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1 I CARATTERI DI UNA LEARNING ORGANIZATION

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Academic year: 2021

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I CARATTERI DI UNA

LEARNING

ORGANIZATION

IN QUESTO CAPITOLO

• Introduzione

• Fattori ambientali che portano verso la LO

• La struttura di una LO

• La metafora dell’apprendimento organizzativo

• Possibili dimensioni di una LO

• Individuazione dei livelli di apprendimento

• I più recenti approcci alla LO

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1.1 Introduzione

Nell’ultimo ventennio la vita e lo sviluppo delle aziende è stata caratterizzata da un modello organizzativo incentrato sulla lean organization1 (organizzazione snella) necessaria per integrare nuovi mezzi di comunicazione e soprattutto per far fronte a nuove problematiche, quali incertezza e instabilità dei mercati, la rapidità di innovazione dei prodotti. Oggi divenuti fondamentali i processi di acquisizione delle informazioni e di trasmissione delle conoscenze all’interno dell’azienda, è opportuno parlare di learning organization. Questa nuova realtà racchiude diversi aspetti tra cui:

1. l’esigenza di gestire le relazioni tra apprendimento e cambiamento: solo un organizzazione che apprende in modo continuo sopravvive, evitando possibili rischi di obsolescenza o comunque non rispondenza ai requisiti del mercato;

2. la necessità di legare tra loro conoscenza e azione: l’organizzazione apprende solo quando le conoscenze vengono trasformate in comportamenti operativi;

3. le verifica di quali competenze, capacità e qualità sono in grado di sostenere l’apprendimento.

1

Lean organization: è un principio organizzativo dell’azienda che ha come obiettivo principale quello di ridurre il divario tra i diversi livelli gerarchici e rendere più snella l’organizzazione del processo decisionale e produttivo. Per raggiungere tale traguardo è necessario

- ridurre i livelli gerarchici nell’azienda

- responsabilizzare maggiormente i gradi inferiori della struttura aziendale - incentivare il lavoro di gruppo.

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(Fig.1)

Proporre un modello di learning organization significa definire le caratteristiche fondamentali di un organizzazione che fa dell’apprendimento la propria

competenza distintiva e il suo vantaggio competitivo:

1. esplorazione: ricerca costantemente, migliora continuamente

2. misurazione: si confronta con l’esterno ed è aperta ad ogni nuovo incontro 3. condivisione: coinvolgimento tra attori e organizzazione

4. tensioattiva: organizzazione che apprende sa mettere in tensione eventi, processi e gli attori organizzativi, tutte risorse indispensabili per

l’individuazione di nuove opportunità

5. vocazione dell’apprendimento: si identifica come la comunità di apprendimento e non come comunità di lavoro.

TRASFORMAZIONE

Conoscenza in funzione dell’azione

CORRELAZIONE

Apprendimento in funzione del cambiamento.

GESTIONE

Competenze, capacità, qualità

(4)

Learning Organization

(Fig.2)

1.2 I Fattori ambientali che portano verso la LO

I grandi fattori ambientali che hanno condotto le aziende a prendere il modello della learning organization come modello sono stati il fenomeno dell’internazionalismo, l’innovazione e la rivoluzione informatica si traducono in:

• Riduzione dei cicli di vita dei prodotti accompagnata da una contrazione dei tempi a disposizione delle imprese per reagire alle sfide competitive;

• Sviluppo di nuovi settori di attività economica caratterizzati da una prevalenza di conoscenze e competenze detenute e utilizzate da operatori a elevata qualificazione professionale il cui coordinamento non puo non avvenire secondo logiche gerarchiche e tayloristiche;

• Nello sviluppo di nuove forme di impresa come quelle ad “assetto variabile” in cui il principale obiettivo non è quello dell’utilizzo delle

CONDIVISIONE MISURAZIONE VOCAZIONE AL APPRENDIMENTO TENSIOATTIVITA ESPLORAZIONE

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conoscenze, magari generate altrove, ma la generazione di nuove in grado di soddisfare i bisogni attuali e potenziali da clienti sempre più esigenti

• Nell’adozione di approcci collaborativi fra le imprese per lo sviluppo di nuove conoscenze e competenze.

(Fig.3)

Nel contempo lo sviluppo della comprensione delle caratteristiche del funzionamento delle imprese e gli avanzamenti degli studi nel campo della epistemologia e dell’apprendimento delle organizzazioni si stanno stimolando nuovi approcci per gestire le conoscenze. I tratti caratteristici sono riconducibili a queste principali conclusioni:

• Le imprese hanno una loro soggettività sostanziale “unica” fondata sui tratti della loro costituzione, sulla storia dei successi conseguiti, sulle capacità sviluppate ecc…;

• La conoscenza, per quanto riguarda le organizzazioni, non può essere scissa dal processo della sua produzione;

• Le imprese imparano agendo e sperimentando.

Internazional. innovazione Rivoluz. informazione Soggettivi tà unicità imprese Conoscen za non scissa da processo Imprese imparano agendo

AMBIENTE SVILUPPI TEORICI

Riduzione cicli di vita e tempi di risposta.

Dematerializzazione processi

Imprese da utilizzatrici a produttrici di Know how

Imprese ad assetto variabile

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1.3 La struttura di una Learning Organization

Strutture progettate per l’apprendimento continuo hanno come caratteri fondamentali i seguenti punti:

Struttura orizzontale: La struttura viene create intorno a flussi di attività orizzontali o a processi, piuttosto che unità funzionali. I gruppi autodiretti sono l’unità fondamentale di una learning organization. I confini tra le funzioni sono praticamente eliminati . Ogni traccia gerarchica è scomparsa.

