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2. L’assicurazione della responsabilità civile in generale

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Academic year: 2021

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2. L’assicurazione della responsabilità civile in generale

2.1 Il contratto: struttura, funzione e natura

L’art. 1917 c.c. stabilisce al primo comma che nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in conseguenza di un fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi, anche se in alcune polizze obbligatorie questo aspetto non riguarda direttamente il terzo danneggiato, ma solo il rapporto tra assicurato e assicuratore. In altre parole l’assicuratore paga, ma si rivale sull’assicurato in caso di dolo.

Da questa definizione si può dedurre come questo tipo di assicurazione protegge l’assicurato dal rischio di azioni civili per danni cagionati a persone o a cose di terzi in conseguenza di fatti colposi commessi da lui stesso, di fatti colposi o dolosi commessi da persone del cui operato deve rispondere, di danni cagionati da animali di cui sia proprietario, di danni provocati da cose di cui l’assicurato sia proprietario o ne abbia la custodia. Si nota come il contratto opera nel caso di fatti dannosi riconducibili a responsabilità del soggetto che si assicura, assumendo la veste non di contratto per conto del terzo danneggiato, ma di contratto per conto dello stesso responsabile1.

La funzione del contratto di cui parliamo è quella di eliminare gli effetti patrimonialmente negativi derivanti dal nascere di un debito in seguito ad una responsabilità dell’assicurato: si ha quindi una causa indennitaria che consiste nel

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trasferimento tra due soggetti del rischio di deterioramento patrimoniale conseguente a richieste di risarcimento di terzi.

Per quanto riguarda la natura di questo contratto rileviamo come nel Codice civile esso sia inserito nella sezione dedicata all’assicurazione contro i danni costituendone quindi una specie; sia la dottrina che la giurisprudenza sono concordi nel ritenere questo contratto un’assicurazione danni e più specificamente si classifica l’assicurazione della responsabilità civile come un’assicurazione del patrimonio con la quale ci si tutela contro il sorgere di un debito2; quindi l’interesse dell’assicurato in questo tipo di assicurazione è quello di tutelare l’integrità del suo patrimonio contro il rischio che lo stesso possa essere diminuito da un debito di risarcimento per un danno arrecato ad un terzo.

Il valore di tale interesse poi, in un’assicurazione di questo tipo, perde molto del suo significato, perché non è agevole di solito calcolare un valore assicurabile per questo tipo di assicurazione; per stabilire la responsabilità dell’assicurato si dovrà vedere l’effettiva entità del danno che avrà arrecato al terzo e a priori questa responsabilità può sembrare illimitata, motivo per cui si ricorre sovente ad un massimale per definire un tetto massimo all’impegno che viene ad assumere l’assicuratore: esso potrà essere uno soltanto o plurimo, cioè massimali diversi per tipologie di danni diversi, esempio danni a cose e danni a persone. Il valore dell’interesse assicurato sarà dunque ravvisabile nell’entità del credito risarcitorio spettante al terzo, che alla conclusione del contratto difficilmente si può già conoscere.

Nell’ambito dei contratti assicurativi, come si è detto, l’assicurazione della responsabilità civile si caratterizza per l’obbligo di tenere indenne l’assicurato dalle pretese di terzi, a differenza di altri tipi di assicurazione, come ad esempio – almeno secondo una certa ricostruzione - l’assicurazione infortuni per conto del terzo, dove il datore di lavoro stipula l’assicurazione che prevede l’obbligo della compagnia assicurativa di indennizzare il lavoratore infortunato. I diritti derivanti dalla stipula del contratto spettano al terzo (nella specie, il lavoratore) – con la conseguente configurazione dello schema dell’assicurazione per conto altrui. Il datore di lavoro persegue la finalità di tutelarsi da infortuni occorsi ai suoi dipendenti, ed in special modo da quelli derivanti da sua responsabilità; si vede quindi la similitudine che può

2 M. Rossetti, L’assicurazione della responsabilità civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e

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esserci con un’assicurazione R.c., ma bisogna pur sempre ricordare che il datore di lavoro non è assicurato, anche se la presenza di una tale assicurazione diminuirà sicuramente le pretese dei lavoratori infortunati nei suoi confronti, realizzando in un certo senso una garanzia a tutela del responsabile.

Parti necessarie dell’assicurazione di cui parliamo sono ovviamente l’assicuratore, cioè la compagnia assicurativa che assume il rischio dietro pagamento di un premio, e l’assicurato, ossia colui il cui patrimonio è esposto al rischio di conseguenze patrimoniali negative derivanti da suoi fatti dannosi.

L’assicurato può stipulare il contratto direttamente o per mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. L’assicurazione della responsabilità civile può essere anche stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta come disciplinato dall’art. 1891 c.c.. Tipica forma di assicurazione per conto di chi spetta è l’assicurazione di R.c. auto, dove assicurato è colui che si sia posto alla guida del veicolo assicurato dal proprietario.

Il rischio coperto nella tipologia di assicurazione in esame consiste nell’eventualità di un risarcimento dovuto al terzo da parte dell’assicurato in conseguenza di danni cagionati ad esso: per poter definire meglio questo rischio assicurato è opportuno analizzare le diverse forme di responsabilità del nostro ordinamento, come quella civile, penale, amministrativa, e le diverse tipologie di danni, come ad esempio i danni patrimoniali, morali, biologici e ambientali e il loro carattere temporaneo o permanente. Per quanto riguarda il primo aspetto l’art. 1917 c.c. dispone che il contratto “copre” la responsabilità civile: quindi possiamo dedurne che esso possa comprendere sia la responsabilità aquiliana, sia quella contrattuale. Non può però essere stipulata un’assicurazione che garantisca contro la responsabilità penale di tipo pecuniario, in quanto non è lecito assicurarsi contro le conseguenze derivanti dall’applicazione della legge penale e contro la responsabilità amministrativa per il pagamento di multe o ammende, in quanto la funzione deterrente affidata a questi strumenti risulterebbe snaturata per non dire inutile. In ogni caso l’art. 12 del Codice delle assicurazioni private3 stabilisce la nullità dei contratti aventi ad oggetto il trasferimento del rischio di dover pagare sanzioni pecuniarie amministrative.

Come abbiamo già avuto modo di osservare, la responsabilità è assicurabile solo nel caso di colpa, grave o lieve che sia, ma non si possono assicurare gli eventi dolosamente

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cagionati ai sensi dell’art. 1917 c.c. ed anche del più generale art. 1900 c.c., che tra l’altro prevede l’assicurabilità dei fatti dolosi del dipendente dell’assicurato.

Infine abbiamo ricordato che nell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli l’assicurazione corrisponde l’indennizzo anche in caso di dolo, ma questo aspetto non sembra costituire eccezione a quanto abbiamo detto poco sopra, visto che l’assicuratore ha poi diritto di rivalsa nei confronti dell’assicurato.

Riassumendo quindi possiamo dire che con l’assicurazione della responsabilità civile si può assicurare il risarcimento derivante da illecito aquiliano, da inadempimento contrattuale, da responsabilità presunta. Non rileva che il danno risarcibile possa dipendere da un fatto illecito qualificato anche come reato colposo, in quanto il fatto che l’azione del danneggiante integri anche un’ipotesi di reato non costituirebbe ostacolo all’esistenza di tale assicurazione4.

Per quanto attiene al tipo di danni risarcibili l’assicuratore terrà indenne l’assicurato per ogni tipo di danno prodotto, sia esso patrimoniale o non patrimoniale.

Di norma nell’assicurazione R.c. l’assicurato non è tenuto indenne dalle conseguenze di ogni danno arrecato a terzi, ma all’interno di ogni polizza che copre un determinato rischio si prevedono determinate modalità e attività che specificano la copertura assicurativa: con tali previsioni si delimita il rischio, definendo la “responsabilità dedotta nel contratto” di cui parla l’art. 1917 comma 1° c.c.. Queste delimitazioni avvengono mediante criteri causali, temporali, spaziali e personali. A titolo d’esempio per i primi possiamo ricordare la determinazione dell’attività da cui possono scaturire danni (attività industriale o professionale), per i secondi si assicura la responsabilità relativa solo a fatti avvenuti entro un certo periodo di tempo, per i terzi si limita la copertura al territorio nazionale ad esempio, per gli ultimi si escludono dalla qualità di terzo determinati soggetti.

