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2016, un anno all’insegna della flessibilità pensio-nistica

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@bollettino ADAPT, 12 settembre 2016

2016, un anno all’insegna della flessibilità

pensio-nistica

di Maddalena Saccaggi

Tag: #Flessibilità #Pensioni #ActiveAgeing

L’incidenza del fattore anagrafico nel mercato e nel rapporto di lavoro è un fenomeno che pone cre-scente pressione su Governo e Legislatore sia a livello comunitario che nazionale. È necessaria la ricerca di un contemperame nto sostenibile tra le tutele conseguenti al progressivo

allunga-mento della vita lavorativa e le esigenze di un equilibrato ricambio generazionale1.

Il prolungamento della vita lavorativa è sicuramente dettato dall’esigenza di adeguamento all’aumento dell’aspettativa di vita. Può anche essere letto come un tentativo di attuazione delle po-litiche comunitarie di active ageing, cioè di valorizzazione del contributo che gli anziani possono offrire alla società, obiettivo a cui la Commissione Europea ha dedicato l’anno 2012 e che è stato riproposto nella strategia Europa 2020. Va notato che se il cambiame nto generale, a livello inte r-nazionale, va nella direzione di un innalzamento dell’età di pensionamento, molti paesi hanno cura di mantenere un certo grado di flessibilità nella parte finale della vita attiva (pe r esempio con forme di uscita graduale dal lavoro con part-time, percorsi di demansionamento, affia n-camento a giovani) e nella stessa data di pensionamento (con incentivi a prolungare su base volontaria il lavoro).

In Italia, un primo problema riguarda i lavoratori anziani, già espulsi dal mercato a causa della crisi o che hanno compiuto la scelta di cessare il lavoro, anche in accordo con il datore di lavoro, i quali hanno visto allontanarsi la data di pensionamento nella prospettiva di attendere alcuni anni senza redditi né da lavoro né da pensione. Un tentativo di soluzione sono le misure d’urgenza che in que-sti anni (2012-2016) hanno esonerato particolari gruppi di lavoratori dai nuovi requisiti di pensio-namento. Si tratta di misure straordinarie che, se hanno avuto l’effetto di alleviare la situazione, non possono costituire componente permanente del sistema pensionistico.

In secondo luogo, alcune analisi recenti evidenziano che l’inasprimento dei requisiti di accesso alle pensioni deciso dalla riforma potrebbe aver contribuito a rallentare il fisiologico ricambio gener a-zionale e a ritardare la ripresa della produttività.

Le tre proposte del 2016 (due di fonte legislativa, una di fonte governativa) in risoluzione ai due problemi principali enunciati si collocano nel solco della flessibilità dei requisiti di pe n-sionamento. Caratte ristica saliente della flessibilità è la facoltà per il lavoratore di scegliere il

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mome nto in cui pensionarsi all’interno di un intervallo di età, accettando il principio generale che l’assegno sia di importo inferiore se ci si pensiona prima dei requisiti normali. La soluzio-ne gesoluzio-nerale della flessibilità vuole andare incontro alle esigenze dettate da una parte dall’invecchiamento e allungame nto della vita attiva, dall’altra parte dagli andamenti decre-scenti dell’occupazione dei giovani in Italia.

Nel dibattito di quest’anno sulla flessibilità pensionistica sono emerse due proposte legislative: “Damiano” e “Boeri”. Nella proposta “Damiano” il pensionamento sarebbe possibile a partire da 62 anni e con una anzianità minima di 35, senza distinzione tra uomini e donne. Sulle quote retributive delle pensioni sarebbero applicati abbattimenti percentuali nel caso di pensionamento prima dei 66 anni. Gli abbattimenti si trasformerebbero in premi di prolungamento carriera nel caso di pensiona-mento da 67 anni in poi. Unico vincolo per il pensionapensiona-mento fless ibile “Damiano” è che l’importo finale della pensione (post eventuali abbattimenti) raggiunga almeno 1,5 volte l’assegno sociale, circa 670 euro al mese (8.730 su base annuale per 13 mensilità). Non si specifica se le età e le a n-zianità della matrice siano indicizzate ai progressi della vita attesa. Con anticipi di quattro anni le pensioni si riducono di percentuali comprese tra il 24 e il 30 del loro importo ipotetico a requisiti pieni (di età o di anzianità). Tali valori − somma delle penalizzazioni e della minore anzianità con-tributiva − portano a paventare un possibile problema di adeguatezza. Se si calcolano gli abbatt i-menti neutrali dal punto di vista attuariale, ovvero quelle correzioni che manterrebbero invariato, su un orizzonte pari alla vita attesa del lavoratore, ipotizzando un tasso di interesse nominale del 3 per cento, l’abbattimento attuariale sarebbe pari a circa il 10 per cento per un anno di anticipo, a circa il 16 per cento per tre anni di anticipo, a circa il 21 per cento per quattro anni di anticipo. In conclu-sione, da una parte i benefici netti nei due scenari alternativi, l’uscita flessibile e l’uscita a pieni r e-quisiti, sarebbero pari (regime di neutralità attuariale); dall’altra i valori della proposta “Damiano” appaiono molto più favorevoli per il lavoratore e, per converso, molto più costosi per la finanza pubblica.

