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CAPITOLO II I Medici e le segreterie

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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

I Medici e le segreterie

Punto focale del presente lavoro sono quegli uomini che, nei primissimi anni di vita del principato mediceo, coadiuvarono i due giovani duchi al governo dello stato. In particolare, l’attenzione si concentrerà principalmente su quelle figure già operative al tempo di Alessandro: uomini d’esperienza, sopravvissuti alla morte del loro primo padrone, che esercitarono e continuarono ad esercitare un ruolo fondamentale e fondamentalmente politico (seppur in molti casi indiretto e mediato, come vedremo) al fianco di Cosimo nei suoi primi anni di governo.

Uomini come Francesco Campana, Angelo Marzi, Ugolino Grifoni, “uomini del dominio”, che durante il principato di Alessandro amministravano “la maggior parte delle faccende di fuori e drento della città

di Firenze”1, possono nella loro totalità essere individuati al tempo di Cosimo

all’interno di quei “pilastri dell’assolutismo dei principi di casa Medici” e “nuovi organi della direzione politica”, secondo la definizione data da Pansini

nel suo allora pioneristico lavoro, che furono le segreterie2.

Già l’Anzilotti individuava nei segretari, quelle figure di cui “i Medici si valgono per tutte le faccende dello Stato e per quelle private della loro casa” (faccende che egli definisce “naturalmente unite e confuse”), lo strumento d’innovazione amministrativa utilizzato dal principe per vivere “la vita del suo dominio” e superare i limiti costituzionali imposti dalle “ordinazioni” del 1532. Le magistrature preposte al disbrigo di determinati affari vengono ora,

                                                                                                                          1  Cfr.  supra,  p.  33.  

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in quest’ottica, controllate dal principe mediante i suoi funzionari permanenti. Tramite i rescritti inviati in risposta ai memoriali giornalieri composti dai suoi segretari, il sovrano può intervenire direttamente nelle vicende dei suoi sudditi, togliendo di fatto una fetta di potere alle magistrature soggette a

rotazione3.

Sebbene una visione così netta di un totale superamento delle precedenti e “repubblicane” differenze tra la città e il suo dominio come quella di Anzilotti

sia stata oramai superata4, non è certo da sottovalutare l’importanza che egli

già attribuiva all’inserimento del personale “di fiducia” del principe nei meccanismi di governo, strategia che come vedremo fu adottata dalla famiglia Medici già nel secolo precedente e nel periodo della restaurazione del 1512.

Vero è, anche, che per vedere la nascita di una serie di effettive riforme istituzionali e amministrative del principato in questo senso bisognerà attendere il 1543, anno della trasformazione del cancelliere delle riformagioni in auditore, seguita subito dopo dall’istituzione della magistratura

dell’auditore fiscale5. Anche la stessa segreteria privata del principe inizierà a

strutturarsi in modo più definito e ad ampliare il suo organico soprattutto a partire dal 1546, ovvero da quando la carica di primo segretario venne

assunta, alla morte del Campana, da Lelio Torelli6.

Esiste dunque, ed è oramai argomento di studio da più di un secolo, un legame profondo tra l’evoluzione delle segreterie nel principato mediceo e i meccanismi di attuazione del potere utilizzati dal duca.

                                                                                                                         

3  A.   Anzilotti,   La   crisi   costituzionale   della   Repubblica   fiorentina   cit.,   p.   121-­‐148.   Una  

simile   interpretazione   della   funzione   e   del   “successo”   dei   rescritti   nella   Toscana   granducale   si   ritrova   in   L.   Mannori,   Il   sovrano   tutore.   Pluralismo   istituzionale   e   accentramento   amministrativo   nel   principato   dei   Medici   (Secc.   XVI-­‐XVIII),   Giuffrè,   Milano,   1994,   pp.   410-­‐413,   che   affronta   la   questione   dal   punto   di   vista   giuridico-­‐ istituzionale.    

4  E.  Fasano  Guarini,  Potere  centrale  e  comunità  soggette  nel  Granducato  di  Cosimo  I  in  

L’Italia  moderna  e  la  Toscana  dei  principi  cit.,  pp.  177-­‐178,  originariamente  in  “Rivista   storica  italiana”,  LXXXIX,  1977,  pp.  490-­‐538.    

5  F.  Diaz,  Il  Granducato  di  Toscana  cit.,  p.  85.   6  Ivi,  pp.  90-­‐92.  

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Prima di concentrarci sulle figure dei singoli uomini che ne fecero parte, il presente capitolo prenderà in esame le segreterie fiorentine e il ruolo da esse svolto nel governo mediceo dagli ultimi anni del Quattrocento fino al loro

sviluppo nei primi decenni del principato7. Vedremo che, il periodo compreso

tra il 1532 e il 1543, come analizzato da un relativamente recente studio di D’Addario, rappresenta, nella storia dello sviluppo delle istituzioni fiorentine e del controllo imposto su di esse dal principe, “una iniziale opera di consolidamento del nuovo regime”, che sarà seguita da “un lungo periodo (tra

1543 e 1562) di complessa ed organica opera di riforma”8.

Dalla cancelleria fiorentina alla segreteria medicea

Fin dalla tarda età comunale iniziò a delinearsi e a prendere forma l’effettivo peso politico di un apparato apparentemente ausiliario della macchina di governo fiorentina: quello della cancelleria e, quindi, dei suoi funzionari. Al contrario dei membri delle magistrature, sottoposti a un rapido ricambio, questi uomini, inizialmente di esclusiva provenienza notarile,

costituivano un corpo stabile di ufficiali9.

L’apparato cancelleresco fiorentino subì un processo di articolazione nel corso del XV secolo, per raggiungere il culmine con le trasformazioni

adottate durante il periodo delle riforme istituzionali laurenziane10.

                                                                                                                         

7  Sulla   questione   della   continuità   tra   la   pratica   cancelleresca   del   Quattrocento,   il  

dominio   mediceo   dei   primi   del   Cinquecento,   e   i   personaggi   individuati   come   “segretari”  nel  principato  di  Cosimo  I  e  i  suoi  successori  cfr.  F.  Angiolini,  Dai  segretari   alle   “segreterie”:   uomini   ed   apparati   di   governo   nella   Toscana   medicea   (metà   XVI   secolo-­‐metà  XVII  secolo),  in  “Società  e  Storia”,  58,  1992,  pp.  701-­‐720.  

8  A.  D’Addario,  Organi  legislativi  ed  attività  normativa  cit.,  p.  331.  

9  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Aspetti  della  cancelleria  fiorentina  cit.,  p.  148.  Come  ricordato  da  

questo   studio,   per   l’analisi   e   la   storia   della   cancelleria   fiorentina   del   periodo   repubblicano  rimane  insostituibile  D.  Marzi,  La  cancelleria  della  Repubblica  di  Firenze   cit..  

10  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Segretari  e  archivi  segreti  in  età  laurenziana  in  La  Toscana  al  

tempo   di   Lorenzo   il   Magnifico,   Convegno   di   Studi   promosso   dalle   Università   di   Firenze,  Pisa  e  Siena,  5-­‐8  novembre  1992,  Pisa,  Pacini,  1996,  vol.  III,  p.  1382.  

