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Il negozio per relationem

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Academic year: 2021

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TORINO 1940-XVIIl TIPOGRAFIA COLLEGIO ARTIGIANELLI

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INTRODUZIONE

n. l -I negozi giuridici nelle loro varie classificazioni. Il negozio giu-ridico guardato sotto il profilo della determipazione e manifestazione della

volontà. Scopo del lavoro. pago 11

OAPITOLO 1.

La volontà per relationem.

n. 2 - La nozione della volontà dal punto di vista psicologico. Cenno

sul processo formativo della volontà. I motivi. 14 n. 3 - Volontà immediata (volontà del comportamento) e volontà

me-diata (intento). 16

n. 4 - Ooincidenza e non coincidenza della volontà immediata con l'in-tento. Le due forme di intento: l'intento pienamente individuato e l'in-tento non concretamente determinato dal soggetto della volizione. La clas-sificazione dello ZITELMANN: intento alternativo, genericQ, non indi

vi-d uato in senso stretto. 17

n. 5 - Principali cause alle quali può essere dovuta la mancata deter-minazione completa da parte del soggetto della volizione. Rilevatnza di esse.

n. 6 - Rapporti fra la mancata determinazione concreta dell'intento e la determinatezza del rapporto obbligatorio.

n. 7 - Determinabilità del rapporto obbligatorio. Requisiti perchè si abbia la determinabilità del rapporto. Requisiti per l'esistenza e l'ammis-sibilità della volontà con intento non concretamente determinato dal soggetto.

n. 8 - Determinazione del contenuto volitivo non completamente de-terminato dal soggetto: a) ulteriore determinazione volitiva del soggetto stesso; b) rinvio ad una fonte esterna di determinazione (volontà pe?· rdationem).

22 23

24

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- 6

n. 9 - Manifestazione indiretta e mediata della volontà con intento individuato (volontà per relationem in senso formale). Volontà per rela-tionem manifestata in forma indiretta e mediata (volontà per rel. in senso

sostanziale). pago 29

n. lO - Riepilogo. Fenomeni cui dà luogo la combinazione della vo-lontà con la manifestazione di essa: a) manifestazione per rel. di una volontà per rel.; b) manifestazione per rel. di una volontà con intento concretamente individuato; c) manifestazione diretta e immediata di un

intento individuato. 30

OAPITOLO II.

I

negozI per relationem ID senso sostanziale.

n. 11 - Definizione dei negozi per 1·el. in senso sostanziale. 32 n. 12 - Rispetto a quali elementi può aver luogo la 1·elatio.

Condi-"ione, termine e modo. 33

n. 13 - Situazioni che possono formare oggetto della rdatio. Situa-zione anteriore, contemporanea o posteriore alla volizione. Legge o

rego-lamento; fatto o dichiarazione di una parte o di un terzo. 35 n. 14 - Rinvio all'arbitrio di una delle parti o di un terzo. Arbitriv,m

merwm e arbitrium boni viri.

11 36 n. 15 - Rinvio all'arbitrio di una delle parti. Ammissibilità del solo

arbitrium bon<Ì viri. 38

n. 16 - Determinazione del prezzo nella vendita civile. 39 n. 17 - L'istituto del biancosegno. Sua natura giuridica. 40 n. 18 - Rinvio all'arbitrio di un terzo.

"

42 n. 19 - Disposizioni mortis cau.sa. Limiti alle disposizioni rn.o'[tis

causa per relationem. 43

m. 20 - L'istituto dell'arbitraggio. Questioni ad esso relative. Neces-sità di distinguere le varie cause alle quali può essere dovuta la clausola

di arbitraggio. 46

n. 21 - Gonseguenw pratiche derivanti dall'esistenza della volontà pel'

rel. Conseguen~e relative all'interpretazione del negozio. 54 n. 22 - Dichiarazioni di volontà autonoma e di volontà per

1'eZatiIJ-nem coe istenti ed in contrasto nello stesso negO'lio. Prevalenza delle prime. 55 n. 23 - L'errore nei negozi per 'rel. Genni istituzionali sulle varie

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n. 24 - L'errore pstativo non può ricorrere nei negozi per rel. in senso

sostanziale. pago 62

n. 25 - Uguali conclusioni valgono anohe per l'errore V1Z10. n. 26 - L'errore nella determinazione operata dall'esterno.

OAPITOLO III.

I

negozI per relationem ID senso formale. n. 27 - Definizione. Oggetto e fonti del l'invio.

n. 28 - L'interpretazione del negozio e l'errore. n. 29 - Ancora dell'erroTe nei negozi bilaterali.

OAPITOLO IV.

Classificazione dei negozi per relationem in senso sostanziale. 64 66 69 69 72

n. 30 - I negozi per rel. formano un'autonoma categoria dommatica. 74 n. 31 - Tre tipi di negozi per rel.: a) negozi cbe possono essere con

volontà tanto autonoma cbe per rel.; b) oppure soltanto con volontà per

relatiomern; c) o normalmente con volontà pe'" relationem. 75 n. 32 - Differenza dai negozi preliminari. 75

Sezione I.

Negozi per relationem che sono figure Ipeciali degli ordinari negozi.

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8

-altrui; b) vendita fatta col sistema dell'incanto. 2) Mandato generale. 3) Negozio di stipulazione dell'atto co titutivo di una società anonim11, da part(! dei soci assenti all'assemblea. 4) Polizze di abbonamento (flottantes). 5) Depositi bancari in conto cprren,te. 6) Disposizioni mortis causa.: a) isti-tuzioni d'erede a favore dei poveri; b) istituzioni a titolo particolare di una fra più persone o corpi morali determinati nei modi stabiliti dal-l'art. 834 cod. civ. abrogo (177 nuovo cod.); c) legati indeterminati fatti a titolo di rimunerazione; d) legato generico; e) legato alternativo; f) le-gato di cosa da prendersi da un certo luogo. 7) Offerte al pubblico. 8) Con-tratti conchiusi mediante la procedura dell'incanto. pago

n. 34 - Riepilogo.

Sezione II.

Negozi essenzialmente per relationem.

n. 35 - l) Contratto di conto corrente. 2) Contratto di so=mlstra-zione o di fornitura. 3) Aperture di credito. 4) Contratto di appalto con

)) 76

83

la pubblica amministrazione. 5) T'itoli di credito. 83 n. 36 - Negozi per relationem nel campo del diritto pubblico.

Accet-tazione del privato al conferimento di un pubblico impiego. Le autorizza-zioni e approvazioni non sono negozi di rinvio.

Sezione III.

Negozi normalmente per relationem.

n. 37 - Contratti di adesione. Caratteri di tali contratti. Stato della dottrina circa la questione sulla natura giuridica di tali contratti.

n. 38 - Il fenomeno del rinvio nei contratti di adesione.

OAPITOLO V.

Classificazione dei negozi formalmente per relationem. n. 39 - Negozi necessariamente pe1' re l. l) Contratti di trasporto fer-roviario, di assicurazione, ecc. 2) Accettazione dell'eredità. 3) Accettazione del terzo nel contratto a favore di terzi. 4) Ratifica del domvnus nella

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negotiorwm gestio rappresentativa. Inammissibilità della ratifica par-.ziale. 5) Ratifica del dominu,s dei negozi conchiusi da un fals'lks procurato'r

o con eccesso di procura. 6) Oonferma o ratifica da parte degli eredi o aventi causa dal donante o testatore (1311 c. civ.). NlOn sono negozi per reI. la conferma di un negozio annullabile (1309 c. civ.) e la conferma di

cui all'art. 36 c. comm. pago

n. 40 - I Zu,stimmu'1lgsgeschafte non vanno confusi con i negozi di rinvio. Autorizzazioni, approvazioni e dispense nel campo del diritto fa-miliare: non sono negozi di rinvio.

n. 41 - Non sono tali nè il consenso degli sposi alla conclusione del matrimonio, nè l'accettazione del terzo nella cessione dei crediti. E dub-bio se l'accetta~ione del creditore nell'accollo privativo possa ritenersi n e.-gozio di rinvio.

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1. - I negozi giuridici sono stati ampiamente studiati sia nel loro insieme, sia da taluni punti di vista particolari, che hanno permesso alla dottrina di individuare e classificare vari tipi di negozi. Così, partendo dall'esame della volontà e della sua manifesta~jone, i negozi sono stati suddivisi in unilaterali e bilaterali; dal punto di vista dell'oggetto sono stati distinti in onerosi e gratuiti e in negozi a titolo universale o particolare (1) ; tenendo presente l'elemento causa, si è parlato di negozi causali ed af'itratti; dal punto di ,ista della forma si è parlato di negozi formali o solenni e non solenni; così ancora, a seconda che essi abbiano ad operare attualmente o dopo un certo momento (morte del disponente), si S0110 distinti i negozi m01·tis causa dai negozi illter I:iw.~)· dal punto di vista poi degli elf'menti accidentali sono stati studiati. accanto ai tipi ordinari di negozi, i negozi condizionali, modali, o sottoposti a termine.

