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Capitolo I Il neolitico antico nell’alto e medio Tirreno: dinamiche culturali e inquadramento cronologico 1. La neolitizzazione del Mediterraneo occidentale: teorie e ipotesi a confronto

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Capitolo I

Il neolitico antico nell’alto e medio Tirreno: dinamiche culturali e inquadramento cronologico

1. La neolitizzazione del Mediterraneo occidentale: teorie e ipotesi a confronto

Al fine di spiegare la propagazione dell’economia agro-pastorale nelle diverse parti del Mediterraneo occidentale, è stato fatto ricorso a un insieme di modelli dal quale emergono due posizioni estreme: una fa appello alla migrazione di gruppi umani di origine orientale (o nord-africana) detentori di saperi tecnici ed economici che sostituiscono i gruppi mesolitici locali e il loro sistema di produzione; l’altra sostiene che l’adozione dei saperi di origine esterna sia stata attuata direttamente dalle popolazioni indigene. Tra queste due posizioni, altri modelli “misti” propongono visioni intermedie. In queste, fattori chiave risultano gli scenari dei contatti e delle interazioni o i tempi del processo di propagazione dell’economia neolitica in funzione dello spazio conquistato (GUILAINE 2007).

La ceramica gioca un ruolo determinante in entrambi i modelli sopraccitati: nel primo caso diviene un fattore decisivo per delimitare la geo-cronologia della propagazione, essendo parte integrante del “pacchetto neolitico”; nel secondo caso essa costituisce in primo luogo l’oggetto di scambio di prodotti finiti tra gruppi autoctoni ed esterni; in secondo luogo si pone come marcatore di una identità particolare degli indigeni, per le novità che introducono nelle tecniche acquisite.

La neolitizzazione del Mediterraneo occidentale è dovuta a gruppi culturali della “ceramica impressa” che si diffonde nell’arco cronologico di oltre un millennio dalla Grecia occidentale fino al Portogallo.

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Dal XIX secolo fino all’inizio del XX secolo, le ricerche sulla ceramica impressa hanno messo in evidenza il particolarismo locale della produzione ceramica e raramente hanno esaminato la questione della neolitizzazione del Mediterraneo occidentale in un’ottica più generale.

Tra il 1920 e il 1960 diversi Autori hanno affrontato il problema: P. Bosch-Gimpera è stato uno dei primi a studiare il Neolitico iberico. Egli ha individuato nella “cultura delle grotte a ceramica decorata” (Cultura de las cuevas), le fondamenta del Neolitico spagnolo le cui basi non potevano essere, secondo l’Autore, che africane (BOSCH-GIMPERA 1932, in GUILAINE 2007). La tendenza di allora consisteva nello stabilire una linea genetica tra il Neolitico africano e il Neolitico spagnolo, tendenza che diede origine alla denominazione di Neolitico

ispano-mauritano. Questa visione prendeva in esame più zone dell’Africa: la zona

sahariana, considerata prima del suo inaridimento come una zona motrice del Neolitico, ma anche l’Egitto, sovente visto da G.V. Childe e soprattutto da P. Laviosa-Zambotti come uno dei luoghi di origine del Neolitico occidentale (LAVIOSA-ZAMBOTTI 1949,in GUILAINE 2007).

Tra il 1945 e il 1956 le ricerche di L. Bernabò Brea hanno posto l’accento soprattutto sulla modalità di diffusione marittima del Neolitico. Egli è il primo autore a segnalare i parallelismi tra la produzione ceramica orientale e quella del Mediterraneo centrale e occidentale, attraverso l’analisi stratigrafica della Caverna delle Arene Candide e la conoscenza diretta di materiali italiani, francesi e spagnoli. Bernabò Brea teorizzava una sorta di unità originale del primo Neolitico, marcato dalla produzione della ceramica impressa, che trovava conferma in tre evidenze riassunte nel 1950 in un articolo della “Rivista di Studi liguri”:

• in tutto il bacino mediterraneo la ceramica impressa caratterizzava i livelli più antichi del Neolitico;

• a dispetto delle varietà locali, questa ceramica presentava un’unità tipologica (o decorativa) fondamentale;

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• la distribuzione della civilizzazione neolitica interessava particolarmente le isole e le zone costiere e di conseguenza la navigazione aveva un ruolo centrale.

L’Autore considerava i giacimenti a ceramica impressa della Cilicia, di Ras Shamra e di diversi siti della Siria settentrionale come l’area di origine della diffusione del Neolitico verso l’Occidente, minimizzando in questo modo il ruolo del continente africano.

Negli anni ’60 del secolo scorso anche P. Bosch-Gimpera ha aderito all’idea di una certa unità del primo Neolitico che l’Autore stesso denominò “Neolitico circummediterraneo” (BOSCH-GIMPERA 1965, in GUILAINE 2007): egli raggruppava dentro uno stesso grande complesso un gruppo orientale (Cilicia, Siria, Libano), il gruppo dello Yarmoukiano del Levante meridionale, il gruppo Pré-Sesklo (con la ceramica di Magoulitsa), il gruppo Starčevo e infine il blocco centro-occidentale dal Sud dell’Italia fino al Portogallo.

Fin dagli anni ’70 questa visione “unificatrice” è stata criticata da J. Guilaine: in un suo lavoro pubblicato nel 1976 (“Premiers bergers et paysans de l’Occident méditerranéen”), egli evidenziava due insiemi chiaramente distinti che non potevano essere inseriti in un medesimo gruppo sulla base delle divergenze osservate nelle forme e nelle decorazioni ceramiche: l’Impressa italo-adriatica e il gruppo franco-iberico, diffuso dalla Provenza fino al Portogallo. Infine sia la ceramica Yarmoukien che quella cretese dal punto di vista stilistico si distaccavano nettamente dall’orizzonte dell’Impressa.

Con il proseguire delle ricerche, l’individuazione nel Mediterraneo occidentale e centrale di diverse culture a ceramica impressa ha confermato la presenza di gruppi differenziati: nella sola Penisola italiana si possono distinguere l’Impressa del Sud-Est (Puglia, Basilicata, Calabria settentrionale), l’Impressa medio-adriatica (Emilia Romagna, Marche, Abruzzo), globalmente più recente, l’Impressa stentinelliana (Calabria centro-meridionale, Sicilia), il Cardiale tirrenico (Toscana, Lazio, Corsica, Sardegna) e l’Impressa ligure (Liguria, Provenza).

Per quanto riguarda la produzione ceramica sahariana, che lo stesso Bernabò Brea aveva inserito nell’insieme “a ceramica impressa” del primo

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Neolitico, le nuove indagini condotte dal Sudan fino all’Algeria meridionale e alla Nigeria hanno evidenziato come questa produzione preceda di oltre un millennio la ceramica del Levante mediterraneo, che emerge intorno al 7000 a.C. in un contesto agricolo, mentre l’economia in Africa sembra rimanere sostanzialmente basata sulla caccia e la raccolta.

Più recentemente lo stesso J. Guilaine (2000) ha proposto un modello di diffusione “aritmico”delle culture neolitiche che supera la teoria dell’ “ondata di avanzamento” proposta da L. Cavalli Sforza e A. Ammerman (Fig. 1): la propagazione del “pacchetto neolitico” proveniente dall’area levantina attraverso due vie principali (il Mediterraneo e l’Europa centrale), deve essere intesa secondo l’Autore come una serie di adattamenti a diversi ambienti naturali sui quali si sono imposti, a più riprese, i rinnovamenti e le trasformazioni del paesaggio culturale (GUILAINE, 2000). Queste mutazioni hanno comportato periodiche ricomposizioni profonde che hanno perturbato il ritmo di spostamento. È probabile che in funzione degli ambienti adatti ad essere colonizzati, senza tralasciare l’ “apertura” o la “resistenza” delle popolazioni indigene, la cronologia della diffusione non abbia risposto ad una dinamica omogenea e regolare ma a processi di accelerazione o di assestamento. «Questi assestamenti si sono verificati, più precisamente, nelle aree di mutazione culturale: sulla base delle datazioni C14 e delle macro-analisi, si possono identificare almeno tre di queste zone: l’Anatolia, all’interno della frontiera occidentale del PPNB; la Grecia occidentale, dove si elabora la genesi della cultura adriatica a ceramica impressa; il Nord dei Balcani, laddove i gruppi del Neolitico antico egeo-balcanico raggiungeranno la loro estensione settentrionale massima prima di essere sostituiti dalle popolazioni a ceramica lineare (rubanée). Una quarta zona di rottura deve probabilmente esistere al limite dell’estensione della cultura cardiale classica, verso il Portogallo, vale a dire alla frontiera della zona climatica mediterranea, laddove si effettua realmente la mutazione verso un ambiente naturale atlantico» (GUILAINE 2000:16).

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Fig. 1. Gruppi del Neolitico antico mediterraneo a ceramica impressa (modificato da GUILAINE

2007).

La diffusione dei tratti neolitici sembra sia stata particolarmente rapida lungo le zone costiere del Mediterraneo occidentale. Una tale propagazione suppone una certa connivenza con le popolazioni indigene oppure una debole “resistenza” delle stesse, facendo riferimento in questo caso alle popolazioni del Mesolitico finale (GUILAINE 2000).

Nell’area tirrenica in particolare, i rapporti tra Neolitico e substrato mesolitico non sono tuttavia ancora chiari e i dati a disposizione sono scarsi: ad eccezione della Toscana settentrionale, lo stato attuale delle ricerche riflette in generale un substrato demografico piuttosto debole, in certe aree addirittura inesistente, nell’arco ligure occidentale, nella Toscana meridionale e nel Lazio dove le indagini rimangono da approfondire.

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2. Il neolitico antico dell’area medio-tirrenica

Tra il VI e il V millennio a.C. in cronologia calibrata le coste che vanno dall’Italia medio-tirrenica fino al Portogallo centro-occidentale, le grandi isole (Corsica e Sardegna) e le piccole isole (Arcipelago Toscano) del Mar Tirreno sono interessate dalla corrente culturale della “ceramica impressa cardiale” il cui nome deriva dalla decorazione realizzata con la conchiglia del Cardium.