Le norme dettate dal Codice civile per l’assicurazione in generale e per quelle contro i danni sono applicabili all’assicurazione di cui trattiamo salvo alcune che, per la loro natura, sono incompatibili: si tratta di norme relative alle assicurazioni di cose, palesemente inapplicabili viste le peculiarità del contratto oggetto del nostro studio.

4 M. Rossetti, L’assicurazione della responsabilità civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e

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Perciò si applicherà l’art. 1895 relativo all’inesistenza del rischio: se quest’ultimo non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto esso è nullo; se poi il rischio cessa durante il contratto questo si scioglie ex lege. Così anche gli art. 1892 e segg. sulle dichiarazioni inesatte e reticenti: si tratta di una disciplina che, in forza della natura peculiare dell’attività assicurativa, deroga al diritto comune in più parti, riconoscendo all’assicuratore un forte potere che consiste o nella possibilità di annullamento del contratto o nel diritto di recesso entro tre mesi dalla scoperta della reticenza o inesattezza, a seconda che l’assicurato abbia agito con dolo o colpa grave o senza questi requisiti.

Considerazioni analoghe possono essere riproposte per la diminuzione o per l’aggravamento del rischio: in questo caso si applicheranno gli artt. 1897 e 1898 c.c. ed anche le norme che regolano la stipulazione del contratto.

Parimenti applicabili sono l’art. 1901 c.c., relativo alla decorrenza della copertura e al mancato pagamento del premio, l’art. 1904 c.c. relativo all’interesse all’assicurazione, l’art. 1905 c.c. relativo ai limiti del risarcimento (in quanto anche a questo riguardo l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato entro il limite pattuito). Si ritiene ammissibile l’assicurazione plurima e la coassicurazione della responsabilità civile di cui agli artt. 1910 e 1911 c.c..

Rinviando oltre le considerazioni in ordine agli obblighi di avviso e di salvataggio, si deve precisare che tra le norme non applicabili compare l’art. 1906 c.c. nella parte in cui la norma prevede che l’assicuratore non risponde, salvo patto contrario, del pregiudizio prodotto da vizio intrinseco della cosa assicurata. Nell’assicurazione R.c. manca la cosa assicurata e se il contratto dovesse riferirsi ad una cosa questa sarebbe solo lo strumento attraverso il quale l’assicurato arreca danno a terzi. Risulta non compatibile anche l’art. 1907 c.c. relativo all’assicurazione parziale, in quanto nel nostro caso l’ammontare massimo del debito dell’assicurato e dell’obbligazione dell’assicuratore non sono determinati in funzione del valore del bene, bensì dei danni subiti da terzi soggetti. A volte, come nell’R.c. fabbricati, le parti per descrivere il rischio si riferiscono ad una cosa (il fabbricato), perciò questa norma potrà di nuovo trovare applicazione laddove l’assicurazione si leghi ad elementi materiali, in quanto principio generale di proporzionalità tra premio e rischio.

Infine, per le ragioni già illustrate, non è applicabile l’art. 1918 c.c. dove dispone che il contratto di assicurazione non si scioglie in caso di alienazione della cosa assicurata. Nell’assicurazione di R.c. auto vi sono norme specifiche che regolano il

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trasferimento della cosa, ossia dello strumento attraverso il quale il soggetto si può rendere responsabile: ai sensi del Codice delle assicurazioni il trasferimento di proprietà del veicolo comporta o la risoluzione del contratto (con rimborso di premio del periodo residuo di assicurazione che costituisce deroga ai principi generali) o la cessione del contratto all’acquirente oppure si sostituisce il veicolo su cui si stipula una nuova assicurazione previo eventuale conguaglio di premio. Diversamente da quanto previsto in via generale dall’art. 1918 c.c. sarebbe anche da ritenersi escluso il diritto di recesso per l’assicuratore5.

Per quanto riguarda un altro elemento importante e cioè il sinistro, definito come l’evento che è causa del danno, la questione più discussa è relativa al momento di verificazione di esso, perché è da questo momento che decorrono una serie di obblighi per l’assicurato e per l’assicuratore, il quale ricevuto l’avviso di sinistro ha l’obbligo di attivarsi per accertare l’esistenza di una responsabilità dell’assicurato e indennizzare quindi il danno.

Nell’assicurazione in parola possiamo distinguere due momenti essenziali nello sviluppo del sinistro: il primo è il fatto illecito dal quale si origina la responsabilità che genera l’obbligo di risarcire il danno provocato; il secondo è quello in cui l’obbligo di risarcimento assume contenuto economico in seguito alla domanda giudiziale o stragiudiziale del terzo rivolta all’assicurato6.

Vedremo successivamente come la questione risulti più complessa, nel senso che sul momento di verificazione del sinistro si basa uno degli aspetti più particolari dell’assicurazione in oggetto: infatti nell’assicurazione della responsabilità civile c’è l’esigenza di determinare con certezza il momento del sinistro, inteso come fatto produttivo di danni a terzi, perché quest’ultimo può a sua volta essere articolato in più fasi e dalla commissione del fatto illecito alla manifestazione del danno può trascorrere in alcuni casi un tempo più o meno lungo, circostanza, questa, che può rendere difficile individuare il momento di decorrenza dell’operatività della copertura assicurativa.

Proprio per queste ragioni si ricorre a clausole che fissano oggettivamente il momento del sinistro modificando il concetto di “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” a norma dell’art. 1917 c.c.: su questo punto torneremo più avanti nel corso di questo capitolo.

5 Corte Cost. 29 marzo 1983, n. 77, in Assicurazioni, 1983, p. 161.

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2.2 Segue. Oneri, obblighi e diritti delle parti

Come nell’ambito del contratto di assicurazione in generale così anche nell’assicurazione della responsabilità civile sussistono per l’assicurato, oltre al pagamento del premio e alla descrizione del rischio, gli obblighi previsti dagli artt. 1913 e 1914 c.c.: si tratta dell’obbligo di avviso e dell’obbligo di salvataggio.

Per quanto riguarda il primo aspetto l’assicurato, coerentemente con quanto viene dettato per le altre assicurazione danni, deve dare avviso al suo assicuratore entro tre giorni da quando ha avuto notizia del sinistro o da quando esso è avvenuto; successivamente deve comunicare all’assicuratore la richiesta di risarcimento, e se è presente la clausola claims made, che vedremo in seguito, dovrà reiterare l’avviso ad ogni successiva richiesta di risarcimento.

Il secondo obbligo è quello di salvataggio ed esso è ancora più peculiare rispetto alla disciplina generale: qui infatti l’obbligo dell’assicurato di evitare o diminuire il danno ex art. 1914 c.c. si concretizzerà nell’obbligo di resistere alla pretesa del danneggiato.

La previsione dell’art. 1914 va letta insieme all’art. 1917 c.c. comma 3°, il quale dispone che le spese di lite siano a carico dell’assicuratore nel limite del quarto della somma assicurata, tranne l’ipotesi in cui sia dovuta al danneggiato una somma maggiore di quella assicurata: in questo caso le spese si ripartiscono tra i due soggetti in proporzione del rispettivo interesse.

Occorre osservare che secondo la dottrina7 prevalente le spese di salvataggio disciplinate dall’art. 1914 c.c. sono spese di salvataggio in generale e sono sostituite, per l’assicurazione della responsabilità civile, dal dettato dell’art. 1917 c.c. – intesa come norma speciale - sulle spese di lite. La giurisprudenza8 sembra però non condividere questo orientamento ritenendo applicabile interamente l’art. 1914 c.c. anche riguardo alle spese di salvataggio. Si obietta però che l’art. 1914 c.c. sarebbe norma palesemente

7 D. De Strobel, L’assicurazione di responsabilità civile e il nuovo Codice delle assicurazioni private,

Milano, 2008, p. 264.

