Capitolo III
Restauro
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3.1 Documentazione fotografica
Prima di effettuare qualsiasi operazione di restauro è necessario descrivere nel dettaglio la composizione dell’opera: materiali e tecniche utilizzate, la storia della sua “vita” fino alla sua degradazione.
La LAT. III, 111. (=2116) è stata quindi sottoposta ad una dettagliata analisi, sia visiva, che fotografica.
La documentazione fotografica prima di ogni intervento diretto sull’opera è estremamente importante. Innanzitutto perché grazie ad un archivio fotografico è possibile rendersi conto delle condizioni del manufatto prima del restauro, e studiare nel dettaglio parti dell’opera che potrebbero sfuggire ad un’analisi personale. Poi, avere un archivio fotografico permette di modificare il piano di restauro nel momento in cui, ad operazione avviata, si rilevino delle problematiche che inizialmente non si erano evidenziate. Quindi avere a disposizione una serie di fotografie-base risulta utilissimo per valutare come si presentava la zona prima dell’intervento.
Non sempre è consigliabile fin da subito un intervento diretto, anche se utile, su un manufatto estremamente rovinato. Fondamento base del restauro, infatti, è preservare l’integrità storico- artistica dell’opera, non certo danneggiarla.
La fotografia, quindi, oltre ad essere la base per un archivio storico degli interventi, è utilissima anche durante le operazioni di restauro, per rilevare i successi dell’intervento ed andare a controllare dove si erano evidenziati i problemi maggiori e pensare a come risolverli al meglio.
Per quanto riguarda la legatura, sono state scattate fotografie sia dai restauratori dello studio, sia da un fotografo professionista, che, munito delle giuste luci ha messo in risalto colori e sfumature e ha preso un centinaio di scatti particolareggiati dell’opera nel suo stato iniziale.
3.2 Rimozione di particolato atmosferico
Sin dal momento in cui è stata creata, esposta per la prima volta e conservata poi nelle segrete del tesoro di San Marco, sulla superficie della coperta hanno cominciato a depositarsi impercettibili particelle di particolato atmosferico.
Con il termine particolato (particulate matter, PM) o polveri totali sospese (PTS) s’intende l’insieme di particelle disperse in atmosfera, solide e liquide, con diametro compreso tra qualche nanometro (nm) e decine/centinaia di micrometri (µm).
Il particolato è composto da una complessa miscela di sostanze, organiche ed inorganiche, presenti sia allo stato solido o liquido che, per le loro piccole dimensioni rimangono sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi. Tra queste è possibile trovare le sostanze più disparate, come sabbia, sostanze silicee di varia natura, sostanze vegetali, composti metallici, fibre tessili naturali e artificiali, sali, elementi chimici e quant’altro.
In base alla natura e alle dimensioni delle particelle possiamo distinguere (Marconi A.,1996):
• gli aerosol, costituiti da particelle solide o liquide sospese in aria e con un diametro inferiore a 1 micron (µm);
• le foschie, date da goccioline con diametro inferiore a 2 micron;
• le esalazioni, costituite da particelle solide con diametro inferiore ad 1 micron e rilasciate generalmente da processi chimici e metallurgici;
• le polveri (vere e proprie), costituite da particelle solide con diametro fra 0,25 e 500 micron;
• il fumo, dato da particelle solide di solito con diametro inferiore ai 2 micron e trasportate da miscele di gas;
• le sabbie, formate da particelle solide con diametro superiore ai 500 micron.
Le particelle sono caratterizzate da una velocità di deposizione al suolo che varia con le dimensioni: abbiamo la deposizione per gravità, che riguarda le particelle più grandi, e quella per diffusione, che riguarda le particelle più piccole.
