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Capitolo 3 Caso-studio: riqualificazione energetica di un edificio di edilizia sociale

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Caso-studio: riqualificazione energetica di un edificio di edilizia sociale

In linea con gli obiettivi generali della ricerca, si è scelto un caso studio che permettesse di affrontare le problematiche legate all’inefficienza energetica dei nostri edifici esistenti, prendendo in considerazione anche le ultime rotte segnate dalla politica comunitaria.

Tenuto conto delle recenti disposizioni fornite dalla direttiva 2012/27 relative al ruolo esemplare degli enti pubblici, secondo cui ciascuno Stato membro dovrà garantire che dal 2014 il 3% della superficie degli immobili posseduti dalle amministrazioni pubbliche centrali sia ristrutturata ogni anno per raggiungere almeno le prestazioni stabilite dai requisiti minimi stabiliti dalla direttiva 2010/31, e che anche tutti gli enti impegnati nell’edilizia sociale, dovranno adottare piani di efficienza energetica autonomi con obiettivi e azioni specifiche analoghe a quelle fissate per le amministrazioni centrali; tenuto conto dell’attività sul territorio pisano nella gestione del patrimonio d’edilizia residenziale pubblica svolto dall’Azienda Pisana Edilizia Sociale (APES); si è scelto di affrontare, in collaborazione con questa società, uno studio che permettesse di delineare le possibilità di intervento con un rapporto costi-benefici ottimale su un alloggio dell’immediato secondo dopoguerra.

APES nel 2005 è subentrata ad ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale) nella gestione del patrimonio d'edilizia residenziale pubblica, per realizzarne la gestione unitaria. La legge regionale 77/98 conferisce alla Regione i compiti di programmazione e d’indirizzo e assegna ai Comuni la proprietà del patrimonio residenziale pubblico e le competenze per una più equa e organica politica sociale della casa. I Comuni associati alla provincia di Pisa, hanno poi conferito all’APES i compiti di gestione di molti aspetti di quella politica.

Il compito di APES è rilevante, sia per l’importanza sociale del soddisfacimento del diritto alla casa, sia per la considerevole dimensione del patrimonio d’edilizia

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residenziale pubblica che l’azienda deve gestire per conto dei Comuni. Il soddisfacimento del diritto ad un’abitazione, adeguata ai livelli attuali della vita civile, è sempre più importante; infatti, anche se nel nostro Paese la percentuale di case in proprietà è alto, la casa è un diritto che ancora molti non possono soddisfare con le proprie forze. A questo proposito, si tratta sia della condizione di disagio economico di molti cittadini che delle nuove domande, conseguenti alle modificazioni sociali intervenute: pensiamo ai problemi abitativi del crescente numero di anziani soli, a quelli degli immigrati e così via, oppure alle crescenti esigenze di riqualificazione urbana. Una ripresa degli investimenti pubblici nell’edilizia residenziale, richiede risorse notevoli, che i Comuni hanno difficoltà a reperire, sempre più stretti dalle politiche di bilancio restrittive nazionali. Negli altri Paesi dell’Unione Europea la situazione è diversa: pur in presenza di un patrimonio d’edilizia residenziale, offerto in locazione, assai più vasto del nostro e con un’alta componente d’edilizia sociale, in molti casi sono in corso importanti programmi d’investimento nel settore.

In questo contesto APES cerca di operare ottimizzando le risorse a disposizione, in un adeguato rapporto con i Comuni proprietari del patrimonio e stimolando la partecipazione degli assegnatari.24

Tra i progetti in corso di studio da parte di APES, c’è una fase di sperimentazione di interventi in grado di riqualificare energeticamente, e funzionalmente, alloggi agendo solo dall’interno. Lo studio, che prevede l’applicazione di tre diverse proposte progettuali su altrettanti appartamenti, ha il fine di rendere possibili recuperi anche di singole unità di edificio. I tre appartamenti scelti fanno parte di un fabbricato inserito nel programma di riqualificazione del quartiere di Sant’Ermete, che prevede la demolizione degli appartamenti popolari del quartiere e lo spostamento delle famiglie in due edifici “volano”, composti da 48 appartamenti e situati in via Socci, che saranno completati entro l’estate del 2014. L’edificio fa parte di un intervento realizzato a partire dal 1948 ad opera del Genio Civile per far fronte all’emergenza abitativa relativa ai reduci di guerra e alle loro famiglie e ospita 12 alloggi, ad oggi fatiscenti. L’immobile è un esempio concreto di edilizia inefficiente dal punto di vista energetico tipica del nostro contesto nazionale ed è stato, quindi, scelto come oggetto dello studio in questione.