Accanto a questi tipi più comnnemente noti, il negozio giu-l'idico è stato studiato con rigua.rdo allo scopo che con esso le parti intendono conseguire: e così sono stati posti in eyidenza nlteriori tipi, quali i negozi fiduciari e i negozi indiretti (2); sotto il riflesso della corrispondenza o meno alla lf'gge, aJJa mo-rale e all'ordine pubblico Ri sono distinti i nego7.i leciti da quelli

(l) Negozio a titolo universale, seoondo taluni, non sarebbe solo il negozio 71w1·tis causa, ma può anche essere il negozio inte?' vivos: un esem-pio di trasmissione i-ntpr v·ivos a titolo universale sarebbe dato nel nostro ordinamento dalla fusione delle socie~à commerciali. Cfr. in proposito GHIDINI, Estinzione e nullità delle società c07nlnerciali, pag. 85.

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- 1 2

-illeciti; ed infine, guardati nei loro rapporti con altri negozi, sono stati variamente studiati e distinti in negozi di secondo grado (quali ad es. i negozi riproduttivi, di accertamento, di a-dempimento, ecc.) (1), collegati (2), ausiliari (Hilfsgeschiifte) (3), Zustimm1rngsgeschdfte (4), accessori o principali, esecutivi, pre-paratori; o, con particolare riguardo ai loro effetti, in negozi dichiarativi, costitutivi o confermativi, in negozi reali od obbli-gatori. 0, a seconda del campo nel quale operano, in negozi di diritto processuale o materiale, civile o commerciale; sul proprio o sull'altrui patrimonio. E così ancora si parla di negozi aleatori o commutativi, ad esecuzione continuata o istantanea, a conte-nuto semplice e complesso e così via.

Questa sommaria enumerazione, che non pretende per altro di essere completa, mostra come i negozi giuridici possano essere variamente classificati a seconda dell'angolo visuale dal quale essi vengono studiati. Lo scopo del presente lavoro è di studiare i negozi dal punto di vista della, volontà, in riguardo al suo particolare contenuto volitivo ecl alla, manifestazione di tale con-tenuto.

Nel mondo economico-giuridico non sono rari i casi nei quali 11n soggetto ha una volontà senza avere la rappresentazione con-creta di tutti gli elementi che entrano a far parte del proprio contenuto volitivo: sia perchè non è ancora possibile determinare tale contenuto (è il caso di colui che dichiara, ad es., di donare una somma a ehi vincerà un certo concorso; o delle parti con-traenti che, non rim,cendo a mettersi d'accordo su determinate modalità del contratto, stabiliscono di rimettere tale determi-na7,ione all'arbitrio di un terzo), sia perchè egli non ne conosce il tenore, pm essendo esso già determinato (es.: dichiaro di dona,re la somma, x a chi ha vinto ieri la corsa, senza sapere chi è stato il vincitore).

(1) Cfr. BETTI, Inefficacia del negozio cambù:Ln:o e reazione del rap-pO'rto ca~tsale in Riv. dir. comm. 1927, II, p. 374; GIORGIANNI, Il negozio di accertamento, p. 36; CARNELUTl'I, Note su,ll'accertamento negoziale in Riv. dvI'. lJ1·OC. civ. 1940, I, p. 3 sgg.

(2) Cfr. GIORGIANNI, Negozi gl>u,1·idici collegati in Riv. it. se. giwr.; 193'7, pp. 275 sgg.

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In questi casi la determinazione del contenuto volitivo av-viene in ma,niel':1 indiretta o, come suoI dirsi, per' relatiol1e'ln (1) ad elementi estranei, ai quali la volontà ha fa,tto rifel·imento. Ed allo Rtesso modo può avvenire che una volontà., pur non es-sendo determinata per re7atione1n) venga manifestata all'esterno come se fosse tale: come, ad es., nell'ipotesi che io voglia do-nare a Caio la somma x, sapendo che tale somma è contenuta nel lllio portamonete, anzichè dirgli

«

ti dono la somma x», preferiR co dirgli:

«

ti dono la somma che si trova nel mio por-tamonete l).

Lo scopo del presente lavoro è, quindi, volto a studiare il fenomeno della volizione per 1"elatione1n) le sue cause e le varie forme in cui esso pnò presentarsi; i limiti entro i quali tale fenomeno è ammissibile e rispetto a quali elementi del negozio· eRSO può aver luogo; quali sono le fonti alle quali la volontà può far richiamo allo scopo di determinare il proprio contenuto volitivo; ed infine se tale processo volitivo presenti delle carat-teristiche particolari tali da ginstificare l'individuazione di una autonoma categoria dommatica costituita dai negozi per' 1"ela-tio17e1n.

E' opportuno ancora avvert.ire che il presente studio è limi-tato all'esame del fenomeno nel solo campo del diritto privato, pur Re non manchino esempi di volontà e negozi per relatio'Y/e1n anche nel campo del diritto pubblico, tra i quali uno dei prin-cipali mi sembra rappresentato dall'accettazione da parte del privato della nomina ad un pubblico impiego (2).

(1) Il termine non è nuovo. Se ne parla a proposito delle disposizioni testamentarie (ALLARA, II testamento, n. 122 sgg.), come anohe a proposito dei negozi intel' vi1!oS soprattutto con riguardo al modo di determina-zione del prezzo della vendita. Cfr. CUTURI, Della vendita, n. 52; PACIFICI-MAZZONI, Cod. civ. commentato, n. 62; TARTUFAItI, Della vendita, n. 186. in nota.

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CAPITOLO L

La volontà

per relationem.

2. - La volontà è stata definita

«

l'atto psichico che agisce immediatamente sui nervi motori e costituisce la causa di un'a-zione corporea» (1). Essa si genera in vista di un fine da con-seguire, a seguito di un processo interno più o meno complesso a seconda dell'influenza che i vari fattori psichici e fisici possono esercitare sul soggetto della volizione. Lo studio di tale processo formativo è compito della psicologia. Per il giurista, infatti è irrilevante tutta la complessa serie di fattori che concorrono a genera.re il fenomeno volitivo (2). Tali fattori sono costituiti dalle sensazioni provenienti dal mondo esterno, che creano nel soggetto uno Rtato di Roddisfazione o insoddisfazione e bisogno, dal quale egli può a,ver desiderio di uscire; dalla rappresentazione che il soggetto ha circa i mezzi da adoperare per uscire da quello stato e dello scopo da conseguire; da una serie di circostanze esterne, di sentimenti e di giudizi, che, con il loro com binarsi o elidersi, costituiscono tutta una serie di motivi e contro motivi per il sor-gere della, volontà. Così, ad es., per tentare, grosso modo) di dare un'idea, sia pure molto sommaria, ed approssimativa del fenomeno. supponiamo che io abbia freddo nella mia stanza: si determina così in me uno stato di insoddisfazione, che mi Rpinge ad uRcire da questo stato, e perciò mi prefiggo lo scopo di pro-curarmi qualche CORa, che serva a riscaldare.

(1) ZITELMANN, hrtum wnd Rechtsgeschaft, p. 79.

(2) Per uno studio della volontà dal punto di vista psicologico cfr. WUNDT, Compendio di pi!icologta, trad. AGLIAR.DI, p. 148 e sgg.; JAMES, P1'incipi di psicologia, trad. FERRARI, p. 779 e sgg. Sul processo formativo della volontà cfr. da ultimo la suggestiva esposizione del OARNElLUTTI,

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Se io so che la legna serve a questo scopo, ecco che io ho la rappresentazione completa del risultato che intendo raggiungere e del mezzo che devo adoperare per perseguire tale scopo. Ma sulla mia decisione di prendere della legna e bruciarla, può influire ancora una serie di altri elementi: così la circostanza che la legna costi troppo e che pertanto non sia conveniente ac· quistarla; o può essermi di impedimento morale la circostanza che l'unica legna disponibile potrebbe essere adoperata per ri-scaldare un'altra stanza dove giace un infermo e così via. Tutti questi elementi, costituiti da giudizi, rappresentazioni e senti-menti, formano appunto la serie dei motivi e contro motivi dalla cui combinazione ed interferenza sorgerà il rnotivo} cioè quel-l'elemento psichico che determinerà l'atto di volontà (1).

