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Academic year: 2021

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Sezione 4

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE

4.1: Considerazioni sui risultati ottenuti nel presente lavoro

Il presente studio preliminare ha permesso di ottenere dati descrittivi riguardanti alcune relazioni simbiotiche fra protozoi ciliati e procarioti individuate in un determinato ambiente di stagno salmastro. L’approccio utilizzato in tale studio differisce da quello applicato in precedenti lavori relativi alla simbiosi: la maggior parte delle indagini sin qui svolte ha infatti avuto come oggetto di studio una sola associazione simbiotica, ben rappresentata nelle popolazioni naturali del ciliato ospite ed in genere facilmente mantenibile in condizioni di laboratorio: tali associazioni sono state studiate in modo dettagliato, applicando ove possibile molteplici approcci (descrittivo-funzionale, ecologico). Alcuni dei sistemi così analizzati sono ormai ben conosciuti e caratterizzati (es. i sistemi simbiotici Euplotes-Polynucleobacter, Paramecium-Holospora e, in misura minore, Paramecium-Caedibacter). Sono stati occasionalmente svolti anche studi di tipo diverso, in cui sono stati descritti rapporti simbiotici non compresi nei sistemi sopra riportati (review: Görtz, 2003), occasionalmente individuati in alcune popolazioni naturali di ciliati e non sempre facilmente coltivabili. I dati raccolti in quest’ultimo tipo di studi sono tuttavia rappresentati da informazioni puntuali, che forniscono unicamente una sommaria descrizione della specie ospite e del simbionte: l’approccio sperimentale applicato è in genere limitato alla sola analisi ultrastrutturale, e in gran parte dei casi è assente la caratterizzazione molecolare del batterio. Inoltre, la scelta delle specie da sottoporre ad indagine, benché non limitata ad un’unica specie come nel caso precedente, viene solitamente effettuata in modo “mirato”, selezionando a priori determinate specie di ciliati: tale selezione, generalmente basata su conoscenze pregresse, può avere in molti casi escluso sistematicamente dall’analisi alcuni organismi in cui la presenza di simbionti è ritenuta poco probabile semplicemente perché segnalata sporadicamente o affatto. Un simile modo di procedere potrebbe aver impedito in modo sistematico l’individuazione di associazioni simbiotiche in alcune specie.

Il presente lavoro si pone invece in una condizione intermedia rispetto ai due tipi di approcci sopra enunciati. Da un lato si è infatti cercato di esaminare l’intero popolamento di protozoi ciliati presenti nell’ambiente oggetto di studio, identificando tutte le specie che risultassero coinvolte in associazioni di tipo simbiotico con procarioti; dall’altro, l’analisi non è stata limitata alla sola indagine morfologica ed ultrastrutturale, bensì sono state applicate anche

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metodologie molecolari (FISH, caratterizzazione del 16-18S rDNA ed analisi filogenetica) al fine di descrivere in maniera più completa possibile la simbiosi in esame. In tal modo è possibile ottenere una caratterizzazione delle associazioni individuate migliore di quella precedentemente ottenuta negli studi non concernenti i sistemi simbiotici più conosciuti; allo stesso tempo, l’analisi è stata estesa ad un largo numero di specie, comprese quelle raramente o mai sottoposte ad indagini di questo tipo. Sono state pertanto sfruttate le potenzialità di entrambi i metodi di indagine sopra esposti (multidisciplinarità dell’approccio e completezza dell’analisi nel primo caso, applicazione ad un maggior numero di specie nell’altro), riducendone quanto più possibile i limiti (basso numero di specie analizzate nel primo caso, scarsità di dati forniti dall’analisi e selezione arbitraria delle specie in esame nell’altro). Un simile approccio “non mirato” potrebbe inoltre portare, in futuro, all’ottenimento di un quadro generale delle associazioni simbiotiche concernenti tutte le specie di protozoi ciliati presenti nell’ambiente scelto: tale risultato fornirebbe la base necessaria per intraprendere eventuali studi di tipo ecologico volti ad indagare le dinamiche delle associazioni fra ospiti e simbionti in un ambiente confinato. Tali studi, sinora mai intrapresi, rappresenterebbero un nuovo tipo di ricerca su questo genere di associazioni simbiotiche, finalizzato ad inquadrare le relazioni fra protozoi ciliati e procarioti secondo una visione ecologico-funzionale, oltre che descrittiva.

