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CAPITOLO 2

La motivazione

2.1 Che cos'è la motivazione?

In relazione a quanto detto nel capitolo precedente, l'uomo insieme alla

cultura aziendale1, sono la principale leva di vantaggio competitivo,

differentemente dall'azienda di Taylor dove il sistema delle risorse umane

era progettato "a tavolino" in funzione del prodotto da realizzare.2

In questa logica l'uomo non può essere considerato dalle aziende una risorsa come le altre ed è per questo che risulta fondamentale conoscere quali sono le aspettative e le motivazioni al lavoro delle persone; solo così sarà possibile indirizzare, rinforzare e sostenere i comportamenti dei collaboratori.

La motivazione può essere definita come l'insieme dei fattori o "motivi" che stanno alla base del comportamento, lo sollecitano e lo orientano in

determinate direzioni3.

Essa è funzione di un sistema di variabili che non sono costituite solo dai bisogni e dai desideri dell'individuo ma anche dai suoi valori e dalle sue aspettative; dal tipo di relazioni che contraddistinguono l'ambiente di lavoro; dalla natura dei compiti svolti; dalla cultura dell'organizzazione in cui egli lavora.

1 insieme di valori, comportamenti, relazioni che caratterizzano l'organizzazione, sia al suo interno che con l'ambiente esterno.

2 ZIFARO M., Op. Cit., Aracne Editore, Roma 2012.

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In generale è possibile affermare che tutti i comportamenti umani sono motivati, ossia presuppongono una ragione che spinge all'azione per

raggiungere lo scopo4.

Il comportamento si attiva se sussistono due condizioni:  l' esistenza di un bisogno;

 l'esistenza nell'ambiente di mezzi idonei a soddisfare tale bisogno. Fin dai primi del Novecento sono stati elaborati diversi approcci circa il tema delle motivazioni al lavoro che hanno dato vita a varie interpretazioni frutto di osservazioni e ricerche sul campo.

Abbiamo già precedentemente menzionato Taylor e il suo modello di "uomo economico" con la sua razionalità e con una struttura motivazionale ridotta essenzialmente ai motivi primari.

Un ampliamento dell'ipotesi tayloristica sulla struttura motivazionale dei lavoratori si è avuta poi con gli studi di Mayo, che come abbiamo già visto, sottolineano l'importanza che i motivi sociali e le relazioni interpersonali hanno per il lavoratore.

Numerose sono le teorie che si sono susseguite e che hanno trattato l'argomento della motivazione ponendo l'accento su diverse componenti. Di seguito ne vediamo alcune.

2.2 Le teorie della motivazione: contenuto e processo

Ogni teoria sulla motivazione cerca di spiegare i motivi che spingono gli individui a tenere un determinato comportamento e i processi che lo attivano. Ciascun approccio teorico, però, si concentra maggiormente su uno dei due punti.

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Le teorie del contenuto sottolineano l'importanza delle cause che originano il comportamento: si pone l'accento su quali motivazioni sono alla base dei comportamenti. Le teorie del processo descrivono e spiegano il modo in cui i comportamenti cambiano: la dinamica attraverso la quale si passa da un insieme di bisogni ad una linea di condotta.

2.2.1 TEORIE DEL CONTENUTO

- La piramide dei bisogni di Maslow

Per A. Maslow le motivazioni delle persone si ordinano secondo una gerarchia di bisogni così configurata:

 BISOGNI FISIOLOGICI: si tratta di quei bisogni senza il soddisfacimento dei quali non si potrebbe neanche sopravvivere.

