soffrono per la loro situazione sociale e affettiva. La Atwood, in ogni caso, non si ritiene una militante femminista a tutti gli effetti. Perfino The Edible Woman, il suo romanzo di esordio, pubblicato verso la fine degli anni Settanta, con al centro una protagonista sottomessa e soffocata dalle norme sociali, non intende incorporare la piena “essenza” del movimento femminista:

I don’t consider it feminism; I just consider it social realism. That part of it is simply social reporting. It was written in 1965 and that’s what things were like in 19659.

The Edible Woman offre un ritratto amaramente ironico di una donna indotta ad aderire a un preciso ideale del corpo femminile, ovvero la “donna-oggetto”. Quest’opera è stata definita da molti critici come uno spunto per il “Second-Wave Feminism” che si sarebbe sviluppato pochi anni dopo, ma la Atwood ha preferito l’aggettivo “protofemminista”, dal momento che qui non vi sono descrizioni relative ai movimenti femministi veri e propri.

The Edible Woman è stato scritto intorno al 1965 e pubblicato nel 1969. La protagonista è una donna giovane, Marian MacAlpin, che lavora presso un’azienda di marchi pubblicitari ed è da tempo fidanzata con Peter, un avvocato di successo. Vive all’ultimo piano di una casa a Toronto insieme ad una

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Atwood cit. in Margaret Kaminski, Preserving Mythologies, p. 27, cit. in Fiona Tolan, Margaret

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36 coinquilina, Ainsley Tewce, una militante femminista ed emancipata, che vorrebbe avere un figlio crescendolo da sola, senza il supporto di un marito. Entrambe, pur essendo laureate, non hanno un lavoro all’altezza delle loro capacità: Ainsley lavora come tester per spazzolini da denti elettrici, mentre Marian fa indagini sulle vendite di mercato con questionari destinati alle casalinghe. Marian si sente insoddisfatta della sua vita e sfugge alle pressioni del fidanzato, che invece le propone di sposarlo, e intreccia una relazione con un collega di lavoro, Duncan. Questi conflitti si manifestano anche con problemi alimentari: il cibo le sembra qualcosa di vivo e, per paura di essere mangiata lei stessa, non riesce più a deglutire. Alla fine, si rede conto che il suo terrore nasce dalla paura di essere sottomessa e “divorata” dall’uomo. Per comunicare al fidanzato questa sua epifania, cucinerà una torta a forma di donna e lo inviterà a mangiarla. Peter, preso alla sprovvista, la abbandona, mentre Duncan, forse un compagno più aperto, finirà di mangiare la torta insieme a lei.

L’opera passa da una narrazione in prima persona ad una in terza, con un cambiamento di prospettiva che suggerisce la perdita di controllo razionale da parte della protagonista. Il tema principale di questo romanzo è dunque la relazione tra donna, uomo e società, una società in continuo progresso che, però, lascia poco spazio alle donne. Spesso le immagini femminili all’interno del romanzo rimandano a figure corporee, a oggetti di attrazione e manipolazione. La donna risulta essenzialmente associata al suo aspetto fisico o al suo ruolo prefissato di moglie, madre e casalinga.

L’argomento del ruolo femminile e della ricerca di un’identità più complessa sarà un punto fondamentale anche di una delle opere più famose della Atwood, The Handmaid’s Tale. In questo caso la protagonista, costretta a un tipo particolare di sottomissione sessuale, tenta di ribellarsi con piccoli gesti e con piccoli accorgimenti ad una situazione sociale che non la rispetta e non la valorizza in quanto essere umano a tutto tondo. Oltre ad affrontare la questione femminile, l’opera fa parte di un genere letterario sviluppatosi in epoca contemporanea, ovvero la distopia femminile, su cui la Atwood ha commentato:

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It is an imagined account of what happens when not uncommon pronouncements about women are taken to their logical conclusions.10

In generale, le opere distopiche della Atwood rientrano, per sua stessa definizione, nell’ambito di una speculative fiction, perché proiettano in dimensioni semi-immaginarie situazioni e vicende che inducono a riflettere su dinamiche del mondo attuale. Si tratta, quindi, di una “speculazione predittiva”, una sorta di messa in guardia su possibili degenerazioni di uno stato di cose di cui esistono già le premesse. Margaret Atwood privilegia dunque meno la definizione di genere “fantascientifico”, in quanto afferma che tutto ciò che è evocato nei suoi romanzi è ancorato al “possibile” o addirittura al “già accaduto”.

1.2 The Handmaid’s Tale rientra nella distopia al femminile e nell’ambito della speculative fiction. L’autrice ha iniziato a scriverlo nella primavera del 1984, durante il suo soggiorno a Berlino ovest; il titolo assegnato provvisoriamente all'opera era Offred, per poi individuare il titolo definitivo a circa metà stesura. L’opera è stata pubblicata in Canada nell’autunno del 1985 e, successivamente, è stata tradotta in moltissime lingue.

Come si è anticipato, bersaglio del romanzo è una società conservatrice che, all’epoca, stava dando dei segnali importanti in America. Il titolo riecheggia i Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer, ma in realtà non si registrano delle connessioni effettive con il capolavoro del Medioevo inglese. L’intento del titolo è piuttosto sia richiamare in modo diretto la funzione assegnata alla protagonista (un’ “ancella”), sia porre l’accento sulla sua testimonianza (“tale”). Vi è poi dell’ironia: si gioca in qualche modo sul termine “tale”, parola con suono simile a “tail”, termine colloquiale usato per indicare il fondoschiena femminile. La parola “ancella” richiama poi il ruolo di “madre surrogata”, chiamata a offrire il proprio corpo fertile per garantire la continuità della vita.

