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MANUTENZIONE STRAORDINARIA DEL TETTO DI PALAZZO CARCIOTTI (completamento) SOMMARIO

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MANUTENZIONE STRAORDINARIA DEL TETTO DI

PALAZZO CARCIOTTI (completamento)

SOMMARIO

Premessa... 2

Palazzo Carciotti... 4

Considerazioni sull’assetto dell’edificio e sulle destinazioni d’uso degli ambienti... 6

Principali interventi di modifica subiti nel tempo dall’edificio... 9

Aspetti strutturali della copertura... 17

Attuale assetto e problematiche dell’edificio. ... 18

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MANUTENZIONE STRAORDINARIA DEL TETTO DI PALAZZO CARCIOTTI (COMPLETAMENTO)

Premessa

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In questa relazione saranno esposte le considerazioni di carattere architettonico, disciplinare e funzionale che hanno costituito la base della progettazione esecutiva nonché le motivazione ed argomentazione delle scelte progettuali effettuate.

La presente relazione ed il progetto esecutivo in oggetto vanno ad integrare e dettagliare quanto già previsto nel progetto definitivo dell’opera, approvato con D.G. 526 dd. 22.11.2010 e sul quale è stato rilasciato parere favorevole con condizioni con nota prot. 9840/28.293 dd. 25.10.2010 della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia.

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Palazzo Carciotti

(Testo tratto dall’”Atlante dei beni culturali della città di Trieste”)

Descrizione storica: Il fabbricato fu realizzato su un'area un tempo destinata a saline. Il committente fu il commerciante greco Demetrio Carciotti, stabilitosi a Trieste nel 1775. Arricchitosi con il commercio di panni dalla Boemia, alla fine del Settecento acquistò le cinque case che si trovavano sul lato destro dell'entrata del canale. Per la costruzione di questo palazzo Carciotti si affidò all'architetto Matteo Pertsch, che presentò il suo progetto nel 1798.

Subito iniziarono i lavori di edificazione, ai quali sovrintendeva Giovanni Righetti, che si protrassero fino al 1805.

Sulla facciata prospiciente la via Cassa di Risparmio compare l'iscrizione DEMETRIO CARCIOTTI MDCCC, anno in cui fu portata a termine quella parte dell'immobile.

Nel corso degli anni si susseguirono modifiche e restauri, in particolare vennero rifatti gli intonaci delle facciate e dello zoccolo in pietra. La sopraelevazione del terzo piano sul lato interno è stata realizzata per esigenze tecnologiche degli uffici ospitati nel palazzo.

In origine, il palazzo comprendeva l'abitazione del proprietario, al piano nobile verso il mare, magazzini e stalle al pianterreno e sedici abitazioni nei due piani superiori. Ma, gli spazi dell'immobile erano così vasti che al pianterreno, oltre al deposito merci della ditta Carciotti, trovarono posto una tipografia, uffici di varie case commerciali e depositi di derrate.

Nel 1818 Demetrio Carciotti costituì le sue proprietà in ente fidecommissario: esse dovevano passare ai soli eredi diretti maschi; estinta la discendenza maschile il palazzo sarebbe passato al demanio dello Stato.

Le sculture e i bassorilievi che ornano le facciate e gli interni di Palazzo Carciotti sono opera dello scultore veneto Antonio Bosa, tranne due statue collocate sulla facciata postica, realizzate da Bartolomeo Augustini.

La statue rappresentano personificazioni di divinità tratte dalla mitologia greca e, molto probabilmente, furono suggerite dallo stesso Carciotti.

La decorazione pittorica della sala rotonda , al piano nobile, fu commissionata al pittore Giuseppe Bernardino Bison, e da un certo Scala che dipinse una scena raffigurante la "Gloria sul carro dell'Aurora".

Nel 1816 il ministro Metternich soggiornò per un breve periodo a Palazzo Carciotti.

Nel 1831 l'edificio divenne la prima sede delle Assicurazioni Generali, poi ospitò la Banca Austro-ungarica, uffici del Governo Alleato e la Capitaneria di Porto. La cupola ospitò in più di una occasione studi di pittori, come Giuseppe Rietti e il bulgaro Georgief. Negli anni Cinquanta nella cupola vi era lo studio del pittore Perizi.