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dettata per le cose, come dimostrerebbe il riferimento al valore assicurato e al valore della cosa, mentre al massimo nell’assicurazione di cui parliamo il riferimento potrebbe essere al massimale.

Invece le spese sostenute dal terzo danneggiato e dovutegli dall’assicurato costituiscono un’obbligazione accessoria dell’assicuratore, quindi non si applica la disposizione appena analizzata e rimangono a carico dell’assicuratore nel limiti però del massimale.

L’inosservanza degli obblighi ex artt. 1913 e 1914 c.c. comporta, ai sensi dell’art. 1915 c.c., la perdita del diritto all’indennità se l’assicurato non ha adempiuto dolosamente, altrimenti in caso di condotta colposa l’assicuratore può ridurre l’indennità da corrispondere al danneggiato in ragione del danno sofferto a causa di tale inadempimento.

Il comma quarto dello stesso articolo prevede il diritto per l’assicurato che è stato chiamato in causa dal danneggiato di chiamare a sua volta in causa l’assicuratore. Tale disposizione è inderogabile se non in senso più favorevole all’assicurato ai sensi dell’art. 1932 c.c.. Questo diritto va rapportato al c.d. patto di gestione della lite dove l’assicuratore assume la facoltà o l’obbligo di dirigere la vertenza con il terzo danneggiato: lo vedremo nei prossimi paragrafi.

Qui ci limitiamo a sottolineare come la dottrina e la giurisprudenza discutano sul rapporto tra la disposizione dell’art. 1917 c.c. e il contenuto normale del patto di gestione della lite9: vi si rileva un problema in quanto la facoltà riconosciuta dal Codice civile all’assicurato contrasterebbe con i patti di gestione che normalmente vengono stipulati tra le parti e con i quali l’assicurato lascia la conduzione della lite giudiziale e non all’assicuratore.

Secondo una parte della dottrina infatti il diritto ex art. 1917 comma 4° ha una logica solo in caso di conflitto dell’assicurato con l’assicuratore, così egli può risolvere con un solo giudizio la verifica della sua responsabilità e la sussistenza o meno della garanzia eliminando ogni conflitto. Altrimenti questa facoltà può risultare strumento di ostacolo alla gestione della vertenza affidata all’assicuratore, appesantendo la lite giudiziale. Altre ricostruzioni si spingono ad affermare che la sussistenza del patto esclude per l’assicurato la possibilità di ricorrere alla chiamata in causa

9 D. De Strobel, L’assicurazione di responsabilità civile e il nuovo Codice delle assicurazioni private,

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dell’assicuratore; quindi l’assicurato, contravvenendo al patto con il quale ha riservato all’assicuratore la gestione della lite, potrebbe incorrere in inadempimento e sarebbe perciò giustificata anche la risoluzione del rapporto assicurativo.

La giurisprudenza invece ammette tale diritto in ogni circostanza interpretando la legge in modo letterale e permettendo all’assicurato tale diritto indipendentemente dalla presenza del patto di gestione della vertenza.

Ricordiamo infine che l’assicurato ha l’obbligo di provare l’esistenza del danno e la sua responsabilità all’assicuratore, ed ha quindi l’onere di fornire al suo assicuratore tutti gli elementi necessari per meglio valutare la situazione, proprio come avviene in tutte le altre assicurazioni danni.

Per quanto concerne la posizione dell’assicuratore abbiamo visto come, dal momento del sinistro, esso si debba attivare con la propria competenza professionale e quindi si osserverà anche l’art. 1176 c.c. in tema di diligenza professionale nell’adempimento delle obbligazioni e naturalmente occorrerà il rispetto della previsione dell’art. 1375 c.c. in materia di esecuzione di buona fede per verificare la sussistenza di una responsabilità del suo cliente e per procedere all’indennizzo del danno. Una volta accertata tale responsabilità, il pagamento può avvenire in tre modi: rimborsando la somma all’assicurato che nel frattempo ha pagato al danneggiato, pagando direttamente al terzo previa comunicazione all’assicurato, oppure pagando sempre direttamente al terzo, ma a seguito di specifica richiesta dell’assicurato come prevede l’art. 1917 2° comma.

L’indennizzo pagato ovviamente terrà conto di franchigie e sarà nel limite del massimale pattuito tra le parti.

Come abbiamo accennato l’obbligo di indennizzare sorge per l’assicuratore non appena - ricevuta la denuncia di sinistro, ed osservata la diligenza professionale cui è tenuto - sia decorso il tempo necessario per gli accertamenti necessari. Tranne che per l’R.c. auto non vi è un certo termine da rispettare: dal momento in cui l’obbligazione risarcitoria dell’assicurato è liquida ed esigibile l’assicuratore è in mora e si applicheranno le regole di diritto comune relative alla corresponsione di interessi legali di mora ex art. 1224 c.c.. In caso di inadempimento o di ritardo l’assicuratore è tenuto a risarcire anche oltre il massimale.

Per quanto riguarda la disciplina del diritto di surrogazione dell’assicuratore nell’assicurazione della responsabilità civile si osserverà l’art. 1916 c.c., come abbiamo già accennato. Tra le peculiarità c’è il fatto che non si avrà però surrogazione quando vi

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è colpa esclusiva dell’assicurato in quanto l’assicuratore in virtù del contratto di assicurazione paga un debito proprio e non altrui. Nel caso di più responsabili invece l’assicuratore che ha pagato l’intero danno avrà il diritto di surroga nei confronti dell’assicurato per subentrare nei suoi diritti, ma anche il diritto di regresso ex art. 2055 c.c. perché pagando il debito del coobbligato succede nel diritto di questi che nei confronti degli altri soggetti ha tale azione di regresso.

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2.3 L’assicurazione di responsabilità civile nel Codice delle assicurazioni

private

Il nuovo Codice delle assicurazioni private del 2005 costituisce un esempio di attuazione di quel processo di semplificazione legislativa avviato nel nostro Paese recentemente: molti degli ultimi provvedimenti, non solo in materia assicurativa, mirano cioè a ridurre il numero di norme che nel nostro ordinamento hanno raggiunto livelli record; si vogliono eliminare il più possibile gli aspetti di contraddittorietà tipici di normative emanate in tempi diversi e parzialmente, ed anche si vorrebbe ridurre l’onerosità per i cittadini e le imprese10.

Tuttavia il codice in esame è stato al centro di molte discussioni, in specie in ordine alla possibilità di inglobare in esso anche la disciplina del Codice civile sul contratto di assicurazione. Il Ministro competente ha comunicato che non c’è stato ritocco a tali norme per mancanza di espresso richiamo nella legge delega: tuttavia il Consiglio di Stato ha ritenuto che si potesse intervenire su ogni aspetto senza problemi.

In ogni caso da più parti si sostiene che il contratto di assicurazione, la cui disciplina è stata richiamata nel paragrafo precedente, abbia bisogno di modifiche, sia per porre fine a dispute interpretative e per tener conto delle evoluzioni giurisprudenziali, sia perché vi sono settori del tutto privi di normativa (es. ramo infortuni).

Non sempre è facile però trovare lo strumento più efficiente per contemperare la tutela degli assicurati con l’efficienza, la competitività e lo sviluppo del sistema, anche alla luce del fatto che l’assicurazione, che ha radici profonde di natura privatistica, sta diventando sempre più strumento di protezione sociale che va regolato sotto i due punti di vista.

Nel primo capitolo abbiamo accennato alle molteplici novità, oltre al riordino di precedenti disposizioni, introdotte dalla nuova normativa; adesso è opportuno tracciare

10 D. De Strobel, L’assicurazione di responsabilità civile e il nuovo Codice delle assicurazioni private,

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una breve analisi delle principali novità introdotte dal Codice delle assicurazioni più attinenti all’argomento di questo elaborato.