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3.1. Stato di fatto

Il fabbricato è situato in via Bronzetti, nel quartiere pisano di Sant’Ermete (in regione climatica D), in un lotto riservato all’edilizia popolare complessivamente delimitato ad est dalla linea ferroviaria in uscita dalla stazione di Pisa Centrale e ad ovest dalla strada statale SS206.

Costituito da tre piani fuori terra e un piano seminterrato, l’edificio ospita 6 bilocali di superficie utile 37,53 mq e 6 trilocali di superficie utile 48,65 mq; al piano seminterrato, troviamo degli ambienti a servizio degli alloggi che, data l’altezza di interpiano di 1,30 m, nascono molto probabilmente come vespaio. La struttura è in muratura portante realizzata con mattoni semipieni a due teste, mentre la copertura, probabilmente rifatta attorno agli anni ’80, è caratterizzata da una struttura di travi prefabbricate in cemento armato (tipo Varese) su cui poggiano i tavelloni e il manto di copertura in tegole marsigliesi. La muratura si presenta complessivamente in buone condizioni, ma la malta risulta essere di qualità scadente; inoltre i mattoni sono stati messi in opera in molti casi con la foratura passante, favorendo così lo scambio termico con l’esterno e aumentando le perdite dovute a trasmissione.

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Sotto l’aspetto funzionale, i maggiori problemi sono legati alle due scale che collegano i vari ambienti: queste, infatti, hanno una larghezza utile di 0,92 m, ben distante da quella minima di 1,20 m prevista per la costruzione di edifici condominiali dal Regolamento Edilizio del Comune di Pisa. Va comunque precisato che nessun limite è imposto dalle legge antincendio vigente (DM 16 maggio 1987 n. 246) per gli edifici esistenti di altezza antincendi inferiore a 12 m.

I locali degli alloggi appaiono ben disposti e illuminati, ma, come detto, sono caratterizzati da superfici (murature, infissi e solai) fortemente disperdenti che influenzano fortemente le scarse prestazioni termiche dell’involucro.

Ciò è stato confermato dalle analisi condotte con il software Edilclima, che hanno evidenziato un indice di prestazione energetica invernale (EPi) molto elevato, che sfiora i 300 kWh/mq anno, collocando allo stato attuale l’edificio nella poco lusinghiera classe energetica G.

L’analisi pare assolutamente coerente data la stratigrafia e le caratteristiche di conducibilità dei materiali dell’epoca:

− muratura perimetrale composta da 1,5 cm di intonaco di malta e calce sia all’interno che all’esterno e uno spessore in laterizio semipieno di circa 25 cm U = 1,745 W/mqK;

− solai in laterocemento (16+4 cm) con 1,5 cm di intonaco di malta e calce all’intradosso e rivestiti da uno strato di 2 cm di graniglia gettata all’estradosso U = 1,630 W/mqK;

− infissi in legno con vetro singolo Ug = 5.747 W/mqK.

Con le considerazioni sopra esposte e considerando che gli appartamenti non sono dotati di impianto di riscaldamento tradizionale, ma di semplici stufe elettriche installate negli anni, che ovviamente abbattono notevolmente il valore del rendimento, è facilmente giustificabile l’elevato valore dell’EPi. In particolare, per quantificare il fabbisogno di energia primaria annuale per il riscaldamento si è fatto riferimento al rendimento del sistema elettrico nazionale pari a 0,46, e a un rendimento delle stufe elettriche pari a 1 (1 kWh elettrico trasformato in 1 kWh termico). Mentre si sono trascurati nell’analisi i ponti termici, considerato il loro contributo trascurabile rispetto alle elevate dispersioni imputabili ai componenti dell’involucro.

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Va inoltre sottolineato che la scarsa superficie utile delle due tipologie abitative e la limitata altezza di interpiano di 2,90 m, impongono una limitazione delle soluzioni praticabili nel caso si scelga di perseguire il fine dell’efficientamento energetico tramite interventi operati dall’interno (tema oggetto di uno studio parallelo condotto da APES). In questo caso gli strati isolanti applicati dovranno essere caratterizzati da spessori il quanto più possibile contenuti e di conseguenza da materiali con bassa conducibilità termica; condizioni spesso coincidenti con prezzi maggiori dei prodotti, che mal si abbinano alle esigenze dell’edilizia sociale.

Alla luce di questo quadro, che restituisce in sintesi lo stato attuale delle prestazioni strutturali ed energetiche del fabbricato, delle linee guida fornite da APES e dei prezzi attuali imposti dal mercato dell’edilizia sociale (900-1000 €/mq al finito) si è avanzato alla definizione di due possibili interventi di riqualificazione, notevolmente differenti per l’entità e la tipologia delle strategie impiegate.