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Sono quindi i bisogni primari quali la fame, la sete, il sonno, che gli individui cercano di soddisfare per primi, perchè rappresentano elementi di sostegno e di sopravvivenza per la vita quotidiana;

 BISOGNI DI SICUREZZA: riguardano la possibilità di garantirsi una sicurezza fisica e psicologica duratura;

 BISOGNI DI APPARTENENZA: riflettono il desiderio di amore, di affetto e di comprensione. Il bisogno di interagire con gli altri, di crearsi una rete di relazioni;

 BISOGNI DI STIMA: si dividono in autostima (fiducia in se stessi, realizzazione) e desiderio di essere stimati (riconoscimento, apprezzamento e rispetto meritato dagli altri);

 BISOGNI DI AUTOREALIZZAZIONE: corrispondono al desiderio di realizzare le proprie potenzialità nell'attività che si sta svolgendo. La motivazione è determinata dai bisogni di livello più basso (i primi due ordini di bisogni, infatti, si definiscono primari); appena soddisfatti, essi perdono la loro forza di motivazione e vengono automaticamente sostituiti

da un bisogno di livello più alto5.

In un'ottica aziendale, i bisogni fisiologici e di sicurezza vengono soddisfatti indirettamente dal sistema retributivo, dalla distribuzione dell'autorità, dalla chiarezza delle regole, dalle procedure di valutazione, retribuzione, carriera e da ambienti di lavoro sicuri. I bisogni di appartenenza vengono soddisfatti, invece, da contesti lavorativi che facilitano la socializzazione e da criteri di divisione del lavoro che incentivano la cooperazione e il lavoro di squadra. I bisogni di stima a loro volta vengono soddisfatti attraverso l'assegnazione di mansioni che permettono di mettere alla prova le proprie capacità. Infine, le mansioni che

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permettono di sfruttare la propria creatività possono soddisfare i bisogni di autorealizzazione.

- Potere, Affiliazione e Realizzazione di McClelland

Un altro approccio alla motivazione basato sulla teoria dei bisogni è quello sviluppato da McClelland.

Alla base di questa teoria vi è la convinzione che gli individui siano motivati da un "movente dominante" fra tre alternative rappresentate da:

potere affiliazione successo-riuscita

La motivazione al potere rappresenta la spinta che influenza le persone e modifica le situazioni; riguarda il bisogno di raggiungere uno status che sia riconosciuto, di imporsi all'attenzione altrui.

La motivazione all'affiliazione rappresenta una spinta a evitare l'isolamento e a creare una vasta rete di legami sociali con altri individui.

La motivazione al successo, infine, rappresenta la spinta a raggiungere le mete desiderate e a migliorare continuamente le proprie prestazioni; è il bisogno di affermarsi tramite lo sforzo individuale mettendosi anche in competizione con gli altri.

Oltre a queste tre alternative, esiste comunque un'ulteriore movente, orientato alla competenza, come spinta a sviluppare continuamente le proprie abilità e a svolgere i compiti mantenendo elevati standard di

qualità6.

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- Teoria dei due fattori di Herzberg

Il modello di Herzberg teorizza che i fattori legati a situazioni di insoddisfazione si distribuiscono in modo distinto da quelli che determinano le esperienze di soddisfazione. I primi fanno riferimento all'ambiente nel quale si svolge il lavoro e si riferiscono, quindi, a elementi come le politiche e le procedure dell'azienda, alla retribuzione, allo stile di gestione dei superiori e alle relazioni interpersonali; i fattori associati alla soddisfazione invece, si riferiscono al contenuto motivante intrinseco del compito e quindi a elementi come l'avanzamento di carriera, il riconoscimento del lavoro svolto, il raggiungimento dei risultati.

Esistono allora due tipi di fattori:

 FATTORI IGENICI (relativi al contesto di lavoro), che creano insoddisfazione se sono assenti ma se sono presenti, riducono il livello di insoddisfazione, senza però far aumentare quello di soddisfazione;

 FATTORI MOTIVANTI (relativi al contenuto del lavoro), la cui presenza può incrementare sia il livello di soddisfazione che il livello di prestazione ma la loro assenza non provoca insoddisfazione.