Nel 1918 il Governo austriaco, durante la fase di requisizione dei metalli, fece togliere dalla cupola il rivestimento in rame.

Attualmente lo stabile ospita alcuni uffici del Comune..

Riva Tre Novembre fino al 1918 si chiamava Riva Carciotti, assumendo tale nome proprio dal palazzo che lì vi sorge.

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anfore in pietra L'edificio si conclude con la cupola che poggia su un alto tamburo, con calotta emisferica rivestita in rame e sormontata dall'aquila napoleonica.

La facciata postica, prospiciente via della Cassa di Risparmio, ripete lo schema della facciata principale, ma sulla balaustra di coronamento sono collocate quattro statue affiancate da due anfore in pietra.

Le facciate laterali sono caratterizzate da bugnato liscio al piano terra e cornice marcapiano che divide il primo piano dal secondo. Le finestre del primo piano presentano frontoni lineari. Sulla facciata su via Genova si trovano quattro balconi con balaustra in ferro, mentre sulla facciata su via Bellini sono presenti solo due balconi.

Elementi decorativi: Iscrizione esterna/Elementi ornamentali esterni Desc. el. decorativi: -

COLONNE: Sulla facciata verso il mare sono presenti sei colonne scanalate di ordine gigante con

capitello ionico.

STATUE: Le sculture poste sulle facciata verso il mare raffigurano, da sinistra a destra: Portenus, Thyke, Atena, la Fama, Apollo e Abundantia.

Sulla facciata postica sono collocate le statue di Thypsis, Mercurio, Poseidone e Ulisse. Ai lati sono collocati due anfore in pietra.

BALAUSTRE: Balaustre in pietra a coronamento delle due facciate principali e a livello del piano nobile. I balconi dei prospetti laterali sono completati da ringhiere in ferro.

FREGI: Le lunette delle finestre interposte tra le colonne del piano nobile sono decorate con figure a bassorilievo eseguite da Antonio Bosa.

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Considerazioni sull’assetto dell’edificio e sulle destinazioni d’uso degli ambienti.

“Merita sottolineare ancora una volta come la necessità di spazi nuovi nasca dalle esigenze urgenti della città e del porto in espansione, caratterizzanti lo sviluppo urbano, in un intreccio tra i bisogni dei commercianti, che chiedevano di depositare e manipolare le merci con un'agevole accessibilità agli attracchi, e le nascenti problematiche di un centro abitato in rapida crescita.

Il facile accesso alle banchine, la disponibilità di grandi magazzini in funzione del porto, accanto alla rappresentatività della residenza, sono quindi i tre aspetti ormai inderogabili per la “nuova” classe sociale.

Occorrevano soprattutto magazzini, o più propriamente fondachi, che dovevano essere allo stesso modo depositi della merce in transito e spazi per le cernite e la formazione dei lotti; erano necessari uffici per i nuovi ceti di professionisti, avvocati, periti, agenti di borsa, assicuratori, pesatori, trasportatori, tutti legati alle tante esigenze delle nuove attività commerciali.”

Palazzo Carciotti riprende fin dall’edificazione originaria la tipologia prevalente degli edifici del Borgo Teresiano e del Borgo Franceschino. Il carattere di questi fabbricati era prevalentemente commerciale, legato alle attività connesse ai traffici marittimi (non a caso molti degli edifici, compreso Palazzo Carciotti, vennero costruiti fronte mare).

Le destinazioni d’uso dei vari ambienti, tuttavia, non erano esclusivamente operative ma i palazzi vedevano molto spesso coesistere sotto lo stesso tetto fondachi, uffici, abitazioni.

In particolare, Palazzo Carciotti vedeva tutto il piano terra occupato da magazzini e depositi legati all’attività commerciale. Il piano nobile ospitava nella parte anteriore affacciata al mare, quella maggiormente ricca dal punto di vista dell’apparato decorativo e caratterizzata dalla cupola sul frontemare, la residenza del proprietario. Nella parte posteriore così come al piano secondo del fabbricato vi erano prevalentemente ambienti destinati ad uffici.

