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(1)

Capitolo 1:

L

IMPATTO DELLE TECNOLOGIE SULLE

COMUNICAZIONI PERSONALI

.

1.1 I

L MARKETING NELL

ERA D

INTERNET

.

Lo sviluppo della tecnologia digitale e, in particolare, quello delle reti e dei database relazionali, ha portato a cambiamenti profondi e duraturi nella società cosi come nell’economia e nei mercati. Tale rivoluzione ha avuto effetti anche sulla disciplina di marketing nel suo complesso come hanno evidenziato Wind e Mahajan1.

Di fronte a fenomeni tanto nuovi quanto complessi e radicali nel loro impatto sulle condotte d’impresa, sono stati molti i tentativi d’interpretazione e “modellizzazione” da parte degli autori di marketing.

I lavori realizzati, da un lato, sono volti ad alfabetizzare i lettori sul commercio di rete e sulle possibilità che questa tecnologia porta con sé, dall’altra alla presentazione di specifici strumenti atti ad aiutare l’operatore di marketing nel suo processo decisionale.

Spesso si tratta nel suo complesso di un insieme di contributi molto eterogenei e, in alcuni casi, ripetitivi. Al di là di questa constatazione, è possibile individuare alcuni fenomeni di fondo e aspetti che legano questi lavori fra loro, come la descrizione di un “mondo nuovo”, digitale e virtuale, nel quale tutte le attività umane dovranno convergere. Il forte impatto delle information and communication technology (ICT) sul marketing può essere esaminato attraverso l’esplorazione di quali sono state le innovazioni tecnologiche che l’hanno

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maggiormente influenzato e i principali cambiamenti che la rivoluzione digitale ha provocato nelle logiche di marketing.

1.2 L

E INNOVAZIONI TECNOLOGICHE ED IL MARKETING DIGITALE

.

Possiamo suddividere le tecnologie in questione in tre grandi categorie: 1) tecnologie delle comunicazioni;

2) tecnologie abilitanti, cioè quelle sulle cui basano si costruiscono diverse applicazioni specifiche;

3) tecnologie adattive, vale a dire quelle che organizzano i contributi della rete e permettono all’utente di interagirvi.

Per tecnologie delle comunicazioni intendiamo l’insieme delle tecnologie wired e wireless. La prima classe comprende i sistemi di trasmissione via cavo che sono destinati a servire gli apparati di ricezione fissa che possono essere programmati e gestiti a distanza (personal computer, televisori, etc).

La seconda classe comprende tutti i dispositivi di comunicazione ed elaborazione mobile (bluetooth, UMTS, WAP, ecc.).

All’interno di queste opzioni tecnologiche di base, si sono sviluppate specifiche soluzioni tecniche, applicazioni e protocolli (e-mail, intranet ed extranet, tecnologie streaming per audio e video, webcasting ecc.) in grado di garantire la comunicazione tra soggetti all’interno di reti wired e wireless.

Le tecnologie abilitanti sono applicazioni in grado di supportare servizi fondamentali per la realizzazione d’offerte di marketing sulla rete. Fanno parte di questa categoria:

 Le tecnologie per la gestione delle informazioni: sono rappresentate da strumenti come il data warehousing (raccolta di dati e informazioni interne ed esterne all’azienda attraverso database statistici) e il data mining (cioè

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database che consentono d’identificare relazioni tra i dati raccolti in modo da poter creare adeguati profili d’utenti con interessi e attività comuni, sui quali realizzare offerte ad hoc).

 Le tecnologie per la creazione di esperienze virtuali;  Le tecnologie per garantire la sicurezza e privacy.

Parlando invece di tecnologie adattive, ci riferiamo ad un insieme di strumenti che sono in grado di rendere l’esperienza di navigazione dell’utente più agevole e personalizzata. A tal proposito possiamo citare gli agenti intelligenti (detti anche spider), i motori di ricerca e i programmi di gestione vocale.

1.3 I

PRINCIPALI CAMBIAMENTI NELLA LOGICA DI MARKETING

.

La letteratura di marketing che affronta il tema in questione è molto ampia ed articolata. Per definire com’è cambiato il business model della nuova azienda, ci si può rifare al contributo offerto da Gary Hamel2 secondo il quale sono quattro gli elementi che sottolineano l’evoluzione:

1. L’interfaccia col cliente: è rappresentata dall’insieme dei supporti e servizi che l’azienda gestisce per sviluppare una duratura relazione col cliente;

2. La core strategy: è rappresentata dalla strategia complessiva d’impresa che s’articola intorno alla mission, alla definizione dell’ambito di business e alle basi per la differenziazione dell’offerta;

3. Le risorse strategiche: sono costituite da tutti gli asset strategici (tangibili e non), dai processi chiave e dalle competenze distintive di un’azienda;

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4. Il value network: è rappresentato dai fornitori strategici, i partner di valore e tutto quel sistema intorno all’azienda che contribuisce a definire il business model e a garantire il vantaggio competitivo.

Sviluppiamo a questo punto gli elementi del modello di business, che rendono un’impresa adatta a competere in ambienti digitali e, in particolar modo sulla rete.

In termini d’interfaccia col cliente, s’assiste ad una progressiva dematerializzazione dei punti di contatto: l’impresa passa da un modello tradizionale “brick and mortar” ad uno on-line “click and click”. Ciò porta il cliente ad utilizzare la rete quale canale privilegiato non solo per la nascita di comunità virtuali ma anche di transazioni economiche. Il vantaggio deriva dai bassi costi per raggiungerlo e l’alto tasso di personalizzazione che permette di creare relazioni di tipo one-to-one, rispetto alle tradizionali forme di commercio basate sui luoghi fisici.

