CAPITOLO II
I Medici e le segreterie
Punto focale del presente lavoro sono quegli uomini che, nei primissimi anni di vita del principato mediceo, coadiuvarono i due giovani duchi al governo dello stato. In particolare, l’attenzione si concentrerà principalmente su quelle figure già operative al tempo di Alessandro: uomini d’esperienza, sopravvissuti alla morte del loro primo padrone, che esercitarono e continuarono ad esercitare un ruolo fondamentale e fondamentalmente politico (seppur in molti casi indiretto e mediato, come vedremo) al fianco di Cosimo nei suoi primi anni di governo.
Uomini come Francesco Campana, Angelo Marzi, Ugolino Grifoni, “uomini del dominio”, che durante il principato di Alessandro amministravano “la maggior parte delle faccende di fuori e drento della città
di Firenze”1, possono nella loro totalità essere individuati al tempo di Cosimo
all’interno di quei “pilastri dell’assolutismo dei principi di casa Medici” e “nuovi organi della direzione politica”, secondo la definizione data da Pansini
nel suo allora pioneristico lavoro, che furono le segreterie2.
Già l’Anzilotti individuava nei segretari, quelle figure di cui “i Medici si valgono per tutte le faccende dello Stato e per quelle private della loro casa” (faccende che egli definisce “naturalmente unite e confuse”), lo strumento d’innovazione amministrativa utilizzato dal principe per vivere “la vita del suo dominio” e superare i limiti costituzionali imposti dalle “ordinazioni” del 1532. Le magistrature preposte al disbrigo di determinati affari vengono ora,
1 Cfr. supra, p. 33.
in quest’ottica, controllate dal principe mediante i suoi funzionari permanenti. Tramite i rescritti inviati in risposta ai memoriali giornalieri composti dai suoi segretari, il sovrano può intervenire direttamente nelle vicende dei suoi sudditi, togliendo di fatto una fetta di potere alle magistrature soggette a
rotazione3.
Sebbene una visione così netta di un totale superamento delle precedenti e “repubblicane” differenze tra la città e il suo dominio come quella di Anzilotti
sia stata oramai superata4, non è certo da sottovalutare l’importanza che egli
già attribuiva all’inserimento del personale “di fiducia” del principe nei meccanismi di governo, strategia che come vedremo fu adottata dalla famiglia Medici già nel secolo precedente e nel periodo della restaurazione del 1512.
Vero è, anche, che per vedere la nascita di una serie di effettive riforme istituzionali e amministrative del principato in questo senso bisognerà attendere il 1543, anno della trasformazione del cancelliere delle riformagioni in auditore, seguita subito dopo dall’istituzione della magistratura
dell’auditore fiscale5. Anche la stessa segreteria privata del principe inizierà a
strutturarsi in modo più definito e ad ampliare il suo organico soprattutto a partire dal 1546, ovvero da quando la carica di primo segretario venne
assunta, alla morte del Campana, da Lelio Torelli6.
Esiste dunque, ed è oramai argomento di studio da più di un secolo, un legame profondo tra l’evoluzione delle segreterie nel principato mediceo e i meccanismi di attuazione del potere utilizzati dal duca.
3 A. Anzilotti, La crisi costituzionale della Repubblica fiorentina cit., p. 121-‐148. Una
simile interpretazione della funzione e del “successo” dei rescritti nella Toscana granducale si ritrova in L. Mannori, Il sovrano tutore. Pluralismo istituzionale e accentramento amministrativo nel principato dei Medici (Secc. XVI-‐XVIII), Giuffrè, Milano, 1994, pp. 410-‐413, che affronta la questione dal punto di vista giuridico-‐ istituzionale.
4 E. Fasano Guarini, Potere centrale e comunità soggette nel Granducato di Cosimo I in
L’Italia moderna e la Toscana dei principi cit., pp. 177-‐178, originariamente in “Rivista storica italiana”, LXXXIX, 1977, pp. 490-‐538.
5 F. Diaz, Il Granducato di Toscana cit., p. 85. 6 Ivi, pp. 90-‐92.
Prima di concentrarci sulle figure dei singoli uomini che ne fecero parte, il presente capitolo prenderà in esame le segreterie fiorentine e il ruolo da esse svolto nel governo mediceo dagli ultimi anni del Quattrocento fino al loro
sviluppo nei primi decenni del principato7. Vedremo che, il periodo compreso
tra il 1532 e il 1543, come analizzato da un relativamente recente studio di D’Addario, rappresenta, nella storia dello sviluppo delle istituzioni fiorentine e del controllo imposto su di esse dal principe, “una iniziale opera di consolidamento del nuovo regime”, che sarà seguita da “un lungo periodo (tra
1543 e 1562) di complessa ed organica opera di riforma”8.
Dalla cancelleria fiorentina alla segreteria medicea
Fin dalla tarda età comunale iniziò a delinearsi e a prendere forma l’effettivo peso politico di un apparato apparentemente ausiliario della macchina di governo fiorentina: quello della cancelleria e, quindi, dei suoi funzionari. Al contrario dei membri delle magistrature, sottoposti a un rapido ricambio, questi uomini, inizialmente di esclusiva provenienza notarile,
costituivano un corpo stabile di ufficiali9.
L’apparato cancelleresco fiorentino subì un processo di articolazione nel corso del XV secolo, per raggiungere il culmine con le trasformazioni
adottate durante il periodo delle riforme istituzionali laurenziane10.
7 Sulla questione della continuità tra la pratica cancelleresca del Quattrocento, il
dominio mediceo dei primi del Cinquecento, e i personaggi individuati come “segretari” nel principato di Cosimo I e i suoi successori cfr. F. Angiolini, Dai segretari alle “segreterie”: uomini ed apparati di governo nella Toscana medicea (metà XVI secolo-‐metà XVII secolo), in “Società e Storia”, 58, 1992, pp. 701-‐720.
8 A. D’Addario, Organi legislativi ed attività normativa cit., p. 331.
9 V. Arrighi – F. Klein, Aspetti della cancelleria fiorentina cit., p. 148. Come ricordato da
questo studio, per l’analisi e la storia della cancelleria fiorentina del periodo repubblicano rimane insostituibile D. Marzi, La cancelleria della Repubblica di Firenze cit..
10 V. Arrighi – F. Klein, Segretari e archivi segreti in età laurenziana in La Toscana al
tempo di Lorenzo il Magnifico, Convegno di Studi promosso dalle Università di Firenze, Pisa e Siena, 5-‐8 novembre 1992, Pisa, Pacini, 1996, vol. III, p. 1382.