I risultati preliminari sinora ottenuti riguardano quattro diversi sistemi simbiotici (Euplotes parawoodruffi OS 52/1 – batterio appartenente al “ParaPoly cluster”; Frontonia salmastra – Holospora sp.; Pseudomicrothorax dubius – batterio Rickettsia-simile; Sonderia cfr. vorax – batterio della cl. Gammaproteobacteria). Tutte le associazioni caratterizzate costituiscono di per sé motivo d’interesse in quanto relative a sistemi la cui conoscenza attuale è lacunosa o nulla (associazioni simbiotiche di Sonderia spp. e Pseudomicrothorax spp.), oppure poiché rappresentano variazioni, raramente o mai descritte in studi precedenti, di rapporti simbiotici altrimenti noti come quelli relativi ad alcune specie di Euplotes ed a Holospora spp. (che sono risultati associati rispettivamente ad un tipo di simbionte e di ospite differente da quello al quale tali specie vengono tradizionalmente abbinate). Quanto ottenuto sinora costituisce ovviamente la base indispensabile per possibili studi futuri di tipo descrittivo e/o funzionale volti a meglio comprendere e caratterizzare queste interessanti simbiosi.

In una visione più ampia – e conforme allo scopo ultimo del progetto di cui il presente lavoro costituisce la parte preliminare – i risultati sin qui ottenuti potrebbero inoltre rappresentare, come precedentemente accennato, la base per future indagini di tipo ecologico, necessitanti come punto di partenza di una caratterizzazione molecolare delle specie in esame e finalizzate a comprendere la natura ed il significato ecologico delle associazioni simbiotiche fra ciliati e procarioti presenti in un ambiente confinato. In tale ottica, le descrizioni e le caratterizzazioni molecolari effettuate sinora rappresenterebbero le conoscenze necessarie

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per la realizzazione degli strumenti d’indagine (es. sonde oligonucleotidiche specifiche per i simbionti oggetto di studio) indispensabili per il proseguimento di tale tipo di studio. Alcune delle problematiche emerse nel corso del presente studio e che potrebbero rappresentare interessanti tematiche da sviluppare eventualmente con studi di questo tipo sono riportate nell’ultimo paragrafo della presente sezione.

- Esposizione sintetica e disamina critica dei risultati ottenuti

Sulla base di dati riportati in letteratura (Heckmann et al., 1983), la presenza di un sistema simbiotico permanente di tipo necessario (cfr. Sezione 1: Introduzione) era attesa in Euplotes parawoodruffi. Il simbionte primario ritrovato nel ceppo OS 52/1 di tale specie differisce molecolarmente e morfologicamente dai batteri appartenenti al “Polynucleobacter cluster”, i quali sono invece classicamente associati alle specie di Euplotes affini a quella in esame (e la cui presenza era del resto attesa anche in E. parawoodruffi, sulla base di quanto riportato in letteratura: Heckmann et al., 1983). È possibile che il simbionte primario caratterizzato in E. parawoodruffi ceppo OS 52/1 rappresenti un nuovo genere della famiglia delle Burkholderiaceae. È noto che la simbiosi con batteri omikron-simili è indispensabile per la sopravvivenza di alcune specie di Euplotes (fra cui l’affine E. woodruffi: Heckmann, 1975; Heckmann et al. 1983): se venisse confermata l’indispensabilità della simbiosi di nuova caratterizzazione, sarebbe lecito ipotizzare che il simbionte trovato nel ceppo di E. parawoodruffi oggetto di studio abbia sostituito funzionalmente un batterio filogeneticamente affine al genere Polynucleobacter. Simili eventi sono stati segnalati in letteratura per E. aediculatus (Heckmann et al. 1983), per il quale la caratterizzazione molecolare del simbionte omikron-dissimile non era tuttavia stata effettuata. La caratterizzazione della sequenza del 16S rDNA del simbionte di E. parawoodruffi ceppo OS 52/1 fornisce pertanto un contributo alla descrizione del fenomeno di sostituzione funzionale che sembra avvenire in alcune popolazioni di Euplotes spp. Lo studio di simili casi, segnalati anche in altre specie di Euplotes (Vannini, unpubl.) potrebbe in seguito portare all’elaborazione di teorie riguardanti i meccanismi di instaurazione delle simbiosi di tipo mutualistico, specialmente nei casi in cui esse appaiono di recente acquisizione, come ipotizzato per il sistema Euplotes-Polynucleobacter (Vannini et al., in press).