Nel modello di diffusione “aritmico” proposto da J. Guilaine (2000), l’area del Mar Tirreno e della Francia meridionale è indicata come la probabile zona di rallentamento e ricomposizione culturale dove si sarebbero costituite le prime

facies cardiali. In tale contesto l’area tirrenica e la “ceramica impressa medio-tirrenica” (CALVI REZIA, GRIFONI CREMONESI 1996; GRIFONI CREMONESI 1998a; 2000) assumono un ruolo di centrale importanza nella comprensione del processo di Neolitizzazione del Mediterraneo occidentale (GUILAINE 1994; 1996a; 1996b; 2000).

Partendo quindi dall’analisi del Neolitico antico dell’areale compreso tra Arno e Tevere (Toscana, Umbria, Lazio) e dell’Arcipelago toscano, si è cercato di porre in evidenza le relazioni intercorse tra le suddette regioni e le altre aree del medio Tirreno. Numerosi rinvenimenti archeologici documentano rotte transmarine che, tramite vari scali intermedi offerti a Sud dalle Isole Pontine e a Nord dalle Isole dell’Arcipelago Toscano, almeno dagli inizi del VI millennio a.C. in cronologia calibrata mettevano in relazione la costa tirrenica dell’Italia con le grandi isole del Mar Tirreno.

Le ricerche degli ultimi quarant’anni hanno ampliato considerevolmente il quadro delle nostre conoscenze, ma le dinamiche della neolitizzazione dell’Italia medio-tirrenica non sono ancora del tutto chiari.

Ad oggi possiamo affermare che la neolitizzazione dell’area tosco-laziale è avvenuta per opera di due gruppi culturali distinti e attraverso diverse modalità di diffusione:

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• I gruppi della ceramica impressa medio-tirrenica, caratterizzati da una diffusione marittima.

• I gruppi della “ceramica lineare”, caratterizzati da una diffusione continentale dal nord-est dell’Italia.

Rimangono tuttavia alcune lacune ed interrogativi riguardo alcuni aspetti centrali nella comprensione del processo di neolitizzazione (BAGOLINI, CREMONESI 1987; GRIFONI CREMONESI 1996; 2000; GUILAINE 1996a): tra questi, il substrato sul quale si colloca il Neolitico anticoe gli eventuali rapporti di acculturazione e/o rottura tra loro intercorsi (RADMILLI 1974; BAGOLINI, CREMONESI 1987; BAGOLINI, GRIFONI CREMONESI 1994). Solamente i siti di Muraccio e Pian di Cerreto in Toscana (TOZZI, ZAMAGNI 2000) sembrano portare alcune chiarificazioni a riguardo.

Inoltre, gli insediamenti di abitato e conseguentemente i dati economici e culturali dei primi gruppi neolitici sono scarsi. Infatti, molto spesso, i rinvenimenti sono costituiti da raccolte di superficie, stratigrafie sconvolte oppure da indagini largamente inedite. Ad oggi i principali siti di abitato conosciuti sono il villaggio di Pienza (CALVI REZIA 1972;1973;1980;CALVI REZIA,SARTI 2002), di Tufarelle (FUGAZZOLA DELPINO 1982), di Tor Vergata (CAZZELLA, MOSCOLONI 1984) e de La Marmotta (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993; FUGAZZOLA DELPINO 2002a).

Anche le modalità di integrazione fra i diversi gruppi neolitici sono poco chiari. La presenza dei gruppi della “ceramica impressa medio-tirrenica” e quelli della “ceramica lineare” è stata evidenziata nei siti di Pianosa-Cala Giovanna Piano (BONATO et al.2000a; CAPONI, RADI 2007); San Pietrino di Rota; La Marmotta (FUGAZZOLA DELPINO et al.1993; 1999; FUGAZZOLA DELPINO 2002a) e Pienza (CALVI REZIA 1972; 1973; CALVI REZIA,SARTI 2002).

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2.1 La Ceramica Impressa medio-tirrenica

Fig. 2. Distribuzione dei siti a ceramica impressa cardiale. (Legenda: 1: Riparo La Romita di Asciano; 2: Duna di Castagnolo; 3: Podere S. Gabriele; 4: Castagneto Carducci; 5: Piombino-I Fornelli; 6: Tane di Massa Marittima; 7: Grotta dello Scoglietto; 8: Pienza; 9: Grotta dell’Orso di Sarteano; 10: Grotta Lattaia; 11: Isola d’Elba; 12: Isola di Pianosa; 13: Isola del Giglio; 14: S. Marco di Gubbio; 15: Pozzi della Piana; 16: Grotta di Settecannelle; 17: Osteriaccia di Punton di Villa; 18: Riminino; 19: Torre Crognola; 20: Monte Rozzi; 21: Cuccumelletta di Vulci; 22: Poggio Olivastro; 23: Colle della Capriola; 24: Quota 77; 25: Bufalareccia; 26: Tufarelle; 27: Grottini di Rota; 28: San Pietrino; 29: Pian Fagiano; 30: Cupellora; 31: La Marmotta; 32: Pyrgi; 33: Fosso dei Due Ponti; 34: Cassalone di Ceri; 35: Palidoro; 36: Le Caprine di Guidonia; 37: Casale Pescatore; 38: Tenuta Torrenova; 39: Quadrato di Torre Spaccata; 40: Colle Cappuccini; 41: Campagnano- Monteleone).

Con il termine “ceramica impressa medio-tirrenica”, che comprende varie entità conosciute come “aspetto di Pienza” o “ceramica a linee dentellate” oppure “ceramica cardiale”, si intende raggruppare e configurare sotto un’unica denominazione l’ampia area culturale che comprende la Sardegna, la Corsica, la costa toscana e nord-laziale e l’arco ligure-provenzale, in quanto tale complesso, nelle linee generali, si presenta abbastanza unitario (MARTINI et al., GRIFONI

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tirrenica si possono riconoscere tuttavia almeno tre gruppi distinti: quello ligure, il tosco-laziale e il gruppo insulare (Corsica e Sardegna) che presenta forti affinità con il precedente.

Allo stato attuale delle ricerche la zona di distribuzione comprende all’incirca la fascia costiera e sub-costiera compresa tra Arno e Tevere (Toscana, Lazio), con una penetrazione all’interno attestata solo nel Senese, in Umbria e nell’Alto Lazio (Fig. 2). Questo addensarsi lungo le coste potrebbe essere messo in relazione con i molteplici rapporti intercorsi tra la regione tosco-laziale e le Isole dell’Arcipelago Toscano, la Sardegna e la Corsica, come dimostrano anche in questo caso i rinvenimenti di superficie di ossidiana lungo il cordone di dune tra Pisa e Livorno.

In Toscana la ceramica impressa è nota dal Riparo La Romita di Asciano (PERONI 1962-63; GRIFONI CREMONESI 1996d; GRIFONI CREMONESI et al., 2007) presso Pisa, dove frammenti ceramici a linee dentellate sono stati rinvenuti alla base della stratigrafia, seguiti da ceramiche a linee incise.

Nella zona costiera tra Pisa e Grosseto, la ceramica impressa è attestata da rinvenimenti di superficie nei siti di Coltano-San Gabriele (BAGNOLI,PANICUCCI 1986), Stagno, Castagneto Carducci (SAMMARTINO 1984; 1988; 2007), San Vincenzo (FEDELI 2000a; 2000b), Piombino (FEDELI 1980-81). Nella decorazione delle ceramiche del sito da Coltano-San Gabriele pare di poter cogliere un aspetto più antico di quello propriamente cardiale.

Nella Toscana centro-meridionale sono attestati ritrovamenti in siti gravitanti nella Val d’Orcia: la Grotta dell’Orso di Sarteano (GRIFONI 1967; GRIFONI CREMONESI 1996c), la Grotta Lattaia (GRIFONI CREMONESI 1969) e il sito all’aperto di Pienza, scoperto nel 1968 (CALVI REZIA 1972; 1973; CALVI REZIA,SARTI 2002).

Il villaggio di Pienza ha restituito ceramica impressa che presenta strette analogie con il sito di Basi in Corsica – definita per questo ceramica impressa di Basi-Pienza – la cui decorazione è caratterizzata da linee dentellate che definiscono una sintassi ricca ed articolata: il motivo tipico è rappresentato da

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bande marginate campite a tratteggio, formanti motivi metopali, zig-zag, triangoli e chevrons. Le ceramiche impresse “a linee dentellate” sono sormontate da livelli contenenti ceramiche a linee incise , della cultura di Ripoli e della cultura di Diana (CALVI REZIA 1980).

In Umbria, pochi frammenti di ceramica cardiale sono stati rinvenuti al Lago Trasimeno (DE ANGELIS 2003), mentre nel sito di Grotta Pozzi della Piana sono stati trovati in superficie due vasi globulari del tipo della ceramica impressa adriatica, probabilmente collegati al culto delle acque ipogeiche (GRIFONI CREMONESI 1987; 2002).

Nell’alto Lazio la ceramica impressa medio-tirrenica è presente lungo le valli fluviali e i rilievi costieri (FUGAZZOLA DELPINO 1987). Si ricordano il sito della Grotta di Settecannelle (UCELLI GNESUTTA, MALLEGNI 1988; UCELLI GNESUTTA 1993; 1999; 2000a; 2000b; 2002a; 2002b; 2003), di Monte Rozzi (FUGAZZOLA DELPINO 1982; 1987) e di Torre Crognola (FUGAZZOLA DELPINO 1987) lungo il corso del fiume Fiora e il vicino sito di Poggio Olivastro (BULGARELLI et al. 2000; BULGARELLI, D’ERME 2002) sui rilievi collinari di Canino. Altri siti si trovano lungo il corso del Mignone e nei Monti della Tolfa, come il sito all’aperto di San Pietrino di Rota (FUGAZZOLA DELPINO et al. 2000; FUGAZZOLA DELPINO, PESSINA 2002) e il sito di Tufarelle (FUGAZZOLA DELPINO 1982). Nel sito di San Pietrino ad un livello più profondo con ceramiche cardiali si sovrappone un livello a ceramiche cardiali associate a ceramiche lineari, a ceramiche ingobbiate di colore rosso e a ceramiche con tracce di pittura sulle superfici esterne. Il sito di Tufarelle ha restituito numerosi materiali archeologici – tra cui abbondante ossidiana – ed è stato frequentato con continuità fino all’età del Bronzo, ma purtroppo rimane largamente inedito.