E’ convenzione, inoltre, suddividere il particolato atmosferico in funzione del diametro aerodinamico nelle seguenti frazioni:
• ultrafine (ultra-sottile): diametro aerodinamico compreso tra 0,01 e 0,1 µm;
• fine (sottile): diametro aerodinamico compreso tra 0,1 e 2,5 µm;
I maggiori costituenti di queste particelle nelle aree industrializzate sono solfati, i nitrati, lo ione ammonio, il carbonio elementare e quello organico; a questi si aggiungono particelle di origine biologica come spore fungine, lieviti, batteri ecc.
• coarse (grossolana): diametro aerodinamico compreso tra 2,5 e 100 µm; essenzialmente prodotte da processi meccanici (erosione, risospensione meccanica o eolica, macinazione). Contengono elementi presenti nel suolo e nei sali marini; essendo inoltre relativamente grandi esse tendono a sedimentare in tempi di poche ore o
minuti, ritrovandosi spesso vicino alle sorgenti di emissione in funzione della loro altezza.
Il seguente schema (Marconi A, 2003) rappresenta la distribuzione dimensionale in termini di massa o volume delle particelle aerodisperse, l’origine e la reazione dinamica tra le particelle ed il mezzo in cui sono sospese:
Schema 12
Un’altra classificazione distingue il particolato di origine primaria e secondaria sulla base dei processi che lo hanno generato: il particolato primario è quello che proviene da sorgenti naturali o antropiche, mentre il secondario è originato da una serie di reazioni chimiche e fisiche che avvengono in atmosfera.
Il particolato risulta essere estremamente dannoso per le superfici artistiche, in quanto contiene al suo interno sostanze acide che reagiscono con lo strato superficiale
dell’opera, e microparticelle organiche che trovano terreno fertile in ambienti ad elevato tasso di umidità relativa, favorendo l’insorgenza di attacchi biotici.
E’ necessario, quindi, svolgere come operazione preliminare un’accurata pulizia delle superfici per eliminare quanto meglio possibile queste tracce.
Sulla coperta si è proceduto con una depolveratura con micro-aspiratore a potenza controllata, un particolare strumento che permette l’aspirazione del particolato con una serie di beccucci capaci di insinuarsi nelle fessure e, attraverso la regolazione della potenza aspirante, è possibile rimuovere in modo più che soddisfacente il deposito superficiale dall’opera. Quest’operazione è stata svolta sia sulla superficie metallica dell’evangelario, sia sulla parte lignea interna.
Immagine 64
3.3 Foglio di guardia ed ex-libris
Come detto in precedenza, applicato al contro piatto anteriore ligneo della coperta, si trovava ancora il foglio di guardia in pergamena appartenuto al volume ora perduto. Per un’accurata pulizia, sia del foglio di guardia stesso, sia dell’asse lignea sottostante, si è pensato di distaccare la pergamena dalla coperta.
L’operazione di distacco è molto delicata e dev’essere condotta con molta perizia, per evitare la rottura del supporto in pergamena e il danneggiamento dell’asse di sostegno.
3.3.1 Membrana di Goretex
Il distacco è avvenuto mediante umidificazione controllata con membrana di Goretex. Questa è una speciale membrana, costituita in PTFE espanso e contiene circa 1,4 miliardi di microscopici pori per centimetro quadrato. Questi pori sono circa 20.000 volte più piccoli di una goccia d'acqua, ma 700 volte più grandi di una molecola di vapore acqueo. Questo fa sì che la membrana sia impermeabile all’esterno, ma traspirante dall’interno. Va a creare, quindi, una sorta di cappa di vapore sulla superficie della pergamena, che permette lo scioglimento della colla che la tiene applicata sulla tavola, senza bagnarla troppo.
Nella struttura PTFE è inoltre presente un elemento oleofobo (resistente agli oli) che, senza ostacolare il passaggio di vapore acqueo, impedisce l'ingresso di sostanze quali oli, cosmetici, repellenti per insetti o alimenti. Questo è fondamentale per evitare contaminazioni dell’opera dall’esterno, già indebolita nella sua struttura dal vapore acqueo.