Nel presente lavoro è stata individuata e descritta un’ulteriore associazione simbiotica fra una specie già nota per essere associata ad un determinato gruppo di organismi ed una seconda specie non facente parte del detto gruppo. È stato infatti caratterizzato per la prima volta un batterio classificabile all’interno del genere Holospora ed in grado di compiere il proprio ciclo vitale avendo come ospite un ciliato non appartenente al gen. Paramecium. In questo caso, l’approccio “non mirato” utilizzato durante lo screening ha consentito di individuare una associazione insolita, che coinvolge due organismi (Frontonia salmastra ed

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Holospora sp.) la cui associazione non era stata mai descritta in precedenza (per contro, una ricerca specificamente mirata alla caratterizzazione di ulteriori specie di Holospora avrebbe probabilmente limitato lo screening alle sole specie di Paramecium). Anche in questo caso, il simbionte caratterizzato differisce morfologicamente e molecolarmente da tutte le specie di Holospora sinora descritte; il ciclo vitale appare parimenti peculiare a tale organismo. I rapporti simbiotici fra ciliati e batteri del genere Holospora sono in genere classificabili come “altamente infettivi” (cfr. Sezione 1: Introduzione); alcuni dei risultati ottenuti lasciano tuttavia supporre che le dinamiche di infezione in F. salmastra possano differire da quelle tradizionalmente descritte in Paramecium spp.

Così come nel caso precedente, il ritrovamento di un simbionte filogeneticamente vicino al genere Rickettsia nel ciliato Pseudomicrothorax dubius non era atteso. Stando alle conoscenze attuali, in questo genere di ciliati nassulidi non erano mai stati segnalati batteri simbionti (per review: Görtz, 2003; Fokin, 2004), a differenza di quanti riportato per Frontonia spp. (Fokin, 2003; Fokin, 2004). Anche in questo caso, la scelta di un approccio “non mirato” ha consentito di compiere analisi su di una specie che difficilmente sarebbe stata selezionata a priori in una indagine tradizionale sui fenomeni di simbiosi. Nel presente caso, rimangono da stabilire il tipo di simbiosi in questione e la specificità di tale rapporto. Il ritrovamento di cellule di P. dubius della popolazione in esame prive di simbionti conduce ad ipotizzare che la simbiosi non sia strettamente necessaria per l’ospite: la letteratura concernente questa specie, come del resto alcuni recenti lavori di revisione sulla simbiosi nei ciliati (Görtz, 2003; Fokin, 2004), non fa cenno alla eventuale presenza di simbionti, confermando quanto sopra. Le percentuali di infezione registrate nella popolazione di P. dubius oggetto di studio, così come nelle colture mono- o policlonali, sono tuttavia notevolmente alte, il che indica una infezione massiva. Il tentativo di chiarire lo status della simbiosi osservata nella popolazione di P. dubius oggetto di studio potrebbe quindi rappresentare un possibile sviluppo futuro del lavoro sin qui svolto. Per quanto riguarda il simbionte, la famiglia Rickettsiaceae annovera esclusivamente specie simbionti (ed in certi casi patogeni) di metazoi o di altri ciliati (Vannini et al., 2005b); per alcune di tali specie è documentata la capacità di infettare ospiti appartenenti a specie diverse e filogeneticamente distanti (es. alcune specie simbionti di zecche e trasmissibili all’uomo). Il ruolo che tali batteri rivestono nei rapporti simbiotici è solitamente parassitico: non sono stati riportati casi di simbiosi mutualistiche coinvolgenti batteri appartenenti alla famiglia Rickettsiaceae, mentre per contro sono note alcune specie di Rickettsia patogene per l’ospite. Il ruolo che tale batterio svolge all’interno del rapporto simbiotico con P. dubius nella popolazione osservata resta pertanto da chiarire

Così come descritto per la specie precedente, pochi dati sono disponibili riguardo alle associazioni simbiotiche descritte in Sonderia cfr. vorax; la presenza di batteri ectosimbionti