La protagonista del romanzo, trentatreenne e voce narrante della storia, è costretta a diventare un’ “ancella” dopo essere stata arrestata dal regime di Gilead. Ogni “Handmaid” appartiene ad un “Commander”, e per questo il nome attribuitole deriva dall’unione della preposizione “of” e del nome dell’uomo: il

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38 nome è “Offred”, quindi di “proprietà di Fred”. Gilead poggia su un regime

totalitario e teocratico di ispirazione biblica nato in Nord Americanel XXI secolo

a seguito di un golpe. Il nome “Gilead” deriva dalla montagna in cui Giacobbe promise a Labano di proteggere le sue due figlie, Rachele e Lia (Genesi 31, 21 – 22). La Repubblica fittizia di Gilead assomiglia ad un governo con uno stile di vita simile a quello vigente nel Medioevo, sia per il modo gerarchico in cui è organizzato lo stato, sia per la gestione della quotidianità. La città è inoltre circondata da alte mura, proprio come un borgo antico o un fortino.

Sin da subito, questa Repubblica rende le donne sottomesse all’uomo. Esse sono strettamente controllate, non possono esercitare una professione, né avere un reddito proprio e sono suddivise in classi sociali ben distinte tra cui, ad esempio, le caste e non più fertili “Wives”, le domestiche “Marthas” e le “Handmaids”, “utilizzate” solo a scopi riproduttivi, a fronte del fatto che, a causa dell’inquinamento radioattivo e chimico, le coppie non riescono più ad avere figli. In particolare, all’inizio del libro, si cita un passo biblico della Genesi (30:1-4) relativo al rapporto tra Rachele e Giacobbe, nel quale subentra la presenza cruciale della serva intermediaria Bila, eletta a concubina di Giacobbe stesso per volere di Rachele:

And when Rachel saw that she bare Jacob no children, Rachel envied her sister; and said unto Jacob, Give me children, or else I die.

And Jacob's anger was kindled against Rachel; and he said, Am I in God's stead, who hath withheld from thee the fruit of the womb?

And she said, Behold my maid Bilhah, go in unto her; and she shall bear upon my knees, that I may also have children by her11.

È proprio questo passaggio, a cui la Atwood si aggancia in modo provocatorio e polemico, a fare da base ideologica per l’istituzione della classe sociale delle Handmaids, ovvero donne giovani, ancora in età fertile e a cui è assegnato come unico scopo quello di concepire un figlio con il loro Commander. I comandanti sono a loro volta gerarchi della Repubblica e depositari del potere.

Le donne, all’interno di Gilead, perdono completamente la loro individualità e a contribuire alla loro identificazione è l’abito, sorta di divisa che ne designa la

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39 classe e il ruolo. Il colore assegnato alle mogli, ad esempio, è il blu: portano veli e abiti blu lunghi e morbidi, ad evocare l’immagine della Vergine. Le Widows ovviamente vestono di nero, mentre le Daughters sono vestite di bianco, ad indicare purezza e verginità. Le Econowives, donne di ceto inferiore, hanno abiti di tutti i colori, composti dagli scarti delle altre caste. L’abito delle Aunts, ovvero coloro che insegnano alle future Handmaids il loro mestiere, assomiglia ad un tailleur marrone. Esattamente come le Handmaids, anche le Aunts vengono ribattezzate con un nome imposto dal regime. Le serve sono poi donne chiamate Marthas e vestono di verde (forse a segnalare il loro contatto ecologico con il cibo sano e l’idea della pulizia), il loro nome richiama inoltre il Vangelo di Luca, più precisamente l’episodio nel quale Gesù va in visita alla sorella di Lazzaro, Marta, la quale ha una sorella, Maria, che, invece di aiutare Marta nei lavori domestici, preferisce ascoltare la parola di Gesù:

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta»12.

La differenza tra le due sorelle è che Maria sembra ancora stupirsi e meravigliarsi della parola di Gesù, amico delle due sorelle di Lazzaro, mentre Marta è più immersa nei lavori casalinghi. L’atteggiamento di Marta non è irriverente verso Gesù, ma, come osserva lui stesso, la donna sembra impegnata per le tante cose da fare da dimenticarsi che Gesù è un amico e ospite e non un padrone da servire. Il commento di Gesù non è quindi un rimprovero verso Marta, ma una richiesta di essere più ricettiva e più vicina alla fede.

Le Handmaids hanno un abito rosso che arriva sotto il ginocchio: il colore è quello del sangue (in particolare uterino) e, al contempo, ricorda il “marchio scarlatto” dell’adulterio, seppure legalizzato, delle quali sono partecipi. In più,

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Dal Vangelo di Luca 10,38-42,

http://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricerca=citazione&Versione_CEI2008=3&Versione_CEI74=1& Versione_TILC=2&VersettoOn=1&Citazione=Lc%2010,38-42 [consultato il 27 Gennaio 2018].

