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CAPITOLO 1 – Massa: cenni storici

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

Cenni storici sulla città di Massa

Situata in una conca incorniciata da montagne ripide e rocciose, la città di Massa si sviluppa su una fascia ristretta di territorio pianeggiante che ricopre un'area di circa 94 Kmq.

Anche se è sorta nel periodo altomedievale, le sue origini sono indiscutibilmente di età romana, quando, in prossimità del fiume Frigido, in località poco distante dalla città attuale, sorsero i primi insediamenti umani.

Figura 1 - Chiesa di San Leonardo al Frigido

Viene citata per la prima volta come "ad tabernas Frigidas" nella "Tabula Peutingeriana", una rappresentazione redatta tra il II ed il IV secolo d.C. nella

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quale sono descritti gli itinerari terrestri dell'epoca. Sembra che in quei tempi la zona fosse luogo di sosta per viandanti in transito lungo la via consolare Aemilia Scauri che da Pisa conduceva a Luni.

Il medesimo luogo è ricordato successivamente in alcune fonti scritte medievali come “San Leonardo al Frigido”, luogo di sosta e di riposo per i pellegrini lungo la via Francigena. Il portale della Chiesa di San Leonardo al Frigido è opera di Biduino, artista pisano di cui in città e contado si conservano opere di non trascurabile importanza artistica. Qui rimase fino al 1879, data in cui lo storico Matteoni, nella sua “Guida alle chiese di Massa Lunense”, descriveva il portale così come lo aveva visto sul posto1. Nel 1926 lo studioso

d’arte Mario Salmi reperì alcune fotografie ed una lettera della Contessa Benkendorff Schouvaloff, datata 1893, in cui si informavano le autorità italiane del fatto che il portale marmoreo si trovava presso Nizza, in una villa da lei posseduta2. L’avvocato Eugenio Giannini, che aveva rilevato la chiesa di San

Leonardo dopo la sua parziale distruizione a seguito del terremoto del 1878, cedette il portale a due antiquari fiorentini che, a loro volta, vendettero la scultura al Conte Schouvaloff che la collocò all’ingresso della sua villa. Seguì un periodo di disinteresse per l’opera fino al 29 ottobre 1950, data in cui l’opera del Biduino venne improvvisamente ritrovata, smantellata ed abbandonata, in un campo nel sud della Francia. In seguito a tale notizia l’Amministrazione

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Provinciale di Massa Carrara tentò il recupero della scultura, ma la bocciatura dell’Organo di Controllo fece fallire l’iniziativa.

Svanì così l’ultima possibilità per la popolazione massese di vedere installato il portale che, venduto in un primo tempo ad una famosa casa d’aste, la Kleimberg Galleries di New York, fu successivamente acquistato nel 1962, considerandone il valore e la perfezione, dal Metropolitan Museum of Art di New York, ancora sua sede e vanto della sezione di arte romanica.

Prima dell’anno Mille il territorio massese era formato a “macchia di leopardo” e per quanto riguarda il potere era ivi espletato da diverse dinastie, come quella di Lucca e dei vescovi-conti di Luni.

L’abitato che oggi costituisce il centro storico della città ha avuto origine durante il periodo altomedievale, quando la popolazione dalla zona costiera si ritirò sulle colline e sulle alture prospicienti il mare, creando quei piccoli villaggi che in seguito sarebbero diventati i borghi della città di Massa. I primi nuclei certi sono quelli di “Massa prope Frigidum” e della “Curtis dominicana” di Quarantula (atto dell’882 conservato nell’Archivio di Stato di Lucca). Nel 963 sappiamo che Ottone il Grande concedeva al Vescovo di Luni la “quarta parte di Massa e delle sue pertinenze”.

Importanti ritrovamenti archeologici attestano comunque la presenza umana sul territorio nell'era paleolitica e neolitica; ne sono testimonianza certa i resti di diverse tombe, all'interno delle quali sono stati rinvenuti arredi ed armi.

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La città di Massa deve molto probabilmente l'origine del suo nome al periodo medievale e dovrebbe significare "fattoria, proprietà fondiaria". L'insediamento primitivo, che pare si chiamasse Massa Lunense, sembra si sia sviluppato in seguito alla decadenza della vicina Luni, dalla cui sede vescovile dipendeva. Successivamente si identificò come Massa del Marchese, per essere stata a lungo sotto la Signoria dei Marchesi Malaspina, quindi Massa Cybea, dal nome della casata genovese che successe ai Malaspina; nell'800, dopo l'annessione al Ducato di Modena, venne indicata come Massa Ducale.