Le due proposte sviluppare in questa prima area di lavoro, riguardano una ristrutturazione dell’edificio con il mantenimento della struttura portante in muratura e una demolizione con conseguente ricostruzione in legno. Nel primo caso le strategie impiegate sono state prevalentemente di carattere “additivo”, ovvero, eccezion fatta per la copertura che è stata rifatta ex novo, hanno comportato la giustapposizione di strati ed elementi tecnici all’involucro esistente; nel secondo caso, invece, sono state interamente di tipo “sostitutivo”, è stata prevista infatti la demolizione dell’esistente e la sua ricostruzione, con il mantenimento della stessa volumetrie e sagoma dell’edificio preesistente.

Per le due varianti d’intervento si è cercato di selezionare delle misure che consentissero di mantenere una corrispondenza tra i livelli di prestazione energetica finali ottenuti e di raggiungere la stessa classe di consumo energetico. Questo non ai fini della successiva valutazione economica dei due pacchetti (la metodologia LCC, prendendo in esame l’intero ciclo di vita, permette di considerare anche gli eventuali risparmi sul consumo di energia in fase di uso dell’edificio a fronte di maggiori costi di costruzione), ma ai fini della valutazione finale legata ai vantaggi di una ristrutturazione piuttosto che di una demolizione e ricostruzione nell’ambito di applicazione dell’edilizia sociale multipiano.

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3.2. Variante 1: ristrutturazione

L’intervento di ristrutturazione è stato finalizzato principalmente a fornire un isolamento termico e un sistema impiantistico efficienti all’edificio, essendo questi ad oggi totalmente mancanti, mantenendo la struttura in muratura esistente sottoposta a un adeguamento antisismico.

Frequentemente, le murature di queste costruzioni presentano malte di scarsa qualità. Se subiscono un terremoto le pareti verticali sono soggette ad elevate azioni orizzontali nel piano (taglio) e fuori piano (flessione), ma la resistenza a taglio delle pareti in muratura è alquanto limitata, cosicché la capacità resistente al terremoto è intrinsecamente collegata al collasso per taglio dei maschi murari e delle fasce di piano. Inoltre, l’azione orizzontale può causare collassi parziali dovuti all’attivazione di vari meccanismi fuori piano riguardanti il movimento rigido di elementi in muratura (ribaltamento della parete, flessione verticale e/o orizzontale, ribaltamento del cantonale, collasso del timpano). È quindi opportuno incrementare la resistenza a taglio delle pareti in muratura, così da aumentare la capacità strutturale degli edifici e renderli meno vulnerabili al sisma.

Il rivestimento in FRP (Fiber Reinforced Polymer) è una tecnica relativamente nuova e consiste nell’applicare laminati in FRP su entrambe le facce della parete. In particolare vengono impiegati due tipi di compositi: fogli di fibre di vetro/carbonio/arammide monodirezionali e rete in vetro. Il primo gruppo può essere descritto come fogli incollati alle superfici delle pareti per mezzo di resina epossidica, mentre il secondo gruppo consiste nell’applicazione di un intonaco rinforzato con rete in GFRP (Glass Fiber Reinforced Polymer) ed è stato utilizzato nella nostra variante progettuale.

Le strategie attuate nel “pacchetto ristrutturazione” sono state le seguenti: − consolidamento strutturale della muratura mediante rivestimento in FRP; − demolizione dell’ultimo solaio, rifacimento e isolamento in lana di roccia della

copertura;

− realizzazione di vespaio areato in corrispondenza degli ambienti interrati di interpiano 1,30 m, rifacimento e isolamento in lana di roccia del primo solaio; − realizzazione di cappotti termici esterni in lana di roccia per le superfici

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verticali perimetrali;

− realizzazione di cappotti termici interni in stiferite per l’isolamento termico delle superfici verso locali non riscaldati (vani scala);

− realizzazione di isolamento termico in lana di roccia degli elementi di divisione verticali e orizzontali che separano due unità abitative confinanti;

− installazione di impianto centralizzato con caldaia a condensazione da 41 kW per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria combinata, installazione di ventilconvettori, realizzazione del sistema di distribuzione; − attenzione alle potenzialità di riutilizzo, recupero e riciclaggio dei materiali. Per renderle attuabili è necessario pianificare una demolizione selettiva di parte dei componenti del fabbricato, con conseguenti ripercussioni sulla sostenibilità ambientale ed economica della soluzione.