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40 esse indossano un copricapo bianco con delle alette ai lati che impediscono loro sia di vedere ad ampio raggio, sia di essere viste in volto. A causa di queste alette, anche ciò che Offred osserva all’esterno è circoscritto, filtrato da una determinata angolatura. Per questo motivo, ciò che lei ascolta rimane il canale più importante per raccogliere informazioni sulla sua situazione.

Gli uomini, invece, sono suddivisi in “Commanders”, associabili ai funzionari, alle figure istituzionali, all’alta borghesia; gli “Eyes”, osservatori e spie impiegati nella polizia segreta; i soldati, che proteggono il confine e sono significativamente chiamati “Angels”; i corrispettivi delle “Unwomen” sono i “Gendertraitors”, ovvero gli omosessuali.

L’opera è narrata in prima persona da Offred, la quale, non potendo né leggere né scrivere, registra le sue giornate e i suoi pensieri all’interno di cassette a nastro. Lo storytelling è l’unico gesto autonomo possibile per questa donna ridotta alla reclusione e al silenzio; il raccontare diventa così uno strumento di sopravvivenza psicologica. Anche di fronte alla repressione da parte dello Stato e alla tirannia interna al regime, Offred riesce comunque a raccontare la storia inerente alla sua vita privata e ad altre donne, come per esempio la storia della ribelle Moira, ragazza omosessuale e sua compagna di università, e quella di Serena Joy, moglie del Comandante, la quale, prima della fondazione di Gilead, era una presentatrice televisiva che conduceva un programma di ispirazione religiosa (il suo vero nome sarebbe Pam).

Offred ricorre alla narrazione mediante la registrazione vocale su audiocassette per estraniarsi dalla quotidianità opprimente nella quale è costretta a vivere all’interno di Gilead, ma anche per denunciare l’assurdità del sistema. Questo risulta quindi un modo per esorcizzare il proprio annullamento, anche preservando più parole possibili ed evitando di far impoverire il linguaggio. La mancanza di legami affettivi profondi nella sua vita all’interno di Gilead non le dà la possibilità di confrontarsi e istituire un dialogo, per cui a volte ella trova conforto nel ricordo e nell’immaginazione. Per questo, però, in alcuni casi la narrazione non risulta totalmente affidabile, anche se in genere Offred descrive fedelmente ciò che vede e la maggior parte delle volte si sforza di adottare un approccio oggettivo. Il viaggio intrapreso nella narrazione è quindi un viaggio

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41 conoscitivo ed anche umano, con momenti angoscianti e cupi. Il linguaggio di Offred unisce momenti di allegria quasi isterica con fasi disforiche, a segnalare il suo tormentato stato d’animo.

La protagonista, il cui vero nome si presume essere “June”, ha trentatré anni. Di lei conosciamo anche altri dettagli, come il fatto che è alta circa un metro e sessanta e ha i capelli castani. Il libro inizia in medias res, con Offred che conduce il lettore attraverso i suoi giorni e le sue notti spiegando come scorrono i momenti e quale sia il suo ruolo nella società. Lei, come la maggior parte delle donne, non possiede più nulla, può permettersi solo una divisa con un colore codificato e una stanza dove riposa e attende i vari eventi del giorno:

A chair, a table, a lamp. Above, on the white ceiling, a relief ornament in the shape of a wreath, and in the center of it a blank space, plastered over, like the place in a face where the eye has been taken out. There must have been a chandelier, once. They've removed anything you could tie a rope to.

A window, two white curtains. Under the window, a window seat with a little cushion. When the window is partly open—it only opens partly—the air can come in and make the curtains move. I can sit in the chair, or on the window seat, hands folded, and watch this. Sunlight comes in through the window too, and falls on the floor, which is made of wood, in narrow strips, highly polished. I can smell the polish. There's a rug on the floor, oval, of braided rags. This is the kind of touch they like: folk art, archaic, made by women, in their spare time, from things that have no further use. A return to traditional values. Waste not want not. I am not being wasted. Why do I want?

On the wall above the chair, a picture, framed but with no glass: a print of flowers, blue irises, watercolor. Flowers are still allowed, Does each of us have the same print, the same chair, the same while curtains, I wonder? Government issue?

[…] A bed. Single, mattress medium-hard, covered with a flocked white spread. Nothing takes place in the bed but sleep; or no sleep. […]

So. Apart from these details, this could be a college guest room, for the less distinguished visitors; or a room in a rooming house, of former times, for ladies in reduced circumstances. That is what we are now13.

Si intuisce quindi quanto sia difficile la vita per la protagonista in un mondo in cui le donne sono trattate non come persone, ma quasi come oggetti. La vita delle Ancelle è straniante: non è concessa privacy, nessuna possibilità di leggere o di scrivere, nessun contatto prolungato con altre persone o con altre ancelle. In

13

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42 particolare, le Handmaids vivono la loro vita come semplici mezzi di procreazione in una stanza spoglia nella quale dormono, unico spazio di loro pertinenza:

MY room, then. There has to be some space, finally, that I claim as mine, even in this time14.

Delle quindici sezioni in cui si suddivide l’opera, ben sette hanno come titolo “Night”. Come suggerisce Heidi Slettedahl Macpherson, le sezioni che si svolgono di notte sono più veritiere rispetto a quelle che ripercorrono fasi del giorno:

The novel overlays past and present, which bump up against each other, and the narrative moves between sections entitled Night, where Offred appears most real and most alone, and those sections that are (implicitly) Day sections, which have other names and other functions15.