Negli anni trenta del Quattrocento furono istituite le figure del Secondo cancelliere e del Notaio delle Tratte per rendere la cancelleria in grado di rispondere alle nuove esigenze dello stato fiorentino, il quale aveva ora un’ampia estensione territoriale e si trovava sotto l’egemonia della famiglia Medici. Queste figure furono affiancate a quelle già esistenti di Notaio delle Riformagioni e di Cancelliere (detto anche dettatore o Primo cancelliere). Difatti, al Secondo cancelliere fu affidata la corrispondenza con i rettori del dominio, mentre al Notaio delle Tratte la supervisione dei procedimenti elettorali (che doveva anche verbalizzare). Com’è noto il controllo elettorale era uno dei punti focali del potere mediceo instaurato fin dai tempi di Cosimo il Vecchio, attuato com’era attraverso la presenza di uomini di fiducia tra gli “accoppiatori” incaricati dell’“imborsazione” dei nomi dei candidati alle
magistrature11. Quest’articolazione non rimase costante durante il XV secolo,
e le varie branche della cancelleria potevano essere riunite o scorporate per
aumentare o diminuire i ruoli dei singoli cancellieri12.
Con la riforma operata da Lorenzo il Magnifico, e in particolare con la provvisione del 1483, la cancelleria si trasformò in una struttura gerarchica su tre livelli: al vertice stavano il Cancelliere e il Notaio delle Riformagioni, al livello più basso stava il personale subalterno (i coadiutori), mentre al livello intermedio si trovavano i segretari. Questa figura di nuova istituzione all’interno della cancelleria fiorentina aveva come requisiti l’affidabilità, l’efficienza e l’esperienza maturata a contatto con i processi di formazione della volontà politica. I ruoli di Secondo cancelliere di Notaio delle Tratte
sarebbero stati, infatti, ricoperti da due segretari13.
11 Cfr. N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-‐1594), trad. it., Firenze,
La Nuova Italia, 1971.
12 V. Arrighi – F. Klein, Aspetti della cancelleria fiorentina cit., p. 150. 13 Ivi, pp. 150-‐151.
Lorenzo il Magnifico, nel 1488, aggiunse a questo quadro la cancelleria
degli Otto di Pratica14, alla cui testa pose col titolo di Primo segretario
Francesco Gaddi, uno degli uomini più legati al potere mediceo15.
La figura professionale del segretario era però già comparsa a Firenze: questo titolo è attribuito dagli anni settanta del quattrocento a Niccolò
Michelozzi16 nell’ambito della cancelleria medicea, di cui egli potrebbe essere
considerato il fondatore. La figura del segretario si sviluppò dal momento della sua apparizione nella cancelleria pubblica, permettendovi l’accesso a
personalità di tutt’altro stampo rispetto al passato17.
Risale a questi anni dunque il momento di svolta dell’assetto del personale di governo fiorentino. La provvisione del 1483, citando ancora una volta uno studio di V. Arrighi e F. Klein, “stabilì all’interno della cancelleria fiorentina una gerarchia nuova di funzionari basata sul criterio dell’affidabilità politica individuale, piuttosto che su quello di una professionalità tecnico notarile e fornì un riconoscimento al complesso di competenze che i cancellieri avevano
14 Istituita nel 1480, questa magistratura, creata assieme a quella dei Dodici
Procuratori (che si occupavano degli affari interni e in particolare finanziari), era responsabile della politica estera e delle questioni riguardanti il regime. Cfr. N. Rubinstein, op. cit., p. 243.
15 V. Arrighi – F. Klein, ivi. Sul Gaddi cfr. V. Arrighi, Francesco Gaddi in Dizionario
Biografico degli Italiani, LI, 1998. Nato nel 1441 divenne, a partire dal 1475, uno dei più stretti collaboratori personali di Lorenzo il Magnifico che lo utilizzò anche in missioni all’estero. Nel 1478 fu scelto per la cancelleria dei Dieci di balìa pur senza essere notaio, per questo fu immatricolato all’Arte dei giudici e dei notai a modo di sanatoria. Morì nel novembre del 1504.
16 Per una biografia del Michelozzi cfr. P. Viti, Niccolò Michelozzi in Dizionario
Biografico degli Italiani, LXXIV, 2010. Nato nel 1444, entrò al servizio di Lorenzo il Magnifico nel 1471 dopo avere abbandonato la cancelleria pubblica. Egli divenne suo segretario e il suo collegamento con gli uffici di Firenze. Fu il Michelozzi a inserire elementi di miglioramento nella cancelleria medicea (come la pratica di comporre memoriali onde evitare la lettura di ogni singola lettera), mutuandoli dalla sua precedente esperienza. Egli fu, dopo Lorenzo, segretario personale anche di Piero. Svolse un ruolo importante anche dopo la restaurazione medicea del 1512 e morì nel gennaio del 1526.
nel frattempo assunto”18. Già dal 1471 al centro del funzionariato politico fiorentino di palazzo della Signoria (dove stavano gli uffici della Seconda cancelleria e delle Tratte) se ne aggiunse un secondo: quello del palazzo di via Larga ove risiedeva la cancelleria medicea. L’affidamento, nel 1488, della cancelleria degli Otto di pratica al Primo segretario e, quindi, a una figura distinta da quella di Primo cancelliere, mostra come si fosse oramai giunti anche a una prima forma di superamento del dualismo tra cancelleria medicea e cancelleria pubblica. Figure come il Gaddi e il Michelozzi, operanti come membri ora di una e ora dell’altra cancelleria, rappresentarono l’elemento di cerniera tra i due apparati, permettendo una relazione tra questi e quindi un più stretto controllo e condizionamento mediceo sugli istituti politici
fiorentini19.
La cacciata dei Medici del 1494 non apportò significative modifiche nella struttura della cancelleria, né ricambi troppo marcati di personale, salvo la sostituzione di alcune delle figure più intimamente coinvolte col regime precedente. Ciò avvenne invece nel 1498, quando un ritorno ai sistemi tradizionali di governo modificò anche il sistema di nomina del personale di cancelleria, riportato ufficialmente nell’ambito del Consiglio maggiore. Quei legami tra cancellieri e personale subalterno che il regime laurenziano aveva affievolito furono così rinsaldati, ponendo inoltre le nomine dei coadiutori in mano agli stessi cancellieri (la presenza di uomini di fiducia tra il personale
subalterno era stato uno degli elementi di controllo del regime mediceo)20.
Col rientro dei Medici del 1512 tornarono sulla scena politica anche alcuni dei vecchi e più importanti collaboratori della famiglia: Niccolò Michelozzi fu fatto, da Giuliano di Nemour, Secondo cancelliere, cui erano
18 V. Arrighi – F. Klein, Dentro il Palazzo: cancellieri, ufficiali, segretari in Consorterie
politiche e mutamenti istituzionali in età laurenziana, Firenze, Silvana Editoriale, 1992, pp. 79-‐80, citato in V. Arrighi – F. Klein, Segretari e archivi segreti cit., pp. 1382-‐1383.