Nell’entroterra del Lazio settentrionale si trova l’importante villaggio palafitticolo de La Marmotta sul Lago di Bracciano (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993) dove sono state riconosciute fasi distinte: nella fase più antica la ceramica impressa risulta associata a ceramica dipinta, nelle fase successiva compare la ceramica a linee incise mentre la fase più recente vede la scomparsa di dipinta e

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impressa sostituite dalla ceramica a linee incise. Oltre il complesso ceramico, sono stati rinvenuti materiali in ossidiana e manufatti realizzati in materiali che, come il legno, molto raramente e solo in particolari condizioni di conservazione giungono fino a noi (ad es. la piroga monossile in legno di quercia) (FUGAZZOLA DELPINO,MINEO 1995).

Altre segnalazioni di siti laziali si hanno lungo la costa a Palidoro (PERONI 1965) e Pyrgi (COLONNA 1970) dove insieme alla ceramica sono stati rinvenuti materiali litici in ossidiana.

Più a sud verso Roma l’evidenza della ceramica cardiale sembra sfumare. Testimonianze si hanno sui Colli Albani (ANZIDEI 1987), a est di Roma, e a Guidonia (GUIDI, ZARATTINI 1992), dove il cardiale è associato a ceramiche impresse di tipo abruzzese, che arrivano lungo il corso dell’Aniene.

Nelle isole dell’Arcipelago Toscano la ceramica cardiale e a bande di linee dentellate è nota soprattutto a Pianosa, dove sono stati identificati tre siti: la Grotta di Cala Giovanna (GRIFONI 1966; COLOMBO, GRIFONI CREMONESI 2007),l’Isolotto de La Scola (DUCCI et al. 2000; DUCCI,PERAZZI 1998;2002b) e il sito di Cala Giovanna Piano (BONATO et al. 2000; COLOMBO, TOZZI 2007; CAPONI,RADI 2007)1.

Nelle altre isole dell’Arcipelago Toscano rinvenimenti di ceramiche impresse sono stati effettuati all’Isola d’Elba e a Montecristo, ma si tratta di rare raccolte di superficie; all’Isola del Giglio è emerso invece un complesso di ceramiche impresse cardiali e strumentali proveniente da una diaclasi granitica, dove il materiale è stato probabilmente gettato in seguito a lavori di sistemazione dei terrazzamenti per la coltivazione dei vigneti (BRANDAGLIA 1985).

La decorazione, solitamente ottenuta per impressioni di Cardium e vari altri tipi di conchiglie, si sviluppa in motivi tipici della corrente culturale impressa e in elementi del tutto singolari e personalizzati (BRANDAGLIA 1985; 1991; 2000; 2002)che si discostano dal cardiale tirrenico e trovano confronto con l’Impressa meridionale.

1 Per l’analisi dettagliata dell’industria ceramica di Cala Giovanna Piano, argomento del presente lavoro, si rimanda al Capitolo V.

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Gli insediamenti all’aperto con strutture abitative sono poco attestate: in Toscana si trovano solamente il sito di Pienza, dell’Isolotto de La Scola e di Cala Giovanna Piano; nel Lazio, i siti di Tor Vergata, Tufarelle e La Marmotta.

A Pienza, nel livello a ceramica impressa, sono state rinvenute strutture insediative come acciottolati, pietre a circoli sovrapposti e legate con argilla, buche di palo con andamento curvilineo (appartenenti a due momenti distinti dell’abitato) e un’area di concotto spessa 4 cm ricoperta da 20 cm di cenere. Nel sito di Pianosa- La Scola è stato messo in luce un insediamento con focolari e sepolture, connesso con un abitato, ma occorrono ulteriori e più approfondite indagini per meglio definire il reale utilizzo dell’area.

Il sito di Tor Vergata presso Roma ha restituito evidenze certe di abitato: sono stati infatti rinvenuti un piccolo pozzo e i resti di un muro a secco e di una parete a incantucciato e di intonaco.

Il sito perilacustre de La Marmotta rappresenta un’importante testimonianza di scelta insediativa, che trova un confronto diretto con il villaggio palafitticolo di Isolino sul Lago di Varese, in Italia (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993).

Numerosi sono i siti in grotta, utilizzati anche per scopi sepolcrali e cultuali: ad esempio nel sito della Grotta di Settecannelle è stato rinvenuto un cranio di un bambino con una macina e un vaso con dell’ocra rossa, deposti all’interno di un circolo di pietre (UCELLI GNESUTTA,MALLEGNI 1988).

Il quadro economico non è del tutto chiaro: infatti la mancanza di siti di abitato incide notevolmente anche sul quadro economico e sociale.

Nel sito di Pienza e de La Marmotta sono attestati diversi tipi di grano (Triticum monococcum, Triticum dicoccum, Triticum aestivum), orzo (Hordeum vulgare), e leguminose (Lens culinaris, Vicia faba, Lathyrus); a La Marmotta è inoltre testimoniata la raccolta di frutta selvatica.

Gli animali domestici sono in prevalenza ovi-caprini, seguiti da bovini e suini; tuttavia la caccia al cervo è ugualmente attestata.

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La raccolta di molluschi marini (es. genere Patella) è ben dimostrata nei siti de La Scola (DUCCI et al. 2000; DUCCI PERAZZI 2002b) e di Cala Giovanna Piano (CARNIERI,ZAMAGNI 2000;BISCONTI 2007).

L’industria litica è per ora poco conosciuta in quanto i siti segnalati sono in gran parte inediti o con stratigrafie in cui risulta poco chiara la posizione della ceramica impressa. Si ricorda la presenza di trapezi, troncature a doppio dorso in ossidiana e selce nel territorio tra Pisa e Livorno (COCCHI GENICK, SAMMARTINO 1983;SAMMARTINO 1984);elementi di falcetto e grattatoi in selce da Tor Vergata; asce e accette in pietra levigata. Nelle isole Giglio e Pianosa è attestata industria su quarzo, che risulta la materia prima maggiormente utilizzata, oltre alla selce e all’ossidiana: al Giglio si annovera la presenza di quasi tutti i tipi di raschiatoi ed un repertorio che rappresenta troncature, erti, denticolati, becchi, bulini, grattatoi, punte, lame e schegge laminari, con una certa tendenza anche alle schegge larghe e molto larghe in quarzo (BRANDAGLIA 2000); a Pianosa l’industria litica comprende lame, lamelle, microlamelle, raschiatoi e denticolati che dominano rispetto alle troncature; è inoltre presente un’alta percentuale di bulini (SERRADIMIGNI 2007). Sia al Giglio che a Pianosa sono attestati geometrici, seppur in percentuale molto bassa. A La Marmotta l’industria litica, realizzata soprattutto in selce, è molto abbondante: gli strumenti più utilizzati erano le lame, i geometrici e gli elementi di falcetto ma sono presenti in gran numero grattatoi, punte, raschiatoi, troncature e alcuni becchi. I nuclei sono abbastanza numerosi. L’ossidiana è presente con lame e lamelle anche se non mancano nuclei e schegge di ravvivamento.

L’industria in pietra levigata, con asce, accette, macine e macinelli è presente in molti dei siti a ceramica impressa.

L’ossidiana rinvenuta in diversi siti non sembra provenire da una sola fonte, ma ogni sito rientra nel circuito di distribuzione proprio dell’area geografica di appartenenza (RADI,BOVENZI 2007): a La Marmotta o a Pienza le analisi hanno identificato ossidiane di Lipari e/o di Palmarola come nell’ambiente delle ceramiche impresse medio-adriatiche (BIGAZZI, RADI 1998) mentre nei siti

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dell’Arcipelago Toscano domina il vetro di Monte Arci in Sardegna, naturale fonte di approvvigionamento per quest’area, spesso accompagnato da, se pur rare, ossidiane meridionali (RADI,BOVENZI 2007).

Nonostante il quadro lacunoso finora delineato, il materiale ceramico è abbastanza ben conosciuto. Nell’ambito del patrimonio tipologico vascolare tra le forme più diffuse si riscontrano le ciotole, le scodelle emisferiche, i grandi scodelloni, i bicchieri, gli orcioli, i vasi a fiasco, i vasi ovoidi a bocca stretta, le grandi olle a bocca larga e i grandi dolii. Le dimensioni sono estremamente varie, dal vaso miniaturistico al grande contenitore. I fondi sono in maggioranza ricurvi, mentre quelli piatti o su piede sembrano essere in uso in un’area centro-settentrionale che esclude il Lazio; le anse sono di norma orizzontali, con sezione a bastoncello, impostate obliquamente sulla spalla o sul punto di massima espansione, ma vi sono anche anse verticali, sia nastriformi che a bastoncello. Le prese, a lobo o a bugna, sono forate verticalmente.

Gli impasti sono variabili: dai più grossolani dei contenitori di grosse dimensioni e del vasellame da cucina a quelli più depurati di medio spessore, sino a quelli, più rari, quasi di argilla figulina giallo-rosata. Le superfici dei vasi sono spesso ben lisciate o addirittura lucidate (FUGAZZOLA DELPINO 2002).

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2.2La Ceramica Lineare

Fig. 3. Distribuzione dei siti a ceramica a linee incise. (Legenda: 1: Grotta all’Onda; 2: Riparo La Romita di Asciano; 3: Grotta del Leone; 4: Poggio di Mezzo; 5: Castagneto Carducci; 6: San Vincenzo; 7: Villa Fiorita; 8: Mileto; 9: Pienza; 10: Grotta del Beato Benincasa; 11: Grotta dell’Orso; 12: Grotta Lattaia; 13: Grotta del Gosto; 14: Podere del Bufalo; 15: Pozzi della Piana; 16: Grotta Bella; 17: Grotta di Settecannelle; 18: Grotta del Lago di Torre Crognola; 19: Torre Crognola; 20: Monte Rozzi; 21: Colle della Capriola; 22: Poggio Olivastro; 23: Grotta Rubina; 24: Monte Piombone; 25: Grottone di Montevenere; 26: Grotta del Vannaro; 27: Caverna dell’Acqua; 28: Caverna dello Stipe; 29: I “Meri” di Monte Soratte; 30: Tufarelle; 31: Bufalareccia; 32: San Pietrino; 33: S. Giovenale; 34: Codata delle Macine; 35: Polledrara di Pian Cisterna; 36: Grotta Patrizi al Sasso di Furbara; 37: Pyrgi; 38: La Marmotta; 39: Palidoro; 40: Grotticella del Costone di Battifratta; 41: Le Caprine di Guidonia; 42: Casale Pescatore).