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Negli anni trenta del Quattrocento furono istituite le figure del Secondo cancelliere e del Notaio delle Tratte per rendere la cancelleria in grado di rispondere alle nuove esigenze dello stato fiorentino, il quale aveva ora un’ampia estensione territoriale e si trovava sotto l’egemonia della famiglia Medici. Queste figure furono affiancate a quelle già esistenti di Notaio delle Riformagioni e di Cancelliere (detto anche dettatore o Primo cancelliere). Difatti, al Secondo cancelliere fu affidata la corrispondenza con i rettori del dominio, mentre al Notaio delle Tratte la supervisione dei procedimenti elettorali (che doveva anche verbalizzare). Com’è noto il controllo elettorale era uno dei punti focali del potere mediceo instaurato fin dai tempi di Cosimo il Vecchio, attuato com’era attraverso la presenza di uomini di fiducia tra gli “accoppiatori” incaricati dell’“imborsazione” dei nomi dei candidati alle

magistrature11. Quest’articolazione non rimase costante durante il XV secolo,

e le varie branche della cancelleria potevano essere riunite o scorporate per

aumentare o diminuire i ruoli dei singoli cancellieri12.

Con la riforma operata da Lorenzo il Magnifico, e in particolare con la provvisione del 1483, la cancelleria si trasformò in una struttura gerarchica su tre livelli: al vertice stavano il Cancelliere e il Notaio delle Riformagioni, al livello più basso stava il personale subalterno (i coadiutori), mentre al livello intermedio si trovavano i segretari. Questa figura di nuova istituzione all’interno della cancelleria fiorentina aveva come requisiti l’affidabilità, l’efficienza e l’esperienza maturata a contatto con i processi di formazione della volontà politica. I ruoli di Secondo cancelliere di Notaio delle Tratte

sarebbero stati, infatti, ricoperti da due segretari13.

                                                                                                                         

11  Cfr.  N.  Rubinstein,  Il  governo  di  Firenze  sotto  i  Medici  (1434-­‐1594),  trad.  it.,  Firenze,  

La  Nuova  Italia,  1971.  

12  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Aspetti  della  cancelleria  fiorentina  cit.,  p.  150.   13  Ivi,  pp.  150-­‐151.    

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Lorenzo il Magnifico, nel 1488, aggiunse a questo quadro la cancelleria

degli Otto di Pratica14, alla cui testa pose col titolo di Primo segretario

Francesco Gaddi, uno degli uomini più legati al potere mediceo15.

La figura professionale del segretario era però già comparsa a Firenze: questo titolo è attribuito dagli anni settanta del quattrocento a Niccolò

Michelozzi16 nell’ambito della cancelleria medicea, di cui egli potrebbe essere

considerato il fondatore. La figura del segretario si sviluppò dal momento della sua apparizione nella cancelleria pubblica, permettendovi l’accesso a

personalità di tutt’altro stampo rispetto al passato17.

Risale a questi anni dunque il momento di svolta dell’assetto del personale di governo fiorentino. La provvisione del 1483, citando ancora una volta uno studio di V. Arrighi e F. Klein, “stabilì all’interno della cancelleria fiorentina una gerarchia nuova di funzionari basata sul criterio dell’affidabilità politica individuale, piuttosto che su quello di una professionalità tecnico notarile e fornì un riconoscimento al complesso di competenze che i cancellieri avevano

                                                                                                                         

14  Istituita   nel   1480,   questa   magistratura,   creata   assieme   a   quella   dei   Dodici  

Procuratori   (che   si   occupavano   degli   affari   interni   e   in   particolare   finanziari),   era   responsabile   della   politica   estera   e   delle   questioni   riguardanti   il   regime.   Cfr.   N.   Rubinstein,  op.  cit.,  p.  243.  

15  V.   Arrighi   –   F.   Klein,   ivi.   Sul   Gaddi   cfr.   V.   Arrighi,   Francesco   Gaddi   in   Dizionario  

Biografico  degli  Italiani,  LI,  1998.  Nato  nel  1441  divenne,  a  partire  dal  1475,  uno  dei   più   stretti   collaboratori   personali   di   Lorenzo   il   Magnifico   che   lo   utilizzò   anche   in   missioni  all’estero.  Nel  1478  fu  scelto  per  la  cancelleria  dei  Dieci  di  balìa  pur  senza   essere  notaio,  per  questo  fu  immatricolato  all’Arte  dei  giudici  e  dei  notai  a  modo  di   sanatoria.  Morì  nel  novembre  del  1504.  

16  Per   una   biografia   del   Michelozzi   cfr.   P.   Viti,   Niccolò   Michelozzi   in   Dizionario  

Biografico  degli  Italiani,   LXXIV,   2010.   Nato   nel   1444,   entrò   al   servizio   di   Lorenzo   il   Magnifico  nel  1471  dopo  avere  abbandonato  la  cancelleria  pubblica.  Egli  divenne  suo   segretario   e   il   suo   collegamento   con   gli   uffici   di   Firenze.   Fu   il   Michelozzi   a   inserire   elementi   di   miglioramento   nella   cancelleria   medicea   (come   la   pratica   di   comporre   memoriali   onde   evitare   la   lettura   di   ogni   singola   lettera),   mutuandoli   dalla   sua   precedente   esperienza.   Egli   fu,   dopo   Lorenzo,   segretario   personale   anche   di   Piero.   Svolse  un  ruolo  importante  anche  dopo  la  restaurazione  medicea  del  1512  e  morì  nel   gennaio  del  1526.  

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nel frattempo assunto”18. Già dal 1471 al centro del funzionariato politico fiorentino di palazzo della Signoria (dove stavano gli uffici della Seconda cancelleria e delle Tratte) se ne aggiunse un secondo: quello del palazzo di via Larga ove risiedeva la cancelleria medicea. L’affidamento, nel 1488, della cancelleria degli Otto di pratica al Primo segretario e, quindi, a una figura distinta da quella di Primo cancelliere, mostra come si fosse oramai giunti anche a una prima forma di superamento del dualismo tra cancelleria medicea e cancelleria pubblica. Figure come il Gaddi e il Michelozzi, operanti come membri ora di una e ora dell’altra cancelleria, rappresentarono l’elemento di cerniera tra i due apparati, permettendo una relazione tra questi e quindi un più stretto controllo e condizionamento mediceo sugli istituti politici

fiorentini19.

La cacciata dei Medici del 1494 non apportò significative modifiche nella struttura della cancelleria, né ricambi troppo marcati di personale, salvo la sostituzione di alcune delle figure più intimamente coinvolte col regime precedente. Ciò avvenne invece nel 1498, quando un ritorno ai sistemi tradizionali di governo modificò anche il sistema di nomina del personale di cancelleria, riportato ufficialmente nell’ambito del Consiglio maggiore. Quei legami tra cancellieri e personale subalterno che il regime laurenziano aveva affievolito furono così rinsaldati, ponendo inoltre le nomine dei coadiutori in mano agli stessi cancellieri (la presenza di uomini di fiducia tra il personale

subalterno era stato uno degli elementi di controllo del regime mediceo)20.

Col rientro dei Medici del 1512 tornarono sulla scena politica anche alcuni dei vecchi e più importanti collaboratori della famiglia: Niccolò Michelozzi fu fatto, da Giuliano di Nemour, Secondo cancelliere, cui erano

                                                                                                                         

18  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Dentro  il  Palazzo:  cancellieri,  ufficiali,  segretari  in  Consorterie  

politiche  e  mutamenti  istituzionali  in  età  laurenziana,  Firenze,  Silvana  Editoriale,  1992,   pp.  79-­‐80,  citato  in  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Segretari  e  archivi  segreti  cit.,  pp.  1382-­‐1383.  