È infatti durante la notte che la protagonista si sente più libera, perché almeno

può pensare: “The night is mine, my own time, to do with as I will”16. In questi

momenti di minor controllo esterno, Offred ricorda la sua vita precedente, in cui aveva un marito di nome Luke, con il quale aveva avuto una figlia, ora dispersa. In pochi mesi la sua vita antecedente si trasformò: venne licenziata, il suo conto bancario fu azzerato e fu perseguitata per quello che era considerato un rapporto illegittimo, poiché Luke era un uomo divorziato. I due tentarono di espatriare con la figlia in Canada, ma, durante la fuga, furono arrestati. Di Luke si sono perse le tracce e la figlia è stata data in affidamento ad una famiglia sterile, ma di elevato rango sociale. La prima sezione del libro, per esempio, si intitola “Night” e, sin da subito, emerge un senso di alienazione: in cui solo il passato costituiva la normalità. Offred introduce il motivo della suddivisione in caste e si sofferma sul periodo di addestramento per diventare Handmaid, nel quale esse erano state

istruite dalle Aunts, in quello che “had once been the gymnasium”17.

Anziché richiamare paure e minacce, i momenti notturni sono caratterizzati da una relativa libertà. È anche il momento in cui i contorni si sfumano ed è per lei

14

Ibidem, p. 60.

15

Heidi Slettedahl Macpherson, The Cambridge Introduction to Margaret Atwood, cit., p. 55.

16

Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale, cit., p. 47.

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43 possibile esplorare i ricordi con contaminazioni tra realtà e immaginazione. Di questo Offred è consapevole, così come del fatto che, nel momento in cui ogni aspetto della vita di una persona è strettamente regolato e controllato, privo di stimoli esterni, l’immaginazione è destinata a diventare l’unica valvola di sfogo.

Le altre sezioni del libro, che si svolgono ovviamente durante il giorno, hanno titoli referenziali o ironici, associati a vari eventi descritti; il titolo della seconda parte, per esempio, è “Shopping” e si riferisce alle uscite di Offred per andare a comprare il cibo; la quarta parte, invece, è intitolata “Waiting Room” e rimanda sia a un senso metaforico di attesa infinita, sia più concretamente alla sala di attesa dove la Handmaid aspetta il suo turno per la rituale visita ginecologica, fondamentale per il compimento dell’obbiettivo assegnato. La quinta parte è chiamata “Nap” e si riferisce al riposino pomeridiano che le Aunts facevano fare alle future Handmaids. Offred ricorda in questa circostanza la pratica della Testimonianza, nella quale ognuna doveva confessare alle altre un proprio errore o peccato, a cui seguiva un’ulteriore mortificazione da parte delle compagne, che non dovevano mostrarsi compassionevoli, ma acuire piuttosto il senso di colpa (si tratta quindi anche di una prova psicologica). La sesta parte, “Household”, richiama “i componenti della famiglia”, o meglio coloro che vivono nella casa del Commander e sono costretti ad assistere al rito del rapporto sessuale tra il Comandante e l’Ancella. Il riferimento dell’ottava parte, “Birth-day”, riguarda la nascita della creatura di una delle Handmaids, assistita dalle altre Ancelle durante il parto. La decima parte si chiama in causa le “Soul Scrolls”, ovvero le “Pergamene dell’anima”: oltre ad avere una connotazione ironico-allegorica, essa si riferisce a una tipografia che stampa rotoli di preghiere. Scroll, per metonimia, può significare anche “condanna”, riferendosi ai documenti in cui nell’antichità erano resi noti i nomi di chi era sottoposto a ostracismo, per cui qui il tono aulico e arcaico porta con sé significati legati alla colpa e ad un coinvolgimento etico. Il titolo della dodicesima parte, “Jezebel”, riporta il nome della casa di piacere dove il Commander accompagnerà Offred una sera, ma è anzitutto un riferimento biblico (Antico Testamento, Libri dei Re) ad una principessa fenicia diventata regina di Israele dopo aver sposato Acab, re della parte settentrionale del paese. La donna, Gezabele, è colpevole di aver esortato quest’ultimo ad abbandonare la

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44 propria fede per incoraggiarlo ad adorare le divinità fenicie. Inoltre, Gezabele perseguitò i profeti ebrei e, per questo, fu punita con la morte: fu scagliata fuori dalla finestra da un membro della corte e il suo corpo fu poi divorato dai cani. Nel Nuovo Testamento, un’altra Gezabele è drammaticamente nota come falsa profetessa. “Jezebel”, nel romanzo, evoca dunque un luogo di perdizione e corruzione.

La vita a Gilead è rigidamente regolamentata: c’è, ovviamente, il momento della preghiera, e ci sono dei momenti di testimonianza in cui le Handmaids parlano di se stesse, come una sorta di terapia di gruppo. Esiste poi l’evento cruciale della Ceremony, durante la quale la Handmaid ha il rapporto intimo con il proprio Comandante, dal quale dovrebbe scaturire il fatidico concepimento. Il Birth-day, come si è detto, è il giorno tanto atteso in cui viene dato alla luce un bambino, e siccome questo non succede spesso, il giorno della nascita diventa una festa pubblica. La Prayvaganza coincide con i rituali di canti e preghiere che accompagnano matrimoni o vittorie militari. La Particicution unisce le parole “participation” ed “execution”: è un momento drammatico in cui le Handmaids sono costrette a sfogare le loro frustrazioni su criminali, picchiandoli fino alla morte.