La possibilità d’acquisire e gestire a basso costo (tramite data warehousing e data mining), un numero elevato di informazioni sul cliente, (congiuntamente alla riduzione progressiva dei costi di personalizzazione dell’offerta), porta alla realizzazione di strategie (o meglio core strategy) incentrate sul cliente. In particolare l’ambito di business tende ad allargarsi sia in termini geografici (estesi fenomeni di globalizzazione), che di categorie merceologiche. Va delineandosi quell’aspetto del mercato che alcuni autori (Hamel e Prahalad su tutti) hanno definito come “metamercato”, vale a dire un mercato composto dal confluire di più soluzioni tecnologiche e di business per lo stesso bisogno. La rapidità del mutamento del contesto economico deve essere supportato dalla capacità d’adattamento e di trasformazione continuo; di conseguenza s’osserva una minor rigidità rispetto ai modelli di business tradizionali a favore di un processo d’apprendimento continuo e di nuove soluzioni.

Per conseguire tali propositi occorre una ridefinizione delle risorse strategiche. In un contesto sempre più dinamico e innovativo perdono valore gli asset fisici a

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scapito della conoscenza e delle competenze distintive (Nonaka e Takeuchi, 1995).

Il cambiamento riguarda anche il modo in cui l’impresa sviluppa le proprie relazioni con l’esterno. Secondo Norman e Ramirez (1993), “la competizione si gioca sempre più a livello di network, di coalizioni e di costellazioni di valore”. Per gestire le relazioni personalizzate sparse con clienti di tutto il mondo, occorre la valutazione di nuove figure quali gli infomediari (operatori della rete in grado di rilasciare alle imprese informazioni su specifici target di utenti) e i content provider (attori che offrono contenuti capaci di generare traffico su uno specifico sito).

Se finora abbiamo esplorato il nuovo modello che le imprese sono state costrette ad “adottare” per affrontare la sfida in rete, una riflessione importante va fatta sul nuovo consumatore, un consumatore che diventa asset d’impresa: il cyberconsumatore.

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1.4 I

L CYBERCONSUMATORE

.

I contesti digitali presentano caratteristiche estremamente diversi da quelli reali e tali diversità non possono non avere un impatto sul comportamento del consumatore. Si possono osservare nuove situazioni come:

• La propensione all’uso della rete rispetto ad altri media da parte del consumatore;

• La modificazione dei comportamenti sul web, rispetto a quelli off-line; • Il cambiamento nell’atto d’acquisto vero e proprio in ambienti digitali.

Bagozzi e Dholakia3 evidenziano quali sono le cause che riescono ad offrire al consumatore esperienze più profonde e coinvolgenti:

• la “sfida” nei confronti di ambienti nuovi;

• un’esperienza interrotta, senza limiti fisici, geografici e temporali;

• la ricezione di feedback durante la navigazione, stimola ulteriormente la navigazione dell’utente;

• la struttura di navigazione è passibile di controllo e modifiche da parte dell’internauta rispetto al contesto reale.

L’attività d’acquisto in rete, che si sviluppa all’interno di quella più complessiva di navigazione, presenta alcuni aspetti innovativi e che hanno notevoli implicazioni. Un primo elemento di rilevante importanza, che è citato in buona parte della letteratura sul marketing digitale, è la drastica riduzione dei costi di raccolta delle informazioni da parte del consumatore. Tale fenomeno porta ad un ribaltamento del tradizionale differenziale informativo esistente tra produttore e consumatore e ha fatto sognare molti economisti sulla possibilità di realizzare mercati effettivamente trasparenti, nei quali il consumatore si possa muovere come attore perfettamente razionale, grazie ai costi ridotti di raccolta delle informazioni. Un ulteriore elemento a supporto di quest’ipotesi è legato alla possibilità per il navigatore di raccogliere informazioni da un elevato numero di

(7)

fonti. In particolare la partecipazione a comunità virtuali di consumatori che condividono la stessa passione o lo stesso interesse permette d’acquistare, non solo una mole ingente d’informazioni, ma anche sviluppare una prospettiva critica.

Il costo che il nuovo consumatore deve sopportare nel contesto digitale è rappresentato dall’overload cognitivo4 collegato alla ricerca d’informazioni (Davenport e Beck). Questa serie di problematiche e opportunità ha portato ad una riscoperta delle potenzialità della comunicazione fra gli utenti. Ciò che sta attirando l’attenzione da parte dei professionisti e studiosi è l’utilizzo di fonti fidate come strumento di marketing, atte a coinvolgere il cyberconsumatore in un piano comunicativo aziendale. Spesso si fa riferimento a questo concetto col termine di marketing virale.

Nel prosieguo del lavoro riteniamo fondamentale analizzare il fenomeno in questione tramite l’inquadramento in un background letterario, costruito attraverso un excursus tra i lavori più autorevoli in materia.

(8)

1.5 I

L MARKETING VIRALE

:

UNA PANORAMICA SULLE DEFINIZIONI LETTERARIE

.

La ricerca sulla comunicazione elettronica è abbastanza nuova e sono stati molti i termini usati per descrivere il fenomeno.

Gli autori fanno riferimento a concetti di: marketing interattivo5, marketing virale6, internet word-of-mouth o word-of-mouse 7, electronic word-of-mouth communication 8 .