La definizione di “ceramica lineare” è stata introdotta da A.M. Radmilli nel 1974 per comprendere le entità prima definite come “cultura di Sasso-Fiorano” e “aspetto di Sarteano”, presenti nel territorio tosco-laziale e a nord degli appennini.

Allo stato attuale delle ricerche si possono distinguere tre zone principali caratterizzate da aspetti culturali diversi: la Toscana settentrionale rientra nella sfera culturale dei gruppi della cultura di Fiorano, la Toscana sud-orientale e i

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territori umbri confinanti sono interessati dalla facies di Sarteano mentre il Lazio settentrionale dai gruppi della facies del Sasso e dal particolare aspetto di Montevenere (FUGAZZOLA DELPINO 1987; MARTINI et al. 1991), caratterizzato dall’associazione di ceramica incisa e dipinta.

La distribuzione dei gruppi della ceramica lineare ricalca in parte quella dei gruppi della ceramica impressa nei siti all’aperto e in grotta; tuttavia sembra attestato uno sviluppo insediativo maggiore nelle zone dell’entroterra, soprattutto nell’alto Lazio (FUGAZZOLA DELPINO 1987;FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993) (Fig. 3).

I rinvenimenti di ceramica lineare sono attestati a San Rossore, sulla costa in prossimità di Pisa (BAGNONE, 1982), dove tracce della presenza umana nelle zone costiere sono testimoniate anche da focolari.

Più all’interno, sui Monti Pisani, sono presenti i siti di Grotta del Leone (RADI 1974;1996b; D’EUGENIO 1990;GRIFONI CREMONESI et al. 2007), il riparo La Romita di Asciano (PERONI 1962-63; GRIFONI CREMONESI et al. 2007) e Grotta all’Onda (AMADEI,GRIFONI CREMONESI 1986-87).

Nella piana fiorentina si trova il sito di Mileto (SARTI et al. 1991, MARTINI 1996) che sembra avere più rapporti con aspetti di tipo Fiorano dell’Italia Settentrionale che con aspetti tosco-laziali.

Un altro sito a ceramica lineare di influenza padana è il sito di Casa Querciolaia, che ha restituito numerosi manufatti fittili e litici, provenienti da una struttura infossata ricavata nel Terrazzo Basso di Livorno (LAZZAROTTO et al., 1990) e riempita da terreno antropizzato.

Le forme vascolari individuate confermano l’attribuzione alla Cultura di Fiorano, così come l’industria litica, ricavata in gran parte da selce alloctona proveniente dalle formazioni venete dei Monti Lessini, e da eclogiti alpine (IACOPINI 2000a; IACOPINI 2000b; IACOPINI,GRIFONI CREMONESI 2000).

Lungo la costa verso Sud, rari ritrovamenti di superficie si hanno a Castagneto Carducci (SAMMARTINO 1988;2007) e a San Vincenzo (FEDELI 1986-87;2000b).

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Nell’Arcipelago Toscano la ceramica lineare è sicuramente attestata nel sito di Pianosa-Cala Giovanna Piano, dove si trova associata alla ceramica impressa come segnalato in precedenza (BONATO et al. 2000; CAPONI, RADI 2007); frammenti di ceramica decorata a linee incise provengono anche dall’Isola del Giglio (BRANDAGLIA 2000;2002).

In Toscana orientale, uno dei siti che ha restituito materiale ceramico attribuibile alla cultura della ceramica lineare è la Grotta dell’Orso di Sarteano (GRIFONI 1967;1996c): le forme vascolari di questo complesso presentano tazze carenate, tazze emisferiche, ciotole, bicchieri che trovano confronto sia con la cultura di Fiorano che con quella di Sasso; i motivi decorativi a incisione e solcature si avvicinano più a quelli di Sasso che non di Fiorano, ma sono presenti anche decorazioni confrontabili con la cultura di Fiorano (GRIFONI 1967;1996c). Oltre alla Grotta dell’Orso, sempre in Toscana orientale la ceramica lineare è stata rinvenuta a Grotta del Beato (RADI 1981;1996a), Grotta Lattaia (GRIFONI CREMONESI 1969)e Grotta del Gosto (GRIFONI CREMONESI 1969).

L’unico insediamento all’aperto con strutture certe è il sito di Pienza, dove nel livello 9 si trovano ceramiche lineari e ceramiche dipinte tipo Ripoli. Bisogna ricordare tuttavia che il sito di Pienza rimane tutt’oggi largamente inedito.

Nel territorio umbro testimonianze della cultura della ceramica lineare provengono dal sito di Grotta Pozzi della Piana (PASSERI 1970),dove sono stati rinvenuti vasi assimilabili a quelli di Sarteano e un orcio dipinto tipo Montevenere; purtroppo questi materiali non sono in stratigrafia, ma testimoniano comunque contatti tra l’ambito senese, il confine umbro e il Lazio settentrionale.

Da Grotta Bella (GUERRESCHI et al. 1987), ancora in Umbria, provengono resti di ceramiche a linee incise e inornate tipo Sasso, macine e resti umani; si tratterebbe quindi di un'altra grotta ad uso sepolcrale, come la maggioranza dei siti in grotta che hanno restituito testimonianze della cultura della ceramica lineare.

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Per quanto riguarda il Lazio, nella zona settentrionale, i siti che riportano evidenze della cultura della ceramica lineare ricalcano in buona parte quelli con ceramica impressa medio-tirrenica. Nella valle del fiume Fiora, infatti, ceramiche lineari sono state rinvenute nei siti all’aperto di Torre Crognola (FUGAZZOLA DELPINO 1987) e Monte Rozzi (FUGAZZOLA DELPINO 1982;1987) e nei siti in grotta di Grotta di Settecannelle (UCELLI GNESUTTA, MALLEGNI 1988; UCELLI GNESUTTA 1993;1999;2000a; 2000b; 2002b; 2003) e di Grotta del Lago di Torre Crognola (FUGAZZOLA DELPINO 1982;1987).

Presso il lago di Bolsena, nel viterbese, sono presenti diversi siti all’aperto sul Poggio della Capriola (FUGAZZOLA DELPINO 1982; 1987),a Grotta Rubina (FUGAZZOLA DELPINO 1987) e a Monte Piombone (FUGAZZOLA DELPINO 1982; 1987); presso il lago di Vico si trova il deposito della Grotta di Montevenere (FUGAZZOLA DELPINO 1982;1987).

Sui Monti della Tolfa e lungo il corso del Mignone sono stati individuati insediamenti all’aperto, spesso posti in posizioni elevate sopra speroni tufacei; in quest’area si trova la nota Grotta Patrizi al Sasso di Furbara, da cui la definizione dell’aspetto del Sasso (RADMILLI 1951-52;1952-53;PATRIZI et al. 1954; GRIFONI CREMONESI,RADMILLI 2000-01).

Altri siti all’aperto si trovano in località Bufalareccia, sull’acropoli di San Giovenale (DELPINO,FUGAZZOLA DELPINO 1987),a Codata delle Macine sopra una formazione trachitica, a Polledrara di Pian Cisterna e sul Colle di Tufarelle (FUGAZZOLA DELPINO 1982;1987).Al Monte Abatone presso il Fosso dei due Ponti sono stati raccolti in superficie frammenti ceramici tipo Sasso, un’ accettino in pietra verde, ossidiana e un frammento di ceramica tipo Ripoli.

Nella zona costiera del Lazio settentrionale ceramiche tipo Sasso provengono da Palidoro (PERONI 1965) e Pyrgi (COLONNA 1970), insieme ad ossidiana e accettine in pietra verde levigata.

Il sito de La Marmotta (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993) sul lago di Bracciano la ceramica lineare compare nella seconda fase di frequentazione del

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sito, associata a ceramica impressa, e nella terza fase in cui sembrano scomparire impressa e dipinta.

Anche nell’area tiberina sono presenti siti in grotta che hanno riportato materiali tipici della cultura del Sasso: la Grotta dei Meri di Monte Soratte (FUGAZZOLA DELPINO 1982; 1987), la Grotta del Vannaro (CAZZELLA, MOSCOLONI 1976,in FUGAZZOLA DELPINO 1987) e alcune Cavernette Falische (RELLINI 1920,inFUGAZZOLA DELPINO 1987).

Infine, lungo la Valle del Fiume Sacco nel Lazio meridionale, dal sito di Casale del Dolce proviene materiale ceramico decorato a linee incise e dipinto (ZARATTINI,PETRASSI 1997).

Tra i siti succitati, quelli di abitato comprendono il sito di Mileto, dove sono state messe in luce grandi fosse di combustione che presentano analogie con quelle trovate a Catignano (TOZZI,ZAMAGNI 2003);il sito di San Rossore, presso Pisa, dove sulle dune costiere sono stati rinvenuti focolari delimitati da piccoli blocchi di pietra; il sito di Casa Querciolaia dove sono venuti alla luce una fossa ovale e un piccolo pozzo; il sito di Pienza che ha restituito capanne e focolari (Str. 9); il sito di Tufarelle dove sono state accertate strutture di abitato; il sito di Casale del Dolce, in cui è stata rinvenuta una grande capanna absidata del tutto simile a quella di Catignano (TOZZI,ZAMAGNI 2003).

L’economia è basata sull’allevamento e sull’agricoltura, come dimostrano diversi siti tra cui Pienza, Grotta dell’Orso e La Marmotta. Nei livelli 9/10 di Pienza è attestata la presenza di Triticum aestivum compactum e di leguminose; le attività legate all’agricoltura sono indirettamente testimoniate anche dalla frequente presenza di macine in arenarie, asce e accette in pietra levigata e da elementi di falcetto.

L’allevamento è rappresentato in maggioranza da ovicaprini, seguiti da suini e da bovini; solamente nella Grotta del Vannaro predominano i suini seguiti da cervo, bue e pecore. La caccia quindi è ancora un’attività attestata.