Anche le descrizioni degli spazi e degli ambienti risultano inquietanti. Il giardino, ad esempio, propone un’immagine di bellezza e fertilità a cui le mogli dei comandanti si dedicano con amore, ma che diviene anche emblema di una fertilità e un’armonia con la natura che è a loro preclusa. Il regime permette peraltro la cura di alcuni fiori, mentre altri sono esclusi a priori: quelli più utilizzati hanno risonanze bibliche, specialmente se si connotano di una simbologia: ad esempio gli iris blu, che possono raffigurare la Trinità, la Madonna, la saggezza, la verità, l’amore e il sacrificio (nella mitologia greca, Iris era inoltre una messaggera degli dèi, che accompagnava le anime delle donne defunte nei campi Elisi). I tulipani rossi, invece, oggettivano la fertilità e ricordano l’utero e il flusso mestruale; sono non a caso fiori di origine turca, ovvero pagana, apparendo dunque meno “puri” e legati all’erotismo (secondo una leggenda, sarebbero nati dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore).

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45 Il giardino di Serena Joy è molto curato e ordinato, emblema di un controllo ferreo esercitato sui processi naturali:

I go out by the back door, into the garden, which is large and tidy: a lawn in the middle, a willow, weeping catkins; around the edges, the flower borders, in which the daffodils are now fading and the tulips are opening their cups, spilling out colour. […]

This garden is the domain of the Commander's Wife. Looking out through my shatterproof window I've often seen her in it, her knees on a cushion, a light blue veil thrown over her wide gardening hat, a basket at her side with shears in it and pieces of string for lying the flowers into place. A Guardian detailed to the Commander does the heavy digging; the Commander's Wife directs, pointing with her stick. Many of the Wives have such gardens, it's something for them to order and maintain and care for18.

La Wife è comprensibilmente piuttosto matura e, a causa dell’età avanzata, è zoppicante. L’amore proiettato nel giardino è totalmente assente nel rapporto con la rivale: ella non sopporta la presenza di Offred in casa e appare scostante e fredda, ma, nel profondo, è ferita dalla centralità conferita all’Ancella. Il suo nome, Serena Joy, allude a una gioia che le è negata e si tratta di un nome d’arte; era stata infatti una star televisiva, che presentava e cantava con trasporto mistico nel corso del programma Growing Souls Gospel Hour. Questo programma sembra avere avuto una funzione attiva per la fondazione del regime di Gilead. La stessa Serena Joy spesso parlava nei suoi monologhi del ruolo fondamentale della donna in casa:

Her speeches were about the sanctity of the home, about how women should stay home19.

Nonostante il deserto emotivo che le circonda, le Handmaids non possono passeggiare da sole, ma devono stare sempre in coppia, in modo da sostenersi (e controllarsi a vicenda). La prima compagna di Offred si chiama Ofglen e, durante un tratto percorso con quest’ultima, la protagonista verrà a conoscenza dell'esistenza di un movimento clandestino di resistenza, detto Mayday, al quale Ofglen le chiede di unirsi. Offred inizia a pensarci, ma alla fine, inibita da dubbi e paure, non accetta. I timori sono numerosi e ad ammonire i potenziali trasgressori

18

Ibidem, p. 22.

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46 o traditori del regime è l’“esibizione” delle sorti che attendono i ribelli: Offred e Ofglen scorgono infatti i corpi appesi delle persone considerate traditrici di Gilead:

Beside the main gateway there are six more bodies hanging, by the necks, their hands tied in front of them, their heads in white bags tipped sideways onto their shoulders. There must have been a Men's Salvaging early this morning. I didn't hear the bells. Perhaps I've become used to them.

We stop, together as if on signal, and stand and look at the bodies. It doesn't matter if we look. We're supposed to look: this is what they are there for, hanging on the Wall. Sometimes they'll be there for days, until there's a new batch, so as many people as possible will have the chance to see them. What they are hanging from is hooks. The hooks have been set into the brickwork of the Wall, for this purpose. Not all of them are occupied. The hooks look like appliances for the armless. Or steel question marks, upside-down and sideways. It's the bags over the heads that are the worst, worse than the faces themselves would be. It makes the men like dolls on which the faces have not yet been painted; like scarecrows, which in a way is what they are, since they are meant to scare. Or as if their heads are sacks, stuffed with some undifferentiated material, like flour or dough. It's the obvious heaviness of the heads, their vacancy, the way gravity pulls them down and there's no life anymore to hold them up. The heads are zeros.

Though if you look and look, as we are doing, you can see the outlines of the features under the white cloth, like gray shadows. The heads are the heads of snowmen, with the coal eyes and the carrot noses fallen out. The heads are melting. But on one bag there's blood, which has seeped through the white cloth, where the mouth must have been. It makes another mouth, a small red one, like the mouths painted with thick brushes by kindergarten children. A child's idea of a smile. This smile of blood is what fixes the attention, finally. These are not snowmen after all. The men wear white coats, like those worn by doctors or scientists. Doctors and scientists aren't the only ones, there are others, but they must have had a run on them this morning. Each has a placard hung around his neck to show why he has been executed: a drawing of a human foetus.

[…] These men, we've been told, are like war criminals. It's no excuse that what they did was legal at the time: their crimes are retroactive. They have committed atrocities and must be made into examples, for the rest20.