Arricchimento dei ruoli: I dipendenti ricoprono dei ruoli all’interno del team o delle unità e i ruoli possono essere sempre costantemente ridefiniti o adattati. Ci sono poche regole e procedure e la conoscenza e il controllo dei compiti sono attribuiti ai lavoratori piuttosto che ai supervisori o alti dirigenti. I dipendenti vengono incoraggiati a risolvere i problemi.

Condivisione delle informazioni: Le informazioni vengono utilizzate per uno scopo molto diverso. La diffusa condivisione delle informazioni mantiene l’operato dell’organizzazione a un livello ottimale. La learning organization cerca di tornare alla condizione di piccola attività imprenditoriale, nella quali tutti i dipendenti possiedono un informazione completa dell’azienda, e possono agire velocemente. Le idee e le informazioni sono condivise entro tutta l’azienda. Una significativa parte del manager è quella trovare dei modi per aprire canali di comunicazione, affinché le idee fluiscano da tutte le direzioni. Inoltre le LO mantengono le linee di comunicazione aperte con clienti, fornitori e persino con i concorrenti per accrescere la capacità di apprendere. L’information Technology2 è uno strumento per mantenere in contatto le persone.

2

Information Technology = Tecnologia informatica utilizzata per la raccolta, la conservazione, l’aggiornamento e la trasmissione delle informazioni di cui ha bisogno una qualsiasi struttura operativa.

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Strategia collaborativa: le azioni cumulate di una forza lavoro dotata di informazione e potere contribuiscono allo sviluppo della strategia. Dal momento che tutti i dipendenti sono in contatto con clienti, fornitori e nuove tecnologie, essi aiutano nell’identificare bisogni e soluzioni e partecipano al processo decisionale. Inoltre la strategia scaturisce dai rapporti di partnership con fornitori, clienti e concorrenti, sviluppando sperimentazioni per trovare il modo di migliorare e apprendere e adattarsi.

cultura adattiva: la cultura incoraggia l’apertura, il miglioramento continuo e il cambiamento. Le persone dell’organizzazione hanno la consapevolezza dell’intero sistema, di come tutto si componga insieme e di come le varie parti dell’organizzazione interagiscono le une con le altre e con l’ambiente. Questo approccio mentale sistemico minimizza le barriere all’interno dell’organizzazione con le altre aziende. Inoltre, attività e simboli che creano differenze di status, come sale da per dirigenti o altro… vengono abbandonati. Ogni persona porta un contributo apprezzato e l’organizzazione diventa un posto per creare una rete di relazioni che permette alle persone di sviluppare a pieno il loro potenziale. L’enfasi nel trattare ognuno con attenzione e rispetto crea un clima nel quale le persone sono libere di sperimentare, assumere rischi e commettere errori, il che incoraggia l’apprendimento.

1.4 La metafora dell’apprendimento organizzativo

In tutte le imprese emerge con forza l’esigenza di poter verificare sistematicamente le conoscenze e competenze necessarie per la realizzazione dei propri progetti imprenditoriali. Tenuto conto che esse sono per definizione limitate sotto il profilo quantitativo e qualitativo, questo monitoraggio è essenziale per la vita dell’impresa. Nel contempo è necessario combinare creativamente le conoscenze interne ed esterne all’impresa in un processo continuo e diffuso a tutti i membri dell’organizzazione (dimensione di

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efficienza). Queste azioni d’altra parte strumentali alla soluzione dei concreti problemi posti dal soddisfacimento della clientela e dalla risposta alle sfide poste dalla concorrenza in tempi sempre più ristretti. In altre parole le imprese devono procedere alla:

- riduzione dei tempi di individuazione, adattamento e diffusione fra gli appartenenti alla propria organizzazione delle soluzioni note e disponibili relativi ai problemi definiti

- individuazione di nuove, più efficaci, modalità per la definizione, strutturazione e soluzione dei nuovi problemi comportati dall’attuale contesto ambientale, imprevedibile, complesso e interrelato.

L’apprendimento organizzativo bene soddisfa le esigenze comportate dall’evoluzione dell’ambiente esterno quale è stato descritto precedentemente e integra gli avanzamenti della dottrina e della pratica aziendale con riferimento soprattutto ai processi di socializzazione e dinamici e ai sistemi di controllo fondati su un ampio decentramento organizzativo. In altre parole la metafora3 organizzativa permette di sintetizzare molte tendenze in atto e offre un comune riferimento di analisi e azione ai formatori, agli uomini di organizzazione e ai responsabili di Linea.

Per quanto riguarda la metafora nei processi di apprendimento la tesi fondamentale è che non dobbiamo usare la metafora per l’organizzazione ma usare quanto l’organizzazione ci mette a disposizione, per poter creare buone metafore.

La metafora infatti non è uno strumento per apprendere, ma piuttosto la sintesi di un apprendimento avvenuto, e ciò vale sia nella ricerca scientifica e dell’invenzione artistica, sia nel campo dell’apprendimento organizzativo.

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Metafora = La metafora diventa un fenomeno concettuale, costituito dal mapping da un dominio di conoscenza legato all’esperienza sensoriale e percettiva o comunque meglio conosciuto per ragioni legate all’interazione degli esseri umani con l’ambiente (dominio sorgente) a un altro dominio di conoscenza usualmente più astratto (dominio target). Attraverso le metafore concettuali gli esseri umani organizzano il loro mondo concettuale quotidiano

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Usiamo le metafore per parlare, per pensare e per inventare, da quando esiste il linguaggio – ovvero da quando esiste la cultura. Da questo punto di vista appare ovvio che anche l’organizzazione sia intessuta di metafore.

