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Intestazione Cassazione civile sez. lav. - 01/03/1986, n. 1320

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SENTENZA

Cassazione civile sez. lav. - 01/03/1986, n. 1320

Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Andrea VELA Presidente " Enzo BENEFORTI Consigliere " Onofrio FANELLI Rel. " " Marcello TONDO " " Fulvio ALIBERTI " ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto

da

PROVVEDITORATO AL PORTO DI VENEZIA in persona del suo legale

rappresentante pro-tempore; elettivamente domiciliato in Roma, via F.

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rappresentato e difeso dagli avv.ti: Carlo Ottolenghi e Gianfranco

Ivancich per procura speciale a margine del ricorso;

Ricorrente

contro

FIALP - CISAL - FEDERAZIONE ITALIANA AUTONOMA LAVORATORI PUBBLICI in

persona del segretario provinciale pro-tempore; elettivamente

domiciliato in Roma, via E. Albertario, 20, presso lo studio

dell'avv.to Beniamino Rodinò che lo rappresenta e difende per

procura speciale in calce al ricorso;

Controricorrente

per l'annullamento della sentenza del Tribunale di Venezia del

14.6.82 dep. il 16.7.82 n. 15-82 R.G.

udita, nella pubblica udienza del 11.6.85, la relazione della causa

svolta dal Cons. Rel. Dott. Onofrio Fanelli;

udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giovanni Gazzara

che ha concluso: per il rigetto del ricorso; Svolgimento del processo

Con ricorso proposto davanti al Pretore di Venezia ex art. 28 L. 20.5.1970 n. 300, la Federazione Italiana Autonoma Lavoratori Pubblici (FIALP) segreteria provinciale di Venezia agiva contro il Provveditorato al Porto di Venezia

assumendo che questo aveva disconosciuto alla FIALP aderente alla CISAL il diritto a costituire una propria rappresentanza aziendale e i diritti di assemblea di permessi sindacali, di affissione, di contrattazione di uso dei locali aziendali per la propria attività, e chiedeva che il Pretore dichiarasse illegittimo il

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Si costituiva il Provveditorato al Porto di Venezia rilevando che il diritto di costituire r.s.a. spetta soltanto alle organizzazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, e tale non era la CISAL essendo assente in molti settori di produzione importantissimi, non avendo mai firmato contratti collettivi applicabili ai rapporti di lavoro interessanti il

Provveditorato.

Il Pretore accoglieva il ricorso con decreto del 27 aprile 1981 e indi rigettava l'opposizione avverso di esso proposta dalla FIALP con sentenza 10 settembre 1981, che peraltro in appello della stessa FIALP, veniva riformata dal Tribunale di Venezia con sentenza del 16 luglio 1982.

Osservava il Tribunale che la rappresentativa di cui all'art. 19, lett. a) richiesta non già alla singola federazione sindacale, che tutela una sola categoria, e che per tale sua funzione è contemplata nella ipotesi sub b), bensì alla

confederazione la quale, per sua stessa definizione raggruppa più federazioni quindi più organizzazioni sindacali proprie di diverse categorie. Ne consegue che la rappresentatività dei lavoratori, quando la federazione non aderisce ad alcuna confederazione, è dimostrata anche su scala nazionale dalla stipulazione di contratti collettivi di lavoro, mentre nel caso di federazione aderente ad una confederazione, emerge dalla confluenza in essa di varie organizzazioni sindacali che tutelano interessi di lavoratori inseriti nei più diversi settori produttivi.

Nella specie, non poteva negarsi alla CISAL il possesso del requisito voluto dal legislatore nel senso di una rappresentatività di un notevole numero di categorie di lavoratori, estesa a tutto il territorio nazionale, e maggiore di altre e più limitate organizzazioni sindacali.

Era, infatti provato che la Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori (CISAL) riunisce in sè numerosissime federazioni sindacali di varie categorie (quali quelle di lavoratori del pubblico impiego, del credito e delle assicurazioni, della sanità, dell'agricoltura, del commercio, dell'industria) ed è parte in numerosi accordi interconfederali e contratti collettivi, fra cui quelli delle imprese

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Era anche provata la partecipazione della CISAL ai consigli di amministrazione degli enti assistenziali ed il riconoscimento dell'Encal, ente di patronato da esso promosso.

La CISAL gode, pertanto, della più ampia rappresentatività dei lavoratori in campo nazionale, indipendentemente da una minima o scarsa presenza nello specifico settore proprio della attività del Provveditorato al Porto, peraltro marginale.

Con l'espressione "maggiormente rappresentativa" il legislatore non ha voluto porre un raffronto con altre e storicamente prevalenti confederazioni nè ha voluto limitare ad esse soltanto la presenza dei requisiti richiesti.