Quando tornerà a casa, Offred si rifugia nel suo piccolo universo (la camera), finché nota dentro l’armadio una scritta in un latino gergale incisa con uno spillo: “Nolite te bastardes carborundorum”21, ovvero “Fa in modo che i bastardi non ti dominino”. La protagonista ipotizza che queste siano state le ultime parole che l’Ancella precedente ad Offred aveva scritto prima di impiccarsi. Questa citazione

20

Ibidem, pp. 41-43.

21

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47 sarà spesso utilizzata da Offred come un mezzo di difesa psicologica contro il regime autoritario: ella ripete spesso la frase nei momenti di sconforto, oppure la usa come invocazione sostituendola al testo della preghiera nelle occasioni pubbliche.

Una volta al mese, dopo la prevista visita ginecologica durante la quale un dottore è chiamato a valutare se i valori dell’Ancella siano ancora favorevoli per il programma del concepimento, avviene la Ceremony. Tutti i membri della famiglia si ritrovano dentro una stanza: la Handmaid, le due Marthas, l’autista Nick, la moglie del Comandante, Serena Joy, e il Commander stesso, che si unisce a loro per ultimo. Il Comandante deve preparare spiritualmente i membri della famiglia alla Cerimonia con delle letture tratte dalla Bibbia, in cui è incluso anche un rimando al triangolo Giacobbe-Rachele-Bila:

It's the usual story, the usual stories. God to Adam, God to Noah. Be fruitful, and multiply, and replenish the earth. Then comes the moldy old Rachel and Leah stuff we had drummed into us at the Center. Give me children, or else I die. Am I in God's stead, who hath withheld from thee the fruit of the womb? Behold my maid Bilhah. She shall bear upon my knees, that I may also have children by her. And so on and so forth22.

Durante la Cerimonia, la posizione regolamentata delle due donne (poste l’una vicino all’altra) è tale da dare l’impressione che il seme venga accolto nell’utero di tutte e due. La Wife è sistemata verso la testata del letto con le gambe divaricate, mentre la Handmaid giace supina, completamente vestita tranne che per gli indumenti intimi; la testa dell’Ancella si trova sullo stomaco della moglie del Commander e le due donne si stringono le mani, a simboleggiare un’unione di carne e spirito che, nella realtà dei fatti, non sembra verificarsi:

My red skirt is hitched up to my waist, though no higher. Below it the Commander is fucking. What he is fucking is the lower part of my body. I do not say making love, because this is not what he's doing. Copulating too would be inaccurate, because it would imply two people and only one is involved.23 22 Ibidem, p. 99. 23 Ibidem, pp. 104-105.

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48 D’altro canto, Offred non può dire che la Ceremony sia una forma di stupro vero e proprio, ammettendo:

Nothing is going on here that I haven't signed up for. There wasn't a lot of choice but there was some, and this is what I chose24.

Quella stessa sera, Offred incontra Nick, il quale la informa che il Commander vorrebbe vederla di nascosto, cosa proibita dalle leggi di Gilead. Paradossalmente, durante i loro incontri “proibiti”, i due non fanno altro che giocare a scarabeo; in realtà, però, in questo contesto un tale passatempo possiede una carica eversiva in quanto l’effetto è un potenziamento del linguaggio e, dunque, del potere comunicativo. I due giocatori devono disporre sette lettere estratte a sorte da un sacchetto e comporre una parola di senso compiuto che realizzi, possibilmente, il maggior numero di punti grazie alla sua lunghezza e complessità. Oltre a porre enfasi sulla creatività linguistica, il Commander le chiede di baciarlo a conclusione dell’incontro: “I want you to kiss me […] As if

you meant it”25. I due iniziano così a frequentarsi due o tre volte alla settimana,

sempre da soli e nello studio nel Comandante: viene dunque siglato un sodalizio “intimo” che la dittatura non consente.

Un giorno il Commander mostra ad Offred un oggetto di modernariato, ovvero una copia di un numero di Vogue. Offred, dopo un momento di titubanza, inizia a sfogliare la rivista, che le ricorda il periodo della sua vita passato e una libertà ormai perduta, quella di svagarsi e informarsi, in cui l’essere umano poteva avere più volti e sfumature:

Though I remembered now. What was in them was promise. They [magazines]dealt in transformations; they suggested an endless series of possibilities, extending like the reflections in two mirrors set facing one another, stretching on, replica after replica, to the vanishing point. They suggested one adventure after another, one wardrobe after another, one improvement after another, one man after another. They suggested rejuvenation, pain overcome and transcended, endless love. The real promise in them was immortality.

This was what he was holding, without knowing it. He riffled the pages. I felt myself leaning forward.

24

Ibidem, p. 105.

25

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49

It's an old one, he said, a curio of sorts. From the seventies, I think. A Vogue . This like a wine connoisseur dropping a name. I thought you might like to look at it.

I hung back. He might be testing me, to see how deep my indoctrination had really gone. It's not permitted, I said.

In here, it is, he said quietly. I saw the point. Having broken the main taboo, why should I hesitate over another one, something minor? Or another, or another; who could tell where it might stop? Behind this particular door, taboo dissolved.