L'obbiettivo del modello proposto da Herzberg è essenzialmente quello di creare delle condizioni di lavoro che consentano a ciascun attore organizzativo di pervenire al soddisfacimento dei bisogni superiori di autorealizzazione, e all'organizzazione, di indirizzare l'elemento motivazionale non tanto verso una crescita economica, quanto verso una più completa crescita psicologica degli stessi attori organizzativi.

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2.2.2 TEORIE DEL PROCESSO

- Teoria dell’ “Aspettativa-Valenza”di Vroom

Vroom considera determinanti del comportamento motivato l'aspettativa ed il valore dell'incentivo. Egli infatti, ha elaborato una teoria della motivazione al lavoro esaminando l'intensità delle aspirazioni degli individui e gli obbiettivi che essi si propongono di raggiungere tramite le prestazioni di lavoro.

Vroom a differenza di Hezberg, non si domanda che cosa cercano le

persone nel loro lavoro, ma il perchè esse lavorano7. Secondo lui il

processo motivazionale è originato da una motivazione (insieme di energie che sono mobilitate per mettere in atto un'azione) che, attraverso una sequenza comportamentale (insieme di azioni che tende ad un certo obbiettivo), conduce a una ricompensa (cioè l'ammontare di benefici che si

ottengono raggiungendo l'obbiettivo)8.

La motivazione a compiere una certa attività è dunque determinata dal prodotto di tre fattori:

MOTIVAZIONE = VALENZA × ASPETTATIVA × STRUMENTALITA' - la valenza rappresenta le preferenze personali rispetto a una ricompensa e

può cambiare da persona a persona e mutare nel tempo;

- l' aspettativa rappresenta il risultato atteso in seguito allo sforzo

impiegato in una determinata attività;

- la strumentalità rappresenta il legame tra il risultato ottenuto e la

ricompensa.

7 FONTANA F., Op. Cit., Giappichelli Editore, Torino 1994.

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2.3 Motivazione e Competenze

Ciò di cui abbiamo parlato fino a ora può essere visto in un'ottica molto più ampia che ci permette di identificare le persone in termini di competenze. Le motivazioni, infatti, rappresentano una delle modalità con cui le competenze si manifestano.

Il termine competenza, nel linguaggio comune, ha un doppio significato: da un lato indica il diritto o il dovere di conoscere una certa situazione e di occuparsene, dall’altro indica la capacità di occuparsene in maniera

professionalmente adeguata9.

È possibile distinguere le competenze professionali da quelle comportamentali. Le prime si riferiscono alle abilità tecniche contestualizzate, quelle comportamentali invece, si riferiscono a caratteristiche personali dell’individuo che entrano in gioco quando egli risponde ad una richiesta dell'ambiente organizzativo e che sono ritenute essenziali in ambito lavorativo per trasformare una conoscenza in comportamento. Queste ultime spesso vengono sottovalutate non tenendo conto che, a differenza di quelle professionali che sono soggette ad obsolescenza se non continuamente aggiornate nel tempo, si tratta di

competenze che sono difficilmente mutabili10.

È possibile classificare le competenze professionali in:

 conoscenze: permettono di possedere le informazioni necessarie per comprendere una determinata attività;

 sapere empirico: consiste in routine che vengono apprese attraverso la pratica e spesso resta tacito cioè chi lo possiede non riesce ad esternarlo agli altri;

9 COSTA G., GIANECCHINI M., Op. Cit., MvGraw-Hill, Milano 2013. 10 COSTA G., GIANECCHINI M., Op. Cit., MvGraw-Hill, Milano 2013.

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 meta-conoscenze: permettono di avere la consapevolezza di “conoscere ciò che si conosce” permettendone la crescita e lo sviluppo.

Le competenze comportamentali, invece, possono essere suddivise in due grandi categorie: competenze di soglia che sono quelle essenziali per poter svolgere un’attività e competenze distintive che permettono di differenziare una prestazione.