Come abbiamo già accennato, per quanto riguarda la materia del contratto il Cda si limita, agli artt. 165 e segg., a rimandare quasi completamente alla disciplina codicistica per quanto non diversamente ivi regolato. Vengono enunciati principi di redazione dei contratti, in particolar modo alcune clausole che limitano taluni diritti devono essere redatte con particolare evidenza; vengono anche regolati alcuni aspetti derogando alla disciplina comune per quanto riguarda in particolar modo l’R.c. auto. Infine sempre in questo ramo si attribuisce il diritto di recesso all’assicurato in caso di aumenti tariffari superiori al tasso di inflazione programmato.

Il Codice delle assicurazioni private ha abrogato la legge 990/1969, correggendola in più parti e introducendo anche nuovi istituti: infatti per accelerare la liquidazione dei danni nel settore automobilistico (R.c. auto) e contrastare anche l’aumento dei costi assicurativi il legislatore italiano ha previsto che al verificarsi di determinate condizioni si possa ricorrere in caso di sinistro alla procedura del risarcimento diretto (art. 149 e segg. Cda): la sua concreta attuazione nel nostro Paese si è avuta con il d.P.R. n. 254/2006. E’ stato previsto che l’azione diretta verso l’assicuratore del responsabile venga sostituita a volte con un’azione verso il proprio assicuratore; quest’ultimo viene designato dalla legge come colui che, per conto dell’impresa assicurativa del danneggiante, dovrà provvedere alla liquidazione dei danni che ha subito il suo assicurato. Si ricorda che è necessario che si tratti di sinistro avvenuto in Italia tra due veicoli a motore, identificati ed assicurati, da cui siano scaturiti danni a cose e alle persone ma solo lievi, ossia contenuti nel limite di lesioni permanenti non superiori al nove per cento. Ricordiamo che il danneggiato non può proporre azione giudiziaria nei confronti degli assicuratori e del danneggiante prima che siano passati sessanta o trenta giorni a seconda della compilazione del modulo di denuncia ed anche fino a novanta in caso di lesioni alla persona, durante i quali l’assicuratore a cui spetta pagare deve comunicare l’offerta al danneggiato ed entro quindici giorni deve pagare.

Tutto questo non si applica in caso di danni subiti dal terzo trasportato. Un’ulteriore novità è costituita dal fatto che quest’ultimo può a determinate condizioni (art. 141 Cda) proporre azione diretta nei confronti dell’assicuratore del veicolo su cui era a bordo. Ricapitolando ora vi sono disciplinate nel codice di cui trattiamo tre azioni dirette a disposizione dei danneggiati: quella classica nei confronti dell’assicuratore del responsabile, la procedura di risarcimento diretto che abbiamo enunciato sopra e

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quest’ultima; possono essere esperite nei confronti dell’assicuratore del danneggiato o, come abbiamo visto nella terza, del veicolo sul quale si è a bordo al momento dell’incidente.

Osserviamo come queste procedure possono potenzialmente ridurre i tempi di corresponsione degli indennizzi e quindi aumentare la certezza giuridica per i danneggiati. Tuttavia non mancano problemi di attuazione nello specifico e difficoltà interpretative: a chi sostiene che la procedura di risarcimento diretto inciderebbe sulla struttura del contratto di assicurazione si aggiungono coloro che hanno notato piccole incongruenze tra il codice e la normativa regolamentare11.

Il codice recepisce anche molte novità nell’ambito dell’intermediazione assicurativa a seguito della direttiva europea 2002/92/CE. Ora troviamo questa disciplina agli artt. 106-121 Cda. Innanzitutto è stata prevista la creazione di un registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi; nuove norme sono state dettate per la disciplina dell’attività agenziale e quindi per le autorizzazioni per l’esercizio di tale attività. La stessa cosa vale per i broker e gli altri soggetti a cui la legge riserva l’attività di intermediazione assicurativa. Tutti gli intermediari devono iscriversi nel registro sopracitato previa verifica di tutta una serie di requisiti. E’ stata introdotta anche la possibilità per questi soggetti di operare in regime di stabilimento e di libera prestazione di servizi nella UE.

E’ utile fare un cenno anche ad importanti novità afferenti alla tutela dell’assicurato: vi è un apposito titolo del nuovo codice che riguarda proprio la trasparenza e la protezione dell’assicurato. Si tratta degli articoli 183 e segg. dove sono riportate norme che riguardano la pubblicità dei prodotti assicurativi, regole di comportamento relative alla correttezza e diligenza nei comportamenti e altri obblighi di informazione che devono essere rispettati dalle imprese di assicurazione e dagli intermediari nei loro rapporti con i clienti; per gli intermediari sono state previste ulteriori precise regole e obblighi di informativa precontrattuale (artt. 117-121 Cda). Tutte queste norme generali sono poi state specificate dalla normativa regolamentare Isvap12.

Da ultimo ricordiamo due interventi legislativi (legge 248/2006 e legge 40/2007) di liberalizzazione sostenuti dal precedente Ministro per lo sviluppo economico Bersani:

11 M. Hazan, La disciplina del risarcimento diretto dei danni da circolazione stradale, in Danno e

responsabilità, 2007, p. 260-273.

12 Le norme in parola sono state attuate con regolamento Isvap n. 5 del 16 ottobre 2006 e successive

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tali provvedimenti hanno previsto ulteriori misure di trasparenza e competitività nel settore assicurativo e norme vantaggiose in tema di R.c. auto per gli assicurati.

Per quanto attiene alle norme sulla trasparenza tra le più importanti novità ricordiamo la possibilità per l’assicurato e per i suoi familiari conviventi di usufruire della medesima classe di merito in essere su un contratto R.c. auto per la stipula di un ulteriore contratto relativo ad un altro veicolo dello stesso tipo; oltre agli obblighi che abbiamo richiamato sopra sono stati ampliati gli obblighi informativi degli intermediari relativi a provvigioni percepite e sconto applicato al cliente; relativamente alla durata dell’assicurazione l’art. 1899 c.c. è stato cambiato prevedendo che in caso di polizze con durata poliennale l’assicurato possa comunque recedere dal contratto annualmente senza oneri e con preavviso di sessanta giorni; è stata sostituita la disposizione precedente che disponeva che solo in caso di contratto superiore a dieci anni le parti potessero recedere trascorso il decennio. Peraltro l’art. 1899 c.c. è stato di nuovo modificato recentemente prevedendo che l’assicuratore, in alternativa ad una copertura di durata annuale, possa proporre una copertura di durata poliennale a fronte di una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura dal contratto annuale. In questo caso, se il contratto supera i cinque anni, l’assicurato, trascorso il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata13.

Per stimolare la competitività del settore sono state attuate liberalizzazioni che sono intervenute in particolar modo nell’ambito dei contratti di agenzia stipulati dalle imprese assicurative con gli agenti: le imprese non possono più stipulare contratti che prevedano clausole contrattuali di distribuzione esclusiva di polizze relativamente ai rami danni: questo per stimolare maggiore concorrenzialità nel settore permettendo agli agenti di offrire prodotti di più imprese (c.d. plurimandato) e facilitando così la concorrenza tra le stesse, a vantaggio del consumatore.

Ad oggi rileviamo come siano pochi in termini percentuali gli agenti monomandatari passati al plurimandato, sebbene si noti il sorgere di consorzi tra agenti che diventano titolari di nuovi mandati. Da notare che in recenti proposte di legge in discussione in parlamento si è discusso di una possibile abrogazione della norma per

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eliminare di nuovo la possibilità per gli agenti di distribuire prodotti assicurativi di più imprese di assicurazione.

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2.4 Classificazione per tipi di rischio e caratteristiche generali

Delineata la disciplina generale entriamo ora nello specifico ad analizzare quali sono i tipi di assicurazione della responsabilità civile presenti sul mercato.

L’assicurazione di cui parliamo viene classificata di solito in base al tipo di rischi che vengono coperti: abbiamo diverse categorie che possono essere così suddivise14:

• rischi connessi alla proprietà e alla conduzione di beni immobili; • rischi relativi a fatti della vita privata;

• rischi relativi ad attività economiche per i danni causati nel loro svolgimento;

• rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli.