Il piano terzo o più propriamente sottotetto era diviso in tanti piccoli ambienti o in veri e propri appartamenti che venivano dati in affitto, per brevi o lunghi periodi, a lavoratori del porto, o ad agenti o collaboratori delle varie attività che si svolgevano nell’ambito del palazzo.

Si tratta di ambienti di vari tagli, inseriti nelle maglie della struttura lignea principale della copertura a falde. Le stanze presentavano una pavimentazione in tavolato di legno e copertura a camera a canne; alcune stanze erano adibite a cucina di cui gli affittuari potevano usufruire, con pavimentazione in piastrelle posate su letto di malta al di sopra del tavolato e la presenza di cappe di aspirazione in copertura.

L’edificio, come riportato, venne ultimato nel 1805. I progetti originari ed i relativi elaborati grafici non risultano più esistenti (o consultabili), mentre risale al 1861 una relazione scritta sotto forma di “Protocollo di stima volontaria” da cui si individuano alcune trasformazioni subite dalla fabbrica.

Dal punto di vista grafico, punto di partenza per l’analisi dell’assetto planimetrico originario dell’edificio è il rilievo effettuato nel 1935, che riporta già peraltro le variazioni relative ai lavori dello scalone sull’ingresso di via Genova.

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state oggetto, nel tempo, di numerosi rimaneggiamenti nelle finiture, fatto dovuto alla molteplicità di inquilini che hanno occupato a vario titolo in periodi diversi gli ambienti del sottotetto.

Ciò ad eccezione della sopraelevazione del 1951 degli ambienti centrali del terzo piano in prossimità della nuova scala su via Genova. Delle trasformazioni principali subite dall’edificio si farà cenno nel prossimo capitolo.

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Analisi delle trasformazioni: piante piano secondo e terzo

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Principali interventi di modifica subiti nel tempo dall’edificio

Gran parte degli edifici che compongono il cosiddetto ‘Borgo Teresiano’ hanno subito nel tempo modifiche sostanziali che, se da un lato hanno quasi sempre preservato la sagoma esterna dell’edificio o del blocco, caratterizzata dalla forma regolare rettangolare degli isolati che compongono il distretto, e conservato le facciate perimetrali, dall’altro hanno portato a dei veri e propri stravolgimenti dell’assetto interno delle fabbriche che in alcuni casi sono arrivati fino alla totale demolizione e ricostruzione.

Fortunatamente Palazzo Carciotti ha subito negli anni a partire dalla sua edificazione ad oggi delle modifiche di entità inferiore, tali da non stravolgere completamente l’impianto compositivo, e che gran parte degli elementi strutturali sono quelli originari.

Bisogna però dire che probabilmente gli interventi subiti dal complesso dell’edificato del Borgo vanno visti in maniera unitaria e non con ottica limitata all’analisi di un unico organismo edilizio. In particolare, si ipotizza che radicali interventi di ristrutturazione nel blocco adiacente all’isolato di Palazzo Carciotti, che ospita un istituto bancario, ed in particolare quelli relativi allo scavo ed alla successiva realizzazione di ambienti interrati, abbiano alterato l’assetto del terreno e l’equilibrio delle forze in gioco nel sottosuolo, aggravando in tal modo i dissesti di carattere statico del Carciotti stesso.

Per quanto riguarda il Palazzo stesso, ci troviamo quasi sempre di fronte a trasformazioni minori quali pareti divisorie, tamponamenti di porte o finestre, modifiche ai serramenti, ecc. La maggior parte degli elementi originari per quanto riguarda la divisione degli ambienti e le finiture si trovano al piano terra ed al piano primo, soprattutto per quanto riguarda la parte nobile del fabbricato, quella fronte mare, mentre la parte posteriore così come il secondo piano ha subito adattamenti nella divisione degli ambienti legata alle modifiche nella funzionalità dell’edificio. Si tratta di interventi che però non hanno alterato lo schema compositivo e la struttura originaria dell’edificio e che non hanno modificato la sagoma e la volumetria.

Non si può dire altrettanto però per alcune modifiche di entità più rilevante apportate in diversi momenti della vita del fabbricato.