La demolizione selettiva, infatti, è una strategia di demolizione che separa i rifiuti per frazioni omogenee orientata verso il riciclo dei materiali. È un metodo di demolizione ad oggi ancora poco praticato in Italia, perché se da una parte comporta costi elevati dovuti al massiccio impiego di manodopera, dall’altra spesso non trova un’adeguata valorizzazione all’interno del mercato edilizio, nell’ambito della movimentazione completa, dello smaltimento o del recupero del rifiuto selezionato. L’elevato numero di cave e il basso costo degli aggregati naturali non stimolano gli imprenditori al recupero dei rifiuti da attività di demolizione, nonostante vi sia una congrua offerta impiantistica; inoltre la complessa regolamentazione delle operazioni di recupero dei rifiuti inerti scoraggia ulteriormente gli imprenditori.

Tuttavia, il risparmio delle materie prime, attraverso il recupero di materia dai rifiuti, e la riduzione della produzione di rifiuti da destinare alle discariche sono due dei principi cardine fissati dall’Unione Europea nella gestione dei rifiuti ed è pertanto di fondamentale importanza il loro perseguimento.

In molti Paesi europei, tra questi in particolare la Danimarca, la Svezia, la Germania, la Svizzera, trattano la quasi totalità dei rifiuti con sistema integrato a partire dalla raccolta differenziata e dal riuso dei prodotti recuperati; è in questo contesto che anche in Italia occorre guardare al recupero e al riuso degli scarti provenienti dall’edilizia e dai settori affini. Diviene ormai sempre più necessario

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estendere a tutti i rifiuti speciali non pericolosi il concetto del riuso nell’ambito dei prodotti recuperati, solo così le autorità di ambito potranno operare con pieno successo negli ambiti territoriali preposti.

La convinzione che ha orientato le misure attuate nel “pacchetto ristrutturazione” è che, senza voler per forza cercare all’estero esperienze virtuose, le realtà italiane in cui questa pratica è già da tempo adottata, attraverso impianti di riciclaggio, recupero e valorizzazione dei rifiuti edili (un esempio ne è l’impresa A.R.E.A. di Cascina - PI), debbano essere incrementate, come del resto già suggerisce la delibera del Ministero dell’Ambiente del 15 luglio 2005, che impone l’uso nei cantieri di opere pubbliche di materiale riciclato nella misura del 30%.

Il colloquio con diverse aziende operanti nel settore del recupero e del riciclaggio in edilizia è stato utile per chiarire le attuali condizioni del mercato dei rifiuti edili nell’ambito pisano e per individuare le maggiori opportunità connesse alle prospettive d’intervento. Queste sono state individuate nel campo del riuso dei rifiuti inerti provenienti dalla fase di smontaggio e demolizione per rilevati, riempimenti o sottofondi stradali, in virtù dei minori costi di smaltimento presso gli impianti deputati rispetto a quelli comunemente applicati dalle discariche. I rifiuti inerti che si producono in Italia sono stimati in venti milioni di tonnellate; questa stima, tenendo conto anche della produzione degli scarti inerti nei vari settori dell’industria è sicuramente sottodimensionata. Attualmente una grande parte di questi rifiuti si dissolve in conferimenti impropri nella raccolta pubblica o si diluisce in migliaia di discariche abusive sparse su tutto il territorio nazionale. Le stime più ottimistiche valutano nel 10-12% la percentuale del rifiuto inerte trattato, omogeneizzato e riutilizzato.25

Vi sono due elementi imprescindibili per la capacità di questi prodotti di essere elementi sostitutivi di materia prima, di avere un proprio mercato che ne garantisca il futuro, senza che si debbano avere atteggiamenti pionieristici: il primo elemento è relativo alle tecnologie di trattamento, le quali devono essere in grado di depurare da tutte le impurità gli scarti, rendendoli al tempo stesso omogenei e assimilabili nel risultato al materiale di cava; il secondo è quello di garantire un prodotto classificabile e controllabile con parametri definiti nei capitolati.

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Le principali misure dell’intervento finalizzate al riutilizzo dei prodotti in altri processi produttivi sono le seguenti:

− smontaggio del manto di copertura in tegole marsigliesi per il riutilizzo delle stesse, previo processo di pulitura, nella messa in opera della nuova copertura, al netto di una percentuale (20%) che si ipotizza in cattive condizioni o danneggiata durante il processo di smontaggio;

− trattamento di manutenzione degli infissi interni in legno massello per allungarne la durata di vita anche successivamente all’intervento di ristrutturazione;

− demolizione selettiva della copertura e del primo solaio esistenti per avviare gli inerti vagliati (laterizi e cemento) a processi di recupero e di successivo riutilizzo nella realizzazione di sottofondi stradali.