Da questo punto deve cominciare l'indagine giuridica: il processo psichico interno infatti diviene rilevante dal punto di vista, giuridico allorquando esso ha fatto sorgere il motivo, che a sua volta determinerà l'atto di volontà. Non è qui il caso di occuparsi del primo elemento (motivi). Basterà accennare che, qualunque importanza voglia attribuirsi in linea di principio ai motivi, è certo che in tahmi casi essi vengono presi in con-siderazione dal diritto. Così, ad es .. sono rilevanti i motivi allo scopo di decidere se un atto di vendita è da considerare atto commerciale oppur no (art. 3 11. 2 e 3 c. comm.) (2); per decidere sulla irrevocabilità delle donazioni puramente rimuneratorie (1089 c. c. abrog., 317, 352 nuovo cod. civ.); o sulla inefficacia delle disposizioni testamentarie fondate su un motivo erroneo (828 c. c. abrog., 170 nuovo cod.); o sulla nullità delle dispo-~izioni testamentarie determinate da un motivo illecito (art. 172 nuovo cod. civ.) (3).

(1) Cfr. ZITELMANN, op. cit., p. 108; DEIANA, op. cit., p. 7 e sgg. (2) Cfr. su questo e su altri esempi che seguono DEIANA, op. cit.,

p. 88 e sgg.

(18)

- 16

Il Aecondo elemento, invece, deve essel'e oggetto della pl'e-sente indagine, nel suo aspetto interno e nella sua manife ta-zione, con stretto riferimento al nostro tema.

3. - Come si è accennato, la volontà è stata definita come un atto psichico che produce un'azione. Essa implica la rappre-sentazione di ciò che si vuole: altrimenti si avrebbe una volontà senza contenuto, il che sarebbe un assurdo logico (1).

Già da tempo la dottrina ha posto in evidenza che il con-tenuto di tale volizione è duplice:

a) Si vuole l'azione che si sta per compiere. b) Si vuole l'effetto dell'azione stessa (2).

La prima è anche detta volontà immediata ed assume rile-vanza giuridica allorquando dallo stadio interno di semplice vel-leità si traduce in un'azione corporea. La seconda è la c. d. volontà mediata o intento e costituisce l'antecedente immediato dell'atto di volontà. Normalmente le due volontà Rono congiunte: cosÌ, se io prendo un oggetto, ho la volontà di prendere l'oggetto e nello stesso tempo voglio l'effetto di tale azione (la presa di possesso di tale oggetto) ; se compio un negozio giuridico, ho la volontà di emettere una dichiarazione e quella di pervenire al risultato che intendo conseguire (intento empirico).

Ma è opportuno diRtinguere concettua,lmente le due volontà, perchè vi possono essere casi nei quali esse possono essere dis-giunte. Basti pensare all'esempio più evidente clell'azione

col-in Riv. it. se. giz/'r. 1937, pago 338 sgg.). Uno degli aspetti pratici più importanti della questione si ha in tema di nego;>:i illeciti. Sulla questione cfr. FERRARA, Teona del negozio illecito, p. 65 sgg.; MO'fTA, La causa del-l'obbligazione, p. 257 sgg.; çla ultimo la mia nota in Foro della Lom-bar'dia, 1939, c. 511 sgg., e più ampiamente DEIANA, op. cit., p. 97 sgg.

(l) Così ZITELMANN, op. cit., p. 71, che, riportando le parole di HART-MANN, Philosophie des Unbewussten, I, p. 101, scrive: « Niemand kann in Wirklichkeit bloss wollen, ohne dies oder jenes zu wollen; ein Wil1e, del' nicbt etwas will, ist nicht; nur durcb den bestimmten Inhalt erhii.lt der Wille die Moglicbkeit del' Existenz )l; ed aggiunge che: « ein Wollen obne Inhalt ist nicht weniger ein N onsens als ein Wollen ohne Subjekt >l.

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pOi'ia: Tizio guida un'automobile a forte velocità" perchè desi-dera arrivare in tempo alla stazione. Se, a causa della velocità, im-este un passante, l'investimento è certo effetto della sua vo-lontà di conere, ma tale effetto non era certo voluto da Tizio

(in parole poyere: Tizio non aveva intenzione di causare un invel':timento) .

Altri esempi di divergenza fra intento ed azione si hanno pelo effetto dell'errore (divergenza inconsapevole) o della riserva mentale, della simulazione, della, dichiarazione fatta per ischerzo o per esemplifica,zione didattica (diverg'enza consapevole) (1).

4. - Restl'ingendo l'indagine alla volontà diretta a produrre conReguenze giuridiche e, in particolare, alle sole dichiarazioni di volontà, all'esame del giUl'ista possono prospettarsi i seguenti casi:

a.) La volontà della dichiarazione e l'intento possono essere entrambi esistenti e coincidenti; b) può invece mancare la vo-lontà della dichiarazione stessa: siamo qui nel campo delle azioni inconsapevoli (2); c) ed infine la volontà della dichiarazione può esistere, senza che esista un intento corrispondente o perchè manca ogni intento (scherzo, riserva mentale, simulazione asso-luta), o perchè l'intento non è quello che appare dalla manife-stazione di volontà (simulazione relativa).

Pertanto il primo compito dell'interprete, di fronte ad ogni dichiarazione di volontà" è vedere se alla dichiarazione corri-sponde la volontà di essa e l'intento (3).

(1) Ofr. MESSINEO, op. cit., p. 51 e sgg.

(2) Ofr. ZITELMANN, op. cit., p. 359; MESSINEXl, op. cit., p. 29. In questa categoria a torto l'HASENoHRL, Das osterl'eichische Obligationen1'echt, II, p. 573, fa rientrare le ipotesi della simulazione e dello scherzo. Contra MESSINEO, op. cit., p. 52 in nota.

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-

18-Se ora fermiamo la nostra attenzione su quest'ultimo ele-mento, nei casi nei quali se ne è riscontrata l'esistenza, vediamo che esso può presentarsi in due forme;

l" L'intento può essere individuato nei suoi momenti es-senziali; cioè in tutto ciò che riguarda l'effetto da raggiungere ed i mezzi giuridici da adoperare (1). Oosì, se io voglio acqui-stare un determinato oggetto, il mio intento è pienamente indi-viduato allorquando ho stabilito quale oggetto desidero, a quale prezzo intendo acquistarlo, con quale persona intendo conclu-dere il negozio e con quale forma. In definitiva, l'intento è nor-malmente individuato quando l'effetto - non lo scopo, che è estrinseco al soggetto - che il soggetto si propone di raggiun-gere è determinato nei suoi elementi essenziali.

Il" L'intento può non eRsere concretamente individuato. Il fenomeno in esame è stato ampiamente studiato dallo ZITELMAi\'N (2), il quaJe ha distinto l'intento non concretamente determinato in tre forme diverse, a seconda che l'intento sia a contenuto alternativo, generico o indeterminato in senso stretto (3).

1) Il contenuto alternativo si avrebbe;

a) nella conclusione stessa del negozio, allorquando è

al-corri!lpondente, non sarà suffici'ente la constatazione della inesistenza di quest'ultimo elemento, senza che occorra indagare sulla esistenza del primo?

(l) Ofr. ZITELMANN, op. cit., p. 433' e sgg. (2) ZITELMANN, op. cit., p. 500 e sgg.

(3) Prima dello ZITELMANN, un cenno a proposito della volontà alter-nativa, che farebbe riscontro alla obbligazione con oggetto alternativo, è stato fatto dal BERNSTEIN, Z'U1- Leh"'e 7.1on alternatùJen Willen wnd den alternati-ven Rechtsgeschajten, p. 92 e sgg., 113. L'A. parla (op. cit., p. 93) di « ein Wille weniger bestimmt, doch nicht weniger 'entschieden als ein einfacher Wille; ein Wille, dem mehrere Erfolge gleich willkommen sind, der aber auch schon in einem und nur in einem !lei ne Vel'wirklichung finden und finden muss ... »: ed aggiunge (p. 94) che « del' alternative Wille schafft ein imperfectes RechtsverhiUtniss, dass aber perfect wel'den muss; dem imperfecten RechtsverhiiJtniss ist die N otwendigkeit der Perfectlon anerschaffen. Von emem unbestimmten E.reigniss scheint die Fixirung des Inhalts abhiingig gemacht ».