Per quanto concerne l’industria litica le documentazioni disponibili non sono molte; si possono indicare lame in selce con doppia troncatura obliqua o

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normale, una delle quali è un elemento di falcetto, provenienti da Grotta dell’Orso. Ai Pozzi della Piana sono presenti bulini, troncature su estremità di lama e trapezi isosceli, schegge e nuclei, ma trattandosi di oggetti sparsi in superficie e quindi senza giacitura è difficile affermare che appartengano tutti al complesso delle ceramiche a linee incise. A Grotta Bella si hanno romboidi corti e trapezi come quelli di Pozzi della Piana e de La Marmotta. A Grotta del Vannaro sono presenti troncature, geometrici e denticolati. Da Mileto provengono bulini, grattatoi, troncature, punte a dorso, geometrici, raschiatoi lunghi e corti e foliati (SARTI et al. 1991). A Casa Querciolaia e a Mileto è attestata la tecnica del microbulino (IACOPINI 2000a; 2000b; IACOPINI, GRIFONI CREMONESI 2000).

L’ossidiana proviene da siti per lo più con stratigrafia incerta e le determinazioni di questa materia prima sono poche: nei contesti laziali, come La Marmotta, è sempre di Lipari e di Palmarola (BIGAZZI, RADI 1998). Soltanto Casa Querciolaia ha restituito tutte ossidiane sarde, in un complesso che pare improntato da apporti della cultura settentrionale di Fiorano (RADI, BOVENZI 2007).

Il materiale ceramico comprende una discreta varietà di forme vascolari: la più caratteristica è il boccale carenato monoansato e decorato che tende a divenire globulare nell’aspetto di Sarteano (GRIFONI CREMONESI 1996). Sono presenti inoltre ciotole troncoconiche a pareti tese, ciotole emisferiche e carenate, tazze carenate con ansa ad anello o a nastro sopraelevate sul bordo, vasi ovoidali, vasi a fiasco di grandi dimensioni con anse a maniglia o a nastro angolare (che sembrano ricollegarsi ad ambienti della tarda ceramica impressa e di Catignano), vasi di dimensioni molto piccole cilindrici o emisferici, cucchiai, mestolini canaliculati. Dalla Grotta dell’Orso proviene un unicum rappresentato da un vaso a due colli. Le forme di presa, oltre alle anse sopraccitate, sono costituite da prese semicircolari e bugne (GRIFONI CREMONESI 1996). La decorazione tipica è caratterizzata da linee incise che formano motivi angolari, rombi, triangoli scaleni, angoli acuti, fasce ellittiche o a zig-zag, fiamme che partono talvolta da un

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cerchio, tondi in rilievo. I motivi, spesso evidenziati da incrostazioni di cinabro, sono presenti sui boccali e sulle ciotole. Nell’aspetto di Montevenere gli stessi motivi sono realizzati con pittura bruna, con una tecnica simile a quella di Catignano. Altri motivi, come gli ornati a foglioline o i cordoni sottili incisi a tacche, si ricollegano piuttosto all’areale di Fiorano (GRIFONI CREMONESI 1996).

L’industria su osso presenta spatole, punte coniche (zagaglie), punteruoli e arpioni in corno di cervo.

Gli oggetti di ornamento sono costituiti da conchiglie forate, Dentalium, piastrine in osso forate, un pendaglio in osso ottenuto da metapode di Ovis decorato a X, un anellone in osso, anelloni in pietra a sezione triangolare, canini atrofici di cervo forati e loro imitazioni in pietra.

Testimonianze di manifestazioni artistiche sono decisamente rare: si ricordano due “testine” in argilla, una da Mileto e l’altra da Grotta Patrizi e un ciottolo dipinto proveniente da Grotta dell’Orso.

Il rituale funerario è ben conosciuto sia dalla sepoltura di Grotta Patrizi che da Grotta dell’Orso. Nella Grotta Patrizi è nota la sepoltura dell’individuo con il cranio trapanato che trova confronti con quello di Catignano e di Trasano. La sepoltura riporta inoltre tracce di cinabro sul fondo della stessa e sul cranio dell’inumato. Nella Grotta dell’Orso di Sarteano elementi di rituale funebre sono riconosciuti nelle macine colorate con ocra rossa e nel vaso a due colli precedentemente citato; le sepolture di Grotta dell’Orso sono state purtroppo rinvenute sconvolte, fatto abbastanza frequente per i siti in grotta utilizzati a scopo sepolcrale.

In alcune grotte del Lazio (Grotta di Montevenere, Grotta dei Meri sul Monte Soratte, Grotta del Lago di Vulci) e dell’Umbria (Grotta Pozzi della Piana) è inoltre attestato il culto di acque ipogeiche (GRIFONI CREMONESI 2002).

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2.3 Il quadro cronologico

Gli elementi utilizzabili per la seriazione crono-culturale del Neolitico antico dell’Italia medio-tirrenica provengono da poche serie stratigrafiche: gli studi tipologici delle ceramiche e le datazioni C14 effettuati sui materiali non sembrano consentire una determinazione chiara ed univoca dei rapporti tra le facies culturali a livello regionale.

Nelle stratigrafie dei siti del Riparo La Romita di Asciano e Pienza le ceramiche impresse medio-tirreniche si trovano alla base dei livelli neolitici, seguite da ceramiche lineari; nei siti di Pianosa-Cala Giovanna Piano, di San Pietrino di Rota e de La Marmotta la ceramica impressa medio-tirrenica risulta associata alla ceramica lineare.

Datazioni radiometriche per la ceramica impressa medio-tirrenica provengono dal sito de La Marmotta (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993; 1999; FUGAZZOLA DELPINO 2002a; 2002b), dalla Grotta di Settecannelle (UCELLI GNESUTTA, BERTAGNINI 1993; UCELLI GNESUTTA 2002a; 2002b; 2003) e da Pianosa-Cala Giovanna Piano (COLOMBO,TOZZI 2007).

Per quanto riguarda la Marmotta, le datazioni (radiocarboniche e dendrocronologiche) sono state ottenute da campioni lignei, prelevati da pali infissi in diversi settori dello scavo e da elementi strutturali lignei (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993; 1999; STUIVER, PEARSON 1993; FUGAZZOLA DELPINO 2002a; 2002b):

R-2309: 6350±75 BP non cal.; 5371/5231 cal. BC R-2310: 6310±75 BP non cal.; 5470/5200 cal. BC R-2311: 6370±95 BP non cal.; 5520/5200 cal. BC R-2336: 6550±70 BP non cal.; 5522/5432 cal. BC R-2339: 6590±65 BP non cal.; 5640/5460 cal. BC R-2345: 6530±65 BP non cal.; 5620/5360 cal. BC R-2353: 6600±45 BP non cal.; 5525/5444 cal. BC R-2357: 6350±60 BP non cal.; 5327/5252 cal. BC

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R-2360: 6855±65 BP non cal.; 5830/5580 cal. BC ?: 6189±43 BP non cal; 5250/4990 cal. BC

Dal sito della Grotta di Settecannelle sono state ottenute due datazioni radiocarboniche: una è stata effettuata sul cranio di un bambino e proviene dal livello “cardiale” (GRA-15587: 6580±50 BP; 5610/5479 cal. BC); l’altra (GrN-14543: 7780±150 BP; 6790/6450 cal. BC) – inizialmente riferita al livello “cardiale” (UCELLI GNESUTTA, BERTAGNINI 1993) – è stata attribuita « (…) ad una fase di frequentazione pre-neolitica, che non possiamo con sicurezza correlare a materiali, a causa dei rimaneggiamenti subiti dal deposito archeologico già in età antica (UCELLI GNESUTTA 2003:1071-1072).

Il sito di Cala Giovanna Piano ha fornito una serie di datazioni ottenute da campioni di materia carboniosa analizzati col metodo AMS (COLOMBO, TOZZI 2007):

LTL-1468A: 6222±60 BP non cal.; 5320/5020 cal. BC LTL-1153A: 6200±70 BP non cal.; 5320/4980 cal. BC Beta-181546: 6090±40 BP non cal.; 5210/4980 cal. BC LTL-1778A: 5877±55 BP non cal.; 4900/4590 cal. BC Un’ultima datazione è stata ottenuta su un frammento di osso:

GrA-13474: 5680±40 BP non cal.; 4620/4440 cal. BC

Alcuni siti a ceramica lineare hanno fornito datazioni radiocarboniche che confermano l’esistenza di un momento di contemporaneità con la ceramica impressa medio-tirrenica; i siti sono Pian di Cerreto, in Garfagnana, da cui provengono due datazioni:

Rome-548: 6680±80 BP non cal.; 5601/5482 cal. BC R-2702: 6447±56 BP non cal.; 5435/5313 cal. BC il sito di Muraccio, in Garfagnana, con due datazioni:

Rome-427: 6210±80 BP non cal.; 5230/5063 cal. BC Rome-941ν: 6352±60 BP non cal; 5470/5220 cal BC

il sito di Mileto, precedentemente citato, da cui proviene la seguente datazione: Beta-41114: 6180±80 BP non cal.; 5320/4930 cal. BC

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il sito di Montevenere, precedentemente citato, che ha fornito le seguenti datazioni:

R-1175: 6940±100 BP non cal.; 6010/5650 cal. BC R-1169α: 5770±50 BP non cal.; 4730/4490 cal. BC.

Altre datazioni per la facies a ceramica lineare sono stati ottenute da siti toscani e laziali:

Casa Querciolaia:

GrA13891: 6040±50 BP non cal.; 5060/4790 cal. BC Grotta dell’Orso di Sarteano:

R-676: 6080±60 BP non cal.; 5080/4840 cal. BC. Questa data è considerata

terminus ante quem per la ceramica lineare (GRIFONI CREMONESI 1996); San Rossore (Poggio di Mezzo):

?: 5850±60 BP non cal.; 4850/4540 cal. BC Luni sul Mignone (Tre Erici):

St-1344: 5395±80 BP non cal.; 4370/4030 cal. BC.