Immagine 65
Membrana di Goretex applicata tra il foglio di guardia e l’asse lignea
Una volta umidificata la superficie, è stato possibile, aiutandosi con appositi strumenti, quali spatole e bisturi, agevolare il distacco della controguardia.
Immagine 66
Per prima cosa è stato distaccato dal foglio in pergamena l’ex-libris appartenente alla Biblioteca Marciana. Anche quest’operazione è avvenuta mediante umidificazione con membrana di Goretex.
Una volta distaccato, l’ex-libris è stato lavato in acqua deionizzata (a cui, cioè è stata tolta la componente salina mediante l’utilizzo di alcune resine scambiatrici) ad una temperatura controllata di circa 35 °C e deacidificato.
3.3.2 Deacidificazione ex-libris
L’acidificazione della carta è un processo estremamente dannoso per la struttura, in quanto porta ad un progressivo indebolimento, fino a provocare anche fratture e polverizzazioni della stessa.
L’acidità si riscontra nella carta per diversi motivi: sostanze introdotte, acqua particolarmente acida utilizzata durante la fabbricazione (i libri provenienti dalle zone del centro-nord europeo presentano questo problema, proprio perché in quelle zone l’acqua è particolarmente ricca di elementi ferrosi, molto acidi), inchiostri acidi (che spesso ne causano anche la perforazione), inquinamento atmosferico.
L’acidità provoca il degrado della cellulosa, che costituisce quasi la totalità del foglio, generando la formazione di agenti che portano all’imbrunimento dello stesso. Questi prodotti sono a loro volta acidi e causano nuova degradazione.
Diversi sono i sintomi dell’acidità della carta; tra i più comuni ricordiamo:
- la formazione di foxing, zone o macchie bruno-rossastre sul foglio, dal particolare odore molto simile alla liquirizia. Il foxing a lungo andare porta ad un indebolimento della carta tale da renderla quasi trasparente, causando la sua totale disgregazione. - l’inchiostro acido tende a trasferirsi dal recto al verso delle carte, rendendo ardua la lettura di quelle scritte su ambedue le facciate e, in alcuni casi più gravi, perforandole.
Dopo un accurato esame sulla stabilità degli inchiostri ed una misurazione del pH dell’ex-libris mediante un apposito misuratore di acidità, definito pH-metro (consiste di una sonda - un elettrodo a vetro - collegata ad un dispositivo elettronico che raccoglie il segnale della sonda, calcola il valore di pH corrispondente e lo rappresenta su un display), è stato possibile immergere il pezzo di carta in una soluzione satura di idrossido di calcio, una base che andrà a contrapporsi all’acidità neutralizzandola e riequilibrando il pH della carta. L’idrossido di calcio verrà trattenuto, inoltre, dalle fibre, fino a creare una soluzione tampone che permetterà la stabilizzazione nel tempo della carta, riequilibrando qualsiasi mutamento di pH.
Immagine 67 Deacidificazione dell’ex-libris
3.3.3 Consolidamento ex-libris
L’ex-libris è stato successivamente consolidato con metilcellulosa Tylose MH 300 P al 2% applicata a pennello. Con il contatto con l’acqua della soluzione basica, infatti, le fibre della carta tendono a distendersi ed ad indebolirsi, una volta asciutte. Inoltre, con il lavaggio, la superficie perde quel sottile strato di colla che veniva steso sulla carta, durante il processo di produzione, per consentirle una maggiore stabilità ed una minore porosità all’inchiostro.
Viene dunque preparata una colla poco densa in soluzione acquosa: metilcellulosa in acqua al 2%. La metilcellulosa è particolarmente indicata in ambito di restauro, trattandosi di una forma modificata della molecola di cellulosa stessa (idrofila ed adatta a formare gel) e quindi inerte chimicamente con il supporto e solidale con esso nelle deformazioni plastiche. Questa colla viene distribuita in modo omogeneo con un pennello a setole molto morbide, su tutta la superficie della carta, senza lasciare eccessi e operando quando la carta è ancora bagnata. In questo modo la colla penetrerà meglio all’interno delle fibre, che sono ancora dilatate, e asciugherà con il foglio stesso.