19 Ivi, pp. 1382-‐1387.
tradizionalmente connessi anche gli incarichi di segretario principale dei Dieci di Balìa o degli Otto di pratica. Assistiamo quindi allo stabile ritorno di un segretario privato della famiglia Medici alla cancelleria pubblica, altro passo verso un superamento della distinzione netta tra quest’ultima e la cancelleria privata della famiglia, vigente invece nel Quattrocento. Il Michelozzi rappresentò l’elemento di fiducia di Giuliano di Nemour all’interno dei Dieci di Balìa e poi degli Otto di pratica, che in questi anni assunsero anche alcuni compiti di politica interna quali gli approvvigionamenti annonari e la difesa del territorio. Il Secondo cancelliere rivestì così un ruolo più spiccatamente politico del Primo, relegato ora sempre
più a compiti di sola rappresentanza21.
La carriera dei diversi funzionari appare in questo periodo legata alla cerchia di uomini di fiducia cui appartenevano: con l’avvento di Lorenzo duca d’Urbino dall’agosto del 1513 il controllo sulla cancelleria pubblica esercitato dal Michelozzi iniziò a indebolirsi per l’ascesa, in veste di strumento di
direzione e controllo del potere mediceo, di Ser Giovanni da Poppi22. La
carriera di quest’ultimo ebbe fine con la morte del duca d’Urbino, a seguito della quale fece la sua comparsa nella veste di Secondo cancelliere Lorenzo Violi, che rimase in carica fino al 1527. Il Michelozzi, che aveva rinunciato a
tale incarico, continuò a ricoprire invece la carica di cancelliere degli Otto23.
Questi anni sono anche quelli della presenza a Firenze del segretario di Lorenzo duca di Urbino, Goro Gheri. Egli fu tra i suoi più importanti fautori, rimanendo al suo fianco fino alla sua morte e aiutando in seguito il cardinale Giulio de’ Medici (futuro Clemente VII) nel governo della città di Firenze
21 Ivi, pp. 153-‐154.
22 Cancelliere degli Otto e contemporaneamente segretario privato di Lorenzo duca
d’Urbino, svolse anche missioni diplomatiche nell’interesse del suo signore. Fu cacciato il 20 luglio 1520, dopo la morte di Lorenzo. Cfr. ivi, pp. 154-‐155; Ead., Segretari e archivi segreti cit., pp. 1389-‐1390.
fino all’arrivo del Passerini24. Il Gheri produsse un’Istruzione per Roma nel 1519 per papa Leone X in cui suggerì di inviare Ippolito de’ Medici in città quale rappresentante ben definito e stabile del potere mediceo, oltre a raccomandare di mantenere e rafforzare il vecchio sistema basato sulle amicizie della casata, indebolendo la vecchia aristocrazia ma lasciando in
essere, se non per qualche ritocco, le istituzioni repubblicane25. Il segretario
scrisse anche riguardo all’assegnazione delle cariche:
“Lo stato, circa la auctorità io non lo vorei alargare, ma restringere circa li homini; io lo vorrei alargare in questo modo che li honori et le dignità di questa ciptà vorrei che le godessino generalmente li homini da bene et benemeriti et di bone qualità, ma in modo però che si conoscessi differentia da quelli che sono naturali amici della casa alli altri, perché, faccendosi così, li amici sono più contenti et sono più potenti a potere fare fructo quando bisognia per benefitio et conservatione dello stato; et li altri che desidereranno li honori et dignità della ciptà, vedendo farsi pure differentia da chi è amico alli altri, faranno opere et demostrationi di essere tenuti amici per conseguire li loro desiderii.”26
Questo passo potrebbe significare che l’idea di inserire nel governo uomini “da bene” non implicasse che questi fossero necessariamente fiorentini, e che il segretario prefigurasse già l’ingresso di forestieri nelle stanze del potere politico, dotati addirittura di cariche fino a quel momento riservate solo ai cittadini.
Con la seconda cacciata dei Medici e l’avvento dell’ultima repubblica fiorentina, la cancelleria subì nuovamente un ricambio di organico. Nelle posizioni di vertice furono inseriti “cittadini fiorentini non omogenei per ceto
24 Goro Gheri, nato a Pistoia intorno al 1470, dopo aver parteggiato nella sua città
natale per la fazione dei “cancellieri” filomedicei nel primi anni del Cinquecento ed essere poi probabilmente passato al servizio dei membri esuli della famiglia, fu utilizzato da papa Leone X fino al 1515 in missioni di politica estera e interna. Nel 1515 rientrò a Firenze in veste di segretario del duca di Urbino fino alla morte di questi nel 1519 e all’arrivo del cardinal Passerini. Tornò poi a lavorare per la curia pontificia. Ottenne nel 1518 la diocesi di Fano, tenendo il vescovato fino al 1524. Creato da Clemente VII governatore di Bologna nel 1524 vi rimase fino alla morte avvenuta nel 1528. Per una biografia del Gheri cfr. A. Giusti, Gregorio Gheri in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LIII, 2000.
25 R. Von Albertini, Firenze dalla Repubblica cit., pp. 38-‐31, la trascrizione
dell’Istruzione si trova alle pp. 360-‐364 dello stesso volume.
sociale, ma tutti provenienti dall’intellighenzia cittadina”. Ad esempio, Iacopo
Modesti27, pratese, fu sostituito come Cancelliere delle riformagioni da
Silvestro Aldobrandini. Questo mette in evidenza come, agli occhi dei repubblicani, la restaurazione medicea avesse portato in posizioni considerate di stretta competenza “cittadina” uomini “forestieri”. I ruoli del Primo e del Secondo cancelliere rimasero tuttavia invariati, molto probabilmente per lo svuotamento di potere subito dalla prima carica e, per la seconda, perché il
Violi, oltre a essere fiorentino di origine, aveva simpatie savonaroliane28.
Una trattazione piuttosto ampia di un periodo che esula di molti anni da quello preso qui in esame, è utile per comprendere come i segretari personali della famiglia rappresentassero un utile strumento di controllo e di indirizzo delle faccende di governo almeno fin dalle riforme laurenziane, e quindi uno degli elementi fondamentali del “sistema mediceo”. La segreteria pubblica andò sempre più confondendosi con quella privata della famiglia Medici in un periodo in cui, tuttavia, il potere era ancora esercitato da questa con gli strumenti concessi da una costituzione repubblicana.
Bisogna infine considerare che alcuni degli uomini che figurano incasellati nella segreteria del principato, come vedremo tra poco, fecero la loro apparizione sulla scena fiorentina in questi anni. Lo stesso vale per gli esponenti più importanti della famiglia Medici nelle vicende del 1530 (uno su tutti, Giulio de’ Medici), i quali videro in prima persona e fecero diretta esperienza di questi ultimi anni di governo attuato secondo il tradizionale “sistema mediceo”, per quanto perfezionato.