Tuttavia questa constatazione appare meno ovvia se teniamo presenti alcune circostanze dello sviluppo culturale della nostra epoca: l’indagine sui caratteri della scienza e sui processi di scoperta scientifica, lo studio di linguaggi e delle culture, e la stessa recente visione dell’organizzazione come contesto di interazione simbolica, di scambio e di produzione di significati, ci permettono di vedere che il carico retorico nei nostri discorsi e nei nostri scambi comunicativi, e la presenza di immagini della nostra attività creativa, non sono un’inutile pesantezza o un’aggiunta inessenziale per ciò che potrebbe essere detto o pensato altrimenti, in modo più diretto e semplice. La metafora non è un’aggiunta delle “cose stesse”. Tutt’altro: come ha sottolineato il filosofo Richard Rorty, “sono le immagini, piuttosto che le proposizioni, le metafore piuttosto che le asserzioni, a determinare il maggior numero delle nostre conoscenze”.

A questo punto di pone il problema tra “apprendimento organizzativo” e “organizzazione che apprende”.

Fra le diverse definizioni possiamo prendere in considerazione quella secondo il quale una Learning organization:

1. facilità l’apprendimento.

2. continuamente modifica se stessa4.

4

Francesco Miggiani, Learining organization – idee e sistemi per lo sviluppo aziendale nella società della comunicazione, Guerrini e Associati, Milano 1994.

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1.5 Le possibili dimensioni di una Learning Organization

Possiamo individuare le possibili dimensioni delle Learning Organization, ne risultano 9 dimensioni cruciali che danno corpo alla metafora della Learning Organization:

1. il coinvolgimento

2. l’autonomia nelle implicazioni operative

3. la pervasività o diffusività del processo di cambiamento e delle idee che via via l’hanno guidato e sorretto

4. integrazione interna ed esterna

5. l’utilizzazione – nei fatti e nelle concretizzazioni specifiche – del principio di ridondanza, riferito all’apprendimento.

6. l’utilizzo della creatività quale elemento complementare della razionalità 7. l’assunzione concettuale che il miglioramento è “senza fine”

8. la realizzazione del principio di incorporazione;

9. la gestione integrata del cambiamento oggettivo e soggettivo.

Un elenco di presenze necessarie, delle quali viene di seguito analizzata per ognuna connotazione culturale, nonché alcune implicazioni operative.

1.5.1 Il coinvolgimento

Che il coinvolgimento del management sia requisito necessario nei processi di cambiamento, appare ormai affermazione consolidata e condivisa.

Importante specificare, nell’ambito della metafora della LO, il carattere che detto coinvolgimento assume: quello della finalizzazione e della pragmaticità. Se l’apprendimento implica intenzione, motivazione, interesse e chiama in causa energie verso un obiettivo, anche il coinvolgimento collettivo ha senso se implica l’ampliamento di un sapere finalizzato, di un ambito di conoscenze fungibili, insomma se assume forme, modi e tempi che hanno senso innanzitutto per gli

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operatori cui è diretto. È utile se migliora pragmaticamente il sapere sociale, se modifica la scena dell’azione, se garantisce una vigorosa saldatura tra ciò che è concreto e ciò che è astratto.

Operativamente questo significa differenziare chi e che cosa, implica un azione permanente per monitorare appunto destinatari e contenuti, per individuare e realizzare più coinvolgimenti mirati opportunamente differenziati nei tempi e nei modi.

Esiste in ciascuna azienda , dal punto di vista del singolo operatore – qualunque sia la collocazione organizzativa – un livello superiore di cose fatte e decise da altri, che facilmente possono, sempre agli occhi, risultare incomprensibili. Incomprensibili, nel senso che non può prenderle e metterle dentro al suo bagaglio di conoscenze e capacità.

Ebbene, perché il coinvolgimento risulti efficace, occorre per un verso che sia auspicato, per l’altro che sia attuato in termini pragmatici e capaci di aumentare il bagaglio professionale degli operatori ai quali è indirizzato. Detto in altre parole, occorre aumentare il livello di comprensione del fenomeno organizzativo e diminuire cosi il livello di inspiegabilità apparente5 di scelte strategiche o semplicemente organizzative. Occorre dare un senso ampio e trasparente a ciò che era limitato o oscuro e quindi non poteva essere preso da nessuna parte e in nessun modo; occorre far diventare questo fenomeno facilmente comprensibile e condivisibile da parte del singolo operatore o dall’insieme degli operatori per agevolare così il loro agire quotidiano.

È facile constatare, da quanto affermato, che il coinvolgimento è efficace e funziona , solo se ha un senso non per chi l’attiva bensì da chi lo riceve: coinvolgere, comprendere, apprendere acquistano così vicinanza, concretezza e credibilità.

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Inspiegabilità apparente = nel processo di strutturazione dell’organizzazione non vengono presi in considerazione alcuni punti critici, che portano ad accadimenti successivi di eventi che hanno un impatto negativo alla struttura organizzativa, le quali poi vengono chiamate dal management inspiegabilità di determinate conseguenze.

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1.5.2 L’autonomia

Se l’apprendimento organizzativo è un processo che richiede la finalizzazione di energie verso un obiettivo, appare indispensabile favorire la nascita e lo sviluppo di situazioni e di ambiti in cui i membri possano essere autonomi, ovvero in grado di darsi proprie norme di comportamento e possano essere autonomi, ovvero siano in grado di darsi proprie norme di comportamento e possano cosi finalizzare al meglio le energie disponibili.