19  Ivi,  pp.  1382-­‐1387.  

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tradizionalmente connessi anche gli incarichi di segretario principale dei Dieci di Balìa o degli Otto di pratica. Assistiamo quindi allo stabile ritorno di un segretario privato della famiglia Medici alla cancelleria pubblica, altro passo verso un superamento della distinzione netta tra quest’ultima e la cancelleria privata della famiglia, vigente invece nel Quattrocento. Il Michelozzi rappresentò l’elemento di fiducia di Giuliano di Nemour all’interno dei Dieci di Balìa e poi degli Otto di pratica, che in questi anni assunsero anche alcuni compiti di politica interna quali gli approvvigionamenti annonari e la difesa del territorio. Il Secondo cancelliere rivestì così un ruolo più spiccatamente politico del Primo, relegato ora sempre

più a compiti di sola rappresentanza21.

La carriera dei diversi funzionari appare in questo periodo legata alla cerchia di uomini di fiducia cui appartenevano: con l’avvento di Lorenzo duca d’Urbino dall’agosto del 1513 il controllo sulla cancelleria pubblica esercitato dal Michelozzi iniziò a indebolirsi per l’ascesa, in veste di strumento di

direzione e controllo del potere mediceo, di Ser Giovanni da Poppi22. La

carriera di quest’ultimo ebbe fine con la morte del duca d’Urbino, a seguito della quale fece la sua comparsa nella veste di Secondo cancelliere Lorenzo Violi, che rimase in carica fino al 1527. Il Michelozzi, che aveva rinunciato a

tale incarico, continuò a ricoprire invece la carica di cancelliere degli Otto23.

Questi anni sono anche quelli della presenza a Firenze del segretario di Lorenzo duca di Urbino, Goro Gheri. Egli fu tra i suoi più importanti fautori, rimanendo al suo fianco fino alla sua morte e aiutando in seguito il cardinale Giulio de’ Medici (futuro Clemente VII) nel governo della città di Firenze

                                                                                                                          21  Ivi,  pp.  153-­‐154.  

22  Cancelliere   degli   Otto   e   contemporaneamente   segretario   privato   di   Lorenzo   duca  

d’Urbino,   svolse   anche   missioni   diplomatiche   nell’interesse   del   suo   signore.   Fu   cacciato   il   20   luglio   1520,   dopo   la   morte   di   Lorenzo.   Cfr.   ivi,   pp.   154-­‐155;   Ead.,   Segretari  e  archivi  segreti  cit.,  pp.  1389-­‐1390.  

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fino all’arrivo del Passerini24. Il Gheri produsse un’Istruzione per Roma nel 1519 per papa Leone X in cui suggerì di inviare Ippolito de’ Medici in città quale rappresentante ben definito e stabile del potere mediceo, oltre a raccomandare di mantenere e rafforzare il vecchio sistema basato sulle amicizie della casata, indebolendo la vecchia aristocrazia ma lasciando in

essere, se non per qualche ritocco, le istituzioni repubblicane25. Il segretario

scrisse anche riguardo all’assegnazione delle cariche:

“Lo stato, circa la auctorità io non lo vorei alargare, ma restringere circa li homini; io lo vorrei alargare in questo modo che li honori et le dignità di questa ciptà vorrei che le godessino generalmente li homini da bene et benemeriti et di bone qualità, ma in modo però che si conoscessi differentia da quelli che sono naturali amici della casa alli altri, perché, faccendosi così, li amici sono più contenti et sono più potenti a potere fare fructo quando bisognia per benefitio et conservatione dello stato; et li altri che desidereranno li honori et dignità della ciptà, vedendo farsi pure differentia da chi è amico alli altri, faranno opere et demostrationi di essere tenuti amici per conseguire li loro desiderii.”26

Questo passo potrebbe significare che l’idea di inserire nel governo uomini “da bene” non implicasse che questi fossero necessariamente fiorentini, e che il segretario prefigurasse già l’ingresso di forestieri nelle stanze del potere politico, dotati addirittura di cariche fino a quel momento riservate solo ai cittadini.

Con la seconda cacciata dei Medici e l’avvento dell’ultima repubblica fiorentina, la cancelleria subì nuovamente un ricambio di organico. Nelle posizioni di vertice furono inseriti “cittadini fiorentini non omogenei per ceto

                                                                                                                         

24     Goro   Gheri,   nato   a   Pistoia   intorno   al   1470,   dopo   aver   parteggiato   nella   sua   città  

natale   per   la   fazione   dei   “cancellieri”   filomedicei   nel   primi   anni   del   Cinquecento   ed   essere   poi   probabilmente   passato   al   servizio   dei   membri   esuli   della   famiglia,   fu   utilizzato   da   papa   Leone   X   fino   al   1515   in   missioni   di   politica   estera   e   interna.   Nel   1515   rientrò   a   Firenze   in   veste   di   segretario   del   duca   di   Urbino   fino   alla   morte   di   questi  nel  1519  e  all’arrivo  del  cardinal  Passerini.  Tornò  poi  a  lavorare  per  la  curia   pontificia.   Ottenne   nel   1518   la   diocesi   di   Fano,   tenendo   il   vescovato   fino   al   1524.   Creato   da   Clemente   VII   governatore   di   Bologna   nel   1524   vi   rimase   fino   alla   morte   avvenuta   nel   1528.   Per   una   biografia   del   Gheri   cfr.   A.   Giusti,   Gregorio   Gheri   in   Dizionario  Biografico  degli  Italiani,  vol.  LIII,  2000.  

25  R.   Von   Albertini,   Firenze   dalla   Repubblica   cit.,   pp.   38-­‐31,   la   trascrizione  

dell’Istruzione  si  trova  alle  pp.  360-­‐364  dello  stesso  volume.  

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sociale, ma tutti provenienti dall’intellighenzia cittadina”. Ad esempio, Iacopo

Modesti27, pratese, fu sostituito come Cancelliere delle riformagioni da

Silvestro Aldobrandini. Questo mette in evidenza come, agli occhi dei repubblicani, la restaurazione medicea avesse portato in posizioni considerate di stretta competenza “cittadina” uomini “forestieri”. I ruoli del Primo e del Secondo cancelliere rimasero tuttavia invariati, molto probabilmente per lo svuotamento di potere subito dalla prima carica e, per la seconda, perché il

Violi, oltre a essere fiorentino di origine, aveva simpatie savonaroliane28.

Una trattazione piuttosto ampia di un periodo che esula di molti anni da quello preso qui in esame, è utile per comprendere come i segretari personali della famiglia rappresentassero un utile strumento di controllo e di indirizzo delle faccende di governo almeno fin dalle riforme laurenziane, e quindi uno degli elementi fondamentali del “sistema mediceo”. La segreteria pubblica andò sempre più confondendosi con quella privata della famiglia Medici in un periodo in cui, tuttavia, il potere era ancora esercitato da questa con gli strumenti concessi da una costituzione repubblicana.

Bisogna infine considerare che alcuni degli uomini che figurano incasellati nella segreteria del principato, come vedremo tra poco, fecero la loro apparizione sulla scena fiorentina in questi anni. Lo stesso vale per gli esponenti più importanti della famiglia Medici nelle vicende del 1530 (uno su tutti, Giulio de’ Medici), i quali videro in prima persona e fecero diretta esperienza di questi ultimi anni di governo attuato secondo il tradizionale “sistema mediceo”, per quanto perfezionato.