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ternativa la volontà di concludere o meno il negozio e la deci-sione è rimessa alla volontà di una delle parti o di un terzo_

Sotto questo aspetto, la volontà alternativa si avvicina note-volmente alla volontà condizionale (1). Ma, in linea generale, la volontà alternativa non è da confondere con la volontà condi-zionale, perchè la prima è volontà indeterminata nel suo con-tenuto, pur essendo diretta a produrre effetti giuridici deter-minabili dall'esterno, mentre la volontà condizionale è una vo-lontà certa con intento individuato. La prima normalmente crea un rapporto giuridico i cui effetti si produrranno certamente, pur essendo l'obbligazione stessa indeterminata; la seconda crea normalmente una obbligazione determinata, della quale però è incer·ta l'esistenza stessa.

b) Nella specie del negozio: 1) se costituire, modificare o annullare un negozio, come ad es. nella costituzione di dote

at-tra ,erso la costituzione di nn credito o la rimessione di un debito (L. 46 § 1 D. 23. 3 « quod mihi debes aut f~mdus SemlJrO-111a111l8 doti tibi erit »; 2) se concludere un negozio reale o per-sonale (e~. prendo una macchina ~alvo determinare in seguito se la prenderò in locazione o i'e la comprerò) ; 3) o quale specie di negozio concludere (costitutivo di proprietà o usufrutto. ecc.). e) Nell'oggetto del negozio (( mi obbligo di da'l'ti l'og-getto A o l'ogl'og-getto B »).

d) Nel soggetto del nègozio (es.: trasmetto a Tizio la COi'a, x che egli intende acquistare per sè o' per una terza per-~ona da esso rappresentata).

La combinazione delle precedenti ipotesi dà poi luogo alla pluralità delle alternative (mehrfaehe AUernativen) , che si ri-~contra nell'esempio classico della L. 2 § 3 D. 13, 4: mixta renl-m alternatio loeonlm aUernationi.

La volontà alternativa va tenuta distinta dalla volontà even-tuale. In tutte e due le forme la volontà ha, di mira due o più conseguenze delle quali soltanto una può verificarsi. Però, mentre il valore di esse è equivalente allorquando si ha una, volontà.

(22)

- 20

-alternativa, nell'ipotesi che si abbia una volontà eventuale,

in-vece, esse sono subordinate l'una all'altra. In altri termini, la

volontà eventuale presuppone una volontà principale (1).

2) La volontà generica si avrebbe allorquando la volontà ha di mira non una fra diverse conseguenze concretamente

de-terminate, bensì una conseguenza non individuata, ma circo-flcritta fra diverse altre. In questo caso la volontà può dirigersi a tutti gli oggetti che, secondo il comune modo di vedere, for-mano parte di uno stesso genere; oppure ad oggetti che non for-mano parte di uno stesso genere, ma che vengono determinati in

massa e non individualmente (es. :

«

ti dono quegli oggetti che si trovano nella mia stanza, a tua scelta l») (2).

Occorre tuttavia precisare che non sempre la volontà gene-rica è una volontà con intento non concretamente determinato. Rientra certo in tale figura la volontà di Tizio che dichiari, ad es., di voler vendere o donare un cavallo arabo o un cavallo della sua scuderia. Ma non si potrebbe dire che si riscontri tale vo-lontà nel caso che Tizio dichiari di donare la somma di lire cento, o cento quintali di grano, perchè qui siamo nel campo dei

negozi di quantità, nei quali non si ha tanto riguardo ai singoli oggetti componenti il ge111ls) ma si ha invece prevalente riguardo alla quantità complessiva, rispetto alla quale la volontà è con

-cretamente determinata (3).

In aUri termini, la volontà generica non è sempre con

in-tento non concretamente individuato, ma si può presentare con varie gradazioni, che vanno da questo tipo a quello dell'intento

pienamente individuato: si ha il primo tipo qua,ndo il negozio

ha di mira i singoli oggetti del genns-, si ha. invece il secondo quando più che ai singoli oggetti il negozio tende alla, quantità cqmplessiva.

3) La volontà, indeterminata in senso stretto si avrebbe allorquando il posl'1ibile oggetto dell'intento 110n è determinato

(23)

dal soggetto della volizione neanche in modo approssimativo come nei casi precedenti (1).

Questo difetto di determinazione concreta può riguardare tanto le persone t come nel caso delle obbligazioni per pubblici proclami, della tmditio in ince1·tam personam), quanto le cose, come, ad es., nel caso che io dichiari di accettare una donazione senza conoscere l'oggetto di essa. In questa terza forma - che in veI"Ìtà non è nettamente distinta dalle prime due, essendo di esse soltanto più comprensiva - lo ZITELMANN (2) fa rientrare anche il caso di sottoscrizione di documenti senza aver preso conoscenza del loro contenuto.

Le due forme d'intento non si escludono necessariamente; anzi può anche avvenire che esse coesistano, come, ad es., nel conferimento di una procura accompagnata da istruzioni, che hanno valore di semplici suggerimenti (3). Così se Tizio con-ferisce a Caio una siffatta procura è evidente che l'intento in-dividuato (conclusione di quel determinato contratto con le mo-dalità indicate nelle istruzioni) coesiste con quello non concre-tamente determinat.o , che si manifesta nella volontà di conclu-dere il negozio anche con modalità di,erse da quelle indicate.

All'infuori di queste due forme d'intento non ne esistono altre. Invero lo ZITELMANN (4) distingue una terza forma, rap-presentata dall'esistenza di un intento individuato in modo più che normale (mehr als norma l individnalisirte Absicht), che si riscontrerebbe tutte le volte che il soggetto condiziona la pro-duzione degli effetti del negozio all'esistenza di elementi, che altrimenti non sarebbero essenziali. Ma non mi sembra di poter condividere l'autorevole insegnamento perchè o la condizione viene intesa in senso improprio (come la intende lo ZITELMANN) ed allora non occorre distinguerla dalla prima forma di intento, perchè si tratterebbe pur sempre di una maggiore o minore pre-cisione nella individuazione di esso e non già di diversità di natura; o viene intesa in senso tecnico, ed allora si entra in un

(1) Cfr. ZITELMANN, op. cit., p. 514. (2) Op. cit., p. 517.

(3) Per la distinzione fra le istruzioni imperative ed i semplici sug-gerimenti cfr. VON SCHEY, ObligationS1Jerhaltrvisse, I, p. 552.

(24)

- 22

-campo del tutto diverso: la condizione cioè non serve a indivi-duare l'intento, ma a, porre un limite alla volontà stessa.

5. - La mancata determinazione concreta dell'intento da parte del soggetto può essere dovuta a diverse cause. Può essere dovuta all'indifferenza circa gli effetti della dichiarazione o del-l'azione: ad es., a,d un commerciante, che espone le merci al pubblico, è indifferente la persona del compratore.

Come anche può essere dovuto all'interesse che il soggetto ha di differire la determinazione concreta e ciò per vari motivi, fra i quali i principali possono essere: a) il difetto di cognizioni tecniche o di elementi attuali di determinazione, come, ad es., nel caso che si rimetta la fisRazione del prezzo di vendita di un quadro prezioso a,lla determinazione di un esperto in materia, o che non sia possibile fissare attualmente il prezzo perchè man-cano gli elementi per poter decidere quale sia il valore della tela, della cornice e così via; b) il fine di poter soddiRfare meglio le esigenze future, come avviene, ad es., nei contratti di sommi-nistrazione, nei quali la quantità delle prestazioni viene deter-minata di volta in volta a seconda delle esigenze: c) l'impossi-bilità di determinazione attuale a causa, del contrasto esistente coll'altro contraente, nel qua,l caRO la determinazione può essere rimessa all'a,rbitrio di un terzo; cl) il desiderio di speculare su l-l'incertezza" come nel caso della emptio spei o emptio rei spe-ratae; e) all'opportunità o necesRità di rimettere la determina-zione all'arbitrio di un terzo, interessato a che eRsa avvenga in un modo piuttosto cbe in un a,ltro.

(25)

posta in evidenza pm oltre, soprattutto allorquando dovremo occuparci della quistione dell'arbitraggio. Ma è oppOl'tuno ac-cennare fin d'ora ad una delle principali conseguenze pratiche derivanti dalle diverse situazioni giuridiche prospettate: tale conseguenza Ri ha a proposito della trasmissibilità o meno agli eredi del terzo della, facoltà di determinazione del contenuto volitivo. Ad es., nelle obbliga,zioni altel'llative la dottrina è con-corde nel ritenere cbe, in caso di morte del terzo, il diritto di scelta non passa agli eredi di questi (1). Tale insegnamento però vale solo peI' il caso cbe il terzo non abbia alcun interesse a, l-l'esercizio del diritto di scelta, mentre se tale interesse egli abbia, mi Rem bra evidente cbe si tratterà di un vero e proprio diritto alla , telta, che sarà, quindi, trasmissibile agli eredi.