Come abbiamo avuto modo di osservare nel capitolo precedente, alcune coperture assicurative tra queste che abbiamo elencato sono obbligatorie per scelta del legislatore, che ha ritenuto questi settori maggiormente bisognosi di prevedere uno strumento di tutela in grado di permetterne l’ordinato sviluppo, per limitare le controversie e non ingessare il sistema. Esempio emblematico è la copertura assicurativa obbligatoria per la circolazione stradale che rientra nei rischi di cui al punto quarto.

Per quanto riguarda il primo punto ricordiamo l’R.c. fabbricati: con polizze di questo tipo è possibile assicurarsi per i danni che si possono causare a terzi dalla proprietà o dalla conduzione dell’immobile: quest’ultimo non è quindi il bene assicurato come in una polizza danni, ma è lo strumento tramite il quale si può arrecare un danno.

Per quanto concerne la vita privata in questa categoria è compresa la polizza R.c. della famiglia che riguarda e copre danni causati da membri della famiglia nell'ambito della normale vita privata, nella pratica di uno sport o di un hobby.

Al terzo punto appartengono quelle coperture assicurative che sono alla base dell’ordinato sviluppo economico che cerca di diminuire le conseguenze dovute a risarcimenti che potrebbero ostacolare le attività economiche.

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Stiamo parlando dell’assicurazione responsabilità civile verso terzi (R.c.t.) con cui ci si tutela dal rischio di dover pagare a titolo di risarcimento a terzi perché civilmente responsabili in conseguenza di un fatto accaduto nell’ambito dell’attività economica che si svolge. Da qui poi ci sono rischi che vengono assicurati a parte con coperture distinte sia per motivi gestionali dell’impresa assicurativa, sia per la loro gravità e le loro peculiarità: rientrano tra queste le polizze che coprono i rischi da inquinamento dell’ambiente (R.C. inquinamento), i rischi dovuti alla commercializzazione e alla fabbricazione dei prodotti (R.C. prodotti), i rischi derivanti dall’esercizio di attività professionali (R.C. professionale) e quelli cagionati da qualsiasi opera dopo il suo compimento o la sua istallazione (R.C. postuma).

L’R.c. inquinamento è quella polizza che copre tutti i danni ambientali causati da industrie di qualsiasi tipo, purché istallate sulla terraferma. Fino gli anni ’70 i mercati internazionali ritenevano non assicurabili i danni da inquinamento, difatti le polizze escludevano chiaramente tali rischi. Presto però la questione ambientale diventò uno dei temi più importanti discussi dai paesi più avanzati, tanto che le imprese di assicurazione italiane si costituirono in un pool per trovare soluzioni a diversi aspetti che rendevano tale rischio inassicurabile, arrivando così a elaborare determinate procedure per gestire il rischio e per indurre anche l’assicurato alla prevenzione. Negli anni tale pool ha accumulato esperienze e grazie alla presenza di più imprese, anche una capacità notevole di assunzione di rischi di questo tipo per garantire il risarcimento integrale alle vittime e costi accessibili alle industrie assicurate. Ovviamente si escludono i danni dolosamente cagionati dall’assicurato e si prevede contrattualmente che la garanzia non operi in alcuni casi precisi, per delimitare meglio il rischio al fine della sua assicurabilità.

L’R.C. postuma riguarda ad esempio i costruttori di edifici in particolare, che a norma dell’art. 1669 c.c. sono responsabili per dieci anni per i difetti presentati da opere destinate ad avere lunga durata, come un’abitazione.

L’R.c. prodotti è una copertura assicurativa che risponde alle esigenze di garanzia dei produttori di beni: responsabilità la loro regolata dalla direttiva 85/374, attuata nel nostro ordinamento con il d.P.R. n. 122/1988 e ora contemplata nel Codice del consumo. Produttore non è solo chi fabbrica il bene, ma anche chi abbia fornito le materie prime e perfino chi appone il proprio marchio sul bene per lo smercio. Recentemente la direttiva 95/2001 ha introdotto altre novità relative all’obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri e di richiamare o ritirare i prodotti dal mercato.

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Gli assicuratori tendono ad offrire come coperture aggiuntive il rimborso delle spese per adempiere a questi obblighi di legge.

Per quanto riguarda infine l’R.c. professionale essa copre i rischi derivanti dall’esercizio delle attività professionali: da ultimo sta avendo sviluppo anche la R.c. amministratori, cioè quella polizza delle professioni che copre la responsabilità degli amministratori e manager per i danni che possono cagionare a terzi nell’esercizio delle loro funzioni. In Italia il mercato di questo “nuovo” tipo di polizza è ancora sottosviluppato, ma recentemente il d.lgs. 6/2003, relativo alla riforma del diritto societario, introducendo una maggiore definizione dei compiti e dei poteri di questi soggetti permette di chiarire meglio i profili di responsabilità e quindi può crescere il bisogno di coperture assicurative così specifiche per questo settore.

Sulle polizze a copertura dei rischi ambientali, dei rischi professionali, dei rischi da fabbricazione e distribuzione dei prodotti ed anche altre fattispecie ci soffermeremo meglio nel prossimo capitolo.

Le imprese di assicurazione per assicurare le diverse tipologie di rischio che abbiamo evidenziato elaborano la tariffa R.c. suddividendo anche all’interno di ogni singolo rischio i diversi tipi di attività (attività professionali, imprese artigiane, industriali); ogni categoria di rischio è quindi molto restrittiva, e se un determinato rischio non è espressamente menzionato esso non può ritenersi compreso: infatti le basi di calcolo sulle quali gli assicuratori determinano i premi tengono conto di determinati rischi, e non si può estendere la copertura ad altre fattispecie rischiose connesse senza includere nella polizza i rischi aggiunti per i quali si desidera essere assicurati. Così alcuni possono essere compresi nella medesima copertura con maggiorazione di premi, altri devono essere previsti in una autonoma assicurazione, in virtù della loro specificità. Il premio può consistere in un’entità fissa, quando non sono previsti cambiamenti negli elementi presi a misura dell’entità del rischio, oppure variabile, quando sono previste variazione negli elementi che determinano la rischiosità: ad esempio se si prende a riferimento il fatturato di una azienda, a fine anno ci sarà una regolazione di premio (c.d. clausola di regolazione del premio) alla fine del periodo assicurativo, fermo restando che in questi casi si prevede un premio minimo.

Il massimale può essere unico, ossia prevedere un limite massimo per ogni sinistro oppure plurimo e in questo caso si presenta sovente come tripartito: una somma massima per sinistro, una per persona e una per cosa coinvolte in ogni sinistro. Nei rischi cosiddetti ordinari, cioè dove è più facile calcolare statisticamente il pericolo si

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utilizzano i massimali tripartiti; nei rischi più specifici relativi ad esempio ad attività più difficili da quantificare nel loro rischio, si utilizzano i massimali unici, che talvolta sono intesi anche per ciascun periodo di durata della polizza.

Infine per gli altri rischi con caratteristiche particolari e per i quali ha poco senso un paragone con massimali ordinari (es. rischi catastrofici) si rimette l’assicurazione di tali rischi alla direzione della Compagnia assicuratrice che valuterà quanto può esporsi, data la propria struttura operativa, a rischi di tale particolarità.

Il premio per l’assicurato viene così a determinarsi con apposite tabelle dove per ogni rischio ed in funzione del massimale prescelto si perviene al premio, cui andranno aggiunte maggiorazioni in ragione di condizioni speciali di polizza come i rischi aggiuntivi, ed ovviamente i caricamenti e le imposte dovute.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno bisogna dire che l’accertamento del debito può essere di natura giudiziale, cioè con sentenza, oppure di natura negoziale cioè con riconoscimento unilaterale o transazione. L’entità del debito presenta aspetti problematici allorquando vi sia una pluralità di responsabili civile: quando vi sono più coautori essi devono considerarsi solidalmente responsabili e nel caso di pluralità di responsabili può aversi compensazione di colpe.