Ma l’altra area semantica di nomos6 è vasta e ampie sono le applicazioni dell’autonomia, in quanto può specificarsi, scomporsi e articolarsi in molte forme concrete; e generare in ambito aziendale comportamenti fratelli, figli della stessa matrice, tutti accomunati dalla valorizzazione “del sé”, ovvero dell’individuo organizzativo. Avremo allora:

- l’autocomprensione, intesa come capacità di diagnosticare i fenomeni organizzativi nel loro divenire quotidiano e nel loro corso aziendale;

- l’autocritica, ovvero essere poco tolleranti, permissivi o pietosi e saper individuare modalità o comportamenti anomali, generatori di crisi in potenza o in atto;

- autorganizzazione intesa come la possibilità di disporre e ottimizzare, in un gioco di perfezionismo continuo e in una ricerca di combinazioni eccellenti, l’insieme di risorse disponibili.

- L’autocontrollo, che consiste nell’incorporare, all’interno del processo produttivo, quei momenti e quelle abilità che permettono di verificare la rispondenza dei risultati agli obiettivi e naturalmente consentono, se necessario, di intervenire.

Appare in sostanza indispensabile che il ruolo di ciascun operatore aziendale sia caratterizzato da un compito comune a tutti, consiste e verificare la propria rotta, confrontandola autonomamente con la rotta aziendale: quello dell’apprendere

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diventa cosi un compito intrinseco, immanente al ruolo organizzativo e all’organizzazione considerata nel suo complesso: diventa un meta-compito. E meta-compito può significare qualcosa che viene dopo, sia qualcosa che è al di sopra e si occupa di ciò che sta oltre. Come dire: oltre al contenuto del singolo job, c’è qualcosa che va al di là, dato dalla consapevolezza che questo contenuto è sempre suscettibile di ripensamenti e riorientamenti.

Questo vale anche per l’intera organizzazione: a questa affermazione è facile obiettare perché non significa che all’insieme degli apprendimenti individuali corrisponda un apprendimento collettivo. Infatti occorre che i processi di analisi, verifica e controllo, presuppongono una strumentazione idonea all’uso collettivo, nel senso che devono diventare modalità sociali di funzionamento proprie dell’organizzazione.

Il meta-compito dell’organizzazione diventa cosi quello di pensare e costruire sistemi e procedure adatti ad un uso collettivo, idonei a favorire l’autonomia dei singoli operatori.

Insomma, è il territorio aziendale che cambia: la LO presuppone un humus portatore di semi dell’autonomia e delle sue numerose manifestazioni e capace di garantire sia fertilità intellettuale che realizzazioni pratiche.

1.5.3 la pervasività del cambiamento

Non esistono funzioni né luoghi aziendali deputati in esclusiva a presidiare il cambiamento, in quanto questo può essere ricercato e realizzato in qualsiasi comparto, per qualsiasi attività.

Pervasività del cambiamento significa che questo invade ogni posto dell’azienda e ogni luogo dell’azienda può essere generatore di cambiamenti: l’azienda diventa un grande spazio dove topologico aperto, cioè sottoposto in ogni sua parte a modifiche e trasformazioni. Ne conseguono, alla luce di questo spirito che caratterizza la LO, verità operative del tipo “non è lecito delegare ad altri il

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cambiamento” , o “non esiste nessun pezzo dell’azienda che possa essere invaso e modificato”.

Si viene cosi a delineare, nella LO, una sorta di “competenza diffusa”, che va ovviamente al di là della singola professionalità: si tratta infatti di una meta-competenza, secondo cui ciascuno, all’interno dell’azienda, non solo è detentore del suo specifico sapere o di una specifica qualità, ma anche possessore di una potenzialità di apprendimento generatrice di ulteriori miglioramenti.

Alla luce di questa convinzione, ognuno può operare sfruttando ogni occasione lavorativa per apprendere e per rinforzare la sua meta-competenza, che assume le caratteristiche di una nuova e potente skill professionale.

Se questo è vero, sembra d’obbligo la riflessione conseguente, per cui l’ostacolo principale, individuabile rispetto alla effettiva pervasività del cambiamento, è di tipo culturale, perché frasi del tipo “bisognerebbe che la Direzione si decidesse a…” , “i collaboratori dovrebbero…”, “sarebbe necessario che io potessi…”, sono in realtà sintomi di atteggiamenti che negano ogni possibile pervasività. Atteggiamenti che tendono ad oggettivizzare il cambiamento altrove, in un “topos” diverso da noi, e che implicano una condizione psicologica di estraneità. D’altronde non si dice certamente nulla di nuovo quando si afferma che ogni cambiamento della “mia” realtà organizzativa può verificarsi solo dopo che sono cambiate le “mie” convinzioni sulla realtà stessa: e questo a livello individuale. A livello organizzativo, la meta-competenza diventa costituente, cioè un elemento che fonda l’organizzazione, il vero tramite tra la dinamica del mondo esterno e la metamorfosi di quello interno, di ogni piccola o grande parte della realtà organizzativa: questa meta-competenza, proprio perché diffusa e perché rivolta al mondo interno, garantisce una forte e continua interrelazione al di sopra dei confini formali dei due mondi, peraltro sempre meno rigidamente delineabili.