Sulla base dell’implementazione delle stratigrafie con l’isolamento termico e del nuovo sistema impiantistico di tipo centralizzato, è stata ripetuta l’analisi delle prestazioni energetiche dell’edificio condotta per inquadrare la situazione allo stato attuale. In particolare, è stata eseguita una valutazione di progetto, in regime di funzionamento continuo dell’impianto, e una valutazione in condizioni effettive di utilizzo, in regime di funzionamento con attenuazione (temperatura interna minima regolata a 16°C)26, utile per stimare, ad esempio, i costi imputabili all’uso

di energia operativa che gli utenti finali dovranno sostenere negli anni.

Le principali trasmittanze raggiunte e utilizzate nelle analisi sono le seguenti: − muratura perimetrale in laterizio semipieno rivestita da uno spessore di 16 cm

di cappotto termico esterno in lana di roccia U = 0,197 W/mqK;

− tetto in legno con 2 cm di assito di supporto a un massetto di calcestruzzo alleggerito da 10 cm, uno strato di isolamento in lana di roccia di 16 cm e al manto di copertura U = 0,187 W/mqK;

− infissi in PVC con doppio vetro a bassa emissività Ug = 1,100 W/mqK.

La valutazione di progetto mostra, rispetto allo stato attuale, una drastica riduzione dell’energia dispersa in regime invernale, coperta per l’85% da apporti gratuiti, anch’essi ridottisi, ma in misura nettamente inferiore. Ciò, sommato a un consistente miglioramento del rendimento globale medio stagionale, che raggiunge

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il 78,5%, fa sì che il fabbisogno di energia primaria per i servizi di riscaldamento passi da 154532 a 7515 kWh/anno, a fronte di un Epi inferiore a 15 kWh/mq anno. Complessivamente l’indice di prestazione energetica globale (EPgl), che tiene conto anche dei consumi per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria, subisce una riduzione di dieci volte rispetto a quello imputabile allo stato di fatto, consentendo una certificazione dell’edificio ristrutturato in classe energetica A.

Stato di fatto Ristrutturazione

Valutazione di progetto Valutazione di progetto Valutazione in condizioni effettive di utilizzo Riscaldamento u.m.

Totale energia dispersa kWh 98968 25743 25743

Totale apporti gratuiti kWh 28495 21989 21989

Energia utile kWh 71082 6713 6713 Fabbisogno energia primaria annuale kWh/a 154532 7515 6833 Rendimento di generazione medio stagionale % 98,5 99,5 Rendimento globale medio stagionale % 46,0 78,5 79,2 Consumo annuo di metano Nmc 0 640 581 Consumo annuo di energia elettrica kWhe 71082 533 488

Acqua calda sanitaria u.m.

Fabbisogno energia primaria annuale kWh/a 32520 11207 11207 Rendimento di generazione medio stagionale % 34,5 100,1 100,1 Rendimento globale medio stagionale % 30,4 88,1 88,1 Consumo annuo di metano Nmc 0 1119 1119 Consumo annuo di energia elettrica kWhe 14958 40 40 S/V 1/m 0,57 0,63 0,63 Superficie utile mq 517,08 517,08 517,08 EPi kWh/mqa 298,86 14,53 13,21 EPacs kWh/mqa 62,89 21,67 21,67 EPgl kWh/mqa 361,75 36,21 34,89 Classe energetica G A A

Tab. 3. 1 – Confronto tra le prestazioni energetiche dell’edificio allo stato attuale e in seguito all’applicazione delle misure previste nella variante di ristrutturazione. Dati elaborati attraverso il software Edilclima.

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3.3. Variante 2: demolizione e ricostruzione in legno

L’intervento di demolizione totale con successiva riedificazione con tecnologia strutturale in legno permette di coniugare elevati standard di efficienza energetica e di sicurezza antisismica con tempi di costruzione ridotti rispetto all’ipotesi di ristrutturazione.

Il procedimento, data la sua organizzazione e l’assenza di elementi di incertezza (il sistema di produzione e posa prevede un procedimento già collaudato di preassemblaggio in stabilimento e una semplice fase di montaggio in sito), permette di fissare una data di fine lavori e di rispettarla fedelmente; inoltre, non venendo utilizzati malte o leganti liquidi ma solo sistemi di connessione a secco, si ha una riduzione dei tempi di posa e l’immediata utilizzabilità delle strutture. Il legno è un materiale da costruzione che dal punto di vista delle interazioni sull’ambiente nell’arco del suo intero ciclo di vita non ha eguali: la sua produzione è totalmente ecologica, provenendo da una fonte come gli alberi, il cui rinnovamento e riproducibilità sono determinati da una sorgente energetica pulita e sempre disponibile come l’energia solare, mentre l’utilizzazione e la trasformazione del legno in manufatti e prodotti da costruzione richiede un consumo, sia in termini di energia che di emissioni di CO2, molto minore rispetto ai