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2.5 Principali condizioni di polizza e clausole in uso

L’art. 166 Cda dispone che il contratto e ogni altro documento consegnato alla clientela vada redatto in modo chiaro ed esauriente; inoltre le clausole che andremo ad analizzare in questo paragrafo, cioè quelle relative a decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell'assicurato, devono essere redatte con caratteri di particolare evidenza.

Nell’offerta ed esecuzione dei contratti di assicurazione devono essere rispettate le regole di comportamento cui abbiamo fatto cenno nei paragrafi precedenti: gli artt. 183 e segg. Cda dispongono che imprese e intermediari devono agire con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti ed assicurati; inoltre è necessario che siano acquisite tutte le informazioni necessarie a valutare le esigenze del cliente, bisogna altresì dotarsi di una struttura organizzativa capace di gestire i conflitti di interesse e realizzare una gestione sana e prudente per la tutela dei diritti dei contraenti e degli assicurati.

La normativa regolamentare emanata dall’Isvap ha poi specificato questi doveri disciplinando prospetti e note informative che devono essere consegnati al cliente preventivamente in aggiunta alla proposta contrattuale e al contratto. Questa documentazione riguarda gli obblighi cui sono sottoposti i soggetti vigilati, le informazioni essenziali sui soggetti che offrono tali contratti e le altre informazioni che permettono ai contraenti di giungere ad un giudizio consapevole sulle condizioni, sui diritti e sugli obblighi derivanti dalla sottoscrizione del contratto proposto.

Il contratto inizia di solito col richiamare gli obblighi di avviso e di salvataggio nonché le altre norme generali così come disciplinati dal Codice civile, cui fa espresso riferimento il Codice delle assicurazioni private all’art. 165.

Normalmente l’assicurato non è tenuto indenne da ogni danno, ma solo dai danni che si verificano con certe modalità descritte nel contratto di assicurazione.

La polizza prevede quindi le condizioni generali di contratto. Esse si riferiscono in primo luogo alla delimitazione territoriale della garanzia e poi definiscono le delimitazioni del rischio così come le abbiamo enunciate nei paragrafi precedenti. Dal

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punto di vista causale ad esempio si può stabilire di assicurare solo la responsabilità relativa a danni arrecati attraverso una cosa determinata od una certa attività; dal punto di vista temporale si assegna un limite temporale alla garanzia; infine dal punto di vista personale si escludono o si includono nella copertura assicurativa determinate persone “vicine” all’assicurato nei confronti delle quali la garanzia non opera.

Attraverso altre clausole di contratto vengono definiti gli aspetti specifici e aggiuntivi relativi all’assicurazione stessa.

Esaminiamo alcune tra queste principali clausole. Una delle più famose, che sta avendo diffusione sempre maggiore e che sta generando forti dibattiti sulla sua validità sia in dottrina che nella giurisprudenza del nostro Paese e non solo, è la claims made clausola relativa alla validità temporale della copertura assicurativa, alla quale dedicheremo specifiche considerazioni in prosieguo.

Sempre su questo argomento ricordiamo - anche se oggi la stessa appare un po’ desueta visto la crescente applicazione della clausola claims made - la clausola di estensione della garanzia al c.d. sinistro latente15, molto utile per quei campi di attività dove tra fatto che genera danno e manifestazione del danno vi è un periodo temporale lungo: con questa clausola le parti stabiliscono che la garanzia copre quei fatti anche accaduti prima della conclusione del contratto, sebbene con un certo limite di retroattività, ma il cui danno si manifesta in vigenza di polizza e anche quei fatti accaduti durante la validità della polizza ma con manifestazione del danno dopo la scadenza del contratto assicurativo. Anche questa clausola risponde alla medesima esigenza cui risponde la clausola claims made, cioè determinare con certezza il momento del sinistro che nell’assicurazione di cui parliamo assume come vedremo connotati peculiari.

Nell’ambito della delimitazione del rischio assicurato è il caso di menzionare un’altra clausola che ha suscitato molti dubbi: è quella che in molti contratti limita l’operatività della garanzia ai soli fatti accidentali (accidentalità)16.

Secondo un’opinione la clausola non avrebbe senso, in quanto se per fatti accidentali si devono intendere il caso fortuito o la forza maggiore l’assicurazione non servirebbe a molto, se non a niente, visto che l’assicurato non sarebbe comunque

15 A.D. Candian, Responsabilità civile e assicurazione, Milano, 1993, p. 297.

16 M. Rossetti, L’assicurazione della responsabilità civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e

commerciale a cura di G. Alpa, cit., p. 1535. Vedi anche D. De Strobel, L’assicurazione di responsabilità civile e il nuovo Codice delle assicurazioni private, cit., p. 592.

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responsabile in presenza di tali situazioni. L’apposizione di tale clausola al contratto di assicurazione manifesterebbe nient’altro che l’esigenza degli assicuratori di tutelarsi da risarcimenti dovuti a condotte dell’assicurato al confine tra dolo e colpa, quindi per limitare il rischio assunto.

Un primo orientamento individua i fatti accidentali con i fatti colposi, anche se volontari, per cercare di distinguerli da quelli dolosi. Anche la giurisprudenza di merito ha ritenuto più volte che le parti si volessero riferire alla condotta colposa con questa pattuizione, quindi non ad un comportamento doloso.

Un secondo orientamento è quello accolto dalla Corte di Cassazione17 che ha specificato come con accidentalità non si deve intendere imprevedibilità dell’evento dannoso, ma incertezza, imprevedibilità sul complesso di fattori che producono il danno: i fatti accidentali diventano così un sottoinsieme dei fatti colposi, costituendo quelli che non sono conseguenza naturale delle modalità adottate dall’assicurato nella sua condotta o comunque attività lavorativa assicurata. Quindi non sono fatti accidentali quelli che derivano esclusivamente da conseguenze necessarie della condotta messa in atto dal soggetto. Occorre dunque accidentalità sull’elemento causale del danno.

Tale clausola è stata usata principalmente per settori come quello edilizio dove pur con ogni precauzione si verificano danni a cose che però non hanno quei caratteri di incertezza, imprevedibilità totale che rendono quindi questi danni “meno assicurabili” per le compagnie. Così si intende con questa clausola lasciare a carico dell’assicurato rischi che per la loro natura si verificano “normalmente”.

Ultimamente si tende a cercare di usare espressioni più corrette nei contratti, ovvero si prevede una più esatta delimitazione del rischio per non incorrere in problemi simili a questo.

Una delle clausole più importanti è il patto di gestione della lite: con questa l’assicurato riserva all’assicuratore la conduzione di qualsiasi lite (stragiudiziale o giudiziale) con il terzo danneggiato.

La dottrina e la giurisprudenza18 prevalenti qualificano questo patto come un mandato in rem propriam senza rappresentanza: a carico dei due soggetti vi sono una serie di diritti ed obblighi.

17 Cass., 4 febbraio 1992, n. 1214, in Assicurazioni, 1993, 2, p. 45.

18 M. Rossetti, L’assicurazione della responsabilità civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e

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L’assicurato si obbliga a non compiere nessun atto teso all’attività di accertamento, transazione o liquidazione del danno; inoltre non deve nominare legali ed è tenuto ad informare immediatamente l’assicuratore delle iniziative del terzo danneggiato; infine deve permettere all’assicuratore di assumere concretamente la gestione della lite, ad esempio dando mandato all’avvocato prescelto dalla compagnia assicurativa. A fronte di questi obblighi l’assicurato ha il diritto a che la vertenza sia gestita salvaguardando al massimo i suoi interessi.