Queste si possono manifestare con modalità differenti:

motivazioni, schemi mentali che inducono le azioni dell’individuo; tratti, caratteristiche fisiche e psicologiche che portano l’individuo a

comportarsi in un determinato modo davanti ad una determinata situazione;

idea di sé, rappresentazione che l’individuo fa di se stesso

(atteggiamenti, valori);

conoscenze, insieme di saperi necessari per realizzare una

determinata attività;

skill, abilità, capacità di fare bene qualcosa.

Le conoscenze e le skill vengono considerate competenze di soglia, necessarie per ricoprire un certo ruolo ma non idonee a distinguere i migliori performer ed a predire i comportamenti futuri sul lavoro. La differenza è ottenuta all’interno delle stesse competenze comportamentali dai tratti e dalle motivazioni, le quali costituiscono il vero motore di

sviluppo della persona11.

11 Cfr. CAIAFA R., Le politiche di formazione e sviluppo della gestione strategica delle Risorse Umane, Franco Angeli, Milano 2009.

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2.4 Gli strumenti della motivazione

E' possibile distinguere tre strumenti idonei a motivare i propri collaboratori affinchè diano il "meglio di sè" per il raggiungimento degli obbiettivi aziendali.

Chi è chiamato a gestire le risorse umane in azienda deve infatti utilizzare: il coinvolgimento, inteso come riconoscimento dell'altro attraverso l'ascolto e la considerazione; in questo modo i propri collaboratori si sentiranno parte dell'organizzazione e saranno maggiormente orientati verso il soddisfacimento del "bisogno" aziendale e verso il raggiungimento dei risultati.

la formazione, come dice la parola stessa, serve a "dare forma" al lavoratore, favorendo la creazione di una struttura di conoscenze specifiche o trasversali necessarie per poter contribuire al meglio alla realizzazione del prodotto o servizio aziendale.

lo sviluppo, è inteso come quel percorso di crescita personale e professionale che consente al collaboratore di avere una maggiore motivazione e una maggiore consapevolezza di se e del ruolo svolto in azienda, al fine di raggiungere livelli sempre superiori.

2.5 Il lavoro di squadra: motivazione e collaborazione

“ Il cuore di ogni grande risultato è sempre la squadra! ”12

Il lavoro di squadra è la modalità attualmente più diffusa per l’attuazione di un progetto. Si definisce team un gruppo di persone che:

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 condividono uno scopo e hanno un obbiettivo comune;  collaborano moltiplicando le loro risorse;

 condividono i vantaggi dei successi.

Il gruppo consente di disporre di maggiori risorse, idee ed energie rispetto al singolo e consente di creare diverse alternative per ogni situazione in quanto fornisce prospettive multiple.

L’elemento “motivazione” è fondamentale; analizziamo i diversi modi con cui si possono motivare i membri di un team:

 Motivazione psicologica: ha a che fare con la sfera emotiva in quanto non devono mai mancare le occasioni di lodare i propri operatori di fronte a risultati concreti perché queste aumentano la loro autostima e gli stimolano a fare sempre meglio; la mancanza di queste potrebbe creare insoddisfazione nel lavoro;

 Motivazione professionale: ogni lavoratore tende a voler raggiungere sempre di più; è importante quindi, che riceva dei consigli su come migliorare il proprio operato, delle direttive su come poter crescere professionalmente all’interno dell’azienda;  Motivazione materiale: è quella che riguarda la possibilità di

ricevere dei bonus in denaro in seguito al raggiungimento di obbiettivi che fino a quel momento non si sono raggiunti.

Il team funziona quando tutto il gruppo sa gestire il tempo, definire e rispettare ruoli, procedure e regole.

Affinchè un team sia efficiente è necessario che gli obbiettivi e i metodi siano chiari e condivisi; avere un obbiettivo chiaro su cui concentrarsi è la prima condizione per innalzare i livelli di motivazione.

Il lavoro di squadra permette ad ogni individuo di sentirsi coinvolto e motivato, di trovare motivazioni più forti all’impegno e di sentirsi

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responsabile davanti ai colleghi oltre che all’azienda. Questo permette ad ognuno di concorrere al comune successo.

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