27 Nato a Prato nel 1463, dopo aver studiato diritto a Pisa, ottenuto la qualifica di
notaio e aver svolto incarichi per il suo comune nei primi anni del Cinquecento, entrò nella cancelleria pubblica fiorentina come cancelliere delle Riformagioni nel 1515 (avendolo richiesto direttamente a Giulio de’ Medici). Abbandonato l’ufficio nel 1527, vi rientrò nel 1530. Morì sul finire di quello stesso anno. Per la sua biografia cfr. V. Arrighi, Iacopo Modesti in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXXV, 2011.
La segreteria dalla repubblica al principato
Come ricordato dal Rubinstein, gli storici fiorentini contemporanei di Cosimo I individuarono i fondamenti del principato proprio nel sistema di governo mediceo quattrocentesco utilizzato da Cosimo il Vecchio dal 1434. Perfezionato da Lorenzo, questo divenne il modello della restaurazione
medicea del 151229.
Emerge, dall’Instructione30 che papa Leone X inviò al nipote Lorenzo duca
di Urbino nel 1513, che tale restaurazione si imperniò sui cardini del regime laurenziano proponendosi di rafforzarlo, ponendo l’attenzione sul controllo delle magistrature principali della Signoria, dei Dieci di Balia e degli Otto di Guardia e sulla soddisfazione per quanto possibile delle aspirazioni degli ottimati. Proprio da questo testo, come ha rilevato Von Albertini, emerge l’idea di una “politica non di istituzioni, ma di persone”, da unire a un accorto atteggiamento verso gli ottimati che detenevano le magistrature del potere cercando tuttavia di non favorire singole fazioni o famiglie. Anche la
giustizia, secondo l’Instructione, doveva essere impartita equamente31. Il
pontefice consiglia inoltre il duca di Urbino di inserire persone di fiducia nelle magistrature in grado di informarlo sugli umori e decisioni di queste “et questo tutto … puoi per via di M. Niccolò Michelozzi, o qualche altro bono et
fidato instrumento, fare simile opera”32, un atteggiamento che si lega
all’importanza che rivestiranno i segretari delle magistrature pubbliche nelle prime fasi del principato.
29 N. Rubinstein, Dalla Repubblica al principato cit., pp. 159-‐162.
30 Instructione al Magnifico Lorenzo a cura di T. Gar, in “Archivio Storico Italiano”, I,
Appendice, 1842-‐1844, pp. 293-‐306.
31 R. Von Albertini, op. cit., pp. 25-‐26. L’autore vede in questo un atteggiamento che
riemergerà dal 1530, cioè quello di combattere le varie “fazioni” e “giungere a una legale eguaglianza tra cittadini”.
32 Ivi, p. 300. Ancora il Michelozzi che, come abbiamo visto appunto, rimarrà sulla
Il definitivo rientro dei Medici nel 1530, con la modifica costituzionale del 1532 che conseguì, arrivò dunque in un momento in cui la pratica di utilizzare uomini di fiducia, segretari e soprattutto segretari privati, per controllare gli apparati governativi risultava già essersi imposta da tempo nelle strategie adottate dalla famiglia per garantirsi il potere.
Alla vigilia della riforma istituzionale gli organici comprendevano un Primo cancelliere, un Primo cancelliere delle rifomagioni, un Primo cancelliere delle tratte, un Primo cancelliere della Signoria alle lettere del dominio, il Notaio dei Signori e un Primo cancelliere degli Otto di pratica.
Ognuna di queste figure era affiancata da un numero variabile di coadiutori33.
La capitolazione del 1530 implicò un ricambio del personale nella cancelleria pubblica fiorentina.
Proprio in questa fase avranno un ruolo importante anche due “segretari
medicei” in precedenza ricordati: Angelo e Pier Paolo Marzi34, entrambi
facenti parte della cancelleria fiorentina ai tempi della restaurazione medicea
precedente all’ultima repubblica35. Pier Paolo, dalla segreteria pontificia, si
occupò di trasmettere le direttive di questa alla cancelleria fiorentina dove lavorava il fratello. Esiste, infatti, un registro, studiato da Vanna Arrighi e Francesca Klein, che raccoglie le lettere scambiate tra i due tra l’ottobre 1530
e il gennaio del 153136. Da questo emergono i principi di “selezione del
33 V. Arrighi – F. Klein, Aspetti della cancelleria fiorentina cit., p. 161. 34 Cfr. supra, p. 31.
35 Si rimanda al cap. III del presente lavoro per una visione completa della carriera di
Angelo Marzi al servizio della famiglia Medici. Angelo entrò nella cancelleria degli Otto di pratica nel 1516 come “Cancelliere del Gonfaloniere” operante sia nella prima che nella seconda cancelleria. Pier Paolo faceva parte della cancelleria dal 1514. Entrambi servirono dal 1519 Giulio de’ Medici come suoi segretari. Cfr. V. Arrighi – F. Klein, op cit. p. 156, e Ead., Recare indubitato honore alla patria. Profilo di Angelo Marzi da San Gimignano segretario mediceo in I ceti dirigenti in Firenze dal gonfalonierato di giustizia a vita all’avvento del ducato, Comitato di Studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana. Atti del VII Convegno, Firenze 19-‐20 settembre 1997, Lecce, 1999, pp. 145-‐146.
36 ASFi, Carte strozziane, II, 149, “Sustanzia di lettere ricevute da messer Pier Polo
personale di governo operanti nella riorganizzazione del sistema di potere mediceo … molte delle sue direttive riguardano infatti l’assegnazione di incarichi nella cancelleria pubblica secondo il criterio di una provata fedeltà personale”; emerge inoltre già una certa preferenza accordata per uomini non fiorentini. Valga qui intanto ricordare che Iacopo Modesti fu reintegrato come cancelliere delle Riformagioni e prima di morire patrocinò l’ingresso nel
funzionariato mediceo di Iacopo Polverini37, “sottocancelliere”. Il ricambio di
personale fu limitato ancora una volta ai ruoli di vertice dell’apparato, e in taluni casi si preferì non scalfire il potere carismatico assunto da alcune figure (come appunto il Violi o il Modesti) limitandosi a porre al fianco dei vecchi cancellieri nuove persone di fiducia. Ricordiamo infine che Francesco Campana fu nominato Primo cancelliere nel maggio del 1531 proprio in
questo contesto38. Egli, stando al Varchi, una volta entrato in servizio aveva,
“con pessimo esempio, cominciato a corrompere le scritture delle memorie pubbliche, scrivendo in sul libro chiamato comunemente Priorista di Palazzo, a piè delle Signorie [novembre-dicembre 1530] quello che gli dettava non la
verità, ma l’adulazione”39, tanto che terminò anche la pratica di scrivere le
lettere sul registro della Prima cancelleria40.