L'opera di fortificazione del colle su cui sorge oggi il castello ebbe inizio attorno all'anno Mille, sotto il governo degli Obertenghi che possedevano numerosi domini in Corsica e in Sardegna.

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A partire dagli inizi del 1200, Massa fu spesso oggetto di aspre contese per il predominio della città. Nel 1254 il castello passò dal dominio pisano a quello dei fiorentini, per passare poi alla Repubblica di Lucca che governò quasi ininterrottamente fino alla fine del XIII secolo.

Nel 1315 Massa è nuovamente governata dai Pisani, sotto Uguccione della Faggiola, capitano delle Milizie di Pisa, finché la dominazione amministrativa tornò sotto Lucca, con Castruccio Castracani, il quale divenne Signore della Vicaria della Lunigiana, concessagli dall'Imperatore Lodovico il Bavaro. Grazie al famoso condottiero lucchese, il castello fu fortificato con una robusta cinta muraria, corredata da tre torri, un ponte levatoio ed una zona adibita a dimora.

Dal 1342 e fino al 1396 fu governata ancora da Pisa, dopodiché tornò nuovamente sotto il dominio di i Lucca.

La prima metà del XV secolo fu caratterizzata da un'alternanza di vicissitudini politiche e belliche che videro protagonisti potenti milanesi, fiorentini e lucchesi finché, nel 1442, Alberico I Malaspina , marchese di Fosdinovo, dette inizio alla dinastia familiare che governò il Marchesato per circa un secolo.

Gli successe Giacomo Malaspina, al quale si deve la ricostruzione della chiesa di S. Francesco che in seguito diverrà cattedrale.

Staccatasi definitivamente dal ramo di Fosdinovo, la dinastia massese dei Malaspina diede vita ad un radicale rinnovamento della città, regalandole l'aspetto di uno Stato molto più all'avanguardia rispetto a quelli confinanti che,

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fino all'avvento della Rivoluzione francese, conservarono rigide forme di governo feudale.

Nel 1519 ad Alberico successe la figlia Ricciarda, la quale, convolando a nozze col nobile genovese Lorenzo Cybo, unì il casato dei Malaspina con quello dell'illustre famiglia ligure che, tra l'altro, aveva dato i natali a Papa Innocenzo VIII. Questo matrimonio sancì l'inizio di un'importante discendenza che ben presto diede i suoi frutti, grazie ad Alberico Cybo, figlio di Ricciarda, che nel 1553 ereditò il Marchesato, rivelandosi il vero innovatore della piccola corte massese, alla quale diede lustro e fama, valorizzando al meglio i legami di parentela venutisi a creare col matrimonio della madre.

Grazie al suo talento creativo e alle sue eccellenti capacità politiche, Alberico Cybo seppe dare un notevole impulso alla città, sia sotto il profilo amministrativo che sotto quello economico.

La nuova Massa Cybea fu oggetto di numerosi interventi per l'arredo urbano, utilizzando soprattutto il pregiato marmo delle vicine cave, alle quali Alberico dedicò particolari cure e attenzioni, favorendo lo sviluppo di quella che divenne una delle maggiori fonti di ricchezza per il suo Stato. Il marmo costituì la materia prima per la costruzione di pregevoli fontane e ricercatissimi portali, tuttora ben visibili nelle piazze e sui palazzi più prestigiosi del centro storico, come lo stupendo portale monumentale che costituisce l'ingresso del giardino ducale di Camporimaldo, un tempo ricco di piante rare e animali esotici.

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Sempre ad Alberico Cybo si deve la trasformazione del vecchio borgo di Bagnara, con la fondazione della Massa Cybea, che costituisce tuttora il centro storico cittadino. Una nuova cinta muraria racchiudeva la città, cui si accedeva attraverso la porta Martana (verso la Toscana), ed il Portone (verso la Liguria).

Figura 4 - Cava di marmo sulle Alpi Apuane

Figura 5 - La Porta Martana

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S. Pietro in Bagnara, dove veniva ristrutturata ed ampliata una vecchia villa di campagna per trasferire al piano la residenza Ducale fino ad allora situata all'interno del Castello.

Il Palazzo subì nel tempo numerosi ampliamenti ed arricchimenti, fino a raggiungere nel 1701 l'attuale aspetto, opera dell'architetto Alessandro Bergamini, che con abili artifici conferì un aspetto unitario alla facciata e creò il magnifico loggiato interno detto " delle cento colonne", che unisce alla sontuosa ricchezza del marmo una raffinatissima e leggera eleganza.