processi di produzione e trasformazione di materiali quali il calcestruzzo, i mattoni, il vetro o l’acciaio. Questi motivi, insieme ai progressi effettuati dalla ricerca scientifica e tecnologica negli ultimi anni attraverso lo studio e lo sviluppo di nuovi sistemi costruttivi, hanno portato sia in Europa che nel nostro Paese ad un crescente impiego del legno in edilizia, e l’incremento più significativo si è avuto per il legno impiegato nella costruzione di elementi strutturali.

La demolizione totale della struttura esistente richiede meno attività lavorative della demolizione prevista per l’intervento di ristrutturazione e risulta quindi più rapida ed economica. Tuttavia, prima della demolizione meccanica, sono indispensabili, assieme ai disallacci delle utenze, alcune attività preliminari di smontaggio (canali di gronda, tubi esterni, infissi, terminali di riscaldamento, ecc.), che richiedono il noleggio di una piattaforma. La presenza in questa fase di una macchina elevatrice all’interno del cantiere, permette di pianificare, anche in

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questo caso, lo smontaggio del manto di copertura in tegole marsigliesi per il riutilizzo nella successiva riedificazione con struttura in legno. La fase preliminare di smontaggio permette anche la rimozione degli infissi interni in legno massello che subiranno un trattamento di verniciatura per poi essere riutilizzati.

Tutte queste operazioni, oltre a portare benefici diretti derivanti dal riutilizzo in un altro processo produttivo, contribuiscono a “denudare” il fabbricato da tutti i suoi elementi accessori; ne consegue che i detriti ottenuti dalla demolizione meccanica sono in larga parte costituiti da laterizi, pietra e cemento, facendone difatti rifiuti già selezionati pronti da avviare a processi di recupero e di successivo riutilizzo nella realizzazione di sottofondi stradali.

Per la nuova costruzione è stata mantenuta la sagoma e la volumetria del fabbricato preesistente, ai fini della comparabilità tra le due varianti nella successiva valutazione economica.

La ricostruzione fedele permette di ottenere oltre a prestazioni energetiche, e quindi consumi e costi, paragonabili a quelli ottenuti nella variante progettuale di ristrutturazione, anche le agevolazioni fiscali corrispondenti a una percentuale di detraibilità del 65% (quota innalzata dal precedente 55% dal decreto legge n. 63 del 4 giugno 2013) delle spese sostenute per interventi finalizzati al risparmio energetico. Infatti, l’Agenzia delle Entrate in merito alle tipologie di interventi incentivate specifica che: ‹‹nel caso di ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione si può accedere all’incentivo solo nel caso di fedele ricostruzione. Restano esclusi, quindi, gli interventi relativi ai lavori di ampliamento››.27

Internamente, sono stati comunque ampliati i due vani scala, in modo da raggiungere per le rampe delle scale una larghezza utile di 1,20 m, senza però incidere sulle superfici utili dei bilocali e dei trilocali (passate rispettivamente a 39,18 e 49,07 mq), grazie alla riduzione dello spessore delle pareti finite della struttura in legno rispetto a quelle in muratura dello stato di fatto.

Inoltre, è stata aumentata la superficie utile delle camere da due persone, per raggiungere il valore minimo di 14 mq imposto dal Regolamento Edilizio del Comune di Pisa, e operata una ridistribuzione delle altezze di interpiano a vantaggio delle condizioni di confort abitativo: i primi due piani presentano altezze pari a 3,20 m, che per l’ultimo piano aumentano per effetto del tetto a vista.

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Il sistema a telaio, anche detto Platform Frame, applicato alla riedificazione in oggetto, e il sistema XLam sono i sistemi costruttivi a struttura in legno più conosciuti e diffusi al mondo per la realizzazione di edifici residenziali, anche di molti piani. Le fasi di montaggio di un edificio Platform Frame possono essere schematizzate con la procedura seguente:28

− fase 1: realizzazione cordoli o travi rovesce di fondazione in c.a.;

− fase 2: posa e collegamento pareti piano terra e secondo cordolo superiore di collegamento;

− fase 3: posa solaio formato da travi principali e pannelli strutturali e cordolo perimetrale esterno;

− fase 4: posa e collegamento pareti piano primo e collegamento alle pareti e al solaio sottostante;

− fase 5: montaggio copertura.