Dal 1532 il Cancelliere della Signoria alle lettere entro il dominio fu adibito alla cancelleria del Magistrato dei Consiglieri (che aveva ereditato le competenze giurisdizionali della Signoria), mentre rimanevano in essere le figure di Primo segretario (attribuita, ancora, al Campana, al titolo si aggiunsero anche quelli Gran cancelliere e guardasigillo), Segretario delle Riformagioni, Cancelliere delle Tratte e Cancelliere degli Otto di pratica. Le
l’assedio de 1530 ricevute da Roma d’ordine di papa Clemente VII”, cfr. Ead., Aspetti della cancelleria fiorentina cit., p. 159.
37 Sul Polverini cfr. supra, p. 26.
38 V. Arrighi – F. Klein, Aspetti della cancelleria fiorentina cit., pp. 159-‐162 (la cit. è a p.
159).
39 Varchi, op. cit., vol. II, p. 403, l’integrazione appartiene a Demetrio Marzi, cfr. D.
Marzi, op. cit., pp. 325-‐236.
nomine degli ufficiali, fin dal 1532, iniziarono a dipendere in larga parte dall’intervento diretto del duca, che poteva in questo modo assicurarsi un rafforzamento dei vincoli di fedeltà degli ufficiali della cancelleria nell’ottica di un disegno di forte centralizzazione. In quest’assenza di una procedura uniforme delle nomine fu favorita anche la trasmissione ereditaria degli
incarichi che dette vita a dei “lignaggi amministrativi”41.
Dal 1530 fu imposto infine un contenimento ai salari pagati dalle casse pubbliche, mentre contemporaneamente la Depositeria, tesoreria personale del duca incaricata del pagamento del personale di corte, iniziò una politica di assegnazioni e gratifiche finanziarie. Secondo il più volte citato studio di Arrighi e Klein, risulta che coloro che figuravano come stipendiati del Monte delle graticole (e quindi stipendiato dalle pubbliche finanze) non figuravano in genere come stipendiati della Depositeria e viceversa, almeno per i primi
anni di vita del principato42.
La segreteria di Alessandro e Cosimo
S’inizia a delineare nuovamente una distinzione, da principio quantomeno a livello formale, tra il personale della cancelleria pubblica e i segretari direttamente dipendenti dalla corte.
Anche per quanto riguarda le nomine dei cancellieri pubblici, nonostante la forte influenza della volontà del duca che abbiamo visto essere un elemento centrale all’inizio del principato di Alessandro, continuò a persistere una certa presenza delle magistrature demandate del Senato dei Quarantotto e del
41 Ibid.
42 Ivi, p. 163. Negli anni ’40 ci saranno invece alcuni casi di persone stipendiate da
entrambe le camere, come ad esempio Giovanni Conti dal Bucine pagato sia come segretario ducale dalla Depositeria, sia come Cancelliere delle lettere del contado dal Monte delle graticole nel 1546. Dal 1543 inoltre la cancelleria degli Otto di pratica risulta ricevere provvisioni dalla Depositeria.
Magistrato Supremo, se non altro, attraverso la ratifica formale delle
elezioni43.
Giunti al potere per via legale, riconosciuti come la famiglia preminente a Firenze grazie al diploma di Carlo V e, in seguito, alle “ordinazioni”, i Medici si trovavano ora a far fronte a una situazione effettivamente diversa rispetto a quella della passata restaurazione. Esisteva un capo riconosciuto nella figura del duca, e le precedenti preoccupazioni di controllare il governo pur mantenendo l’apparenza di repubblica non sussistevano più. Lo sforzo era tutto volto in questi anni, semmai, a consolidare quello che era stato acquisito. I segretari, specie nel loro duplice ruolo di consiglieri e collaboratori privati quando svolgevano il loro ufficio presso la corte, e di ufficiali con una funzione istituzionale quando ricoprivano incarichi all’interno della cancelleria pubblica, svolsero ancora un ruolo importante nell’affermazione e nel consolidamento del potere del duca. Essi si mostrarono come figure esperte e sostanzialmente allineate alla sua stessa volontà, e lo affiancarono nel governo del principato nei suoi primi e difficili anni di vita.
In questa prima fase del principato, infatti, le “ordinazioni” furono superate attraverso, come ancora ricorda lo studio di Vanna Arrighi e Francesca Klein, lo “spostamento del baricentro decisionale dalle magistrature istituzionali all’apparato degli uffici di segreteria”, ma è anche vero che “sia Alessandro che Cosimo fecero leva sugli uomini e i dipartimenti della cancelleria tradizionalmente considerata pubblica, oltreché sulla compagine dei propri
segretari personali”44. Ciò non toglie che i funzionari fissi rappresentassero la
soluzione pratica (sebbene non definitiva) alla dualità di poteri che le
43 Ivi, pp. 162-‐163: le autrici riportano come esempi l’elezione del Segretario delle
tratte del 1537 ratificata dal Senato e quella del Primo auditore nel 1546 da parte del Magistrato supremo; a quell’anno risale inoltre la nomina a Primo segretario di Lelio Torelli, succeduto al Campana, ratificata sempre da quest’ultimo magistrato.
“ordinazioni” avrebbero dovuto garantire45, ma questa strategia, sebbene inserita nella linea tracciata nel secolo precedente dalla famiglia Medici, necessita di essere osservata nel suo particolare.
Per gli anni di Alessandro, come abbiamo visto, fondamentale fu il ruolo di tutti quegli uomini che, inviati da Roma o provenienti da un’esperienza di servizio nella vecchia cancelleria o alle dipendenze di un altro membro della famiglia, si occuparono del governo e lo indirizzarono secondo le direttive papali. Figura del genere abbiamo visto essere ad esempio Angelo Marzi,
presente nella cancelleria pubblica, e soprattutto Francesco Campana46, il
quale “riassume nella sua storia quella di buona parte dei collaboratori del
duca di Firenze”47 e fu cancelliere pubblico di altissimo rilievo.
Sia qui brevemente accennato che un personaggio su cui non è stato possibile ottenere quasi alcuna informazione, ma che figurò nella cancelleria di Alessandro almeno fino al 1533 fu un certo Lodovicus Peraccenum, il quale si occupò della scrittura formale di alcuni atti del governo
alessandrino48.
La figura del duca, che nel tempo si andò configurando come il centro delle decisioni di governo, non fu disgiunta dalla propria segreteria, seppur “privata”: è, a mio avviso, in quest’ottica che possiamo leggere il fatto che fin dal 1535-1536 le spese di cartoleria per la cancelleria medicea venivano
pagate non dal tesoro privato del duca, ma dalla Camera dell’arme49.