                                                                                                                         

27  Nato   a   Prato   nel   1463,   dopo   aver   studiato   diritto   a   Pisa,   ottenuto   la   qualifica   di  

notaio  e  aver  svolto  incarichi  per  il  suo  comune  nei  primi  anni  del  Cinquecento,  entrò   nella   cancelleria   pubblica   fiorentina   come   cancelliere   delle   Riformagioni   nel   1515   (avendolo  richiesto  direttamente  a  Giulio  de’  Medici).  Abbandonato  l’ufficio  nel  1527,   vi  rientrò  nel  1530.  Morì  sul  finire  di  quello  stesso  anno.  Per  la  sua  biografia  cfr.  V.   Arrighi,  Iacopo  Modesti  in  Dizionario  Biografico  degli  Italiani,  vol.  LXXV,  2011.  

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La segreteria dalla repubblica al principato

Come ricordato dal Rubinstein, gli storici fiorentini contemporanei di Cosimo I individuarono i fondamenti del principato proprio nel sistema di governo mediceo quattrocentesco utilizzato da Cosimo il Vecchio dal 1434. Perfezionato da Lorenzo, questo divenne il modello della restaurazione

medicea del 151229.

Emerge, dall’Instructione30 che papa Leone X inviò al nipote Lorenzo duca

di Urbino nel 1513, che tale restaurazione si imperniò sui cardini del regime laurenziano proponendosi di rafforzarlo, ponendo l’attenzione sul controllo delle magistrature principali della Signoria, dei Dieci di Balia e degli Otto di Guardia e sulla soddisfazione per quanto possibile delle aspirazioni degli ottimati. Proprio da questo testo, come ha rilevato Von Albertini, emerge l’idea di una “politica non di istituzioni, ma di persone”, da unire a un accorto atteggiamento verso gli ottimati che detenevano le magistrature del potere cercando tuttavia di non favorire singole fazioni o famiglie. Anche la

giustizia, secondo l’Instructione, doveva essere impartita equamente31. Il

pontefice consiglia inoltre il duca di Urbino di inserire persone di fiducia nelle magistrature in grado di informarlo sugli umori e decisioni di queste “et questo tutto … puoi per via di M. Niccolò Michelozzi, o qualche altro bono et

fidato instrumento, fare simile opera”32, un atteggiamento che si lega

all’importanza che rivestiranno i segretari delle magistrature pubbliche nelle prime fasi del principato.

                                                                                                                         

29  N.  Rubinstein,  Dalla  Repubblica  al  principato  cit.,  pp.  159-­‐162.  

30  Instructione  al  Magnifico  Lorenzo  a   cura   di   T.   Gar,   in   “Archivio   Storico   Italiano”,   I,  

Appendice,  1842-­‐1844,  pp.  293-­‐306.  

31  R.  Von  Albertini,  op.  cit.,  pp.  25-­‐26.  L’autore  vede  in  questo  un  atteggiamento  che  

riemergerà   dal   1530,   cioè   quello   di   combattere   le   varie   “fazioni”   e   “giungere   a   una   legale  eguaglianza  tra  cittadini”.  

32  Ivi,   p.   300.   Ancora   il   Michelozzi   che,   come   abbiamo   visto   appunto,   rimarrà   sulla  

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Il definitivo rientro dei Medici nel 1530, con la modifica costituzionale del 1532 che conseguì, arrivò dunque in un momento in cui la pratica di utilizzare uomini di fiducia, segretari e soprattutto segretari privati, per controllare gli apparati governativi risultava già essersi imposta da tempo nelle strategie adottate dalla famiglia per garantirsi il potere.

Alla vigilia della riforma istituzionale gli organici comprendevano un Primo cancelliere, un Primo cancelliere delle rifomagioni, un Primo cancelliere delle tratte, un Primo cancelliere della Signoria alle lettere del dominio, il Notaio dei Signori e un Primo cancelliere degli Otto di pratica.

Ognuna di queste figure era affiancata da un numero variabile di coadiutori33.

La capitolazione del 1530 implicò un ricambio del personale nella cancelleria pubblica fiorentina.

Proprio in questa fase avranno un ruolo importante anche due “segretari

medicei” in precedenza ricordati: Angelo e Pier Paolo Marzi34, entrambi

facenti parte della cancelleria fiorentina ai tempi della restaurazione medicea

precedente all’ultima repubblica35. Pier Paolo, dalla segreteria pontificia, si

occupò di trasmettere le direttive di questa alla cancelleria fiorentina dove lavorava il fratello. Esiste, infatti, un registro, studiato da Vanna Arrighi e Francesca Klein, che raccoglie le lettere scambiate tra i due tra l’ottobre 1530

e il gennaio del 153136. Da questo emergono i principi di “selezione del

                                                                                                                         

33  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Aspetti  della  cancelleria  fiorentina  cit.,  p.  161.   34  Cfr.  supra,  p.  31.  

35  Si  rimanda  al  cap.  III  del  presente  lavoro  per  una  visione  completa  della  carriera  di  

Angelo   Marzi   al   servizio   della   famiglia   Medici.   Angelo   entrò   nella   cancelleria   degli   Otto  di  pratica  nel  1516  come  “Cancelliere  del  Gonfaloniere”  operante  sia  nella  prima   che   nella   seconda   cancelleria.   Pier   Paolo   faceva   parte   della   cancelleria   dal   1514.   Entrambi  servirono  dal  1519  Giulio  de’  Medici  come  suoi  segretari.  Cfr.  V.  Arrighi  –  F.   Klein,   op   cit.   p.   156,   e   Ead.,   Recare   indubitato   honore   alla   patria.   Profilo   di   Angelo   Marzi   da   San   Gimignano   segretario   mediceo   in   I   ceti   dirigenti   in   Firenze   dal   gonfalonierato  di  giustizia  a  vita  all’avvento  del  ducato,  Comitato  di  Studi  sulla  storia   dei   ceti   dirigenti   in   Toscana.   Atti   del   VII   Convegno,   Firenze   19-­‐20   settembre   1997,   Lecce,  1999,  pp.  145-­‐146.    

36  ASFi,   Carte   strozziane,   II,   149,   “Sustanzia   di   lettere   ricevute   da   messer   Pier   Polo  

(12)

personale di governo operanti nella riorganizzazione del sistema di potere mediceo … molte delle sue direttive riguardano infatti l’assegnazione di incarichi nella cancelleria pubblica secondo il criterio di una provata fedeltà personale”; emerge inoltre già una certa preferenza accordata per uomini non fiorentini. Valga qui intanto ricordare che Iacopo Modesti fu reintegrato come cancelliere delle Riformagioni e prima di morire patrocinò l’ingresso nel

funzionariato mediceo di Iacopo Polverini37, “sottocancelliere”. Il ricambio di

personale fu limitato ancora una volta ai ruoli di vertice dell’apparato, e in taluni casi si preferì non scalfire il potere carismatico assunto da alcune figure (come appunto il Violi o il Modesti) limitandosi a porre al fianco dei vecchi cancellieri nuove persone di fiducia. Ricordiamo infine che Francesco Campana fu nominato Primo cancelliere nel maggio del 1531 proprio in

questo contesto38. Egli, stando al Varchi, una volta entrato in servizio aveva,

“con pessimo esempio, cominciato a corrompere le scritture delle memorie pubbliche, scrivendo in sul libro chiamato comunemente Priorista di Palazzo, a piè delle Signorie [novembre-dicembre 1530] quello che gli dettava non la

verità, ma l’adulazione”39, tanto che terminò anche la pratica di scrivere le

lettere sul registro della Prima cancelleria40.