La CISAL ha raggiunto, per quanto sopra esposto, una reale effettiva rappresentatività dei lavoratori (intesa come in complesso della classe Lavoratrice) sul piano nazionale. Spetta pertanto alla Federazione Italiana Autonoma Lavoratori Pubblici (FIALP) ad essa aderente il diritto riconosciuto dall'art. 19 e conseguentemente tutti quelli contemplati dal Tit. III della legge 20.5.1970 n. 300. Il comportamento del Provveditorato al Porto che tali diritti disconosce è pertanto antisindacale.

Avverso tale decisione ricorre per unico motivo il Provveditorato al Porto di Venezia; resiste con controricorso al FIALP-CISAL.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo di ricorso, denunciando vizi di motivazione e violazione dell'art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sostiene il Provveditorato del Porto di Venezia che l'accertamento della maggiore rappresentatività è erroneo in quanto fondato solo sul criterio intercategoriale e non anche su quello

territoriale; e perché non considera la estraneità della CISAL a settori produttivi particolarmente importanti e la sottoscrizione solo per adesione di molti dei contratti collettivi di cui essa organizzazione è stata parte. Il ricorso è infondato. Nella molteplicità ed eterogeneità dei riferimenti normativi al concetto di

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possono ritenersi gli elementi sintomatici di tale qualificazione, e che possono così riassumersi: 1) la consistenza numerica del sindacato, che peraltro, a parte la difficoltà di disporre di un criterio obiettivo di accertamento del numero degli iscritti, non può considerarsi di per sè solo decisivo; 2) con ben maggiore rilevanza, una equilibrata consistenza associativa in tutto l'arco delle categorie che la confederazione è istituzionalmente intesa a tutelare: elemento, questo insito nel fatto stesso del riferimento, nell'art. 19, alle confederazioni, e non alle associazioni di categoria; cosicché tale requisito non potrebbe riconoscersi ad una confederazione, e, sebbene consistente numericamente, in realtà e nella sostanza si identificasse con una organizzazione di categoria; 3) una

significativa presenza territoriale sul piano nazionale, nel senso che la

consistenza numerica e associativa sia adeguatamente distribuita sul territorio (anche se non necessariamente sulla totalità di esso), e non si localizzi soltanto in una determinata area geografica; 4) un'attività di autotutela con caratteri di continuità, sistematicità ed equilibrata diffusione, verticale e orizzontale,

consistente, in particolare, nella sottoscrizione di contratti collettivi, discutendosi peraltro se per tale possa intendersi anche la mera adesione successiva a contratti stipulati da altre organizzazioni.

Si è altresì rilevato che l'avverbio "maggiormente" non deve far pensare ad un giudizio di carattere comparativo, bensì piuttosto di effettività, nel senso che le confederazioni debbono essere "grandemente" o "ampiamente" rappresentative. In particolare la giurisprudenza di questa Corte, con le sent. 28 ottobre 1981, n. 5664, e 5 novembre 1976, n. 3993, si è specificamente riferita al secondo e al terzo degli indicati criteri (concordando sulla non decisività del primo), che sono sembrati i soli desumibili dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970, e non

dipendenti dalla mera discrezionalità dell'interprete, ed ha inteso nel senso anzidetto l'avverbio "maggiormente".

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alla stipula, ma debba esserlo anche, pur se con adeguato dimensionamento in relazione agli altri criteri, alla sottoscrizione per adesione, che è pur sempre indice di una presenza, pur se più affievolita, nella dinamica sindacale, e di una giuridica partecipazione al contratto.

Sopravvenuta la legge 18 novembre 1977, n. 902, che, al fine di procedere alla attribuzione dei patrimoni residui delle disciolte organizzazioni corporative, ha distinto fra un gruppo di associazioni nominativamente e tassativamente indicate sub A della tabella allegata alla legge (CGIL, CISL, UIL, CISNAL, CIDA), e cui viene attribuita una quota del 93% di quei patrimoni, e le altre, cui viene attribuito il residuo 7%, a condizione che posseggano i requisiti di rappresentatività

previsti dall'art. 2 della legge, come accertati dal Ministro del lavoro con suo decreto (il d.m. 12 luglio 1978), non vi ha fatto riferimento la sentenza del 1981, in quanto non riguardante alcuna delle anzidette confederazioni, sibbene un sindacato autonomo di lavoratori, mentre su di essa si è basata la sent. 21 febbraio 1984, n. 1256, secondo cui detta legge attribuisce una "patente" di maggiore rappresentatività alle cinque organizzazioni sindacali nominativamente indicate dall'art. 1, con efficacia trascendente le finalità e i limiti della legge, ed incidente anche ai fini e per gli effetti di cui all'art. 19 lett. a) dello statuto; mentre, quanto alle altre, gli indici di maggiore rappresentatività enunciati dall'art. 2 non appaiono mutuabili ai fini dell'accertamento della maggiore rappresentatività ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 19 lett. a) cit., sicchè l'inclusione nel decreto ministeriale previsto dalla legge del 1977 non può valere come riconoscimento legale del requisito in questione.