La differenza tra cancelleria pubblica e segreteria medicea apparirà tuttavia più marcata, per quello che riguarda le competenze politico-amministrative, durante il governo di Cosimo I. Con lui la figura del segretario di corte,
45 O. Rouchon, op. cit., p. 74.
46 B. Litchfield, Emergence of a bureaucracy cit., p. 77. Cfr. inoltre supra, p. 16; 47 F. Angiolini, op. cit., p. 706.
48 La notizia della sua presenza nella segreteria si trova in D. Marzi, op. cit., p. 327. Un
atto, da lui redatto e firmato a nome del “Dux et consiliarij” della repubblica Fiorentina nel dicembre del 1533, si trova in ASFi, Mediceo del Principato, 6428, cc. 1-‐ 2.
“mediceo”, sarà ben distinta da quella di segretario “pubblico” inteso come
longa manus del duca nelle magistrature. Tale prerogativa sarà invece quella,
principalmente, degli auditori, una figura della cancelleria pubblica maggiormente istituzionalizzata di emissario del duca nelle varie magistrature
di competenza50; questo fu infatti uno dei capi d’accusa che i fuoriusciti
mossero contro Alessandro a Napoli di fronte all’imperatore51. I due apparati,
pubblico e privato, della cancelleria rimasero comunque contigui, e in questi anni quello che li unì fu, più che una riforma istituzionale, la circolazione degli uomini che ne facevano parte che si trovarono in alcuni casi a ricoprire ruoli importanti sia in ambito della segreteria di corte, sia in ambito della
cancelleria pubblica52, come anche il continuo scambio epistolare, o “a
bocca”, che possiamo notare tra i segretari privati che si occupavano di
riferire le direttive del principe53. La segreteria ducale inoltre cambiò sede
proprio nei primi anni di governo del duca Cosimo: dalla sede tradizionale del palazzo dei Medici in via Larga fu trasferita a Palazzo della Signoria assieme alla famiglia e alla corte ducale, nel maggio del 1540. Qui rimarrà ancora
quando Cosimo eleggerà a residenza privata Palazzo Pitti nel 155054. Da un
inventario del 1553, citato da Ilaria Domenichini nel suo lavoro, possiamo
50 Ivi, pp. 706-‐707.
51 A. Anzilotti, La costituzione interna cit., pp. 120-‐121; M. Rastrelli, Storia di
Alessandro cit., vol. II, p. 107. E’ da notare come qui i fuoriusciti accusino Alessandro di servirsi come “auditori suoi particolari” di persone “eziandio ecclesiastiche, contro la disposizione delle medesime leggi, e ordini civili”. Effettivamente, anche Angelo Marzi, vescovo di Assisi, risulta tra i segretari preposti alle suppliche già al tempo di Alessandro (cfr. supra, pp. 25-‐26).
52 E’ il caso ad esempio di Lelio Torelli, come meglio vedremo nel cap. III, il quale, già
sotto Alessandro venne creato auditore alle cause civili sul finire del principato (cfr. Anzilotti, ivi), oltre a essere segretario del duca fu creato auditore anche da Cosimo nel 1539 e primo segretario e auditore della giurisdizione nel 1546. Cfr. G. Pansini, op. cit., XXIV-‐XXV e V. Arrighi – F. Klein, op. cit., p. 164.
53 Cfr. il cap. IV del presente lavoro.
54 Ibid.; S. Bertelli, Palazzo Pitti dai Medici ai Lorena in La corte di Toscana dai Medici
ai Lorena, Atti delle giornate di Studio, Firenze, Archivio di stato e Palazzo Pitti, 15-‐16 dicembre 1997, a cura di Anna Bellinazzi e Alessandra Contini, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2002, pp. 11-‐13.
trarre una descrizione dello spazio fisico in cui i segretari si trovavano a dover lavorare. Gli uffici della segreteria erano molto probabilmente collocati a Palazzo Vecchio sotto la Depositeria, ed erano scarsamente arredati: tre deschi, due lucerne, due panche e quattro calamai di pietra, con
probabilmente solo un camino per riscaldare la stanza in inverno55.
Fin dai primissimi giorni, il giovane duca appena eletto fu circondato da quegli stessi uomini che avevano servito nella segreteria, fosse essa privata o pubblica, al tempo di Alessandro. Come molto probabilmente doveva essere
la situazione precedente56, fintanto che rimasero nell’ambito della segreteria
privata essi non parvero adempiere a funzioni istituzionalmente ben definite. I loro ruoli, che saranno meglio descritti nei capitoli III e IV di questo lavoro, furono quelli di consiglieri ed esecutori della volontà del principe, che si serviva di loro come rappresentanti all’estero e nelle trattative, come ambasciatori, o semplici uomini di fiducia demandati al disbrigo di singoli e
paricolari affari57. Per dirla con le parole di Pansini “i poteri e la sfera di
influenza di ciascuno di essi erano determinati dall’arbitrio del principe”58.
Elena Taddei, riferendosi al periodo cosimiano, riporta che i segretari “erano senz’altro più numerosi [degli auditori] … alle strette dipendenze del duca, vengono da lui impiegati nelle più diverse attività, dalla semplice mansione di scrivani, all’incarico ben più delicato di ambasciatori presso altri stati o di
55 I. Domenichini, op. cit., p. 87; uno studio su questo inventario (ASFi, Libro dei
debitori e creditori della guardaroba di sua eccellenza illustrissima, n. 28) compare in C. Conti, La prima reggia di Cosimo I de’ Medici nel palazzo già della Signoria di Firenze descritta e illustrata coll’appoggio d’un inventario inedito del 1553 e coll’aggiunta di moli altri documenti, Firenze, Giuseppe Pellas Editore, 1893.
56 Se le lettere scritte per iniziativa diretta dei segretari privati presenti nel registro di
copialettere ASFi, Mediceo del Principato, 181 (risalente al 1534-‐1535) sono molto poche, queste aumentarono di numero per i primi anni di governo di Cosimo (ASFi, Mediceo del Principato, 182-‐183), ma rimasero comunque limitate.
57 F. Angiolini, op. cit., p. 706. 58 G. Pansini, op. cit., p. XXVII.
inviati in missioni speciali … sottopongono alla visione del duca le suppliche
a lui indirizzate, tengono la corrispondenza e scrivono per lui i ‘rescritti’”59.