Dal 1532 il Cancelliere della Signoria alle lettere entro il dominio fu adibito alla cancelleria del Magistrato dei Consiglieri (che aveva ereditato le competenze giurisdizionali della Signoria), mentre rimanevano in essere le figure di Primo segretario (attribuita, ancora, al Campana, al titolo si aggiunsero anche quelli Gran cancelliere e guardasigillo), Segretario delle Riformagioni, Cancelliere delle Tratte e Cancelliere degli Otto di pratica. Le

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

l’assedio   de   1530   ricevute   da   Roma   d’ordine   di   papa   Clemente   VII”,   cfr.   Ead.,   Aspetti   della  cancelleria  fiorentina  cit.,  p.  159.  

37  Sul  Polverini  cfr.  supra,  p.  26.  

38  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  Aspetti  della  cancelleria  fiorentina  cit.,  pp.  159-­‐162  (la  cit.  è  a  p.  

159).  

39  Varchi,   op.   cit.,   vol.   II,   p.   403,   l’integrazione   appartiene   a   Demetrio   Marzi,   cfr.   D.  

Marzi,  op.  cit.,  pp.  325-­‐236.  

(13)

nomine degli ufficiali, fin dal 1532, iniziarono a dipendere in larga parte dall’intervento diretto del duca, che poteva in questo modo assicurarsi un rafforzamento dei vincoli di fedeltà degli ufficiali della cancelleria nell’ottica di un disegno di forte centralizzazione. In quest’assenza di una procedura uniforme delle nomine fu favorita anche la trasmissione ereditaria degli

incarichi che dette vita a dei “lignaggi amministrativi”41.

Dal 1530 fu imposto infine un contenimento ai salari pagati dalle casse pubbliche, mentre contemporaneamente la Depositeria, tesoreria personale del duca incaricata del pagamento del personale di corte, iniziò una politica di assegnazioni e gratifiche finanziarie. Secondo il più volte citato studio di Arrighi e Klein, risulta che coloro che figuravano come stipendiati del Monte delle graticole (e quindi stipendiato dalle pubbliche finanze) non figuravano in genere come stipendiati della Depositeria e viceversa, almeno per i primi

anni di vita del principato42.

La segreteria di Alessandro e Cosimo

S’inizia a delineare nuovamente una distinzione, da principio quantomeno a livello formale, tra il personale della cancelleria pubblica e i segretari direttamente dipendenti dalla corte.

Anche per quanto riguarda le nomine dei cancellieri pubblici, nonostante la forte influenza della volontà del duca che abbiamo visto essere un elemento centrale all’inizio del principato di Alessandro, continuò a persistere una certa presenza delle magistrature demandate del Senato dei Quarantotto e del

                                                                                                                          41  Ibid.  

42  Ivi,  p.   163.   Negli   anni   ’40   ci   saranno   invece   alcuni   casi   di   persone   stipendiate   da  

entrambe   le   camere,   come   ad   esempio   Giovanni   Conti   dal   Bucine   pagato   sia   come   segretario  ducale  dalla  Depositeria,  sia  come  Cancelliere  delle  lettere  del  contado  dal   Monte   delle   graticole   nel   1546.   Dal   1543   inoltre   la   cancelleria   degli   Otto   di   pratica   risulta  ricevere  provvisioni  dalla  Depositeria.  

(14)

Magistrato Supremo, se non altro, attraverso la ratifica formale delle

elezioni43.

Giunti al potere per via legale, riconosciuti come la famiglia preminente a Firenze grazie al diploma di Carlo V e, in seguito, alle “ordinazioni”, i Medici si trovavano ora a far fronte a una situazione effettivamente diversa rispetto a quella della passata restaurazione. Esisteva un capo riconosciuto nella figura del duca, e le precedenti preoccupazioni di controllare il governo pur mantenendo l’apparenza di repubblica non sussistevano più. Lo sforzo era tutto volto in questi anni, semmai, a consolidare quello che era stato acquisito. I segretari, specie nel loro duplice ruolo di consiglieri e collaboratori privati quando svolgevano il loro ufficio presso la corte, e di ufficiali con una funzione istituzionale quando ricoprivano incarichi all’interno della cancelleria pubblica, svolsero ancora un ruolo importante nell’affermazione e nel consolidamento del potere del duca. Essi si mostrarono come figure esperte e sostanzialmente allineate alla sua stessa volontà, e lo affiancarono nel governo del principato nei suoi primi e difficili anni di vita.

In questa prima fase del principato, infatti, le “ordinazioni” furono superate attraverso, come ancora ricorda lo studio di Vanna Arrighi e Francesca Klein, lo “spostamento del baricentro decisionale dalle magistrature istituzionali all’apparato degli uffici di segreteria”, ma è anche vero che “sia Alessandro che Cosimo fecero leva sugli uomini e i dipartimenti della cancelleria tradizionalmente considerata pubblica, oltreché sulla compagine dei propri

segretari personali”44. Ciò non toglie che i funzionari fissi rappresentassero la

soluzione pratica (sebbene non definitiva) alla dualità di poteri che le

                                                                                                                         

43  Ivi,   pp.   162-­‐163:   le   autrici   riportano   come   esempi   l’elezione   del   Segretario   delle  

tratte  del  1537  ratificata  dal  Senato  e  quella  del  Primo  auditore  nel  1546  da  parte  del   Magistrato  supremo;  a  quell’anno  risale  inoltre  la  nomina  a  Primo  segretario  di  Lelio   Torelli,  succeduto  al  Campana,  ratificata  sempre  da  quest’ultimo  magistrato.  

(15)

“ordinazioni” avrebbero dovuto garantire45, ma questa strategia, sebbene inserita nella linea tracciata nel secolo precedente dalla famiglia Medici, necessita di essere osservata nel suo particolare.

Per gli anni di Alessandro, come abbiamo visto, fondamentale fu il ruolo di tutti quegli uomini che, inviati da Roma o provenienti da un’esperienza di servizio nella vecchia cancelleria o alle dipendenze di un altro membro della famiglia, si occuparono del governo e lo indirizzarono secondo le direttive papali. Figura del genere abbiamo visto essere ad esempio Angelo Marzi,

presente nella cancelleria pubblica, e soprattutto Francesco Campana46, il

quale “riassume nella sua storia quella di buona parte dei collaboratori del

duca di Firenze”47 e fu cancelliere pubblico di altissimo rilievo.

Sia qui brevemente accennato che un personaggio su cui non è stato possibile ottenere quasi alcuna informazione, ma che figurò nella cancelleria di Alessandro almeno fino al 1533 fu un certo Lodovicus Peraccenum, il quale si occupò della scrittura formale di alcuni atti del governo

alessandrino48.

La figura del duca, che nel tempo si andò configurando come il centro delle decisioni di governo, non fu disgiunta dalla propria segreteria, seppur “privata”: è, a mio avviso, in quest’ottica che possiamo leggere il fatto che fin dal 1535-1536 le spese di cartoleria per la cancelleria medicea venivano

pagate non dal tesoro privato del duca, ma dalla Camera dell’arme49.