Al fine d’esplorare il passaparola elettronico, riteniamo fondamentale, innanzitutto definire i concetti principali di marketing virale e word-of-mouth e di conseguenza i loro rapporti.

Molte definizioni sono state proposte per definire il fenomeno del marketing virale. Modzelewski9 afferma che "il marketing virale differisce dalla comunicazione basata sul passaparola verbale, nel valore in cui il virus confluisce dal consumatore originale agli altri individui che ne sono attratti”. Secondo Montgomery10 il marketing virale è: “un tipo di marketing che contagia i suoi clienti con un messaggio pubblicitario, che passa da un cliente all’altro più prossimo, come un violento virus influenzale”.

Kaikati11 considera il marketing virale come una delle sei tecniche di marketing non convenzionale (gli altri sono being brand pushers, celebrity marketing, bait-and-tease marketing, il marketing nei videogames, e il marketing nella musica pop e rap), mentre Phelps12 l’ha definito come “il processo di comunicazione che incoraggia una comunicazione onesta in un network di consumatori”.

5 Blattberg e Deighton.

6 Steve Jurvetson e Tim Draper, 1997.

7Goldenberg, Libai, e Muller “Modeling heterogeneity on new product growth through cellular automata” (2001).

8Hennig e Thurau, “Electronic word-of-mouth via consumer-opinion platforms: What motivates consumers to articulate themselves on the Internet?” (2004).

9“Finding a cure for viral marketing” (2000).

10“Applying Quantitative marketing Techniques to the internet”(2001). 11“Sthealth marketing” (2004).

12“Viral marketing or electronic word-of-mouth advertising: examining consumer responses and motivations to pass along email”(2004).

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Mentre tutte le definizioni condividono il fatto che il marketing virale sia un processo fra consumatori, e che sia legato al word-of-mouth, differiscono in altri aspetti (tabella 1).

Tabella 1: comparazione delle definizioni di viral marketing.

Definizione Consumer-to-consumer Pubblicità Word- of-mouth Esternalità di rete Network Rosen(2000) “l'aggregato di tutta la comunicazione fra le persone

su un particolare prodotto, servizio, o azienda in qualunque momento”

x

x

Modzelewski (2000)

“il vero marketing virale differisce dalla comunicazione basata sul passaparola verbale

nel valore in cui il virus confluisce dal consumatore originale agli altri individui che

ne sono attratti”.

x

x

x

Montgomery (2001)

“Il marketing virale, contagia i suoi clienti con un messaggio pubblicitario, che passa da un cliente all’altro più prossimo,

come un violento virus influenzale”

x

x

x

Subramani e Rajagopalan (2002)

“Il marketing virale, a volte descritto come la pubblicità via

word of mouse, è una tecnica

che fa leva sul potere di un individuo di influenzarne altri nel loro network sociale on-line,

usando le comunicazioni computerizzate come e-mail,

istant messaging e chat”.

x

x

x

Phelps (2004)

“Il processo di comunicazione che incoraggia una comunicazione onesta in un network di consumatori”

x

x

x

De Bruyn e Lilien (2004)

“Lo scopo dei referenti elettronici per il marketing, è

riferito all’utilizzo delle comunicazioni peer-to-peer, al fine di disseminare informazioni

sui prodotti o servizi attraverso la sua rapidità ed economicità

nell’adozione”.

x

x

(10)

La definizioni fornita da Phelps richiama la definizione comune di passaparola di Arndt13 del 1967, mentre Montgomery la collega prevalentemente all’aspetto pubblicitario. Poiché la pubblicità può essere definita come qualunque forma pagata di presentazione non personale di beni e servizi identificati da un marchio (Alexander 1964), si può obiettare affermando che rappresenti un concetto diverso dal passaparola. Ciò è sostenuto anche da Hogan, Lemon e Libai14 che hanno invece sottolineato come il passaparola "spesso completi ed estenda gli effetti della pubblicità". L’ulteriore denominazione fornita da Rosen sul buzz marketing (altro sinonimo utilizzato per riferirsi al viral marketing), è simile a quella proposta da Phelps, poiché lo definisce come: “L'aggregato di tutta la comunicazione fra le persone su un particolare prodotto, servizio, o azienda in qualunque momento”.

Il passaparola nella letteratura è stato spesso definito come la comunicazione orale tra persone, o meglio tra un ricevitore ed un comunicatore, che il ricevitore percepisce come un messaggio non commerciale, riguardante un marchio, un prodotto, o un servizio (Arndt 1967). Buttle15 sottolinea come oggi le comunicazioni computerizzate tramite blogs, e-mail, ecc. possono essere incluse nella definizione appena fornita.

Hennig e Thurau riprendendo Buttle, definiscono il passaparola elettronico come "qualunque dichiarazione positiva o negativa fatta da clienti reali, o potenziali, su un prodotto o un’azienda, messo a disposizione di una moltitudine di persone via internet".

Una delle puntualizzazioni di Modzelewski, che può essere d’aiuto a capire in pieno il fenomeno, è che il marketing virale differisce dalla tradizionale comunicazione verbale a causa delle esternalità positive nel network, e ciò è interessante poiché integra alla comunicazione verbale la teoria sui network. Gli effetti derivanti dai network avvengono quando “l'acquirente dell'ultima unità di un bene ha un beneficio più alto rispetto all'acquirente del primo, perché la vendita delle prima unità ha creato dei benefici in una dimensione collegata” e

13 “Role of product-related conversation in the diffusion of a new product” (1967) 14“Quantifying the ripple: Word-of-mouth and Advertising Effectiveness “(2004) 15 “Word-of-Mouth: understanding and managing referral marketing”, 1998.