L’assicuratore ha l’obbligo o la facoltà di assumere la gestione della lite, ma non ha l’obbligo di garantire l’esito vittorioso: si tratta di un’obbligazione di mezzi19, e l’assicuratore al più potrà essere condannato nel caso che colposamente abbia curato male gli interessi del suo cliente (c.d. mala gestio). Si ha mala gestio quando l’assicuratore trascuri colposamente di curare gli interessi dell’assicurato: essa può derivare non solo da cattiva gestione della lite, ma anche da qualsiasi altra negligenza che aggravi la posizione del cliente. Poiché l’obbligo di curare gi interessi del danneggiato è, come abbiamo visto, contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c. derivano due conseguenze: la mala gestio può legittimare la domanda di risoluzione del contratto da parte dell’assicurato secondo l’art. 1453 c.c. e può legittimare l’eccezione di inadempimento sempre da parte dell’assicurato per il pagamento del premio ai sensi dell’art. 1460 c.c.. Nell’assicurazione della responsabilità civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli siccome l’assicuratore è tenuto in questa tipologia di assicurazione a risarcire direttamente la vittima, se egli ritarda colpevolmente sussisteranno gli estremi per una mala gestio ma come illecito extracontrattuale, regolato dall’art. 2043 c.c..

Presupposto della mala gestio è che con colpa l’assicuratore ad esempio venga meno agli obblighi di cui all’art. 1917 c.c. o non rispetti i tempi e le modalità per l’adempimento previsti dal contratto oppure la diligenza ex art. 1176 c.c. o anche il principio di buona fede ex art. 1375 c.c..

La mala gestio può riguardare il momento processuale (mala gestio processuale) o essere riferita in generale ad un’altra omissione dell’assicuratore ed in questo caso si parla di mala gestio sostanziale (es. omissione del pagamento dell’indennizzo).

Per quanto riguarda il primo caso può trattarsi ad esempio di comportamenti dell’assicuratore tesi a negare senza motivo la copertura assicurativa, formulare

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eccezioni inconsistenti, non assumere la lite o dilazionarla, far maturare prescrizioni e decadenze. Nel secondo caso rientrano comportamenti estranei al momento processuale come ad esempio il rifiuto di concludere una transazione vantaggiosa col danneggiato oppure liquidare il danno omettendo di valutare la situazione del suo assicurato che si dichiara esente da colpa.

Per quanto riguarda le conseguenze della mala gestio ricordiamo che essa ha rilievo maggiore quando il massimale di polizza non è abbastanza capiente, sicché il debito dell’assicurato che è stato fatto lievitare non rientra più tutto nella garanzia e l’assicuratore può essere condannato a risarcire oltre il massimale. Il limite del massimale opera sul debito dell’assicurato, ma non per l’aggravio provocato dalla mala

gestio dell’assicuratore.

L’assicuratore nel gestire la lite può trovarsi in conflitto di interessi con l’assicurato: di norma l’assicuratore cura sia il suo interesse che quello dell’assicurato, ma può accadere che gli interessi dei due soggetti siano divergenti. Anche in questi casi si può avere mala gestio da parte dell’assicuratore.

Ci si chiede infine se l’assicuratore possa disporre dei diritti dell’assicurato, ad esempio se possa transigere con il terzo danneggiato: in generale anche in giurisprudenza si forniscono risposte contrastanti; infatti alcune decisioni ritengono che la disponibilità dei diritti dell’assicurato possa derivare solo da uno specifico mandato da parte dell’assicurato20, quindi tra gestire la lite e disporre del diritto oggetto della lite correrebbe una differenza; altre pronunce invece21 sostengono che sia tutto compreso nel patto di gestione della lite. Preferibile e comunque prevalente è la prima opzione.

20 Cass. Civ., 13 luglio 1977, n. 3138, in Assicurazioni, 1978, 2, p. 67.

21 M. Rossetti, L’assicurazione della responsabilità civile, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile

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2.6 La clausola claims made in Italia e in alcuni paesi europei

La clausola claims made si contrappone a quella tradizionale ex art. 1917, co 1° c.c. denominata loss occurence, seconda la quale la copertura assicurativa opera per gli eventi che hanno prodotto danno avvenuti durante il periodo di vigenza della polizza a prescindere dalla data di richiesta del risarcimento o dalla denuncia di sinistro.

La clausola claims made è di origine anglosassone e potrebbe essere tradotta nel nostro linguaggio come “a richiesta fatta”; molto diffusa nei paesi nordamericani per i danni da prodotti difettosi, si sta diffondendo ora anche in alcuni paesi europei. Questa clausola accentua la finalità dell’assicurazione di cui parliamo, in quanto prende proprio a riferimento le richieste di risarcimento, per salvaguardare il patrimonio dell’assicurato. Detto in altri termini, con la clausola in parola le prestazioni eseguite prima della decorrenza della polizza ma che hanno prodotto richiesta di risarcimento dentro il periodo di validità della polizza sono assicurate.

Quindi la clausola di cui ci occupiamo conferisce in alcuni casi alla garanzia assicurativa efficacia retroattiva illimitata, in quanto la compagnia si obbliga a effettuare il pagamento per le richiesta di risarcimento presentate per la prima volta nel periodo di validità della polizza indipendentemente dalla data di accadimento del danno. L’assicurazione “funziona” anche in caso di richieste di risarcimento successive alla scadenza del contratto, purché la prima richiesta sia presentata nel periodo di efficacia della polizza; questo è molto utile se si pensa che nell’assicurazione di cui parliamo sono frequenti i danni in serie.

Si da quindi rilevanza alla data della richiesta di risarcimento. Ovviamente appare chiaro come siano determinanti la verità e l’attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dal contraente in sede di stipula della polizza: se egli trascura di comunicare alla compagnia l’esistenza di una situazione da cui potrebbe originarsi una richiesta di risarcimento c’è il rischio di stipula di assicurazione retroattiva. Contro un uso fraudolento dello strumento assicurativo interviene a tutela dell’assicuratore la disciplina delle dichiarazioni inesatte e reticenti di cui all’art. 1892 e segg. c.c. oltre al criterio di buona fede nell’esecuzione del contratto.

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Da tale tipo di clausola derivano vantaggi sia per l’assicurato che per l’assicuratore22; per il primo soggetto i vantaggi si manifestano nel fatto che invece di andare a verificare la data in cui si è verificato il fatto dannoso, che in alcuni sinistri non è agevole come vedremo, si vincola il tutto ad un evento certo: la richiesta di risarcimento. Per l’assicuratore il vantaggio è quello di poter rendere più certi i costi: cioè in forza di questa clausola l’assicuratore, una volta scaduti i contratti, non li deve tenere sotto controllo per vedere se giunge una richiesta di risarcimento per un fatto avvenuto durante la vigenza della polizza, bensì scaduto il termine di validità della copertura è certo che non ci saranno risarcimenti e diventa più agevole stabilire tariffe corrette perché alla fine del contratto si conosce la sinistrosità.

Se vi sono vantaggi è anche vero che non mancano gli svantaggi: questi risiedono essenzialmente nel fatto che in un susseguirsi di coperture assicurative di questo tipo presso diversi assicuratori senza soluzione di continuità, si può verificare il paradosso per il quale ci possono essere danni che non entrano in nessuna delle coperture: ciò a ragione del fatto che può essere stabilita una retroattività (uno o due anni) limitata dal parte del secondo assicuratore per limitare l’operatività del sistema a richiesta fatta limitandolo a eventi accaduti nel termine di cui sopra, che se non è accompagnata da un’ultrattività da parte dell’assicuratore precedente può dare vita a vuoti di copertura che un’assicurazione loss occurence non avrebbe.

Dicevamo che nell’assicurazione della responsabilità civile il sinistro assume un rilievo particolare. In pratica come abbiamo avuto modo di vedere possiamo distinguere alcuni momenti essenziali nello sviluppo del sinistro: il primo è il fatto dannoso dal quale si origina poi il danno, il quale può avvenire ad una distanza più o meno lunga dal primo, poi la responsabilità da cui deriva l’obbligo di risarcire e infine quello in cui l’obbligo di risarcimento assume contenuto economico in seguito alla domanda giudiziale o stragiudiziale rivolta dal terzo all’assicurato per ottenere il risarcimento.