La struttura di fondazione è realizzata da una platea con un cordolo in calcestruzzo armato in corrispondenza delle strutture portanti verticali in legno, sopra il quale una guaina bituminosa risvoltata sulla struttura di fondazione protegge gli elementi strutturali dall’umidità di risalita.

I tre piani sono realizzati con un telaio strutturale in legno d’abete a cui sono fissati, sul lato interno, pannelli strutturali in OSB (Oriented Strand Board) di 12,5 mm. La resistenza ai carichi verticali è dovuta ai montanti verticali, che assorbono anche le azioni orizzontali agenti nel piano perpendicolare alla parete (vento), mentre la resistenza alle azioni orizzontali agenti nel piano della parete (sisma, vento) è garantita dalla resistenza dei chiodi di collegamento dei pannelli all’intelaiatura. Le pareti sono poi completate con l’isolante termoacustico posto nelle intercapedini, con l’isolamento di facciata, entrambi in fibra di legno, e con una controparete interna per il passaggio degli impianti rivestita con cartongesso. La costruzione di un edificio con queste caratteristiche, compresi gli elementi strutturali, la posa degli infissi interni ed esterni, la predisposizione impiantistica, le finiture esterne (pluviali e canali di gronda, tinteggiature, ecc.), esclusi la realizzazione delle strutture di fondazione, le tinteggiature interne e la posa dell’impianto e dei terminali di riscaldamento, prevede costi dai 650 ai 750 €/mq, in funzione principalmente dell’isolante termico utilizzato. Nel progetto è stata

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scelta la fibra di legno, perché se da una parte comporta costi di costruzione maggiori, dall’altra fa sì che a fine vita l’80% dei rifiuti ottenuti da una demolizione meccanica sia riciclabile, con conseguenti benefici economici per l’intervento. Attualmente tali rifiuti, se non inquinati, sono convertiti in energia presso impianti a biomasse. Le biomasse hanno un potere calorifico pari a circa un terzo di quello del metano, ma la loro disponibilità in natura è più diffusa di quella dei combustibili fossili. Una biomassa legnosa con contenuto d’acqua del 15% ha potere calorifico inferiore (PCI) di 4000-4400 kcal/kg, contro i 12000 kcal/kg del metano e i circa 10000 kcal/kg del petrolio grezzo.

Gli impianti a biomassa possono produrre emissioni solide (particolato e idrocarburi incombustibili), emissioni liquide e emissioni gassose; le emissioni di particolato sono in genere le più rilevanti, mentre riguardo gli altri inquinanti i livelli dipendono dal tipo di combustibile usato dall’impianto e dal modo in cui la biomassa viene bruciata.

Riguardo l’impatto ambientale di un impianto a biomassa, l’analisi LCA individua nelle operazioni di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio della biomassa le sorgenti di rilevanti emissioni in atmosfera. La biomassa assorbe CO2

dall’atmosfera durante la crescita e la restituisce all’ambiente nel corso della combustione; pertanto, il bilancio della CO2 è nullo su un tempo di scala molto

breve rispetto ai combustibili fossili. Nel calcolo della quantità di CO2 immessa in

atmosfera dai processi di conversione energetica della biomassa, sono però compresi i contributi delle operazioni di approvvigionamento, trasporto, stoccaggio, e degli eventuali processi di trasformazione del combustibile per renderlo adatto allo specifico impianto di conversione energetica. Questa considerazione indica la necessità di privilegiare soluzioni a “filiera corta” (impianto situato in un raggio di 70 km dal cantiere), per le quali siano contenuti almeno gli impatti ambientali derivanti dal trasporto e conseguentemente dello stoccaggio della biomassa.

È però molto difficile prevedere il futuro del mercato degli impianti a biomassa da qui al momento in cui l’edificio dovrà essere demolito: presumibilmente questo sarà fortemente influenzato dall’evoluzione del sistema di incentivi. Se per l’intervento di ristrutturazione è facile ipotizzare uno smaltimento in discarica dei

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rifiuti ottenuti al termine del ciclo di vita del fabbricato, è invece più complicato immaginare gli scenari (e i costi) connessi al recupero del legno derivante dal fine vita della riedificazione con struttura a telaio.

L’impianto è di tipo centralizzato con contabilizzazione diretta del fluido termovettore e dell’acqua sanitaria calda e fredda alloggio per alloggio e, come nel caso precedente, è alimentato da una caldaia a condensazione da 41 kW per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria combinata.

Lo sviluppo del progetto ha richiesto, per entrambe le varianti d’intervento proposte, una forte interazione tra analisi dell’edificio e i dimensionamenti dei vari particolari impiantistici. In particolare, sono state condotte analisi parallele finalizzate all’ottimizzazione del rendimento medio stagionale e dei consumi annui, in merito alla produzione di acqua calda sanitaria separata attraverso l’utilizzo di una caldaia dedicata e di un serbatoio d’accumulo.