(11)

ciò può influenzare considerevolmente l’adozione e quindi la diffusione di merci e di servizi.

Basandosi sulla discussione finora portata avanti, nel presente lavoro si definirà il marketing virale come la comunicazione verbale nelle situazioni dove: 1) prevalgono gli effetti positivi del network e 2) il ruolo dell'influenzatore è attivo grazie agli effetti positivi nel network.

Questa definizione è in linea con il lavoro fornito da Subramani e Rajagopalan16 sulla struttura dei meccanismi comportamentali che evidenziano la condivisione di conoscenze, l'influenza, e la condiscendenza nei network sociali on-line. La nostra definizione differisce da quella degli autori appena citati, nel fatto che non restringeremo il campo d’azione del marketing virale ad ambienti esclusivamente on-line, ma riteniamo che a volte sia fondamentale l’integrazione di strategie off-line.

Nel proseguo del capitolo, cercheremo di investigare sui due aspetti evolutivi d’importanza critica che ci aiuteranno a capire il fenomeno del marketing virale:

1. Il passaggio dalla comunicazione verbale tradizionale all’e-wom; 2. Le evoluzioni dei network nell’era d’internet.

16 “Examining Viral Marketing: A Framework for Knowledge Sharing and Influence in On-line Social Networks”, 2002.

(12)

1.6 D

ERIVARE L

E

-

WOM DAL PASSAPAROLA TRADIZIONALE

.

Nella letteratura di marketing, è stato ampiamente mostrato che il passaparola tradizionale ha un ruolo notevole nelle decisioni d’acquisto dei consumatori17. L’avvento d’internet ha aumentato le possibilità, a disposizione dei consumatori, di raccogliere informazioni imparziali sui prodotti da altri consumatori e provvedere, a loro volta, a rilasciarne altri, impegnandosi cosi in azioni di passaparola elettronico (l’eWOM).

Date le caratteristiche distinte della comunicazione su internet (dirette a più individui, disponibile per gli altri consumatori per un indefinito periodo di tempo, ed anonima), l’eWOM ha meritato l’attenzione particolare da parte della ricerca di marketing e dei managers, anche se fino ai giorni nostri, sono state pubblicate poche ricerche su tale argomento.

Le pubblicazioni esistenti discutono prevalentemente le articolazioni on-line nel contesto di comunità virtuali dove i consumatori si aggregano nell’ambiente, focalizzandosi principalmente sugli aspetti manageriali (Armstrong & Hagel, 1996) e socio-psicologici di tali comunità, relativi alla formazione e all’esistenza delle comunità stesse (Fischer, Bristor, Gainer, 1996; Granitz e Ward, 1996). Afferrando il tema di eWOM da una prospettiva di marketing, Stauss (1997, 2000) discusse le varie minacce e le opportunità per il business provocato dall’aumento dei commenti on-line. Concettualmente, Stauss parla di “internet customer communication” che avviene quando “i consumatori riportano/interagiscono su circostanze attinenti al consumo su internet” e le classifica sotto il generale concetto di comunicazione attraverso il passaparola. Un aspetto sicuramente interessante, riguarda il perché i consumatori si ingaggiano nel rilasciare commenti e opinioni sui prodotti/servizi, o meglio, quali sono i motivi che spingono i consumatori ad intraprendere tali azioni.

Dato la stretta connessione concettuale fra eWOM e comunicazione di WOM tradizionale, ci si può aspettare che in linea di massima i motivi che nella

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letteratura sono stati identificati come rilevanti per spiegare il passaparola tradizionale possono attenersi anche all’eWOM.

Molti autori hanno suggerito che la comunicazione verbale, principalmente sorge quando le aspettative relative al consumo non sono confermate (Anderson, 1998), mentre altri hanno accennato al fatto che, i motivi che portano ad una comunicazione di WOM positiva possono differire dai motivi che guidano una comunicazione verbale negativa (Sundaram, Mitra e Webster, 1998).

In tabella 2 sono stati raccolti i contributi più rilevanti ed autorevoli suggeriti dalla letteratura.

Lo studio più prominente in tal senso, è quello offerto da Dichter (1966) che identificò quattro categorie motivazionali di comunicazione wom positiva: il coinvolgimento per il prodotto, coinvolgimento personale, il coinvolgimento verso gli altri, il coinvolgimento nei confronti del messaggio.

Nonostante la sua accettabilità intuitiva e prominenza, una pecca del lavoro appena citato, è rappresentata dal fatto che non è prevista nessuna informazione dettagliata sullo sviluppo della tipologia del passaparola.

Engel, Blackwell e Miniard (1993) riprendendo in linee generali il lavoro di Dichter, rinominarono le categorie e introdussero un nuovo motivo - la riduzione della dissonanza - che considerarono come ragione per manifestare solamente una comunicazione WOM negativa.

Lo studio più comprensivo sui motivi di WOM, è fatto risalire a Sundaram (1998). Questi identificò sette motivi che portavano un soggetto ad intraprendere una comunicazione basata sul passaparola (alcuni dei quali corrispondono a quelle identificate più di venti anni prima da Ditcher). Tra le categorie identificate quattro si riferiscono al WOM positivo (l'altruismo, coinvolgimento verso il prodotto, miglioramento individuale, e aiuto all’azienda) mentre gli altri tre motivi sono collegati al passaparola negativo (l’altruismo, la riduzione dell’ansia, la vendetta, e la ricerca di consigli).