Immagine 68
Ex-libris, al termine delle operazioni di deacidificazione e consolidamento
3.3.4 Restauro e pulitura del foglio in pergamena
La pergamena si presentava sporca, disidratata, imbrunita e con i bordi accartocciati; in corrispondenza dei bordi riportava anche delle lacune e strappi marginali.
La superficie è stata accuratamente pulita, tamponandola con della soluzione idroalcolica (soluzione composta al 30% di acqua e al 70% di alcool etilico), insistendo, in particolar modo sulle zone che presentavano un annerimento più ostinato, con un
tampone delicatamente sfregato su di essa. L’alcool della soluzione, assolutamente non dannoso per la pergamena, è indicato per eliminare residui grassi ed oleosi dalle superfici.
La pelle è stata infine reidratata esponendola a vapori di acqua ed alcol etilico.
L’elevato grado di ammorbidimento della pergamena è il risultato dell’azione combinata dei vapori assorbiti di acqua e alcoli. Essi ammorbidiscono la matrice del derma che fissa le fibre di collagene e favoriscono la riorganizzazione strutturale tipica delle fibre di collagene.
Immagine 69
Pulitura della pergamena con soluzione idroalcolica
Immagine 70
Raschiamento dei depositi dalla superficie
Dopo un leggero tensionamento sotto lastra di cristallo, previa umidificazione controllata con membrana di Goretex, per spianare eventuali rigonfiamenti sulla superficie, sono stati risarciti gli strappi della pergamena con budello animale, una membrana molto sottile ottenuta da peritoneo bovino dopo sgrassaggio mediante soluzioni saline, applicato con colla di vescica di storione. Il concetto base del restauro è, infatti, quello di utilizzare quanto più possibile materiali simili all’opera in studio, in questo caso sostanze di origine animale, che non divengano dannose con il tempo, sia dal punto di vista chimico, che da quello meccanico (la pergamena, come tutte le sostanze di origine animale, è infatti molto sensibile alle oscillazioni di umidità, e tende a contrarsi in modo considerevole in base ai cambiamenti climatici).
Le lacune presenti sono state reintegrate con carta giapponese di colore e spessore adeguati.
A restauro ultimato l’ex-libris è stato riapplicato sulla pergamena nel punto esatto in cui si trovava. La controguardia è quindi stata riposta in piano in una cartella confezionata con cartone acid-free, una speciale carta che garantisce una protezione attiva contro le sostanze inquinanti, l'invecchiamento, l'umidita' e la perdita di colore.
3.4 Assi lignee
Una volta tolta la carta di guardia è risultato necessario eliminare i residui di colla e di pergamena rimasti ancora in buona parte ancorati al legno, ed estremamente pericolosi, poiché in ambienti umidi divengono terreno fertile per il proliferare dei microrganismi.
I residui sono stati rimossi mediante umidificazione controllata con soluzione idroalcolica, al 50%. Laddove è stato ritenuto necessario, per i punti più tenaci, si è ricorsi all’utilizzo di spatole e bisturi.
Immagine 71 Particolare
Immagine 72
Particolare del piatto anteriore. Notare la zona pulita da quella ancora ricoperta dai residui superficiali
3.4.2 Agenti biotici
Come detto in precedenza, durante l’analisi xilologica sono stati trovati all’interno del legno numerosi microrganismi, ancora attivi.
Gli agenti biotici costituiscono una delle maggiori cause di deterioramento di manufatti e strutture.
Le cause principali che favoriscono lo sviluppo e la diffusione di questi agenti sono da ricercare nella grande capacità di adattamento degli aggressori, che riescono a svilupparsi anche in ambienti ostili, e nelle frequenti non idonee condizioni degli ambienti di conservazione.