6. - In tutti i casi la caratteristica del fenomeno volitivo descritto consiste nel fatto che il soggetto ignora (o è incerto) quale sia il contenuto effettivo del proprio volere. Tale igno-ranza o incertezza subbiettiva può avere come conseguenza la indeterminatezza obbiettiva del rapporto giuridico, come avviene, ad es., nel caso della obbligazione (volontà) alternativa o gene-rica. Ma non sempre vi è tale coincidenza fra la volontà con intento non concretamente determinato e la obbligazione inde -terminata. Può infatti avvenire che il soggetto determini tutti gli elementi idonei a' identificare attualmente il contenuto stesso dell'obbligazione, pure non avendo la rappresentazione esatta di tale contenuto (es.: vendo al prezzo x l'oggetto che si trova nella mia scrivania; dono la somma x a chi ha vinto ieri la corsa). In questi casi la dottrina, seguendo la tradizione romanistica. è concorde nel ritenere che l'obbligazione sia determinata ob-biettivamente in modo certo, pur se soggettivamente essa non lo sia (2).

(l) Per il diritto romano cfr. ALBERTARlO, Corso-Obbligazioni, I, p. 351 sgg. - Per altre conseguenze pratiche cfr. mira pp. 67 sgg, 72 sgg. ('2) Il DElRNBURG, Pandette, II, § 94 in nota, ha però giustamente pre-cisato che, in tali casi, la determinatezza è solo apparente ed esteriore.

(26)

TRO-- 24

-7. - Se il fenomeno volitivo descritto è perfettamente con-cepibile, sia dal punto di vista logico che giuridico, è bene pre-cisare però che una volontà con intento non concretamente de-terminato non può restare indefinitamente tale se non si vuole comprometterne l'attitudine a produrre l'effetto giuridico voluto.

In altri termini, è sempre necessario che la incertezza

subbiet-tiva o obbietsubbiet-tiva del rapporto si traducano in certezza e deter-minatezza concreta di esso.

In proposito, stante la stretta affinità fra la mancata deter-minazione concreta del contenuto volitivo ad opera del soggetto

della volizione e la indeterminatezza del rapporto giuridico ob-bligatorio, può ripetersi !)uanto si insegna comunemente a pro-posito di quest'ultimo.

P~r quanto riguarda il rapporto obbligatorio, si insegna che

l'indeterminatezza dell'oggetto non nuoce alla esistenza e validità

del vincolo obbligatorio, purchè l'oggetto di questo sia deter mi-nabile (art. 1117 c. c.) (1).

PLONG, De la vente, n. 152, scrive: «" .Ge ne serait pas un prix incertain que celui qui serait ainsi désigné: je vous achète cet immeuble ponI' le prix que vous l'avez achété, quwnti tu e'l1l17~ emisti, on bien, je vous achète cet immeuble pOUI' la somme d'argent, que j'ai dans ce coffre-fort, quan-tum p1'etii Vn arca hab.eo. Dans ces deux cas, le prix est sans doute ignoré de l'une des parties; mais il est certain. lJ1agis ig1w1-utur q!.um

vn

1-ei ve-ritate itncert~.m est ». O.fr. in proposito RICCA-BARBEJRIS in E'iv. dir. com'TI •. 1903, II, p. 306. Nel diritto romano cfr. fr. 7, l, D. 18, l: « Huiusmodi emptio: quanti tu ewm emisti, quantum pretii in arca habeo, valet; nec enim incertum est pretium tam evidenti venditione, magis enim ignoratur quanti emptus sit, quam in rei veritate incertum est ». Ancora fr. 7, 2, D. cit: « Si quis ita emerit: est milli fundus emptws cecntum, et quanto plu-ris eum vendidero, valet venditio et statim illl'pietur; habet enim certum pr.etium centum, augebitur autem pretium, si pluris emptor fundum ven-diderit ».

(1) Ofr. DE RUGGIERO, !stit. dù·. civ., III, 6' ed., p. 28; LEONHARD, Schuld1'eèht, I, § 33; WINDSCHEID, op. cit., § 254; DERNBURG, Pandette, II, § 15. A proposito dell'indeterminatezza del soggetto cfr. GANGI, op. cit., 1, n. 48. Per il diritto romano cfr. specialmente ALBERTA RIO, Cono d·i 4Ù·. rom. - Obbligazi,owi, I, pago 234 sgg.

(27)

E si aggiunge che perchè possa aversi la determinabilità dell'oggetto occone:

1) che non vi sia, l'assoluta indeterminatezza dell'oggetto, in modo che sia esclusa l'esistenza stessa del rapporto obbliga-torio (1);

3) che si abbia il rinvio ad una fonte per il completamento della indeterminatezza: fonte che può essere « la dichiarazione di una delle parti, o d'un terzo, o l'apprezzamento del giudice o qualunque altro fatto» (2);

3) che la fonte di determinazione non venga meno, come nel caso che il terzo rifiuti di decidere, o che la. determinazione sia rimessa all'illimitato arbitrio di una delle parti, in modo che questa possa essere libera da ogni vincolo (3).

Le conclusioni cui la dottrina è pervenuta a proposito della indeterminatezza dell'oggetto dell'obbligazione, possono essere senz'altro utilizzate anche nel campo della volontà con intento non concretamente individuato.

Perciò, anche a questo proposito, si può stabilire che requi -sito necessario per la giuridica esistenza ed ammissibilità di tale volontà f> la determinabilità di essa. E può ripetersi che per aversi la determinabilità occorre:

1) che la fonte cui si fa rinvio sia idonea ad operare la determinazione e che la determini effettivamente. L'art. 1454 cod. civ. contiene infatti una applicazione di questo principio, allorquando dichiara che la vendita è nulla se la determinazione

(1) Così nell'ipotesi che un soggetto prometta la prestazione di « qual-che cosa» 'e nelle ipotesi previste nelle fonti romane (L. 94, 95, 115 D. 45; L. 69, § 4 D. 23, 3; L. 9, § 4 D., 23, 3; L. 71 D. 30. Cfr. i.n questo senso SAVIGNY, Le obbligaziorvi, trad. P ACCHIONI, I, p. 360) che tal uno prometta di dare frumento senza specificare quanto, o di dare un fondo in g,enere, o di costruire una casa senza indicare dove e di quale gran-dezza. In questa ipotesi, come è stato esattamente osservato (cfr. SA-VIGNY, op. cit., I, p. 360), « da una parte fa interamente difetto ogni appiglio ad una coazione giuridica, mentre manca del pari, dall'al-tra, la serietà dell'obbligo del debitore, come pure una qualsiasi fondata aspettativa per il creditore ».

(2.) Ofr. WINDSOHElID, op. cit., § 254; cfr. anche BRrNZ, Pandekten, II, § 243.

(28)

-

26-non avvenga ad opera della persona scelta dalle parti (1). Oc-corre in proposito osservare che, se la fonte, cui si è fatto rin-vio, rifiuti o non abbia modo di operare la determinazione,

non è ammissibile che tale determinazione sia fatta dal giudice, all'infuori dei casi previsti da,l legislatore (es.: 1173, 1454, 872 cod. civ. abrog., 177, 209 nuovo cod.; 60 c. comm.), per il mo-tivo fondamentale che non spetta al giudice la funzione dell'a

r-bitratore, mentre il suo compito normale è quello di decidere,

non di completare gli elementi dei negozi giuridici (2).

2) La mancata determinazione concreta dell'intento ad opera del soggetto della volizione non deve implicare l'assenza della volontà stessa: il che potrebbe aversi, ad es., nel ca80 che l'arbitrio di una delle parti possa giungere fino a l'rudere ine-sistente lo stesso rapporto obbligatorio, come nella ipotesi che la determinazione del contenuto volitivo sia rimessa al mero ar-bitrio del debitore.

Nè deve implical·e la ineRistenza del vincolo obbligatorio, come, ad es., nella ipotesi che il soggetto si obblighi a dare « qual-che cosa che Tizio determinerà )), perchè tale dichiarazione non importa alcun obbligo attuale. Non così invece se Tizio dicesRe:

«

dichiaro di donare a Caio, a sua scelta, qualche oggetto attual-mente esistente nel mio patrimonio )). Ma anche tale diRposizione può far sorgere dei dubbi nel caso che Tizio abbia inteso riferirsi all'illimitato arbitrio di Caio, pel'chè pnò dubitarsi che tale di-sposizione non sia frutto di un volerr effettivo, ma che sia piut-tosto l'espressione di una volontà non seria o emrssa sotto l'in-flusso di una particolare dispoRizione d'animo contingentr (come nel caso di colui che sta per annegare e che promette al suo salvatore di dargli tutto quello che vorrà).