Figura 6 - La corte interna del Palazzo ducale

Nel 1568 l'Imperatore Massimiliano II (1527-1576) conferì ad Alberico Cybo la nomina di principe del Sacro Romano Impero e dopo circa mezzo secolo l'Imperatore Ferdinando II innalzò Massa al rango di Città.

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Il grande Alberico morì nel 1623, all'età di 94 anni, lasciando il trono al nipote Carlo I, amante delle scienze e della letteratura, che governò fino al 1662, dopodiché il principato passò al figlio Alberico II e quindi, nel 1690, a Carlo II. A lui, ma forse soprattutto all'iniziativa della consorte, la nobile romana Teresa Pamphili, si deve la definitiva sistemazione del Palazzo, in cui spiccano il Grottesco con la monumentale fontana del " Nettuno ", la Cappella, affrescata da Natale Pellegrini, e la splendida alcova, opere tutte del prediletto architetto Bergamini.

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Per volontà di Teresa Pamphili, venne costruita la più bella delle ville ducali, quella campestre della Rinchiostra, in cui si gioca di nuovo il connubio del marmo candido e del rosso cybeo. La villa fu progettata dall’architetto Bergamini in collaborazione con la stessa Teresa Pamphili e fu circondata da un ampio giardino, suddiviso in aiuole di bosso e ornato di fiori, essenze arboree e da un agrumeto con limoni, aranci amari e cedrini.

Alderano I, figlio di Teresa Pamphili, trasformò la villa in una sontuosa dimora e impreziosì il giardino ornandolo con vialetti geometrici, vasi, statue e busti marmorei. La prima mappa catastale del 1826 mostra il giardino strutturato in quattro aiuole incrociate da viali ortogonali, in cui al centro si colloca una grande vasca. Dal parterre semicircolare, antistante la villa, si dipartono lateralmente due percorsi che portano rispettivamente alle scuderie ed all'ingresso della tenuta. Si presuppone che questo schema coincidesse con quello voluto da Alderano I. Intorno alla metà del XVIII secolo inizia il periodo d'abbandono della villa. Dopo una serie di passaggi di proprietà, il possedimento fu ceduto, nel 1857, a Carlo Lodovico di Borbone, il quale rese splendore alla Villa Rinchiostra ripristinando la villa e facendo risorgere il parco con interventi ispirati al giardino romantico ottocentesco. Nel 1885 la villa fu venduta all'inglese Alfred Lambert, il quale introdusse ulteriori componenti del giardino romantico ottocentesco. Nel 1903 divenne proprietà della famiglia Robson, la quale si occupò più del parco che della villa, impiantando agrumi a spalliera, camelie e rose bianche. La

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grande vasca centrale venne sostituita da quattro vasche più piccole, poste al centro delle aiuole suddivise in triangoli.

Dopo i Robson nessun altra famiglia ha abitato la villa dei Cybo. Dal 1997 la villa appartiene al Comune di Massa, fino al 2003 è stata sede della biblioteca civica, attualmente ospita iniziative culturali di vario genere . Il parco ha perso buona parte del disegno della struttura originaria: solo due delle quattro vasche, disegnate nella mappa dell'archivio privato dei Robson, sono oggi visibili e solo una delle due metà simmetriche dell'antico disegno è giunta ai nostri giorni. Imponenti alberi caratterizzano ancora oggi il parco: i lecci del viale centrale, i maestosi cedri del Libano, le gigantesche magnolie, gli esotici alberi della canfora, gli eucalipti e le palme. Degni di segnalazione sono i numerosi aranci amari lungo il muro di cinta, piante che da secoli caratterizzano la città di Massa.

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Risale al XVII secolo, in un periodo caratterizzato dall’endemico riacutizzarsi di pestilenze, l’affermarsi anche nell’area di Massa di una richiesta di intercessione mariana che avrebbe giustificato, sia in città sia nei suoi immediati dintorni, la nascita di una serie di piccoli santuari. Tra questi spicca l’oratorio della Madonna della Misericordia, realizzato ad opera cei Cybo nel 1636, mutuando il modello dell’omonimo santuario sorto a Savona nel secolo precedente, a commemorazione di una apparizione miracolosa della Vergine avvenuta in loco nel 1627.