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era comunque attesa in base a quanto riportato in letteratura (Fenchel et al., 1977). I batteri presenti sulla superficie di Sonderia cfr., vorax sono stati caratterizzati come appartenenti alla cl. Gammaproteobacteria. Risultati interessanti sono inoltre emersi dall’osservazione dell’ultrastruttura dei batteri stessi, la quale mostra in alcuni casi una peculiare compartimentalizzazione del citoplasma, ed appare comunque profondamente variabile in differenti popolazioni dell’ospite. Lo scarso numero di studi relativi a ciliati del gen. Sonderia rende problematica una comparazione analitica di quanto osservato con dati preesistenti. La causa di tale variabilità non è ancora stata accertata, così come non è chiaro il significato funzionale dell’associazione simbiotica: quanto osservato potrebbe infatti essere ricondotto a due diversi stati funzionali di una stessa specie batterica simbionte di Sonderia cfr. vorax, ma non si può escludere che tali differenze indichino la presenza di due diverse specie batteriche, ciascuna delle quali associata ad una popolazione differente dello stesso ciliato ospite. È possibile che l’associazione permanente fra una o più specie batteriche e Sonderia cfr. vorax abbia un significato funzionale, probabilmente connesso ai particolari parametri chimicofisici degli ambienti in cui la specie è presente, e che l’ospite tragga vantaggio dalla presenza di batteri: in tal caso, le modificazioni strutturali osservate in diverse popolazioni potrebbero corrispondere ad adattamenti a condizioni ambientali differenti di un’unica specie di simbionte. Qualora l’ipotesi fosse verificata, ulteriori ricerche dovrebbero essere intraprese onde accertare l’effettiva causa che determina il cambiamento morfologico osservato. La seconda ipotesi da considerare prevede che, nell’ambiente microaerofilo in cui tale ciliato vive, possano essere presenti due o più specie di batteri a vita libera provviste di un preadattamento alla vita ectosimbiotica ed in grado, una volta associatosi ad una (o più) specie di ciliato (che può essere a propria volta dotato, come accade in Sonderia spp., di specifici adattamenti, quali la secrezione di pellicole di muco sulla superficie, atte a trattenere i batteri stessi) di interagire con esso instaurando, con buone probabilità, una simbiosi di tipo mutualistico. Il medesimo fenomeno è stato descritto per il batterio metanogeno sapropelico Methanobacterium formicicum, organismo a vita libera ma in grado di infettare ed istaurare rapporti endosimbotici di tipo mutualistico con alcune specie di ciliati appartenenti ai genn. Metopus, Plagiopyla e Trimyema (Goosen et al., 1988; Van Bruggen et al., 1984, Wagener et al., 1990; in Görtz, 2003).

4.2: Prospettive future e possibili sviluppi dei temi analizzati

Come precedentemente ricordato, i dati sinora ottenuti possono rappresentare i risultati preliminari di una indagine di più ampio respiro, volta alla caratterizzazione di tutti i rapporti di tipo simbiotico fra ciliati e procarioti presenti nell’ambiente in esame: a tale scopo è necessario il proseguimento degli studi molecolari volti alla caratterizzazione dei simbionti

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presenti nell’ambiente e non ancora – o non sufficientemente – descritti tramite metodologie molecolari.

Possibili sviluppi futuri del presente lavoro potrebbero in seguito prevedere l’impiego degli strumenti molecolari ottenuti in questa fase preliminare (o comunque ottenibili aumentando ulteriormente al quantità di dati raccolti sui sistemi di interesse) per indagare sulla specificità d’ospite di alcune delle simbiosi individuate. Ad esempio, sonde oligonucleotidiche Holospora-specifiche e/o specifiche per batteri Rickettsia-simili, già disponibili, potrebbero essere impiegate al fine di indagare la possibile presenza di tali batteri in protozoi ciliati (ma anche, eventualmente, in altri protisti) diversi da quelli in cui essi sono stati descritti sinora. Per quanto concerne Holospora spp., le associazioni sinora descritte per questo genere appaiono altamente infettive (Fokin, 2004); l’effettiva classificazione delle associazioni riguardanti batteri Rickettsia-simili non è in genere chiara, anche se l’elevata percentuale di infezione osservata nel sistema ambientale di riferimento induce a pensare che anche tale simbiosi possa considerarsi, limitatamente al detto ambiente, altamente infettiva. Esistono pertanto i presupposti teorici per ipotizzare che simbionti appartenenti ai due gruppi sopra citati possano essere presenti in più di una specie ospite. Il rinvenimento di Holospora sp. in Frontonia salmastra costituisce un indizio riguardo al fatto che batteri di tale genere siano presenti in più gruppi di protisti ciliati, forse appartenenti anche ad ordini diversi da Peniculida; per quanto concerne le specie batteriche appartenenti alla famiglia Rickettsiaceae, è nota la capacità di alcune di esse (es. l’agente eziologico del tifo esantematico nell’uomo) di sopravvivere e riprodursi in ospiti differenti. La possibilità di un futuro ritrovamento di tali organismi in ospiti ciliati diversi da quelli precedentemente noti rappresenta pertanto un campo di indagine potenzialmente molto interessante. È inoltre documentata la capacità di alcuni batteri della famiglia Rickettsiaceae di poter infettare due o più specie ospiti appartenenti a classi e/o phyla differenti (es. artropodi e cordati): la ricerca di simbionti Rickettsia-simili già individuati in ciliati potrebbe pertanto essere eventualmente estesa anche alle specie di metazoi viventi nell’ambiente in esame. In caso di esito positivo di tali ricerche, un ulteriore sviluppo potrebbe essere rappresentato dall’indagine sul ruolo (verosimilmente parassitico se non addirittura patogeno) che tali simbionti rivestono nei confronti dell’animale ospite.