(1) La giurisprudenza ritiene comunemente che in tal caso il contratto di vendita sia sottoposto alla condizione sospensiva della futura determina-zione: cfr. App. Oaltanissetta, lO febb. 19<36 in Re7J. Foro lt., 1936, c. 193'4, Oass. 15 febb. 193'5 in Rep. cit., 1935, c. 2.124. Inoltre la Oass. 12 aprile 1933 in Rep. cit., 1934, c. 1879, ha dichiarato inefficaci le ipoteche iscritte dai creditori dell'acquirente sull'immobile venduto prima che il perito abbia determinato il prezzo di vendita.

(29)

3) Infine occorre aggiungere che la volontà deve essere una volontà non contraria ai buoni costumi e degna di tutela giuri-dica, Così nOl'malmente non può ritenersi degna di tutela la volontà delle parti, che avessero stabilito: « il prezzo di vendita della cosa sarà determinato dal primo che incontreremo » o « dal primo che u:,;cirà di Cè:L:-;a », Il CUTURI (1), ritiene nulla tale vendita, per il moti \'0 che

«

oltre l'incel'teZ7.a di persona, non vi sarebbe nessuna! seria presunzione di capacità » nell'eventuale arbitratore, Ma l'osservazione non è esatta. Il vero è piuttosto che normalmente una siffatta volontà non può essere ritenuta seria dall'ordinamento giuridico (2).

Si presenta a tale proposito, connessa con la questione circa la sel'ietà e la contrarietà ai buoni costumi, la questione l'elativa alla determinabilità del contenuto volitivo rimesso all'arbitrio dell 'altra parte contraente, che viene discm~sa più ~pecialmente a proposito dell'ammissibilità o meno dell'arbitrio del venditore nella determinazione del prezzo di vendita, T.Lle questione sarà trattata in seguito a proposito delle fonti del rinvio.

Natmalmente i principi esposti hanno soltanto un valore direttivo. Ma non è possibile fissare delle regole assolute, così come non è possibile in genere a proposito della volontà con intento pienamente individuato. Perciò la questione sulla es i-stenza stessa del volere, sulla sua serietà e sulla idoneità a costituire un rapporto giuridico, va decisa caRO per caso, esa-minando le concrete fattispecie che la pratica quotidiana può offrire all'in tel'prete ,

8, - La determinazione del contenuto volitivo non concreta-mente determinato dal soggetto (3) può avvenire:

(1) Op. où., p. 181.

(30)

-

28-a) mediante una ultel'iOl'e determinazione volitiva dello stesso soggetto. In tal caso il rapporto viene ad essere comple-tato mediante la integr'azione di due volontà dello stesso soggetto, che da sole sono insufficienti a completare il rapporto.

b) O mediante il rinvio ad una fonte esterna di determi-nazione, che può essere, come si vedrà meglio in seguito, la vo-lontà o il giudizio di un soggetto diverso (terzo estraneo o parte contraente), o una qualunque altra fonte, che possa servire da elemento di determinazione.

In quest'ultima ipotesi si ha la volontà (o l'intento) pe1' relationem) la quale costituisce una sottospecie della categoria formata dai vari casi esaminati nei quali si ha l'intento non concretamente determinato. In linea di massima può dirsi che ogni volontà con intento non individuato è lJer relationem quando la fonte della determinazione è costituita da una situazione estra-nea al soggetto della V"olizione (l).

Occorre tuttavia precisare che tra le fonti estranee va com-prel'a anche la volontà (passata o futura) del soggetto della volizione, quando quel'ta sia emessa per il conseguimento di uno scopo diverso da quello del completamento della volontà: cioè quando la volontà, cui si rinvia, ha costituito (o costituirà) un negozio di"erso da quello che viene creato dalla dichiarazione dell'altra volontà e, quindi, le due volontà operano su piani diversi ed hanno diverso contenuto (2).

Così, ad es .. l'e due parti, a garanzia di un precedente rap-porto obbligatorio, costituiscono un pegno o un'ipoteca facendo riferimento al precedente rapporto. si verifica il fenomeno della volizione pe1' 1'elationem) perchè le parti fanno richiamo ad una situazione che è su un piano completamente diverso da quella, creata dal rapporto di garanzia (3). Il precedente negozio è di

(l) Contra DE MARTINO, Revoca. e 1'wiviscenza d;i disposizio'lV/, testa-memtur'ie, in Giltr?'sp7"1ulenza comp. d~ dir. civ., voI. III, p. 40, il quale afferma che la « determinazione non autonoma della volontà si ha tanto nel caso in cui la volontà, è determinata da elementi estrinseci alla vo-lontà ste~sa, quanto nel caso in cui essa è determinata da elementi estrin-seci all'atto in cui la volontà è manifestata Il.

(2) Ofr. ALLARA, op. cit., p. 256.

(31)

per sè completo ed è qualcosa di estrinseco rispetto alla seconda volizione.

Le due forme di volontà - (volontà che rinvia semplicemente la determinazione ad un momento successivo,' e volontà che ri-mette la determinazione ad una fonte esterna) - sono fra loro del tutto differenti. La prima, come s'è detto, è una volontà in-completa: il soggetto non ha ancora determinato pienamente il

proprio intento e perciò le due volontà si integrano e conipletano a, vicenda. La seconda, invece, è ima volontà completa: il sog-getto ha già dichiarato qual'è il proprio intento, fornendo tutti gli elementi per la determinazione di esso. Quello che qui fa difetto non è la completezza della volontà, ma la individuazione concreta dell'intento.

Per concludere: il fenomeno della volizione può presentarsi in due forme fondamentali: a) con intento pienamente indivi-duato; b) con intento non concretamente determinato dal sog-getto della volizione e che, a sua volta, può essere detel'mina-bile: 1) dallo stesso soggetto della volizione (volontà incom-pleta); 2) da una fonte estranea di determinazione, nel qual caso si ha la volontà ]Je1' relcr,tiol1em) che è una volontà completa. 9. - Queste due fondamentali forme di volontà possono es -sere manifestate in vario modo.

La yolontà con intento concretamente individuato può essere manifestata in due forme: nella forma diretta o nella forma indiretta. La prima si ha allorquando il soggetto dichiara la propria volontà servendosi delle comuni espressioni, che, secondo

il linguaggio corrente, servono ad esprimere immediatamente il proprio contenuto volitivo: es.: « ti dono il cavallo Perseo l), o

«

il mio anello d'oro l), o

«

lire 100) e così via. Viceversa, lo f'Otesso intento può essere manifestato non in maniera immediata con i comuni mezzi di individllazione di un oggetto, ma in modo mediato, servendosi di espressioni diyerse da quelle solite, ma che portano normalmente allo stesso riRultato. Così, se io intendo dOl1aI'e il cavallo Perseo, o l'anello d'oro, o lire 100, po~so

(32)

- 30

-giungere questo risultato anche se dico:

«

ti dono il cavallo che ora è nella mia stalla» sapendo che nella stalla attualmente vi è solo il cavallo che intendo donare; oppure se dico

«

ti dono quello che ho nella mia borsa», sapendo che vi è l'anello, o le 100 lire. In questi easi, anzichè manifestare la mia intenzione in forma immediata e diretta, io la esprimo in forma mediata e indiretta, perchè la determinazione della volontà non avviene manifestando il nome del cavallo, o la qualità del mio anello, o la quantità della somma, ma viene fatta indicando un altro mezzo di ulteriore determinazione.

Questa seconda forma di manifestazione costituisce la cate -goria delle dichiarazioni per relationem in senso formale (1). Le due forme di dichiarazione non si escludono a vicenda, ma possono anche coesisteJ"e, come nel caso che io dica: « ti dono il cavallo Perf::eo, che ora è nella mia stalla », oppure « ti dono il mio anello, che è nella borsa » ecc. In questo caso si ha un maggior grado di precisazione nella manifestazione dell'intento, ma non nella individuazione dell'intento stesso. il che si avrebbe invece se io dicessi: « ti dono il ca,vallo, che è nella mia stalla, se esso è Perseo » o

«

ti dono il mio anello, se esso è d'oro

».

La volontà 1)(,1' 1-elat'ionem" invece, può essere manifestata

solo nella forma indiTetta, essendo inconcepibile che una volontà mediata e indiretta possa manifestarsi in modo immediato e diretto. Qnesta seeonda forma di manifestazione costituisce la dichiarazione per relationem in senso sostanziale (2).

lO. - Riepilogando. La combinazione della volontà con la manifestazione di essa può dar luogo a tre fenomeni distinti. E cioè può aversi:

a) la manifestazioue per j-elationem di una volontà per relationem J'

(l) Il termine è adoperato da ALLARA, Il testamento, p. 119 sgg., 251

sgg., il quale ha studiato il fenomeno della volontà per nlat'iornem dal punto di vista delle disposizioni di ultima volontà con brevi, ma acute osservaZlon l.