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Tabella 2: i motivi che portano ad attuare azioni di passaparola.

Autore Motivo Descrizione

Coinvolgimento per il prodotto

Il consumatore prova un forte sentimento nei confronti del prodotto da creargli una pressione interna; raccomandando il prodotto ad altri, tenta

di ridurre la tensione causata dall’esperienza di consumo.

Coinvolgimento personale

Il prodotto funge da mezzo attraverso il quale colui che ne parla, può gratificare certe necessità

emotive.

Coinvolgimento verso gli altri

L’attività di passaparola induce il bisogno di dare qualche cosa al ricevente.

Dichter (1966)

Coinvolgimento del messaggio

Si riferisce alla discussione stimolata dagli annunci pubblicitari, o dalle relazioni pubbliche.

Coinvolgimento Il livello d’interesse o coinvolgimento

dell’argomento.

Miglioramento individuale Il passaparola porta ad incentivare la

discussione.

Dare importanza ad altre persone

Le raccomandazioni permettono alle persone di guadagnare attenzione, suggerire status, dare

l'impressione di possedere informazioni ed asserire superiorità.

Intrigo derivante dal messaggio

Un desiderio genuino di aiutare amici o facilitare una decisione d’acquisto.

Engel, Blackwell, & Miniard (1993) Riduzione della dissonanza

Il divertimento risultante dal parlare di emozioni che scaturiscono dalla visione di certi annunci.

Altruismo( wom positivo) L'atto di fare qualche cosa per altri senza alcuna

ricompensa in ritorno.

Coinvolgimento nel prodotto

Interesse personale per il prodotto; eccitamento risultante dalle proprietà del prodotto e dal suo

utilizzo.

Miglioramento personale

L’immagine personale migliora agli occhi degli altri consumatori proiettandosi come un

acquirente intelligente.

Aiuto per l’azienda Desiderio d’aiutare l’azienda.

Altruismo (wom negativo)

Al fine di aiutare gli altri a non incontrare i problemi che il consumatore ha avuto

dall’esperienza di consumo.

Riduzione dell’ansia rabbia che allevia l'ansia e la frustrazione.

Vendetta rivalersi contro l’azienda associata all’esperienza

di consumo negativa. Sundaram,

Mitra, & Webster (1998)

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1.6.1 Il passaparola nei siti d’opinione: i moventi che spingono i

consumatori ad esporsi.

Per identificare in modo più approfondito i motivi che spingono gli utenti della rete ad azioni di eWOM, ci si può basare ulteriormente sugli studi di Balasubramanian e Mahajan18 che identificarono quali sono le caratteristiche del passaparola on-line scaturente nei siti d’opinione. Gli autori procedettero ad identificare una struttura utile a sottolineare l'integrazione di attività economiche e sociali all’interno del contesto di una comunità virtuale, dando luogo alla distinzione di tre tipi d’utilità d’interazione sociale: utilità relativa focalizzata, utilità di consumo, e l’utilità d’approvazione. Il contributo prezioso può essere inoltre arricchito dall’analisi di Henning e Thurau, che a posteriori aggiunsero altre due forme di utilità scaturenti dall’interazione sociale ossia: l’utilità legata al moderatore e l’utilità emostatica.

Vediamo brevemente cosa descrivono questi tipi d’utilità.

1.6.1.1 L’UTILITÀ RELATIVA FOCALIZZATA.

L'utilità relativa focalizzata è l'utilità che il consumatore riceve, quando aggiunge valore alla comunità, attraverso il suo contributo (Balasubramanian & Mahajan, 2001). Nel contesto dei siti d’opinione sul web, tali contributi possono includere revisioni commenti e opinioni su prodotti e servizi d’interesse per altri membri della comunità. Questa utilità è basata sull’assunzione che “aggiungere valore” alla comunità è un obbiettivo importante perseguito dall'individuo.

Basandosi sulla letteratura della comunicazione WOM tradizionale, si possono identificare quattro motivi che sottostanno all’utilità relativa focalizzata:

(16)

l’interesse nei confronti degli altri consumatori, l’aiuto per l’azienda, il beneficio sociale e l’esercizio di potere.

Secondo Engel (1993), la comunicazione eWOM nei siti d’opinione può essere intrapresa inizialmente, come il desiderio d’aiutare gli altri consumatori nelle decisioni d’acquisto, salvarli da esperienze di consumo negativo o entrambe le situazioni. Così, tale comunicazione può includere sia esperienze positive sia negative, con un prodotto o un’azienda.

L’interesse nei confronti degli altri consumatori è strettamente collegato al concetto di comportamento pro-sociale (o altruistico) discusso intensivamente nella letteratura filosofica (Nagel, 1970; Paul, Miller 1993) e ripreso in più situazioni dalla letteratura di marketing (Carman, 1992; Price, Feick e Guskey, 1995).