Da qui si è aperto da tempo un dibattito teso a definire anzitutto la nozione di sinistro, rilevante per tutti i soggetti coinvolti nel contratto. L’interrogativo si snoda lungo due alternative: il sistema delineato ai sensi dell’art. 1917 c.c. oppure la richiesta di risarcimento del danneggiato.

Da sempre dottrina e giurisprudenza sono abbastanza pacifiche sul sistema delineato dal nostro Codice civile: le uniche discussioni riguardano cosa si deve

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intendere per fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, che nelle polizze assicurative, come possiamo ben immaginare, è il nocciolo della contrattazione delle parti, in quanto a seconda di come viene definito dalle parti nel contratto di assicurazione possiamo avere sinistri che rientrano o meno in garanzia: il fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione può essere inteso o l’origine causale del danno oppure l’evento produttivo (la manifestazione) del danno.

Negli ultimi anni le caratteristiche particolari di alcune coperture per i rischi prodotti, inquinamento e professionale hanno portato però alla ribalta la seconda soluzione. Si tratta di assicurazioni in cui dopo il fatto dannoso passa un periodo più lungo del solito prima del manifestarsi del danno, oppure da un fatto derivano una serie di danni che si susseguono in un periodo che non è possibile conoscere a priori23. Può succedere ad esempio che con una copertura “classica” un fatto avvenuto durante la vigenza della copertura assicurativa produca però un danno dopo la scadenza della polizza e può anche succedere che un medesimo fatto produca una serie di conseguenze sfavorevoli che colpiscono in momenti diversi una pluralità anche indefinita di terzi.

La pratica contrattuale è andata così a superare il rapporto tra fatto dannoso e periodo di assicurazione collegando, per i tipi di assicurazione di cui abbiamo detto, l’efficacia della garanzia alla comunicazione della pretesa del danneggiato come nella clausola claims made dove si recuperano dentro la validità della polizza anche fatti accaduti prima della decorrenza del periodo di efficacia della copertura e nulla importa se il danno si è verificato prima o dopo di essa; appare chiaro che si escludono però quei fatti che abbiano prodotto una richiesta di terzi dopo la scadenza del periodo assicurativo.

Così come abbiamo visto nei paragrafi precedenti ricordiamo che nell’assicurare i rischi sopra elencati alcune polizze, in uso in special modo in quei paesi come il nostro dove la claims made non si è ancora affermata completamente, indicano una soluzione particolare: ci si riferisce specificamente al momento in cui il danno si manifesta in tutta la sua rilevanza ai fini della validità della copertura assicurativa: così si dice che la garanzia vale per i danni verificatisi nel periodo di vigenza della polizza anche se conseguenti a fatti avvenuti al di fuori di essa. Si vede qui come anche questo sia un tentativo di gestire la validità della polizza per i tipi di rischio che hanno caratteristiche peculiari dal punto di vista del verificarsi del sinistro. Infatti anche in questo caso si

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attribuisce una sorta di efficacia retroattiva all’assicurazione, perché la causa del danno si è verificata prima della stipula dell’assicurazione. Ci sono stati anche dei casi opposti, in cui si è dato cioè rilievo solo all’evento generatore, che deve essere dentro il periodo di validità della polizza, configurando una copertura c.d. postuma. Si capisce che in particolare per l’assicuratore queste ultime due tecniche presentano difficoltà operative, legate soprattutto alla gestione delle riserve tecniche. Il crescente successo della claims

made è proprio quello di portare vantaggi all’assicurato in questi campi di attività

contestualmente ad una sostenibilità operativo-assicurativa per l’assicuratore.

L’adozione della clausola di cui parliamo va a modificare il quadro tradizionale dell’assicurazione di responsabilità civile: quello che interessa è vedere il senso e quale portata determinano queste prassi contrattuali per i soggetti coinvolti nel contratto.

Da noi una clausola di questo tipo è stata impiegata all’inizio nei contratti di R.c. dei professionisti: infatti come abbiamo accennato e come affronteremo meglio nel prossimo capitolo, il rischio del professionista presenta particolarità legate proprio alla natura della sua attività, che fanno discendere un accertamento della responsabilità dovuto ad uno sfasamento che può essere molto accentuato tra fatto (la prestazione professionale) e danno. Si rileva peraltro che questo problema non è stato notato di recente, cioè negli ultimi decenni, ma addirittura in sede di preparazione del nostro Codice civile fu sollevato proprio il problema della particolarità di alcune attività come questa.

Per analogia si comprende appieno quindi come gli altri rischi dove vi è stata diffusione di questo strumento siano i danni da prodotti e da inquinamento: anche qui come dicevamo c’è un lasso temporale da quando viene immesso il prodotto difettoso sul mercato a quando si produce il danno e di conseguenza la richiesta di risarcimento, e c’è un lasso temporale anche dal momento in cui si verifica il fatto inquinante e quello in cui si ha danno e domanda di risarcire lo stesso. A ben vedere l’adozione di una clausola di questo genere per questi rischi è ben motivata dal fatto che l’assicurato migliora la sua posizione, così che il contratto risulta più adatto alle sue esigenze di copertura in questi campi di attività.

A questo punto è opportuno verificare se la presenza di una clausola di tale genere modifichi la normale assicurazione della responsabilità civile, cioè modifichi il concetto di sinistro rispetto alle disposizioni dell’art. 1917 c.c.; una parte minoritaria della dottrina sostiene che la clausola in esame “sostituisca” il concetto di sinistro che abbiamo visto con la richiesta di risarcimento. A ben vedere però si fa notare da più

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parti24 che tutte le norme del Codice civile si riferiscono al sinistro come fatto causa di responsabilità, per cui non è possibile accogliere un’interpretazione così restrittiva e semplicistica.

Infatti solo l’art. 2952 c.c. pone in rilievo la richiesta di risarcimento, ma sicuramente ad altri fini, cioè la prescrizione.

Se la nozione di sinistro data dalla legge è sempre la medesima, anche in caso di “garanzia della richiesta di risarcimento” il riferimento al sinistro rimane il solito, che sarà ovviamente specificato nella richiesta, anche se per alcuni versi è vero che le parti convenzionalmente sembrano far riferimento ad una nozione “legale” di sinistro.

Rileviamo anche come per l’avviso di sinistro ci siano delle differenze rispetto allo schema tradizionale; questo perché l’obbligo di avviso all’assicuratore scatterà quando arriva la pretesa del terzo: infatti andando a considerare il sinistro come fattispecie complessa e collegata alla richiesta di risarcimento, si tende a considerare il momento in cui scatta l’obbligo proprio quando l’assicurato riceve notizia dal terzo danneggiato.

Resta comunque inteso che il presupposto della pretesa avanzata dal terzo nell’assicurazione di cui trattiamo c’è sempre, anche senza la claims made ovviamente.

Più in generale possiamo dire che si delinea una deroga contrattuale al disposto dell’art. 1917 c.c.: il sinistro non è costituito solo dall’evento produttivo del danno, bensì anche dalla pretesa del terzo che è conseguenza dell’evento rendendo l’accezione di sinistro ancora più complessa di quanto non lo sia già nell’ambito delle assicurazioni R.c. rispetto alla categoria generale del contratto di assicurazione. Inoltre l’articolo in questione esclude che la garanzia operi per fatti accaduti prima del suo decorrere oltre al fatto che si evince una necessaria correlazione temporale tra fatto e concretizzazione dell’obbligo di risarcire, in netto disaccordo con quanto accade nel sistema claims

made.

Oltre a questo problema di inquadratura dentro lo schema tradizionale, sussiste anche la difficoltà di applicare a queste polizze tutti gli altri articoli che riguardano le assicurazioni danni e che sono palesemente dettati riferendosi al sinistro e richiamando in particolare il fatto dannoso.

Nonostante tutto ci sono diverse ragioni che militano in favore dell’ammissibilità di queste clausole nel nostro ordinamento: in primo luogo l’art. 1917 è derogabile ai sensi dell’art. 1932 c.c. e questo è rafforzato dal fatto che la deroga è a favore dell’assicurato;

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