La realizzazione delle indagini anzidette prevede l’utilizzo di sonde (Holosp1 e Rick527) già disponibili. Le sonde specificamente disegnate e fatte sintetizzare nel corso del presente lavoro (es. ParaPoly445 e ParaPoly467) potranno essere parimenti impiegate per analoghi studi riguardanti la specificità d’ospite. Un ulteriore campo di applicazione per tali strumenti potrebbe essere l’indagine, di tipo ecologico, mirata all’individuazione di batteri a vita libera filogeneticamente correlati a quelli già caratterizzati come simbionti. In letteratura è noto il caso del gen. Polynucleobacter, il quale annovera al suo interno specie simbionti e specie a

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vita libera, strettamente imparentate dal punto di vista filogenetico. Tale sistema simbiotico rappresenta uno dei modelli più conosciuti e studiati in protistologia (Görtz, 2003; Hahn et al., 2005; Vannini et al., in press); per quanto riguarda gli altri sistemi, ricerche di tipo ecologico specificamente mirate all’individuazione di batteri a vita libera filogeneticamente vicini a organismi simbionti non sono stati effettuati. Tuttavia, se per alcuni tipi di simbiosi è ipotizzabile una coevoluzione del simbionte ancestrale con la specie ospite (in tal caso la ricerca di batteri filogeneticamente correlati al simbionte potrebbe dare esito negativo), per altri l’associazione potrebbe essere più recente (es. Polynucleobacter-Euplotes: Vannini et al., in press), e specie affini al batterio simbionte potrebbero essere presenti come organismi a vita libera. Nel caso del sistema oggetto di studio, la sola specie di Euplotes presente, E. parawoodruffi, è risultata associata ad un batterio non-Polynucleobacter, che verosimilmente ha sostituito funzionalmente quest’ultimo. Data l’apparente accidentalità con cui simili sostituzioni accadono (cfr. Heckmann et al., 1983; Vannini et al., unpubl.), è verosimile l’ipotesi che tale associazione non sia ancestrale e coevoluta, bensì che il batterio possieda un preadattamento che lo ponga in condizione di sostituirsi a Polynucleobacter spp. in determinate condizioni. Sarebbe di conseguenza possibile ritrovare batteri filogeneticamente correlati (se non appartenenti alla medesima specie) come organismi a vita libera presenti nell’ambiente. Alternativamente, è possibile ipotizzare che i batteri appartenenti al “ParaPoly cluster” rappresentino il simbionte ancestrale, coevoluto, di Euplotes spp., progressivamente sostituito da batteri Polynucleobacter-simili, che avrebbero recentemente sviluppato adattamenti per la vita simbiotica, e sopravvissuto unicamente in alcune popolazioni. Secondo la previsione conseguente a tale ipotesi, sarebbe improbabile ritrovare batteri appartenenti od affini al “ParaPoly cluster” come organismi a vita libera. Le sonde ParaPoly445 e ParaPoly467, specifiche per i simbionti di E. parawoodruffi ceppo OS 52/1 caratterizzati durante il presente lavoro e per il simbionte principale di E. octocarinatus ceppo FL(12)-VI, precedentemente caratterizzato (Vannini et al., unpubl.), rappresenterebbero lo strumento indispensabile per un eventuale proseguimento delle indagini in questa direzione.