Le datazioni radiometriche di cui si dispone permettono di definire un arco cronologico compreso tra 5700 e 4500 anni BC cal. Sulla base dei dati attuali è possibile ipotizzare che la datazione più antica proveniente dal sito de La Marmotta (6855±65 BP non cal.) possa riferirsi al livello di primo impianto del villaggio (FUGAZZOLA DELPINO et al. 1993; 1999; FUGAZZOLA DELPINO 2002a; 2002b); le datazioni relative al VI millennio potrebbero corrispondere ad un momento di sviluppo della ceramica con decorazione “cardiale”, mentre quelle riferibili agli ultimi secoli del VI millennio B.C. cal. possono essere inquadrate in un momento avanzato della ceramica impressa medio-tirrenica, quando il decoro cardiale era meno presente e avevano fatto la loro comparsa aspetti confrontabili con l’“epicardiale” e la ceramica lineare (La Marmotta, Cala Giovanna Piano). Infine le date più recenti, coincidenti con la prima metà del V millennio B.C. cal.,

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dovrebbero corrispondere ad una fase finale della ceramica impressa medio-tirrenica e al pieno sviluppo della ceramica lineare.

Un quadro più ampio in cui collocare le datazioni ottenute per l’area tosco-laziale è fornito dalle serie cronologiche dei siti liguri-provenzali, sardi e corsi, che hanno stringenti affinità culturali con le ceramiche impresse dell’Italia medio-tirrenica.

Verranno di seguito descritte le dinamiche culturali e i quadri cronologici di ogni singola area sopraccitata.

3. Il Neolitico antico dell’arco ligure-provenzale

Fig 4. Distribuzione dei siti a ceramica impressa (Liguria occidentale - Provenza) (da GUILAINE, MANEN 2007).

Già all’inizio degli anni ’60 del 1900 la cultura “cardiale” era considerata come la fase primaria del Neolitico antico del sud della Francia (ARNAL 1953;

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ARNAL et al. 1960), inserita in un contesto mediterraneo più ampio caratterizzato da una certa unità di orizzonti a ceramica impressa.

Con il proseguire delle ricerche, nell’ultimo ventennio, questa ipotesi è stata confutata dal riconoscimento di una fase di colonizzazione anteriore al Cardiale e probabilmente alla fase classica del Neolitico antico tirrenico. Questa fase denominata “Impressa” (BINDER et al. 1993; BINDER, MAGGI 2001; MANEN 2002; GUILAINE, MANEN 2007), di influenza italica, si sviluppa in un arco cronologico che va dal 5800 al 5600 a.C. (MANEN 2002; GUILAINE, MANEN 2007).La fase “Impressa” è stata individuata in tre diversi siti, due dei quali sono situati nel comune di Portiragnes (Hérault): uno è il sito di Peiro Signado, l’altro è il sito di Pont de Roque. Il terzo è costituito dall’orizzonte inferiore del riparo di Pendimoun a Castellar (Alpi Marittime) (GUILAINE J.2007).

Il sito di Pendimoun (BINDER et al. 1993) ha restituito una sequenza stratigrafica costituita da un livello inferiore con ceramica di facies “impressa” di tipo arcaico (Pendimoun 1; BINDER, MAGGI 2001), che trova confronti con le Marche, l’Abruzzo, la Puglia e l’Isola del Giglio; questo livello è seguito da un livello con ceramiche di facies “cardiale geometrico” tipo Basi-Pienza-Filiestru (Pendimoun 2; BINDER, MAGGI 2001) e successivamente da livelli a ceramica “cardiale rodano-provenzale” (BINDER,MAGGI 2001;MANEN 2002).

Dal livello di facies impressa arcaica proviene una datazione radiocarbonica: Gif A95051: 9110±100 BP non cal, considerata non attendibile in quanto troppo antica; un’altra datazione concerne un osso dell’orizzonte “cardiale”: Gif A95050: 6940±90 BP non cal. ed è ugualmente troppo alta (BINDER,MAGGI 2001).

Il sito di Pendimoun trova confronto con il sito della Caverna delle Arene Candide in Liguria (MAGGI 1997a; 2002; BINDER, MAGGI 2001). Infatti, dalla revisione della sequenza olocenica della Caverna delle Arene Candide sono state evidenziate due fasi del Neolitico antico basate su particolari aspetti stilistico-tipologici delle ceramiche, già evidenziati nello studio di A. Traverso (1999), e sulle datazioni radiocarboniche (MAGGI 1997a; 2002; BINDER,MAGGI 2001):una fase (e facies) più antica (Neolitico antico I), caratterizzata da ceramica impressa

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strumentale geometrica con tecnica decorativa “a sequenza”, presente nei livelli inferiori del deposito (livelli 9a BASE, 10). Dalla base del deposito proviene una datazione effettuata con metodo AMS su una cariosside di orzo: Beta 110542: 6830±40 BP (5790/5660 BC 2σ; STUIVER et al. 1998; MAGGI 2002).Una seconda fase (Neolitico antico II) invece è caratterizzata anche dalla decorazione ottenuta con il bordo della conchiglia Cardium (MAGGI 2002). La ceramica cardiale si trova nei livelli superiori (9a, 9b) della serie stratigrafica del Neolitico antico. Il livello 9a è datato ?: 6370±50 BP (5470/5280 BC 2σ; STUIVER et al. 1998; MAGGI 2002).

Altre datazioni radiocarboniche riferibili alla sequenza complessiva del Neolitico antico, sono state effettuate su materiali organici provenienti dagli scavi di Bernabò Brea (1948-1950) (BERNABÒ BREA 1956):

Beta-66553: 6880±60 BP non cal (layer: 27G).; 5840/5610 cal. BC Beta-66551: 6350±60 BP non cal. (layer: 26ABD); 5400/5210 cal. BC Beta-66552: 6150±70 BP non cal. (layer: 27C); 5240/4910 cal. BC.

Dalla serie stratigrafica del Neolitico della Caverna delle Arene Candide si evince inoltre che nei livelli del Neolitico antico le ossidiane sono di provenienza sarda e pontina, mentre nei livelli del Neolitico medio si trovano associate anche ossidiane liparesi in pari percentuale (AMMERMAN,POLGLASE 1997).

La facies antica del Neolitico antico ligure-provenzale è caratterizzata da diversi aspetti dell’impressa (Pendimoun I e Arene Candide I), confrontabili con gli aspetti a “ceramica impressa” del Neolitico antico dell’Italia centro-meridionale (RADI 1998;GRIFONI CREMONESI,RADI 1999;PESSINA 2002;TINÉ 2002),in particolare per alcune caratteristiche della produzione ceramica: le basi piatte, le forme cilindriche e la decorazione a impressione strumentale o a conchiglia che tende a coprire l’intera superficie del vaso.

La fase recente è caratterizzata dalla facies “cardiale” di tipo geometrico e rodano provenzale (Pendimoun 2-4 e Arene Candide 2), e trova confronti con la “ceramica impressa medio-tirrenica”.

La suddetta divisione non è tuttavia così chiara: la fase Arene Candide I, infatti, viene anche definita “Impressa Geometrica” (BINDER,MAGGI 2001:421)

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e sembra presentare temi decorativi comuni alla fase “cardiale geometrica” di Pendimoun 2. Questa argomentazione potrebbe far ipotizzare una anteriorità di Pendimoun 1 ma la datazione ottenuta su un osso proveniente da questi livelli risulta decisamente troppo antica (9110±100 BP non cal.). Inoltre si deve evidenziare come nel sito delle Arene Candide il decoro cardiale sia rappresentato piuttosto da impressioni coprenti eseguite con il Cardium che non hanno strette somiglianze con i decori geometrici del cardiale tirrenico, ma che trovano confronti con l’Isola del Giglio (MAGGI,STARNINI 1997).

Pertanto, allo stato attuale delle ricerche, molte ipotesi restano ancora da approfondire, come evidenziano gli stessi Autori (BINDER,MAGGI 2001).

Nel sito di Peiro Signado (ROUDIL, SOULIER 1983, in MANEN 2002; MANEN 2002) è stata individuata una fase più antica del “cardiale” caratterizzata da ceramica impressa a “sillons” anche se sono presenti altre decorazioni: impressioni con il Cardium, impressioni più o meno circolari, brevi incisioni, digitate e pizzicato: da segnalare inoltre la presenza di piccole quantità di ossidiana probabilmente di origine liparese (GUILAINE, MANEN 2002; VAQUER 2006).Il sito di Peiro Signado sembra trovare confronti diretti con le ceramiche della prima fase delle Arene Candide(MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007): in entrambi infatti la decorazione è organizzata in motivi a “sillons d’impression”.

Tuttavia, sulla base delle lacune e della situazione ancora oggi poco chiara del Neolitico antico ligure, si può affermare con cautela che Peiro Signado rappresenta una facies legata alla Liguria, ma la sua origine e il suo sviluppo non sono chiari.

Le datazioni radiocarboniche inquadrano il sito di Peiro Signado tra il 5800 e il 5600 BC cal. (MANEN,SABATIER 2003):

Ly-8399: 6770±55 BP non cal.; 5750/5610 cal. BC; Ly-8400: 6840±55 BP non cal.; 5840/5630 cal. BC.

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Nel sito di Pont de Roque-Haute la ceramica è decorata prevalentemente ad impressioni ottenute con Cardium ma sono presenti in minor misura anche “sillons

d’impressions” e incisione; sono stati inoltre rinvenuti alcuni elementi in ossidiana

di Palmarola (DE FRANCESCO,CRISCI 2007).

Gli elementi di comparazione di Pont de Roque convergono verso l’impressa italica del Sud. Il sito fa riferimento all’ orizzonte “pre-cardiale” mal definito nell’area tirrenica e di cui il Giglio sembra essere per ora l’unico rappresentante (GUILAINE, MANEN 2007). I confronti con il complesso de Le Secche-Isola del Giglio nell’Arcipelago Toscano (BRANDAGLIA 1985;1991;2000) sono stretti:il decoro tende infatti a coprire la superficie del vaso ma non risulta articolato in particolari motivi geometrici.

Qualche somiglianza sembra essere presente con Pendimoun I, ma le caratteristiche generali della produzione ceramica non sembrano avere un legame particolarmente stringente (MANEN 2007).