La motivazione riguardo all’aiuto nei confronti di un’azienda è il risultato scaturente dalla soddisfazione derivante dal consumo di un prodotto ed il desiderio susseguente di “aiutare” la società (Sundaram, 1998). Il cliente è motivato a prendere parte a comunicazioni di eWOM al fine di dare alla società “qualcosa indietro”, quale ricompensa della buona esperienza. L'effetto intenzionale della sua attività comunicativa pertanto, ritornerà utile al successo dell’azienda. Anche in questo caso, il sostegno dell’azienda, è legato strettamente ad un comportamento altruistico che pertanto, può essere inquadrato nello stesso background psicologico del primo motivo, ovvero l’interesse nei confronti degli altri consumatori. Secondo questa interpretazione, il consumatore considera la società un’istituzione sociale degna d’appoggio (tramite appunto l’eWOM). Inoltre, tale comportamento può essere spiegato dalla teoria dell’equità (Oliver e Swan, 1989), la quale suggerisce che gli individui desiderano scambi leali ed equi. Se un consumatore sente d’aver ricevuto un rapporto d’output/input più alto dell’azienda, allora aiuterà l’azienda tramite azioni di raccomandazione delle sue offerte nella rete, allo scopo di pareggiare il rapporto d’output/input.

Una caratteristica del comportamento di eWOM sui siti d’opinione è che i consumatori diventano parte di una comunità virtuale attraverso i loro commenti e le loro opinioni. L'affiliazione con una comunità virtuale può rappresentare un

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beneficio sociale per un consumatore al fine di integrarsi e identificarsi socialmente; pertanto, si può presumere che i consumatori s’impegnino ad alimentare il passaparola, allo scopo di “vivere” un sentimento di partecipazione ed appartenenza a tali luoghi on-line (McWilliam, 2000; Oliver, 1999). In particolare, i consumatori rilasciando commenti sui siti d’opinione, mettono in atto un comportamento che sottolinea la loro partecipazione attiva e presenza, nella comunità virtuale con altri utenti e li abilita a ricevere benefici sociali da questo sentimento d’appartenenza.

Dato il grande numero di ricevitori potenziali della comunicazione eWOM, la disponibilità a lungo termine dei commenti e la loro accessibilità da parte dell’ azienda, l’articolazione individuale di un individuo su un problema relativo al consumo può contribuire ad esercitare potere (singolarmente o collettivamente) nei confronti di un’azienda. Poiché i commenti negativi possono influenzare il modo in cui l’immagine di un’azienda è percepita, i commenti pubblici rappresentano un valido strumento di potere nelle mani dei consumatori. Di conseguenza, la comunicazione eWOM offre un meccanismo per spostare il potere dall’azienda ai consumatori, particolarmente in casi dove la critica è articolata da più persone simultaneamente (un fenomeno che accade regolarmente sul web).

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1.6.1.2 L’UTILITÀ DI CONSUMO.

L’utilità di consumo fa riferimento al valore che i consumatori ottengono attraverso “l’utilizzo diretto dei contributi di altri individui facenti parte della comunità” (Balasubramanian & Mahajan, 2001). Nel contesto dei siti d’opinione sul web, il consumo ha luogo quando gli individui leggono le recensioni sul prodotto e i commenti scritti dagli altri utenti, che possono a loro volta motivare i consumatori a scriverne altri.

In particolare, ci s’aspetta che i consumatori possano articolare un commento descrivendo on-line le loro esperienze con un prodotto e richiedendo agli altri consumatori di partecipare, al fine di raccogliere informazioni per risolvere problemi. Scrivere e/o sollecitare le opinioni dei consumatori, può consentire al contribuente di guadagnare feedback più specifici ed utili piuttosto che semplici commenti anonimi. Questo motivo di ricerca di consigli post-acquisto è legato all’acquisizione delle abilità necessarie al fine di comprendere meglio, l'uso, le caratteristiche e la modifica di un prodotto.

1.6.1.3 L'UTILITÀ D’APPROVAZIONE.

L’utilità d'approvazione è legata alla soddisfazione del consumatore che avviene “quando individui facenti parte di una comunità on-line, consumano ed approvano i contributi di un consumatore” (Balasubramanian & Mahajan, 2001). Nei siti d’opinione su internet, tale reazione può essere sia formale o informale. L’approvazione informale può avvenire quando un altro operatore loda pubblicamente i contributi di un soggetto, o col gruppo o comunica in privato con l'individuo che ha fornito le informazioni utili.

L’approvazione formale, invece, è decretata dai soggetti che operano nella piattaforma. Per esempio ciao.com, fornisce un meccanismo che consente agli utenti di valutare le revisioni sui prodotti in base alla loro utilità. Queste informazioni sono poi usate per creare un sistema di ranking al fine d’identificare

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i “critici top” (nel linguaggio classico dei siti d’opinione questi soggetti vengono anche identificati con l’etichetta di “top reviewers”).

Basandosi sulla letteratura del word-of-mouth si possono identificare due motivi concreti che sono associati frequentemente con l’utilità d’approvazione: il miglioramento personale e le ricompense economiche. La motivazione del primo aspetto (Engel ed altri 1993; Sundaram ed altri 1998) è guidata dal desiderio di una persona di ottenere un riconoscimento positivo da parte d altri individui. Nel contesto di un sito d’opinione on-line questo può essere tradotto come l’individuazione di un soggetto come shopper intelligente da parte degli altri consumatori. Questo motivo fa riferimento all’esistenza di certi bisogni diretti del consumatore che possono essere gratificati solo attraverso le interazioni sociali. In alcuni casi il fornitore di informazioni elettroniche, può ricevere la retribuzione direttamente dall'operatore della piattaforma (una caratteristica di comunicazione dell’eWOM che la distingue dal WOM tradizionale). È stato dimostrato che le ricompense economiche possono fornire una spiegazione importante del comportamento umano e generalmente il destinatario le riconosce come un segnale d’apprezzamento da parte di chi la fornisce (Lawler, 1984). Pertanto, ricevere ricompense economiche per la comunicazione eWOM dagli operatori della piattaforma on-line costituisce un’altra forma d’utilità d’approvazione.