La presenza di preadattamenti alla simbiosi in specie batteriche a vita libera è documentata, come precedentemente ricordato, per almeno una specie (M. formicicum: vd. sopra). Tale organismo sapropelico può inoltre associarsi stabilmente a più specie di ciliati microaerofili. Un terzo campo di possibili indagini future potrebbe pertanto riguardare le associazioni simbiotiche fra organismi microaerofili o anaerobi. È noto che tali associazioni (soprattutto rapporti epi- o ectosimbiotici) sono frequenti in simili condizioni ambientali: in alcuni generi, fra cui Sonderia, esse appaiono presenti in ogni specie. Come precedentemente ipotizzato per spiegare la dissimiliarità morfologica osservata fra i simbionti di differenti popolazioni di Sonderia cfr. vorax, è tuttavia possibile che più di una specie batterica possa

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associarsi ad un dato ospite, possibilmente in dipendenza dalle condizioni ambientali o da altri fattori al momento non conosciuti: il già citato M. formicicum rappresenta un esempio, riferito al medesimo tipo di ambiente, di questo genere di associazioni. Un eventuale studio in tal senso prevederebbe innanzi tutto il completamento della caratterizzazione dei simbionti dei ciliati sapropelici sinora rinvenuti nell’ambiente in esame (soprattutto, Sonderia cfr. vorax e S. pharyngea, i rappresentanti quantitativamente più abbondanti della sulphide fauna nell’ambiente in questione). In parallelo, potrebbero essere svolte indagini di tipo ecologico, mirate soprattutto a stabilire la struttura e la dinamica dei popolamenti di protozoi ciliati nell’ambiente in questione, da effettuarsi secondo metodologie di campionamento già impiegate in questo tipo di studi (es. Santangelo and Lucchesi, 1995; Lucchesi and Santangelo, 1997). Sarebbe in tal modo possibile analizzare l’andamento della distribuzione, spaziale e temporale, delle specie di ciliati oggetto di studio, individuandone così le possibili correlazioni con le caratteristiche delle simbiosi osservate (tipo di associazione, percentuale d’infezione), al fine di indagare sul possibile ruolo funzionale ed ecologico che tali rapporti rivestono per l’ospite e/o per il simbionte. L’andamento della simbiosi nello spazio e nel tempo dovrebbe essere allo stesso modo monitorato secondo disegni di campionamento opportunamente elaborati, in modo da poter disporre dei dati relativi alla percentuale di associazione media nelle popolazioni, alla specificità d’ospite ed a eventuali fluttuazioni temporali.

Tutti i possibili campi di ricerca sopra esposti si basano sui risultati ottenuti durante il lavoro sin qui svolto. Tali risultati, come già accennato, apportano di per sé un contributo di tipo descrittivo all’ampliamento della conoscenza inerente ai fenomeni di simbiosi; le caratterizzazioni molecolari degli ospiti e dei simbionti hanno inoltre aggiunto nuove sequenze ai data base di riferimento, potenzialmente utili per future comparazioni; la descrizione e la caratterizzazione morfologica delle specie di ciliati reperite nel corso dell’analisi ha infine contribuito ad ampliare la conoscenza della biodiversità microbica di un ambiente di stagno costiero salmastro italiano (alcune specie, quali F. salmastra, non erano precedentemente mai state segnalate in Italia). Tali risultati si inquadrano però all’interno di un’ottica descrittiva dei fenomeni caratterizzati, senza fornire una comprensione anche di tipo funzionale e/o ecologico dei rapporti simbiotici fra ciliati e procarioti. Per ottenere ciò, sarebbe necessario proseguire, ad esempio, nelle direzioni di indagine sopra esposte, di cui i presenti risultati costituiscono il punto di partenza obbligato. In particolare, l’aver sviluppato o reso possibile lo sviluppo di sonde oligonucleotidiche specifiche per i simbionti caratterizzati ha messo a disposizione di tali ricerche un indispensabile strumento di lavoro. L’individuazione dei simbionti e/o di batteri a vita libera tramite ibridazioni in situ con sonde specifiche è infatti un procedimento relativamente rapido, semplice e poco dispendioso: una notevole quantità di individui può essere sottoposta a tale screening, rendendo così

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disponibile un numero di osservazioni sufficienti a supportare diverse procedure di analisi statistica, indispensabili per trarre conclusioni di tipo ecologico.

Questo tipo di conoscenze, come precedentemente affermato, è necessario per inquadrare il fenomeno della simbiosi in un’ottica non soltanto descrittiva ma anche funzionale, ecologica e, possibilmente, evolutiva.

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