Anche per la soluzione di riedificazione in legno, definito il progetto dell’intervento e le stratigrafie degli elementi, è stata condotta un’analisi delle prestazioni energetiche dell’edificio. Le principali trasmittanze raggiunte e utilizzate nella valutazione sono le seguenti:

− parete esterna composta da uno strato di 16 cm occupato da telaio strutturale in legno alternato a isolante termoacustico in fibra di legno, rivestito internamente da 1,2 cm di pannello OSB e da 1,2 cm di cartongesso e all’esterno da 6 cm di cappotto termico in fibra di legno U = 0,171 W/mqK; − tetto composto da uno strato di 24 cm occupato da travi strutturali in legno

alternate a isolante termoacustico in fibra di legno, rivestito internamente uno strato di freno al vapore e da 1,2 cm di cartongesso e all’esterno da uno strato impermeabilizzante anteposto al manto di copertura U = 0,157 W/mqK; − infissi in PVC con doppio vetro Ug = 1,100 W/mqK.

Le scelte effettuate hanno consentito di ottenere dei carichi termici invernali molto bassi; in regime invernale l’energia utile per questo edificio (collocato in regione climatica D) è inferiore a 7 kWh/mq anno. Il rendimento di generazione medio stagionale derivante dalle scelte impiantistiche risulta pari a circa il 98%; il rendimento di distribuzione (linee corte, bassa temperatura del fluido termovettore ed elevato isolamento termico) è pari a circa il 99%; il rendimento di

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emissione legato ai ventilconvettori è pari al 96%; il rendimento di regolazione (preregolazione in centrale termica comandata da una sonda esterna e regolazione finale per singola zona) è pari al 97%.

Il dato finale di energia primaria per i servizi di riscaldamento e acqua calda sanitaria ottenuto è di 28 kWh/mq anno. Ciò fa sì che anche la nuova costruzione con struttura a telaio in legno sia certificata in classe energetica A.

Stato di fatto Ricostruzione

Valutazione di progetto Valutazione di progetto Valutazione in condizioni effettive di utilizzo Riscaldamento u.m.

Totale energia dispersa kWh 98968 21609 21609

Totale apporti gratuiti kWh 28495 22207 22207

Energia utile kWh 71082 3516 3516 Fabbisogno energia primaria annuale kWh/a 154532 3382 3075 Rendimento di generazione medio stagionale % 97,6 98,9 Rendimento globale medio stagionale % 46,0 89,8 90,9 Consumo annuo di metano Nmc 0 332 302 Consumo annuo di energia elettrica kWhe 71082 37 33

Acqua calda sanitaria u.m.

Fabbisogno energia primaria annuale kWh/a 32520 11477 11477 Rendimento di generazione medio stagionale % 34,5 100,1 100,1 Rendimento globale medio stagionale % 30,4 88,1 88,1 Consumo annuo di metano Nmc 0 1146 1146 Consumo annuo di energia elettrica kWhe 14958 41 41 S/V 1/m 0,57 0,67 0,67 Superficie utile mq 517,08 529,50 529,50 EPi kWh/mqa 298,86 6,39 5,81 EPacs kWh/mqa 62,89 21,68 21,68 EPgl kWh/mqa 361,75 28,06 27,48 Classe energetica G A A

Tab. 3. 2 – Confronto tra le prestazioni energetiche dell’edificio allo stato attuale e in seguito all’applicazione delle misure previste nella variante di demolizione e ricostruzione. Dati elaborati attraverso il software Edilclima.

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24

APES Pisa, http://www.apespisa.it/it/azienda.html, data di consultazione 17 agosto 2013

25

Autori vari, Gli inerti - Riciclare per l’Ambiente, Edizioni Hyper, 2011

26

UNI/TS 11300-2:2008, Prestazioni energetiche degli edifici, Parte 2: Determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria

27

Autori vari, La guida alle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico - aggiornamento giugno

2013, Agenzia delle Entrate, 2013

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Figura

Fig. 3. 1 – Viste del prospetto est dell’edificio multipiano e di un particolare della muratura
Fig. 3. 2 – Prospetti e piante dello stato attuale.
Tab.  3.  1  –  Confronto  tra  le  prestazioni  energetiche  dell’edificio  allo  stato  attuale  e  in  seguito  all’applicazione  delle  misure  previste  nella  variante  di  ristrutturazione
Fig. 3. 3 – Prospetti e piante della riedificazione con tipologia strutturale in legno
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Riferimenti

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