La prima riguarda la chiusura di due delle quattro corti interne (quelle centrali) che si desume unicamente in forma scritta dal “Protocollo di stima volontaria” del 1861 sopra citato. La chiusura è totale al piano terra, parziale al piano primo, con lo spazio libero della corte ridotto a due chiostrine abbinate ad un locale centrale con conseguente creazione di terrazze al primo e secondo piano. Questa modifica ha di fatto contribuito, specialmente al piano terra, ad una fruizione dell’edificio diversa da quella originaria.

La seconda, più vistosa, risale ai primi decenni del ‘900 ed è costituita dallo scalone d’ingresso al numero 6 di via Genova, in origine una delle numerose entrate laterali che davano accesso all’edificio ed ai piani superiori. Allorché il palazzo venne parzialmente adibito a sede dell’Azienda comunale elettricità, gas e acqua” venne scelto di offrire ai nuovi uffici una degna entrata di rappresentanza non essendo possibile utilizzare quella principale del Palazzo perché già in uso alla Capitaneria di Porto. Venne quindi demolita la preesistente scala e sostituita con un monumentale scalone estraneo all’impianto architettonico, con conseguente stravolgimento dell’assetto e della gerarchia degli ingressi e significative modifiche nella distribuzione interna dell’edificio.

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sostituzione di elementi murari e di copertura originari, alterato la sagoma e la volumetria dell’edificio, seppur in parti non visibili dall’esterno, ed introdotto un sistema di coperture piane totalmente estraneo all’organismo edilizio ed alla sua tipologia.

Di minore entità l’inserimento di un montacarichi/ascensore in corrispondenza di uno degli ingressi laterali su via Bellini.

Infine, vanno citati due interventi recenti eseguiti dall’Amministrazione comunale che utilizza attualmente l’edificio con propri uffici (anche aperti al pubblico).

Il primo è un intervento di “Eliminazione delle barriere architettoniche all’interno di Palazzo Carciotti” che è consistito nell’installazione di un ascensore dalle caratteristiche adeguate ad uffici con afflusso di pubblico ed all’uso da parte di disabili, posto in corrispondenza dello scalone su via Genova. I lavori si sono protratti in varie fasi dal 2004 al 2007.

Il secondo è da porre in stretta correlazione con l’intervento oggetto del presente progetto in quanto ha riguardato la manutenzione straordinaria della metà posteriore della copertura, analogamente a quanto previsto ora per la parte anteriore. L’intervento è stato eseguito dall’Amministrazione comunale previo parere favorevole della Soprintendenza rilasciato con nota prot. 2670/28.293 dd. 28.09.2002 ed è stato ultimato nel 2003.

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Aspetti strutturali della copertura.

(parte descrittiva tratta dalla relazione strutturale in cui gli interventi di rilevanza statica sono più esaurientemente trattati)

L'edificio è a muratura portante longitudinale con muro di spina lievemente disassato rispetto al colmo della copertura che si sviluppa sempre a due falde. Ogni falda è ordita in falsi puntoni in legno disposti ad interasse variabile di 80 – 100 cm vincolati a 2 appoggi d'estremità (dormiente a livello della linea di gronda e colmo del tetto) e ad un appoggio intermedio su una terzera. Tale trave intermedia, che spesso risulta non complanare alla falda, è impostata su una incavallatura di legno che si ripete ad un interasse di circa 3,50 m lungo tutto il fronte sulle vie Genova e Bellini; è costituita da una trave orizzontale disposta ad H=2,10 m dal pavimento del sottotetto ed è collegata alle estremità rispettivamente da un puntone inclinato e da un cavalletto in legno che si innestano ad una trave del solaio di pavimento con funzione di tirante.

La maggior parte di tali incavallature risulta tamponata da muri in mattoni pieni ad 1 testa costituenti i divisori dei vani realizzati nel volume sottotetto quando è stato trasformato in abitazioni. Proprio per consentire un passaggio più agevole tra vani e per migliorare in generale la vivibilità di tali ambienti si è progressivamente intervenuti con tagli, rastremazioni di sezione, modifiche e sostituzioni sulla struttura originaria delle incavallature e con manomissioni del manto di copertura e dell'orditura lignea di falda per la creazione di nuovi lucernai, abbaini, camini e sfiati per i servizi.