Lo sviluppo e l’azione degli agenti biotici sono condizionati in gran parte da specifici fattori ambientali che ne influenzano il ciclo biologico.
Il fattore che maggiormente favorisce lo sviluppo degli agenti biotici è la presenza di acqua, elemento legato ai valori di umidità nei quali viene conservato il bene.
Lo sviluppo di insetti e microrganismi è possibile, infatti, solo a determinate condizioni di umidità relativa e temperatura.
Schema 13
Condizioni ambientali idonee per lo sviluppo di agenti biotici (Süss, 1991)
Come detto in precedenza, anche polvere ed inquinamento favoriscono lo sviluppo di microrganismi, in quanto nella polvere, oltre ad elementi inorganici, si trova tutta una serie di micro particelle organiche che possono svilupparsi o fungere da nutrimento ad organismi più sviluppati.
3.4.3 Disinfestazione in atmosfera controllata
Grazie alle sperimentazioni in campo agroalimentare, negli ultimi anni si è scoperto che il mezzo migliore per debellare gli attacchi biotici è quello di impiegare biocidi e/o microbiocidi in fase gassosa.
Il processo di disinfestazione è inteso come l’insieme di tutti quei procedimenti che mirano a debellare da un bene o da un luogo, insetti di varia natura (al contrario della disinfezione che riguarda invece muffe e batteri).
La disinfestazione in atmosfera controllata si basa sul condizionamento dell’aria, generalmente privando dell’ossigeno i parassiti e provocandone la morte per anossia. Nel caso della coperta bizantina qui presa in esame, è stato aggiunto all’atmosfera dell’ossido incompleto di ferro, ideale per trattare oggetti molto delicati, in quanto non dannoso.
L’opera è stata quindi chiusa in contenitori di film plastico a barriera di gas, in cui erano inseriti dei sacchetti contenenti la polvere di ossido di ferro (ATCO FTM 2000). Questi sono in grado, infatti, di assorbire fino a 2 litri di ossigeno. Il sistema di base è costituito da polvere finissima di ferro, che utilizza tutto l’ossigeno presente per formare un ossido di ferro non tossico, come, ad esempio, la ruggine. Per impedire che la polvere possa contaminare gli oggetti, è stata contenuta in un sacchetto, permeabile all’ossigeno, ma con tenuta ermetica. La velocità di assorbimento dell’ossigeno dipende dalla temperatura dell’ambiente in cui si sta operando: maggiore sarà la temperatura e minore sarà il tempo occorrente. Questo genere di reazione è esotermica: rilasciando calore aumenta la temperatura circostante, accelerando di conseguenza la reazione. Il materiale dei sacchetti è per questo trattato in modo che l’aumento di temperatura non sia tale da danneggiare l’opera, ed eviti quindi nel contenitore eccessivi mutamenti di umidità relativa.
Immagine 73
Piatto posteriore in disinfestazione
Oltre al condizionamento atmosferico controllato, si è attuata anche una disinfestazione localizzata, applicando nei fori da tarlo un biocida al Permetar, inserito con una siringa per permettere una penetrazione più profonda ed evitare alla superficie dell’opera un contatto eccessivo con la sostanza biocida.
Immagine 74 Disinfestazione localizzata
Il Permetar in Petrolio è costituito da idrocarburi a bassa viscosità. Il suo principio attivo è la permetrina, una molecola insetticida appartenente al gruppo dei piretroidi di sintesi fotostabili (insetticidi a rapida azione, che agiscono per contatto), di cui rappresenta la molecola capostipite.
Il permetar è una sostanza altamente tossica per l’uomo e per questo è necessario prendere diverse precauzioni per l’uso, segnalate nella scheda di sicurezza destinata agli operatori professionali.