Non sono mancate critiche a questa decisione, fondate essenzialmente sulla considerazione che l'art. 19 riferisce la rappresentatività solo alle confederazioni, laddove la legge del 1977 ha riguardo, indifferentemente, a queste e alle

associazioni, con un notevolissimo ampliamento dell'area di possibile maggiore rappresentatività; e che alla diversità del concetto di tale qualificazione è sottesa una diversità di fini fra le due normative, che induce a non sopravvalutare la legge del 1977 ed a ritenere non costruibile un concetto unico di maggiore rappresentatività, essendovi piuttosto una varietà di concetti in relazione alle diverse previsioni legislative richiamantisi, in termini e per finalità eterogenee, a quel requisito.

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incertezza degli interventi del legislatore; anche perché è fuori dell'ambito della presente decisione la rappresentatività delle cinque confederazioni di cui sub A nell'allegato alla legge del 1977, e devesi invece indagare se la possegga una di quelle confederazioni che hanno ottenuto il riconoscimento per decreto

ministeriale.

E, a tal proposito, non può non condividersi quanto affermato dalla sentenza del 1984 circa la mancanza di ogni valore di riconoscimento legale nella inclusione nel decreto del Ministero del lavoro.

Ciò non significa che detta inclusione debba ritenersi assolutamente irrilevante ai fini di cui all'art. 19 dello statuto, in quanto, sempreché si tratti di una

organizzazione del tipo di quelle da detta norma indicato, a quel provvedimento amministrativo può attribuirsi valore quanto meno indiziario, in concorso con gli altri già visti elementi, ai fini della attribuzione della qualifica di maggiore

rappresentatività.

Come, d'altronde, parimenti un qualche valore va riconosciuto alla inclusione delle cinque grandi confederazioni nella tabella allegata alla legge, anche se neppure detto riconoscimento può certo valere come presunzione assoluta di maggiore rappresentatività (nè questo sembra avere voluto dire la sentenza del 1984 allorché ha parlato di "riconoscimento legale"), dovendosi quindi

ridimensionare la forse troppo drastica asserzione di quella sentenza circa la non necessità, in tal caso, di ricercare e acquisire la prova specifica della diffusione nazionale di dette confederazioni, e dovendosi viceversa ritenere che debba essere dimostrata quanto meno la permanenza nel tempo di quei requisiti che hanno portato al formale riconoscimento legislativo e che sono comuni anche alla previsione normativa contenuta nello statuto dei lavoratori.

Stabilito, così, quali sono i criteri ai quali, e in qual misura, è possibile aver riguardo ai fini della individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi agli effetti di cui all'art. 19, può ora passarsi ad esaminare se la sentenza impugnata li abbia adeguatamente individuati e se ne abbia fatto corretta applicazione alla fattispecie.

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indicando, in via esemplificativa, le numerose categorie confederate e i vari contratti collettivi stipulati, e traendo argomento anche dalla partecipazione della CISAL a consigli di amministrazione di enti previdenziali ed al riconoscimento dell'istituto di patronato, lo ENCAL, da essa promosso.

Se a tale argomentata e già di per sè sufficiente valutazione si aggiunge, a conferma, l'inclusione della CISAL nel decreto ministeriale 12 luglio 1978 (apparso sulla Gazzetta Ufficiale 29 luglio 1978, n. 211), con l'ulteriore valore indiziario che può esserle attribuito, non può che giungersi alla conclusione del rigetto del ricorso, il quale, oltretutto, inesattamente nega che la sentenza si sia riferita, oltreché a quello intercategoriale, al criterio territoriale (invece

espressamente preso in considerazione); vanamente enumera le categorie cui la CISAL sarebbe estranea, essendo più che sufficiente la enumerazione, dalla sentenza effettuata, delle numerose e significative categorie in cui è presente; addebita al Tribunale di non aver valutato il concreto apporto della CISAL nelle trattative contrattuali, ed il fatto che essa abbia sottoscritto contratti per mera adesione, laddove, come innanzi detto, anche a tal tipo di partecipazione può essere attribuito, in concorso con gli altri requisiti, adeguata rilevanza.

Attesa la delicatezza della questione, si ritiene equo compensare fra le parti le spese processuali.

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso, dichiara interamente compensate fra le parti le spese e onorari della presente fase. Così deciso in Roma l'11 giugno 1985

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