Alla struttura dell'incavallatura lignea sono ancorati i tiranti orizzontali in piatto metallico ammorsati al dormiente perimetrale.

Il corpo prospiciente le rive, che presenta una profondità di 17m rispetto ai circa 13 m dei 2 corpi laterali sulle vie Genova e Bellini, ha il colmo della copertura a quota più alta con innesto nella robusta struttura muraria a sostegno della cupola. I falsi puntoni di ogni falda sono portati da due incavallature lignee sovrapposte, a doppia altezza, che si sviluppano parallelamente alla facciata prospiciente le rive.

Lo stato in cui versa oggi la copertura è di avanzato degrado dovuto a limitata ed insufficiente manutenzione. Più zone del sottotetto sono inagibili per cedimento o collasso della struttura lignea di falda. Il deterioramento provocato dall'acqua meteorica è evidente nelle zone di compluvio, di gronda, in corrispondenza delle aperture dei lucernari e degli abbaini ed in generale nelle zone di innesto tra strutture lignee e murarie per la mancanza di adeguate lattonerie. Accanto a tale deterioramento non va sottovalutato il dissesto generale dell'intero edificio per cedimento fondazionale che si manifesta con le diverse pendenze del solaio di sottotetto o con i fuori piombo delle strutture murarie.

Il ripristino della orditura lignea della copertura ha lo scopo di riportarla alla piena efficienza strutturale. Sono previsti interventi di sostituzione dell'orditura minuta, e dei falsi puntoni ammalorati, il rinforzo con raddoppio di travi o accostamento di tavoloni per quelli recuperabili, la sostituzione e/o integrazione dei dormienti, la realizzazione con elementi metallici del vincolo a cerniera per tutte le giunzioni legno – legno. In generale va prestata particolare attenzione a verificare e migliorare il ruolo di connessione reciproca tra murature contrapposte svolto dalle orditure del tetto.

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Escludendo il cordolo in c.a. per la diversa rigidezza introdotta nel sistema, si propone la realizzazione di un cordolo in muratura armata come indicato nelle sezioni di dettaglio con opportuna gabbia metallica a supporto del cornicione, rispettando così le indicazioni della normativa del Ministero per i Beni culturali ed ambientali che impongono di non alterare in maniera significativa il funzionamento globale della fabbrica storica in muratura.

Attuale assetto e problematiche dell’edificio.

Attualmente Palazzo Carciotti è in uso dell’Amministrazione comunale di Trieste rientrando nel patrimonio immobiliare del Comune stesso. Viene occupato da alcuni Servizi comunali, in special modo dall’Avvocatura nella parte anteriore, quella nobile, e dagli uffici del Corpo di Polizia municipale. Il sottotetto è completamente in disuso, eccezion fatta per la parte sopraelevata nel 1951.

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e monumenti storici anche più antichi o significativi, come il più importante esempio di architettura a Trieste, non a caso viene spesso citato come tale nella bibliografia sull’argomento.

A tutto ciò fa da contraltare la grande difficoltà nella conservazione dell’edificio. Sebbene infatti il corpo di fabbrica sia realizzato con un rigore compositivo e con un uso dei materiali all’insegna della solidità, vi sono diversi ordini di fattori che contribuiscono al suo degrado.

Il più rilevante è senza dubbio il dissesto fondazionale che interessa molti degli edifici che compongono il Borgo teresiano, e che nel caso di Palazzo Carciotti ha visto un assestamento del fronte prospiciente le rive con un abbassamento del Palazzo rispetto al livello del mare che molti testi stimano attorno agli ottanta centimetri. Questi movimenti dell’organismo edilizio hanno portato tra l’altro a numerosi distacchi, fratture, crolli localizzati nel ricco apparato decorativo nella parte anteriore dell’edificio, danneggiamenti su cui, a giudizio di chi scrive, si potrà intervenire efficacemente solamente dopo aver posto rimedio agli assestamenti fondazionali.