La differenza tra cancelleria pubblica e segreteria medicea apparirà tuttavia più marcata, per quello che riguarda le competenze politico-amministrative, durante il governo di Cosimo I. Con lui la figura del segretario di corte,

                                                                                                                          45  O.  Rouchon,  op.  cit.,  p.  74.  

46  B.  Litchfield,  Emergence  of  a  bureaucracy  cit.,  p.  77.  Cfr.  inoltre  supra,  p.  16;   47  F.  Angiolini,  op.  cit.,  p.  706.  

48  La  notizia  della  sua  presenza  nella  segreteria  si  trova  in  D.  Marzi,  op.  cit.,  p.  327.  Un  

atto,   da   lui   redatto   e   firmato   a   nome   del   “Dux   et   consiliarij”   della   repubblica   Fiorentina  nel  dicembre  del  1533,  si  trova  in  ASFi,  Mediceo  del  Principato,  6428,  cc.  1-­‐ 2.  

(16)

“mediceo”, sarà ben distinta da quella di segretario “pubblico” inteso come

longa manus del duca nelle magistrature. Tale prerogativa sarà invece quella,

principalmente, degli auditori, una figura della cancelleria pubblica maggiormente istituzionalizzata di emissario del duca nelle varie magistrature

di competenza50; questo fu infatti uno dei capi d’accusa che i fuoriusciti

mossero contro Alessandro a Napoli di fronte all’imperatore51. I due apparati,

pubblico e privato, della cancelleria rimasero comunque contigui, e in questi anni quello che li unì fu, più che una riforma istituzionale, la circolazione degli uomini che ne facevano parte che si trovarono in alcuni casi a ricoprire ruoli importanti sia in ambito della segreteria di corte, sia in ambito della

cancelleria pubblica52, come anche il continuo scambio epistolare, o “a

bocca”, che possiamo notare tra i segretari privati che si occupavano di

riferire le direttive del principe53. La segreteria ducale inoltre cambiò sede

proprio nei primi anni di governo del duca Cosimo: dalla sede tradizionale del palazzo dei Medici in via Larga fu trasferita a Palazzo della Signoria assieme alla famiglia e alla corte ducale, nel maggio del 1540. Qui rimarrà ancora

quando Cosimo eleggerà a residenza privata Palazzo Pitti nel 155054. Da un

inventario del 1553, citato da Ilaria Domenichini nel suo lavoro, possiamo

                                                                                                                          50  Ivi,  pp.  706-­‐707.    

51  A.   Anzilotti,   La   costituzione   interna   cit.,   pp.   120-­‐121;   M.   Rastrelli,   Storia   di  

Alessandro  cit.,  vol.  II,  p.  107.  E’  da  notare  come  qui  i  fuoriusciti  accusino  Alessandro   di  servirsi  come  “auditori  suoi  particolari”  di  persone  “eziandio  ecclesiastiche,  contro   la   disposizione   delle   medesime   leggi,   e   ordini   civili”.   Effettivamente,   anche   Angelo   Marzi,  vescovo  di  Assisi,  risulta  tra  i  segretari  preposti  alle  suppliche  già  al  tempo  di   Alessandro  (cfr.  supra,  pp.  25-­‐26).  

52  E’  il  caso  ad  esempio  di  Lelio  Torelli,  come  meglio  vedremo  nel  cap.  III,  il  quale,  già  

sotto  Alessandro  venne  creato  auditore  alle  cause  civili  sul  finire  del  principato  (cfr.   Anzilotti,  ivi),  oltre  a  essere  segretario  del  duca  fu  creato  auditore  anche  da  Cosimo   nel  1539  e  primo  segretario  e  auditore  della  giurisdizione  nel  1546.  Cfr.  G.  Pansini,  op.   cit.,  XXIV-­‐XXV  e  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  op.  cit.,  p.  164.  

53  Cfr.  il  cap.  IV  del  presente  lavoro.  

54  Ibid.;  S.  Bertelli,  Palazzo  Pitti  dai  Medici  ai  Lorena  in  La  corte  di  Toscana  dai  Medici  

ai  Lorena,  Atti  delle  giornate  di  Studio,  Firenze,  Archivio  di  stato  e  Palazzo  Pitti,  15-­‐16   dicembre  1997,  a  cura  di  Anna  Bellinazzi  e  Alessandra  Contini,  Roma,  Ministero  per  i   beni  e  le  attività  culturali,  Direzione  generale  per  gli  archivi,  2002,  pp.  11-­‐13.  

(17)

trarre una descrizione dello spazio fisico in cui i segretari si trovavano a dover lavorare. Gli uffici della segreteria erano molto probabilmente collocati a Palazzo Vecchio sotto la Depositeria, ed erano scarsamente arredati: tre deschi, due lucerne, due panche e quattro calamai di pietra, con

probabilmente solo un camino per riscaldare la stanza in inverno55.

Fin dai primissimi giorni, il giovane duca appena eletto fu circondato da quegli stessi uomini che avevano servito nella segreteria, fosse essa privata o pubblica, al tempo di Alessandro. Come molto probabilmente doveva essere

la situazione precedente56, fintanto che rimasero nell’ambito della segreteria

privata essi non parvero adempiere a funzioni istituzionalmente ben definite. I loro ruoli, che saranno meglio descritti nei capitoli III e IV di questo lavoro, furono quelli di consiglieri ed esecutori della volontà del principe, che si serviva di loro come rappresentanti all’estero e nelle trattative, come ambasciatori, o semplici uomini di fiducia demandati al disbrigo di singoli e

paricolari affari57. Per dirla con le parole di Pansini “i poteri e la sfera di

influenza di ciascuno di essi erano determinati dall’arbitrio del principe”58.

Elena Taddei, riferendosi al periodo cosimiano, riporta che i segretari “erano senz’altro più numerosi [degli auditori] … alle strette dipendenze del duca, vengono da lui impiegati nelle più diverse attività, dalla semplice mansione di scrivani, all’incarico ben più delicato di ambasciatori presso altri stati o di

                                                                                                                         

55  I.   Domenichini,   op.   cit.,   p.   87;   uno   studio   su   questo   inventario   (ASFi,   Libro   dei  

debitori  e  creditori  della  guardaroba  di  sua  eccellenza  illustrissima,  n.  28)  compare  in   C.  Conti,  La  prima  reggia  di  Cosimo  I  de’  Medici  nel  palazzo  già  della  Signoria  di  Firenze   descritta   e   illustrata   coll’appoggio   d’un   inventario   inedito   del   1553   e   coll’aggiunta   di   moli  altri  documenti,  Firenze,  Giuseppe  Pellas  Editore,  1893.  

56  Se  le  lettere  scritte  per  iniziativa  diretta  dei  segretari  privati  presenti  nel  registro  di  

copialettere   ASFi,   Mediceo   del   Principato,   181   (risalente   al   1534-­‐1535)   sono   molto   poche,  queste  aumentarono  di  numero  per  i  primi  anni  di  governo  di  Cosimo  (ASFi,   Mediceo  del  Principato,  182-­‐183),  ma  rimasero  comunque  limitate.    

57  F.  Angiolini,  op.  cit.,  p.  706.   58  G.  Pansini,  op.  cit.,  p.  XXVII.  

(18)

inviati in missioni speciali … sottopongono alla visione del duca le suppliche

a lui indirizzate, tengono la corrispondenza e scrivono per lui i ‘rescritti’”59.