Come anticipato, una funzione istituzionalmente più definita era quella degli auditori (lo stesso vale anche per le altre cariche inserite nelle varie magistrature con un titolo di cancelleria pubblica, come ad esempio i
provveditori60), che cresceranno di numero, si definiranno nelle loro funzioni,
e acquisteranno una grande rilevanza politica a partire dall’opera di
riorganizzazione avviata da Cosimo dopo il 154361. Tre saranno le cariche
create con questo nome: l’Auditore delle riformagioni (nome che assumerà il vecchio Notaio delle riformagioni) e l’Auditore fiscale riuniti nella figura di Iacopo Polverini, e l’Auditore della giurisdizione (creato nel 1546, il ruolo fu
ricoperto fino al 1576 da Lelio Torelli)62. Citando ancora una volta Elena
Taddei, l’auditore “ha un ruolo indubbiamente più impegnativo ed anche più indipendente; può essere definito un ministro, il responsabile di determinati settori degli affari di Stato. E’ uno stretto collaboratore del duca con il compito specifico di partecipare alle riunioni delle principali magistrature cittadine, portando in esse la voce e la volontà del duca, sia di riferirgli sull’attività delle stesse … gli Auditori arrivano al servizio del duca perché esperti nei rispettivi settori; sono dottori in materie giuridiche, ed hanno alle
spalle anni di attività ed esperienza”63.
Questi funzionari pubblici divennero importantissimi per il controllo sulle magistrature. Ad esempio il Magistrato supremo, che come abbiamo visto non ricoprì il ruolo che gli era inizialmente stato assegnato dalle “ordinazioni” e si trasformò in un tribunale d’appello, diventando con gli anni in grado di
59 E. Taddei, L’Auditorato della giurisdizione negli anni di governo di Cosimo I de’
Medici. (Affari beneficiali e problemi giurisdizionali) in Potere centrale e strutture periferiche nella Toscana del ‘500, a cura di G. Spini, Firenze, Olschki, 1980, p. 30.
60 F. Angiolini, op. cit., p. 708; B. Litchfield, op. cit., p. 80. 61 Supra, pp. 50-‐51.
62 Cfr. F. Diaz, op. cit., pp. 89-‐101; sugli auditori cfr. A. Anzilotti, La costituzione interna
cit., pp. 119-‐165.
funzionare solo grazie all’opera dell’auditore o del cancelliere, che decidevano le cause più importanti. Come ben delineato da Stumpo, le cariche a rotazione finirono per diventare un semplice cursus honorum proprio con l’affermarsi di questo personale tecnico permanente, a cui erano demandate le
decisioni più importanti64. Gli auditori, specie dopo la riforma del 1543,
rappresentarono degli uffici creati al di fuori dei limiti costituzionali della vecchia repubblica che permisero al duca di intervenire in maniera istituzionalmente ben definita negli affari di stato (assieme alla Pratica segreta, organo collegiale nato intorno al 1545 che comprendeva, appunto,
anche gli auditori)65. Cosimo tuttavia impose agli auditori, oltre che
l’obbedienza alla sua volontà, anche il massimo rispetto, quantomeno nella ritualità, della preminenza sociale dei magistrati, esponenti della classe
aristocratica fiorentina66.
Questi “strumenti di controllo” del principe, un “apparato che ne eseguiva
gli ordini, e da un lato ne rafforzava, dall’altro ne mediava i poteri”67, che ben
si inseriscono nel continuum della linea tracciata dalla tradizionale strategia medicea, appartenevano dunque alla cancelleria pubblica. Una figura molto importante come il Primo segretario (dal 1546) Lelio Torelli, quando agisce e parla in nome del duca, lo fa come auditore; lo stesso vale ad esempio per un
personaggio come Iacopo Polverini68. La polivalenza di questi personaggi
64 E. Stumpo, I ceti dirigenti in Italia nell’età moderna. Due modelli diversi: nobiltà
piemontese e patriziato toscano, in I ceti dirigenti in Italia in età moderna e contemporanea, Atti del Convegno, Cividale del Friuli, 10-‐12 settembre 1983, a cura di A. Tagliaferri, Udine, Del Bianco, 1984, pp. 175-‐179.
65 A. D’Addario, op. cit., pp. 337-‐340.
66 E. Fasano Guarini, I giuristi e lo stato nella Toscana medicea, in Firenze e la Toscana
dei Medici nell’Europa del Cinquecento cit, vol. I, pp. 239-‐240. Cfr. inoltre F. Angiolini, op. cit., p. 707.
67 Ead., Principi e territori in Italia: il caso toscano tra Cinque e Seicento, in L’Italia
moderna e la Toscana dei principi cit., originariamente in La società dei principi nell’Europa moderna (secoli XVI-‐XVII), a cura di C. Dipper e M. Rosa, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 277.
ribadisce semmai una volta di più la delimitazione a livello di competenze e di sfera d’azione che separava le due diverse segreterie.
Anche la segreteria privata conobbe, tuttavia, uno sviluppo notevole sotto Cosimo, sebbene le informazioni reperibili e gli studi in proposito rendano questo processo riscontrabile per un periodo successivo a quello trattato in questo lavoro.
L’organico della segreteria ducale passò tra il 1543 e il 1558-1559 da 9
segretari a 1869 e fu principalmente sotto il primo segretario Lelio Torelli
(quindi a partire dal 1546) che questa iniziò ad espandersi ed articolarsi in modo più definito. Parallelamente all’aumento dell’organico, infatti, assistiamo anche a una più ricca articolazione dei compiti delle diverse figure
della segreteria70.
Il Primo segretario, carica notevolmente meno istituzionalizzata rispetto a quelle della cancelleria pubblica, si configurò già, e forse sarebbe meglio dire soprattutto, come vedremo meglio attraverso i prossimi capitoli, al tempo del
Campana come principale consigliere e ministro del Duca71. Egli si occupava
di controllare i suoi sottoposti e di distribuire gli incarichi, ed era in sostanza il vertice della cancelleria medicea. Una più volte citata memoria secentesca, risalente probabilmente al 1605, elenca le mansioni del “Primo segretario e auditore”, descrivendo sostanzialmente le mansioni che si erano accumulate negli anni in mano a Lelio Torelli e, successivamente, a Bartolomeo
Concino72.
Un'altra memoria, senza data né autore, già individuata da Pansini come appartenente al periodo del Primo segretario Torelli, descrive il
69 V. Arrighi – F. Klein, op. cit., p. 164. 70 F. Diaz, op. cit., pp. 90-‐92.
71 Ibid.
72 ASFi, Carte Strozziane, I, 15, c. 28; cfr. G. Pansini, op. cit., p. XXVII e F. Diaz, op. cit.,
funzionamento che doveva avere la “segreteria di camera”, e la riportiamo qui
nella trascrizione di Pansini73:
Alla persona di Sua Excellentia assista ogni giorno uno dei segretari per ordine.
Alla segreteria comparischino i segretari almeno una volta il giorno perché si possi far distributione de le faccende.