Figura 9 - Oratorio della Madonna della Misericordia

Nel 1684 un’altra epifania mariana si era verificata in un bosco dei dintorni di Massa, a Volpignano (detta anche “Selva del Paradiso”), confermando un crescendo culturale destinato a raggiungere il suo acme nel 1701, con l’edificazione del santuario di Santa Maria degli Uliveti a Lodolina, sul luogo di

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immortalato in un dipinto, realizzato intorno agli anni 1695-1696. Secondo la tradizione, per tre volte si sarebbe inutilmente tentato di trasferire l’immagine nella Pieve di Mirteto, decidendo infine di costruire il sacello nel luogo prescelto dalla Vergine. Questo sarebbe stato sostituito negli anni ’30 del XIX secolo da un altro santuario, quello della Madonna dei Quercioli, cui si attribuirono poteri taumaturgici, anch’esso originatosi da un’antica immagine extraurbana, una Madonna col Bambino e Sant’Antonio da Padova, eseguito da un anonimo pittore nel XVIII secolo.

Figura 10 - Santuario della Madonna dei Quercioli

Simbolo, comunque, della magnificenza della dinastia regnante era la Cattedrale dei Santi Pietro e Francesco, pieve medioevale riedificata dopo il 1672 in esuberante stile barocco.

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Le truppe di Napoleone penetrarono nel 1796 nella città, che nel 1806 fu annessa al Principato di Lucca, retto da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone.

Fu la dinamica principessa a rinnovare radicalmente la Cattedrale nel 1807, eliminando gran parte dell’ornamentazione tardo barocca e smembrando i grandi arredi marmorei ,spesso trasferiti in chiese periferiche del dominio.

Figura 11 - Cattedrale

A Elisa Baciocchi, divenuta Granduchessa di Toscana, si devono inoltre: l’ampliamento della pittoresca Piazza degli Aranci (1809), ottenuta con la demolizione dell'antica pieve di S. Pietro, ove nel 1819 vennero piantati numerosi aranci che costituiscono una originalissima caratteristica della piazza a testimonianza della mitezza del clima del territorio massese, e la promozione dell'Accademia di Belle Arti, nominando Paolo Bargigli segretario e professore.

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Figura 12 - Piazza degli Aranci

Dopo il Congresso di Vienna, col venire meno del potere napoleonico, Massa fu restituita a Maria Beatrice che le regalò un aspetto nuovo, dotandola di importanti opere pubbliche, tra cui un nuovo acquedotto, un ospedale ed una strada di collegamento rapido con la vicina Carrara, l'odierna via della Foce, con un nuovo ponte sul fiume Frigido. L'erezione della chiesa Collegiata di S. Francesco a Cattedrale e l'istituzione di una nuova Diocesi nel 1823 documentano, da un lato, il raggiungimento di un obiettivo già perseguito anche dal grande Alberico, dall’altro l'affermarsi dello spirito della Restaurazione che accresceva le proprie capacità di controllo su un territorio in cui la presenza di "sette " e società segrete destava forti preoccupazioni.

Nelle immediate vicinanze della città, sulla costa, i terreni resi paludosi dalle acque del fiume Frigido vennero bonificati già, parzialmente, sia nel XVI sia nel

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che nel 1855 Isidoro Raffo, ingegnere del Comune di Carrara, eseguì un progetto di urbanizzazione per un Borgo, compresa una nuova Dogana, che sarà alla base dello sviluppo della futura Marina di Massa. Un analogo progetto verrà successivamente espresso per il vicino Borgo di Marina di Avenza. All’ingegnere Raffo si deve anche il progetto, del 1853, per la creazione di un’Accademia di Belle Arti a Massa e l’erezione al centro di Piazza degli Aranci di una fontana-obelisco in onore dei Duchi di Modena Francesco IV e Francesco V.

Figura 13 - La fontana-obelisco di Piazza degli Aranci

L'espansione economica dei primi del XVIII secolo suggerì l'ampliamento della rete viaria e si tentò la costruzione di una strada che agevolasse traffici commerciali e spostamenti di persone. Il famoso ingegner Vandelli, su incarico del duca di Modena, progettò una strada che unisse la zona di Massa con la

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Garfagnana; i lavori richiesero molto tempo e grande impegno, ma il risultato fu un insuccesso. Il percorso risultò impraticabile ed il duca fece sospendere i lavori.

La strada originale, percorsa a piedi da tante donne massesi nei tragici anni della II guerra mondiale, per cercare farina e alimenti nella più ricca Emilia, recentemente restaurata, costituisce oggi una meta di grande interesse e bellezza per escursioni e amanti del trekking.