(2) Anche questo secondo termine è preso dall' ALLARA, op. cit., p. 252, il quale, a proposito dene disposizioni testamentarie, scrive che sono

(33)

b) la manifestazione per r-elationem di una volontà con intento concretamente individuato;

c) la manifestazione diretta e immediata di una volontà. ("on intento concretamente individuato.

Come già si è detto, nella forma sub a) si ha il fenomeno della relatio sostanziale; in quella sub b) della 1'elatio formale. Infine è opportuno aggiungere che la volontà per 1-elationem può essere manifestata mediante un comportamento positivo o negativo del soggetto. Un ca.so tipico di quest'ultima specie è dato rilevare nel mancato intervento dei soci di società anonima nell'aRsemblea costituente. In questo caso l'art. 136 c. comm. dichiara che i soci intervenuti rappresentano gli assenti nella stipulazione dell'atto costitutivo della società. Ma, più che di rappresentanza, è esatto ritenere che i soci assenti si siano im-plicitamente rimessi alla volontà degli altri per la ulteriore de-terminazione degli obblighi assunti (1).

(1) Cfr. ASOARELLI, Appunti di dù·. comm. - Società, p. 237, il quale scrive: « Senza ricorrere al concetto di una rappresentanza, che nell'art. di legge in questione non viene sicuramente intesa in senso tecnico, possiamo dire che l'atto costitutivo può validamente venir stipulato anche indipen-dentemente dalla presenza di tutti i soci, e ciò perchè tutti i soci già si

(34)

CAPITOLO II.

I

negozI

per relationem

In senso sostanziale.

11. - In base alle precedenti osservazioni, i negozi pe1· rela-tionem in senso sostanziale possono essere definiti con la formula prospettata dall'ALLARA (I), come negozi nei quali si ha la

«

determinazione non autonoma (mediata, indiretta, per elementi accidentali) della volontà

».

Con la consueta precisione l'A. (2) Rpiega che la determi-Jl:;tzione volitiva è non antol1oma perchè il contenuto della dispo-sizione dipende da una situazione estranea alla medesima; è mediata perchè detta situazione funziona da mezzo per determi-nare il contenuto della volontà; è indiretta perchè il contenuto del.la disposizione non è direttamente stabilito dal soggetto della volizione; è per elemcnt'i accidentali perchè la volontà del sog-getto si determina a,ttraverso elementi che non sono intrinseci, essenziali, dell'oggetto della volontà (3).

(1) Op. cit., n. 122.

(2) Op. cit., p. 252 in nota.

(3) A questo punto è interessante notare come il fenomeno del rinvio ad una fonte esterna di determinazione l{) si riscontra non soltanto nel

(35)

sol-12. - I negozi pe1· 1·elationem possono aversi, dal punto di vista logico-psicologico, rispetto all'intero contenuto volitivo o solo rispetto a determinati elementi. Tuttavia, dal punto di vista giuridico, non è ammissibile la relatio rispetto all'intero con-tenuto volitivo e ciò per i motivi già accennati in precedenza. In altri termini, non è concepibile che un soggetto possa essere obbligato per il solo fatto di aveI· voluto qualche cosa che sarà determinata ad arbitrio di un altro soggetto. Perchè il vincolo possa sorgere occorre per lo meno che il soggetto determini quale forma di vincolo egli intende assumere con un minimo di ele-menti tali da escludere la assoluta indeterminatezza del vincolo stesso.

Quindi, si può parlare di maggiore o minore indetermina-tezza conCl"eta del contenuto volitivo, non mai di assoluta inde-terminatezza di tale contenuto. Così, nell'esempio prospettato (1)

che Tizio dichiari di disporre delle sue sostanze nel modo sta-bilito dal codice germanico in materia di successioni legittime, il contenuto volitivo è indeterminato rispetto alle persone degli eredi ed alle quote di eredità; ma è determinato rispetto alJa

sostanza da dividere (il patrimonio del testatore), rispetto al

negozio di attribuzione (testamento anzichè donazione o divi-sione il1te1" liberos).

Tra gli elementi accidentali vengono in prima li.nea la con-dizione, il termine, il mod'llS.

tanto la pura dichiarazione legislativa (così esplicitamente ALLARA, Le no-zioni fondamentali d.el dir. priAJ., }J. 12).

E' da aggiungere soltanto che il rinvio è sempre formale allorquando ha per oggetto norme dello stesso diritto positivo; ma non è fuori della realtà pensare che il rinvio possa essere anche sostanziale nel caso abbia per oggetto norme di diritto straniero, sia perchè il legislatore non è te-nuto a conoscere quest'ultime, sia perohè queste possono anche murare, mentre rimane sempre ferma la norma di rinvio.

N on è qui il caso di esaminare se tale analogia possa essere utilmente applicata per risolvere la questione circa la natura giuridica del ri-chiamo che dalle norme di diritto internazionale privato viene fatto alle norme del diritto straniero. Sulla questione cfr. r·ecentemente AGO, Le -zioni di diritto internazionale privato, p. 81 sgg. ; e per il rinvio al diritto canonico, a proposito del matrimonio, cfr. A. RAVÀ, Lezioni di diritto civile

sul matrimonio, 3' ed., p. 108 sgg.

(36)

-34

-Anche la condizione può essere determinata pe1' 'I"elationem (es.:

«

ti dono il mio orologio con la condizione che Caio creo derà di stabilire »). In questa ipotesi la, volontà condizionale esiste, ma è determinata per 1'elationem : le due volontà (condi-zionale e per relationem) coesistono.

La volontà pe1' 'I"elat'ionem rispetto al termine - e quindi l'obbligazione a tempo indeterminato - può essel'e determinata ad opera della autorità giudiziaria: art. 1173 cod. civ. Si dubita Re tale art. possa eRsere applicato anche alle diRposizioni testa-mentarie (1); l'opinione affermativa sembl'a preferibile, data la stretta a,nalogia esistente fra l'obbligazione del debitore e quella derivante da una disposizione testamentaria.

Quanto a,l mod118) sotto l'impero del cod. ci". abrogato Ri è dllbitato in dottrina Re la determinazione del 11l0dU8 potesse essere rimessa all'arbitrio altrui da parte del testatore. In altri termini si è dubitato se la determinazione della persona a cui van-taggio torna il mod118 e 1:1 determinazione dell'oggetto del modu8 rientrassero nei divieti Rtabiliti dagli artt. 834, lO comma e 835 cod. civ. abrogato (divieto di rimettere all'arbitrio altrui la determinazione della persona dell'erede o legatario e della quan-tità del lascito). La dottrina propendeva nel ritenere non appli-cabile al 111ocl1l8 il divieto dell'art. 834 cod. civ. (:~), per lo meno allorquando il vantaggio del terzo non fosse conseguenza diretta dell'onere, che era stato stabilito per altri scopi divend dal van-taggio del terzo (3). Invece si riteneva applicabile il divieto del-l'art. 835 per I]nanto riguarda la determinazione dena presta-zione che forma oggetto del mod1lS (4). La questione è rimaRta immutata nel nuovo codice e la soluzione non può che essere identica a quella già adottata sotto l'imperio del cod. civ. abro-gato.

(1) Ofr. in proposito ALLARA, op. cit., p. 131 testo e nota.

(2) Cfr. GANGI, op. cito n. 14; ALLARA, op. cit., p. 121-2.

(3) Scrive ALLARA, op. cit., p. 12·2: « Se è vero, da un lato, che lo

art. 834, primo comma, parla di « disposizioni » in generale e se è vero

che il modus è anch'esso una disposizione (accessoria), dall'altro lato è pur vero che l'art. citato aggiunge « disposizioni fatte a favore di persona ... ».

(37)

13. - Oggetto della relatio può essere una situazione ante-riore, contempol'u,nea. o posteriol'e al momento nel quale ha luogo il processo formativo della volontà.

Nella ipotesi che la situazione sia posteriore si avrà sem-pre la 1'elatio in senso sostanziale, cioè nella determinazione

volitiva. Nelle altre due ipotesd, invece, si avrà la relatio in

senso sostanziale solo quando il soggetto della volizione non abbia la rappresentazione precisa di tali situazioni, in maniera

d'aveI'e l'intenzione di concludeI'e il negozio qualunque sia il

contenuto di esse. Se, invece, egli ha la rappresentazione di esse si avrà solo la 1'elat-io dal lato formale, perchè i ha la manife-stazione non autonoma e indiretta di una volontà che si è for-mata in modo autollomo.

Le situazioni, che possono essere oggetto della relatio) sono le più svariate. Innanzi tutto il rinvio può essere fatto con riferimento ad una legge o ad un regolamento (1).