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1.5.4 L’integrazione interna ed esterna

LO significa organizzazione che apprende: se i confini dell’organizzazione tendono a espandersi, anche i processi e gli ambiti dell’apprendimento tenderanno a dilatarsi, coinvolgendo oltre che ogni tipo di rete periferica, anche con tutti quegli attori esterni che con l’organizzazione mantengono rapporti. Esistono aziende che se private della rete di interlocutori esterni con cui hanno relazioni continuative, cesserebbero non tanto di esistere formalmente, certamente di funzionare e di sopravvivere, nella realtà.

Se l’organizzazione di espande secondo una logica di cerchi concentrici, come un ameba che si dilata e che si contrae incessantemente, anche l’apprendimento, qual processo di valorizzazione delle esperienze, si articolerà secondo un andamento continuo e modulare, in relazione alla qualità e all’intensità delle relazioni con gli attori esterni.

Ma sarà indispensabile che questo avvenga congiuntamente con questi ultimi, ovvero l’apprendimento avvenga in maniera integrata.

Può darsi che la LO non sia configurabile come scienza , ma le logiche e gli approcci che comporta sono una esigenza strutturale della ragione organizzativa che si confronta con la realtà.

All’originario paradigma che leggeva l’organizzazione come entità limitata e limitabile in termini certi e rigidi, si sostituiscono più paradigmi, nessuno dei quali preminente, ma tutti fungibili e intercambiabili, capaci ognuno di far luce su una porzione di verità.

L’estensione fisica dell’organizzazione che oltre i confini tradizionali consente di leggerla in maniera diversa, quale nuovo “intero organizzativo”: la tensione interna all’apprendimento verso questo nuovo intero comprende quindi anche quelle parti tradizionalmente intese come esterne.

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1.5.5 la ridondanza

La ridondanza delle funzioni comporta che in ogni “specifico momento, ogni membro possiede delle capacità ridondanti nel senso che non vengono utilizzate per ma mansione momentaneamente espletata” (Morgan 1989).

Questa tesi, proposta nell’ambito della metafora secondo la quale l’organizzazione funziona come un cervello, apre le porte a ulteriori riflessioni e approfondimenti. Il principio della ridondanza resta vivo nel suo fascino e la sua potenzialità: trasportato nel territorio della LO, può assumere una configurazione differente e diventare con la teoria e con la prassi.

La ridondanza delle funzioni può infatti trasformarsi in una ridondanza delle occasioni di apprendimento, ovvero non tipo strutturale e procedurale, ma flessibile, estemporanea, occasionale. Ecco allora una ridondanza di riflessioni propositive e creative, insomma una ridondanza di occasioni e di opportunità che siano in grado di perseguire una logica dell’apprendimento, proprio ciò che la ridondanza delle funzioni intende garantire, è cioè una capacità più ampia , più ricca di e polivalente della compagine aziendale nel suo insieme e nei singoli punti che la compongono, di saper rispondere alla multiformi sollecitazioni quotidiane.

Queste occasioni di apprendimento devono coinvolgere le risorse, al di là delle loro competenze tecnico specialistiche normalmente utilizzate, su problematiche e su temi anche solo parzialmente noti, se non addirittura lontani o antagonisti rispetto a quelli usuali; debbono costringere le risorse a dotarsi di una differente ottica per analizzare i problemi e a utilizzare diversi approcci per la loro soluzione.

La modifica del punto di osservazione e l’esercizio di vedere un fenomeno con differenti paia di occhiali, può consentire apprendimenti ridondanti, che garantiscono la capacità di risposte diversificate, meno settoriali, meno legate alla singola specializzazione, meno condizionate dalla specifica esperienza maturata.

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1.5.6 la creatività

Esiste una dialettica continua ma mascherata che caratterizza la domanda e l’offerta di creatività dentro l’organizzazione: continua, perché costantemente è sottolineata a ribadita a gran voce la necessità di inventare nuovi prodotti, di ritrovare soluzioni creative originali, di disporre di idee e soluzioni organizzative, di disporre di soluzioni diverse; mascherata, perché alla creatività viene per lo più negata la cittadinanza ufficiale all’interno dell’organizzazione, perché manca uno status riconosciuto all’interno dell’organizzazione (se non appunto in casi particolari o per esigenze del tutto particolari) perché è confinata entro alcuni comparti dell’azienda.

Che cosa può significare concretamente un più ampio spazio alla creatività? E soprattutto come si può favorire la sua diffusione? Sia con dichiarazioni di valore a carattere generale, con momenti o sessioni ad hoc dedicati alla sua coltivazione, ma soprattutto con la sua premiazione.

Se ha senso – e può continuare ad averne – premiare l’anzianità aziendale, perché con analoga o più ricca liturgia non si celebra la soluzione creativa, o l’idea innovativa, con riconoscimenti strabilianti? Perché accanto a chi ha vent’anni di anzianità aziendale, non si costruisce anche il quaderno delle soluzioni creative che l’azienda ha adottato nel tempo e che hanno marcato il suo cammino?

1.5.7 il miglioramento “senza fine”

Che gli individui siano vittime di routine mentali, che li ancorano in maniera persistente a convincimenti e opinioni è gia illustrato ne “l’illusione di sapere” di Piattelli Palmarini 1993. Viene da chiedersi il perché di questo processo di oscuramento delle capacità di discernere e di apprendere; si potrebbe parlare di “sonno organizzativo della ragione” o semplicemente pigrizia organizzativa. Ma perché le organizzazioni diventano pigre?