Anche un altro sito toscano può essere avvicinato alla facies “impressa”: si tratta del sito di Coltano-San Gabriele che presenta alcuni frammenti di ceramica impressa strumentale e cardiale confrontabile con aspetti della ceramica impressa medio-adriatica e meridionale; in entrambi i siti toscani (Le Secche-Isola del Giglio, Coltano-San Gabriele), le ceramiche sono associate a ossidiane della Sardegna e di Palmarola2.

Dal sito di Pont de Roque-Haute provengono due datazioni radiocarboniche comprese tra il 5750 e il 5500 a.C. (MANEN, SABATIER 2003; GUILAINE,MANEN 2007).

Per quanto riguarda la genesi di questa fase “Impressa”, è possibile che essa rappresenti una prima fase di popolamento neolitico del Sud della Francia, dove avvengono incursioni per via marittima dall’Italia. I siti che presentano questa fase possono essere stati dunque impiantazioni “pioniere”, ipotesi avvalorata dal fatto che nessuno tra questi presenta strutture che facciano supporre un’occupazione di lunga durata dell’insediamento (GUILAINE,MANEN 2007).

2 L’ossidiana rinvenuta nell’Isola del Giglio non è attribuibile con sicurezza al complesso de Le Secche (BRANDAGLIA 1985)

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La successione “impressa/cardiale” è stata ulteriormente sviluppata da C. Manen e J. Guilaine, che hanno suddiviso il “cardiale” in una fase più antica e una fase più recente (MANEN 2002; GUILAINE, MANEN 2007). Questa evoluzione è stata identificata grazie alla stratigrafia del sito di Châteauneuf-les-Martigues (ESCALON 1967;COURTIN et al. 1985, in GUILAINE, MANEN 2007).

La fase più antica del cardiale si colloca tra il 5600 e il 5400/5300 a.C. ed è caratterizzata da ceramica decorata prevalentemente a Cardium organizzata in motivi ben strutturati geometrici o costituiti da bande delimitate. Molto presente è la decorazione plastica con cordoni talvolta impressi che circondano il vaso (MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007).

La fase più recente si colloca tra il 5300 e il 4900 a.C. ed è costituita da ceramica con decorazione in linee semplici di impressioni ottenute con punzoni vari, digitali, a pettine. L’uso del Cardium diminuisce.

La ripartizione geografica del “cardiale” è prevalentemente costiera, anche se non mancano precoci penetrazioni all’interno lungo assi fluviali o zone di montagna. Tuttavia la conoscenza della “sitologia” di questa fase è ancora insufficiente (MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007).Per quanto riguarda la sua origine, si deve escludere l’apporto culturale del solo “cardiale” tirrenico, in quanto le due facies (“cardiale” tirrenico e “cardiale” del Sud della Francia), presentano aspetti decorativi comuni ma anche notevoli differenze.

L’ipotesi di un processo autoctono derivato da una conversione di popolazioni indigene mesolitiche alla nuova economia introdotta dagli italici rimane ancora oggi da approfondire (MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007).

Un’ulteriore ipotesi descrive il “cardiale” come una nuova cultura che si sviluppa sotto l’effetto di molteplici fattori: l’impatto italico precedente con l’ “Impressa”, il contatto con l’area tirrenica e il mantenimento di tradizioni autoctone mesolitiche, come la persistenza di riti funerari simili e della caccia (MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007).

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Bisogna tuttavia osservare che alcuni siti del Neolitico antico che hanno restituito complessi ceramici inquadrabili nella facies “cardiale”, riportano delle datazioni radiocarboniche in parte sovrapponibili a quelle di facies “impressa”.

Nel Midi francese diversi siti hanno fornito datazioni inquadrabili nella prima metà del VI millennio a.C. in cronologia calibrata (MANEN 2002;MANEN, SABATIER 2003; BINDER 1995), anche se sono state apportate critiche alla loro affidabilità (BINDER,GUILAINE 1999,inMANEN 2002):

Leucate-Correge:

MC-780: 6800±90 BP non cal.; 5830/5510 cal. BC Grotte Gazel (Fase A):

GRN-6702: 6850±90 BP non cal.; 5970/5630 cal. BC KNs.réf: 6810±130 BP non cal.; 5970/5480 cal. BC Gif-2401: 6810±130 BP non cal.; 5970/5480 cal. BC Frontbrégoua (livelli inferiori):

Gif-2990: 6700±100 BP non cal.; 574075426 cal. BC Font de Pigeons:

MC-2515: 6900±100 BP non cal.; 5970/5583 cal. BC

Il sito de la Baume d’Oullins nella media valle del Rodano ha restituito una data che si colloca tra il 5600 e il 5430 BC cal.; questo potrebbe portare a supporre un arrivo del cardiale sulle coste francesi già verso il 5700 BC cal.

Inoltre in Liguria il sito di San Sebastiano di Perti (STARNINI,VICINO 1993; CAPELLI et al. 2006), l’unico insediamento all’aperto nell’area del Finale, ha restituito un complesso ceramico con decoro costituito prevalentemente da

Cardium, ma anche da impressioni strumentali tra cui è presente il “sillons d’impressions”. Stilisticamente le ceramiche sono state attribuite alla seconda fase

del Neolitico antico della Liguria occidentale (CAPELLI et al. 2006).

Tuttavia in base alla datazione radiocarbonica (GrA 25715: 6760±45 BP non cal.- 5730/5610 BC cal. 2σ; STUIVER et al. 1998), ottenuta con metodo AMS su di una cariosside di Hordeum vulgare, il sito è compreso nella prima fase del

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Neolitico antico della Liguria (Caverna delle Arene Candide; BINDER, MAGGI 2001;MAGGI 2002).

Alla fase recente del “cardiale”, collocata come precedentemente accennato tra il 5300 e il 4900 a.C., si affianca la diffusione di un’altra facies cosiddetta “epicardiale”. Questa facies si sviluppa parallelamente al “cardiale” recente ed è caratterizzata da una produzione ceramica scadente decorata a “scanalature” e a “poinçon” ottenute con punzoni vari e da poche forme vascolari (MANEN 2002). L’uso del Cardium è poco attestato.

Se l’origine del “cardiale” recente è più chiara e non presenta rotture con il cardiale antico, l’ipotesi di una non filiazione tra cardiale antico ed epicardiale è stata proposta sulla base della cronologia, di una ripartizione geografica diversa e sulle discordanze tipologiche e stilistiche della produzione ceramica (VAN WILLINGEN,in MANEN 2002).

Secondo C. Manen esiste invece una continuità tra il cardiale antico e l’epicardiale, che si riscontra in particolare nei siti di Baume d’Oullins, Grotte Gazel, Grotte du Tai e baume Bourbon, dove la ceramica è simile a quella cardiale e la produzione è molto curata (MANEN 2002).

L’unica differenza sostanziale tra le due fasi è la ripartizione geografica, poiché il cardiale recente si diffonde, come quello antico, lungo la zona costiera mentre l’epicardiale “colonizza” le zone più interne continentali spingendosi fino all’Atlantico (MANEN 2002;GUILAINE,MANEN 2007).

L’elevata forza espansionistica dell’ “epicardiale”, con la fase recente, sembra poi soppiantare il cardiale in tutto lo spazio neolitizzato iniziale (MANEN 2002; GUILAINE, MANEN 2007); rimangono tuttavia ancora molte incertezze e lacune nello studio della neolitizzazione del sud della Francia che potranno essere chiarite soltanto con ulteriori e più approfondite ricerche.

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4. Il Neolitico antico in Sardegna

Fig. 5. Distribuzione dei principali siti del Neolitico antico in Sardegna (modificato da TANDA

1997).

Il Neolitico antico della Sardegna è stato differentemente diviso in due o tre fasi, con variazioni di ordine cronologico, a seconda degli Autori (ATZENI et al., 1981; ATZENI 1987; FOSCHI 1987; TANDA 1999; FUGAZZOLA DELPINO et al. 2002; MELIS 2002;LILLIU 2003).

Verrà riportata in questa sede la divisione in tre fasi adottata da G. Tanda (1999): Neolitico antico I, Neolitico antico II e Neolitico antico III o “epicardiale” o “di Filiestru”.

Al Neolitico antico I sono attribuiti i materiali di Grotta Filiestru di Mara (Sassari) (TRUMP 1983; 2002) trincea D7, Grotta Corbeddu di Oliena (Nuoro) strato I, Su Carroppu di Sirri (Cagliari) e i siti di Su Stangioni (Cagliari) (USAI 2002) e Cala Corsara nell’Isola di Spargi (Olbia-Tempio). La ceramica è caratterizzata da decorazione cardiale. L’industria litica è prevalentemente in

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ossidiana, seguita dalla selce, entrambe di origine autoctona. La tipologia mostra una prevalenza di geometrici e la tipometria una tendenza al microlitismo.

Oltre l’allevamento sono ben attestate la caccia, la pesca e la raccolta di molluschi; l’agricoltura sembra avere un ruolo marginale e solo nelle fasi successive acquista maggiore rilevanza nell’economia dei primi neolitici sardi.

I confronti si hanno soprattutto con la Corsica, ad esempio con il sito di Basi (BAILLOUD 1969),di Strette e di Aléria (CAMPS 1988),ma anche in Toscana con i siti di Pienza (CALVI REZIA 1972;1980) e dell’Isolotto de La Scola (DUCCI

et al. 2000; DUCCI,PERAZZI 2002b).

Le datazioni assolute (TANDA 1999; FUGAZZOLA DELPINO et al. 2002; LILLIU 2003)disponibili per il Neolitico antico I provengono soprattutto dai siti del sassarese.

La Grotta Corbeddu di Oliena ha restituito diverse datazioni assolute: una data troppo vecchia e ritenuta poco attendibile per una probabile bioturbazione proviene dallo strato I (utC-22: 8040±180 BP non cal.); un’altra data proviene sempre dallo strato I (utC-1251: 6690±80 BP non cal.; 5730/5429 cal. BC, TANDA 1999; FENU et al. 2002) “(…) che nella parte più profonda conservava frammenti del “Cardiale classico” decorati anche con impressioni di grossi punti e cordoni plastici (…)” (FUGAZZOLA DELPINO 2002 : 112); un’ultima data da Grotta Corbeddu (utC 15/233: 6490±90 BP non cal.; 5620/5300 cal. BC, TANDA 1999)indica un momento più recente del Neolitico antico I.