In secondo luogo si riscontra in tutto l’edificio, ma soprattutto ancora una volta nella parte anteriore, un rilevante problema di umidità di risalita (alcuni locali recentemente si allagano in occasione di alte maree eccezionali), problematica come si sa di difficile soluzione. Le conseguenze sono tra l’altro la disgregazione degli intonaci, dei rivestimenti, delle decorazioni soprattutto nella parte anteriore.

Vanno citate inoltre le severe condizioni d’uso cui è sottoposto il fabbricato: il fatto che il palazzo prospetti su di un arteria a grande scorrimento con tutti i problemi che ne conseguono (smog, vibrazioni), e che sia costruito a pochi metri dal mare, con la negativa influenza dell’ambiente salmastro sui materiali (in special modo la pietra), amplificano i normali problemi di conservazione di un edificio di questa natura in oltre duecento anni di storia.

Palazzo Carciotti ha inoltre subito negli anni molteplici variazioni nelle destinazioni d’uso e nei proprietari od utilizzatori siano stati essi privati od enti pubblici. Questo ha portato ad interventi di adeguamento parziale o locale certo non organici e spesso poco rispettosi delle caratteristiche originarie dell’edificio. Ha portato inoltre a condizioni di utilizzo disomogenee che hanno visto larghe parti dell’edificio inutilizzate e quindi lasciate all’abbandono per lunghi periodi.

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Tipologie di intervento e motivazioni di scelta

Riassumendo quanto esposto nei paragrafi precedenti, si può pertanto affermare che un intervento di “restauro” o “ristrutturazione” complessivo dell’edificio non è al momento attuabile, per l’impossibilità di reperire nell’attuale periodo i fondi necessari.

Vero è che si rendono necessari interventi che si possono definire di “manutenzione ordinaria” o “straordinaria” anche al solo scopo di preservare il bene (in vista di un futuro recupero complessivo), oltre che per renderlo fruibile in condizioni adeguate all’uso e nel rispetto della sicurezza degli occupanti.

Tra questi interventi, quello sulla copertura della parte anteriore dell’edificio, oggetto del presente progetto, risulta prioritario in quanto le numerose infiltrazioni stanno creando gravi problemi sia all’edificio in sè, per quanto riguarda le strutture in legno, le strutture murarie, gli intonaci, le decorazioni, ecc. , sia agli uffici che lo occupano attualmente in termini di spandimenti, danni agli impianti ed ai locali, inagibilità di vari ambienti, ecc.

La conservazione stessa del bene risulta pertanto in condizione di criticità visto il progressivo deterioramento della struttura lignea principale che sostiene la copertura dell’edificio.

In questo caso si tratta di un intervento locale che si può definire di manutenzione straordinaria, in cui risulta però opportuno e necessario cercare di definire alcuni criteri operativi tali da poter inserire l’intervento parziale su uno dei componenti della struttura in un ragionamento più ampio che arriva a coinvolgere l’intero organismo edilizio.

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Pertanto le lavorazioni previste nell’intervento, in ragione di quanto esposto nei paragrafi precedenti, si possono riassumere e sintetizzare come segue:

1) Consolidamento soffitti della parte nobile, primo piano. Pur se i locali si trovano due piani al di sotto della copertura, in cui verranno eseguite le lavorazioni principali, si ritiene opportuno, visto lo stato di conservazione dei soffitti intonacati e decorati che si presenta precario, e vista l’importanza dell’apparato decorativo delle stanze stesse che è quello di maggior rilevanza all’interno del Palazzo, procedere ad un controllo e consolidamento dei soffitti e degli intonaci dello scalone monumentale per evitare che eventuali vibrazioni derivanti dalle operazioni in copertura possano aggravarne lo stato conservativo.

Le operazioni previste sono le seguenti:

- montaggio dei necessari impalcati interni per eseguire le lavorazioni ed in funzione di protezione.

- controllo puntuale da parte di Impresa specializzata in restauro dello stato di conservazione degli intonaci in funzione dell’analisi delle reali necessità di consolidamento - consolidamento degli intonaci ove necessario mediante le seguenti operazioni:

Consolidamento in profondità degli intonaci effettuato mediante l'inserimento di microperni di materiale di opportuna resistenza meccanica ed immune da fenomeni di ossidazione (quali l’acciaio inossidabile, la vetro-resina o la resina termoplastica) fissati mediante appositi adesivi strutturali (in genere di tipo epossidico o vinilico).