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Si possono ipotizzare due ordini di motivi, esogeni ed endogeni. I primi sono attinenti all’oceano in cui l’organizzazione si è immersa e in primis a quel mare che è il mercato di riferimento. Se un’azienda opera in un mercato monopolistico o comunque caratterizzato da bassi livelli di competitività, l’azienda si può permettere di essere pigra. I motivi endogeni quello in cui magari si è perso il senso immediato o la validità effettiva, ma che hanno finito per generare valori, comportamenti, atteggiamenti, insomma una cultura fatta di conformismo e staticità; e queste non perché il mercato richiederebbe scelte diverse, quanto perché ogni germe di cultura antitetica, volta alla ricerca continua e votata a mettersi in discussione non trova più terreno fertile. Tenderà a prevalere una logica gestionale a stampo punitivo, si diffonderà un lessico che parla di colpe e non di cause, prevarrà una conduzione che male tollera ogni forma di errore e qualsiasi tipo di insuccesso.

I fattori esogeni ed endogeni fanno così i conti con il tempo, con la fissazione di procedure e modelli statici, con la sclerotizzazione di regole; appare invece chiaro che, nella LO, il miglioramento “senza fine” diventi addirittura un postulato. Cosi come la diffusività del cambiamento significa che ovunque è possibile apprendere, il miglioramento senza fine è permanente. Questo diventa il legame dell’organizzazione che accomuna verso un obiettivo superiore e permanente, l’intera struttura aziendale. Tutto questo potrà funzionare e se si passa da un convinzione ideologica a una dimensione pragmatica. E questo nel senso che operativamente:

- È importante ribadire nei fatti la possibilità di contribuzione di ogni operatore al miglioramento aziendale adottando idonei sistemi di premiazione;

- Diventa ancor più importante riconoscere che non esistono solo soluzioni di vertice, ma invenzioni e scoperte dal basso, che possono essere generate dai credo dei singoli operatori grazie alle condizioni operative effettivamente idonee.

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1.5.8 l’incorporazione

Sembra utile distinguere due tipi fondamentali di incorporazione: mentale (del singolo) e organizzativa (dell’azienda).

La prima può essere definita come la formazione e il funzionamento di nuove mappe cognitive, di nuove “sinapsi di utilizzo”, atte a consolidare nei singoli nuove competenze e nuove capacità.

La seconda, come il cambiamento sistemico e consolidato delle strutture sinaptiche dell’organizzazione, delle sue memorie fisiche, in grado di garantire ne tempo la produzione di nuovi processi e di nuovi prodotti.

In entrambi i casi si tratta di trarre alimento dell’esperienza per nutrire il nuovo, attraverso il processo che è di consolidamento, ma è anche di partenza per garantire altre possibilità combinatorie che consentano la produzione di nuovi octopus. Appare importante sottolineare una apparente contraddizione: da una parte la LO richiede che si compiano processi di incorporazione (che si consolidi e si istituzionalizzi l’appreso). Quindi per un verso è chiaro quanto sia importante garantire processi di consolidamento, momenti di istituzionalizzazione di quanto si è appreso e questo sia per evitare che il patrimonio appreso rimanga nelle mani del singolo, e quindi che corra il rischio di perdersi con il singolo stesso, sia che rimanga a livello effimero, volatile e si dissolvi con il primo vento che spira in azienda.

Ma altrettanto chiaro l’altro rischio in agguato, quello della sclerosi organizzativa, ogni qualvolta per comodità o per qualche fenomeno individuale o collettivo, non si metta costantemente in discussione e non si rinnovi permanentemente quanto è stato consolidato e istituzionalizzato. In sintesi: occorre istituzionalizzare l’appreso, per evitare l’effimero; occorre modificare l’istituzionalizzato, per evitare la sclerosi.

La difficoltà quindi non è tanto quella di concettualizzare un modello di azienda in continuo divenire, quanto quello di assicurare il ricambio o la rigenerazione permanente di tutto ciò che con fatica si è riusciti in qualche modo a consolidare, e di assicurarlo nei fatti: questa appare forse la sfida più ardua insita nella

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metafora della LO, perché risiede al singolo un continuo superamento di ciò che è stato appreso, e all’organizzazione un processo continuo di separazione da ciò che si è prodotto e processi permanenti di rifondazione dell’azienda. (FIG)

1.5.9 il cambiamento oggettivo e soggettivo

Sottolineare che il cambiamento, nella LO, deve riguardare sia il cambiamento delle cose, dei sistemi, delle procedure, delle tecnologia, che quello dei soggetti che operano, è un po’ ribadire la sua stessa natura.

Una possibile raffigurazione del funzionamento della LO può essere la seguente:

CAMBIAMENTO SOGGETTIVO OGGETTIVO INCORPORAZIONE MENTALE ORGANIZZATIVA NUOVE COMPETENZE NUOVE CAPACITA’ MAPPE MENTALI

“SINAPSI D’UTILIZZO” STRUTTURE

SINAPTICHE MEMORIE FISICHE PRODUZIONE E RI-PRODUZIONE DI PROCESSI E PRODOTTI AREA D’APPRENDIMENTO INDIVIDULE AREA D’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO Fig. 4

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ciò che preme sottolineare è la parte finale dello schema, laddove avviene la saldatura tra l’area dell’apprendimento individuale e quella dell’apprendimento organizzativo, che si attua nel momento in cui le nuove competenze e le nuove capacità del singolo consentono – utilizzando le memorie fisiche dell’organizzazione – la produzione e la riproduzione di processi e prodotti, ovvero garantiscono gli outputs finali. È altresì importante mettere in evidenza come la catena soggettiva, fatta di “incorporazione mentale nuove competenze e nuove capacità” configuri l’area dell’apprendimento individuale; mentre la catena oggettiva, composta da incorporazione organizzativa, produzione e riproduzione di processi e prodotti, configura l’area dell’apprendimento organizzativo. Tuttavia non si può rivelare che mentre il primo è dinamico, il secondo è statico: infatti senza l’alimentazione continua di nuove competenze e nuove capacità garantite dai singoli membri dell’organizzazione, il funzionamento organizzativo potrebbe riprodursi solo uguale a se stesso.