I took the magazine from him and turned it the right way round. There they were again, the images of my childhood: bold, striding, confident, their arms flung out as if to claim space, their legs apart, feet planted squarely on the earth. There was something Renaissance about the pose, but it was princes I thought of, not coiffed and ringlet maidens. Those candid eyes, shadowed with makeup, yes, but like the eyes of cats, fixed for the pounce. No quailing, no clinging there, not in those capes and rough tweeds, those boots that came to the knee. Pirates, these women, with their ladylike briefcases for the loot and their horsy acquisitive teeth.26

La terza notte che passano nello studio, Offred chiederà al Comandante un altro oggetto proibito: una lozione per le mani, e l’uomo la fisserà mentre lei si spalma la crema, in una sorta di pulsione sessuale sublimata. Durante la successiva Ceremony, Offred si sentirà significativamente a disagio nei confronti del Commander, poiché, se prima l’atto cerimoniale si riduceva a un’azione meccanica, adesso subentrano un coinvolgimento e una consapevolezza diversi.

Il rapporto tra Offred e il Commander si fortifica sempre di più e, un giorno, l’uomo propone alla ragazza una fuga in una casa di piacere clandestina, dove a volte i Commanders cercano uno svago. Per entrare nella casa di piacere, il Commander le procura un abito particolare e ormai bandito, ovvero un costume teatrale con piume e lustrini. Ad Offred è permesso anche di truccarsi, ovvero una forma di libertà ormai riservata alle donne “fuorilegge” o alle prostitute.

In questa casa di piacere, Offred incontra Moira, una sua compagna di università che aveva ritrovato durante il periodo di addestramento come Ancelle. La donna racconta ad Offred ciò che le è successo dopo la sua fuga dal Centro Rosso, luogo preposto all’addestramento: Moira sarebbe riuscita a scappare dopo aver lasciato Aunt Elizabeth legata ad un palo nel bagno e averle rubato l’abito marrone tipico delle zie. L’idea era quella di oltrepassare clandestinamente il confine di Gilead, ma fu catturata prima di mettersi in salvo. Moira ha dunque

26

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50 accettato di essere relegata nella casa di tolleranza per evitare di essere inviata nelle Colonie e dunque verso la morte. Moira sembra comunque aver trovato una propria dimensione, che le consente anche di esprimere la propria identità omosessuale.

Dal canto suo, anche Serena Joy vuole istituire con Offred un rapporto “collaterale”, non tanto per intrecciare un’amicizia, quanto per facilitare il concepimento di un figlio, dal momento che dubita della fertilità del marito. Concede dunque ad Offred di vedersi di nascosto con Nick, uomo giovane e virile; per convincerla, si offre di portarle notizie della figlia e di darle una foto della bambina.

Tra Offred e Nick si stabilirà fortunatamente un contatto umano, anche se Offred dà versioni differenti del loro primo incontro. La prima è un resoconto molto passionale, mentre la seconda dipinge un Nick più affettuoso, che la abbraccia in modo protettivo.

Successivamente, Offred ci parlerà di altri tipi di cerimonie celebrate a Gilead: il Salvaging e la Particicution. Tutte le classi sociali possono assistere al Salvaging, che è in realtà non letteralmente un salvataggio, ma un’esecuzione

pubblica di un condannato di cui non viene esplicitata la colpa. In questo caso

specifico, sono presenti due ancelle e una Wife. La seconda parte del rituale consiste nella Particicution, in cui le Handmaids giustiziano il criminale (un

uomo) a mani nude; l’uomo appare peraltro ridotto in condizioni pietose, in

quanto molto probabilmente è stato prima torturato (è accusato di violenza sessuale verso alcune ancelle). Aunt Lydia soffierà il fischietto, dando il via a questo terribile rituale di violenza animale regolamentata. Ofglen è la più violenta, ma solo perché in realtà anche il condannato faceva parte della resistenza e vuole liberarlo da ulteriori sofferenze, accelerando il momento della morte. La conferma di questa complicità è data dal fatto che, dopo quel giorno, Ofglen scompare, probabilmente giustiziata a sua volta.

Tornata a casa, Offred scopre che Serena Joy ha trovato gli abiti da lei usati nel bordello, cosicché il suo “doppiogioco” viene scoperto e la protagonista si sente in ulteriore pericolo. Medita quindi sulle estreme possibilità a sua

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51 Commander, di impiccarsi, di chiedere aiuto a Nick. Nel frattempo, però, si avvicina a casa loro un furgone nero, impiegato in genere per il prelievo dei dissidenti; Nick in realtà la rassicura ipotizzando che si tratti di agenti del Mayday che la porteranno in salvo. Offred, però, non sa nemmeno se può fidarsi dello

stesso Nick.Il finale è aperto e non si avranno certezze sul destino di Offred, forse

prelevata dal furgone, condotta verso la salvezza o verso la morte.