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Le operazioni di consolidamento riguarderanno anche le cornici modanate che decorano alcuni soffitti con le modalità descritte per l’ancoraggio degli intonaci.

L'intervento sarà preceduto dalla rimozione di eventuali precedenti stuccature che si presentassero deteriorate o incompatibili e dall’iniezione di resina acrilica in emulsione acquosa per restituire coesione all’intonaco in presenza di aree friabili e polverulente.

Nel caso in cui le parti mobili o distaccate presentino limitata dimensione si procederà all’incollaggio diretto, senza inserzione di perni.

Riepilogo delle operazioni Consolidamento superficiale.

• Consolidamento dell’intonaco mediante iniezioni di emulsione acrilica per restituire coesione alla malta originaria in prossimità dei fori d’iniezione.

• Ricomposizione dei distacchi fra gli strati d’intonaco con resina vinilica in emulsione. Consolidamento in profondità.

• Ancoraggio alla struttura lignea retrostante con viti filettate di acciaio inox e resina epossidica. Le viti, a testa conica, con una rondella inox in testa, venrranno fatte rientrare di qualche millimetro sotto la superficie per poter quindi procedere con la stuccatura del foro a livello della della finitura superficiale.

• Ancoraggio degli intonaci staccati alla struttura retrostante mediante l’inserimento di barre in fibra di vetro, di diametro variabile da 3 a 6 mm e resina epossidica.

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viste del vuoto a tutta altezza sovrastante la scala monumentale

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2) Pulizia e sgombero di tutti i locali del sottotetto, attualmente inutilizzati, e rimozione di tutti gli elementi di finitura evidentemente oggetto di interventi non originari (pavimentazioni e rivestimenti, ecc.) lasciando i locali con la pavimentazione originaria in tavolato o in marmette ceramiche (ex cucine);

3) Conservazione di tutte le strutture murarie del sottotetto, anche riferite ai tramezzi, nonché degli intonaci interni, in quanto:

• sono nella quasi totalità murature originarie di Palazzo Carciotti

• molto spesso risultano collaboranti, allo stato attuale di assestamento strutturale dell’edificio, con i telai lignei della copertura

4) demolizione del manto di copertura esistente in coppi, demolizione delle lattonerie esistenti, lievo ed accatastamento in cantiere delle tavelle sottostanti e demolizione dell’orditura lignea di sostegno delle stesse;

5) Demolizione parziale dei controsoffitti in arelle intonacate in corrispondenza delle zone in cui verranno effettuati interventi di carattere strutturale sulla copertura. La demolizione si rende necessaria in quanto:

• in molti dei locali il controsoffitto è già ampiamente danneggiato e con numerose lacune;

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• si ritiene opportuno lasciare, nella parte interessata, temporaneamente in vista la struttura lignea principale e secondaria della copertura, assieme all’intradosso di falda in tavelle originarie recuperate e riposizionate; questo sia in funzione della facilità di manutenzione futura, sia quale soluzione più adatta a rendere gli ambienti del sottotetto suscettibili di adattamento a future ipotesi di recupero globale del fabbricato

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nell’integrazione o sostituzione della ferramenta di raccordo degli elementi lignei, nella pulizia e trattamento anti insetto di tutte le travi della copertura, e soprattutto di sostituzione del dormiente ligneo e consolidamento del cordolo sommitale con elementi in muratura armata. Tutti gli interventi strutturali dovranno essere preceduti dall’esecuzione di opportune puntellazioni (come ad esempio quella dello sporto di gronda in struttura muraria).

7) controllo e consolidamento dei camini esistenti, con ricostituzione degli elementi murari e di copertura (mattoni con eventuali iniezioni di legante, intonaco, coppi). Anche se sicuramente in massima parte ormai inutilizzati, i camini costituiscono parte integrante e consolidata della sagoma del tetto e della volumetria stessa dell’edificio

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sicurezza, con le opportune scossaline di protezione in rame. Per quanto riguarda la posizione, invece, si ripropone il medesimo schema solo per quanto riguarda la facciata prospiciente le Rive, mentre per quanto riguarda le altre falde verranno realizzati un numero di lucernari (complessivamente saranno 39) riprendendo alcuni dei posizionamenti originari in modo di avere una serie coerente di aperture in grado di dare un illuminazione più che sufficiente alla funzionalità attuale (e futura) del sottotetto.