1.6.1.4 L'UTILITÀ LEGATA AL MODERATORE.

L’utilità legata al moderatore avviene quando una terza parte rende le azioni di reclamo più facili per i membri di una comunità. Nel contesto web, questo potrebbe comportare l’interazione dello staff del sito col personale di un’azienda a nome del cliente. Questa categoria d’utilità nasce dall'esistenza di un moderatore nei processi d’interazione fra consumatori (C2C), che distingue ulteriormente la comunicazione elettronica dal passaparola tradizionale.

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I motivi specifici di comunicazione eWOM che fanno riferimento al ruolo del moderatore, sono la convenienza ed il sostegno nella risoluzione dei problemi attraverso l'operatore della piattaforma on-line. La semplice esistenza della piattaforma può rendere il processo di reclamo più facile da eseguire per il querelante. Questo è soprattutto vero, quando il consumatore è incapace di raggiungere il personale appropriato dell’azienda coinvolta nello scambio che non l’ha accontentato. Pertanto, può essere un modo più conveniente per i consumatori per cercare il risarcimento.

La possibilità che gli operatori della piattaforma on-line passano direttamente le lamentele alle aziende in questione, riduce i rischi psicologici e finanziari dei consumatori. In questo senso, gli operatori della piattaforma sono visti come dei difensori dalla parte del consumatore.

1.6.1.5 L’UTILITÀ EMOSTATICA.

Questa ultima utilità deriva dal fatto che, nelle loro vite, le persone desiderano fondamentalmente equilibrio (Zajonc, 1971). La teoria dell’equilibrio afferma che gli individui si sforzano nel restaurare l’equilibrio dopo che il loro stato, originariamente bilanciato, è stato sbilanciato (Heider, 1958; Newcomb, 1953). Nel contesto delle esperienze di consumo insoddisfacenti, la fonte di sbilanciamento proviene da un’esperienza di consumo forte sia positiva sia negativa. L’equilibrio pertanto, può essere restaurato rilasciando un commento su un sito d’opinione. Basandosi sulla letteratura di comunicazione WOM, si possono identificare due motivi che sono frequentemente associati all'utilità emostatica: l’espressione di emozioni positive e l’esalazione di sentimenti negativi.

Secondo Sundaram (1998) la ragione sottostante al bisogno di esprimere emozioni positive è che tali esperienze creano una tensione psicologica a causa di un forte desiderio di condividere la gioia dell’esperienza con qualcuno. Questa

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tensione può essere ridotta rilasciando commenti on-line, un comportamento che consente al consumatore di condividere l'esperienza con molte altre persone. D’altra parte, esprimere dei sentimenti negativi può invece servire a diminuire la frustrazione e l’ansia associata all’esperienza di consumo negativo (Sundaram ed altri, 1998). Di conseguenza, la condivisone di un’esperienza negativa attraverso la pubblicazione di commenti on-line, può aiutare il consumatore a ridurre lo stato di sconforto associato alle emozioni negative.

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1.7 L

A STRUTTURA DEI NETWORK ED I SUOI EFFETTI SUL COMPORTAMENTO NEGLI AMBIENTI ON

-

LINE

.

Lo studio dei network aiuta a dar luce alla struttura sottostante alla comunicazione verbale ed ai differenti elementi che ne possono essere riconosciuti, nel suo flusso in un sistema. I network hanno un certo grado di struttura (Rogers 2003), ed il centro d'interesse della loro analisi è capire come le loro proprietà strutturali influenzano il comportamento degli individui che ve ne fanno parte.

I network sono costituiti da membri (gli attori) e da nodi che li collegano fra loro. Nelle comunità virtuali i consumatori che parlano fra loro, spesso non si conoscono, e pertanto è un’abitudine comune l’uso di pseudonimi (nickname). È stato notato19 che non tutti i membri del network comunicano fra loro, poiché i flussi informativi all’interno dei network scorrono soltanto verso certi individui. La ricerca sulla diffusione delle innovazioni suggerisce che il comportamento delle persone di riferimento, può avere luogo principalmente fra gli attori che sono simili l’un con l’altro nelle credenze, nell’educazione, e nell’occupazione (Rogers 1983), incoraggiando così l’adozione. Tuttavia, le ricerche su internet hanno riportato che la comunicazione in questo mezzo impatta positivamente sulle differenze sociali e sostiene una gamma più larga di partecipanti20. Questo può significare che, negli ambienti virtuali, l’importanza del comportamento di riferimento può aumentare, poiché tutti i membri del network sono considerati delle fonti importanti di informazioni e di riferimento.

Questa considerazione non riguarda che un primo aspetto su come l’avvento d’internet abbia cambiato in maniera radicale la struttura dei network sociali. Come osservano Subramani e Rajogopalan, “l'influenza interpersonale nel marketing virale avviene in ambienti virtuali ed è considerevolmente diverso, da quello che avviene nei contesti convenzionali”. Gli autori osservano come in primo luogo, il grado e lo scopo dell’influenza è decisamente mutato nella

19 Abrahamson e Rosenkopf (1996)

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comunicazione elettronica, poiché questa permette, rispetto alla comunicazione faccia a faccia, di collegare molti più individui allo stesso tempo.

In secondo luogo, le comunicazioni computerizzate hanno fornito l’opportunità di collegare individui asincronamente, per esempio via e-mail.

In terzo luogo, la crescita delle comunicazioni computerizzate, sfruttando i network, facilita lo scambio di informazioni in diversi contesti.