A conclusione del racconto di Offred, il romanzo presenta un’appendice pseudo-documentaria con note storiografiche, come se l’autrice fornisse le fonti e i documenti a cui si è ispirata. In realtà, le “Historical Notes” sono fittizie e mirano a fornire un controcanto che destabilizza il racconto-confessione del personaggio e il suo statuto di veridicità. Come già anticipato, talora Offred racconta la storia anche inventando dei passaggi, come se, per contrastare la rigida realtà, ricorresse alla forza dell’immaginazione. Il testo ci presenta ora un documento che contiene la trascrizione parziale degli atti di un convegno su Gilead tenutosi vari decenni dopo, quando il regime è ormai caduto. Siamo addirittura al dodicesimo simposio che si sarebbe tenuto riguardo al modello sociale di Gilead. Sappiamo che questo convegno è stato organizzato con i crismi di una convenzione storica internazionale; ci si trova in un luogo semi-fittizio (forse in Canada) nell’anno 2195. Il convegno è presieduto da una professoressa di nome Crescent Moon e la parola viene poi passata ad un professore inglese dal nome anche esso peculiare, in cui la matrice britannica si tinge di esotismo: James Darcy Pieixoto. Dalle premesse di Crescent Moon, si percepisce che la situazione di pericolo e repressione associata alla società dittatoriale di Gilead è sparita e che si è tornati ad una forma di sostanziale equilibrio democratico. Le donne sono, se non altro, autorizzate a leggere e possono svolgere un ruolo importante nella sfera accademica. Anche la situazione climatica sembra essere migliorata.

Pieixoto risulta il curatore del libro che contiene le testimonianze di Offred, sbobinate e riportate in un manoscritto curato dal professore stesso, il cui

contributo sarebbe stato fondamentale per la trascrizione.Ci viene inoltre spiegato

che le fonti sono state una trentina di cassette, ritrovate in un contenitore metallico, deducibilmente risalente al 1955 (Offred, però, parla anche dei movimenti femministi, per cui non è escluso che il periodo fossero gli anni ’70).

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52 Le note, tuttavia, siglano una sorta di violenza epistemica operata sul corpus di Offred, sul suo senso di veridicità e testimonianza. Pieixoto definisce infatti il lavoro suo e del collega come “guesswork”, e, in particolare, scherza perfino sul titolo “Handmaid’s Tale”, dove “tale” è omofono del termine “tail”, che, in gergo, alluderebbe alle parti basse femminili. L’ultima frase del romanzo è “Are there

any questions?”27, domanda implicitamente diretta al lettore, indotto a chiedersi

quale sia la rilevanza effettiva del resoconto dell’Ancella, e, di conseguenza, quanto le sue evocazioni degli orrori della dittatura di Gilead siano affidabili. La “speculative fiction” della Atwood, dunque, si articola a più livelli e incorpora contraddizioni.

La personalità della protagonista

Come si coglie dalla trama, Offred risulta una ragazza dal carattere forte, ma spesso indotta a sentirsi impotente nel contesto del regime e non in grado di gestire la propria vita. Ciò si verifica anche perché la paura di macchiarsi di tradimento e la continua sorveglianza impediscono alle persone di parlare tra di

loro: non c'è modo di fidarsi di nessuno28. Il clima di continuo sospetto è

ulteriormente alimentato dalla presenza degli Eyes, le spie dei servizi segreti, i quali fanno giustiziare i traditori del regime. La protagonista riesce comunque, attraverso le musicassette, a crearsi una dimensione propria, immaginandosi di raccontare la sua storia a qualcuno e presentando in tal modo la propria umanità e un’autonomia di pensiero:

I would like to believe this is a story I'm telling. I need to believe it. I must believe it. Those who can believe that such stories are only stories have a better chance29.

Raccontare è per lei un’àncora di salvezza e una via di fuga; anche se non c’è nessuno ad ascoltarla al momento, esiste sempre la speranza di un interlocutore futuro. Offred esorcizza così il rischio della pazzia, della depressione e

27

Ibidem, p. 324.

28

Heidi Slettedahl Macpherson, The Cambridge Introduction to Margaret Atwood, cit., p. 54.

29

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53 dell’ossessione. D’altro canto, questo la spinge anche a nascondere il suo vero nome ai lettori, come se “custodire” il nome di battesimo le permettesse di salvaguardare la propria identità e sperare nell’esistenza di un futuro diverso e migliore:

I keep the knowledge of this name like something hidden, some treasure I'll come back to dig up, one day. I think of this name as buried. This name has an aura around it, like an amulet, some charm that's survived from an unimaginably distant past. I lie in my single bed at night, with my eyes closed, and the name floats there behind my eyes, not quite within reach, shining in the dark30.

All’inizio del racconto, la protagonista intende comunque rispettare le regole del regime, per paura di essere uccisa. Per questo motivo, anche quando entra per la prima volta a casa del Commander, non parla se non le viene dato il permesso, esattamente come le avevano insegnato durante il periodo di addestramento:

I didn't say anything to her. Aunt Lydia said it was best not to speak unless they asked you a direct question31.

Anche pensare, avere una propria opinione o una propria idea è impedito dalla legge ed Offred è indotta a inibire questa facoltà. Il ponderare potrebbe portare le donne, e in particolare le Handmaids, a ribellarsi contro la società, in quanto l’orrore della tirannia e della repressione diverrebbe lampante alla mente pensante:

I try not to think too much. Like other things now, thought must be rationed. There's a lot that doesn't bear thinking about. Thinking can hurt your chances, and I intend to last […] It isn't running away they're afraid of. We wouldn't get far. It's those other escapes, the ones you can open in yourself, given a cutting edge32.

Ci sono però delle situazioni in cui Offred si ribella attraverso piccoli gesti che potrebbero sembrare insignificanti, ma che in realtà hanno un potenziale contrastivo. Un esempio si rintraccia durante il periodo di addestramento come 30 Ibidem, p. 94. 31 Ibidem, p. 24. 32 Ibidem, pp. 17-18.

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