Tutte le lettere et patenti et speditione di qual si vogli sorte, che vanno fermate dalla mano di Sua Excellentia si debbono scriver et metter in netto di man propria delli sgretarii.
Non possa nelle cose et speditioni della segreteria metter mano né a scriver, nP a regestrar, né ad altro alcuna persona la quale non sia descritta et nominata nel numero o dei segretari, o dei cancellieri o de li auditori o dei regestratori.
Ogni segretario tenghi regestro di tutte le sua speditioni, qualunque si siano et in fine ogni mese facci metter in netto dal suo cancelliere il registro di tutto il mese, et si consegni al primo segretario il quale habbi cura di farlo conservare nell’archivio delle scritture a ciò deputato.
Tutte le patenti et speditioni aperte siano soscritte dal medesimo segretario che e scrive, oltre la mano del primo segretario.
Non si ponga il sigillo ad alcuna speditione aperta senza la mano del primo segretario et senza la registratura.
Degli emolumenti non si ecceda la tassa, et tutta la tassa si paghi in una sola volta et in un luogo solo.
Chi non serve non partecipi, ma chi fosse absente per servitio et ordine del signor Duca, tanto partecipi, come se fosse presente.
Giusto per evidenziare un’altra differenza tra le due figure, accenniamo qui al fatto che, proprio perché non stipendiati dal Monte delle graticole, possiamo osservare che molti dei segretari erano intenti a supplicare il sovrano per ottenere benefici ecclesiastici per se stessi o i propri parenti, cosa che invece non accade per gli auditori. La concessione di benefici ecclesiastici divenne, infatti, uno dei metodi di pagamento maggiormente utilizzato dai duchi per ricompensare i propri fedeli segretari, tanto che in questo campo Alessandro, e soprattutto Cosimo, profusero molte energie visti
i frequenti problemi che questa pratica comportava74. E’ emblematico, a mio
73 ASFi, Miscellanea Medicea, 29, c. 20, anonima e senza data. Trascitta in G. Pansini,
op. cit., pp.. XXIV-‐XXV.
74 E. Taddei, op. cit., pp. 36-‐76; basti qui ricordare la spinosa contesa tra Cosimo I e
papa Paolo III per assegnare il beneficio dell’Ospedale di Altopascio al segretario Ugolino Grifoni. Anche il Campana, come lascia intendere una supplica del 1546 in cui viene richiesto un beneficio a lui appartenuto, era stato ricompensato nel 1531 in questo modo. Quando stava per ottenere il beneficio nel 1531, il supplicante dice che
avviso, che il Rastrelli, parlando dell’inimicizia nata tra il duca Alessandro e papa Paolo III, si riferisca a un non meglio precisato provvedimento con cui il duca “proibì l’attendere qualunque disposizione ecclesiastica da lui [il
pontefice] emanata sopra la collazione dei Benefizi”75. Appare piuttosto ovvio
che, fintantoché fu in vita Clemente VII, non dovettero sussistere troppi problemi nell’assegnazione di queste gratifiche per il duca Alessandro.
In definitiva, possiamo assumere che una maggiore istituzionalizzazione e definizione delle cariche della segreteria medicea, come anche probabilmente una più marcata distinzione tra le attribuzioni di questa rispetto alla cancelleria pubblica, si ebbe principalmente sotto Cosimo, e ancor di più dalla riorganizzazione avviata dopo il 1543. Non bisogna comunque dimenticare che il Campana, figura sicuramente di primissimo piano in questi primi e convulsi anni di vita del principato, rivestiva a partire dal 1531 anche una carica nella segreteria pubblica, come anche Angelo Marzi o il De Statis. La differenza tra la funzione svolta dai segretari pubblici e privati risultava probabilmente delineata, o iniziava a farlo, già sotto Alessandro. Ciò però non toglie che questo modus operandi, il servirsi di uomini di fiducia, non fiorentini, e strettamente dipendenti nelle loro fortune dalla volontà del loro padrone, mutuasse da una strategia adottata oramai da lungo tempo all’interno della famiglia Medici. Utilizzata nel Quattrocento per controllare le istituzioni repubblicane, questa riemerge nei primi anni del principato come mezzo di consolidamento e accentramento del potere nelle mani del principe e della sua ristretta cerchia.
“gli fu fatto intendere che più oltre non procedessi, dove per lo meglio lui si è taciuto mentre è vissuto il Campana”, ASFi, Regio Diritto, 4375, c. 932r; cfr ivi, p. 61.
Il “consiglio segreto” di Cosimo I
Il Galluzzi fa riferimento in merito all’elezione di Cosimo, a un non meglio precisato “consiglio segreto” eletto dal Senato dei quarantotto per affiancare il duca nel suo governo, vista l’inutilità che aveva avuto il magistrato dei Consiglieri sotto Alessandro. Lo storico settecentesco sostiene inoltre che questo avrebbe governato a fianco di Cosimo fino alla battaglia di
Montemurlo76.
Pansini fa giustamente notare come non si trovi alcuna deliberazione del Senato al riguardo, e inscrive il concetto di “consiglio segreto” nella pratica di governo assunta, prima da Alessandro, e poi da Cosimo, e portata avanti negli anni al di fuori di una rigida istituzionalizzazione, di circondarsi di consiglieri e uomini di fiducia, riferendosi proprio a quella segreteria diretta dal Campana su cui ci siamo diffusamente dilungati nei capitoli e paragrafi
precedenti77.
Cantini, riferendosi a memorie da lui possedute, riferisce che nel 1539 Cosimo “formò un Consiglio di Stato, col di cui parere cominciò a risolvere gl’Affari, anche più importanti, senza il Voto del Magistrato de’ Consiglieri”, avulso dal contesto delle magistrature costituzionalmente istitiuite, e di cui facevano parte i ben noti Ottaviano de’ Medici, Francesco Guicciardini, Francesco Vettori, Roberto Acciaiuoli, Matteo Niccolini e Matteo Strozzi,
76 R. Galluzzi, op. cit., vol. , pp. : “Nella elezione di Cosimo considerando il Consiglio dei
XLVIII che quattro consiglieri di turno per soli tre mesi non potevano essere sufficienti a frenare l’arbitrio del duca, immaginarono di aggiungergli un consiglio permanente e segreto acciò dirigesse le sue operazioni in tutti gli affari. Furono pertanto eletti Ottaviano dei Medici, Francesco Guicciardini, Francesco Vettori, Roberto Acciaiuoli, Matteo Niccolini e Matteo Strozzi, i quali siccome erano quelli che più di tutti avevano contribuito alla sua elezione, perciò speravano che almeno per titolo di gratitudine avrebbe accettato i loro consigli”. Il passo è citato da G. Pansini, op. cit., p. XX.