Come anticipato, una funzione istituzionalmente più definita era quella degli auditori (lo stesso vale anche per le altre cariche inserite nelle varie magistrature con un titolo di cancelleria pubblica, come ad esempio i

provveditori60), che cresceranno di numero, si definiranno nelle loro funzioni,

e acquisteranno una grande rilevanza politica a partire dall’opera di

riorganizzazione avviata da Cosimo dopo il 154361. Tre saranno le cariche

create con questo nome: l’Auditore delle riformagioni (nome che assumerà il vecchio Notaio delle riformagioni) e l’Auditore fiscale riuniti nella figura di Iacopo Polverini, e l’Auditore della giurisdizione (creato nel 1546, il ruolo fu

ricoperto fino al 1576 da Lelio Torelli)62. Citando ancora una volta Elena

Taddei, l’auditore “ha un ruolo indubbiamente più impegnativo ed anche più indipendente; può essere definito un ministro, il responsabile di determinati settori degli affari di Stato. E’ uno stretto collaboratore del duca con il compito specifico di partecipare alle riunioni delle principali magistrature cittadine, portando in esse la voce e la volontà del duca, sia di riferirgli sull’attività delle stesse … gli Auditori arrivano al servizio del duca perché esperti nei rispettivi settori; sono dottori in materie giuridiche, ed hanno alle

spalle anni di attività ed esperienza”63.

Questi funzionari pubblici divennero importantissimi per il controllo sulle magistrature. Ad esempio il Magistrato supremo, che come abbiamo visto non ricoprì il ruolo che gli era inizialmente stato assegnato dalle “ordinazioni” e si trasformò in un tribunale d’appello, diventando con gli anni in grado di

                                                                                                                         

59  E.   Taddei,   L’Auditorato   della   giurisdizione   negli   anni   di   governo   di   Cosimo   I   de’  

Medici.   (Affari   beneficiali   e   problemi   giurisdizionali)   in   Potere   centrale   e   strutture   periferiche  nella  Toscana  del  ‘500,  a  cura  di  G.  Spini,  Firenze,  Olschki,  1980,  p.  30.  

60  F.  Angiolini,  op.  cit.,  p.  708;  B.  Litchfield,  op.  cit.,  p.  80.   61  Supra,  pp.  50-­‐51.  

62  Cfr.  F.  Diaz,  op.  cit.,  pp.  89-­‐101;  sugli  auditori  cfr.  A.  Anzilotti,  La  costituzione  interna  

cit.,  pp.  119-­‐165.  

(19)

funzionare solo grazie all’opera dell’auditore o del cancelliere, che decidevano le cause più importanti. Come ben delineato da Stumpo, le cariche a rotazione finirono per diventare un semplice cursus honorum proprio con l’affermarsi di questo personale tecnico permanente, a cui erano demandate le

decisioni più importanti64. Gli auditori, specie dopo la riforma del 1543,

rappresentarono degli uffici creati al di fuori dei limiti costituzionali della vecchia repubblica che permisero al duca di intervenire in maniera istituzionalmente ben definita negli affari di stato (assieme alla Pratica segreta, organo collegiale nato intorno al 1545 che comprendeva, appunto,

anche gli auditori)65. Cosimo tuttavia impose agli auditori, oltre che

l’obbedienza alla sua volontà, anche il massimo rispetto, quantomeno nella ritualità, della preminenza sociale dei magistrati, esponenti della classe

aristocratica fiorentina66.

Questi “strumenti di controllo” del principe, un “apparato che ne eseguiva

gli ordini, e da un lato ne rafforzava, dall’altro ne mediava i poteri”67, che ben

si inseriscono nel continuum della linea tracciata dalla tradizionale strategia medicea, appartenevano dunque alla cancelleria pubblica. Una figura molto importante come il Primo segretario (dal 1546) Lelio Torelli, quando agisce e parla in nome del duca, lo fa come auditore; lo stesso vale ad esempio per un

personaggio come Iacopo Polverini68. La polivalenza di questi personaggi

                                                                                                                         

64  E.   Stumpo,   I   ceti   dirigenti   in   Italia   nell’età   moderna.   Due   modelli   diversi:   nobiltà  

piemontese   e   patriziato   toscano,   in   I   ceti   dirigenti   in   Italia   in   età   moderna   e   contemporanea,  Atti  del  Convegno,  Cividale  del  Friuli,  10-­‐12  settembre  1983,  a  cura  di   A.  Tagliaferri,  Udine,  Del  Bianco,  1984,  pp.  175-­‐179.  

65  A.  D’Addario,  op.  cit.,  pp.  337-­‐340.  

66  E.  Fasano  Guarini,  I  giuristi  e  lo  stato  nella  Toscana  medicea,  in  Firenze  e  la  Toscana  

dei  Medici  nell’Europa  del  Cinquecento  cit,  vol.  I,  pp.  239-­‐240.  Cfr.  inoltre  F.  Angiolini,   op.  cit.,  p.  707.  

67  Ead.,   Principi   e   territori   in   Italia:   il   caso   toscano   tra   Cinque   e   Seicento,   in   L’Italia  

moderna   e   la   Toscana   dei   principi   cit.,   originariamente   in   La   società   dei   principi   nell’Europa   moderna   (secoli   XVI-­‐XVII),   a   cura   di   C.   Dipper   e   M.   Rosa,   Il   Mulino,   Bologna,  2005,  p.  277.  

(20)

ribadisce semmai una volta di più la delimitazione a livello di competenze e di sfera d’azione che separava le due diverse segreterie.

Anche la segreteria privata conobbe, tuttavia, uno sviluppo notevole sotto Cosimo, sebbene le informazioni reperibili e gli studi in proposito rendano questo processo riscontrabile per un periodo successivo a quello trattato in questo lavoro.

L’organico della segreteria ducale passò tra il 1543 e il 1558-1559 da 9

segretari a 1869 e fu principalmente sotto il primo segretario Lelio Torelli

(quindi a partire dal 1546) che questa iniziò ad espandersi ed articolarsi in modo più definito. Parallelamente all’aumento dell’organico, infatti, assistiamo anche a una più ricca articolazione dei compiti delle diverse figure

della segreteria70.

Il Primo segretario, carica notevolmente meno istituzionalizzata rispetto a quelle della cancelleria pubblica, si configurò già, e forse sarebbe meglio dire soprattutto, come vedremo meglio attraverso i prossimi capitoli, al tempo del

Campana come principale consigliere e ministro del Duca71. Egli si occupava

di controllare i suoi sottoposti e di distribuire gli incarichi, ed era in sostanza il vertice della cancelleria medicea. Una più volte citata memoria secentesca, risalente probabilmente al 1605, elenca le mansioni del “Primo segretario e auditore”, descrivendo sostanzialmente le mansioni che si erano accumulate negli anni in mano a Lelio Torelli e, successivamente, a Bartolomeo

Concino72.

Un'altra memoria, senza data né autore, già individuata da Pansini come appartenente al periodo del Primo segretario Torelli, descrive il

                                                                                                                         

69  V.  Arrighi  –  F.  Klein,  op.  cit.,  p.  164.   70  F.  Diaz,  op.  cit.,  pp.  90-­‐92.  

71  Ibid.  

72  ASFi,  Carte  Strozziane,  I,  15,  c.  28;  cfr.  G.  Pansini,  op.  cit.,  p.  XXVII  e  F.  Diaz,  op.  cit.,  

(21)

funzionamento che doveva avere la “segreteria di camera”, e la riportiamo qui

nella trascrizione di Pansini73:

Alla persona di Sua Excellentia assista ogni giorno uno dei segretari per ordine.