9) posa di una nuova orditura lignea a sostegno delle tavelle con gli opportuni spessoramenti in modo da ricreare un piano di posa complanare e successiva riposa delle tavelle originarie, previa pulizia, cernita ed integrazione delle stesse con nuove di analoga forma e materiale, se necessario;

10) posa di uno strato impermeabilizzante che si ritiene opportuno aggiungere in funzione della garanzia di durabilità e facilità di manutenzione dell’intervento; per garantire criteri di intervento poco invasivi nei confronti degli elementi originari (struttura lignea, tavelle) e caratteristiche di facile reversibilità dell’intervento, viene proposta l’applicazione di un pannello di OSB fissato sui correnti lignei con sovrastante applicazione di guaina adesiva; questa tipologia di intervento assicura inoltre un limitato e compatibile aumento dei carichi propri in copertura;

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12) posa in opera completa degli elementi di lattoneria in rame (canali di gronda, converse, scossaline) di analoga forma e dimensione di quelle esistenti ma di diverso materiale (quelli esistenti sono in lamiera di acciaio verniciata). Ciò in analogia con l’intervento già realizzato nella parte posteriore della copertura.

13) sostituzione dei tre grandi lucernari in copertura con altri di analoga forma, dimensione, specchiature, materiali; in particolare per il grande lucernario che dà luce allo spazio a tutta altezza sullo scalone principale, ornato internamente da finestre trompe l’oeil, si prevede di procedere come segue:

• costruzione di un ponteggio interno al vano scale principale fino in copertura, ai fini della sicurezza nelle lavorazioni da svolgere e di protezione del vano, del corpo scale e delle decorazioni

• lievo delle lattonerie esistenti in lamiera

• lievo delle specchiature vetrate

• controllo del sottostante tavolato in legno e sua locale integrazione se necessario

• demolizione degli intonaci esterni e rifacimento previo controllo dell’integrità della parte muraria ed eventuali consolidamenti

• sostituzione della struttura in ferro e delle parti in vetro del lucernario in modo da realizzare specchiature analoghe per forma e dimensione mantenendo i medesimi materiali e finiture

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14) restauro degli abbaini esistenti con riproposizione di serramenti in legno.

15) Sostituzione del rivestimento metallico della cupola

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Le operazioni previste sono le seguenti:

• montaggio dei necessari impalcati esterni ed interni per eseguire le lavorazioni ed in funzione di protezione.

• lievo del residuo rivestimento in rame esistente, lievo del manto di impermeabilizzazione provvisorio messo in opera in corrispondenza della lacuna creatasi nel manto di copertura originario, lievo del canale di gronda esistente.

• controllo del sottostante tavolato di ancoraggio ed eventuale sostituzione delle tavole danneggiate od incorerenti con altre di analoga forma, spessore e dimensione. Questa fase sarà l’occasione per un controllo accurato, eseguito con tecnici qualificati in materia strutturale, dello stato di integrità della struttura sottostante costituita da travature lignee composte sagomate in forma circolare. Eventuali interventi di consolidamento strutturale potranno essere decisi solo in tale fase e verranno sottoposti tempestivamente all’attenzione della Soprintendenza.

• ricostituzione del manto di copertura in rame mediante posa ad aggraffatura semplice di materiale tipo TECU patina o similare. Si tratta di lastre in rame di spessore 0.6/0.7 mm reperibili in diversi formati, patinate in verde su un lato con uno speciale processo industriale che favorisce lo sviluppo di uno strato di ossido sulla superficie del rame. Si tratta di un processo simile alla patinatura naturale del rame. Il prodotto verrà posato in maniera da replicare esattamente lo schema di posa del manto esistente, riproponendo le giunzioni nella medesima posizione rispetto alle attuali.

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Si fa riferimento agli elaborati progettuali ed alla descrizione estesa delle lavorazioni per migliore definizione delle stesse.

Riferimenti

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