Dalla Grotta Filiestru di Mara sono state ottenute quattro datazioni relative al livello neolitico a ceramica impressa cardiale (TRUMP 1983; 2002; TANDA 1999):

Q-3020:6710±75 BP non cal.; 5740/5480 cal. BC Q-3021: 6615±75 BP non cal; 5607/5350 cal. BC Q-3022: 6515±65 BP non cal.; 5570/5290 cal. BC Q-3023: 6470±65 BP non cal.; 5530/5242 cal. BC

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Infine, a questo quadro cronologico si possono associare le date recentemente ottenute dalla Grotta Su Coloru (Sassari) per i livelli neolitici I, H, F, a ceramica cardiale (FENU et al. 1999-2000; 2002):

Beta-167929: 6400±40 BP non cal. (livello F1); 5480/5310 cal. BC Beta-167930: 6680±160 BP non cal. (livello H); 5870/5320 ca. BC Beta-167931: 6830±80 BP non cal. (livello I1); 5900/5610 cal. BC

Il Neolitico antico II della Sardegna comprende il materiale di Grotta Verde (Sassari) (LO SCHIAVO 1987; TANDA 2002), di Grotta Sa Korona di Monte Majore di Chiesi (Sassari) (FOSCHI, NIEDDU 1987; 2002) (str. 3 tg. 4-6) e di Grotta Filiestru D7 strati 1-3 e trincea D6 str.5. Il materiale ceramico presenta una decorazione cardiale e altre decorazioni impresse come quella a poinçon. Il decoro è semplice e localizzato soprattutto sugli orli, sui labbri e sulle anse. Compaiono vasi globulari con collo. I confronti si hanno con contesti del Mediterraneo dove la decorazione cardiale si associa a decorazioni impresse o incise ottenute con altri strumenti: ad esempio a Filitosa e Curacchiaghju in Corsica, ma anche nell’area toscana (Pianosa-Cala Giovanna Piano), nel Midi francese e nella Penisola iberica; in quest’ultimo caso soprattutto per le forme vascolari.

Le datazioni assolute per questa fase del Neolitico sardo non sono conosciute, ma per comparazione con gli altri contesti del Mediterraneo è stata proposta una collocazione alla fine del VI millennio BC (TANDA 1999).

Al Neolitico antico III o “facies Filiestru” o “epicardiale” sono associati i materiali della Grotta Filiestru (livello 6) e Grotta Sa Korona di Monte Majore (str. 3 tg.3-2-1). La ceramica è caratterizzata dalla scomparsa della decorazione cardiale e in genere anche delle altre tipologie di decoro: dominano infatti i vasi inornati e a Monte Majore è attestato un decoro particolare costituito dall’associazione di linee incise, file di punti impressi e bande orizzontali dipinte.

In questa fase sono presenti grosso anelloni litici che trovano confronti con molti contesti dell’Italia settentrionale e dell’Europa.

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Sono state ottenute datazioni assolute a Grotta Filiestru (livello 6): Q-3024: 6120±55 BP non cal.; 5220/4900 cal. BC

Q-3025: 5900±50 BP non cal.; 4940/4680 cal. BC

Inoltre dal livello del Neolitico medio della cultura di Bonu Ighinu proviene una datazione (Q-3026: 5625±65 BP non cal.) che può essere considerata come

terminus ante quem per la fase epicardiale.

5. Il Neolitico antico in Corsica

Fig. 6. Distribuzione dei principali siti del Neolitico antico in Corsica (da COSTA 2004). Il Neolitico antico della Corsica è stato suddiviso in tre fasi desunte dalle stratigrafie, dalla tipologia ceramica e dalle datazioni assolute (LANFRANCHI DE, WEISS 1997).

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La fase antica è stata individuata nei seguenti siti del Sud dell’Isola (BAILLOUD 1969;STUIVER,REIMER 1993;LANFRANCHI DE,WEISS 1997):

Longone (Longone I-livelli inferiori); Basi, da cui proviene la seguente datazione:

Gif1851: 7700±150 BP non cal. (str.7); 6640/6450 cal. BC Curacchiaghju, che ha fornito le seguenti datazioni:

Gif796: 7300±160 BP non cal. (str.6); 6450/5800 cal. BC Gif1961: 7310±170 BP non cal. (str. 6a); 6500/5800 cal. BC Gif1962: 7600±150 BP non cal. (str. 6c); 6850/6050 cal. BC

Le datazioni assolute più vecchie che caratterizzano la “fase antica” sono ritenute troppo alte da poter essere inquadrate nel contesto del Neolitico antico del Mediterraneo occidentale (GRIFONI CREMONESI 2000; TOZZI,WEISS 2001).

La fase recente dell’evoluzione del cardiale è documentata in diversi siti del Nord e del Sud dell’Isola (MAGDELEINE 1984;BONIFAY et al. 1990):

Aléria – Casabianda I, che ha fornito una datazione:

MC-2243: 6670±130 BP non cal.; 5840/5360 cal. BC Araguina-Sennola, da cui provengono le seguenti datazioni:

Gif2324: 6430±140 BP non cal. (str. XVIIc); 5650/5050 cal. BC Gif2325: 6650±140 BP non cal. (str. XVIIe); 5760/5270 cal. BC Strette, che ha riportato due datazioni:

Ly2835: 6420±300 BP non cal. (str. XXb); 6000/4600 cal. BC Ly2836: 6480±480 BP non cal. (str. XXb); 6400/4300 cal. BC A Petra, da cui proviene la seguente datazione:

Gif7368: 6420±60 BP non cal. (str. IIc); 5480/5300 cal. BC Longone:

LGQ617: 6320±140 BP non cal. (str. 4a2); 5550/4900 cal. BC A Revellata I:

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Una terza fase “epicardiale” o della cultura “poinçonnée”, ben attestata a Longone IV, è documentata anche in alcuni siti della fase precedente ma si sviluppa pienamente solo nella terza fase.

Di recente è stata proposta da L.J. Costa una suddivisione per il Neolitico antico della Corsica in sole due fasi: una fase cardiale ed una fase epicardiale o della cultura “poinçonnée” (COSTA 2004).

La fase cardiale di stile Basi-Filiestru-Pienza (CAMPS 1979,in COSTA 2004; CALVI REZIA 1980) comprende numeroso siti corsi, tra i quali Basi, Filitosa, il Riparo di Goulet, Bufua III, Terrina I, Strette, A Petra e Riparo Albertini.

In questa fase del Neolitico antico sono ben attestati i rapporti con le altre culture a facies cardiale, sia per le affinità tipologico-stilistiche delle ceramiche, sia per la diffusione delle materie prime utilizzate nella produzione litica.

Per la produzione litica di geometrici e prodotti laminari sono state infatti utilizzate materie prime silicee quali la selce, l’ossidiana e la riolite vetrosa. Tra queste soltanto la riolite è presente allo stato naturale sull’isola, in particolare nel settore nord-occidentale: era infatti comunemente utilizzata dalle comunità neolitiche settentrionali (COSTA 2004; VAQUER 2006; AMEZIANE-FEDERZONI 2007). La selce e l’ossidiana invece erano importate dalla vicina Sardegna: in questa fase del Neolitico antico sono state rinvenute soprattutto in siti del Sud dell’Isola (COSTA 2004;VAQUER 2006).Come evidenziano le industrie litiche dei siti di Basi e Renaghju, sembra maggiormente attestato l’uso della selce rispetto all’ossidiana (D’ANNA et al. 2001).

Sulla base delle datazioni precedentemente indicate per la fase recente e di altre date provenienti dal sito di Renaghju (D’ANNA et al. 2001), la forchetta cronologica in cui inquadrare la fase cardiale della Corsica è compresa tra 5700 e 5300 a.C.

La fase epicardiale o della cultura poinçonnée è stata riconosciuta nei siti di Curacchiaghju, Araguina-Sennola, San Ciprianu, A Petra, Grotta Southwell, Torre D’Aquila, Longone. Il materiale ceramico rinvenuto in alcuni di questi siti

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(Araguina-Sennola, Curacchiaghju, Southwell e Torre d’Aquila) presenta vasi decorati con Cardium, seppur in numero molto ridotto (COSTA 2004). I complessi sembrano trovare confronti con la fase Neolitico antico II della Sardegna e con l’epicardiale antico del Sud della Francia.

Contrariamente a quanto evidenziato per la fase precedente, nell’industria litica si riscontra un aumento della produzione su ossidiana, caratterizzata da prodotti laminari, rispetto alla selce che diviene molto scarsa.

Queste due materie prime sembrano avere esclusivamente provenienza sarda e sono attestate in questa fase anche nel Nord dell’Isola, ad esempio nei siti di Strette, Grotta Southwell, Torre d’Aquila. Nei siti di A Revellata e di Torre d’Aquila è attestata anche la produzione laminare su quarzo opalescente e ialino.

La datazione radiocarbonica proveniente dal sito di Araguina-Sennola può indicare le prime apparizioni della cultura poinçonnée ma è soprattutto attraverso i confronti stilistici con l’epicardiale della Linguadoca che si può inquadrare questa fase in Corsica: considerando che l’epicardiale antico del Sud della Francia è compreso tra il 5300 e il 4900 a.C., il poinçonnée della Corsica può effettivamente ricadere in un intervallo compreso tra il 5300 e il 5000 a.C. (COSTA 2004).

Figura

Fig. 1. Gruppi del Neolitico antico mediterraneo a ceramica impressa (modificato da G UILAINE
Fig. 2. Distribuzione dei siti a ceramica impressa cardiale. (Legenda: 1: Riparo La Romita di  Asciano; 2: Duna di Castagnolo; 3: Podere S
Fig. 3. Distribuzione dei siti a ceramica a linee incise. (Legenda: 1: Grotta all’Onda; 2: Riparo La  Romita di Asciano; 3: Grotta del Leone; 4: Poggio di Mezzo; 5: Castagneto Carducci; 6: San  Vincenzo; 7: Villa Fiorita; 8: Mileto; 9: Pienza; 10: Grotta d
Fig 4. Distribuzione dei siti a ceramica impressa (Liguria occidentale - Provenza) (da G UILAINE , M ANEN  2007)
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