3.4.4 Pulitura e restauro
Terminata la disinfestazione, si è proceduto alla pulitura delle assi lignee con Terpene d’arancio.
Questo composto, definito anche limonene, è un liquido incolore ottenuto dalla distillazione dell’essenza di arancia, largamente usato come solvente naturale nell’industria delle vernici.
Si è quindi imbevuto un batuffolo di cotone con una moderata quantità di Terpene d’arancio, e si è tamponata la superficie delle assi lignee, sfregando in corrispondenza delle zone più sporche.
Immagine 75
3.4.5 Fori da tarlo
I fori da tarlo sono stati chiusi con applicazione di una cera microcristallina, adeguata cromaticamente al colore delle assi. Questo particolare tipo di cera è stato realizzato nel corso degli anni ‘50 in collaborazione con il British Museum ed è particolarmente indicata per le operazioni di restauro, poiché nel lungo periodo non produce attacchi acidi sulla superficie, permettendo una conservazione di lunga durata. Inoltre funge da protettivo per le abrasioni e per i mutamenti di umidità.
Immagine 76
Applicazione della cera nei fori da tarlo
I tarli del legno provocano nel legno due tipologie di danno: quello estetico e quello strutturale.
Il danno estetico è provocato dai fori di sfarfallamento degli adulti che costellano la superficie lignea di fori, più o meno grandi. Com’è intuibile, il suo impatto è fondamentalmente di tipo visivo.
Il danno strutturale è causato dalle gallerie larvali che vengono scavate nel legno riducendone le caratteristiche meccaniche, in questo modo viene minata la stabilità della matrice, che perde buona parte della propria forza interna. (Nel caso di
costruzioni in legno questo è una danno preoccupante, perchè può causare anche crolli strutturali).
In ambito di restauro, è necessario definire l’entità del danno, sia visivo che strutturale, e definire se questo può essere tollerabile o meno.
Il concetto di tollerabilità di danno è connesso alla tipologia del manufatto e al suo grado di deterioramento, ma anche al parassita.
Nel caso della legatura bizantina, il danno estetico era rilevante, poiché il tarlo aveva agito in modo massiccio sulla superficie. Grazie all’applicazione della cera è stato possibile restituire al legno la sua floridezza e compattezza originali.
Trattandosi di assi di legno di spessore non troppo elevato, si è riusciti a riempire le gallerie interne con il Permetar applicato in siringa, che, oltre a svolgere un’azione biocida, ha contribuito al consolidamento interno, risolvendo in questo modo anche il danno strutturale.
Immagine 77
3.5 Parti metalliche
3.5.1 Pulitura
Le parti metalliche e gli smalti sono stati puliti con Terpene d’arancio, minuziosamente applicato su tutte le superfici, insistendo nelle zone più ostinate.
Immagine 78 Durante la pulitura
Il lavoro di pulitura ha richiesto ore di attenzione, ed è stato effettuato più volte sulla stessa zona.
3.5.2 Fissaggio degli smalti
Gli smalti sono stati fissati con Paraloyd B72, diluito all’1% in acetone.
Il Paraloyd B72 è un copolimero di durezza media a base di metacrilato di etile e metacrilato di metile (70/30), che si presenta sottoforma di solide gocce trasparenti che vanno fatte sciogliere in idoneo solvente, nel caso specifico qui trattato, l’acetone.
Ha un punto di fusione a 150 °C ed è solubile negli esteri (acetato di etile e di amile), nei chetoni, negli idrocarburi aromatici (toluene), negli idrocarburi alifatici (white spirit) e negli alcoli.
Il Paraloyd B72 è compatibile con diverse resine viniliche ed acriliche.
Il trattamento con questo composto riduce la microporosità superficiale, rendendo l’oggetto più compatto, meno friabile e diminuisce sensibilmente l’assorbimento di acqua sia in superficie, sia in profondità.
Essendo una resina trasparente e resistente nel tempo, non altera i colori del manufatto.