Figura 14 - La Via Vandelli

Per motivi dinastici la morte di Maria Beatrice segnò la fine di uno degli stati italiani più antichi e Massa passò direttamente sotto il dominio estense con il figlio di lei, Francesco IV.

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Il periodo seguente fu contrassegnato da forti contrasti tra le rigide dominazioni estensi e le nuove aspirazioni liberal-nazionali che sfociarono anche in alcuni tentativi di insurrezione, duramente repressi.

Con il plebiscito del 1859, Massa aderì al Regno di Sardegna, dopo aver cacciato le milizie estensi. Seguì un periodo di grande sviluppo economico e commerciale ed i confini della città si allargarono fuori dalla cinta muraria rinascimentale, la quale venne gradualmente distrutta.

Con l'unità d'Italia inizia per la città un periodo di grande espansione, dovuta per buona parte al ruolo di Capoluogo della Provincia, che porta con sé, assieme al prestigio, la costruzione di edifici per le nuove funzioni amministrative e politiche, la crescita di una nuova classe di burocrati e di professionisti, la costruzione della linea ferroviaria liguretoscana, lo sviluppo del commercio e dei traffici legati alle tradizionali, ma povere, attività agricole e soprattutto alla lavorazione ed al commercio dei marmi, tra i più pregiati al mondo, a causa del quale viene costruita un’originale rete viaria di arroccamento alle cave e di trasporto nel fondovalle.

La nascita e lo sviluppo del turismo balneare alla fine dell' 800 disegnano un nuovo assetto della città, che vede crescere rapidamente un nuovo nucleo urbano lungo la costa, quella che oggi è Marina di Massa, dove ancora sono ben visibili le tracce eleganti di insediamenti alto borghesi nelle villette liberty che impreziosiscono il viale litoraneo e successivamente il massiccio

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Colonia Fiat e la Colonia Torino) si segnalano per l'interessante progettazione architettonica.

Il ricorso alla torre nella realizzazione delle colonie non è frequente. Di questa tipologia, l’edificio di Marina di Massa è, come osserva M. Labò, l’esempio più significativo. La colonia, destinata ai figli degli operai del grande stabilimento Lingotto della Fiat, è progettata da V. Bonadè Bottino nel 1933, che aveva già sperimentato la tipologia a torre in un analogo intervento al Sestriere. Dell’edificio, alto 52 metri, particolarmente interessante è la parte interna della torre, costituita da una grande elica su cui sono collocate le 25 camerate di 30 letti ciascuna. Queste prendono luce ed aria, oltre che dalle finestre esterne, anche dal grande pozzo scale centrale il cui volume è stato calcolato per ottenere i 25 mc per posto letto che i regolamenti di igiene imponevano in questi tipo di costruzione. La superficie inclinata del pavimento comporta l’utilizzazione di letti con piedi di diversa altezza. Il piano terreno ospita il grande refettorio che comunica con i locali cucina posti nell’ala est. Nella parte opposta sono invece collocati i servizi igienici e l’infermeria.

La costruzione, particolarmente interessante per le soluzioni costruttive e funzionali adottate, è formalmente giocata sugli elelmenti verticali che ne segnano l’involucro esterno.

La Colonia Torino (E. Sottsass – A. Guaitoli, 1936-1938), destinata ad ospitare 800 bambini e 200 ragazze, è un notevole esempio di architettura

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complesso è organizzato in corpi di fabbrica separati, disposti intorno ad un cortile giardino e collegati da porticati. Su un fronte di 203 metri, parallelamente alla spiaggia, si sviluppa l’ala dei dormitori, a quattro piani, ognuno dei quali ospita 8 camerate, di 30 letti ciascuna. I collegamenti verticali sono affidati a quattro gruppi di rampe e a quattro scale di servizio per le eventuali necessità di isolamento sanitario. L’ingresso principale è ubicato nel corpo basso, rivestito di mattoni, che si stacca dall’edificio dei dormitori. L’edificio rilevante, riservato alle ragazze, ha ingresso è servizi autonomi.

L’austera essenzialità formale dell’architettura appare evidente anche nel lunghissimo fronte principale in cui quattro ordini di finestre, tutte uguali, sono appena interrotte dalla cesura, ripetuta tre volte, di una finestra tonda.

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Figura 16 - La Colonia Torino da ovest

Figura

Figura 1 - Chiesa di San Leonardo al Frigido
Figura 2 – Il portale della Chiesa di San Leonardo al Frigido realizzato dal Biduino nel XII secolo
Figura 3 - Il Castello Malaspina
Figura 4 - Cava di marmo sulle Alpi Apuane
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