La proposta “Boeri” vorrebbe estendere a tutti i lavoratori il canale di pensionamento con almeno 63 anni e 7 mesi di età e 20 di anzianità contributiva, con aggancio ai progressi di vita attesa. Que-sta possibilità è oggi accessibile solo a coloro che rientrano nelle regole di calcolo ad accumulazio-ne nozionale (i lavoratori contributivi accumulazio-neoassunti dal 1996 in poi), purché la pensioaccumulazio-ne sia pari alme-no a 2,8 volte l’assegalme-no sociale. Nell’estensione si aggiungerebbero due aspetti qualificanti: sulla quota retributiva della pensione si applicherebbe un abbattimento del 3 per cento per ogni anno che separa l’età di pensionamento flessibile da quella del normale pensionamento di vecchiaia; l’importo della pensione (post abbattimento) non potrebbe essere inferiore a 1.500 euro lordi per dodici mensilità (18.000 su base annua). L’allegato tecnico alla proposta ne valuta l’impatto sulla base di un campione di estratti contributivi a ggiornato al 2012, nell’ipotesi che tutti coloro per cui si apra l’opportunità di uscita flessibile effettivamente la sfruttino (adesione al 100 per cento). Il primo anno (2016) le pensioni in più rispetto al benchmark sarebbero 90.000, gradualmente crescenti a 278.000 nel 2025; la corrispondente maggiore spesa sarebbe di circa 1, 5 miliardi di euro il primo anno, aumenterebbe a superare i 4,9 miliardi nel 2019, poi diminuirebbe gradualmente a circa 3,8 miliardi nel 2025.

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di sconto intertemporale, entrambe le penalità sono inferiori al valore che garantirebbe neutralità at-tuariale tra la scelta di usare flessibilità e quella di pensionarsi con i requisiti “Fornero” vigenti. Infine, la flessibilità “Damiano” si rivolge a una platea ampia, di fatto con un grado quasi nul-lo di selettività, comportando costi elevati per la finanza pubblica. La proposta “Boeri” è me-no costosa in quanto poggia su una selettività molto più forte all’ingresso, aspetto che produce altresì effetti asimmetrici tra uomini e donne e tra dipendenti e autonomi.

La proposta governativa di flessibilità pensionistica è la c.d. APE (anticipazione pensionistica), fir-mata il 13 aprile 2016 dai Ministri del Lavoro e dell’Economia attuativo delle disposizioni contenu-te nell’art. 1 comma 284 della Legge di stabilità 2016, disciplina le modalità di riconoscimento del c.d. “part-time incentivato” per i lavoratori prossimi alla pensione. La norma si applica ai dipende n-ti del settore privato a tempo pieno e indeterminato che matureranno entro il 31 dicembre 2018 i r e-quisiti per accedere alla pensione di vecc hiaia. Questi lavoratori, potranno trasformare il proprio rapporto in part-time ottenendo mensilmente dal datore una somma corrispondente ai contributi Inps a carico azienda dovuti per le ore non prestate. Per il periodo di prestazione lavorativa ridotta, l’Inps riconoscerà al dipendente la contribuzione figurativa, consentendogli di maturare gli stessi diritti pensionistici del lavoro full time. Alcune criticità - che è necessario sottolineare - sono: gli in-numerevoli passaggi burocratici dell’iter di accesso all’agevolazione, la platea ridotta di beneficiari della misura di flessibilità pensionistica e la necessità per il dipendente “pensionabile” di trovare un accordo con il datore.

L’elemento distintivo fondame ntale rispetto alle proposte “Damiano” e “Boeri” consiste nel fatto che a finanziare la flessibilità interverrebbe un prestito bancario che, una volta raggiunti i requisiti per la normale uscita di vecchiaia o anticipata, il lavoratore -pensionato comince-rebbe mese per mese a ripagare tramite trattenute alla fonte sulla sua pensione operate dall’INPS. La soluzione del prestito bancario è essenzialmente motivata dalle esigenze dei conti pubblici, che non consentirebbero le maggiori spese correnti comportate dalla flessibilità, anche qualora queste fossero bilanciate da minori spese prospettiche. Rispetto alle proposte “Damiano” e “Boeri”, la bozza di proposta governativa è chiaramente meno conveniente per il lavoratore e co m-porta un minore coinvolgimento dei conti pubblici. I flussi di cassa delle pensioni flessibili non proverrebbero dal bilancio dell’INPS ma dal sistema bancario-assicurativo con costi di mercato che con ogni probabilità implicheranno, per la restituzione del prestito bancario, abbattimenti superiori alle percentuali “Damiano” (non oltre il 2 per cento per anno) e “Boeri” (3 per cento flat).

Maddalena Saccaggi Scuola interna zionale di dottorato in Forma zione della persona e me rcato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Be rgamo

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