I vantaggi sono molteplici, poiché la pellicola si adatta perfettamente alla superficie e segue i suoi movimenti, specialmente nelle assi di legno, soggette ad oscillazioni termo- igrometriche: questo fa sì che non si producano deformazioni plastiche nel film protettivo. Il Paraloyd B72 inoltre non attrae la polvere ed è molto stabile nel tempo e questo lo rende un’ottima pellicola protettiva e consolidante, di lunga durata e non dannosa.
Il Paraloyd B72 è stato ripetutamente applicato con un piccolo pennello a setole di montone, per permettere il completo consolidamento, profondo e superficiale.
Immagine 79 Fissaggio degli smalti
3.5.3 Applicazione dell’antiossidante
Si è infine applicato sulle parti metalliche un trattamento conservativo finale con cera protettiva antiossidante Soter 502 /OS e/o Soter 501/OC , un prodotto insensibile alle radiazioni ultraviolette e che dà origine, in seguito all'evaporazione dei solventi, ad un film omogeneo impermeabile all'acqua e ai gas, con ottima resistenza all’ ossidazione nei limiti ipotizzabili per gli impianti previsti.
3.6 Realizzazione di un nuovo contenitore
Infine è stato realizzato un contenitore/espositore in plexiglas idoneo per la conservazione e la fruizione, trattato in modo da schermare i raggi IR e UV dannosi per l’opera ed appositamente progettato e realizzato in via sperimentale per la coperta bizantina. La scatola è poco più grande della coperta e la sua caratteristica fondamentale è che è dotata di un leggio semovente, sul quale è stato applicato un materiale antiscivolo. In questo modo esso funge da piano d’appoggio, sia per quando la coperta è chiusa nella scatola e sia per quando viene esposta al pubblico.
Il plexiglas è il polimero del metacrilato di metile. E’ trasparente più del vetro, viene paragonato alla fibra ottica ed è infrangibile: è quindi un ottimo contenitore per un’opera preziosa quale l’Evangelario LAT. III, 111. (=2116).
L’obiettivo era quello di dare una visione chiara e totale degli interventi di diagnostica e conservazione che sono stati attuati sulla legatura bizantina presa in esame, contestualizzandoli storicamente ed iconograficamente.
I risultati delle indagini scientifiche hanno permesso di gettare luce su materiali finora poco conosciuti. In particolare, grazie all’analisi in fluorescenza X, è stato possibile identificare come oro puro il metallo delle formelle con gli smalti cloisonné, ritenuto argento dorato.
La spettroscopia Raman ha permesso di individuare con precisione alcuni degli elementi che costituivano gli smalti, in particolare quelli gialli e bianchi, riconducibili alle antiche lavorazioni del vetro. Inoltre quest’indagine, ha contribuito, insieme all’analisi gemmologica, a scoprire, in alcune delle pietre non ancora note, dei granati e delle archeologiche ossidiane.
Questi risultati hanno fornito un importante contributo alla stesura della descrizione delle tecniche di fabbricazione della legatura.
Inoltre l’analisi al microscopio elettronico ha permesso di rilevare un pericoloso attacco biotico, che ha portato alla pianificazione di un repentino progetto di disinfestazione in fase di restauro.
Diviene in questo modo palese come sia necessaria un’ interazione ed una collaborazione delle varie discipline che si hanno a disposizione. L’una non esclude l’altra e tutte forniscono un apporto indispensabile per il raggiungimento dei risultati finali.
Senza questa collaborazione non sarebbe stato possibile analizzare al meglio la coperta dell’Evangelario bizantino e darle così un significato, senza il quale resterebbe tutt’ora un mero oggetto prezioso e semplicemente bello da guardare.
Molti interrogativi sono rimasti tuttavia irrisolti circa l’identificazione dei codici che la coperta doveva contenere, il periodo esatto nel quale questa è stata realizzata e soprattutto il luogo che ha visto la sua realizzazione.
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