Alla segreteria comparischino i segretari almeno una volta il giorno perché si possi far distributione de le faccende.

Tutte le lettere et patenti et speditione di qual si vogli sorte, che vanno fermate dalla mano di Sua Excellentia si debbono scriver et metter in netto di man propria delli sgretarii.

Non possa nelle cose et speditioni della segreteria metter mano né a scriver, nP a regestrar, né ad altro alcuna persona la quale non sia descritta et nominata nel numero o dei segretari, o dei cancellieri o de li auditori o dei regestratori.

Ogni segretario tenghi regestro di tutte le sua speditioni, qualunque si siano et in fine ogni mese facci metter in netto dal suo cancelliere il registro di tutto il mese, et si consegni al primo segretario il quale habbi cura di farlo conservare nell’archivio delle scritture a ciò deputato.

Tutte le patenti et speditioni aperte siano soscritte dal medesimo segretario che e scrive, oltre la mano del primo segretario.

Non si ponga il sigillo ad alcuna speditione aperta senza la mano del primo segretario et senza la registratura.

Degli emolumenti non si ecceda la tassa, et tutta la tassa si paghi in una sola volta et in un luogo solo.

Chi non serve non partecipi, ma chi fosse absente per servitio et ordine del signor Duca, tanto partecipi, come se fosse presente.

Giusto per evidenziare un’altra differenza tra le due figure, accenniamo qui al fatto che, proprio perché non stipendiati dal Monte delle graticole, possiamo osservare che molti dei segretari erano intenti a supplicare il sovrano per ottenere benefici ecclesiastici per se stessi o i propri parenti, cosa che invece non accade per gli auditori. La concessione di benefici ecclesiastici divenne, infatti, uno dei metodi di pagamento maggiormente utilizzato dai duchi per ricompensare i propri fedeli segretari, tanto che in questo campo Alessandro, e soprattutto Cosimo, profusero molte energie visti

i frequenti problemi che questa pratica comportava74. E’ emblematico, a mio

                                                                                                                         

73  ASFi,  Miscellanea  Medicea,  29,  c.  20,  anonima  e  senza  data.  Trascitta  in  G.  Pansini,  

op.  cit.,  pp..  XXIV-­‐XXV.  

74  E.  Taddei,  op.  cit.,  pp.  36-­‐76;  basti  qui  ricordare  la  spinosa  contesa  tra  Cosimo  I  e  

papa   Paolo   III   per   assegnare   il   beneficio   dell’Ospedale   di   Altopascio   al   segretario   Ugolino  Grifoni.  Anche  il  Campana,  come  lascia  intendere  una  supplica  del  1546  in  cui   viene   richiesto   un   beneficio   a   lui   appartenuto,   era   stato   ricompensato   nel   1531   in   questo  modo.  Quando  stava  per  ottenere  il  beneficio  nel  1531,  il  supplicante  dice  che  

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avviso, che il Rastrelli, parlando dell’inimicizia nata tra il duca Alessandro e papa Paolo III, si riferisca a un non meglio precisato provvedimento con cui il duca “proibì l’attendere qualunque disposizione ecclesiastica da lui [il

pontefice] emanata sopra la collazione dei Benefizi”75. Appare piuttosto ovvio

che, fintantoché fu in vita Clemente VII, non dovettero sussistere troppi problemi nell’assegnazione di queste gratifiche per il duca Alessandro.

In definitiva, possiamo assumere che una maggiore istituzionalizzazione e definizione delle cariche della segreteria medicea, come anche probabilmente una più marcata distinzione tra le attribuzioni di questa rispetto alla cancelleria pubblica, si ebbe principalmente sotto Cosimo, e ancor di più dalla riorganizzazione avviata dopo il 1543. Non bisogna comunque dimenticare che il Campana, figura sicuramente di primissimo piano in questi primi e convulsi anni di vita del principato, rivestiva a partire dal 1531 anche una carica nella segreteria pubblica, come anche Angelo Marzi o il De Statis. La differenza tra la funzione svolta dai segretari pubblici e privati risultava probabilmente delineata, o iniziava a farlo, già sotto Alessandro. Ciò però non toglie che questo modus operandi, il servirsi di uomini di fiducia, non fiorentini, e strettamente dipendenti nelle loro fortune dalla volontà del loro padrone, mutuasse da una strategia adottata oramai da lungo tempo all’interno della famiglia Medici. Utilizzata nel Quattrocento per controllare le istituzioni repubblicane, questa riemerge nei primi anni del principato come mezzo di consolidamento e accentramento del potere nelle mani del principe e della sua ristretta cerchia.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

“gli  fu  fatto  intendere  che  più  oltre  non  procedessi,  dove  per  lo  meglio  lui  si  è  taciuto   mentre  è  vissuto  il  Campana”,  ASFi,  Regio  Diritto,  4375,  c.  932r;  cfr  ivi,  p.  61.    

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Il “consiglio segreto” di Cosimo I

Il Galluzzi fa riferimento in merito all’elezione di Cosimo, a un non meglio precisato “consiglio segreto” eletto dal Senato dei quarantotto per affiancare il duca nel suo governo, vista l’inutilità che aveva avuto il magistrato dei Consiglieri sotto Alessandro. Lo storico settecentesco sostiene inoltre che questo avrebbe governato a fianco di Cosimo fino alla battaglia di

Montemurlo76.

Pansini fa giustamente notare come non si trovi alcuna deliberazione del Senato al riguardo, e inscrive il concetto di “consiglio segreto” nella pratica di governo assunta, prima da Alessandro, e poi da Cosimo, e portata avanti negli anni al di fuori di una rigida istituzionalizzazione, di circondarsi di consiglieri e uomini di fiducia, riferendosi proprio a quella segreteria diretta dal Campana su cui ci siamo diffusamente dilungati nei capitoli e paragrafi

precedenti77.

Cantini, riferendosi a memorie da lui possedute, riferisce che nel 1539 Cosimo “formò un Consiglio di Stato, col di cui parere cominciò a risolvere gl’Affari, anche più importanti, senza il Voto del Magistrato de’ Consiglieri”, avulso dal contesto delle magistrature costituzionalmente istitiuite, e di cui facevano parte i ben noti Ottaviano de’ Medici, Francesco Guicciardini, Francesco Vettori, Roberto Acciaiuoli, Matteo Niccolini e Matteo Strozzi,

                                                                                                                         

76  R.  Galluzzi,  op.  cit.,  vol.  ,  pp.  :  “Nella  elezione  di  Cosimo  considerando  il  Consiglio  dei  

XLVIII   che   quattro   consiglieri   di   turno   per   soli   tre   mesi   non   potevano   essere   sufficienti   a   frenare   l’arbitrio   del   duca,   immaginarono   di   aggiungergli   un   consiglio   permanente   e   segreto   acciò   dirigesse   le   sue   operazioni   in   tutti   gli   affari.   Furono   pertanto   eletti   Ottaviano   dei   Medici,   Francesco   Guicciardini,   Francesco   Vettori,   Roberto  Acciaiuoli,  Matteo  Niccolini  e  Matteo  Strozzi,  i  quali  siccome  erano  quelli  che   più   di   tutti   avevano   contribuito   alla   sua   elezione,   perciò   speravano   che   almeno   per   titolo  di  gratitudine  avrebbe  accettato  i  loro  consigli”.  Il  passo  è  citato  da  G.  Pansini,   op.  cit.,  p.  XX.  

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