Sono stati sviluppati diversi metodi per quantificare ed analizzare i network e le misure più utilizzate nella letteratura di marketing sono: la densità, i clique e la centralità (Webster e Morrison 2004).

 La densità rappresenta il grado di coesione del network. Misura l’estensione di ogni possibile nodo in un network. Le reti sociali dense sono quelle dove l’incoraggiamento e la cooperazione fra i membri è maggiore e la densità è associata con alte pressioni, al fine di conformare le aspettative del gruppo. Inoltre, i network densi si caratterizzano per un elevato sostegno e un’elevata solidarietà sociale (Burt 1998).

 Clique. La scoperta di sottogruppi in un network è un argomento di continuo interesse nel marketing. Il termine clique (Luce e Perry, 1949) è stato usato per descrivere i sottogruppi potenziali. A tal riguardo è d’indubbio interesse la classificazione dei collegamenti fra network in base al grado col quale trasportano informazioni. La teoria su cui si basa tale analisi è quella della “forza dei nodi deboli” di Granovetter (1973). Granovetter attribuiva ai nodi deboli una funzione di ponte che permetteva ai referenti di procedere da un sottogruppo (come una comunità virtuale) ad un altro segmento (le altre comunità) del sistema sociale. I nodi deboli si manifestano, solo marginalmente, tramite quegli individui che sono inclusi nel network corrente e connettono un piccolo clique di un individuo (ad esempio formato da amici intimi) con altri clique distanti. Reingen ed i suoi colleghi, in riferimento all’erogazione di un servizio, furono i primi ad usare misure formali di network per testare le ipotesi concernenti la teoria sulla forza dei nodi deboli

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(Brown e Reingen 1987; Reingen e Kernan 1986). Essi verificarono che i nodi deboli permettevano lo scorrere delle informazioni attivandosi come ponti tra sottogruppi densi, ma notarono anche che, i nodi forti erano più numerosi e più influenti come fonti di informazioni.

 Centralità. L'idea di centralità applicata alla comunicazione umana è stata introdotta da Bavelas nel 1948 ed ha attratto a lungo anche la ricerca di marketing. Bavelas propose che un messaggio proveniente dalla posizione più centrale di un network, si spargesse all’interno del network in pochissimo tempo. Il grado di centralità pertanto indica il livello d’attività ed è spesso riferita al comportamento degli early adopters.

L’impatto con la realtà digitale è avvenuto anche a livello di metriche. Per quanto riguarda la densità, le caratteristiche della comunicazione elettronica, possono avere un forte effetto sulla struttura comunicativa del network, come il deciso aumento della capacità di raggiungere altri individui.

Nell’ambiente virtuale, ad esempio, lo “sforzo” d’inviare un messaggio e-mail a contatti multipli è soltanto marginalmente più grande dello “sforzo” d’inviare il messaggio ad appena un destinatario. Poiché internet permette ai consumatori di comunicare anche con estranei (Dellarocas 2003), la densità della comunicazione nel network può aumentare notevolmente. D’altra parte come hanno sostenuto recentemente Van Alstyne e Brynjolfsson, “la separazione nello spazio della conoscenza virtuale può dividere gruppi con interessi speciali pertanto le persone devono scegliere alcuni contatti d’informazione rispetto ad altri”. In base a quanto esposto finora, l’unico effetto certo che si va realizzando è che la struttura dei network, in riferimento alla comunicazione elettronica, diventa una struttura formata da nodi prevalentemente sciolti (Vilpponen, Winter, Sundqvist, 2006).

Per quanto riguarda i sottogruppi potenziali (clique), Van Alstyne e Brynjolfsson (2005) hanno notato che, a causa della crescita delle comunicazioni elettroniche, è emerso un villaggio globale, cioè una comunità virtuale di persone “liberate”

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dai limiti geografici. L’identificazione di sottogruppi e del modo in cui sono collegati l’unaltro, attraverso ponti o membri sovrapposti, è essenziale nell’esame dei flussi comunicativi fra membri e dei risvolti sul macro ambiente.

Frenzen e Nakamoto (1993) riportarono che, nei network off-line, le persone tendevano a consentire il passaggio d’informazioni con valore solo attraverso i nodi forti permettendo pertanto benefici positivi solo in aree limitate. Nel contesto elettronico, dato che le informazioni diventano economiche (Dellarocas 2003) e libere, i benefici possono diventare comuni e si possono ulteriormente sviluppare nodi deboli. Si può presumere pertanto che nel passaparola elettronico, il ruolo dei nodi più forti diventi meno importante (Vilpponen, Winter, Sundqvist, 2006).

Infine, per quanto riguarda l’impatto d’internet sulla centralità, è comunemente accettato che il miglioramento dell’accesso alla comunicazione (come nel caso della e-WOM) può in alcune circostanze condurre ad interazioni sociali ed intellettuali più frammentate. Secondo Van Alstyne e Brynjolfsson tramite internet, tuttavia, non è possibile sostenere a lungo rapporti estesi. A tal proposito Garton, Haythornthwaite, e Wellman (1997) notano che “la tendenza verso la specializzazione è il contrappeso della facilità d’inoltrare comunicazioni on-line a molti individui". Pertanto, sembra che i network on-line assumano sempre più una struttura di comunicazione decentrata che centralizzata.

Figura

Tabella 1: comparazione delle definizioni di viral marketing.
Tabella 2: i motivi che portano ad attuare azioni di passaparola.

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