Si ha rinvio anche nell 'ipotesi che le parti si richiamino alle norme imperative di una legge

o

di un regolamento. Ma in questo caso il fenomeno non ba alcuna rilevanza pratica e tale volontà è una volontà inutile. perchè con o senza di essa gli effetti sta-biliti dalla norma imperativa si sarebbero verificati ugualmente, una volta sorto il presupposto per l'applicazione di essa. Una prova di ciò è data dal fatto che, se la legge o il regolamento vengono ad essere sostituiti da altre leggi o regolamenti, il rap-porto originato dal negozio - nel caso che questo continui a pro

-durre i suoi effetti - verJ'à, regolato dalla legge successiva e non

già dalla precedente, sebbene questa sia stata richiamata dalle parti.

Oggetto della reZatio può essere anche un fatto, che può es-Re re del soggetto stesso della volizione (es.: « dono a Tizio il

grano che ho depositato pr-eRso Caio »), o di un terzo (es. :

«

dono

la somma x a chi vincerà la corsa ))) ; o la dichiarazione di una parte (che non sia però il soggetto della volizione) o di un terzo,

(l) E dubbio se sia valida la disposizione testamentaria che sia con

(38)

- 36

-o qualunque altra f-onte -obbiettiva di determinazione (es. :

«

ven-do la cosa x al prezzo di borsa »).

La dichiaraozione può essere di volontà (es.:

«

dono la som-ma x a colui che sarà scelto da Caio »), o di scienza (es. :

'

«

vendo la cosa x al prezzo che Tizio dichiarerà essere stato praticato il giorno y per vendite del genere»); o può essere ancora il

risultato di un giudizio (es.:

«

dono la somma :x a colui che sarà da Caio dichiarato più meritevole»); o di una operazione contabile (es. :

«

dono.a Tizio quella somma che risulterà es-sermi dovuta da Caio dopo che questi mi farà il rendiconto della

gestione affida tagli »).

14. - Particolare attenzione meritano le ipotesi nelle quali il rinvio ha per oggetto l'arbitrio di una delle parti o di un terzo, sia per le difficoltà che sorgono in proposito, sia per' la

stessa incertezza del concetto generale di a,rbitrio.

Conformemente alla tradizione romanistica la dottrina co-nosce due forme di arbitrio: l'a1-bitri1Int merll1n e l'a'rbit1'illln boni 'viri e, seguendo la tradizione, la prevalente opinione di-stingue le due forme nel senso che il primo è rappresentato dal-l'arbitrio personale, anche capriccioso di un soggetto, mentre il

secondo è costituito dall'arbitrio equo del bontts pater fantiZias.

Questo criterio di distinzione però non è pacifico, pel'chè ad esso è stato obbiettato da ta,luni che non è concepibile la

rimessione ,all'arbitrio capriccioso di un soggetto diverso da

quello della volizione, perchè tale "Volontà sarebbe non seri:1 ()

immorale e il negozio dovrebbe essere perciò considerato nullo (1).

Di qui si è contrapposto alla prima distinzione una seconda: e cioè 1'a1-bitr'iunt bOl1'i 1.:iri sarebbe costituito dal gilldizio sin-dacabile da.lle parti, mentre l'a,rbitrinnt nternnt sarebbe

insinda-cabile, avendo le parti rinunciato al riesame. Tra le due forme,

(l) Così SCHIRMER, ArbitrVum merum wnd arbitrium boni viri, in Arch.

t.

die civ. Praxis 1900, p. 13'6 e sgg.; PACCHIONI, Arbitrw.m merum e arbitrium boni viri, in Riv. dir. comm. 1911, II, 373; RICCA-BARBERIS.

(39)

quindi, non vi sarebbe una differenza di na tura, ma solo di gra-dazione (1).

Questa teoria è da respingere, perchè essa si fonda su una premessa inesatta e pone in evidenza un criterio di distinzione, il quale non è che la conseguenza dell'insegnamento tradizio-nale. Innanzi tutto non è affatto vero che sia frutto di una vo-lontà non seri[\, e che sia immorale la rimessione all'arbitrio personale, illimitato di un terzo. Que 'ta affermazione è esatta solo nella ipotesi che la persona investita del potere di deter-minazione sia una delle stesse parti interessate e perciò - come si yedrà meglio in seguito - la dottrina giustamente esclude che possa essere rimessa all'arbitrio illimitato del creditore o del debitore la determinazione del contenuto volitivo. Ma non si ,ed e perchè debba essere non seria o immorale una volontà che si rimette alla decisione personale, sia pure illimitata per la fiducia riposta in lui, di un terzo imparziale.

Ma, a parte questa osservazione, la combattuta teoria non presenta alcuna differenza pratica rispetto alla distinzione tra-dizionale. Infatti, Re un giudizio è inRindacabile, esso è prati -camente illimitato, data la rinuncia delle parti al controllo; e, quindi, la personalità e la illimitatezza dell'arbitrio ritorna ad essere la caratteristi<:a dell'a1-bitri'll1n mer/l1n) anche se viene ad essere considera ta come conseguenza della insindacabilità del giudizio.

Infine, ammesso che ogni tipo di arbitrio sia sindacabile se esso sia stato effetto di dolo, errore o violenza, occorre chiedersi per quale ulteriore motivo. che invece non sussiste per l'arbi-tri7lm merum) può essere impugnato l'arbitrittm boni 'l?iri. L'opi-l1ione tradizione risponde che il giudizio è impugnabile quando

eRSO sia contrario all equità: e questa decisione è confortata dall'art. 1718 cod. civ .. che sancise la impugnatiwa della deci-sione del terzo quando eSRa . 'ia iniqua. Mentre. invece, l'arbi-tri'llm menlm non può essere impugnato per tale motivo, essendo esso personale. Se tutto ciò è esatto. non si vede come l'opinione com battuta possa ancora riuscire a Rostenere che la differenza fra le due forme di a1'bitri1lm stia nella sindicabilità o meno di esso, senza essere eORtretta ulteriormente ad ammettere che la sindacabilità può aversi nei confronti di tutti i vizi della

(40)

- 38

-lontà rispetto ad a mbed ue le forme di a1'bit'rÙlifn) e che l'unica differenza fra esse consiste nel fatto che l'arbit?'ium boni viri è

Aindacabile quando è contrario alle regole di equità" mentre l'ar-bitri~t?n ?ner1J,?n è insindacabile per tale motivo, E così, anche per questa via, si ritorna alla distinzione tI'adizionale, mentre

la teoria contraria è Rolo apparentemente diyerFìa dalJa prima,

ed è, per di più, impreciRa e insufficiente.

15. - Per quanto riguarda ill'Ìnvio dell'al'bitrio di una delle

parti, il diritto giuRtinianeo ammetteva che la detel'minazione

potesse essere rimessa anche all'arbitl'io eli uno dei contraenti. Dubbio è, invece, se tale l)l'incipio fORRe ammeRf::O anche nel di-ritto romano classico (1). Ma per quanto riguarda il diritto vi-gente, non v'è dubbio sulla ammissibilità di tale fOl'ma di

deter-minazione. Tutta'da ]n. prevalente dottrina è concorde nel

limi-tare la possibilità del rinvio al Rolo a1'lJitrill1J1, boni vi?-i della controparte, esclndendo il rinvio all'arbit1'ùl1'I'I me1"/l?n di que-st'ultima (2). Il motivo di questa restrizione consiRte nel fatto che non può essere considerata Reria una, volontà che Ri rimette all'arbitrio illimitato del debitore, perchè in tal modo

l'obbli-(1) Sulla questione cfr. ALBERTARIO, op. c,it., I, p. Z39 sgg., il quale conclude che i romani non ammettevano tale possibilità, in base alla con-siderazione fondamentale che il contraente, per il fatto stesso d'essere parte e perciò mosso da un interesse opposto a quello dell'altro contraente, non era considerato un bonus viI'. La questione va fatta per la vendita, per la locazione, i legati e fedecommessi, la dote, la promessa di opere fatta dal liberto al patnlllo, la determinazione della prestazione da parte del socio, la determinazione del mandato da parte del mandatario. Anche il D!';RN -BURG, op. cit., II, § 15, nota 7, sostiene che i romani non riconoscevano la validità delle vendite nelle quali la determinazione del prezzo fosse affi-data al compratore, aggiungendo che ciò valeva anche per le locazioni; in proposito il DERNBuRG cita il h. 35, § l D, 18, l: « Illud constat imper-fectum esse negotium, cum emere volenti sic venditor c1icit: quanti velis, quanti aequum putaveris, quanti aestimaveris, habebis emptum >l.

(2-) Cfr. L. COVI ELLO, Dei contratti preliminari in Enciclopedia giuro p. 100 ,dell'estratto; DERNBURG, 07), cit., § 15; GANGI, op. cit., I, n. 91;

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