La LO sussista si come metafora, ma necessiti della presenza dell’individuo, che solo può garantire concretezza e finisce così per riassumere una certa supremazia, appropriandosi delle leve di ogni possibile funzionamento.

1.6 L’individuazione dei livelli di apprendimento

Una volta individuate le dimensioni di apprendimento, diamo uno sguardo ai livelli di apprendimento, definiti nella Fig. X. Livelli definiti in base ai cambiamenti che implicano. Il modello che tratterò sara un modello a 3 livelli di apprendimento in cui il quarto andrà a coincidere con la sopravvivenza dell’organizzazione.

È possibile individuare un livello “zero learning” , un “primo livello” e un “secondo livello”.

Lo “zero learning” comporta l’acquisizione di informazioni che “possono” condurre all’apprendimento ma non sono eventi di apprendimento di per se

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stessi. Ricadono in questo livello attività di monitoraggio dell’ambiente esterno (concorrenza, evoluzione tecnologica, ecc…) le quali forniscono informazioni che codificate e diffuse all’interno dell’organizzazione possono tradursi in eventi di apprendimento.

L’apprendimento di “primo livello” consente l’acquisizione di abilità a fare scelte che non mettono in discussione gli assunti di base del funzionamento dell’organizzazione (i paradigmi dell’innovazione7). È questo il caso di tutte le abilità, nuove tecniche, nuovi know-how, che le organizzazioni acquisiscono senza modificare la loro interpretazione della concorrenza o la loro valutazione del proprio posizionamento competitivo.

L’apprendimento di “secondo livello” è quello che mette in discussione gli assunti di base dell’organizzazione e che sceglie, fra i tanti possibili, i contesti entro i quali avviene l’apprendimento di “primo livello”. Esempio caratteristico e traumatico è la ristrutturazione e il riposizionamento strategico in un organizzazione in difficoltà.

7

ANTONELLI C., CONOSCENZA TECNOLOGICA. NUOVI PARADIGMI DELL’INNOVAZIONE E SPECIFICITA’ ITALIANA, Edizioni Fondazione Agnelli, Torino, 1999.

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FIG.5

Asse X

Piccola grande

AMPIEZZA DEL CAMBIAMENTO RICHIESTO TEMPO DI AGGIUSTAMENTO

ANNI MESI GIORNI

COMPETENZE CAPACITA’ PROCEDURE STRUTTURA STRATEGIA CULTURA

LIVELLO DI APPRENDIMENTO RICHIESTO

Vorrei concludere con una notazione di Revans negli anni ’70, secondo la quale alla base delle sopravvivenza degli organismi, e quindi delle organizzazioni, si pone la condizione che “l’apprendimento deve essere maggiore o uguale al cambiamento dell’ambiente esterno (L>C)”.

L’affermazione implica che un’organizzazione sia in grado di apprendere alla velocità del cambiamento, cosa che purtroppo non è sempre vera, sia perché l’apprendimento richiede tempo, sia perché certi cambiamenti non sono soltanto imprevedibili ma anche subitanei.

Ciò significa che la metafora dell’apprendimento va contestualizzata. Si distingue fra i cambiamenti ambientali di tipo incrementali e di tipo radicale coniugati con l’apprendimento di primo e secondo livello si può proporre la seguente matrice: (FIG.6)

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INUTILE UTILE E ????? UTILE E IMPROBABILE Apprendimento C a m b ia m e n to a m b ie n ta le UTILE E PROBABILE RADICALE INCREMENTALE 1° LIVELLO 2° LIVELLO

Nei quadranti sono state inserite le valutazioni sulla probabilità che si verifichino apprendimenti di 1° e 2° livello della loro utilità, intesa come risposta positiva al cambiamento si esso incrementale che radicale. Apparentemente la situazione più probabile e utile è quella in cui il cambiamento incrementale si accompagna con l’apprendimento di 1° livello. E’ il caso delle organizzazioni che non sono in grado di sviluppare il proprio portafoglio prodotti, le tecnologie, l’approccio al mercato, la cultura aziendale in modo armonico con la dinamica delle variabili aziendali, recependo via via le innovazioni.

Un apprendimento di 2° livello in presenza di cambiamenti incrementali senza è dubbio utile consentendo all’organizzazione di differenziarsi sostanzialmente rispetto al proprio passato, soprattutto alla concorrenza. Tuttavia è assai difficile predire se l’assenza di stimoli forti e vischiosità delle routines possano consentire un apprendimento di tipo rivoluzionario.

La situazione di cambiamento radicale in cui più sarebbe necessario un apprendimento di 2° livello, cioè quello che mette in discussione i postulati fondamentali dell’organizzazione, è quella più problematica. Infatti esistono

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numerosi esempi di aziende che hanno dato risposte vincenti a modifiche sostanziali del sistema competitivo o della tecnologia ma anche altrettanti e, forse più numerosi di insuccesso8.

1.7 I piu recenti approcci sulla Learning Organization

Tra i più recenti approcci al tema della learning organization, 3 sono stati importanti:

- l’approccio di Garratt (1990) che unisce in modo fortemente pragmatico gli aspetti del funzionamento organizzativo, sviluppo delle risorse umane, funzioni di leadership, clima aziendale, indicandone le caratteristiche ai fini dell’apprendimento organizzativo;

- quello di Nanaka (1985) che pone in evidenza i processi di trasmissione delle conoscenze;

- il pensiero di Senge (1990) che si riallaccia alle teorizzazioni della “dinamica dei sistemi” ed enfatizza il ruolo dei leader aziendali come “progettisti” di un sistema capace di apprendere.

GARRATT NONAKA SENGE

1. L’organizzazione che sa che l’apprendimento è un processo ciclico; 2. Accetta differenti ruoli delle politiche, strategie e operations nella Metal Shift - da come si processa la conoscenza a come si crea la conoscenza nelle grandi aziende Tacit Knowledge - la responsabilità è dei leaders - il principio della tensione creativa - abilità critiche: visione condivisa, modelli mentali e pensiero sistemico - leader come 8

Francesco Miggiani, Learining organization – idee e sistemi per lo sviluppo aziendale nella società della comunicazione, Guerrini e Associati, Milano 1994.

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organizzazione 3. è capace di

valutare le persone come Key assets. apprende: - dimensione cognitiva - tecnica Explicit Knowledge Conoscenza formalizzata e trasmissibile progettista, insegnante, steward - Nuovi strumenti: mappatura dei dilemmi, laboratori, ecc…

Nascono spontanee una serie di domande: che tipo di apprendimento viene favorito; è tutto l’apprendimento di uno stesso tipo e livello; qual è il collegamento fra l’apprendimento individuale e la sua trasformazione; può un’organizzazione trasformarsi e trasformarsi a qual fine?

Tratterò adesso solamente qualche parte importante che poi verrà approfondita nei prossimi capitoli, che riguarda alcuni “nodi” fondamentali dei processi di apprendimento organizzativo:

• L’apprendimento organizzativo avviene attraverso gli individui, però non è la somma dell’apprendimento dei singoli.

• Le organizzazioni non hanno un cervello ma hanno sistemi cognitivi e memorie

• Come gli individui sviluppano nel tempo personalità, abitudini e credenze, così le organizzazioni sviluppano comportamenti, mappe mentali e valori. Altre questione è invece ai fini dell’applicazione della metafora dell’apprendimento è l’individuazione del contenuto dell’apprendimento. È possibile infatti distinguere lo sviluppo cognitivo, inteso come processo che influisce sulla interpretazione degli eventi e dalle realtà, sugli schemi concettuali e sulle comprensioni collettivamente condivise, dallo sviluppo comportamentale che riguarda le risposte e le azioni degli operatori aziendali fondate su interpretazioni e su schemi concettuali.

Dato che ormai il focus di sviluppo organizzativo si è spostato a questo modello di learning organization che crea una cultura adattiva e orientata

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all’apprendimento. Dopo le teorie viste precedentemente possiamo concludere che per raggiungere questo cambiamento culturale noto come sviluppo organizzativo (OD) che si concentra sugli aspetti umani e sociali dell’organizzazione come strumenti per migliorare la capacità dell’organizzazione ad adattarsi e risolvere i problemi. L’OD enfatizza i valori dello sviluppo umano, dell’equità, dell’apertura, della libertà dalle costrizioni e dell’autonomia individuale, valori che permettono ai dipendenti di svolgere il proprio lavoro nel modo che a loro sembra più adeguato, nell’ambito di ragionevoli vincoli organizzativi. Negli anni ’70, l’OD si è sviluppato come una disciplina separata che ha applicato le scienze del comportamento a processi di cambiamento pianificati riguardanti l’organizzazione nella sua interezza, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia organizzativa. Oggi il concetto è stato ampliato per comprendere l’esame di come gli individui e i gruppi possono passare ad una cultura orientata alla Learning Organization in un ambiente complesso turbolento. Lo sviluppo organizzativo non è una procedura costituita da passi successivi per la risoluzione di un problema specifico, ma un processo di cambiamento fondamentale dei sistemi umani e sociali dell’organizzazione, compresa la cultura organizzativa.

L’OD utilizza le conoscenze e le tecniche dalle scienze del comportamento per creare un ambiente di apprendimento attraverso il rafforzamento della fiducia, il confronto aperto ai problemi, la responsabilizzazione e la partecipazione dei dipendenti, la condivisione della conoscenza e delle informazioni, la progettazione di mansioni significative, la cooperazione e la collaborazione e cooperazione tra i gruppi e il pieno utilizzo del potenziale umano.

I professionisti di OD credono che le prestazioni migliori si ottengano sgombrando il campo da approcci di gestione gerarchica e autoritaria. Facendo riferimento al modello dei valori competitivi, l’OD assegna un alto valore ai processi interni e ai rapporti umani. Tuttavia, la ricerca mostrato come è possibile che l’approccio OD non porti a un miglioramento delle prestazioni o della soddisfazione degli ambienti di business stabiliti in merito a compiti routinari. Questo approccio trova infatti la sua migliore applicazione in organizzazioni che

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devono affrontare continuamente discontinuità ambientali e rapidi cambiamenti, che hanno necessità di trasformarsi in Learning Organization. Lo spirito di ciò che l’OD tenta di conseguire è un vantaggio competitivo in base alla tipologia di ambiente in cui l’organizzazione ha intenzione di agire.

Far muovere le organizzazioni verso una cultura di apprendimento non è facile, ma le tecniche di sviluppo organizzativo possono rendere più fluido questo processo. L’OD ad esempio può ad esempio aiutare i manager e dipendenti a pensare in nuovi modi ai rapporti umani, rendendo la transazione a una gestione più partecipativa meno stressante.

Riferimenti

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